Vendita di macchine non conformi: quali rischi per il fabbricante?

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Vendita di macchine non conformi: quali rischi per il fabbricante?
Normative
a cura dell’Avv. Giorgio Caramori – [email protected]
Vendita di macchine
non conformi:
quali rischi
per il fabbricante?
Nel settore della
fabbricazione e
commercializzazione di
macchine, così come
definite dalla Direttiva
2006/42/CE, nel corso
degli ultimi due anni
sono entrate in vigore,
in Italia, una serie di
disposizioni legislative
che hanno in qualche
modo modificato il
quadro complessivo
delle responsabilità dei
fabbricanti, conseguenti
a difetti o mancanza
di conformità CE
delle macchine
A
llo stato attuale, la semplice
immissione sul mercato di
una macchina non conforme può generare una serie
di conseguenze pregiudizievoli per il
fabbricante e dare luogo all’apertura di
più possibili – e concorrenti – procedimenti di verifica e indagine, al termine
dei quali può darsi luogo a sanzioni di
carattere penale, civile e amministrativo e possono verificarsi conseguenze negative sul piano commerciale, sia
nell’ambito dei rapporti privati, sia - e
soprattutto – in relazione ai possibili
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interventi dell’autorità sulle macchine
“non conformi”, già in uso. Come sappiamo la Direttiva 2006/42/CE, che ha
“rifuso” le precedenti direttive comunitarie in materia di sicurezza delle macchine, prevede una serie di requisiti
essenziali di sicurezza (R.E.S.) il cui rispetto da parte del fabbricante - attestato dalla dichiarazione di conformità
e dalla marcatura CE - dà luogo alla
cosiddetta “presunzione di conformità”: la macchina, in quanto dichiarata
conforme e marcata CE, si presume
conforme, appunto, e quindi, in buona sostanza, sicura.
Il soddisfacimento dei R.E.S. si consegue mediante l’applicazione delle norme
armonizzate - cioè delle norme di carattere volontario - adottate dagli organismi
di normazione europei, i quali forniscono
i criteri e le indicazioni di carattere tecnico al fine di consentire la progettazione
e la fabbricazione di macchine sicure.
Ma se ciò non avviene, o non si realizza in maniera effettiva e concreta, quali
sono i rischi per il fabbricante?
I rischi per il fabbricante
Cerchiamo di analizzare questi rischi
singolarmente, richiamando le norme
giuridiche applicabili a questa particolare ipotesi, sul presupposto che
il fabbricante abbia: 1) immesso sul
mercato una macchina non conforme;
2) correttamente rispettato i R.E.S.;
3) fatto riferimento alle norme armonizzate; 4) male interpretate; 5) posto
in essere una corretta valutazione dei
rischi della macchina. O, infine, perché le istruzioni fornite non sono tali
da consentire l’uso della macchina in
condizioni di sicurezza.
La legge italiana vieta l’immissione sul
mercato di macchine non conformi e,
in caso di riscontro da parte degli organi di vigilanza della violazione di tale
divieto, le procedure che si possono
innescare - e le possibili conseguenze
che ne possono derivare - sul piano
sanzionatorio sono diverse.
Ipotizziamo che una macchina immessa sul mercato sia riscontrata non
conforme, poiché presenti rischi per la
sicurezza dei lavoratori: normalmente tale verifica è effettuata da funzionari delle ASL territoriali, quali organi
di vigilanza, oltre che di polizia giudi-
Il soddisfacimento
dei R.E.S. si consegue
mediante l’applicazione
delle norme armonizzate
adottate dagli organismi
di normazione europei
ziaria. A seguito di tale verifica, l’ASL
deve notiziare il Ministero dello Sviluppo Economico e il Ministero del lavoro
e delle politiche sociali i quali, tramite
l’ISPESL, provvedono all’accertamento circa la rispondenza della macchina
ai requisiti essenziali di sicurezza.
L’intervento dell’ISPESL è determinante in relazione all’accertamento della non conformità CE di una macchina rispetto ai requisiti essenziali di sicurezza (R.E.S.) previsti dalla Direttiva
2006/42/CE (e trasposti nelle singole
norme nazionali di recepimento): a sua
volta l’accertamento della non conformità CE, sotto il profilo tecnico costituisce il presupposto per lo sviluppo del
procedimento penale e dell’iter di carattere prettamente amministrativo, che
può portare all’applicazione di sanzioni
“interdittive” e pecuniarie specifiche.
