le particelle elementari
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LE PARTICELLE ELEMENTARI Sito: http://www.elementarteilchen.film.de/ Anno: 2006 Titolo originale: ELEMENTARTEILCHEN Altri titoli: THE ELEMENTARY PARTICLES Data di uscita: 21/4/2006 Durata: 105 Origine: GERMANIA Genere: DRAMMATICO Tratto da: ROMANZO OMONIMO DI MICHEL HOUELLEBECQ Produzione: OLIVER BERBEN, BERND EICHINGER, DAVID GROENEWOLD PER BERND EICHINGER/CONSTANTIN FILM IN ASSOCIAZIONE CON MOOVIE - THE ART OF ENTERTAINMENT Distribuzione: LUCKY RED Regia: OSKAR ROEHLER Attori: MORITZ BLEIBTREU BRUNO CHRISTIAN ULMEN MICHAEL MARTINA GEDECK CHRISTIANE FRANKA POTENTE ANNABELLE NINA HOSS JANE UWE OCHSENKNECHT PADRE DI BRUNO CORINNA HARFOUCH DOTT.SSA SCHAFER ULRIKE KRIENER MADRE DI ANNABELLE JASMIN TABATABAI YOGINI MICHAEL GWISDEK PROF. FLEISSER HERBERT KNAUP SOLLERS TOM SCHILLING MICHAEL DA GIOVANE THOMAS DRECHSEL BRUNO DA GIOVANE NINA KRONJAGER KATJA UWE-DAG BERLIN MEDICO DI ANNABELLE HERMANN BEYER PADRE DI ANNABELLE SIMON BOER AMANTE DI JANE TIGAN CEESAY BEN DEBORAH KAUFMANN HANNELORE RUDIGER KLINK UWE EVA-MARIA KURZ HIPPY SHAWN LAWTON WALSER THORSTEN MERTEN HUBERT KATHARINA PALM INFERMIERA CLARA ANNETT RENNEBERG KLARA FRANZISKA SCHLATTNER ELLEN BIRGIT STEIN ANNE JENNIFER ULRICH JOHANNA JELENA WEBER ANNABELLE DA GIOVANE INGEBORG WESTPHAL HIPPY Soggetto: MICHEL HOUELLEBECQ Sceneggiatura: OSKAR ROEHLER Fotografia: CARL-FRIEDRICH KOSCHNICK Musiche: MANFRED BANACH Montaggio: PETER R. ADAM Scenografia: INGRID HENN Costumi: ESTHER WALZ Trama: 1 Michael Djerzinski, biologo molecolare, e Bruno Clément, insegnante, sono fratellastri e non potrebbero essere più diversi. In comune hanno solo la madre Jane e il fatto che, cresciuti lontano da lei, sono stati allevati ognuno dalla propria nonna paterna. Michael è introverso, ha come unico interesse le sue ricerche genetiche ed è tanto disinteressato al sesso quanto invece Bruno ne è ossessionato. Poi un giorno tutti e due incontrano l'amore: Michael ritrova Annabelle, una compagna di scuola, e Bruno conosce Christiane durante una vacanza. La felicità sembra finalmente aver bussato alla loro porta finché le due donne non si ammalano gravemente... Critica: Michel Djerzinski e Bruno Clément sono due fratellastri abbandonati a loro stessi da una madre postsessantottina convertitasi al misticismo new age. Nel corso di esistenze opposte e speculari uno diventerà biologo di fama, l'altro mediocre insegnante. L'assenza affettiva originale condizionerà le loro vite producendo esiti diversi: il geniale Michel, 4Oenne vergine incapace di qualsivoglia contatto fisico, arriverà alle soglie di una scoperta in grado di trasformare le sorti dell'umanità, il fragile Bruno tenterà di risolvere la dipendenza sessuale e l'instabilità emotiva che lo accompagnano dall'adolescenza. L'occasione di un amore ideale si presenterà a entrambi lasciando intravedere una possibile felicità. Alla sua uscita l'omonimo libro di Michel Houellebecq produsse una piccola scossa nel sonnacchioso universo letterario: se ne sottolinearono le contraddizioni, riconoscendone però l'incontestabile interesse. Il regista tedesco Oskar Roehler, innamorato del romanzo, ne sfida la struttura costantemente in bilico tra scientifico e metafisico, scegliendo da una parte di alleggerire le atmosfere Eyes Wide Shut della vita di Bruno, dall'altra rinunciando coraggiosamente all'abusata soluzione del voice off, forse il solo mezzo in grado di mantenere in vita quella "agiografia della scienza" che attraversa le pagine di Houellebecq. Resta però intatto l'originale registro sospeso, tra affresco sociale e provocazione pop, che è il vero baricentro attorno al quale