Talamonti Carlo (Relatori: E. Repetto D. Capodilupo)

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Talamonti Carlo (Relatori: E. Repetto D. Capodilupo)
La filiera produttiva
dell’Acciaio: “Dal minerale
all’acciaio liquido” Tesi di Ing. Carlo Talamonti Cor r elator e Ing. Domenico Capodilupo
“Io sono la città del ferro dell’acciaio
del crogiolo della forgia del laminatoio
le miniere del mondo sono il mio tesoro
le forze della terra sono schiave del mio volere
il rumore ed il battito dei magli e dei laminatoi lungo i fiumi fanno eco ai
versi;
durante il giorno il fumo dei forni ardenti oscura il cielo, di notte le loro
fiamme
dipingono di rosso vivo il firmamento e faville sprizzano verso le colline,
come migliaia di piccole stelle.”
G eor ge H . T h u r st on . Questa poesia riferita alla città di Pittsburg, è stata scritta nel 1886, anno in cui le acciaierie di Terni entrano in produzione, e ben si adatta all’atmosfera e alle speranze della nostra città di allora.
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I NDI C E 1 INTRODUZIONE Pag 3 2 L’ACCIAIO Pag 5 2.1 Generalità sugli acciai Pag 2.2 Caratteristiche degli acciai Pag 2.3 Aspetti economici Pag 5 6 6 2.3.1 L’acciaio nel mondo: Produzione e andamento del mercato 7 2.4 Definizione dei cicli di produzione 3 LA SIDERURGIA ITALIANA Pag 11 Pag 14 4 CENNI STORICI SULLA FABBRICAZIONE DELL’ACCIAIO Pag 18 5 CICLO SIDERURGICO INTEGRALE Pag 24 5.1 Materie prime 5.2 Operazioni preliminari 5.3 La cokeria 5.4 L’altoforno 5.4.1 Processo di funzionamento 5.4.2 Descrizione altoforno 5.4.3 Reazioni nell’altoforno 5.4.4 proporzionamento di un altoforno 5.4.5 Produzione di un altoforno 5.5 Convertitore 6 CICLO ELETTRICO Pag Pag 24 Pag 28 Pag 31 Pag 32 Pag 33 Pag 35 Pag 37 Pag 39 Pag 44 Pag 48 6.1 Sviluppo del ciclo elettrico nel tempo 6.2 Forno elettrico 6.3 Ruolo delle siviere nel ciclo elettrico 6.4 Metallurgia secondaria 6.4.1 Postazione Ladle Fornace Pag 50 Pag 53 Pag 60 Pag 64 Pag 68 7 MACCHINA DI COLATA CONTINUA Pag 68 8 LAMINAZIONE A CALDO E PRODOTTI FINALI Pag 72
2 9 BIBLIOGRAFIA Pag 75 1 I NT R O DUZ I O NE L’argomento su cui si basa questa tesi è la siderurgia. Ma qual è la grande importanza della siderurgia? In natura con il ferro puro non ci faccio niente o quasi perché troppo morbido e duttile, ma riveste un’importanza molto grande per la produzione delle leghe da esso derivate. La siderurgia ci dice come ricavare il ferro partendo dal minerale; infatti in natura non esistono metalli puri al 100%; li troviamo con delle impurezze che possono anche apparirci piccolissime, ma va tenuto conto del fatto che il prezzo è correlato alla purezza del minerale, infatti più è raffinato e più il prezzo sale in maniera esponenziale. I metalli sono stati utilizzati dall’uomo fin da epoche antiche. La gamma del loro impiego è vastissima: dalla produzione industriale nei settori più disparati e con le tecnologie più diverse, alle lavorazioni artigianali per la realizzazione di utensili ed oggettistica in genere, fino all’impiego in campo artistico. I principali metalli non preziosi identificati sono: Acciaio, Bronzo, Ferro, Ghisa, Ottone e Rame. L’acciaio è sostanzialmente una lega a base di ferro con un ridotto contenuto di carbonio, prodotta a partire dalla ghisa. La quantità di carbonio ne determina la durezza, ma nella sua composizione contiene sempre altri elementi, in quantità variabili, che ne differenziano le caratteristiche fisiche, comportamentali e d’impiego.
3 L’acciaio è il materiale metallico di più vasto uso nel mondo delle costruzioni, sia come materiale strutturale sia, sempre più, per la realizzazione di elementi di arredo. Le caratteristiche sono: notevoli proprietà fisico­meccaniche, buona resistenza, lavorabilità e saldabilità, possibilità di variazioni cromatiche. Attualmente la produzione di acciaio si ottiene fondamentalmente con due cicli di fabbricazione: Ciclo integrale o da minerale; Ciclo elettrico o da rottame. In questa tesi ci si propone di fornire una panoramica del ciclo produttivo dell’acciaio sia a ciclo integrale sia attraverso l’uso dei forni elettrici.
4 2 L ’AC C I AI O 2.1 G en er a lit à su gli a ccia i Gli acciai sono essenzialmente leghe costituite da Ferro e Carbonio. Il tenore di Carbonio, in assenza di elementi alliganti, può arrivare al 2% ed il prodotto siderurgico ottenuto è lavorabile a caldo. Tenori di Carbonio superiori al 2% danno luogo generalmente a prodotti non lavorabili a caldo denominati ghise. Accanto al Fe ed al C negli acciai sono quasi sempre presenti elementi aggiunti in piccoli tenori per esigenze di fabbricazione: il Manganese, che ha la funzione di ridurre la fragilità a caldo provocata dai solfuri di altri elementi presenti nella lega (es. il solfuro di Fe); il Silicio, che esercita un effetto deossidante o degassificante sull’acciaio allo stato liquido dando un prodotto esente da fenomeni di invecchiamento; acciai con tenori elevati di Silicio (3%) sono detti magnetici, e vengono utilizzati per la produzione di statori per motori elettrici e di trasformatori. Inoltre negli acciai ritroviamo elementi, non aggiunti intenzionalmente durante la loro elaborazione, chiamati impurezze (ad es.: S, P, As, Cu), che provengono dalle materie prime impiegate nel ciclo di fabbricazione. Nell’acciaio sono presenti, in tenori variabili in funzione del processo di fabbricazione, i gas Ossigeno, Azoto ed Idrogeno.Vengono denominati Acciai al Carbonio quegli acciai che, oltre al C ed ai costituenti essenziali quali Mn e Si, non contengono elementi leganti propriamente detti. Si hanno Acciai
5 Legati quando, oltre agli elementi fondamentali Fe e C, sono contenuti in essi, secondo una prestabilita composizione chimica, elementi quali ad esempio il Ni, Cr, Mo, V oppure il Mn e Si in tenori superiori a determinati limiti (Mn: 1%, Si: 0.5%) e sono elaborati in modo da ottenere dopo trattamento termico determinate caratteristiche meccaniche. Per acciai inossidabili si intendono quelle leghe Ferro­Cromo o Ferro­ Cromo­Nichel, con contenuto di Cromo variabile dal 12 al 30% e di Nichel dallo 0 al 35%, la cui caratteristica principale è la resistenza alla corrosione. Tale caratteristica è dovuta alla proprietà che hanno tali acciai di passivarsi in condizioni ossidanti, ossia di formare sulla superficie una sottile ma tenace pellicola di ossido di dimensioni estremamente sottili le cui caratteristiche cambiano notevolmente in funzione della composizione chimica della lega, del trattamento termico, della composizione strutturale, dello stato superficiale e delle sollecitazioni a cui il materiale è sottoposto. 2.2 C a r a t t er ist ich e d ell’a ccia io Le proprietà specifiche dipendono da numerosi fattori tra cui:
·
La percentuale di carbonio (al suo crescere aumenta per esempio la durezza);
·
Il tipo e la proporzione degli elementi aggiuntivi in lega, che conferiscono all’acciaio certe proprietà specifiche, rendendolo resistente alla corrosione, all’usura, alle alte temperature o alle basse temperature;
·
I trattamenti termici applicati;
·
Il tipo di lavorazione per deformazione plastica applicata, ad esempio la laminazione.
6 2.3 Asp et t i econ om ici L’acciaio, nonostante la sua storia secolare, continua a ricoprire un ruolo fondamentale nelle costruzioni, nelle infrastrutture, nei trasporti e nei beni in genere su cui poggia la nostra società moderna. Di qui la necessità che l’acciaio sia veramente competitivo, finanziariamente sostenibile, di qualità e d’elevato contenuto innovativo. Tale necessità è ribadita anche dall’affacciarsi sul mercato di nuovi materiali come i metalli non ferrosi, le materie plastiche, i materiali ceramici ed i compositi, che vanno a concorrere con l’acciaio in un numero sempre crescente di applicazioni. In quest’ottica di competizione, sta diventando sempre più importante tenere conto, nella scelta dei processi tecnologici di fabbricazione, della possibilità del riciclaggio dei materiali usati, della tutela della salute e del contenimento delle emissioni che possono minacciare l’ambiente. 2.3.1 L ’a ccia io n el m on d o: p r od u zion e e a n d a m en t o d el m er ca t o Il consumo mondiale di acciaio, è approssimativamente di 750 milioni di tonnellate annue e solamente il cemento con un consumo di 1100 milioni di tonnellate lo supera. La produzione di acciaio mondiale nel 1998 è stata di circa 776 Milioni di tonnellate annue. Nella tabella successiva viene riportata la produzione di acciaio dal 1980 al 1998 ANNI P R O DUZ I O NE VAR I AZ I O NE % 1980 716.3 ­4.1
7 1981 107.1 ­1.3 1982 644.9 ­8.8 1983 663.4 +2.9 1984 710.1 +7.0 1985 718.9 +1.2 1986 713.6 ­0.7 1987 736.6 +3.2 1988 780.2 +5.9 1989 786.0 +0.7 1990 770.5 ­1.9 1991 733.6 ­4.3 1992 719.7 ­2.0 1993 727.5 +1.1 1994 725.2 ­0.3 1995 752.4 +3.7 1996 750.5 ­0.3 1997 799.0 +6.5 1998 775.3 ­3.0 T a b 2. 1­P r od u z i on e d e l l ’a c c i a i o d a l 1980 a l 1998 Gli esperti sono concordi nell’affermare che questa produzione sarà in continua crescita nonostante l’attuale crisi economica che dopo aver colpito l’Asia sud­orientale si sta propagando anche in Russia e in alcuni paesi dell’America latina a cominciare dal Brasile.
