sbarba barabba
Transcript
sbarba barabba
SBARBA BARABBA di Antonio Munno indice: 2 OTTOBRE ...E AL DIO DEGLI INGLESI NON CREDERE MAI (de ANDRE') ALIENAZIONE SENZA FRONTIERE CITRATO CITY FIAMME ADDOSSO FIORI DI ORTICA LAVAPIATTI INFOGNATI LA MANIFESTAZIONE E IL NAUFRAGAR M'E' DOLCE IN QUESTO MARE (G. LEOPARDI) DISCORSO AD HIDE PARK CORNER L'UOMO NELLA BANDIERA ROSSA …....... contatti: [email protected] 2 OTTOBRE Milioni di palloncini colorati come in un congresso di partito statunitense. “W gli angeli custodi”, “Un angelo è per sempre”, “Angeli for president” si legge sui palloncini. Montagne russe, scivoli, altalene e ambrosia per tutti i custodi convenuti da ogni dove. Il Nostro Caro Angelo è appoggiato sul bancone, storto, una mano sulla fronte, l’altra tiene un inquieto calice d’ambrosia. -Ancora, Angelo Bacco, voglio dimenticare quei morbosi miasmi donde vengo: quella Terra è uno schifo!-. Man mano, le sue parole si affilano fino alla bestemmia. L’arcangelo Gabriele, nunzio e ruffiano, corre subito dall’Innominabile Invano. -Signore, c’è un caso di abuso di ambrosia- riferisce. -Dategli del caffè col sale- sentenzia buono il Signore. L’Arcangelo batte i tacchi e se ne va. Intanto, il Nostro Caro Angelo ha mollato gli ormeggi ed è sceso in pista a ballare. -Vi insegno la danza dei montoni pazzi!- ed inizia a strattonare e a scontrare fino a creare il vuoto intorno a sè. -Nessuno che sappia pogare!- deluso, ritorna al bancone. -Angelo Bacco, tu sei l’unico che sappia consolarmi- gli dice chiedendo un altro bicchiere. Quand’ecco l’Arcangelo con una tazza di caffè. -Questo è un dono del cielo, proprio quello che ci voleva, Gabriele!-. Bagna malapena le labbra e poi sputa insozzando l’Arcangelo. -Questo caffè è di quei porci sfruttatori delle multinazionali, voglio il caffè del commercio equo e solidale!-. Un arcobaleno umano da torcicollo, Londra non manca di nessun colore. Se proprio manca qualcuno, quelli sono gli inglesi. Sembra di essere al capezzale di un eccellente moribondo che detta il suo testamento. L’esercito di maggiordomi, però, è folto e molti altri vogliono arruolarsi. Così il moribondo non muore e perpetua il suo modello. “E al dio degli inglesi non credere mai”(de Andrè) Se ho un difetto è quello di annoiarmi presto; se ho un pregio, è quello di avere questo difetto. Così, l’emozione del mio primo volo si è spenta in una serie di sbadigli dopo circa dieci minuti dal decollo. Sì, le Alpi,il cielo sopra le nuvole, ma poi ho finito col soccombere alla stanchezza della vigilia insonne. Una vigilia tormentata più che altro dall’apprensione per i tempi stretti che avevo a disposizione per raggiungere l’aeroporto di Torino Caselle. Come al solito, sono arrivato ampiamente in anticipo. Non so perché sto andando a Londra, non ho mai avuto un grande amore per l’Inghilterra. So solo che mi trovavo in un paese in culo a Giuda nella provincia di Cremona. Facevo il lavapiatti nella nebbia. Così, un bel giorno, -nebbia per nebbia- mi son detto, -me ne vado a Londra-. La polizia mi ha dato il suo benvenuto al momento del recupero della valigia. Era un poliziotto di origine dell’India. Mi ha fatto pena quel miserabile, bastonato nel suo Paese, ha seguito il padrone fino a servirlo in casa e ora gli guardava pure il recinto. Ha passato al setaccio tutta la mia roba, con impegno e senso del dovere, nella convinzione di trovarvi droghe. Un po’ mi sono divertito perché ero pulito, un po’ mi sono saltati i nervi perché mi sono sentito oltraggiato nel mio essere libero cittadino del mondo. L’organizzazione a cui ho fatto riferimento è una associazione a delinquere. L’affare è grosso, è il London Dream di