RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – giovedì 2 febbraio 2017

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – giovedì 2 febbraio 2017
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – giovedì 2 febbraio 2017
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
Pensioni, almeno 1 su 10 è sbagliata. Ecco come riavere i soldi (M. Veneto)
In Friuli stipendi “leggeri” (M. Veneto)
«Voucher, sì a miglioramenti, ma non vanno tolti» (M. Veneto)
Electrolux, gli utili triplicati allontanano la chiusura delle febbriche italiane (M. Veneto)
Paga troppo bassa: 3 macchinisti si licenziano (M. Veneto)
Il trasporto pubblico resta in mani regionali (M. Veneto)
Sostegno ai lavoratori delle telecomunicazioni (M. Veneto)
«Province, parola ai sindaci» (Gazzettino)
Consulenze legali a parenti e pranzi senza giustificazione (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 9)
Gruppo Sassoli, nessuna risposta (Gazzettino Pordenone)
Nubi sempre più scure sul futuro della Sarinox (Gazzettino Pordenone)
Magazzino ricambi Electrolux, dal 13 scatta il doppio turno (M. Veneto Pordenone)
Mercatone Uno, un altro anno di “cassa” (M. Veneto Pordenone)
Freud affila le sue lame e arriva al raddoppio (Gazzettino Udine)
Giù l’inquinamento davanti alla Ferriera (Piccolo Trieste)
Teorema assume trenta nuovi dipendenti (Piccolo Trieste)
Operato per sei ore il giovane ferito al Lisert (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
«Subito un’ispezione ad A2A» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
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ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE
Pensioni, almeno 1 su 10 è sbagliata. Ecco come riavere i soldi (M. Veneto)
di Michela Zanutto - Sbagliata una pensione minima su dieci e a rimetterci è l’ex lavoratore perché
da tre anni l’Inps non invia più a casa il vecchio cedolino, che ormai si chiama Obis M, e - complice
lo scarso controllo del titolare dell’assegno - integrazioni e adeguamenti vanno nel dimenticatoio. Si
tratta soprattutto di assegni familiari e quattordicesime mensilità non conteggiate. La platea dei
possibili interessati in Friuli comprende 131 mila 116 persone, pari al 35 per cento dei 372 mila 999
pensionati della regione (dati Istat 2014). Vittime delle sviste dell’Inps sono le pensioni inferiori ai
mille euro lordi. Iscritte in questa fascia di reddito a Udine ci sono 61 mila 451 persone (il 37 per
cento), a Pordenone 32 mila 160 (37 per cento), a Gorizia 14 mila e 21 (31 per cento) e a Trieste 23
mila 484 (30 per cento). La Spi Cgil ha avviato una serie di controlli ravvisando errori mediamente
nel 10 per cento dei casi presi in esame, con punte che raggiungono anche il 28 per cento in
provincia di Pordenone. Il patronato di San Vito al Tagliamento ha spedito circa 400 inviti ad
altrettanti pensionati, di questi 219 hanno affidato il mandato di patrocinio. In 46 casi (il 21 per
cento) è stato riscontrato un errore che ha consentito complessivamente di recuperare 24 mila 385
euro. In 32 casi l’errore era legato al mancato adeguamento dell’assegno familiare, nove le
domande di maggiorazione sociale, quattro mancati pagamenti della quattordicesima e una
domanda di ricostituzione per integrazione al minimo. Ad Azzano Decismo i rimborsi sono stati 14
su 50 controlli, il 28 per cento. A Udine il campione ha coinvolto 250 persone e gli errori sono stati
15, pari al 6 per cento. «Da quando l’Inps ha iniziato a tagliare, peraltro in maniera ridicola se
guardiamo gli importi recuperati, il cedolino pensione non arriva più a casa - sottolinea il segretario
organizzativo dello Spi Cgil di Udine, Enrico Barbieri -. La comunicazione prima era mensile, poi
annuale e adesso non c’è più. O meglio, il pensionato può verificare l’Obis M sul sito dell’Inps, ma
il 65 per cento degli ultra 65enni non usa il computer e neppure internet. Fra l’altro le modalità
imposte dal sito dell’Inps rendono a tutti complicato vedere il cedolino pensione, basti pensare che
se non viene utilizzato per tre mesi, il pin d’accesso scade». L’intera questione degli errori nasce a
causa di tre ragioni. «Prima di tutto c’è una serie di modifiche che ora avviene solo d’ufficio spiega Barbieri -, come l’assegno per il nucleo familiare che può variare in funzione di una
disabilità maturata nel tempo; poi ci sono prestazioni erogate soltanto su richiesta e il capitolo