8 Produzione mondiale di acciaio [Mton]
880 860 840 820 800 780 760 740 720 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 Anno F i g. 2. 1­An d a m e n t o e p r e vi si on e d e l l a p r od u z i on e d i a c c i a i o n e l m on d o Molte ragioni plausibili esistono a sostegno di quest'ottimismo. Nel prossimo secolo, infatti l’acciaio sarà ancora il materiale principalmente usato a causa delle sue proprietà fisiche uniche. Esso difenderà la sua fetta di mercato contro nuovi competitivi materiali ed incrementerà il suo settore che è ora solo al 20 % del suo potenziale sfruttamento. Alcune compagnie produttrici d'acciaio stanno collaborando sempre più a fondo con le industrie automobilistiche, edili e di costruzioni di macchine con notevoli ricerche sul prodotto e attività di marketing. Per utilizzare questo potenziale in futuro la qualità dell’acciaio sarà di decisiva importanza. Spessore, resistenza e superfici senza difetti determineranno la competitività dell’acciaio verso nuovi materiali. L'uso di costruzioni modulari, di sistemi di smantellamento e di riciclaggio di prodotti di acciaio avranno un ruolo vitale nel suo sviluppo. 9 Una tendenza degli ultimi anni fa sì che le nazioni che hanno attualmente maggior bisogno d’acciaio (i paesi asiatici e africani) stiano gradualmente costruendo impianti moderni in grado di soddisfare la domanda locale. Ciò comporterà un nuovo assetto della graduatoria mondiale di produttori d'acciaio. MAGGIORI PRODUTTORI DI ACCIAIO (PRODUZIONE IN MILIONI DI TONNELLATE) CLASSIFICA ANNO 1996 1 CINA 100 2 GIAPPONE 99 3 STATI UNITI 95 4 RUSSIA 49 5 GERMANIA 40 6 REP. COREA 39 7 BRASILE 25 8 I T AL I A 24 9 UCRAINA 22 10 INDIA 22 11 REGNO UNITO 18 12 FRANCIA 18 13 CANADA 15 14 MESSICO 13 15 TURCHIA 13 T a b 2. 2­M a ggi or i p r od u t t or i d i a c c i a i o n e l m on d o Un modo, dei paesi attualmente maggiori produttori, per contrastare questa futura tendenza è l’ottimizzazione del processo produttivo
10 tendente sia a diminuire i costi sia ad aumentare la qualità dell’acciaio prodotto per conquistare mercati sempre più esigenti e difendere i mercati attuali dai nuovi concorrenti. Inoltre non dovranno perdere di vista il sempre più sentito problema mondiale che è quello del rispetto dell’ambiente. 2.4 Defin izion i d ei cicli d i p r od u zion e Attualmente la produzione di acciaio si ottiene fondamentalmente con 2 cicli di fabbricazione: ­ Ciclo elettrico o da rottame ­ Ciclo integrale o da minerale. La scelta tra i due cicli è per lo più imposta da considerazioni non strettamente tecniche. Il ciclo integrale richiede: a) la vicinanza a zone di produzione di minerali, b) la vicinanza al mare o alle vie di grande comunicazione, c) produzioni annue maggiori di 2 Mton, d) la possibilità di accedere ad ingenti finanziamenti. Il ciclo elettrico, invece, è favorito da: a) produzioni annue anche minori di 2 Mton, b) disponibilità limitata di finanziamenti, c) vicinanza a zone di produzione del rottame, d) disponibilità di elevata potenza elettrica. Quanto alle caratteristiche del prodotto, non sono determinanti, come lo erano in passato, considerazioni di carattere metallurgico, in quanto attualmente in entrambi i cicli di fabbricazione, l’acciaio viene portato alla composizione desiderata con le aggiunte in siviera o in reattori fuori forno. Questa tecnica è comunemente nota sotto il
11 nome di “metallurgia secondaria” che segue la “metallurgia primaria” costituita dagli impianti fusori del rottame (forni elettrici) o di fusione e di riduzione del minerale (altiforni). Una considerazione, che però ha gran peso nella scelta dell’una o dell’altra via, è quella che deriva dalle condizioni ambientali prevalenti nelle differenti aree geografiche in cui avviene la produzione. D’altra parte la necessità ecologica di riciclare i rottami nelle zone a più alta industrializzazione e la necessità per ragioni quantitative e qualitative di utilizzare comunque i minerali a complemento del rottame, rendono entrambi i cicli necessari e c’è da attendersi che entrambi tendano ad avvicinarsi attraverso l’acquisizione delle tecnologie dell’altro ciclo. Nello schema successivo è riportata una schematizzazione dei due cicli di produzione dell’acciaio.
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3 L A SI DE R UR G I A I T AL I ANA In Italia negl’anni ’30 l’acciaio veniva fabbricato in gran parte dal rottame. I tentativi di realizzare impianti in grado di produrre laminati partendo dal minerale, ricevettero un forte impulso solo con “l’autarchia fascista” nel quadro dei rapporti sempre più stretti con la Germania da cui proveniva il carbone. In quell’epoca le figure chiave della siderurgia italiana furono Oscar Sinigaglia (1877­1953) e Agostino Rocca (1895­1978), manager che segnarono le vicende del settore nella prima metà del secolo. Un primo impianto, in costruzione a Cornigliano (Genova) a ridosso della seconda guerra mondiale, venne smantellato dai tedeschi, ma nel dopoguerra nella medesima località sorse un grande stabilimento a ciclo integrale voluto da Oscar Sinigaglia, per sostenere l’inedita espansione dei beni di consumo durevoli, ad iniziare dalle automobili. Con gli anni ’70 si ebbe un nuovo cambiamento di scena: i miglioramenti degli impianti a forno elettrico e le capacità di imprenditori come Emilio Riva e Luigi Lucchini consentirono ai privati di prevalere sulla siderurgia pubblica, che entrò completamente in crisi. L’industria Italiana fu completamente privatizzata dal 1995 ed ebbe profonde riorganizzazioni, infatti la produzione di acciaio si è concentrata su un numero minore di siti di produzione di acciaio: 1990: 24.8 milioni di ton – 68 siti 1995: 27.8 milioni di ton – 54 siti 2001: 26.5 milioni di ton – 42 siti (Altoforni e convertitori all’ossigeno in 4 siti; forni elettrici in 38 siti)
14 Siti di pr oduzione Altoforni Convertitori all'ossigeno Genova, Piombino, Taranto, Trieste Forni elettrici Aosta, Bergamo, Bolzano, Brescia, Catania, Cremona, Cuneo, Modena, Novara, Padova, Potenza, Torino, Terni, Trento, Udine, Varese, Verona, Vicenza.
F i g 3. 1­ Sc h e m a d e i si t i d i p r od u z i on e d e l l ’a c c i a i o i n I t a l i a L’Italia rappresenta una realtà molto importante nel panorama mondiale, infatti è ai primissimi posti sia in Europa che nel mondo per quanto riguarda la produzione di acciaio. Nello schema seguente è mostrata la produzione mondiale di acciaio nel 2001 con il contributo in milioni di tonnellate dei primi 20 paesi del mondo. 15 R.P. Cina Giappone Stati Uniti Russia Germania Sud Corea Ucraina Brasile India Italia Francia Taiwan (R.o.C.) Canada Spagna Messico Regno Unito Turchia Belgio Polonia Australia Produzione mondiale di acciaio 2001 primi 20 paesi
Mondo 845.3 m.t. 0 50 100 150 200 mil. ton. F i g 3. 2 – P r od u z i on e m on d i a l e d i a c c i a i o d e i p r i m i 20 p a e si d e l m on d o Dallo schema successivo si nota invece come la produzione di acciaio totale per quel che riguarda i primi 20 paesi produttori di acciaio, raggiunga circa l’ 88% del totale mondiale. Nello specifico la percentuale è cumulata sul totale: 16 I 20 paesi maggiori produttori di acciaio producono l’88% del totale mondiale R.P. China Giappone Stati Uniti Russia Germania Sud Corea Ucraina India Brasile Italia Francia Taiwan (R.o.C.) Spagna Canada Turchia Regno Unito Messico Belgio Sud Africa Polonia Produzione mondiale di acciaio 2001 % cumulata sul totale 0% 20% 10% 40% 30% 60% 50% 80% 70% 100% 90% 6 F i g 3. 3 – P r od u z i on e t ot a l e d i a c c i a i o d e i p r i m i 20 p a e si d e l m on d o Dividendo la produzione di acciaio per zone, si nota che l’ unione europea produce il 18.8% di acciaio ed è seconda solo all’Asia con il 41.4%. Pr oduzione acciaio 2001
Oceania Unione Europea 0.9% 18.8% Asia altri Europa 41.4% 5.4% CSI 11.7% Nord America Africa e MO 14.2% 3.2% Sud America 4.4% F i g 3. 4 – P r od u z i on e m on d i a l e d i a c c i a i o n e l 2001 d e l m on d o 17 Nel quadro della produzione di acciaio nell’unione europea, l’Italia, con il 16.7%, è preceduta solo dalla Germania che ne produce il 28.2%. Produzione di acciaio nella UE Italia 16.7% Spagna 10.4% 2001
Germania 28.2% RU 8.7% Altri UE 23.8% Francia 12.2% F i g 3. 5 – P r od u z i on e d i a c c i a i o n e l l ’UE 4 C E NNI ST O R I C I SUL L A F ABBR I C AZ I O NE DE L L ’AC C I AI O La metallurgia, ovvero l’arte di produrre i metalli e le loro leghe a partire dai minerali, affonda le sue radici nella preistoria, tanto che alcuni metalli danno il nome a delle ere. Quando si pensa al primitivo uso del ferro , il riferimento immediato è con “L’era del ferro” (1200 a.C.), anche se i primi manufatti risalgono addirittura al 4000 a.C. Il ferro è un metallo argenteo, morbido e con proprietà magnetiche, che reagisce rapidamente a contatto con l’aria umida con formazione di ruggine. Il ferro puro non ha alcun uso pratico, per essere utilizzabile tecnologicamente deve essere messo in lega con carbonio per formare 18 acciai o ghise, che a seconda della quantità di carbonio hanno caratteristiche diverse, ma anche con l’aggiunta di altri metalli origina una serie infinita di leghe ferrose con le più svariate proprietà. Il ferro è uno dei metalli più diffusi sulla crosta terrestre, ma la sua lavorazione è resa complessa dall’elevata temperatura di fusione (1540°C) che ne differenzia notevolmente il ciclo produttivo rispetto a quello degl’altri metalli. La seguente tabella evidenzia la diffusione sulla crosta terrestre del ferro rispetto agli altri metalli e le rispettive temperature di fusione: Metallo Diffusione sulla crosta Temperatura terrestre (%) di fusione (°C) Alluminio 8.13 659 Ferro 5.00 1540 Manganese 0.10 1250 Zinco 0.08 419 Rame 0.007 1083 Stagno 0.004 232 Piombo 0.0016 340 Argento 0.00001 960 Oro 0.0000005 1063 T a b 4. 1 – Di ffu si on e su l l a c r ost a t e r r e st r e d e i va r i m e t a l l i L’inizio della metallurgia come scienza è empirico ed è nata e cresciuta per molto tempo grazie a prove e tentativi, spesso inconsapevoli.