veramente tanti giovani in cerca di libertà, del futuro, del piercing e dei dreads sotto le ascelle. Ci succhiano il sangue facendoci pagare affitti da capogiro e ci sbattono da una parte all’altra della città alla ricerca di un lavoro, innescando una sorta di guerra tra poveri. Così, in segno di protesta, mi sono messo a fare incollaggi con ritagli di giornali su cartoni e compensati di fortuna. Incollaggi e festini fino a sentirmi sul collo il fiato dei cani del padrone reclamare l’affitto. Pertanto, dopo un timido tentativo di vendere per strada i miei incollaggi, stroncato dall’arrivo un poliziotto venuto a chiedermi l’autorizzazione a non so che, mi sono deciso a cercare lavoro. Il modello inglese è fondato sul ruffianesimo. Niente di nuovo, trattasi di un gene insano molto comune nel genere umano. Interprete ed espressione di tale dottrina è il manager. Io penso che, su tre piedi che pesti in giro, almeno uno è di un manager. Il manager è la monade di un sistema arguto, talmente arguto, che, perché tu lo serva al meglio, ti dà l’impressione di comandare. Un sistema privato, scientifico nella distribuzione dei ruoli e delle responsabilità. No perditempo, gli inglesi perdono tutto il loro humor quando si parla di produzione ed efficienza. Così, in fondo a questa piramide di magnaccia a vari livelli, c’è questa cucina sotterranea di una catena di ristoranti. Io lavo i piatti, tre magrebini e uno di colore fanno da mangiare, e due spagnoli e un portoghese servono ai tavoli. Il quadro è chiaro e non abbisogna di commenti. Potremmo chiudere la cucina e portarci le chiavi a casa se i magrebini non litigassero col cuoco di colore e non provassero piacere nel portarmi le pentole da lavare. Qualcuno di loro è stato in Italia prima di raggiungere Londra. Chissà in quale cucina deve essere capitato per divertirsi tanto nel vedermi lavorare. Ho perduto casa per l’impazienza dei cani del padrone, e mi sono licenziato dal lavoro perché quella faccia di merda di un manager non mi ha concesso l’anticipo. Sotto il cielo di Londra senza soldi, mi è venuta una inaspettata voglia di vivere. Due notti passate in giro per il sempre acceso centro della città, in una pioggerellina apparentemente inoffensiva, qualcosa in più di semplice nebbia, ma da trovarmi fradicio alle prime luci dell’alba. Ho preso i soldi dal lavoro e sono andato a vivere in un ostello a Brixton. Brixton è un quartiere nero ed è un po’ la meta di giovani alternativi che sfidano la cattiva fama del quartiere. Quando salgo sull’autobus, mi sento una mosca bianca, poi, andando verso il centro, tutto sbiadisce fino ad avere la sensazione di essere il più nero dei passeggeri. Londra è un microcosmo con le stesse leggi del macro, Londra è solo una maglia infeltrita. Sulla vetrina di un barbiere di colore ho letto “Aspettare per esplodere”. Aspetteranno a lungo, moltissimi abboccano come facili rane all’amo del miraggio dell’Occidente. Ho trovato lavoro in una sala da thè in centro. Il manager è indiano e forse anche il padrone. E’ un lavoro facile e leggero, allietato dalla presenza di bariste che spesso vengono a farmi visita. Sono imbarazzato dalla troppa grazia e, francamente, non so scegliere tra una lituana e una brasiliana. Anche gli orari mi piacciono, dalle 18,00 alla chiusura, così non sono costretto ad usare la sveglia. Pare che tutto sia destinato a durare se non avessi quel solito difetto-pregio di annoiarmi presto. ALIENAZIONE SENZA FRONTIERE Milano, Agenzia ORAA -Che sai fare? – - Niente! – - Ho un posto in Germania come aiuto-cuoco-lavapiatti! – - Non hai un posto come aiuto-regista? – - No! – - Vada per il lavapiatti, allora. – La Germania