quattordicesima, in teoria estesa a una platea più ampia, non è stato ricevuto da tutti. Le pensioni
più soggette a errori sono le minime o le integrate al minimo». I patronati offrono un servizio
gratuito sia agli iscritti allo Spi Cgil che ai non iscritti e in questa fase anche altre sigle sindacali si
sono organizzate per dare risposte ai pensionati. «Nei nostri uffici è possibile stampare il
documento Obis M che l’Inps non manda più - precisa Ezio Medeot, segretario generale dello Spi
Cgil del Friuli Venezia Giulia -. Se vengono ravvisate delle incongruenze, attiviamo il sindacato che
approfondisce la situazione di ogni singolo pensionato e attiva la richiesta di rimborso
dell’eventuale credito maturato». Da tenere in considerazione i tempi di prescrizione delle varie
spettanze maturate e non corrisposte. «Nella nostra prima consulenza specifichiamo a chi si rivolge
al sindacato che i tempi per ottenere un rimborso riguardano i crediti maturati entro i cinque anni
precedenti alla richiesta» sono ancora le parole di Medeot. Gli operatori del sindacato accedono alla
busta paga del pensionato e con lui verificano eventuali mancanze. Le quattordicesime sono uno dei
primi elementi da tenere d’occhio visto che dal 1° gennaio molti pensionati hanno diritto a questa
mensilità aggiuntiva. Il suo calcolo, che varia in base anche all’importo della rata e all’anzianità
contributiva, è piuttosto complesso e spesso soggetto a variazioni, ovviamente tutte al ribasso, da
parte di Inps. In tutte le province le varie sezioni Spi Cgil sono attive per informare i pensionati
sulle varie opportunità di controllo. «Già nel 2016 abbiamo fatto una campagna informativa per una
verifica a tappeto, in particolare sulle pensioni medio-basse - aggiunge Medeot -. Questo è
necessario perché l’Inps ha ridotto organici e servizi che ora gravano sui patronati. Il lavoro da
svolgere, sempre e comunque a titolo gratuito, è tanto e i rimborsi statali coprono ormai il 10 per
cento del totale dei servizi offerti. Noi continuiamo a essere presenti sul territorio, perché per molti
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pensionati anche 20 o 30 euro mensili posso essere decisivi». Infatti, «quello delle pensioni basse è
un grande tema che noi come pensionati intendiamo affrontare - conclude Medeot -, abbiamo già
siglato un protocollo con il Governo sulle questioni delle pensioni e noi ci attendiamo che questo
Governo affronti la fase due, dopo che la prima ha esteso la quattordicesima a una fascia più ampia
di persone. Nella seconda fase vorremmo fosse previsto un sistema di perequazione delle pensioni
in base alla crescita reale della vita. E poi c’è la questione relativa al Fisco: perché in Italia i
pensionati pagano una quota maggiore di tasse rispetto al resto d’Europa».
In Friuli stipendi “leggeri” (M. Veneto)
di Maurizio Cescon - Stipendi “leggeri”, per quanto riguarda il rapporto tra salario e potere
d’acquisto, in Friuli Venezia Giulia. La nostra regione si colloca nella media del Nord Italia con una
retribuzione oraria tra 8,9 e 9,2 euro rispetto al costo della vita con il quale dobbiamo fare i conti
ogni giorno. Al Sud invece va decisamente meglio, con un rapporto più vantaggioso per il
lavoratore. Tanto per capirci: in termini assoluti un dipendente di Udine o Pordenone guadagna
sicuramente di più rispetto a un suo collega di Catania o Foggia, ma quando va a fare la spesa o
paga utenze e bollette, si ritrova a spendere molto di più rispetto al suo omologo meridionale. E’
quanto emerge da uno studio dell’economista dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo
sviluppo economico) Andrea Garnero, dal titolo significativo sulla valutazione dell’efficacia dei
contratti nazionali: “Il cane che non abbaia non morde”. Tra gli altri aspetti della ricerca emerge
anche che il 10% dei dipendenti in Italia ha uno stipendio più basso dei minimi contrattuali. Più
basso di quanto? Del 20% in media. Questo ha verificato sul campo Garnero. Come dire: tanto
parlare per difendere a ogni costo, tra polemiche e scioperi, i contratti nazionali (anche contro l’idea
di un minimo salariale fissato per legge) per poi scoprire che in realtà questi minimi non vengono
garantiti a tutti. Anzi, sono spesso disattesi. I penalizzati sul fronte dei salari hanno nomi e cognomi.