19 Successivamente ha iniziato ad avvalersi di conoscenze scientifiche ma ancora oggi l’ esperienza riveste un ruolo fondamentale. I primitivi furono i primi che effettuarono dei tentativi per ottenere dei materiali che fossero utili per la costruzione di armi per la caccia. Antiche popolazioni che per prime apprezzarono il ferro, che dell’acciaio è il primo e più importante componente, furono Assiri, Babilonesi ed Egizi, infatti intorno al 4000 a.C. iniziarono ad utilizzare quello strano metalliche si trovava in alcune meteoriti, cadute sul suolo terrestre, ricavandone piccoli oggetti quali fibbie, spille e decorazioni varie. Le temperature con le quali avvenivano questi processi erano molto basse e il ferro che si otteneva non era raffinato. Solo parecchi anni dopo, intorno al 1500 a.C., gli ittiti si accorsero di poter ottenere il nuovo metallo da alcuni minerali molto abbondanti in natura, modificando appena i metodi fino ad allora utilizzati per produrre rame e bronzo. Ben presto Persiani, Cinesi ed Indiani adottarono a loro volta tecniche simili. Nel periodo storico che va dal 1000 a.C. fino all’era Cristiana i Fenici, i Greci e gli Etruschi, i Cartaginesi ed infine i Romani seppero far progredire ulteriormente l’arte di estrarre il ferro dai minerali. Ai tempi dell’impero romano questo metallo era diventato di uso comune. Così, gradualmente i popoli dell’Europa scoprirono i vantaggi degli strumenti in ferro, la cui produzione iniziava a diffondersi capillarmente. I primi forni usati per il trattamento del minerale, a partire dal 1500 a.C., furono detti bassi­fuochi.
20 Essi consistevano essenzialmente in focolari ricavati nel terreno entro cui erano i minerali di ferro alternati a strati di legna o di carbone di legna. Alla base del focolare veniva praticata una apertura attraverso la quale era possibile ottenere un tiraggio naturale che permetteva la combustione naturale necessaria per produrre il calore ed i gas che servivano al processo chimico di riduzione dagli ossidi di ferro al metallo vero e proprio, che veniva ancora estratto sotto forma di blocchi ed ammassi spugnosi. Questo materiale, assorbendo piccole quantità di carbonio dal combustibile poteva già definirsi acciaio. F i g 4. 1 – E vol u z i on e n e l l a p r od u z i on e d e l l ’a c c i a i o a p a r t i r e d a i B a sso fu oc h i
21 La tecnica di produzione dell’acciaio migliorò ben poco durante il medioevo, tuttavia in quel periodo si iniziarono a costruire i focolari non più scavati nel terreno, ma sviluppati verso l’alto con muri di pietra. Un significativo progresso si ebbe intorno all’anno 1000 d.C. in Germania e in Austria: fu la comparsa dei primi STUCKOFEN, che erano fornaci alte fino a 5 metri da cui poteva anche essere ottenuta ghisa liquida, oltre che i soliti blocchi spugnosi di acciaio. Con un ulteriore intensificazione STUCKOFEN si giunge verso la metà del XV secolo alla soppressione della formazione di massello di ferro e alla produzione continua di sola ghisa, nei forni detti FLOSSOFEN, che sono dei prototipi dei moderni altoforni. La ghisa ha un punto di fusione più basso del ferro, quindi diventa liquida prima. Per diventare acciaio comunque la ghisa ha bisogno di un secondo stadio di elaborazione, l’operazione di base è la decarburazione. Inizialmente la ghisa veniva considerata una pura perdita, ma non appena si constatò la possibilità di utilizzarla come materia prima per getti, si ebbe un importante alternativa nella prima operazione siderurgica partendo dal minerale: ­produzione di ferro allo stato pastoso ­produzione di ghisa Nonostante la situazione promettente, la fabbricazione della ghisa rimase molto rallentata fino al XVIII secolo , a causa della scarsità del carbone da legna , scarsità dovuta alle leggi emanate in quel periodo di protezione delle foreste.
22 Non si potevano, d’altra parte, usare i carboni fossili a causa della presenza in essi di elementi volatili e dello zolfo che provocavano un forte inquinamento del metallo. Il problema venne risolto con l’invenzione da parte dell’inglese Darby della cokenizzazione del carbon fossile, con due vantaggi che furono:
·
aumento della potenzialità di produzione
·
aumento del rendimento del ferro prodotto Un altro importante passo in avanti fu rappresentato dall’introduzione delle macchine a vapore per azionare le soffianti, che svincolava l’ubicazione dalla vicinanza di corsi d’acqua, e il preriscaldamento del vento, introduzione che raddoppiò la potenzialità produttiva e dimezzò il consumo di carbone. Gibbons nel 1839 apportò alcune modifiche significative:
·
sezione circolare
·
crogiolo cilindrico
·
forma conica con svasatura verso l’alto per la sacca
·
minore pendenza della sacca
·
aumento diametro del crogiolo
·
bocca di carico molto ampia Lo sviluppo del processo tradizionale è solo una delle due tecnologie attualmente disponibili, la seconda è stata sviluppata a livello industriale solo a partire dal 19°esimo secolo e si basa sull’applicazione dell’energia elettrica alla fabbricazione dell’acciaio. Questa seconda tecnologia ha il vantaggio di riciclare gli scarti metallici provenienti dall’industria e dai consumi sociali.
23 5 C I C L O SI DE R UR G I C O I NT E G R AL E Quasi a riassumere il progresso delle tecnologie siderurgiche che nel tempo si sono evolute, si è infine consolidata una configurazione tipica del ciclo di produzione dell’acciaio, detto anche C I C L O I NT E G R AL E , che si è definitivamente affermata in tutto il mondo. Tali impianti si caratterizzano per il fatto che concentrano le loro attività produttive siderurgiche in pochi stabilimenti di grandi dimensioni, in cui il minerale viene preparato, ridotto e convertito in acciaio. Sono in genere ubicati in zone costiere, prossime ai porti per facilitare l’importazione e il trasporto di minerale. L’altoforno rappresenta il cuore di tutto il complesso ed intorno ad esso si sviluppano apparecchiature ed impianti ausiliari, che vanno dalla preparazione delle materie prime al preriscaldamento dell’aria, ai depuratori di gas, etc. 5.1 M a t er ie p r im e Le materie prime arrivano via mare nel pontile dell’impianto siderurgico: si tratta di minerale di ferro pellettizzato (ovvero sotto forma di palline) e di materiale fossile. Dopo essere stata scaricata, la materia prima viene trasferita da un nastro trasportatore verso vaste aree di stoccaggio all’aperto, dove è messa a parco. Cadendo dal nastro i materiali formano a terra dei grossi cumuli separati.
24 F i g 5. 1 – M a t e r i a p r i m a Il materiale così stoccato è destinato ai prelievi verso l’altoforno per la produzione della ghisa, non prima però di essere stato preventivamente sottoposto a vaglio. L’acciaio è sostanzialmente una lega a base di ferro con ridotto contenuto di carbonio,che è l’elemento di lega fondamentale per gli acciai comuni ed oscilla tra 0,02% e 0,3%. Il concetto fondamentale della produzione del ferro dal minerale consiste nel separare il ferro dalle altre impurezze e ciò varia al variare della zona e dal clima. Le impurezze che accompagnano il ferro sono in genere silicio, manganese, zolfo, fosforo mentre l’elemento fondamentale nelle leghe di ferro come detto è il carbonio. L’Italia è povera di minerali di ferro, infatti pur essendoci miniere di ferro si chiudono poiché nei minerali che vengono estratti il ferro non raggiunge il 50%.
25 Le ultime miniere ad essere state sfruttate sono state le miniere di ematite rossa dell’isola D’Elba e la miniera di Cogne ma sono entrambe in via di esaurimento. La sfruttabilità di un giacimento e’ determinata:
·
dal tenore di metallo;
·
dalla composizione chimica;
·
dalla presenza di impurezze;
·
dal dislocamento della miniera Le miniere di ferro più ricche sono collocate nell’emisfero sud del mondo e di conseguenza le acciaierie sono collocate nelle zone di mare e questo perché le materie prime arrivano spesso nei porti. Ad esempio in Italia ci sono i megaporti di Taranto, Piombino, Genova e Cornigliano. Gli stati che possiedono materie prime sono tradizionalmente i più forti produttori di materiali ferrosi; tuttavia in periodi di pace e commercio internazionale libero, imponenti produzioni siderurgiche vengono impostate anche su parziale o totale importazione di materie prime. Un esempio caratteristico è la Germania pre­bellica che importava circa l’80% del ferro trattato nei suoi altoforni dalla Svezia e dalla Spagna e solo successivamente passò allo sfruttamento dei suoi giacimenti nazionali. Nella tabella successiva sono riportati alcuni dati che si riferiscono alla produzione e all’esportazione dei minerali di ferro:
26 P R O DUZ I O NE M I NE R AL I DI E SP O R T AZ I O NE M I NE R AL I DI F E R R O F E R R O NAZ I O NI 1990 NAZ I O NI 1990 CINA 169.3 BRASILE 114.3 URSS 236 AUSTRALIA 96.1 BRASILE 152.3 CANADA 27 AUSTRALIA 112 INDIA 31.6 USA 55.5 URSS 36.4 INDIA 53.7 SVEZIA 16.4 CANADA 35.6 SUD AFRICA 17 SUD AFRICA 30.2 VENEZUELA 13.6 SVEZIA 19.9 MAURITANIA 11.4 VENEZUELA 20.1 CILE 6.5 ALTRE 91 ALTRE 24.3 TOTALE 975.6 TOTALE 394.6 T a b 5. 1 – P r od u z i on e e d e sp or t a z i on e d e i m i n e r a l i d i fe r r o I principali minerali usati per ricavare il ferro sono:
·
ossidi di ferro fe 2 0 3 (ematite rossa)
·
ossidi idrati 2fe 2 o 3 *3h 2 o
·
carbonati feco 3 (siderite) Le caratteristiche di questi minerali sono riportate nella tabella successiva:
27 C AR AT T E R I ST I C H E DE I P R I NC I P AL I M I NE R AL I DI F E R R O NO M E C O M P O SI Z I O NE SI ST E M A DUR E Z Z A C H I M I C A C R I ST AL L I NO (M O H S) % T E NO R E T E O R I C A M E DI O DI F e F e NE L M I NE R AL E F E R R O F e 3 O 4 C UB I C O 6 72. 4 45­70 F e 2 O 3 E SAG O NAL E 6 69. 9 45­60 2F e 2 O 3 *3H 2 O AM O R F A 5 59. 8 30­50 F e C O 3 E SAG O NAL E 4 48. 2 30­40 F e S 2 C UB I C O 6 46. 5 40 M AG NE T I C O O M AG NE T I T E E M AT I T E R O SSA O F E R R O O L I G I ST O E M AT I T E B R UNA O L I M O NI T E F E R R O SP AT I C O O SI DE R I T E P I R I T E T a b 5. 2 – C a r a t t e r i st i c h e d e i va r i m i n e r a l i d i fe r r o 5.2 O p er a zion i p r elim in a r i Le operazioni preliminari, cioè quelle operazioni fatte per estrarre il metallo dal minerale e sono: 1) frantumazione 2) macinazione 3) arricchimento La scelta tra la frantumazione e la macinazione viene fatta in base al tipo di metallo mentre l’arricchimento consiste nel separare la parte che interessa (ferro) da quella non desiderata (impurezze) ciò avviene ad esempio per galleggiamento; la frantumazione invece consiste nel
28 frantumare il materiale e attirare la parte magnetica con delle calamite. A queste operazioni di carattere fisico meccanico seguono dei trattamenti chimici il cui scopo è quello di ottenere una trasformazione più o meno profonda del minerale che facilita la successiva operazione di estrazione del metallo.
