pubblico impiego prof . carmencita guacci

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pubblico impiego prof . carmencita guacci
“PUBBLICO IMPIEGO”
PROF. CARMENCITA GUACCI
Università Telematica Pegaso
Pubblico impiego
Indice
1 PUBBLICO IMPIEGO ----------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Pubblico impiego
1 Pubblico impiego
Definizione del rapporto di servizio:
Il rapporto di servizio è quel rapporto giuridico intersoggettivo che legittima l’inserimento di una
persona fisica in una struttura amministrativa, ponendola al servizio di un ente pubblico.
A differenza del rapporto organico, che comporta immedesimazione, il rapporto di servizio è un
vero e proprio rapporto giuridico, in quanto intercorre tra due soggetti distinti, l’ente e il
dipendente.
A seconda del fatto costitutivo che lo instaura, il rapporto di servizio può essere:
a) Rapporto di servizio di diritto: quando vi è un atto di assunzione dell’autorità amministrativa
a1) Rapporto di servizio di diritto volontario e coattivo a seconda che per il suo sorgere occorra o
meno il consenso dell’interessato
b) Rapporto di servizio di fatto: quando manca un atto regolare di assunzione
Il rapporto di servizio ( di diritto) volontario, invece, può essere:
Impiegatizio: quando si concretizza in un rapporto di impiego tra ente e soggetto . Di regola ha
durata indeterminata, come controprestazione è prevista una retribuzione.
Onorario: se deriva da un incarico, elettivo, onorifico, in genere ha durata temporanea, come
controprestazione è previsto un indennizzo a titolo di ristoro
Il rapporto di pubblico impiego
Il rapporto di pubblico impiego è quel rapporto di lavoro in cui una persona fisica pone,
volontariamente e dietro corrispettivo, la propria attività lavorativa, in modo continuativo, alle
dipendenze di una amministrazione pubblica, assumendo perciò uno specifico status con particolari
diritti e doveri.
Il rapporto di lavoro con le pp.aa.., dunque si configura come
Volontario: in quanto per la continuazione del rapporto è richiesta la volontà della p.a. e quella del
dipendente;
Strettamente personale: il rapporto è costituito intuitu personae, vale a dire sulla fiducia che l’ente
ripone nella persona a cui affida la cura dei propri interessi.
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Sinallagmatico: vi è un nesso di interdipendenza funzionale tra la prestazione lavorativa e la
retribuzione, in quanto l’una trova la propria causa nell’altra.
Di subordinazione: la prestazione lavorativa è svolta alle dipendenze della p.a.
Natura giuridica
Prima degli anni novanta la natura pubblica del pubblico impiego non era mai stata messa in
discussione, sia per la specificità delle fonti normative del rapporto sia per la natura autoritativa del
potere della p.a.
Con l’emanazione del d.lgs. N. 29/1993, che ha dato inizio a quello che è stato etichettato il primo
processo di privatizzazione del pubblico impiego, la natura del rapporto di pubblico impiego è stata
riconsiderata alla luce dell’autonomia contrattuale.
ATTI DI MACRO E MICRO - ORGANIZZAZIONE DELLA P.A.
In seguito al processo di privatizzazione del rapporto alle dipendenze della p.a., non più tutti gli atti
posti in essere dalla p.a. , datrice di lavoro si configurano come atti amministrativi propriamente
detti, ma solo quelli di macro –organizzazione.
Infatti, prima della contrattualizzazione, tutti gli atti emessi dalla p.a. erano dei veri e propri
provvedimenti amministrativi, invece, ora sono solo quelli cc.dd. di macro- organizzazione con cui ,
ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. N. 165/2001, la p.a. definisce le linee fondamentali di organizzazione
degli uffici, determinano le dotazioni organiche complessive e individuano gli uffici di maggiore
rilevanza.
Attraverso questi atti, le pp.aa. conservano e, pertanto, continuano a esercitare con atti autoritativi la
propria organizzazione nel rispetto dei criteri enunciati all’art. 2 del d.lgs. N. 165/2001
Mentre gli atti di organizzazione minore degli uffici e di gestione diretta del rapporto di lavoro sono
riconducibili alla categoria degli atti di diritto privato.
Questi atti definiti atti di micro- organizzazione e di gestione, trovano la loro fonte nell’art. 5 del
d.lgs. N. 165/2001, secondo cui « nell’ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all’art. 2,
comma 1, le determinazioni per l’organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei
rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del
privato datore di lavoro».
il pubblico dipendente può impugnare davanti al g.a. gli atti di macro-organizzazione e davanti al
g.o. gli atti di micro- organizzazione.
La giurisprudenza ha affermato che nel caso in cui un atto di macro –organizzazione costituisca il
presupposto di un atto di gestione del rapporto di lavoro, incidendo direttamente sugli interessi
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connessi alla posizione lavorativa del dipendente, un’eventuale controversia sarà devoluta al g.o..
(T.a.r. Lombardia n. 4311/2009)
Principi costituzionali in materia di pubblico impiego
Art. 97 della Cost.: i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge
Art. 98, comma 2, della Cost.:i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.
Art. 28 Cost.: i funzionari e i dipendenti pubblici assumono anche una responsabilità diretta, civile,
penale e amministrativa, per gli atti compiuti in violazione di diritti
Artt. 35, 36 37, 38, 39, 40, 51, comma 2 e 3 della Cost.