La rilevanza penale della non conformità CE di una macchina è prevista
dall’Art. 23 del D.Lgs. 81/2008 (Testo
Unico della sicurezza sul lavoro), il quale
prevede che siano “ … vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuali e
impianti non rispondenti alle disposizioni
legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro”.
In relazione a tale ipotesi di illecito,
l’Art. 70 del D.Lgs. 81/2008, comma
4°, prevede che: “Qualora gli organi di
vigilanza, nell’espletamento delle loro
funzioni ispettive in materia di salute e
sicurezza sui luoghi di lavoro accertino che un’attrezzatura di lavoro messa a disposizione dei lavoratori, dopo
essere stata immessa sul mercato o
messa in servizio ai sensi della direttiva
di prodotto, in tutto o in parte, risulta
non rispondente a uno o più requisiti
essenziali di sicurezza previsti dalle disposizioni legislative e regolamentari di
cui al comma 2, ne informano immediatamente l’autorità nazionale di sorveglianza del mercato competente per
tipo di prodotto. In tal caso le procedure previste dagli articoli 20 e 21 del
decreto legislativo 19 dicembre 1994,
n. 758, vengono espletate:
• dall’organo di vigilanza che ha rilevato la non rispondenza in sede di utilizzo, nei confronti del datore di lavoro
utilizzatore dell’esemplare di attrezzatura oggetto dell’accertamento, mediante apposita prescrizione a rimuovere la situazione di rischio determinata dalla mancata rispondenza a uno o
più requisiti essenziali di sicurezza;
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Normative
• dall’organo di vigilanza territorialmente competente, nei confronti del
fabbricante e dei soggetti della catena della distribuzione, alla conclusione dell’accertamento tecnico effettuato dall’autorità nazionale per la sorveglianza del mercato”.
Dunque, l’ASL può procedere all’effettiva contestazione della violazione
della norma penale a carico del fabbricante dopo che l’ISPESL abbia svolto
la verifica tecnica sul mancato rispetto dei R.E.S., rilevato dall’ASL stessa.
Al termine di questa verifica l’ASL,
in applicazione di quanto previsto
dall’Art. 20 e seguenti del D.Lgs.
758/94, impartisce al fabbricante
un’apposita prescrizione, finalizzata
a eliminare dalla macchina oggetto
di verifica il difetto di non conformità
CE rilevato, adeguandola ai R.E.S.; al
contempo, l’ASL deve segnalare al
pubblico ministero la notizia di reato.
Non si può non notare come questa
procedura desti qualche perplessità
posto che, stando al testo della norma richiamata, la macchina “verificata” - durante l’esame dell’ISPESL - sarà già stata modificata dall’utilizzatore,
se vuole continuare a usarla. Inoltre,
non è ben chiaro quale situazione si
potrebbe verificare nel caso in cui il
giudizio dell’ISPESL fosse discordante dalla contestazione fatta dall’ASL,
con la conseguenza – a svantaggio
dell’utilizzatore – che questi si troverebbe necessariamente ad aver modi-
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ficato una macchina – in ossequio alla
prescrizione dell’ASL – e ad aver pagato una sanzione pecuniaria a fronte
di un intervento dell’organo di vigilanza
che potrebbe rivelarsi infondato.
Comunque, per quanto riguarda il
fabbricante, una volta che egli avrà
adempiuto la prescrizione, e dopo
che la macchina sarà stata controllata nuovamente dall’ASL per valutarne la conformità (conseguente all’intervento tecnico del fabbricante), egli
La rilevanza penale
della non conformità CE
di una macchina
è prevista dall’Art. 23
del D.Lgs. 81/2008
sarà ammesso a definire la vertenza
in sede amministrativa, con il pagamento di una pena pecuniaria pari a
un quarto del massimo della sanzione prevista per quel reato (quindi, alla
fine, 10.000 euro).
Non ottemperando alla prescrizione,
l’azione penale sarebbe subito attivata da parte del pubblico ministero e il
fabbricante si troverebbe sottoposto
a procedimento penale, nel cui ambi-
to, eventualmente, egli potrà cercare
di contraddire la contestazione di non
conformità, cosa che pare piuttosto
difficile a fronte di un precedente giudizio negativo da parte dell’ISPESL.
L’iter amministrativo
Accanto al procedimento penale,
sempre sulla base della segnalazione
dell’ASL, e sempre sulla
linea dell’accertamento tecnico
dell’ISPESL, in relazione alla macchina di cui viene contestata la conformità,
prende le mosse anche un diverso iter,
di carattere amministrativo, sulla base
di quanto previsto dall’Art. 6 del D.Lgs.