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calcinazione: dissociazione di alcuni minerali per semplice riscaldamento alla massima temperatura possibile ( elimina acqua di idratazione )
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arrostimento: intervento a temperature sufficientemente elevate di un agente esterno che produce una trasformazione chimica
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agglomerazione: è l’ unione dei materiali fin ora trattati La frantumazione e l’agglomerazione del minerale sono operazioni di fondamentale importanza perchè: se introduco nell’altoforno un minerale di dimensioni troppo elevate ho una difficoltà di riduzione (si consuma un quantitativo maggiore di energia e la riduzione può essere incompleta), mentre l’utilizzo di polveri e minerali troppo fini comporta un intasamento dell’altoforno. L’arricchimento permette di ridurre la ganga e ciò comporta un elevato risparmio di energia perchè gran parte del calore dell’altoforno serve a fluidificare la scoria che quindi deve essere ridotta al minimo. A questo punto inizia il processo metallurgico vero e proprio che può essere di 3 tipi:
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pirometallurgico è la metallurgia che sfrutta le alte temperature per consentire lo svolgersi di particolari reazioni chimiche. I trattamenti vengono fatti in camere chiuse (a vuoto) e ad alte temperature per far si che il carbon fossile rilasci i gas organici, molto tossici.
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Idrometallurgico Impiega solventi liquidi, in genere acquosi per ottenere la separazione del metallo dal minerale
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trattamento con sali fusi avviene tramite elettrolisi di sali fusi che sfrutta l’energia elettrica per facilitare i processi di estrazione. In seguito a questi trattamenti si ottiene il metallo grezzo che presenta quantità variabili di impurezze, che posso essere molto basse (si parla di tracce di impurezze) oppure considerevoli. Il materiale così elaborato viene ulteriormente raffinato, lavorato in forni e trasferito in reparti di colata dove solidifica. Con successive operazioni di lavorazione a caldo e a freddo si raggiunge la forma desiderata. Fanno eccezione sia i prodotti realizzati nelle fonderie, che acquistano forme e dimensioni direttamente nella solidificazione, sia quelli ottenuti dalla metallurgia delle polveri. A tal proposito, si può fare una prima divisione degli impianti siderurgici a partire dal tipo di materie utilizzate:
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impianti siderurgici primari che partono direttamente dal minerale come ad esempio lo stabilimento di Taranto;
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impianti siderurgici secondari che partono dal rottame e ne sfruttano il riciclaggio come ad esempio le acciaierie a Terni. 5.3 L a cok er ia La cokeria è un impianto per la trasformazione del carbon fossile in carbon coke, con un contenuto in carbonio che va dall’85% al 90%, destinato all’altoforno. Il carbon fossile viene distillato e reso pertanto più idoneo per l’estrazione e la lavorazione del ferro. Sono le aree dove viene trattato il carbon fossile è tra le aree più costose e più inquinanti ed ha la durata di 40­50 anni. Infatti, utilizzando un sistema di trasporto su nastro, il materiale fossile viene dapprima avviato allo stoccaggio e successivamente immesso in un forno “a coke”: la cokeria. Il trattamento consiste nella distillazione che, eliminando le materie volatili del fossile, fa rimanere solo la parte condensata: il coke, appunto. Il prodotto così ottenuto viene poi espulso da apposite macchine sfornatici. È sempre tramite un nastro trasportatore che il coke, opportunamente vagliato, viene poi stoccato in cumuli, così come era avvenuto con il minerale di ferro. Nell’altoforno si mandano coke, minerale e calcare già assemblati nella percentuale ideale che dipende da quanto ossido di ferro c’è nel minerale. Il coke è un riducente ed ha una triplice azione
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fisica: il materiale per effetto della riduzione cambia proprietà dalla sommità al centro
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apporto termico: fornisce l’ 80% del calore richiesto, il rimanente viene fornito dal forno caldo
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chimico: il coke fornisce C per la formazione del gas riducente 5.4 L ’a lt ofor n o L’altoforno è ancora oggi il principale processo per la produzione della ghisa liquida, ma tale processo è molto cambiato negl’ultimi cinquanta anni e grazie ai continui miglioramenti tecnici ha raggiunto una produttività estremamente elevata e consumi energetici molto bassi. La ghisa liquida di altoforno è diventata, grazie ai suoi costi di produzione contenuti e alla connessa energia chimica e fisica, la carica metallica più economica per l’acciaieria. Il vero problema degli altoforni risiede negli impianti collegati a monte, soprattutto le cokerie, le quali, a causa della loro età e dei problemi ecologici ad esse connessi, mettono in dubbio l’approvvigionamento a lungo termine del coke. In siderurgia l’altoforno rappresenta il processo più usato per l’operazione di prima fusione, e in particolare rappresenta il ruolo centrale nei cosiddetti “impianti a ciclo integrale”. L’altoforno, in definitiva, è un particolare tipo di forno in muratura refrattaria, rafforzata da una struttura metallica, in cui viene effettuata la fusione e la riduzione dei minerali di ferro per l’elaborazione della ghisa. L’altoforno serve dunque per ottenere ghisa mediante la riduzione del minerale di ferro opportunamente mescolato a coke e a fondente. Alla base dell’impianto si raccoglie la lega fusa di ferro carburato, chiamata ghisa, su cui galleggia una scoria formata dalla ganga del minerale, dal fondente e dalle ceneri del combustibile.
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Hanno come limite di durata circa 12 anni e in questo periodo non possono essere mai spenti altrimenti vanno demoliti. La loro struttura esterna è caratterizzata da lastroni di ghisa (4­5 mm) trattenuti da mattoni refrattari che sono raffreddati con circuiti di spinotti. Il crogiulo invece è costituito da blocchi di grafite che vengono raffreddati ad acqua; si usa la grafite perchè non fonde mai, ma il processo si deve svolgere sotto vuoto perchè con O 2 brucia. L’altoforno è circondato da torri in parallelo e da edifici che hanno lo scopo di recuperare il calore e sono costruiti con materiale refrattario. I fumi vengono abbattuti all’interno. P r ocesso d i fu n zion a m en t o Il materiale solido (minerale, coke e piccole quantità di fluidificanti) viene caricato dall’alto e contemporaneamente viene immessa anche aria compressa preriscaldata che serve ad alimentare la combustione. L’ossigeno viene iniettato dalla parte bassa del forno reagisce con il carbonio producendo gas riducente (CO) che sale verso l’alto estraendo ossigeno dal minerale. La corrente gassosa che percorre il forno in tutta la sua lunghezza è costituito da O 2 e N 2 in rapporto di 1:3 circa in peso; di essi solo l’ossigeno prende parte alle reazioni, mentre la restante parte serve ad attenuare la violenza delle reazioni. La temperatura raggiunge 2200°C e il fuso si separa in metallo fuso e scoria. I gas vengono convogliati nella sommità del forno verso depuratori per essere usato come combustibile per il riscaldamento I recuperatori di calore, infatti recuperano i fumi che escono dall’altoforno e sono fatti di camere rivestite da refrattari: i fumi perdono calore all’interno di essi e quando la temperatura di essi è
33 uguale a quella dell’altoforno servono a riscaldare i gas che vengono reinmessi nell’altoforno. F i g 5. 2 – Di se gn o d e l l ’Al t ofor n o
34 5.4.2 Descr izion e d ell’a lt ofor n o L’altoforno ha l’aspetto di due tronchi di coni raccordati lungo le due basi maggiori da una parte cilindrica ed è composta da più parti: BOCCA TINO CONICO VENTRE SACCA
CROGIOLO * Bocca 400° viene immesso il minerale che si disidrata. Attraverso la bocca si introducono le cariche: minerale di ferro, combustibile (coke metallurgico di particolare purezza e resistenza meccanica) e fondente (di solito si impiega castina, cioè carbonato di calcio), che per reazione sulla ganga argillosa del materiale forma una scoria fusibile. * T in o conico 500°­900° con struttura a forma di tronco di cono, situato nella parte superiore, nel quale avvengono le prime reazioni della carica e la riduzione del minerale di ferro. iniziano le reazioni decomposizione di CO e di riduzione indiretta di ossidi di ferro e contemporaneo assorbimento di C ad opera di CO 2 : 35 2CO C+CO 2 Fe 2 O 3 +3CO 2Fe +3CO 2 * ven t r e 950­1350° con struttura cilindrica è la parte di maggiore diametro dell’impianto, nella quale prosegue la riduzione del minerale di ferro, avviene la riduzione diretta del Fe e la riduzione degli ossidi superiori di manganese e inizia anche la carburazione del ferro: CaCO 3 CaO+CO 2 * sa cca 1350­1650° fusione di tutti gli elementi tranne il coke, finisce la carburazione del ferro ed inizia la formazione di scoria e ghisa *focola r e o zona dove viene insufflata aria calda 1800­2000° è la zona più calda dell’altoforno nella quale fonde anche il coke e a forma cilindrica nel quale sboccano le tubiere che portano all’interno del forno l’aria compressa ad una temperatura di 400­500°C. Quest’aria calda è tal volta arricchita di ossigeno allo scopo di accrescere l’efficacia dell’ operazione. * cr ogiu lo 1600° è la parte inferiore dell’impianto nella quale si raccoglie la ghisa liquida sovrastata dalla scoria fusa: nella sua parete sono praticati 2 orifici attraverso i quali colano, al momento voluto, si raccoglie il metallo fuso o la ghisa (foro inferiore) e la scoria (foro superiore). La sua struttura interna è in grafite. Le pareti dell’altoforno sono formate da materiali refrattari: una solida armatura metallica regge l’impianto e scarica il peso su fondazioni di cemento armato. Talune zone e organi sensibili sono protetti dal calore mediante un sistema di raffreddamento a circolazione d’acqua, costituite da
