Sull`inerzia colpevole per il mantenimento dei figli

Transcript

Sull`inerzia colpevole per il mantenimento dei figli
Sull’inerzia colpevole per il
mantenimento
dei
figli
maggiorenni
L’art. 337septies c.c. afferma che “il giudice, valutate le
circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non
indipendenti economicamente il pagamento di un assegno
periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del
giudice, è versato direttamente all’avente diritto”. La
Giurisprudenza è ormai costante nel ritenere che la
sussistenza o meno dell’obbligo di mantenimento del genitore
nei confronti dei figli sia ancorato al raggiungimento
dell’autosufficienza economica da parte di questi ultimi
ovvero alla circostanza per cui il mancato conseguimento
dell’indipendenza economica sia riconducibile a colpa.
Ed infatti: “l’obbligo dei genitori di concorrere al
mantenimento dei figli non cessa, ipso facto, con il
raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi,
ma perdura, immutato, finché il genitore interessato alla
declaratoria della cessazione dell’obbligo stesso non dia la
prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica
ovvero che è stato posto nella concreta posizione di poter
essere economicamente autosufficiente, senza trarne utilmente
profitto per sua colpa o per sua (discutibile) scelta” (tra
tante, Cass. Civile n. 24498/2007).
Ed ancora: “il Giudice non può prefissare un termine
all’obbligo di mantenimento, atteso che il limite di
persistenza dello stesso va determinato, non sulla base di un
termine astratto (ancorchè desunto, come nel caso, dalla media
della durata degli studi in una determinata facoltà e dalla
normalità del tempo mediamente occorrente ad un giovane
laureato, in una data realtà economica, affinchè possa trovare
impiego) bensì sulla base (soltanto) del fatto che il figlio,
malgrado i genitori gli abbiano assicurato le condizioni
necessarie (e sufficienti) per concludere gli studi intrapresi
e conseguire il titolo indispensabile ai fini dell’accesso
alla professione auspicata, non abbia saputo trarne profitto
per inescusabile trascuratezza o per libera (ma discutibile)
scelta delle opportunità offertegli ovvero non sia stato in
grado di raggiungere l’autosufficienza economica per propria
colpa” (Cass. Civile n.8221/2006).
Al riguardo, si segnala la sentenza emessa dalla Corte
d’Appello di Catania (sentenza n.571/2014) la quale,
confermando la decisione dei Giudici di primo grado, ha
respinto il ricorso di 24enne che chiedeva il ripristino del
“contributo” mensile del genitore ritenendo che, il rifiuto di
lavorare in un call center, anche se a tempo determinato, non
era giustificato e avrebbe, quindi, integrato il requisito
della “inerzia colpevole”.
Occorre, però, ricordare i principi espressi dai Giudici della
Suprema Corte sul tema della “inerzia colpevole” secondo cui “
deve, in via generale, escludersi che siano ravvisabili
profili di colpa nella condotta del figlio che rifiuti una
sistemazione lavorativa non adeguata rispetto a quella cui la
sua specifica preparazione, le sue attitudini ed i suoi
effettivi interessi siano rivolti, quanto meno nei limiti
temporali in cui dette aspirazioni abbiano una ragionevole
possibilità di essere realizzate, e sempre che tale
atteggiamento di rifiuto sia compatibile con le condizioni
economiche della famiglia” (Cass. Civile n.4765/2002).
Questo per sottolineare come sia sempre necessario valutare la
legittimità della pretesa economica alla luce di ogni singolo
caso diversificandosi i risultati a seconda delle circostanze
concrete.
Per una consulenza professionale non esitare a contattarci:
[email protected]
Non si effettua consulenza legale gratuita.
E’ assolutamente vietata la riproduzione, anche parziale, del
testo presente in questo articolo senza il consenso
dell’autore. In caso di citazione è necessario riportare la
fonte del materiale citato.