ruotano le esistenze di questi contemporanei Narciso e Boccadoro. (Alberto Berardi, Rolling Stone - 27/04/2006) Su Michel Houellebecq la critica letteraria è divisa: per qualcuno l’autore di «Le particelle elementari» (Tascabili Bompiani) è uno dei più interessanti tra gli scrittori europei, mentre altri si sono addirittura meravigliati che il regista Oscar Roehler abbia portato il romanzo sullo schermo. Indipendentemente da ogni giudizio di valore, una spiegazione sta di sicuro nel fatto che Elementartailchen ha venduto in Germania qualcosa come 300 mila copie ed è stato messo in scena da vari teatri. Biologo molecolare in odore di Nobel, il frigido Michael (Christian Ulman) auspica e prepara un mondo in cui la riproduzione avverrà per vie sintetiche e senza più bisogno degli aborriti contatti sessuali. Per contrasto il fratellastro Bruno (Moritz Bleibtreu, Orso d’argento alla Berlinale) è un modesto professorino che da autentico satiro ci prova con tutte le studentesse. È evidente che i protagonisti, in modo opposto, detestano le donne; e ciò a causa di una snaturata madre hippy che li abbandonò bambini per fuggire in India. Ed ecco che in sincrono arriva per tutti e due la freccia di Cupido: Michael ritrova Annabelle (Franka Potente), un’amichetta degli anni verdi rimasta ad attenderlo da allora, e in un villaggio di nudisti Bruno incontra Cristiane (Martina Gedeck), che ha un debole per lo scambismo. Tutto bene? Neanche per idea. Il pessimismo dell'autore si accanisce sulle nascenti coppie con disgrazie varie e in uno dei due casi scivola addirittura nella tragedia. Se va dato atto a Roehler di aver attenuato il lato sadico e parapornografico del romanzo, bisogna pur dire che ne ha annacquato fino quasi a cancellarli i contenuti filosofici, limitandosi a corredare l’intreccio melodrammatico con qualche fantasticheria di tipo biologico. Efficacemente costruito e recitato, Le particelle elementari ha avuto in Germania buon riscontro, ma Houellebecq, insoddisfatto della chiave di lettura, ha dichiarato che il prossimo film se lo dirigerà da sé. (Alessandra Levantesi, La Stampa - 21/04/2006) Noti romanzieri francesi talora ispirano meno noti registi tedeschi, come Oskar Roehler, che ha portato sullo schermo Le particelle elementari di Michel Houellebecq (Bompiani). Figli di madre gaudente e assente (Nina Hoss), metà opposte l'uno dell'altro, l'insegnante infoiato (Moritz Bleibtreu, premiato al Festival di Berlino per l'interpretazione) e lo scienziato scostante (Christian Ulmen) cercano uno spiraglio di felicità. Ma il personaggio del romanzo è brutto tanto quanto Bleibtreu è bello e ciò rende incongrui i suoi problemi di accoppiamento. La sostanza del film è però una somma di dolori: quelli di Houellebecq (1958), abbandonato dalla madre; e quelli di Roehler (1959), la cui madre s'è suicidata. Quest'infelicità originaria degli autori indirizza i loro personaggi alla pornografia (tutto col sesso) o alla scienza (nulla dal sesso). Nonostante evochi Huxley, Le particelle somiglia - in chiave più disperata - a Bianca di Moretti. Ma lì talora ci si divertiva: Le particelle invece sono noia pura. (Maurizio Cabona, Il Giornale - 21/04/2006) Due fratelli. Figli di due padri diversi e segnati, fin dall’infanzia, da una madre sessualmente disinibita causa per entrambi di molti traumi. Uno dei due, soprattutto, Bruno, adesso insegnante in un liceo, ha fatto del sesso quasi la sua principale ragion di vita. L’altro, Michael, forse per reazione, il sesso lo ha quasi ignorato, dedicandosi per intero a delle difficili ricerche scientifiche. Si frequentano poco, però li riunisce non solo la morte della madre ma, nonostante i loro caratteri