Evoluzione storica e normativa del rapporto di pubblico impiego
Dalla costituzione dello Stato unitario, il rapporto di pubblico impiego è stato oggetto di una
disciplina unilaterale, scandita da atti di natura legislativa e regolamentare, in cui alcun ruolo veniva
riconosciuta alla fonte contrattuale.
La fonte normativa principale era il Testo Unico degli impiegati civile dello Stato (d.p.r. n. 3/1957).
Successivamente interviene il d.lgs. N. 29/1993 con cui viene sancita la privatizzazione del
pubblico impiego e l’assoggettamento di tale rapporto alla disciplina del lavoro privato, e, di
conseguenza, alla contrattazione
collettiva, e il giudice competente diventa il g.o..
Il processo di riforma continua con il d.lgs. n.80 del 1998, si tratta della seconda privatizzazione del
pubblico impiego. Viene ampliata l’area riservata al diritto privato, il contratto collettivo diventa la
fonte primaria del rapporto di lavoro, capace di disapplicare le stesse disposizioni di legge e di
regolamento o statuto. Inoltre, viene meglio delineata, la separazione tra le fonti pubblicistiche e
quelle privatistiche, il g.o. diventa definitivamente giudice del lavoro dal 1.07.1998, e la
privatizzazione viene estesa anche ai dirigenti generali di categoria.
Nel 2001, il legislatore, al fine di coordinare i numerosi interventi normativi esistenti in materia, ha
emanato il d.lgs. n.165/2001 contenente norme generali sul pubblico impiego. Il progetto di
riforma non si è fermato nel 2001, infatti l’entrata in vigore del d.l. 112 del 2008, conv. In l.
n.133/2008 e la l. n.15/2009 ha fatto sì che fossero portate avanti novità e cambiamenti nel pubblico
impiego. Cambiamenti che sono, poi, culminati nell’approvazione del decreto attuativo, il d.lgs.
n.150/2009.
Le novità della c.d. manovra d’estate: l. n.133/2008.
Le novità più importanti contenute nel d.l. 112/2008, conv. in l. 133/2008 possiamo citare:
a)La questione delle collaborazioni e delle consulenze della P.a.
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b)Il reclutamento e il lavoro flessibile.
c) Le assenze del dipendente per malattia.
d) part- time
a) Collaborazioni e consulenze nella P.a.: l’art. 46 del d.l. n. 112/2008 concede alle
amministrazioni la possibilità, laddove non riescano a fronteggiare le esigenze che si presentino con
il personale in servizio, di conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, ad
esperti di particolare e comprovata specializzazione. La p.a. non ha alcun margine di discrezionalità
nel decidere quando ricorrere a collaborazioni e consulenze esterne. Si tratta di una possibilità che
può essere esercitata solo in presenza di determinati presupposti di legittimità. In particolare è
necessario che l’oggetto della prestazione corrisponde alle competenze attribuite dall’ordinamento
alla p.a. conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e risulti coerente con le esigenze di
funzionalità dell’amministrazione, l’amministrazione deve aver accertato preliminarmente
l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno; la prestazione deve
essere di natura temporanea e altamente qualificata; devono essere preventivamente determinati
durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.
b) Reclutamento e lavoro flessibile: la regola generale per cui la p.a. assume solo con contratti di
lavoro a tempo indeterminato subisce una deroga mediante la reintroduzione della possibilità di
ricorrere a forme contrattuali flessibili per fronteggiare esigenze eccezionali e temporanee, che
devono essere individuate dalle amministrazioni stesse. Tuttavia, per evitare abusi e distorsioni
nell’utilizza della flessibilità, le pp.aa, non possono ricorrere all’utilizzo del medesimo lavoratore,
con più tipologie contrattuali, per periodi superiori al triennio nell’arco dell’ultimo
quinquiennio.(contratto tempo determ., contratto di formazione e lavoro, lavoro interinale, part –
time).
c) Assenze per malattia: l’art. 71 introduce una disciplina maggiormente restrittiva rispetto al
passato. Nei primi 10 giorni di assenza è previsto che sia corrisposto solo il trattamento economico
fondamentale con esclusione di ogni indennità o emolumento, nonché ogni trattamento accessorio.
Le assenze protratte per oltre dieci giorni, e, in ogni caso, la terza assenza per malattia nel corso
dell’anno solare deve essere giustificata esclusivamente con certificazione medica rilasciata da
apposita struttura sanitaria pubblica.
d) Part –time: la trasformazione del rapporto do lavoro da tempo pieno a tempo parziale non è più
automaticamente legata alla presentazione della domanda da parte del dipendente (60 gg. Dalla
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stessa), ma rientra nella discrezionalità della p.a., che può negarla nell’ipotesi in cui possa arrecare
pregiudizio alla sua funzionalità.
La riforma Brunetta
Con la riforma Brunetta ( d.lgs. n. 150 del 2009) viene rivoluzionato il funzionamento della
pubblica amministrazione, essa è finalizzata ad aumentare la produttività del lavoro pubblico e ad
assicurare una migliore organizzazione del lavoro, il rispetto degli ambiti riservati rispettivamente
alla legge e alla contrattazione collettiva, elevati standard qualitativi ed economici delle funzioni e
dei servizi, l’incentivazione della qualità della prestazione lavorativa, la selettività, la concorsualità
nelle progressioni di carriera, il riconoscimento dei meriti e dei demeriti ecc.
a) Trasparenza e la valutazione della performance.
Principi ispiratori della riforma del p.i. sono il criterio della trasparenza e la valorizzazione del
merito. Viene previsto un sistema di valutazione delle strutture e dei dipendenti pubblici, con lo
scopo di assicurare elevati standard qualitativi ed economici dei servizi offerti all’utenza attraverso
la valorizzazione dei risultati e delle performance, individuali ed organizzative.