non è una nazione pulita. I tedeschi sono abili a nascondere i loro rifiuti. C’è da dire che un po’ li riciclano ma resta il fatto che consumano più di quanto sarebbe loro debito. Così sono belli in carne e cacano un casino. Un rapporto della F.A.O. dice che i tedeschi cacano 3 volte al giorno contro lo 0,5 di un africano. Stazione di Monaco. Disciplinati viaggiatori seguono frecce aeree in percorsi di delineata solitudine. Tutto è scritto ma il tedesco è proprio un’altra lingua. Devo raggiungere un paese del circondario e mi tocca importunare la diffidenza dei tedeschi. Per ottenere informazioni, mi aiuto con quelle due o tre preposizioni semplici che conosco in inglese. Il ristorante sventola all’esterno una bandiera tricolore. Vinco la vergogna ed entro. L’accoglienza è fredda, professionale. Il padrone mi mostra subito il campo di battaglia, il lavandino, ma mi concede di andare a riposare. Bontà sua! La dea bendata mi ha tenuto in serbo una lavastoviglie rotta. Lavare-asciugaremettere a posto. Lavare-asciugare-mettere a posto. La cucina è una prigione, il cuoco vive in cattività. Il padrone è un secondino che ama tenere il soprabito ai clienti. Il suo umore dipende dall’afflusso. Mi sono licenziato, sto andando verso il primo treno utile. Mi ero rotto di cantare al lavandino. Il mio vasto repertorio di canzone classica napoletana non è bastato ad allontanare l’alienazione. A due passi dalla sana follìa, si erge Citrato City. E’ un posto piccolo quanto il mondo e grande quanto un paese di provincia. CITRATO CITY: Antonio e Luigi -Tu che fai?- Suono!- Che cosa?- La viola della tristezza- Fammi sentire qualcosa- Morirò!- Io suono le campane dell’allegria- Fai il sagrestano?- No!- Fammi sentire qualcosa- Vivrò!- Potremmo mettere su un gruppo- Come lo chiameremmo?- Futuro semplice!- - Questo posto è uno stagno rassegnato- Qui ci starebbero bene le rane ad acchiappare mosche- Dov’è il fiume impetuoso della vita?- Qui di fiumi non ne passano- Dovremmo inoltrare domanda al creatore- Sì, ci alleghiamo pure una raccolta di firme- Raccomandata con avviso di ricevimento- Quanto ci metterà ad arrivare?- Cosa importa, tanto questo stagno è eterno- - Le rivoluzioni si fanno nei periodi di quaresima- Così diceva pure Trilussa: a stomaco vuoto- Sono ancora in pochi a saltare i pasti- Non so se è un bene o un male- Andiamo al bar, mi si è seccata la gola- Sì ma … il Mercato, la Borsa, gli investitori esteri? Vedranno di buon grado questa nostra manovra alcolica?- Adesso andiamo poi vediamo le reazioni al TG2 ECONOMIA- Un campari con gin- Due!-Ah l’eterna ebbrezza! Altro che paradisi di Marx-Paradisi artificiali!- Basta che non si lavora, io non ho mai creduto alla catarsi nel lavoro- Lo sai che cosa ha detto Dio ad Adamo ed Eva cacciandoli dal paradiso?- Che ha detto?- - E adesso dovrete lavorare e sudare: seminare il grano, sfoltire le barbabietole e pregare che non grandini- E che c’entro io?- Siamo tutti figli di Adamo ed Eva- Noo, questi sono processi sommari, voglio il mio avvocato!- Ma quanti telefilms americani hai visto?- Solo il tenente Colombo- Dài, finisci che andiamo- Lo sai che cosa diceva Antonino il Pio?- No- Affrettati ma lentamente- Sì ma prova a spiegarlo alla mia inquietudine- Cos’è che ti inquieta?- L’amore, il dubbio ontologico e la morte- Le hai scelte belle pesanti le croci- Adeguate alle mie spalle- E chi sei,uno scaricatore di porto?- No, sono solo il capitano di una nave in tempesta- E allora andiamo, capitano- Andiamo dove?- Andiamo a vedere se ci hanno preparato i bastoncini findus per pranzo- -Troppi ragionieri!