opposti, un destino quasi simile sul piano sentimentale perché Bruno, finalmente innamorato sul serio, vedrà morire la donna che ama, suicida dopo una grave malattia, e Michael, che ha trovato l’amore in una donna cui era stato timidamente legato fin dall’infanzia, la vedrà colpita da una grave menomazione. Potendole però restare vicino e continuare con successo i suoi studi. Mentre Bruno finirà in una clinica psichiatrica. Alla base, un romanzo di egual titolo firmato da uno degli autori più discussi della letteratura francese contemporanea. Michel Houllebecq, noto per le sue provocazioni non solo in campo erotico ma in quello sociologico, a sostegno, sempre, di posizioni, anche politiche, estreme. Il regista tedesco Oskar Roehler si è assunto la 2 non facile impresa di riscriverlo per il cinema e poi rappresentarlo, trasferendo l’azione dalla Francia alla Germania, sfrondando molto le pagine in cui il sesso si faceva avanti di prepotenza (e senza remore), riassumendo i complicati intrecci del testo letterario in un racconto il più lineare possibile e precisando i numerosi lati oscuri dei vari personaggi con qualche flash-back adatto a chiarire, con il passato, i momenti più stravolti del presente. Il risultato è soprattutto plausibile quando l’azione si stringe attorno alle vicende parallele dei due fratelli, la possibilità, per Bruno, di riuscire a vincere con l’amore l’ossessione del sesso, la scoperta, per Michael, di sentimenti gentili, accantonati nell’infanzia e oggi di sostegno, anziché di ostacolo, ai suoi studi scientifici. Con pagine piuttosto intense quando entrambi, uscendo dai loro mondi, cercano di affidarsi a quel legame reciproco che non tarderà a unirli all’insegna di una solidarietà fraterna. Esprime bene questi tormenti e quel legame pacificatore soprattutto, nei panni di Bruno, Moritz Bleibtreu, in equilibrio tra le nevrosi e i coinvolgimenti morbosi. Attento Christian Ulmen, l’altro fratello, nitide le due donne al loro fianco, Martina Gedeck e Franka Potente. Con meditate tensioni. (Gian Luigi Rondi, il Tempo - 21/04/2006) Film inguaribilmente e stilisticamente «old world», anche quando fa la parodia della sensibilità new-age, Le particelle elementari, diretto dal tedesco Oskar Roelher è ambientato in Germania ma è tratto dal best seller francese di Michel Houllebecq, lo scrittore che offende l'islam con più tatto di Oriana Fallaci e Theo Van Gogh messi insieme. Un libro cult, pubblicato in Italia da Bompiani, che il film, eugeneticamente più estremista, non riesce a catturare nello spirito, visto che la scritta finale esplicativa ci informa che la scienza sta per isolare quelle cellule che, responsabili delle nostre pulsioni sessuali più aggressive, sarebbero poi causa di inenarrabili violenze e guerre. Ovvio che siano state già isolate e messe al lavoro, al di sotto della paga sindacale, quelle cellule. Ma che c'entra la scritta con il film che abbiamo visto? Il romanzo si dilungava, per esempio, sul turismo sessuale, sulle violenze contro minori, sui rapporti sadici, con particolare riguardo verso le bambine brutte e grasse? Qui la sfilata è solo di bellissime donne, vogliose e tentatrici come solo l'immaginario maschile gay più maschilista e noioso potrebbe mai descrivere. Il film infatti racconta, con l'ostinazione di chi pensa di essere trasgressivo solo creando personaggi compiaciuti della propria degradazione, la vita parallela di due fratelli, Michael e Bruno. Il primo è un insegnante di lettere semi-anticonformista, che cita Baudelaire e Nietsche, ma non li ha capiti molto bene visto che è anche razzista e maniaco sessuale, che finirà pazzo (forse perché da adolescente era un militante per