36 camicie installate nelle pareti o circondanti le tubiere, i fori di colata etc. Si preferisce raffreddare le pareti della sacca e del crogiolo tramite un irroramento continuo di acqua. L’altezza dell’impianto può superare i 30 metri; negli impianti moderni di profilo conico è meno accentuato e tende ad avvicinarsi alla forma cilindrica. I problemi connessi al tipo di profilo da scorie sono legati alle complesse reazioni che hanno luogo all’interno dell’impianto e che sono dovute alla corrente ascendente dei gas e alla corrente discendente dei materiali. 5.4.3 R ea zion i n ell’a lt ofor n o La carica è messa al suo interno e non sprofonda ma si abbassa man mano che c’è la combustione, esso è un enorme rettore. I materiali immessi nell’altoforno reagiscono ognuno alla propria temperatura e già nella 3 zona inizia a colare metallo nel crogiulo, a 1300° si forma la scoria , CO reagisce con alcuni ossidi. La scoria fusa è formata da silicati e da alluminio e servono a proteggere la ghisa dall’ossidazione con l’ossigeno contenuto nell’aria insufflata. Nella parte superiore del tino conico a temperatura di 400° il minerale si riscalda e perde acqua. Iniziano le reazioni man mano che si scende ed aumenta la temperatura. La prima reazione e’: 2CO C + CO 2
37 la riduzione di ossidi di ferro(Fe 2 O 3 , Fe 3 O 4 ) e ferro avviene attraverso CO tali reazioni avvengono tra 500­800° Nella parte inferiore del tino conico avvengono altre reazioni (dissociazione dei carbonati, riduzione degli ossidi di manganese). Intorno ai 1100° inizia la carburazione del ferro cioè il ferro comincia a reagire con C. Mentre il Fe fonde a 1600° e va a formare con C la ghisa (intorno a 1200° inizia a gocciolare per arrivare al crogiulo. L’altoforno al suo interno è rivestito di mattoni refrattari basici raffreddati ad acqua. La durata di un altoforno è legata anche alla vita dei refrattari che possono sbriciolarsi, i refrattari però dovrebbero rovinarsi solo per usura dovuta all’immissione della carica. Mediamente un altoforno dura 12­13 anni dopo i quali deve essere smantellato e ricostruito (se l’altoforno viene spento deve essere smantellato). Per valutare se l’altoforno sta lavorando bene bisogna valutare l’indice di marcia: indice di marcia = CO 2 /CO e deve essere circa 0.5­0.6 se è lontano da questi valori allora bisogna fare delle correzioni aumentando o diminuendo l’aria per la combustione. Riassumiamo le reazioni che avvengono:
38 a 200° disidratazione dei componenti H 2 O (l) H 2 O (g) Fe 2 O 3 +3CO 2Fe+3CO 2 CO 2 +C 2CO la prima reazione avviene in 3 stadi 500° 3Fe 2 O 3 +CO 2Fe 3 O 4 +CO 2 700° Fe 3 O 4 +CO 3FeO+CO 2 900° FeO+CO Fe+CO 2 C’è un equilibrio tra la concentrazione di CO e la concentrazione di CO 2 ; il controllo dell’altoforno viene gestito tramite il rapporto CO/CO 2 che è detto indice di marcia che deve essere mantenuto costante entro determinati parametri. Possono esistere anche fenomeni di riduzione indiretta che comportano la produzione di CO nella zona più ricca di carbone SiO 2 +2C Si+2CO H 2 O+C H 2 +CO t=1500­2000 O 2 +2C 2CO altri fenomeni di riduzione dovuti al monossido di carbonio sono quelli che coinvolgono MnO, SiO 2 , P 2 O 5 , H 2 O che sono ossidi presenti accidentalmente nell’altoforno 5.4.4 P r op or zion a m en t o d i u n a lt ofor n o Lo sviluppo dimensionale e produttivo, il perfezionamento costruttivo dell’altoforno si sono svolti nei paesi a maggiore sviluppo
39 siderurgico, negli ultimi cinquanta anni, specie negli Stati Uniti, in Germania, Giappone, ex Unione Sovietica. Gli altoforni più grandi del mondo hanno oggi un diametro di 14 m. Data l’enorme varietà nelle dimensioni, nella composizione e nel comportamento delle cariche, nelle temperature di esercizio, è quasi impossibile un confronto diretto tra i diversi tipi di altoforno. L’unica possibilità, per altro costosa, è di costruire nella stessa località una serie di altoforni che differiscano tra loro per una sola delle dimensioni in esame. Uno studio del genere è stato compiuto molti anni fa negli Stati Uniti con i seguenti risultati:
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Un aumento dell’altezza dell’altoforno oltre un certo limite, che è di massimo 30 m, non produce alcun beneficio alla produttività.
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Un aumento delle dimensioni trasversali, in particolare del diametro del crogiolo, porta ad uno straordinario aumento della produttività, a parità delle altre condizioni Un adeguata geometria del profilo interno ed il corretto proporzionamento delle varie parti del forno, sono della massima importanza per assicurare un decorso dei processi equilibrato termicamente e chimicamente e la regolare discesa della carica. Il proporzionamento deve assicurare la preparazione del letto di fusione durante la discesa, il suo graduale riscaldamento, lo svolgimento dei processi di riduzione indiretta e così via. Ciò può essere ottenuto con un tempo ottimale di permanenza (tempo di attraversamento) delle cariche, in relazione ai tipi di materiale trattati ed in funzione della velocità con cui il coke viene gassificato
40 alle tubiere: in funzione quindi della capacità di produzione per il quale il forno è progettato. Il profilo deve anche soddisfare, con graduali variazioni della sezione trasversale del forno, alle variazioni di volume dei gas e dei vari materiali di carica; tali variazioni si verificano in conseguenza di variazioni di temperatura, a causa dei processi di riduzione, di rammollimento e di fusione che i materiali subiscono. Data la grande complessità dei fenomeni termochimica che si svolgono nel forno, non esistono precise regole di proporzionamento e di calcolo, ma la progettazione del profilo è basata in buona parte su criteri empirici, frutto di antecedenti esperienze. Si è verificata nel corso degli anni una graduale evoluzione del profilo degli altoforni, che continua a subire ritocchi anche in relazione alle caratteristiche delle cariche trattate. I principali parametri che compaiono nella definizione geometrica del profilo sono i seguenti:
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volume interno
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altezza del forno
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diametro crogiolo
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volume crogiolo
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variazioni del diametro del forno lungo l’altezza
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angoli del tino
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angoli della sacca Il parametro che determina la capacità produttiva dell’altoforno è il diametro del crogiolo e tutte le altre dimensioni dell’altoforno sono ad esso collegate. Il rapporto volume utile/diametro del crogiolo, dove il volume utile rappresenta il volume interno del forno dal livello superiore della colonna di carica sino al livello delle tubiere, è
41 il parametro principale che condiziona il tempo che la carica impiega a percorrere l’altezza utile del forno. Un eccesso di volume utile in rapporto al diametro del crogiolo determina una discesa della carica molto lenta, quindi il raggiungimento di eccessivi livelli di temperatura nelle parti medie del forno. Al contrario un volume insufficiente provoca l’arrivo alle parti basse del forno ed al crogiolo di materiali poco preparati. Si può adottare: VOLUME UTILE/SUPERFICIE CROGIOLO =23­27 m Un tempo di attraversamento medio, che in molti casi assicura anche una giusta preparazione termochimica della carica, si aggira sulle 6­8 ore. Questo tempo può venire ridotto, se la carica ha buone caratteristiche chimico­fisiche (pezzatura piccola e granulometria strettamente sotto controllo in una banda di dispersione ristretta, elevata riducibilità, etc.). Altri parametri geometrici che concorrono a definire il profilo del forno sono gli angoli del tino e della sacca, che determinano la pendenza delle pareti del forno. Questi angoli sono oggi tendenzialmente elevati infatti quello del tino si aggira sugli 83­86° inferiore a quello della sacca che va da 79­82°. 5.4.5 P r od u zion e d i u n a lt ofor n o La produzione di un altoforno dipende dalle sue dimensioni e varia da 300 a 1500 tonnellate giornaliere. A seconda dei casi, con l’operazione di prima fusione si possono ottenere tutti o parte dei seguenti prodotti caratteristici:
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metallo fuso
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ghisa fusa
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scoria fusa o loppa
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gas di altoforno La composizione della ghisa che esce dall’altoforno in generale si avvicina alle seguenti percentuali: C: 4,5% (FeC C), Si: 2,5%, Mn, S, P variano a seconda della quantità del minerale. L’eliminazione di C, Si, Mn, P, S rappresenta la fase di raffinazione successiva della ghisa. E’ evidente che si cerca di ottenere come prodotto principale il metallo grezzo, che non è altro che un metallo “inquinato” da altri elementi, che possono essere presenti come tracce o come quantità notevoli. Nel caso della ghisa il controllo dei diversi elementi avviene tramite un’opportuna scelta e dosatura dei minerali caricati e una giusta marcia dell’altoforno. Tuttavia sono sempre presenti come impurezze il silicio, lo zolfo e il fosforo. Nella maggior parte dei casi il metallo grezzo deve quindi subire successivi processi di raffinazione prima di essere utilizzato. Il gas residuo di tutte le combustioni avvenute viene riutilizzato come combustibile. In generale per ottenere la colata di 1 tonnellata di ghisa occorre impiegare circa 500 Kg di coke mentre la produzione di scorie è molto variabile a seconda della natura del minerale. Di seguito è riportato un bilancio di un altoforno per una tonnellata di ghisa prodotta: 1) La carica:
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minerale (­50% di ferro) 2 tonnellate coke 0.9 tonnellate CaCO 3 0.4 tonnellate aria 4 tonnellate 2) I prodotti ghisa 1 tonnellate scoria 0.8 tonnellate gas esausti(CO, CO 2 ) 5.4 tonnellate polvere 0.1 tonnellate A CO e CO 2 sono legati problemi di inquinamento, mentre le scorie sono parzialmente riutilizzate, il CO pulito è utilizzato come combustibile in torri di preriscaldamento dell’aria. 5.5 C on ver t it or e a d ossigen o Il convertitore ad ossigeno permette di produrre acciaio dalla ghisa che proviene generalmente dall’altoforno. Il processo che si svolge nel convertitore consiste essenzialmente nella decarburazione della ghisa mediante l’insufflazione di ossigeno iniettato spesso a velocità supersonica attraverso una lancia inserita dall’alto nella bocca del convertitore.