- Ci sono più ragionieri che uomini- Sanno far di conto e pararsi il culo- Loro sì che hanno capito tutto- Per quello che mi riguarda la matematica non sarà mai il mio mestiere- E cosa vorresti fare?- Il fantasista- A me piace il gioco a zona, quello brasiliano- Non me ne frega niente del calcio- E che fantasista vorresti essere?- Un fantasista senza pallone, vabbè!- - La salita sarà dura ma la discesa ….- Non vorrei mai conoscere il mio declino- Se la mia musa dovesse diventar frigida, voglio allontanarmi come gli elefanti attempati che se ne vanno a morire- Se dovessi mai scendere dall’Olimpo, mi ubriacherei tutte le sere- - Adesso pensi di essere lucido?- No ma è diverso- In che senso?- Adesso lo faccio per non sentire la fatica della salita- Insomma, comunque ebbrezza, salita o discesa?- Veramente … anche in pianura- Ma tu, dell’Olimpo , saresti Bacco?- Non lo so, so solo che tu saresti il più rompiscatole degli dei- - Il problema è l’equilibrio. Io lo so perché ho sempre fatto il funambolo- Anche io lo so perché sono sempre ubriaco- Per te è facile, basta che smetti di bere- Anche per te è facile, basta che scendi dalla fune- Sì ma, a me, mi piace- - Pensi che io sia masochista?- Allora il problema non sussiste- Eggià!- Sì ma in qualche modo dobbiamo pur riempire il silenzio- Basta che non lo riempiamo di problemi- E di che cosa dovremmo riempirlo?- Eccheneso!- - Qui, i fiori non li sanno coltivare- Ce ne dobbiamo andare in Liguria o in Olanda- La fuga dei fiori come la fuga dei cervelli- Il cervello? Buon’anima! Noi possiamo solo aderire al regno vegetale- Lo dicevo per associazione di idee, me ne guarderei dal voler essere un cervello- Il pensiero è dolore, eppoi “Beati i poveri di spirito!”- Io vorrei essere nel giardino di un floricoltore in pensione che mi dedichi tutta la sua attenzione nel tentativo di eludere la noia- Beh, meglio una floricoltrice giovane, sui trenta- L’importante è che ci diano tutte le cure del caso, io, come fiore, mi sono sentito trascurato- E’ perché abbiamo scelto di sbocciare ai margini- Dove avresti voluto sbocciare, sul catrame?- No, nel giardino della tipa sui trenta!- E adesso che vuoi da me?- Dài, tira fuori la bacchetta magica!- Sì, la lampada di Aladino!- Dice che di un artista si apprezza l’idea- E’ vero, l’artista è un lanciatore di sassi nello stagno- A me stanno simpatici, qualunque sasso essi lancino- Sempre meglio della sospensione tra il niente e il nulla!- Già, qualsiasi sasso per non morire!- Bene, dove andrai adesso?- A Machupicchu!- Io vado in Albania col contro esodo- Suerte, hermano!- Suerte!- FIAMME ADDOSSO Ora il tempo era balzato prepotente nella mia vita, e con lui la morte. Sveglia alle 6,30. La stazione. Cambio di treno. Autobus. Posto di lavoro: ore 8,00. Imbianchino, anzi manovale. -Agli extra-comunitari diamo 60.000 lire al giorno- disse il datore di lavoro. A me dava 70.000 in nero perchè, quantunque foggiano, ero cittadino dell’europa. A mezzogiorno si staccava. Un panino da consumare seduto su un secchio di pittura. Ore 13.00: ritorno sui ponteggi. Otto piani, il mio grido rimbalzava sui tetti. Ore 17.00: fine. Autobus. Stazione. Cambio di treno. Casa. No, non potevo lasciarmi invecchiare da quel vento tiepido e usato della quotidianità. Preferivo bruciare in un giorno solo e sentire tutte le fiamme addosso. - FIORI DI ORTICA Miserabili pezzenti senza un soldo di dignità; deleganti sereni, attaccati al tram come polipi, angosciati dal cadere in quella tremenda terra della libertà. Donne partorienti, padri pecore, figli che diventano padri; il fiume s’ingrossa di innocenza malsana e va verso la foce irrimediabile. Mercè delle onde e del vento che cambia, stronzi galleggianti; nascosti al vostro sbando compassionevole, i