la liberazione di Baader e Meinhof dal lager delle torture di allora, Stemmheim?); il secondo è un biologo molecolare, sessualmente spento, che finirà accasato con l'unica ragazza che abbia frequentato. Insomma entrambi sono il frutto marcio dei sogni utopici e criminalmente egoisti delle generazioni sessantottine, due ragazzi traumatizzati per essere stati completamente abbandonati da piccoli. Colpa della madre bella, sexy e spietata hippie «a tempo pieno»: ma gli hippie non erano quelli che inventavano tutti quei coadiuvanti biodinamici per aprire la coscienza e la sensibilità e rendere i loro anti rampolli dei magnifici «figli dei fiori»? (Roberto Silvestri, Il Manifesto - 24/04/2006) Bruno e Michael. Stessa madre disinvolta ma vite parallele, diverse, lontane. Fratellastri antipodali. Il primo è un erotomane che affoga negli amplessi, spesso autoprovocati, il proprio male di vivere. Il secondo è un timido e (apparentemente) fragile scienziato, a un passo dalla scoperta del secolo (la clonazione umana). Il rapporto con due donne sembra offrire a entrambi una svolta, ma il destino riserva altre sorprese, drammatiche. Orso d'argento a Berlino e tratto dal secondo romanzo di Michelle Houellebecq, il film di Roehler non va al di là della scolastica trasposizione di un testo letterario. Dello scrittore france se manca completamente il malessere, e se la traccia narrativa in quanto tale viene trattata con rispetto ed equilibrio anche per merito dei bravi protagonisti - è lo "sfondo" a deludere. Quella di Houellebecq è sempre la rappresentazione dolente e feroce di un mondo, il nostro, che soverchia, per significato, le storie e i personaggi. Roehler invece si confronta solo con i caratteri, resta in superficie, non riesce a cogliere, tra le righe, il fantasma della decadenza che nel romanzo è tutto. Brutto leggere in parallelo un film e un libro, ma in questo caso l'intraducibilità del secondo dimostra pienamente il fallimento del primo. (Mauro Gervasini, Film TV - 27/04/2006) Si sfiora il ridicolo solo all'inizio, quando la goccia di sperma cancella l'inchiostro sul tema della lolita adolescente che l'arrapatissimo professor Bruno sta correggendo a modo suo. Ma trattandosi di Le particelle elementari, il film di Oskar Roehler tratto dal romanzo dello scorrettissimo Michel Houellebecq, quell'attimo è da considerare fuggente, un picco di cattivo gusto che non stona, anzi predispone. L'insistenza sul mauvais ton nel film è ben sottolineata, ma certo meno colta, tormentata e filosofica che nel romanzo. Non so se sia un bene o un male. So che il film è un'esperienza dolorosa, che tradendo il testo nella sostanza coglie bene l'assoluto disagio di vivere narrato dallo scrittore tra xenofobia, ossessione erotica, elogio del brutto e del degrado. I due fratelli, interpretati da Christian Ulmen e Moritz Bleibtreu, sono perfetti: il gelido e attonito ricercatore che vuole mettere a punto la clonazione che consentirà di riprodursi senza le noie del sesso e l'esasperante Bruno, accecato dal testosterone e malinconicamente afflitto dai propri fantasmi e dalle medicine per scacciarli. Un uomo in tragico transito dall'amore ideale con la scambista alle corsie degli istituti psichiatrici. E, se la mamma hippy che li ha generati, abbandonati e a volte recuperati per vacanze a sesso tutto libero, è naturalmente la causa di ogni male, è altrettanto vero che la scena tremenda della sua agonia è forse il più crudo addio a un genitore che mai si sia visto sullo schermo. Ancor più del romanzo, il film è scioccante e tenero, disturbato e disperato, intriso di quel romanticismo nero che ovviamente ha fatto parlare i critici di banalizzazione. Si