Si tratta dei dipendenti delle piccole imprese, delle donne, dei lavoratori del Sud, dei dipendenti con
contratti a termine di vario tipo. Va evidenziato, ancora, che non tutti i settori sono uguali. Quelli
con la maggior quota di lavoratori pagati sotto i minimi sono l’agricoltura (31,6% dei dipendenti)
che sta peggio di tutti, seguita a ruota dalle professioni legate a cultura, arte e sport (30,9%). E poi
ancora da chi opera nell’alberghiero e nella ristorazione (20,7%) e dagli agenti immobiliari (15,5%).
Quei mestieri dove il divario è minore sono la pubblica amministrazione (4,15%), le
telcomunicazione (7%), le costruzioni (7,4%) e i trasporti (7,9%). L’economista Ocse ha utilizzato
tre fonti per il suo studio: rilevazione sulle forze di lavoro Istat dal 2008 al 2015 (negli anni della
grande crisi che ha cambiato radicalmente il mondo del lavoro in Italia e in genere nei Paesi
occidentali), dichiarazioni dei datori di lavoro relative al 2010 e dati Inps sulle comunicazioni delle
imprese per il pagamento dei contributi (2008-2014). Lo studio, come detto, calcola anche i salari
reali definiti dai minimi contrattuali nelle diversi regioni (i valori nominali dei minimi parametrati
ai prezzi nei vari territori). Si evidenzia così come il salario reale nelle regioni del Sud sia più
elevato: alla fine del mese all’operaio o all’impiegato pugliese o siciliano resta qualche euro in più
in tasca rispetto al suo collega lombardo, ligure o appunto friulano. Dalla Campania in giù il
minimo contrattuale garantisce circa 9,8 euro contro i 9 euro dall’Emilia Romagna in su. L’unica
regione del Nord ad avere un potere d’acquisto migliore è il Piemonte. Garnero evidenzia poi come
i salari minimi definiti dai contratti in Italia siano relativamente elevati (il 75-80% del valore
mediano degli stipendi pagati dalle aziende). Inoltre chi è pagato sotto il minimo di solito non ha
alcun adeguamento quando viene firmato un nuovo contratto. «È urgente mettere mano alla
contrattazione collettiva», osserva lo studioso. Che propone tre strade a costo zero: «Diminuire il
numero dei contratti. Assicurare che siano firmati solo da organizzazioni rappresentative. E renderli
noti a tutti». Intanto il nostro Paese deve fare i conti con il tasso di disoccupazione che a dicembre è
rimasto stabile, attestandosi al 12 per cento (in crescita però dall’11,6 del dicembe 2015). Problemi
soprattutto per i giovani tra i 15 e i 24 anni: il 40,1% di loro si trovano senza impiego.