preziosi fondali dell’anima. Occidente di passi veloci e di poco tempo, di distanze che si accorciano e di affanno che cresce; Occidente di solitudini in masse pulsanti, di tutti attori sprofondati ognuno nella propria parte di spettatore. Riflettori intermittenti, mendaci palcoscenici mobili, bocche aperte in platea; Mangiafuoco guarda e sghignazza; muove, impunito, fili invisibili nell’etere. Nascosti nel vapore di una lavastoviglie o nel cilindro di pentoloni come cenerentole. LAVAPIATTI(Diego e un altro) -Diego, lo sai chi è il nemico? – - Si, il cuoco perché sporca le pentole – - No, sarebbe come prendersela solo con i carabinieri – - Il padrone, allora – - Ma no, non lo vedi che è uno che tiene i soprabiti, è solo un leccaculo! – - E chi è il nemico? – - La BundesBank! – - Che c’entra la BundesBank? – - Tu non lo sai perché usa la vaselina – - Vuoi dire che mi incula senza che io me ne accorga? – - Si, sei un gay gnorri – - Odio pure l’affettatrice! – - Fai come Ludd – - Come chi? – - Ned Ludd – - E chi è? – - Era un uomo che dava fuoco alle macchine – - E perché? – - Perché toglievano lavoro ai proletari – - Ma con chi stava? – - Non lo so, a lui piaceva che i proletari lavorassero – - Io mi sarei buttato per il salario garantito – - Io avrei bruciato i padroni - -Un gamberetti in salsa rosa! - ‘Sti camerieri si improfumano come troie – - Guarda che stile! Questo viene dalla scuola alberghiera – - Ma dico io … come si fa a decidere di fare i camerieri nella vita? – - Sarà il fascino della divisa – - Servi col papillon, ecco cosa sono – - Meglio straccioni – - Manco a dirlo – - Quando faremo la rivoluzione, ci facciamo servire da loro – - Già, i camerieri servirebbero qualsiasi stronzo – - Facciamo troppe ore e la vita è breve – - Dobbiamo parlare ai sindacati – - Lascia stare, lotterebbero perché la USL ci passi la cremina per le mani – - Il lavandino ai lavapiatti! – - Fanculo tu e il lavandino – - Perché, non ti piace come slogan? – - Mi fa schifo! – - Che slogan ti piacerebbe? – - La barba ai barboni! – - Che c’entrano i barboni? – - Me ne vado, mi licenzio – INFOGNATI -E Allora?-C’era la segreteria!-Non potevi lasciare un messaggio?-Io le odio,le segreterie, mi bloccano. E’ come essere interrogati su di un argomento a piacere dopo il segnale acustico della professoressa-Dà a me il numero, ci penso io!Ken entra nella cabina rossa mentre John si guarda intorno. E’ l’ora in cui il sabato riempie le strade del centro, quando già si odono i primi vagiti della festa. Ken esce dalla cabina e .... -Hai ragione, non è facile parlare ad una segreteria telefonica. E’ come saltare nel vuoto e precipitare senza appello verso il tonfo liberatorio della cornetta che abbassi-Beh!-Ho lasciato il numero della cabina e ho detto di chiamarci quanto prima-. John è un inglese sfigato e Ken è un nero di Clapham. Entrambi lavorano nella rete fognaria del centro di Londra. -Il sabato escono cani e porci-Mi piacerebbe una volta essere un cane o un porco-Senti un po’ che belle aspirazioni! Che volevi fare da bambino?-Il benzinaio!-E non sei riuscito a coronare questo sogno?-No!-Meno male che volavi basso!-Tu che volevi fare?-Il direttore di orchestra!Trilla il telefono e Ken va aq rispondere. -Aspetta che me lo segnoKen fa cenno a John di prendere appunti e ripete ad alta voce –Settore A, Cabina T 13, ..va bene, grazie! – Consultano la mappa e si incamminano. Arrivano davanti ad un portello in una stradina nascosta. John tira fuori dal suo zaino il pass partout e apre. Ken entra ed inizia a scendere mentre john richiude il portello. Quando anche John è sulla scala, Ken, tradito da un piolo mancante, tomba a terra. -Fottuto inferno!