17/2010, il quale prevede specificatamente, al comma 3, che: “Qualora gli
organi di vigilanza sui luoghi di lavoro e
loro pertinenze, nell’espletamento delle
loro funzioni ispettive in materia di salute e sicurezza sul lavoro, rilevino che
una macchina marcata CE o una ‘quasi-macchina’, sia in tutto o in parte non
rispondente a uno o più requisiti essenziali di sicurezza, ne informano immediatamente il Ministero dello sviluppo
economico e il Ministero del lavoro e
delle politiche sociali”; al comma 4 si
cita invece che “qualora sia constatato che una macchina provvista della
marcatura ‘CE’, accompagnata dalla
dichiarazione CE di conformità e utilizzata conformemente alla sua destinazione o in condizioni ragionevolmente
prevedibili, rischia di compromettere la
salute e la sicurezza delle persone e,
all’occorrenza, degli animali domestici o dei beni, il Ministero dello sviluppo
economico, con provvedimento motivato e notificato all’interessato, previa
verifica dell’esistenza dei rischi segnalati, ordina il ritiro della macchina dal mercato, ne vieta l’immissione sul mercato
ovvero la messa in servizio o ne limita
la libera circolazione, indicando i mezzi
d’impugnativa avverso il provvedimento stesso e il termine entro cui è possibile ricorrere; gli oneri relativi al ritiro
dal mercato delle macchine o ad altra
limitazione alla loro circolazione sono a
carico del fabbricante o del suo mandatario”; al comma 5, poi, si afferma
che “qualora sia constatato, nel corso
degli accertamenti di cui al comma 3,
che una ‘quasi-macchina’, accompagnata dalla dichiarazione di incorpora-
zione, già immessa sul mercato, non
sia conforme alle disposizioni di cui al
presente decreto legislativo, il Ministero dello sviluppo economico ne vieta
l’immissione sul mercato, con provvedimento motivato e notificato all’interessato, con l’indicazione dei mezzi di
impugnativa avverso il provvedimento
stesso e del termine entro cui è possibile ricorrere”; al comma 7, infine, si cita
che “il Ministero dello sviluppo economico comunica i provvedimenti di cui al
presente articolo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e agli organi
segnalanti la presunta non conformità.
Nel caso in cui la segnalazione pervenga da Organismi di vigilanza locali, quali
ASL o ARPA, i provvedimenti sono comunicati anche ai competenti uffici regionali eventualmente tramite il coordinamento regionale di settore costituito
nell’ambito di attività della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome
di Trento e di Bolzano”.
Come si evince, il provvedimento del
Ministero – adottato sulla base sempre della valutazione dell’ISPESL
(ex Art. 6 2° Comma del medesimo
D.Lgs. 17/2010) – ha carattere “interdittivo” rispetto alla circolazione
e all’utilizzo della macchina (o della
“quasi-macchina”), in quanto il Ministero ne può ordinare il ritiro dal mercato o vietarne l’immissione sul mercato o limitarne la libera circolazione.
Questa conseguenza, evidentemente gravosa per il fabbricante sul piano
aziendale e commerciale, si va però a
cumulare con un’altra sanzione di carattere pecuniario, in quanto l’Art. 15
del D.Lgs. 17/2010 prevede una serie di pene pecuniarie per talune violazioni connesse alla non conformità
delle macchine.
Riportiamo integralmente il testo
dell’articolo:
1. Salvo che il fatto non costituisce
reato, il fabbricante o il suo mandatario che immette sul mercato - ovvero mette in servizio macchine non
conformi ai requisiti di cui all’allegato
I del presente decreto - è punito con
la sanzione amministrativa pecuniaria
da 4.000 a 24.000 euro. Alla stessa
sanzione è assoggettato chiunque apporta modifiche ad apparecchiature
dotate della prescritta marcatura CE,
che comportano la non conformità ai
medesimi requisiti.
2. Salvo che il fatto non costituisce reato, il fabbricante di una ‘quasi-macchina’ o il suo mandatario che contravviene alle prescrizioni di cui all’articolo 10 del presente decreto è punito
con la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 a 18.000 euro.
3. Ferma restando l’applicazione dei
commi 1 e 2, il fabbricante o il suo
mandatario che a richiesta dell’autorità di sorveglianza di cui all’articolo 6
omette di esibire la documentazione di
cui all’allegato VII del presente decreto
è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da 2.000 a 12.000 euro.
4. Il fabbricante o il suo mandatario
che immette sul mercato - ovvero mette in servizio - macchine che, seppure
conformi ai requisiti di cui all’allegato I,
sono sprovviste della dichiarazione di
conformità di cui all’allegato II è punito
con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 12.000 euro.