44 F i g 5 . 5 – S c h e m a d i f u n zi on a m e n t o d e l p r oc e s s o d i c on ve r s i on e d e l l a g h i s a . L’ossidazione di C a CO produce un eccesso di calore che viene impiegato per fondere il rottame introdotto nel convertitore prima di immettere la ghisa. Nel convertitore è aggiunta anche la calce per svolgere le funzioni metallurgiche previste: dalla defosforazione alla desolforazione. I convertitori sono recipienti in lamiera di spessore intorno ai 50 mm, a cono simmetrico e a fondo chiuso, rivestiti di materiale refrattario.
45 Il convertitore viene caricato per il 20­30% circa da rottame al quale poi verrà aggiunta ghisa fusa proveniente dall’altoforno, calce e fluoruro di calcio. In totale la carica di un convertitore è compresa tra: 50­60 t <carica convertitore < 200 t Esistono diverse tipologie di convertitori e tra queste le più importanti sono due: convertitore ld: con il soffiaggio dell’ossigeno dall’alto obm: con soffiaggio di ossigeno dal basso Le operazioni che avvengono in un convertitore si riducono essenzialmente a 3: a) carica b) soffiaggio c) colata in siviera Il convertitore è in grado di abbassare il fosforo che è nocivo nei processi siderurgici: Fe 3 P+5FeO 11Fe +P 2 O 5 P 2 O 5 +3FeO (FeO)3P 2 O 5 (FeO) 3 P 2 O 5 +3CaO (CaO) 3 P 2 O 5 +3FeO Per far uscire l’acciaio il convertitore viene fatto ruotare e tra un ciclo e l’altro il foro viene raffreddato; Il processo di conversione dura circa 20 minuti.
46 La vita di un convertitore è più breve di quella dell’altoforno che deve durare circa 13 anni. Le parti più soggette all’erosione sono le parti cilindriche con una durata di circa 500 colate ed il foro di colata con una durata di 60­70 colate. Oltre all’usura meccanica dovuta al caricamento dei materiali ci sono quelle di natura termica e chimica. Il recipiente dove viene colato l’acciaio è la siviera, nella quale l’agitazione dal basso riduce il contenuto di O 2 H 2 N 2 che sono intrappolati all’interno dell’acciaio. Il ferro che esce dal convertitore ha una percentuale di C dell’ordine di 0.025% inoltre sono presenti S, Si, Mn. 6 C I C L O E L E T T R I C O
47 Il ciclo elettrico o ciclo da rottame rappresenta la seconda filiera principale della produzione di acciaio e il forno elettrico ad arco o FEA rappresenta la macchina di fusione principale. Il ciclo elettrico utilizza per la produzione rottame o materiali ferrosi alternativi che in ogni caso hanno un elevato contenuto di ferro sotto forma metallica come ad esempio il minerale “preridotto” che viene prodotto presso le miniere di minerale con cicli che utilizzano carbone o gas come elemento riducente dell’ossido di ferro minerale. L’uso del rottame è molto importante anche dal punto di vista ambientale, infatti la possibilità dell’industria siderurgica di riciclare una frazione molto elevata del proprio prodotto, sia come provenienza dagli scarti di produzione, sia come reimpiego del materiale giunto a fine vita, riduce notevolmente l’impatto ambientale. F i g 6. 1 – R ot t a m e fe r r oso Il ciclo che si svolge presso l’acciaieria di Terni è un tipico ciclo elettrico che utilizza quasi esclusivamente rottame, acquistato sui mercati mondiali dopo accurata selezione. Nella figura 6.2 è rappresentato schematicamente l’intero ciclo che può essere sintetizzato: Caricamento del rottame in forno elettrico
48 F i g 6. 2 – C i c l o e l e t t r i c o
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Fusione del rottame
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Spillaggio in siviera
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Trattamento di metallurgia secondaria
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Solidificazione in colata continua
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Laminazione a caldo per ottenere rotoli di lamiere ad elevato spessore (3­5 mm) “Coils a caldo”
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Laminazione a freddo per portare questa lamiera allo spessore utile per le applicazioni commerciali (anche inferiori a 0,23 mm). 6.1 Svilu p p o d el ciclo elet t r ico n el t em p o
49 Per quanto riguarda le tecnologie è indubbio che il ciclo elettrico ha cambiato la scena della produzione di acciaio e continuerà a giocare un ruolo centrale nel futuro della produzione mondiale. Gli investimenti in questo ciclo sono in continua crescita andando ad intaccare quello che, fino a pochi anni fa, era l’incontrastato predominio del ciclo integrale (fig. 1.3). Evoluzione dei processi di fabbricazione acciaio 100% 90% Altro 80% Convertitori ad ossigeno (LD) Percentuale 70% 60% 50% 45.4% Forni a suola aperta (Martin + Siemens) 40% 30% 20% 32.8% 6.8% Forni elettrici
10% 0% 1950 1955 1960 1965 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 2005 2010 Anno F i g. 6. 3 ­ Di st r i b u z i on e d e l l a p r od u z i on e d i a c c i a i o p e r i d i ve r si t i p i d i c i c l o I vantaggi storici del ciclo elettrico sono : capacità di rispondere in tempi brevi e con bassi costi di investimento alle variazioni del mercato versatilità nella produzione di tutti i tipi di acciai speciali o di “nicchia”, cioè acciai di bassa produzione e elevata qualità Processo applicabile sia per grosse attività produttive che per piccole acciaierie. I limiti storici del ciclo elettrico sono: 50 ·
elevati costi di trasformazione
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bassa produttività
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limitata qualità del prodotto per la presenza di “trump elements”, che sono gli elementi chimici residui nel rottame dovuti all’uso che se ne é fatto. Il ciclo elettrico ha risolto le sue principali criticità (produttività e costi di produzione) grazie ad un miglioramento tecnologico continuo che ha consentito nell’arco di trent’anni (1965­1995) di ridurre il tempo tra gli inizi di due colate consecutive (tap­to­tap) di oltre il 60 %, riducendo parallelamente sia il consumo di elettrodi, sia quello di energia elettrica. F i g. 6. 4 ­ M i gl i or a m e n t i d e l l e p r e st a z i on i d e l for n o e l e t t r i c o In generale oggi un forno elettrico ha un tempo di colata inferiore ad un’ora (in linea con i tempi di colaggio in colata continua). È ipotizzabile comunque un aumento ulteriore di produttività ma questo obiettivo non ha più la priorità massima come nel passato.
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Sono invece sempre attuali problemi come:
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fornitura e costo di energia elettrica
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approvvigionamento del rottame (legato a sua volta al mercato dell’acciaio). Questi limiti tendono oggi ad essere superati nei seguenti modi:
·
abbattimento dei costi mediante sostituzione dell’energia elettrica con energie alternative ed impiego di tecnologie che riducono sensibilmente il consumo di elettrodi e refrattario
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miglioramento della qualità del prodotto grazie all’impiego di trattamenti specifici e mediante una accurata selezione di rottame o di suoi sostituti con conseguente ripercussione sui costi con un incremento del 25%
·
aumento della produttività mediante l’utilizzo di elevate potenze termiche specifiche e riduzione dei tempi di non erogazione di energia. 6.2 F or n o elet t r ico
52 1 F i g 6. 5 – for n o e l e t t r i c o I forni elettrici sono piccoli forni di massimo 12 tonnellate, usati per piccole produzioni, ad esempio acciai per utensili. Presentano un crogiolo refrattario che viene riempito con il metallo o rottami, intorno c’è un circuito rivestito di spine con un tubo di rame su cui scorre acqua. I forni fusori con riscaldamento elettrico si possono dividere in 2 grandi categorie: Forni a resistenza e Forni ad Arco. Nei forni ad arco può avvenire una scarica elettrica che fa fondere il metallo. Attualmente c’è la tendenza ad introdurre rottame preriscaldato per far consumare di meno l’elettrodo.
53 In genere si introducono dei bruciatori a lancia di ossigeno, per evitare la formazione di gradienti di temperatura, che sono altrimenti dovuti alla grandezza dei forni rispetto al relativamente piccolo numero di elettrodi. Tutto ciò viene fatto allo scopo di dare una distribuzione omogenea di energia, omogeneizzare la temperatura e quindi la composizione del materiale, sfruttando anche gli agitatori dal basso. Inoltre si fa in modo che la colata non trascini dietro la scoria, insufflando carbonio in polvere oltre all’ossigeno, poiché la colata senza scorie migliora le operazioni fuori forno e l’aggiunta di carbonio ha lo scopo di rendere meno schiumosa la scoria. Ormai è entrato nell’uso corrente del linguaggio siderurgico il termine “tecnologia FEA” (Forno Elettrico ad Arco), che indica l’insieme di impianti e di processi metallurgici che si avvalgono delle caratteristiche peculiari dell’arco elettrico, come fonte di energia termica ad altissima temperatura (oltre 12.000 K). I tipi di forno, come pure le caratteristiche di alimentazione elettrica, sono diversi; esistono forni ad arco in corrente alternata trifase e monofase ed in corrente continua monoelettrodo o plurielettrodi. Storicamente, i primi ad essere utilizzati industrialmente nella metallurgia dell’acciaio sono stati i forni in corrente alternata trifase, che d’altra parte costituiscono ancora il principale tipo di forni attualmente in esercizio. Il forno elettrico ad arco è costituito da un crogiolo di forma cilindrica il cui fondo bombato è detto “suola” e le cui pareti compongono il “tino”. La volta copre il tino e ruotando scopre il
54 forno permettendo di caricarlo rapidamente dall’alto tramite le ceste di carica. F i g. 6. 6 Sc h e m a d i u n for n o e l e t t r i c o a d a r c o t r i fa se Attualmente le pareti e la volta dei forni elettrici di grande potenza vengono realizzati con pannelli di raffreddamento ad acqua privi di
55 rivestimenti refrattari, mentre la parte inferiore che deve contenere l’acciaio liquido è composta da un rivestimento di sicurezza, in mattoni di magnesite cotta, sul quale poggia la suola vera e propria in dolomite cotta. Il tino poggia su guide e culle a settori circolari che gli permettono di oscillare intorno ad un asse orizzontale; tale basculamento serve sia per far uscire la scoria che copre l’acciaio durante la fabbricazione attraverso una finestra di uscita posteriore sia per spillare l’acciaio liquido e versarlo in siviera mediante un foro di colata ricavato sulla suola. Gli elettrodi nei forni trifase sono tre (uno per ogni fase) e penetrano all’interno del forno attraverso tre fori presenti nella volta e posti ai vertici di un triangolo equilatero. L’elettrodo è l’unico componente del circuito secondario che si consuma rapidamente essendo soggetto a notevoli sollecitazioni termiche (variazioni di T da alcune centinaia di °C alla morsa per arrivare a superare i 3000° C all’arco), a sollecitazioni meccaniche (franamenti di rottame) e a reazioni chimiche (ossidazione a caldo). Per questi motivi si sono scelti elettrodi di grafite che è l’unico materiale elettricamente conduttivo abbastanza forte per sopportare le altissime temperature e i forti shock termici oltre ad avere basso coefficiente di dilatazione termica, flessibilità trascurabile e buona resistenza alla sublimazione e all’ossidazione a caldo.