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«Voucher, sì a miglioramenti, ma non vanno tolti» (M. Veneto)
di Maura Delle Case - Migliorarli o eliminarli? Sul futuro dei voucher non ha dubbi l’onorevole
Gianluca Benamati, capogruppo del Partito democratico in X commissione Attività produttive alla
Camera. «Sono uno strumento da mantenere. Che non va eliminato ma migliorato sì», afferma ieri
al telefono anticipando la sostanza dell’intervento cui oggi darà voce a San Vito al Tagliamento,
ospite di una serata che vuol far chiarezza sul discusso strumento. «Introdotto molti anni fa il
voucher è stato ripotenziato dai governi Letta prima e Renzi poi con l’intento di far emergere il
lavoro nero e tutelare chi prima del voucher tutele non ne aveva». Con un intento dunque positivo e
con risultati che invece si sono rivelati in chiaroscuro. «Per un uso ampiamente positivo ci sono
stati anche abusi e scorrettezze che vanno corretti e a questo proposito – ha ricordato ieri Benamati
– nei giorni scorsi abbiamo approvato una mozione parlamentare del nostro gruppo che impegna il
Governo a intervenire sulle modalità di monitoraggio dei voucher e ad assumere iniziative tenendo
conto delle proposte di legge presentate in Parlamento». Correttivi al ribasso per lo più, che puntano
a rimodulare il tetto massimo del reddito derivante da voucher, quello di utilizzo delle aziende per
singolo lavoratore. Ma che puntano anche a ridefinire la natura dello strumento per circoscriverne la
possibilità di utilizzo attraverso l’inserimento di parola. Unica ma dirimente: occasionalità. «I
voucher nascono nel 2003 come prestazione di lavoro occasionale – ricorda Benamati – e
richiamare oggi quel termine significa fare sì che in futuro non possano più essere usati come
strumento supplente di normale contratto ma debbano essere caratterizzati da un limite sia
temporale che reddituale. Con l’esclusione di alcune categorie di lavoratori penso a quelli
dell’edilizia». Non invece del commercio che anzi scalpita per un’attenuazione delle soglie così
come sembra verranno rimodulate. Sul tavolo del Governo la proposta è quella di una riduzione del
monte ore che potrà essere pagato voucher. Fatto cento il totale delle ore di lavoro nella X azienda,
non più del 10% potranno essere pagate con i buoni lavoro e per non più di 10 giorni al mese. Si sta
valutando inoltre la riduzione della somma massima che un lavoratore può ricevere in un anno dalla
stessa azienda sotto forma di voucher - di 2.000 euro oggi, domani potrebbe essere di 1.500, forse
1.000 – e da più aziende – oggi 7 mila, in futuro 5 mila -. Per evitare la deriva degli abusi, il Pd
punta sulla tracciabilità. «Bisogna seguire il percorso di questi voucher, evitare che siano usati per
coprire più ore di lavoro e in questo senso il monitoraggio messo in campo dallo scorso novembre
ha già dato qualche risultato positivo – ha rivendicato ieri Benamati -. D’altro canto bisogna cercare
di limitare il campo di applicazione dei voucher nei settori in cui è più facile si verifichino abusi.
Penso all’edilizia e all’agricoltura. Per finire poi con la rimodulazione delle soglie di reddito globale
derivante da voucher della persona che esegue il lavoro e di utilizzo da parte dell’impresa
committente. Su questi punti si dovrà lavorare per aggiustare il sistema e salvaguardare la parte
positiva dello strumento». Il tema è in cima all’agenda del Governo che attraverso le modifiche
cercherà di disinnescare il referendum della Cgil. Se con un decreto-legge, per andare più
velocemente, o con una delle proposte di legge già depositate in Parlamento un punto di domanda.
Benamati lo dribbla, ma assicura: «Valuteremo lo strumento migliore».