5. Salvo che il fatto non costituisce
reato, chiunque appone o fa apporre marcature, segni e iscrizioni che
possono indurre in errore i terzi circa
il significato o il simbolo grafico, o entrambi, della marcatura CE - ovvero
ne limitano la visibilità e la leggibilità è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro.
6. Chiunque promuove pubblicità per
macchine che non rispettano le prescrizioni del presente decreto legislativo
è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da 1.000 a 6.000 euro.
7. Le sanzioni di cui al presente articolo si applicano se il 10% del fatturato connesso a tutte le macchine o
‘quasi-macchine’ per le quali la violazione è accertata è compreso tra il
minimo e il massimo della sanzione da
applicare, ovvero è inferiore al minimo.
Se il 10% di tale fatturato è superiore
al massimo della sanzione da applicare, i relativi importi minimo e massimo
sono rideterminati moltiplicandoli per
cifre intere crescenti fino a che sia verificata la condizione di cui al periodo
precedente. La sanzione è determinata secondo i criteri di cui all’articolo 11
della legge 24 novembre 1981, n. 689,
tenendo conto, in particolare, della pericolosità connessa alla non conformità rilevata. In ogni caso, la sanzione
applicata non può superare l’importo
massimo di 150.000 euro.
8. Il responsabile delle violazioni di cui
ai commi 1 e 2 è tenuto a rifondere le
spese sostenute per l’attuazione delle
procedure di verifica sulle macchine o
‘quasi-macchine’. Con successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da
emanarsi entro 90 giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto,
sono definiti i criteri di determinazione
dei relativi importi che, versati all’entrata del bilancio dello Stato, sono riassegnati ai pertinenti capitoli di spesa finalizzati a sostenere tali oneri.
9. Le sanzioni di cui al presente articolo sono irrogate dalla competente
Direzione generale del Ministero dello
sviluppo economico. Le somme derivanti da tali sanzioni sono versate
all’entrata del bilancio dello Stato per
essere riassegnate - entro i limiti previsti dall’articolo 2, comma 1, lettera
c), ultimo periodo, della legge 7 luglio
2009, n. 88, con decreti del Ministro
dell’economia e delle finanze - ai pertinenti capitoli dello stato di previsione
della spesa del medesimo Ministero
dello sviluppo economico”.
Tuttavia, lo scenario delle possibili conseguenze negative per il fabbricante
non si esaurisce con i due procedigennaio/febbraio 2012 RIS
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Normative
menti sopra descritti. Infatti, l’Art. 7
del D.Lgs. 17/2010 (Clausola di salvaguardia) prevede che
1. Il Ministero dello sviluppo economico informa immediatamente la Commissione europea e gli altri Stati membri delle misure restrittive adottate ai
sensi dell’articolo 6, comma 4, con le
relative motivazioni e precisando in
particolare se la mancata conformità
è dovuta: a) al mancato rispetto dei
requisiti essenziali di cui all’articolo 3,
comma 3, lettera a); b) a un’errata applicazione delle norme armonizzate di
cui all’articolo 4, comma 2; c) a una lacuna delle medesime norme armonizzate di cui all’articolo 4, comma 2.
2. A seguito delle conclusioni delle
consultazioni avviate dalla Commissione europea, i provvedimenti di cui
all’articolo 6, comma 4, possono essere definitivamente confermati, modificati o revocati.
3. Quando la Commissione europea
comunica che una macchina non conforme è stata immessa sul mercato
provvista della marcatura CE, il Ministero dello sviluppo economico ordina
immediatamente il ritiro dal mercato
o il divieto di immissione sul mercato della macchina non conforme, con
provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Per quanto attiene agli oneri relativi al
ritiro dal mercato resta fermo quanto
previsto dall’articolo 6, comma 4”.
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In applicazione di tale disposizione, l’intervento della Commissione europea
che confermi le misure adottate dal Ministero dello Sviluppo Economico comporta un’evidente pubblicità negativa e
rappresenta un provvedimento di una
risonanza che può estendersi - quanto
ad effetti - anche oltre i confini nazionali.
Infatti, l’Art. 9 della Direttiva 2006/42/CE
prevede che la Commissione, attivatasi a seguito dell’applicazione della
c.d. “clausola di salvaguardia”, possa
“adottare misure che richiedano agli
Stati membri di vietare o limitare l’immissione sul mercato di macchine che
presentano lo stesso rischio a causa
delle loro caratteristiche tecniche o di
assoggettare tali macchine a particolari condizioni”.