La trasparenza è intesa quale totale accessibilità delle informazioni sull’organizzazione e l’attività
delle pp.aa..
A tal proposito , è stabilito che le amministrazioni adottano un programma triennale per la
trasparenza della performance e della integrità e che ogni p.a. istituisce una apposita pagina web sul
programma di trasparenza e integrità.
L’altro profilo portante della riforma riguarda l’attribuzione selettiva degli incentivi economici e di
carriera, al fine di premiare i dipendenti capaci e meritevoli.
In questo contesto si colloca il c.d. ciclo della gestione della performance: si tratta di un sistema
diviso i varie fasi, tra cui occorre citare la definizione degli obiettivi da raggiungere, il monitoraggio
della performance, individuale e organizzativa, in corso di esercizio, e la rendicontazione dei
risultati raggiunti spettante ai competenti organi di indirizzo politico –amministrativo nonché ai
competenti organi esterni, ai cittadini, ai soggetti interessati, agli utenti e ai destinatari dei servizi.
b) La valorizzazione del merito e gli strumento di premialità
Il provvedimento normativo reca strumenti di valutazione del merito e metodi di incentivazione
della produttività e della qualità della prestazione lavorativa, sulla base dei principi di selettività e di
concorsualità nelle procedure di carriere nonché nel riconoscimento degli incentivi. In altri termini,
viene previsto che le amministrazioni pubbliche promuovono il merito e il miglioramento della
performance organizzativa e individuale, anche attraverso l’utilizzo di sistemi premianti selettivi,
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secondo logiche meritocratiche, nonché valorizzano i dipendenti che conseguono le migliori
performance attraverso l’attribuzione selettiva di incentivi si economici si di carriera.
c) Le principali novità in materia di dirigenza e di contrattazione collettiva.
Disciplina della dirigenza: è previsto che agli stessi asia attribuita una autonomia piena ed una
corrispondente responsabilità per quanto concerne la gestione delle risorse umane e la
individuazione dei profili professionali necessari per lo svolgimento delle funzioni istituzionali e
per il raggiungimento degli obiettivi. Essi diventano i veri propri datori di lavoro pubblico nonché i
reali responsabili
dei trattamenti economici accessori, spettando la loro valutazione delle
perfomance individuali dei dipendenti, in base ai criteri certificati dal sistema di valutazione.
Per tali motivi i dirigenti saranno responsabili per omessa vigilanza sulla produttività delle risorse
umane e sull’efficienza della struttura: ancora i dirigenti avranno il compito di valutare i dipendenti
per riconoscere i premi incentivanti, e non potranno sottrarsi al dovere di attivare i procedimenti
disciplinari.
d) La contrattazione collettiva nazionale e integrativa:
il d.lgs. n. 150 del 2009 introduce il principio della inderogabilità delle disposizioni di legge,
regolamento e statuto da parte della contrattazione a meno che non ci sia una specifica disposizione
di legge in tal senso. La fonte del pubblico impiego ridiventa la legge e la contrattazione, di
conseguenza, perde la sua importanza, ad essa viene lasciata la disciplina del solo rapporto di lavoro
e della valutazione della produttività
e) Le sanzioni disciplinari:
Il legislatore col decreto Brunetta, dopo aver stabilito che, per detta materia, rimane salva la
giurisdizione del g.o. e che la stessa è sottratta quasi del tutto alla contrattazione collettiva,
trattandosi di norme imperative, prevede la semplificazione dei procedimenti disciplinari nonché un
incremento della loro funzionalità mediante l’estensione dei poteri dei dirigenti della struttura in cui
lavorano i dipendenti, la riduzione e la perentorietà dei termini e il potenziamento della fase
istruttoria.
La validità della pubblicazione del codice disciplinare sul sito web della p.a.
L’autonomia e il coordinamento tra procedimento disciplinare e procedimento penale, inoltre,
prevede un innovativo sistema di sanzioni, soprattutto in materia di false attestazioni di presenza e
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di falsi certificati medici. Infine vengono inasprite le sanzioni in materia di assenteismo e falsi
certificati di malattia.
Categorie escluse dalla riforma del pubblico impiego
Vi sono alcune categorie di lavoratori che sono escluse dalla contrattualizzazione per la
caratteristica dei rapporti di cui si tratta: magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati e
procuratori dello Stato, personale militare e delle forze di polizia , personale diplomatico. Pertanto,
queste categorie di dipendenti elencate all’art. 3 del d.lgs. 165/2001 restano disciplinate dai
rispettivi ordinamenti e le relative controversie, comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali,
restano assoggettate alla giurisdizione esclusiva del g.a.
La legge n.69/2009
La legge n. 69 del 2009, anch’essa denominata Brunetta, si pone nel solco delle c.d. legge antifannulloni. In particolare, l’art. 21 prevede che le pp.aa. hanno l’obbligo di pubblicare nel proprio
sito internet le retribuzioni annuali, i curricula vitae, gli indirizzi di posta elettronica, i numeri
telefonici ad uso professionale dei dirigenti e dei segretari comunale e provinciali, nonché di
rendere pubblici, con lo stesso mezzo, i tassi di assenza e di maggiore presenza del personale.