potrebbe forse distogliere lo sguardo dalla decomposizione, ma il malessere di 3 Bruno, il suo disdegno delle regole della società ti spaccano alla fine il cuore in due. Merito grande dell'interprete Montz Bleibtreu, premiato a Berlino. (Piera Detassis, Ciak - 28/04/2006) Se non avete letto il romanzo di Michel Houellebecq è arrivato il momento di farlo. Dopo averlo letto vi chiederete come abbia fatto Oskar Roehler a trarne un film. Perché, pur con molti cambiamenti rispetto al testo originale, c'è da rimanere stupiti di fronte alla scorrevole traduzione cinematografica di un testo così ostico e controverso. Per Roehler «Il romanzo è un momento chiave per comprendere la società». La chiave deriva dalle vicende parallele di due fratellastri. Uno è scienziato di notevole spessore, che ha rinunciato a qualsiasi rapporto con le donne. L'altro è praticamente ossessionato dal sesso. Tutto deriva dalla figura materna. Una hippy spumeggiante che ha puntato sull'india lasciando che i pargoli venissero allevati dalle nonne. Ormai adulti si ritrovano al suo capezzale e volano insulti irripetibili. Perché la provocazione è in agguato. Come l'amore, forse tardivo, che entrambi trovano. Uno nella donna in cui si è trasformata la ragazzina della porta accanto, di cui è sempre stato timidamente innamorato, l'altro in una sfrenata scambista. Ma il destino è cinico, ha disegni perversi, all'insegna di un pessimismo cosmico («è proprio questo pessimismo che mi ha incuriosito», sottolinea Roehler). Nella trasposizione si è dissolto l'erotismo al limite della pornografia e alcune esasperazioni, oltre al finale. Ma paradossalmente è rimasto integro lo spirito di un racconto spiazzante e imprevedibile. A Berlino Moritz Bleibtreu (i1 fratello assatanato) ha ottenuto il premio come miglior interprete maschile. (Antonello Catacchio, Ciak - 13/04/2006) "Non c'è rifugio per i protagonisti di 'The Elementary Particles', incapaci di tornare all'infanzia forse perché un'infanzia non l'hanno mai avuta e sono dunque condannati ai più cocenti scacchi esistenziali. (...) La prima parte del film è tutta giocata sullo humour noir, ingrediente ormai inflazionato, e sulla satira: una satira spuntata e priva di sottigliezza però oltre che immemore della complessità di pensiero depositata nella scrittura di Houellebecq. Sfilano le miserie sessuali di Bruno, masturbatore, molestatore, iniziato al sesso da adolescente durante i funerali della nonna e futuro scambista ma sempre infelice; l'egoismo di una madre hippy e troppo impegnata a seguire le mode e i maschi del momento per occuparsi dei figli; le disavventure fantozziane di Bruno adulto e divorziato in un campeggio new age tutto nudismo e libertà sessuale. Mentre l'asessuato Michel conosce un'intermittente felicità accanto all'amore della sua infanzia, che si decide a impalmare ormai prossimo alla quarantina. Perfino la morte della madre bella e incosciente, rantolante incartapecorita fra le candele come Dracula (chiaro, per i figli è stata un vampiro), è risolta in chiave grottesca. Il che rende ancora più improbabile la brusca sterzata drammatico-realistica del finale con malattie, suicidi, ennesimo crollo nervoso del povero Bruno. E incongruo finalino a suo modo ottimista. Una vera delusione: eppure gli attori sono bravi, il romanzo importante, e il regista aveva già dato ottime prove con film drammatici come 'Hannah Flanders', visto anche in Italia, altra storia (autobiografica) di una madre indegna, guardacaso. Cose che succedono quando si cerca la ricetta per trasformare un best-seller in un campione d'incassi." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 12 febbraio 2006) "I film tedeschi da noi valgono zero al botteghino: senza opinare se è giusto o non è giusto, bisogna impedire che capiti lo stesso a 'Le particelle elementari' di Oskar Roehler. Il film presenta qualche punto debole, edulcora (come vedremo) il romanzo originario, insomma è tutt'altro che perfetto; sta di fatto, però, che ha l'immenso merito di affrontare con sintonia di fondo un testo che sembrerebbe intraducibile e di dare ulteriore visibilità (è proprio il caso di dirlo) alle pagine più audaci e affascinanti pubblicate negli ultimi dieci anni. Sulla cosiddetta caduta dei valori nell'Occidente democratico, per la verità, siamo letteralmente soffocati dalle chiacchiere, vomitate vuoi dai politici e dai preti, vuoi dai sociologi e dai documentaristi, vuoi soprattutto dagli artisti. Michel Houellebecq ci ha, invece, dimostrato con quel libro che un barlume di verità può accendersi solo grazie alla fusione tra brutalità e (com)passione della vita: mentre un plotone di mediocri se la cava con il tifo ideologico da curva, gli accattonaggi del tempo perduto, le polluzioni terzomondiste, le pantomime sapienziali o i surrealismi da discarica, lo scrittore francese ritrae la sofferenza umana nella sua cruda materialità, nella sua predestinata fragilità e nei suoi aneliti tragicomici. Nel film, certo, questo 'nichilismo attivo' si semplifica nell'itinerario parallelo di due fratellastri che imparano dolorosamente a conoscersi e (forse) amarsi nella giungla che è succeduta al crollo dei moderni rapporti interpersonali. Del resto, il procedimento di Houellebecq - basato sulla simultaneità di fatti e pensieri - era praticamente inestricabile e il giovane regista tedesco ha sunteggiato le tappe dell'incontro/scontro ricorrendo a troppi flashback ed esplicitando più del dovuto il coté melodrammatico. Grazie agli attori estremamente sorvegliati, però, la cruciale contrapposizione tra i diversi stili di vita - che è ben diversa dalla solita igienica e tartufesca critica sociale - viene fuori in tutta la sua devastante intensità." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 12 febbraio 2006) "Per risultare più credibile il film taglia il male a metà e salva uno dei due amori, facendone il puntello esistenziale per il fratello meno fortunato. A bizzarre pagine di fantabiologia avveniristica il libro alterna sgradevoli insistenze sadiche e titillamenti pornografici. Ma Roehler, anziché calcare la mano come accade spesso sullo schermo, riesce a mantenersi su una linea più sobria, fermo restando che in sottofinale il racconto zoppica. Forse per questo, nonostante l' enorme pubblico che affollava speranzoso il Palast, l'applauso è stato misero." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 12 febbraio 2006) 'Le particelle elementari' presenta punti deboli ed edulcora il romanzo originario; sta di fatto, però, che ha il merito di affrontare con sintonia di fondo le pagine più audaci e ciniche pubblicate negli ultimi dieci anni. Michel Houellebecq vi ha dimostrato che un barlume di verità può accendersi solo grazie alla fusione tra brutalità e (com)passione della vita: mentre un 4 plotone di colleghi se la cava con gli accattonaggi del tempo perduto o le solite fumisterie intellettuali, lo scrittore francese ritrae la sofferenza umana nella sua cruda materialità, nella sua predestinata fragilità e nei suoi aneliti tragicomici. Nel film questo nichilismo cosmico si semplifica nell'incontro/scontro tra due fratellastri che imparano a conoscersi e (forse) amarsi nella giungla dei rapporti interpersonali; del resto il procedimento basato sul flusso coscienziale resta intraducibile e il regista tedesco ricorre a troppi flash-back ed esplicita più del dovuto