56 F i g 6. 7 – F or n o e l e t t r i c o d u r a n t e i l p r oc e sso d i fu si on e d e l r ot t a m e Il processo che si sviluppa nel forno elettrico consiste in una sequenza di fasi operative che possono essere così sintetizzate: a) Caricamento del rottame. Il rottame proviene dalla demolizione di strutture di acciaio preesistenti o da residui di lavorazioni dell’acciaio stesso. Questo rottame, scelto opportunamente, viene trasportato sopra il forno elettrico tramite cestoni mossi da carroponti, e fatto precipitare all’interno del tino del forno.
57 F i g. 6. 8 ­ C a r i c a m e n t o d i u n a c e st a d i r ot t a m e b) Fusione del rottame. Una volta caricato il rottame inizia la fusione dello stesso mediante l’azione termica degli archi elettrici che scoccano tra gli elettrodi di grafite ed il rottame stesso. La fusione procede seguendo leggi e regolazioni ben definite in modo da ottenere nel più breve tempo possibile un acciaio allo stato liquido. c) Preaffinazione dell’acciaio. L’acciaio fuso nella fase precedente viene solo parzialmente elaborato al forno elettrico mediante l’iniezione di ossigeno gassoso che ha il compito di favorire l’eliminazione di alcuni elementi chimici indesiderati, come il fosforo (P) e l’azoto (N 2 ). Durante questa fase si genera una gran quantità di ossidi che si raccoglie al disopra dell’acciaio liquido e costituiscono la scoria. Quest’ultima viene appositamente generata immettendo insieme all’acciaio della calce che si mescola con gli ossidi che si formano ed impedisce un consumo elevato del refrattario che riveste il crogiolo dove si raccoglie l’acciaio liquido. Raggiunto il valore prescritto degli elementi di lega e la temperatura idonea ai trattamenti successivi, l’acciaio viene versato (spillaggio) in un recipiente denominato “siviera” dove vengono effettuati ulteriori trattamenti.
58 F i g. 6. 9 ­ Sp i l l a ggi o d e l l ’a c c i a i o 6.3 I l r u olo d elle sivier e n el ciclo elet t r ico L’acciaio prodotto al forno elettrico non ha normalmente le caratteristiche chimiche che lo rendono idoneo ad essere impiegato direttamente. Necessita, infatti, di trattamento da eseguire ancora in fase liquida per ottenere la composizione (in gergo “l’analisi”) necessaria per conferire le proprietà meccaniche desiderate. Per tale motivo sono stati sviluppati diversi trattamenti che sono in grado di assolvere a questo compito. L’insieme di queste tecnologie è comunemente nota sotto il nome di metallurgia secondaria o affinazione fuori forno. Nel caso del ciclo di produzione il trattamento di metallurgia secondaria può essere descritto come segue: l’acciaio da elaborare viene ottenuto fondendo rottame al carbonio nel forno elettrico; l’acciaio fuso viene versato attraverso il foro di colata in un recipiente, anch’esso rivestito di materiale refrattario chiamato “siviera”; La siviera viene trasferita con un carroponte presso un impianto chiamato L.F.(Ladle Furnace o Forno Siviera) che serve per portare e
59 mantenere alla temperatura voluta l’acciaio. In questo impianto iniziano i trattamenti di metallurgia secondaria che in questa prima fase sono prevalentemente di ricostituzione di una scoria mediante l'aggiunta di calce. La nuova scoria ha il compito di proteggere l'acciaio dall'ossidazione dell'aria, di svolgere alcune funzioni metallurgiche e ridurre le perdite termiche. In questa fase oltre alla calce vengono effettuate anche aggiunte di ferroleghe che possono modificare lo stato termico dell'acciaio; per il controllo ed il mantenimento della temperatura dell'acciaio l'impianto L.F. è dotato di un coperchio a forma di volta attraverso il quale vengono introdotti tre elettrodi che conducono l'energia analogamente al forno elettrico. In questo caso, poiché la temperatura dell'acciaio ha variazioni di poche decine di gradi centigradi, le potenze elettriche in gioco sono pari a circa 1/6 delle potenze del forno elettrico; subito dopo la fase in L.F. il trattamento secondario prosegue con un trattamento di vuoto ed alligazione, ossia la siviera viene posta in una zona dell'impianto dove con una autoclave viene praticato il vuoto che permette di completate l'eliminazione del carbonio attraverso la reazione chimica C+1/2O 2 = CO che produce il gas CO e che viene favorita dalla bassa pressione realizzata all'interno della siviera; quando questa operazione è stata completata, sempre sotto vuoto vengono effettuate le aggiunte di lega che, nel caso degli acciai magnetici, sono quasi esclusivamente ferro­silicio; con questa operazione il procedimento di metallurgia secondaria può dirsi completato a meno che non sia necessario riportare la siviera nella postazione di L.F. per raggiungere la temperatura adatta al colaggio dell'acciaio nella colata continua dove deve solidificare.
60 Quest'ultima operazione costituisce inevitabilmente una perdita di tempo nel processo di produzione. Per tale motivo durante le fasi suddette cerca di evitare questa evenienza in modo che il processo possa fluire linearmente senza ritorni di ciclo. Per ottenere questo obiettivo è in corso uno studio per mettere in esercizio un modello di stima dell’andamento della temperatura negli impianti a valle del forno elettrico in modo che, dopo aver spillato l'acciaio dal forno, non sia più necessario effettuare riscaldamenti intermedi. In altre parole si tende ad effettuare tutte le operazioni di metallurgia secondaria in siviera riducendo al minimo le operazioni in L.F. Per ottenere tale obiettivo è necessario poter controllare le temperature durante l'intero ciclo ed in particolare le temperature del corpo (refrattario e carpenteria di contenimento) della siviera vuota, che, intervenendo in una fase del ciclo in cui l'acciaio è in raffreddamento può influenzare in maniera sensibile le perdite termiche successive. La conoscenza dello stato termico della siviera consentirebbe di identificare a priori la caduta di temperatura che l'acciaio subisce durante lo spillaggio ed il trasferimento all’impianto di affinazione, quindi permetterebbe di fornire un eventuale surplus di temperatura all'acciaio già al forno elettrico dove per l'elevata potenza elettrica disponibile tale obiettivo viene raggiunto in tempi brevissimi. In questo modo si evita di dover operare per tempi eccessivamente lunghi in LF, ed in ogni caso si riduce la variabilità delle temperature di ingresso in metallurgia secondaria, con vantaggi sia di tipo operativo (costanza dei tempi di trattamento), sia metallurgico (vi
61 sono operazioni che si svolgono con cinetiche accettabili a temperature ben precise). Tale caduta di temperatura dipende dalle perdite di calore del sistema acciaio­scoria­siviera tra l’inizio dello spillaggio al forno elettrico e l’inizio delle operazioni metallurgiche nell’impianto di affinazione. Queste dispersioni di calore possono essere suddivise in:
·
Perdite dovute all’irraggiamento del getto di acciaio liquido durante lo spillaggio dell’acciaio al forno elettrico;
·
Perdite per conduzione, convezione e irraggiamento sulla superficie libera della scoria;
·
Perdite dovute alla conduzione di calore attraverso il refrattario della siviera. Quest’ultima classe dipende dal tempo di trasferimento della siviera dal forno elettrico all’impianto affinatore, dalla eventuale attesa della siviera prima di poter esser trattata in LF e , infine, dal contenuto termico della siviera. Il modello oggetto di questa tesi consente proprio di valutare tale contenuto termico attraverso la misura della temperatura in un solo punto della parete refrattaria interna della siviera, rendendo in tal modo possibile l’adeguamento della temperatura di spillaggio dell’acciaio al forno elettrico alle condizioni termiche della siviera.