L’art. 22 dispone che gli enti finanziati direttamente o indirettamente a carico del bilancio dello
Stato, sono autorizzati, nel rispetto dei principi di concorrenza e di trasparenza, ad acquistare sul
mercato i servizi, originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere conseguenti
economie di gestione e di adottare le necessarie misure in materia di personale e di dotazione
organica.
L’art. 23 concerne la diffusione delle buone prassi nelle pp.aa. e i tempi per l’adozione dei
provvedimenti o per l’erogazione dei servizio al pubblico. A tal proposito è previsto che le
amministrazioni, dopo aver individuato nel proprio ambito gli uffici che provvedono con maggiore
tempestività ed efficacia all’adozione di provvedimenti o all’erogazione di servizi, che assicurano il
contenimento dei costi di erogazione delle prestazioni, che offrono i servizi di competenza con
modalità tali da ridurre significativamente il contenzioso e che assicurino il più alto grado di
soddisfazione degli utenti, adottano le opportune misure al fine di garantire la diffusione delle
relative buone prassi tra gli altri uffici. Inoltre, al fine di aumentare la trasparenza dei rapporti tra
p.a. e cittadini, le pp.aa., con cadenza annuale, nel proprio sito internet devono pubblicare :
Un indicatore dei propri tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture.
I tempi medi di definizione dei procedimenti e di erogazione dei servizi con riferimento
all’esercizio finanziario precedente.
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Il contratto nel sistema delle fonti
Con le riforme in materia di pubblico impiego è stato raggiunto l’obiettivo di assoggettare i pubblici
dipendenti alla normativa di diritto comune e la contrattualizzazione dei rapporti individuali di
lavoro.
Il rapporto di lavoro, pertanto, alle dipendenze della p.a. è, quindi, regolato dai contratti, individuali
e collettivi. I primi non possono, però, violare il principio della parità di trattamento contrattuale fra
i dipendenti né introdurre trattamenti inferiori a quelli previsti dalla contrattazione collettiva. Con
l’ultima riforma, però i contratti collettivi cessano di essere la fonte primaria del rapporto di
pubblico impiego, nel senso che la fonte primaria ridiventa la legge.
Inoltre, viene riconsiderato l’ambito delle materie attribuite alla contrattazione collettiva: è infatti
previsto che la contrattazione collettiva determina i diritti e gli obblighi direttamente pertinenti al
rapporti di lavoro nonché le materie relative alle relazioni sindacali.
Sono, in particolare, escluse dalla contrattazione collettiva le materie attinenti all’organizzazione
degli uffici, quelle oggetto di partecipazione sindacale, quelle afferenti alle prerogative dirigenziali,
la materia del conferimento e della revoca degli incarichi dirigenziali. Nelle materie relative alle
sanzioni disciplinari, la contrattazione è consentita negli esclusivi limiti previsti dalle norme di
legge.
Il d.lgs. n.n. 150/2009 ha regolato il rapporto di successione temporale tra legge e contratto
collettivo, al fine di evitare che la riforma da essa recata venga vanificata da un intervento
contrattuale successivo.
Inoltre, il legislatore ha previsto la precisazione degli ambiti della disciplina del rapporto di lavoro
pubblico riservati rispettivamente alla contrattazione collettiva e alla legge. Le norme del decreto
medesimo diventano norme di carattere imperativo
L’efficacia del contratto collettivo
Il contratto collettivo una volta sottoscritto, acquista efficacia erga omnes, cioè sia per le
amministrazioni coinvolte, che per tutti i lavoratori interessati. Quanto alla vincolatività dei
contratti, il problema si pone nei confronti dei dipendenti delle pp.aa.
L’esclusione del recepimento del testo del contratto in un atto regolamentare ha posto, infatti, il
problema dell’applicazione uniforme e generalizzata a tutti i dipendenti, indipendentemente
dall’adesione degli stessi alle organizzazioni sindacali stipulanti.
Sul punto si espressa la Corte Costituzionale con la sentenza del 1997 n. 309, secondo la quale il
pubblico dipendente rinviene nel contratto individuale di lavoro, la fonte regolatrice del proprio
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rapporto: l’obbligo di conformarsi, negozialmente assunto, nasce proprio dal rinvio alla disciplina
collettiva contenuta in tale contratto. Detto rinvio consente ai contratti collettivi di spiegare effetti
anche nei confronti dei lavoratori non legati alle organizzazioni sindacali firmatarie.
Accesso al pubblico impiego
L’art. 97 della Costituzione prevede che agli impieghi pubblici si accede mediante concorso, salvi i
casi stabiliti dalla legge.
La predetta norma costituzionale è diretta all’assicurazione dell’imparzialità e della efficienza
dell’azione amministrativa, in quanto il meccanismo concorsuale dovrebbe tendenzialmente
garantire la selezione del personale qualificato.
Il d.lgs. n.165/2001, all’art. 35, prevede che l’assunzione nelle pubbliche amministrazioni avviene
attraverso procedure selettive volte all’accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano
in misura adeguata l’accesso dall’esterno.
La prova di concorso è previsto dal bando: si svolge sulle materie attinenti alla qualifica da ricoprire
ed enunciate nello stesso e, normalmente si articola in una prova scritta e una orale, con eventuale
fase preselettiva soprattutto in caso di consistente numero di domande.
L’art. 35 del d.lgs. n.150/2009, ha previsto che il principio della parità di condizioni per l’accesso ai
pubblici uffici è garantito, mediante specifiche disposizioni del bando, con riferimento al luogo di
residenza dei concorrenti, quando tale requisito sia strumentale all’assolvimento di servizi altrimenti
non attuabili o almeno non attuabili con identico risultato: si tratta della c.d. territorializzazione
delle procedure concorsuali.