il coté melodrammatico. Ciò nonostante la contrapposizione tra i diversi stili di vita - che è ben diversa dalla solita e tartufesca critica sociale - viene fuori nella sua cupa intensità." (Valerio Caprara, 'Il Mattino, 22 aprile 2006) "Dal chiacchierato romanzo del francese Houellebecq che a qualcuno fa venire in mente Camus e finisce scartando l'amore per la clonazione, ecco il bellissimo film che ne ha tratto il tedesco Oskar Roehler, premiato a Berlino anche per la furibonda, magistrale prova di Moritz Bleibtreu. (...) Non si salva e non si giudica nessuno: ma se nei gialli l'assassino è il maggiordomo, in Freud la colpevole è sempre la mamma. Non è il mezzo scandalo la promessa del film, ma l'analisi spietata delle contraddizioni nel campo affettivo e un pessimismo cosmico che non risulta mai gratuito per l'ellittica espressiva narrazione." (Maurizio orro, 'Corriere della Sera', 21 aprile 2006) "Trasposta in immagini, la storia un tantino menagrama e largamente filosofeggiante di Houellebecq acquista una concretezza forzata; nel contempo, le opposte solitudini e il caos di un mondo dominato da desideri di plastica perdono una quota del valore emblematico d'origine. Ne esce un racconto un po' confuso (specie nella seconda parte), eppure condotto con un certo talento e bene interpretato da tutti." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 21 aprile 2006) Paragonato a Camus, di cui sarebbe un epigono di fine millennio, oggetto di culto estremo o di estrema repulsione, Michel Houellebecq è sicuramente uno degli scrittori più interessanti, e controversi, della letteratura contemporanea. Ed è uno scrittore che distorce la narrativa in uno stile concettuale e saggistico che sembra assai poco adatto al cinema. Ecco dunque il principale problema del film di Oskar Roehler, che a Berlino ha comunque lasciato il segno (Orso d’argento alla star di casa, il bruno e virile Moritz Bleibtreu) destando però qualche perplessità. Roehler ha estrapolato, infatti, dalla magmatica e ambigua complessità de Le particelle elementari (1998) la trama pura e semplice, come in uno sceneggiato (viene in mente quell’altra storia tedesca, tra esistenzialismo e pubblica viziosità che era Il tamburo di latta) destinato a fare grandi incassi soprattutto grazie all’ottimo cast: il meglio della scena tedesca attuale, piegato alla formula del produttore, lo smaliziato Bernd Eichinger, che non appena ha letto il romanzo ha pensato di trasformarlo in una sorta di American Beauty all’europea. Ma cosa racconta dunque Le particelle elementari? È la doppia storia di Michel Djerzinski e Bruno Clément, figli della stessa madre – una hippy procace che li ha abbandonati per seguire il vento incostante degli anni ’70 - e di padri diversi quanto ignoti. I loro destini si sono divaricati a tal punto da farne due perfetti estranei, ma anche due facce della stessa medaglia. Michel è un asettico scienziato: i suoi studi di biologia molecolare potrebbero portarlo al Nobel, ma la sua vita privata è un deserto con l’eccezione del suo unico amore, l’amica d’infanzia che ancora gli resta fedele seppure a distanza. Dunque Michel è ancora vergine, a quasi quarant’anni, e progetta di clonare gli esseri umani, elidendo la sessualità dalla riproduzione per rendere la vita perfetta e perfettamente felice. Bruno, viceversa, è un uomo laido e mentalmente disturbato, un professore morbosamente attratto dalle sue studentesse adolescenti, dedito alla prostituzione, convinto onanista, autore di deliranti pamphlet che propagandano idee razziste, ma in sostanza scrittore fallito. Il film, con abbondante uso di flashback, ci racconta la speculare storia d’amore di Bruno (Bleibtreu) con