62 6.4 M et a llu r gia secon d a r ia (I m p ia n t o AO D) Processo messo a punto intorno agli anni ‘60, classificato come impianto di metallurgia fuori forno, dedicato alla messa a punto dal punto di vista chimico e termico (affinazione) dell’acciaio inossidabile. Esso consente di raggiungere bassissimi tenori di carbonio (0.003%) e di zolfo (0.001%) con una ridotta perdita di cromo. Questo processo è stato introdotto a Terni nel 1972 con l’AOD 1 (capacità 70 tonnellate), poi nel 1987 tale convertitore è stato sostituito dall’AOD 2 (capacità 140­150 tonnellate) mostrata in figura:
63 Fig 6.10 ­ Vista di insieme dell’impianto AOD
Le principali operazioni di elaborazione che l’impianto AOD deve essere in grado di effettuare sono:
·
caricamento acciaio attraverso la bocca a mezzo siviera munita di becco e appesa a carroponte;
·
soffiaggio ossigeno e gas inerti da tubiere e/o lancia a rapporti volumetrici variabili in funzione del grado di decarburazione raggiunto;
·
caricamento additivi e ferroleghe;
·
scorifica in paiola e spillaggio in siviera attraverso la bocca del vessel. La siviera viene posizionata su apposito carro;
·
aspirazione dei fumi che si generano durante il processo. Il processo di affinazione in AOD è caratterizzato dalle seguenti fasi operative, schematizzate in figura: 64 F i g. 6. 11 – F a si d e l l ’a ffi n a z i on e i n AO D Fase di decarburazione: E’ la fase metallurgica più importante del ciclo di affinazione in AOD. Attraverso l’insufflazione nel bagno metallico di Ossigeno e gas inerte secondo precisi rapporti volumetrici, si conseguono tenori di C anche inferiori a 0.01%, mantenendo il Cromo su valori variabili fra 11 e 25%. Sono inoltre effettuate aggiunte di Ferroleghe e scorificanti (calce) per raggiungere il peso, la composizione del bagno e della scoria desiderate, e nello stesso tempo, la temperatura: infatti poiché la quantità di calore sviluppata dalle reazioni di ossidazione del C, Cr, Si, Mn, superano il fabbisogno termico del processo le aggiunte servono anche da raffreddanti in modo da mantenere la temperatura dell’acciaio entro limiti accettabili. Normalmente verso la fine di tale fase è effettuato un campionamento del bagno metallico per verificare la temperatura e la composizione chimica. Fase di riduzione: La precedente fase di decarburazione comporta per sua natura un’ossidazione del Cromo con passaggio del relativo ossido nella scoria. Per ristabilire il livello di Cromo nell’acciaio si aggiunge un elemento riducente (Silicio, Alluminio) che reagisce con l’ossido di Cromo determinando quindi il passaggio del Cromo da ossido nella scoria a elemento nel bagno. La buona riuscita di una riduzione è misurata dal tenore di ossido di cromo nella scoria: valori inferiori all’ 1% sono ottimi, mentre valori
65 superiori al 2% indicano una riduzione incompleta dovuta spesso ad un insufficiente tempo di stirring. Fase di Desolforazione e Degassificazione: Per ottenere il tenore di S richiesto nel prodotto, si effettua una fase di desolforazione del bagno metallico tramite una scoria basica (ossia con un elevato valore del rapporto CaO/SiO 2 ). La degassificazione ­ ossia la rimozione dell’azoto dall’acciaio ­ avviene attraverso l’insufflaggio di Argon Aggiunte finali: Completate le precedenti fasi, si esegue la “messa in analisi” della colata, attraverso la determinazione analitica degli elementi chimici su un campione di acciaio e l’effettuazione di aggiunte mirate di Ferroleghe al fine di ottenere la composizione chimica finale richiesta sul prodotto finito. Fase di spillaggio
66 Fig.6.12: Fase di Spillaggio.
La fase di spillaggio conclude il processo AOD, con il trasferimento dell’acciaio elaborato dal convertitore alla siviera di colaggio. L’insufflaggio della miscela gas inerte­ossigeno è effettuato mediante una serie di tubiere passanti attraverso il refrattario del vessel in prossimità del fondo e tramite una lancia, posta sopra il vessel stesso. Nel convertitore sono disposte sei tubiere da 15.9 mm di diametro interno spaziate l’una dall’altra di un angolo di 21° per una copertura angolare di 105°. Le tubiere hanno la funzione principale di fornire i gas necessari alla decarburazione e alla rimozione dell’azoto; completata la fase di decarburazione, le tubiere consentono anche di miscelare il bagno metallico, operazione importante per uniformare la temperatura per realizzare una significativa desolforazione dell’acciaio attraverso un intimo contatto con una scoria basica. E’ possibile osservare tale miscelazione solo attraverso modelli ad acqua che simulano le condizioni reali dell’AOD. 6.4.1 P ost a zion e L a d le F u r n a ce 67 Questa postazione ha principalmente la funzione di mantenimento e riscaldo dell’acciaio liquido per consentire le sequenze fra convertitore AOD e macchina di colata continua, e secondariamente di messa a punto della composizione chimica e di stirring, tramite tappi porosi posti sul fondo della siviera. A questo scopo è possibile effettuare aggiunte di ferroleghe in siviera, attraverso un sistema di nastri e scivoli derivato dall’impianto d’aggiunta ferroleghe. Quando le specifiche qualitative sono particolarmente esigenti, come per gli acciai stabilizzati al Titanio, le aggiunte vengono effettuate con la tecnica di fili animati. 7 M AC C H I NA DI C O L AT A C O NT I NUA L’utilizzo di un processo di colata continua risulta estremamente conveniente nel caso di produzione di semiprodotti poco diversi dimensionalmente tra loro e destinati, ad esempio, alla laminazione. Il prodotto di colata, che si presenta sotto forma di solido a sezione rettangolare con superficie solidificata, viene fatto avanzare verso il basso da un sistema a rulli, e quindi tagliato in bramme della lunghezza voluta. Successivamente le bramme sono inviate ai forni di omogeneizzazione della temperatura e poi alla laminazione. Andando ad analizzare in dettaglio un impianto convenzionale per la colata continua, riportato in figura 7.1, si ha che l'acciaio fuso viene versato dalla siviera di colata in un serbatoio d’accumulo detto paniera, dal quale viene derivato un condotto di colata che alimenta una lingottiera di rame, raffreddata ad acqua, il cui compito è quello di assicurare una rapida solidificazione dello strato superficiale.
68 F i g. 7. 1 – Sc h e m a d e l l ’i m p i a n t o d i c ol a t a c on t i n u a La paniera è l’ultimo recipiente in cui transita l’acciaio allo stato liquido. Dal punto di vista metallurgico, le sue funzioni sono quelle di migliorare la pulizia dell’acciaio e di controllare la temperatura di colaggio in relazione alla conseguente struttura di solidificazione. Inoltre, ha il compito di distribuire l’acciaio liquido tra le diverse linee e di fungere da polmone durante i cambi siviera. L’attuale sviluppo degli impianti di colata continua, sia per nuove realizzazioni che per ristrutturazione di quelli già esistenti ( r eva mping ), è orientato verso il massimo aumento della produttività possibile, sempre senza compromettere la qualità finale del prodotto. Poiché la produttività è direttamente proporzionale all’area del semiprodotto e alla sua velocità di estrazione: P = (2 s) r L v dove: P = Produttività (kg min ­1 );
r = Densità del materiale (kg mm ­3 ); L = Larghezza del semiprodotto (mm); s = Semispessore del semiprodotto (mm); v = Velocità di estrazione (mm min ­1 ). si può cercare di aumentarla operando sia sulla sezione da colare sia sulla velocità di colaggio. Una tendenza più recente e innovativa,
69 protesa all’aumento della produttività e soprattutto alla contemporanea riduzione dei costi di investimento e di esercizio, è di colare sezioni sempre più sottili del semilavorato grezzo avvicinandosi al prodotto finito, come bramme piatte, sottili o nastri colati. Le più avanzate tecnologie di colaggio basate su tale concetto, in via di sperimentazione o applicate solo recentemente su scala industriale, sono: Strip casting che permette di colare direttamente il nastro, il cui spessore è inferiore a 5mm, escludendo quindi i treni di laminazione; in questo caso l’acciaio solidifica direttamente su dei rulli, che fungono appunto da lingottiera. F i g 7. 2 ­ Sc h e m a t i z z a z i on e d e l l a t e c n ol ogi a p e r i l c ol a ggi o d i r e t t o d e l n a st r o o st r i p c a st i n g Colaggio di bramme sottili ( thin sla b ca sting ), il cui spessore all’uscita della macchina di colata è circa 50 mm, cioè approssimativamente un quinto dello spessore di una bramma convenzionale, che limita le lavorazioni successive a cui viene sottoposto il semilavorato, passando dall’acciaio fuso al rotolo di nastro caldo in meno di mezz’ora, con il conseguente risparmio di tempo e di energia.
70 F i gu r a 7. 3 ­ Di sp osi z i on e p l a n i m e t r i c a d i u n i m p i a n t o d i p r od u z i on e d i b r a m m e sot t i l i . 1 M a c c h i n a d i c ol a t a c on t i n u a ; 2 offi c i n a p e r p a n i e r a , l i n got t i e r a e se gm e n t i ; 3 for n o d i om oge n e i z z a z i on e ; 4 l a m i n a t oi o; 5 l i n e a d i r a ffr e d d a m e n t o l a m i n a r e ; 6 b ob i n a t r i c e ; 7 offi c i n a p e r r u l l i . 8 L AM I NAZ I O NE A C AL DO E P R O DO T T I F I NAL I La laminazione a caldo deforma plasticamente la bramma, che viene a contatto con due rulli di forma cilindrica, i quali sono dotati di un movimento di rotazione attorno ad assi fissi; lo scopo è di ottenere la desiderata variazione di sezione del prodotto. Il contatto tra il materiale laminato e i cilindri avviene lungo un arco, detto a r co di conta tto, ed è un contatto per rotolamento che assicura simultaneamente sia la deformazione sia l’alimentazione del materiale in presa, fornendo così un carattere continuo al processo. L’avanzamento del prodotto laminato avviene mediante le forze d’attrito che si esplicano tra il materiale e il cilindro, e si produce uno schiacciamento del materiale pari in prima approssimazione allo spazio lasciato libero dai cilindri; la deformazione comporta pure un allungamento nella direzione di laminazione ed un allargamento laterale. F i g 8. 1 ­ P a r a m e t r i ge om e t r i c i d e l l a l a m i n a z i on e .
71 Le forze necessarie alla deformazione del materiale dipendono principalmente dalla resistenza intrinseca del materiale, dalle condizioni geometriche e dall’attrito; tali forze generano una reazione che tende a separare i cilindri ed una coppia resistente all’asse di rotazione dei cilindri stessi, che viene equilibrata dalla coppia motrice. I prodotti più comuni della laminazione sono: i blumi , prodotti di sezione quadrata con lato di dimensioni superiori a 130 mm; le billette , di sezione quadrata con lato di dimensione inferiore a 130 mm e superiore a 40 mm (possono essere destinate a successive operazioni di laminazione per la produzione di barre e profilati, oppure possono essere impiegate per la fucinatura); le br a mme , di sezione rettangolare, con spessore maggiore di un quarto della larghezza (esse costituiscono il materiale di partenza per la fabbricazione delle lamiere e dei nastri); le ba r r e , prodotti con sezione quadrata, circolare, esagonale, rettangolare, ecc.; i pr ofila ti , semilavorati a forma di barra, con sezione ad L, a T, a doppia T, a U, ecc.; le la mier e , lastre metalliche che possono trovare applicazione nei successivi processi di imbutitura; i na str i , prodotti stretti e lunghi, avvolti in rotoli, con spessori anche inferiori al millimetro; i tondi , barre rotonde di diametro fino a 400 mm, destinate alla fucinatura o alla lavorazione con macchine utensili;
72 la ver gella , costituita da un filo del diametro di 5 mm avvolto in matasse (dal quale con successive operazioni di trafilatura a freddo si ottiene il filo metallico). F i g. 8. 2 ­ P r od ot t i d i l a m i n a z i on e . 9 BI BL I O G R AF I A
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