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Electrolux, gli utili triplicati allontanano la chiusura delle febbriche italiane (M. Veneto)
di Elena Del Giudice - Electrolux agguanta gli obiettivi e chiude il 2016 con un utile di esercizio
quasi triplicato rispetto all’anno precedente, a 4,5 miliardi di corone svedesi, circa 476 milioni di
euro, e un margine medio del 5%. Il fatturato globale è in lieve flessione, da 123 miliardi di corone
del 2015 a 121 miliardi (12,8 miliardi di euro), con un utile operativo che svetta da 2,7 a 6,2
miliardi di corone (658 milioni di euro). Per la verità l’ambizione del ceo della multinazionale
svedese, operativa in Italia con diverse società, circa 7 mila addetti, quattro stabilimenti di
elettrodomestici (a Porcia, Susegana, Solaro, Forlì) ed uno di apparecchiature professionali (a
Pordenone), era il 6%, ma è stato raggiunto, e superato, in 4 aree di business. E ancora per parlare di
marginalità, Major Appliances Emea, l’elettrodomestico nell’area Europa, Medio Oriente, Africa,
ha raggiunto il 7,2%. «Un margine - spiega Jonas Samuelson, ceo di Electrolux - conseguito
nonostante l’impatto negativo derivante dalla svalutazione della lira egiziana e l’indebolimento
della sterlina britannica». La domanda di mercato è stata particolarmente forte nei Paesi dell’Europa
del nord, in Spagna e nell’Est Europa. Per quel che riguarda le previsioni «ci attendiamo che il
mercato europeo cresca dell’1% nel 2017». Bene anche l’America settentrionale, in particolare gli
Usa, e l’area Asia Pacifico; debole invece l’America meridionale. Gli ottimi dati di bilancio
consentono al Cda di proporre, all’assemblea di marzo, la distribuzione di un dividendo di 7,5
corone per azione (contro le 6,5 dello scorso esercizio). Vero che non c’è il dato disaggregato,
ovvero non è ancora dato sapere se le performance di tutto rispetto siano state ottenute anche in
Italia, ma si può azzardare che una parte di questo risultato sia merito degli stabilimenti italiani. E
se così fosse, allora l’accordo del 2014 - in scadenza a maggio - lo si potrebbe considerare esaurito,
e le certezze della permanenza della multinazionale in Italia e la conseguente salvezza degli
stabilimenti, un risultato ottenuto. In realtà le cose potrebbero non essere così lineari. La fabbrica di
Porcia, quella che nel 2013 era data per spacciata, le cui performance erano così compromesse da
non consentire nemmeno la definizione di un piano, oggi è in ottimo stato di salute. La produzione
prevista, anche per il 2017, si attesta sopra il milione di apparecchiature (qui si realizzano lavatrici e
lavasciuga) contro le 750 mila che erano l’obiettivo di piano. Sulla carta gli esuberi sono circa 200,
dati per risolti i 50 lavoratori da riassorbire nel magazzino ricambi e il centinaio che l’azienda si è
impegnata a ricollocare con attività di internalizzazione di parti di produzione (venuto meno
l’insediamento di una nuova azienda negli spazi dismessi all’interno dell’area purliliese). Anche
Susegana - frigoriferi - ha un andamento positivo e migliore delle attese, se pure permane una quota
di addetti in esubero. Forlì è lo stabilimento che, probabilmente, va meglio all’interno del gruppo,
tanto che non utilizza ammortizzatori sociali. Discorso diverso per Solaro - lavastoviglie - che si
trova oggi, secondo il sindacato, in una situazione ad alto rischio sopravvivenza, simile a quella di
Porcia nel 2013. Anche se alcuni segnali in controtendenza arrivano dall’ultima generazione di
apparecchiature che hanno raggiunto il mercato ottenendo un discreto gradimento. Ci sono poi altri
elementi che pesano sul tavolo delle decisioni. Uno attiene agli investimenti. 150 milioni di euro
erano stati l’impegno di Electrolux nel 2014, una parte di questi sostenuti da Governo e Regioni
attraverso incentivi per ricerca e sviluppo. A oggi quella cifra è stata abbondantemente superata, le
Regioni hanno fatto la loro parte. Il governo un po’ meno. Nell’accordo un capitolo significativo
riguardava ammortizzatori e costo del lavoro. Electrolux, come si ricorderà, aveva iniziato
applicando la cassa integrazione a riduzione d’orario: non giorni di stop produttivo, ma produzione
articolata su sei ore anzichè 8. Dopo la Cig, il Gruppo ha chiesto e ottenuto di poter utilizzare i