-Tutto a posto, Ken?-Sì ma fa’ attenzione!John lo raggiunge e lo aiuta ad alzarsi. -Così mi spaventi i topi!-Al diavolo i topi, potevo lasciarci le penne!-Non ti preoccupare che morire è come uscire da una stanza e spegnere la luce-Chi glielo dice a mia moglie e ai miei tre figli?-E’ proprio vero che più siete nella merda e più fate figli- LA MANIFESTAZIONE -Servi, dei servi, dei servi!- s’alzava corale dal branco. Cani sciolti e ribelli. Mostravano i denti, ringhiavano. Ce l’avevano con carabinieri e poliziotti. Anche questi erano cani, cani da guardia. Vegliavano sullo stato di cose in cambio di un osso. Casco, manganello e scudi a formare una barriera. L’associazione ad una centuria di antichi romani era facile e doverosa. Io ero tra i cani sciolti come intruso. Io mi sento sempre un intruso, è una mia freddezza nell’abbracciare. Mi piacevano i loro colori e la loro fantasia. Li avevo conosciuti nelle mie limitate frequenze di centri sociali. Recinti di resistenza, esigenza di specchiarsi e di rafforzarsi. Musica, ebbrezza e un relativo senso di libertà. Ritornando alla manifestazione, si aspettava solo la scintilla per dare un senso a quel convegno. Non tardò perchè bastava solo una linguaccia. Furono calci e manganelli fino a che non tornò il silenzio nella piazza desolata. …e il naufragar m’è dolce in questo mare (G. Leopardi) -Ammutiniamoci, fratelli! Riprendiamoci il timone e buttiamo a mare il capitano. Siamo tutti marinai e tutti capitani di un’idea. C’è da discutere questa rotta che ci incanta come il canto delle sirene ma che lascia una scia di sangue e di dolore. Quello è il nostro sangue di marinai e di uomini mortificati-. Li guardò ad uno ad uno: facce da marinai eterni! Troppi ruffiani dal ghigno perfido, troppi farisei e troppi “teniamo famiglia!” con la testa fra le spalle. Tutti concordarono: è pazzo! Parole al vento, il vento le custodì, geloso. Fece cadere in mare una scialuppa e si tuffò. Solo con il mare ma al timone della sua vita. DISCORSO AD HIDE PARK CORNER Svegliarsi e vestirsi in un buco di stanza disadorna. Versare acqua calda in una tazza col caffè in polvere. Indossare una giacca ed uscire. (Fuori, come al solito, non c’è nessuno; l’ultimo rapporto dice di un uomo su centomila franchi-tiratori). Passare stradine e mercati di quartiere, attraversare stradoni. Finalmente arrivare ad Hyde Park Corner. Fermarsi ad ascoltare un oratore: - Il Chelsea è una buona squadra ma manca nelle conclusioni ..- . Prenderlo per un orecchio ed indurlo ad abbandonare, malgrado l’appello di questi a Voltaire. Salire sul piedistallo e … -Banchieri,menager e clarks, i nostri obici vi guardano! Cuochi, camerieri, lavapiatti e tutti voi che portate a pisciare i cani del padrone, a voi … a voi non risparmieremo le fiamme- . Scendere dal piedistallo e andare verso due mani che applaudono di una ragazza dai capelli rossi e dagli occhi ridenti. Il braccio al collo, dirigersi verso il parco. L’uomo …. Non è uno strascico umano a far giusta la strada, non è la strada desolata a strangolare l’ansia: avanti, per terre vergini! Occhi fissi sull’orizzonte mutevole, immutabile il passo. … nella bandiera rossa Alfiere solo e fiero; capace di tutto il dolore, la bandiera è morbido sudario. Un giorno lo avvolgerà nel rosso colore dei papaveri di Maggio per rendere omaggio a chi la sventolò nel suo viaggio di uomo. … davanti al cimitero Né prete procuratore né corone di fiori, sarà solo l’uomo col petto in fuori. Duro come un martello, il suo pugno nudo tremerà il cancello. La morte guarderà dalla serratura quell’insolente nella bandiera rossa come fosse in una armatura. … non ha paura.