Accesso mediante procedure non selettive
Per le qualifiche e i profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell’obbligo,
l’assunzione avviene mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento, ai sensi della
legislazione vigente, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità. Gli
iscritti nelle liste di collocamento sono avviati numericamente secondo l’ordine di graduatoria
risultante delle liste delle circoscrizioni per l’impiego territorialmente competenti.
In tema di collocamento obbligatorio dei lavoratori testo cardine è la l. n. 68/1999 che ha come
finalità la promozione dell’inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili (c.d.
categorie protette) nel mondo del lavoro attraverso servizi di sostegno e di collocamento mirato. In
questo caso, le assunzioni obbligatorie avvengono per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di
collocamento ai sensi della vigente normativa, previa verifica della compatibilità della invalidità
con le mansioni da svolgere
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Requisiti accesso pubblico impiego
I requisiti generali ex art. 2 del d.p.r. 487/1994 che devono essere posseduti alla scadenza del
termine per la domanda di ammissione al concorso, sono:
Cittadinanza italiana ed europea
Età non inferiore ai 18 anni
Idoneità fisica all’impiego
Godimento dei diritti politici
Titolo di studio a seconda del contenuto della prestazione lavorativa richiesta alla professionalità
che si va a rivestire.
Il requisito della buona condotta e delle qualità morali è richiesto solo in alcuni casi ( accesso
concorso magistratura, assunzioni presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri). A partire dal
1.01.2000 i bandi di concorso prevedono l’accertamento della conoscenza dell’uso delle
apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse e di almeno una lingua straniera.
Costituzione e rapporto di lavoro, periodo di prova
Una volta che si sia esaurita la procedura di selezione, la p.a.. Datrice di lavoro stipula il contratto
individuale di lavoro con in candidato che l’abbiano superata.
Le procedure concorsuali, pertanto, terminano con l’approvazione della graduatoria: a seguire, vi è
la stipulazione del contratto individuale di lavoro ( prima della privatizzazione il dipendente entrava
in servizio a seguito di un atto di nomina).
Prima della stipula del contratto, la p.a. invita il vincitore a presentare la documentazione prescritta
dalle disposizioni regolanti l’accesso al rapporto al lavoro, nonché a dichiarare, sotto la propria
responsabilità, di non aver un altro rapporto a tempo indeterminato o determinato con altra
amministrazione e di non trovarsi nelle situazioni di incompatibilità previste dall’art. 54, del d.lgs.
165/2001, in caso contrario, si deve presentare la dichiarazione di opzione per la nuova
amministrazione.
Se tale presentazione o dichiarazione non avviene nei termini previsti, la p.a. comunica di non dare
luogo alla stipulazione del contratto.
Una volta assunto, il dipendente è soggetto ad un periodo di prova la cui durata varia dai due ai
quattro mesi. Se tale periodo di prova termina senza che nessuna delle due parti receda, il
dipendente si intende confermato in servizio con il riconoscimento dell’anzianità dal giorno
dell’assunzione a tutti gli effetti.
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Le riforme intervenute negli anni 90, hanno progressivamente delineato il ruolo della figura
dirigenziale come soggetto dotato di una propria autonomia decisionale e, di conseguenza, della
responsabilità da essa derivante.
Il decreto di riforma il d.lgs. n. 29/1993 ha poi introdotto il principio della separazione tra attività di
indirizzo politico e attività di gestione per accrescere l’autonomia e i poteri gestionali del ceto
dirigenziale.
In attuazione della delega di cui alla l. n.59/1957 è stato emanato il d.lgs. n. 80/1998. Esso ha
meglio precisato la distinzione fra politica e amministrazione, attribuendo agli organi di direzione
politica la definizione degli oibettivi e dei programmi e la funzione di verifica e controllo dei
risultati, e ai dirigenti l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi e responsabilità in via
esclusiva della gestione e dei risultati. Altri aspetti della citata normativa sono stati l’istituzione di
un ruolo unico della dirigenza delle amministrazioni dello Stato, articolato in due fasce ai fini
economici e per l’attribuzione degli incarichi di dirigenza generale; la durata determinata degli
incarichi dirigenziale, ancora, la ridefinizione del trattamento economico dei dirigenti tramite
contratti collettivi delle aree dirigenziali ed infine una nuova disciplina della responsabilità
dirigenziale
L’accesso alla dirigenza
L’accesso alla qualifica di dirigente avviene per concorso per esami indetto dalle singole
amministrazioni ovvero per corso- concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola superiore
della p.a.
Al concorso per esami possono essere ammessi i dipendenti di ruolo delle pp.a.a., muniti di laurea,
che abbiano compiuto almeno 5 anni di servizio svolti in posizione funzionali per l’accesso alle
quali è richiesto il possesso del diploma di laurea ,oppure, se in possesso del dottorato di ricerca e
del diploma di specializzazione conseguito presso le scuole di specializzazione, i dipendenti d ruolo
che abbiamo compiuto almeno 3 anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l’accesso alle
quali è richiesto il possesso del diploma di laurea.
Al corso –concorso selettivo di formazione possono essere ammessi i soggetti muniti dei seguenti
titoli di studio: laurea specialistica, diploma di specializzazione, dottorato di ricerca, o altro titolo
post- universitario.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Conferimento degli incarichi dirigenziali
Gli incarichi di direzione dirigenziale inoltre possono essere conferiti secondo le disposizioni di cui
all’art. 19 del d.lgs n. 165/2001.