contratti di solidarietà, con le medesime modalità applicative, e i Cds beneficiavano della
decontribuzione, passata dal 25% al 35%. In questo modo è diventato possibile “congelare” gli
esuberi (in origine 1.200 poi scesi a 850 circa) fino alla primavera 2017, e ridurre anche il costo
dell’ora lavorata. Non risulta, però, che Electrolux abbia ancora ricevuto il beneficio statale della
decontribuzione. Ne è certo che possa fare ricorso agli ammortizzatori per il quarto e ultimo anno di
vigenza dell’accordo, il 2017, a causa delle intervenute modifiche alla normativa. Di tutto questo,
con relative conseguenze a cascata, se ne parlerà a marzo nel corso dell’incontro periodico al Mise,
il ministero dello Sviluppo economico, nel corso del quale, al primo punto all’ordine del giorno, c’è
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il rinnovo degli ammortizzatori sociali per lo stabilimento di Susegana (a Porcia scadranno a
luglio). Ma come di consueto, la prima data utile servirà per cercare di definire da subito un accordo
di Gruppo, e non per un singolo sito. E naturalmente servirà anche per capire, a due mesi dalla
scadenza dell’intesa del 2014, qual è lo stato di salute di Electrolux in Italia e dei 4 stabilimenti, e
quali le prospettive. Chi resta fuori da questo articolato ragionamento, è Electrolux Professional,
l’azienda specializzata nei prodotti professionali per collettività, cottura, lavaggio, refrigerazione,
apparecchiature per la preparazione dei cibi, con la divisione Grand Cusine, ovvero gli
elettrodomestici per cucine domestiche ma dalle prestazioni professionali, che rappresentano le
“Ferrari” del settore. Electrolux Professional sta andando decisamente bene. Nel 2016 la crescita è
stata del 4,4% e l’utile operativo si attestato a +14%.
Paga troppo bassa: 3 macchinisti si licenziano (M. Veneto)
di Maura Delle Case - Non era mai successo che un gruppo di dipendenti delle Ferrovie UdineCividale si presentasse all’ufficio della dirigenza con in mano una lettera di licenziamento. C’è però
sempre una prima volta ed è accaduto nei giorni scorsi quando non uno, ma tre dei macchinisti a
libro paga della partecipata regionale hanno firmato le proprie dimissioni. Un gesto forte che dà
conto di quale insoddisfazione si respiri in azienda tra le file delle maestranze che da mesi chiedono
di vedersi adeguare gli emolumenti a quelli dei colleghi di Rfi. Al netto di 4 macchinisti “dedicati”
esclusivamente alla linea Udine-Cividale, altri 12 operano invece sia su treni merci che sul Micotra
Udine-Villaco e chiedono dunque che lo stipendio sia adeguato al surplus di lavoro. Oggi arrivano a
prendere un massimo di circa 1.600 euro al mese – di cui 1.200 circa di stipendio base cui si
aggiunge un “gettone” di 45 euro al giorno per il lavoro extra linea sociale – contro i 2.400 di un
pari livello delle altre aziende del settore. Una differenza considerevole che insieme ad alcune altre
questioni - vedi i turni comunicati il venerdì sera per il lunedì contro i tre mesi d’anticipo di Rfi - ha
spinto qualche settimana fa i lavoratori ad incrociare le braccia e che dinnanzi alla mancanza di
risposte da parte dell’azienda ha portato ora ai primi addii. Primi perché stando a voci di corridoio
altre lettere di licenziamento sarebbero già pronte a partire. I contraccolpi si faranno sentire da qui a
qualche settimana, quando Fuc dovrà fare i conti con meno personale da mettere su turni visti i tre
licenziamenti e l’uscita, proprio in questi giorni, di un macchinista andato in pensione e così, salvo
ripensamenti, l’organico in questo ruolo passerà da 16 a 12 persone. Lunedì tutti i lavoratori delle
Fuc sono stati convocati in assemblea dove interverrà l’amministratore unico della società Maurizio
Ionico, ufficialmente per spiegare ai dipendenti i futuri progetti delle Fuc. Un’occasione per gettare
un po’ di acqua sul fuoco della vertenza che salvo svolte promette d’inasprirsi ancora.
Il trasporto pubblico resta in mani regionali (M. Veneto)
La gara per la gestione del servizio di trasporto pubblico locale su gomma e marittimo è stata
definitivamente aggiudicata alla Tpl Fvg scarl per un importo annuo di 109,3 milioni di euro iva
esclusa. L'affidamento ha una durata di 10 anni con possibilità di proroga per ulteriori 5.