Ciò comporta, come ulteriore evenienza negativa per il fabbricante, la possibilità che anche macchine vendute
in altri Stati membri possano essere
raggiunte da tali provvedimenti “interdittivi” o limitativi e che, quindi, altre
macchine (in particolare, dello stesso
fabbricante), che presentino lo stesso rischio possano essere colpite da
questo tipo di azioni.
Lo scenario che si è sopra delineato
pone alcuni dubbi sotto il profilo giuridico quanto a norme procedurali, possibilità di impugnazione, tempi e modalità degli accertamenti, ipotetica
contraddittorietà di valutazioni che, in
questa sede, non possono essere approfondite, ma è certo che queste situazioni giuridicamente molto rilevanti
per i fabbricanti di macchine andranno
tenute in considerazione, per le conseguenze complessivamente molto
negative che esse comportano.
Altre situazioni d’illecito
Sempre sul piano delle conseguenze
negative, derivanti dalla immissione sul
mercato di macchine non conformi, si
devono evidenziare altre possibili situazioni d’illecito.
La vendita di una macchina non conforme, infatti, può essere valutata sotto
un altro profilo d’illecito penale ed essere considerata frode nell’esercizio del
commercio, punita dall’art. 515 c.p., il
quale sanziona la vendita di una cosa mobile che per le sue qualità e caratteristiche oggettive risulti diversa da
quella “dichiarata o pattuita”: dichiarare
una macchina conforme quando questa conformità effettivamente non esiste può integrare il reato di frode.
Ora, ad aggravare ulteriormente lo scenario in esame, occorre rilevare che - a
seguito dell’entrata in vigore della legge n. 99 del 23/7/2009 - il reato di frode in commercio è entrato a far parte dei cosiddetti “reati presupposto”, il
cui verificarsi espone l’azienda costruttrice eventualmente colpevole di questo illecito al rischio di pesanti sanzioni
economiche e interdittive della propria
attività (questa volta in senso stretto:
interdizione dell’esercizio dell’attività,
sospensione o revoca di autorizzazio-
ni, divieto a contrarre con la pubblica amministrazione, eccetera). E ciò
in base all’applicazione della normativa di cui al D.Lgs 231/12001, che ha
introdotto il concetto di “responsabilità
amministrativa dell’ente”.
Ma l’immissione sul mercato di una
macchina non conforme può avere
anche altre conseguenze pregiudizievoli per il fabbricante, questa volta sul
piano civilistico, sotto il profilo dell’inadempimento contrattuale e dal punto
di vista dei rapporti concorrenziali tra
imprenditori.
Dal primo punto di vista è evidente
che una macchina non conforme non
è idonea a essere utilizzata (la legge
ne vieta l’impiego all’utilizzatore), per
cui è del tutto ragionevole ritenere che
l’acquirente di una macchina non conforme si trovi nella legittima posizione
di poter contestare al fabbricante l’inadempimento del contratto di compravendita e di fornitura dell’impianto, con
le conseguenze negative facilmente
prevedibili per il costruttore.
Dal secondo punto di vista, alcuni
interpreti ritengono che la vendita di
una macchina non conforme possa
costituire un atto di concorrenza sleale, da intendersi come “mezzo non
conforme ai principi di correttezza
L’immissione sul mercato
di una macchina non
conforme può avere
varie conseguenze
pregiudizievoli
per il fabbricante
professionale”, con la possibilità che
un’azienda concorrente intraprenda
un’azione legale nei confronti del fabbricante che immette - o intende immettere sul mercato - una macchina dichiarandola conforme e sicura
quando, invece, la macchina non risponde effettivamente ai requisiti di
sicurezza previsti dalla legge.
Risulta dunque evidente che i rischi
per i fabbricanti di macchine sono
molteplici e possono avere conseguenze molto negative: è necessario
che i costruttori acquisiscano sempre
maggiore sensibilità su queste problematiche e strutturino i loro sistemi di
progettazione e realizzazione di macchine ispirandosi ai criteri dettati dalla
normativa specifica e anche dotandosi
di sistemi di controllo efficaci per garantire il mercato, ma anche se stessi,
circa la sicurezza dei loro prodotti.
Note della redazione: le immagini pubblicate in quest’articolo hanno
come unico scopo quello di illustrare cantieri in cui operano macchine
per le costruzioni. Nessuna tipologia di macchina e/o marchio che si
può intravedere in esse deve ritenersi coinvolta in argomentazioni di “non
conformità”.
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