In particolare, con il provvedimento di conferimento dell’incarico, ovvero con separato
provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro competente per gli incarichi
di Segretario generale di ministeri, sono individuati l’oggetto dell’incarico e gli obiettivi da
conseguire con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi definiti dall’organo di vertice nei
propri atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi che intervengano nel corso del
rapporto, nonché la durata dell’incarico, che deve essere correlata agli obiettivi prefissati e che,
comunque, non può essere inferiore a tre anni né eccedere il termine di 5 anni
La spoil system
In via generale la locuzione « spoil system» indica la facoltà riconosciuta alla parte vincitrice nella
competizione elettorale di collocare persone di fiducie nei posti chiave dell’apparato burocratico.
Essa sintetizza il complesso dei poteri che consentono agli organi politici ( Ministro, Presidente
della Regione, della Provincia, Sindaco) di scegliere, di norma fra soggetti già dipendenti
dell’amministrazione, le figure di vertice ( segretari generali, segretari comunali, ecc). Il sistema è
generalmente congegnato in modo che i tempi dell’incarico dei prescelti non eccedano la durata in
carica dell’organo politico che li ha destinati.
La nuova dirigenza alla luce della riforma Brunetta
Il d.lgs. n. 150/2009, accentua notevolmente il ruolo e la posizione dei dirigenti. La riforma, in
primo luogo, delinea il dirigente quale vero e proprio datore di lavoro pubblico, responsabile della
gestione delle risorse umane e della qualità e quantità delle prestazioni poste in essere dai
dipendenti.
Ai dirigenti compete, pertanto, individuare le risorse e i profili professionali necessari allo
svolgimento dei compiti dell’ufficio cui sono preposti, ciò al fine della compilazione del documento
di programmazione triennale del fabbisogno del personale. I dirigenti di uffici dirigenziali generali
avranno il compito di combattere i fenomeni di corruzione. I dirigenti saranno tenuti ad effettuare la
valutazione del personale assegnato ai loro uffici, ai fini non solo della progressione economica tra
le aree, ma anche della corresponsione di indennità e premi incentivanti.
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A tale maggiori poteri corrisponderà anche una responsabilità più accentuata: infatti, i dirigenti
risponderanno del mancato esercizio dei poteri datoriali, se le loro omissioni cagionino lo scarso
rendimento dei propri dipendenti.
Il d.lgs. n.150/2009 reca, inoltre, innovazioni anche in materia di conferimento e revoca degli
incarichi dirigenziali. In particolare, viene stabilito che, per conferire un incarico dirigenziale si
deve tener conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati ed alla
complessità della struttura interessata, delle attitudini e delle capacità professionali del singolo
dirigente, dei risultati conseguiti in precedenza nell’amministrazione di appartenenza e della relativa
valutazione, delle specifiche competenze organizzative possedute nonché delle esperienze di
direzione eventualmente maturate all’estero, presso il settore privato o presso altre p..a.., purchè
attinenti al conferimento dell’incarico.
Il pieno riconoscimento dell’autonomia gestionale ed organizzativa dei dirigenti pubblici operato
con la Riforma Brunetta ha operato, di conseguenza, l’integrale responsabilizzazione degli stessi in
relazione ai risultati complessivamente conseguiti e, in specie, all’attuazione dei progetti e dei
programmi attribuiti alle loro cure.
La responsabilità dirigenziale
La responsabilità dirigenziale è una specie autonoma di responsabilità, con propri tratti ed elementi
distintivi. Che risulta:
a) Aggiuntiva rispetto alle altre forme di responsabilità dei pubblici dipendenti
b) Riferita al complesso delle attività svolte dall’ufficio cui il dirigente è preposto.
Il mancato raggiungimento degli obiettivi e l’inosservanza delle direttive imputabili al dirigente
continuano a comportare l’impossibilità di rinnovo dell’incarico dirigenziale in corso, anche se ora
la norma calca sull’esigenza della previa contestazione.
La vera novità è la previsione di una nuova responsabilità del dirigente in caso di colpevole
violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato ai propri uffici,
degli standard quantitativi e qualitativi fissati dalla p.a.
I dirigenti di uffici dirigenziali generali avranno il compito di combattere i fenomeni di corruzione. I
dirigenti saranno tenuti ad effettuare la valutazione del personale assegnato ai loro uffici, ai fini non
solo della progressione economica tra le aree, ma anche della corresponsione di indennità e premi
incentivanti.
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A tale maggiori poteri corrisponderà anche una responsabilità più accentuata: infatti, i dirigenti
risponderanno del mancato esercizio dei poteri datoriali, se le loro omissioni cagionino lo scarso
rendimento dei propri dipendenti
La violazione va accertata previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio
secondo le procedure previste dalla legge e dai contratti collettivi nazionali. La negativa
conseguenza prevista è quella della decurtazione della retribuzione di risultato del dirigente, che
può arrivare nei casi più gravi fino alla quota dell’80%.
Il legislatore, dunque, ha sdoppiato le conseguenze dell’accertata responsabilità dirigenziale, a
seconda che si sia verificato il mancato raggiungimento degli obiettivi e/o l’inosservanza delle
direttive, oppure una ipotesi di colpevole omessa vigilanza, nel secondo caso sarebbe applicabile la
sola sanzione economica.
I doveri –obblighi dell’impiegato
Una delle caratteristiche peculiari del rapporto di pubblico impiego è la sinallagmaticità. Si tratta
infatti, si un rapporto bilaterale, da cui discendono diritti e obblighi che gravano su entrambe le
parti.