Christiane (Martina Gedeck) e di Michel (Christian Ulmen) con Annabelle (Franka Potente), lasciando del tutto sullo sfondo l’ideologia Houellebecq: la satira del vangelo della liberazione sessuale e della New Age, la dura requisitoria contro il Sessantotto e la contestazione, la critica alla società dei consumi, anche culturali, di massa vengono riassunte in altrettante scene grottesche. Non mancano le descrizioni della vita sessuale di Bruno, da solo o con la compagna Christiane, che ne condivide il gusto per lo scambismo e le orge: anche se il versante “pornografico” del libro risulta di parecchio addolcito e il sentimentalismo prende infine il sopravvento. (www.fice.it) Riduzione ambiziosa e imperfetta. Del romanzo di Houllebecq si perde la capacità di osare Materia incandescente quella delle Particelle elementari. Famiglie in frantumi. Spersonalizzazione dei rapporti. Clonazione umana. Ci sono tutti i fantasmi della società occidentale del terzo millennio nel controverso romanzo di Michelle Houllebecq. Titolo-shock, che nel ’98 ha fatto parlare di sé, per scabrosità, disincanto, opprimente nichilismo. Un’analisi illuminante, l’ha definita il regista Oskar Röhler, che gli ha fornito “una prospettiva completamente nuova sul mondo”. La missione di portarla sullo schermo, sembrerebbe a fronte di una simile ambizione quasi impossibile. Rohler si destreggia invece abbastanza bene. Dalla sua il coraggioso produttore de La caduta Bernd Eichinger e un cast stellare in cui spiccano Moritz Bleibtreu (non a caso premiato alla Berlinale) e i meno noti Christian Ulmen e Martina Gedeck, punta su una potente edulcorazione degli aspetti più “pornografici” del romanzo. Smussati gli angoli ed epurate dall’insistenza sul sesso, le sue Particelle elementari rimangono comunque un fedele specchio di tante paure di oggi. Aspirazione che sottende l’intera storia è quella ad una riproduzione asessuata, senza contatto e senza conflitti, come chiave di un’esistenza idilliaca. A rappresentarla è sullo schermo il rapporto fra Bruno e Michael, due fratellastri agli antipodi ma accomunati da esistenze ugualmente fallimentari, figli di una generazione allo sbando. Bravissimo Bleibtreu nell’incarnare il primo: professore di liceo, frustrato e in preda a sempre più incontrollabili attenzioni nei confronti delle sue alunne. Ancora superiore, per le sfumature che gli offre il ruolo, è poi Ulmen 5 nella parte del biologo molecolare sconfitto e tanto alienato dai rapporti con le donne, da riversare i suoi fantasmi in una ricerca sulla clonazione che elimini il sesso dai rapporti umani. L’illusoria speranza che i due sembrano ritrovare nell’amore (incarnato da due ottime comprimarie), si aggiunge poi alla spietata critica del ’68 che Röhler affida al personaggio della madre hippie. Tutti temi a lui cari, che affronta però con timore quasi reverenziale. Quasi che scottasse troppo, la materia incandescente del romanzo, per affrontarla con i dovuti eccessi, cede invece spesso alla tentazione dell’alleggerimento e del grottesco (anche attraverso le musiche). Troppe frenate, per un film che avrebbe trovato la sua forza nel coraggio di tuffarsi lucidamente nella disperazione da cui proviene. (www.cinematografo.it) Note: -BERLIN INTERNATIONAL FILM FESTIVAL 2006 Won Silver Berlin Bear Best Actor: Moritz Bleibtreu Nominated Golden Berlin Bear: Oskar Roehler -GERMAN FILM AWARDS 2006 Nominated Film Award in Gold Best Performance by an Actor in a Leading Role (Beste darstellerische Leistung Männliche Hauptrolle): Moritz Bleibtreu Nominated Best Performance by an Actress in a Supporting Role (Beste darstellerische Leistung - Weibliche Nebenrolle): Martina Gedeck 6