In base agli art.. 54, 55 del d.lgs n.165/2001, la definizione dei doveri del dipendente compete al
codice di comportamento «uniforme» adottato per tutte le amministrazioni dal Dipartimento della
Funzione pubblica, sentite le confederazioni sindacali rappresentative, nonché ai codici di
comportamento adottati dalle singole pp.aa. contenenti eventuali integrazioni e specificazioni al
codice generale. Il codice di comportamento viene recepito in allegato ai contratti collettivi e
coordinato con le previsioni contrattuali in materia di responsabilità disciplinare. In particolare i
doveri del dipendente sono i seguenti:
Collaborare con diligenza, osservando le norme del presente contratto, le disposizioni per
l’esecuzione e la disciplina del lavoro impartite alla p.a.
Rispettare il segreto d’ufficio
Rispettare l’orario di lavoro
Avere cura dei locali, mobili, attrezzi, strumenti a lui affidati
In caso di malattia dare tempestivo avviso all’ufficio di appartenenza, salvo comprovato
impedimento, ecc
Il mobbing
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Con il termine mobbing si intende delineare una pratica purtroppo diffusa sui luoghi di lavoro; Il
mobbing si esprime mediante maltrattamenti verbali e altri atteggiamenti, che si concretano in abusi
di potere ripetuti e che cagionano nell’aggredito angoscia e umiliazione, diventando per lui causa di
stress. Abbiamo varie tipologie di mobbing: il mobbing di tipo verticale, quando la violenza
psicologica viene posta in essere nei confronti della vittima di un superiore. Questo, a sua volta, si
distingue in: bossing: azione compiuta dall’azienda o dalla direzione del personale nei confronti di
dipendenti divenuti scomodi. Si tratta , dunque di una strategia aziendale di riduzione o
razionalizzazione degli organici e bulling: che indica i comportamenti vessatori messi in atto da un
singolo capo.
Poi abbiamo il mobbing di tipo orizzontale: quando l’azione discriminatoria è messa in atto dai
colleghi nei confronti del soggetto colpito.
Infine, il mobbing dal basso, sia individuale che collettivo, ossia quando viene messa in discussione
l’autorità di un superiore.
Ai fini della configurabilità della condotta lesiva qualificata mobbing, devono sussistere determinati
elementi, come la molteplicità dei comportamenti a carattere persecutorio, illeciti o anche leciti se
considerati singolarmente, che siano posti in essere in modo sistematico e prolungato contro il
dipendente, in modo tale da svelare un intento vessatorio; l’evento lesivo alla salute e alla
personalità del dipendente; il nesso eziologico tra la condotta del mobber e il pregiudizio alla
integrità psico –fisica, e, infine, la dimostrazione dell’elemento soggettivo.
Per quanto concerne la responsabilità del datore di lavoro, la giurisprudenza ha affermato che il
mobbing si configura come illecito del datore di lavoro, consistente in una condotta protratta nel
tempo, con le caratteristiche della persecuzione, finalizzata alla emarginazione del dipendente con
comportamenti datoriali, materiali o provvedimentali.
Per quanto attiene la questione del riparto di giurisdizione sul danno da mobbing, non vi è una
univocità di vedute. Vi è che riconduce la relativa giurisdizione al g.o. sulla base del fatto che il
mobbing è Illecito extracontrattuale, esorbitante, perciò, dalla cognizione del giudice
amministrativo, e chi, invece, riconduce la cognizione al g.a.. La Corte di Cassazione nel 2004, ha
chiarito che se la natura dell’azione proposta è contrattuale, la relativa giurisdizione è del g.a.,
mentre si tratta di illecito extracontrattuale, la cognizione spetta al g.o..
La responsabilità dell’impiegato
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Dall’inosservanza di norme giuridiche o pregiuridiche da parte degli agenti degli enti pubblici
deriva la responsabilità di quest’ultimi, che legittima l’irrogazione di sanzioni civili, penali ed
amministrative a seconda del comportamento antigiuridico posto in essere dall’impiegato.
La responsabilità dell’impiegato può essere: penale, civile, amministrativa.
Si ha responsabilità penale quando la trasgressione dei doveri d’ufficio assume il carattere di
violazione dell’ordine giuridico generale e si concreta nella figura del reato. Si ha responsabilità
civile quando dalla trasgressione dei doveri d’ufficio derivi un danno per l’ente pubblico (es. resp.
patrimoniale). Essa discende dai principi generali della materia ed ha carattere contrattuale. La
sanzione, in questo caso, consiste nell’obbligo di risarcire il danno (sempre che vi sia dolo o colpa).
Si ha responsabilità amministrativa quando l’inosservanza dolosa o colposa degli obblighi di
servizio comporti un danno patrimoniale all’amministrazione. In tale forma di responsabilità si
inquadra anche la responsabilità contabile che emerge in caso di violazioni di norme sui
procedimenti di spesa e sulla custodia del danaro pubblico da parte di chi ne sia abilitato e/o tenuto
al maneggio. I relativi giudizi di responsabilità sono affidati esclusivamente alle sezioni
giurisdizionali della Corte dei Conti.
Data la diversa causa, le tre forme di responsabilità possono agire congiuntamente nei riguardi della
stessa persona, ancorché unica sia la trasgressione.
La responsabilità della p.a. rispetto a quella dei propri funzionari ( che è sempre diretta) è in
relazione di solidarietà e concorrenza alternativa, nel senso che il soggetto danneggiato può
rivolgersi indifferentemente per il proprio ristoro sia alla p.a. che al funzionario, ma la richiesta del
risarcimento all’uno esclude l’analoga richiesta all’altro. Tuttavia, per poter agire direttamente
contro gli impiegati, occorre, che questi ultimi abbiano agito con dolo o colpa grave. La
responsabilità dell’impiegato è poi esclusa se questi abbia agito per legittima difesa o sotto violenza
fisica, sempre, che ne abbia riferito ai superiori, se poi ha operato nell’osservanza di un ordine, la
responsabilità risale a chi abbia impartito l’ordine.
Sanzioni disciplinari e responsabilità alla luce della Riforma Brunetta
La riforma Brunetta dedica un intero Capo alla disciplina delle sanzioni e delle responsabilità dei
lavoratori pubblici, nell’intento di potenziare il livello di efficienza dei pubblici uffici e di
contrastare o fenomeni di scarsa produttività e di assenteismo. Innanzitutto, la materia viene
sottratta quasi completamente alla contrattazione collettiva: le disposizioni in tale materia
costituiscono norme imperative, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1339 e 1419, comma 2 c.c..
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In secondo luogo, si procede a una semplificazione dei procedimenti disciplinari, alla pubblicazione
sul sito della p.a. del codice disciplinare, all’obbligatorietà dell’azione disciplinare per i dirigenti e
per i soggetti preposti alle unità organizzative.
Infine, viene predisposto un articolato sistema di irrogazione delle sanzioni, con particolare
riferimento alla sanzione del licenziamento disciplinare, che potrà essere irrogato in alcuni casi
particolari, anche senza preavviso, come ad esempio, in caso di falsi certificati medici e attestazioni
non veritiera della presenza in servizio
Il licenziamento disciplinare
Ferma restando la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e
salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, l’art. 55 quater. Del d.lgs .n. 165/2001
introdotto dal d.lgs. 150/2009 prevede la sanzione disciplinare del licenziamento nei seguenti casi:
a) Falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento
della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio
mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia
b) Assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi superiore
a tre nell’arco di un biennio, mancata ripresa del servizio in caso di assenza ingiustificata.
c) Ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dalla p.a. per motivate esigenze di servizio
d) Falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell’istaurazione del rapporto
di lavoro ovvero di progressioni di carriera.
e) Reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o
ingiuriose o comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui
f) Condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l’interdizione perpetua dai pubblici
uffici ovvero l’estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro
g) In caso di valutazione di insufficiente rendimento, dovuta alla reiterata violazione degli obblighi
concernenti la prestazione stessa, stabiliti dal norme legislative, regolamentari, dal contratto
collettivo, o individuale, da atti e provvedimenti della p.a. di appartenenza o dai codici di
comportamento.
Nei casi di cui al comma 1, lettere a), d), e) ed f) il licenziamento è senza preavviso.
Per quanto concerne, infine, le ipotesi di responsabilità del dipendente a causa di condotte
pregiudizievoli per l’amministrazione, bisogna distinguere a seconda che il dipendente abbia
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cagionato la condanna della p.a., al risarcimento del danno, ovvero abbia causato un grave danno
all’ufficio di appartenenza per condotta poco professionale: nel primo caso, il dipendente sarà
assoggettato a sanzioni disciplinari, nel secondo caso verrà collocato in disponibilità
Un’altra novità della riforma Brunetta: La lotta all’assenteismo
La riforma del pubblico del 2009 vede tra i suoi capisaldi la lotta all’assenteismo
Tale norma prevede che il pubblico dipendente che attesta falsamente la propria presenza in
servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità
fraudolente, ovvero giustifica l’assenza dal servizio mediante un certificazione medica falsa o
falsamente attestante uno stato di malattia è punito con la reclusione da 1 a 5 anni e con la multa da
euro 400 ad euro 1.600. La medesima pena si applica al medico e a chiunque altro concorre nella
commissione del delitto. In questi casi, il lavoratore, ferme le responsabilità penale e disciplinare e
le relative sanzioni, è obbligato a risarcire il danno patrimoniale, pari al compenso corrisposto a
titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione, nonché il danno
all’immagine subiti dall’amministrazione.
Class action
Con questo nuovo strumento sia i cittadini che le associazioni potranno fare ricorso se riscontrano
inefficienze del servizio (mancato rispetto dei tempi previsti, pessimi standard di qualità), Non si
risarcirà il danno bensì si ripristinerà il servizio. Il monitoraggio sull’attuazione delle disposizioni
spetterà alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e alla Commissione per le valutazioni e la
trasparenza e l’integrità della p.a.
Tale azione ha lo scopo di garantire il cittadino cliente da qualsivoglia violazione degli standard di
qualità del servizio pubblico e prescinde dalla natura pubblica o privata del soggetto che lo eroga
Customer satisfaction
Con questo nuovo strumento sia i cittadini che le associazioni potranno fare ricorso se riscontrano
inefficienze del servizio (mancato rispetto dei tempi previsti, pessimi standard di qualità), Non si
risarcirà il danno bensì si ripristinerà il servizio. Il monitoraggio sull’attuazione delle disposizioni
spetterà alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e alla Commissione per le valutazioni e la
trasparenza e l’integrità della p.a.
Tale azione ha lo scopo di garantire il cittadino cliente da qualsivoglia violazione degli standard di
qualità del servizio pubblico e prescinde dalla natura pubblica o privata del soggetto che lo eroga
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