«Consegniamo ai cittadini un servizio coerente con le loro esigenze, più sicuro e di maggior qualità,
con un netto miglioramento sia nelle aree a forte domanda che in quelle a domanda debole, anche
dei servizi di trasporto scolastico, di collegamento alle strutture sanitarie, di sostegno alla mobilità
turistica», commenta l'assessore regionale alle Infrastrutture e. Decorso il termine per il cosiddetto
“stand still”, la clausola di sospensione della stipula pari a 35 giorni, sarà possibile sottoscrivere il
contratto, mentre i partecipanti avranno 30 giorni dalla comunicazione per presentare eventuali
ricorsi avverso l’aggiudicazione stessa. I servizi, invece, saranno di fatto avviati 180 giorni dopo la
sottoscrizione del contratto.
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Sostegno ai lavoratori delle telecomunicazioni (M. Veneto)
I capigruppo consiliari e il vicepresidente della Regione Sergio Bolzonello hanno incontrato una
delegazione regionale dei sindacati del settore telecomunicazioni che, nel giorno dello sciopero
nazionale proclamato da Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil, hanno illustrato i motivi della protesta e
di preoccupazione per i gravi problemi che coinvolgono un settore strategico e che potrebbe avere
significative possibilità di crescita occupazionale e di sviluppo industriale, oltre che di incidere nella
modernizzazione del Paese. Al centro della protesta il mancato rinnovo del contratto scaduto da più
di due anni, ma anche altri aspetti relativi a orari di lavoro, scatti di anzianità, contratti part time,
grandi vertenze che stanno mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro nel comparto dei call
center e della rete, dispersione di professionalità fondamentali, oltre alla decisione di una grande
azienda come Tim di disdettare in modo unilaterale gli accordi aziendali. La situazione, pesante per
i lavoratori delle telecomunicazioni - che in Friuli Venezia Giulia contano oltre 700 unità (ma dieci
anni fa erano circa 2400 e da vent’anni non c’è turnover) di cui oltre 600 in Tim, mentre a livello
nazionale sono 130 mila - a breve potrebbe ripercuotersi anche sull’utenza. Da qui la richiesta alle
istituzioni di un impegno presso il Governo per sensibilizzare le aziende all’apertura del tavolo
negoziale, e per affrontare in anticipo future situazioni di crisi. Un intervento che i capigruppo si
sono impegnati ad assicurare, sottolineando l’importanza di salvaguardare l’occupazione e la
valenza strategica del settore, che va rilanciato, ma che deve rimanere pubblico per ragioni di
carattere sociale, e di sicurezza, e perché la rete sia garantita a tutti. L’intervento regionale non può
limitarsi alla difesa dei lavoratori, ma deve avere un approccio complessivo, ha infine detto il
vicepresidente Bolzonello. A sostegno della vertenza, l’Aula ha approvato all’unanimità una
mozione sottoscritta dai presidenti di tutti i Gruppi consiliari per «interventi urgenti nel settore
strategico delle telecomunicazioni», che recepisce le istanze e gli impegni espressi nell’incontro.
«Province, parola ai sindaci» (Gazzettino)
Panontin: «Abbiamo abolito gli enti come promesso, ma la rappresentanza si può rafforzare»
Tsto non disponibile
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Consulenze legali a parenti e pranzi senza giustificazione (M. Veneto)
di Maura Delle Case - Il clima è ormai da resa dei conti. Avvelenato da una guerra anonima
combattuta a colpi di dossier. Un pezzetto dopo l’altro, l’architettura della verifica condotta
dall’Ufficio ispettivo confederale della Cisl si va componendo. Emergono così nuovi rilievi a carico
delle strutture sindacali e di alcune società che vi fanno riferimento infliggendo un colpo ulteriore al
sindacato, già provato da questa vicenda, che tuttavia il segretario generale Giovanni Fania è certo
di risolvere. Se non di aver già risolto, viste le tre controdeduzioni inviate a Roma con migliaia di
documenti allegati. Ieri non ha voluto aggiungere altro. «Sono atti interni alla Cisl e le mie strutture
hanno già risposto» ha tagliato corto Fania aggiungendo di essere pronto a registrare le future
telefonate con i giornalisti. Minaccia sintomatica del clima teso che si respira all’interno
dell’organizzazione, ancora nell’occhio del ciclone nonostante dalle verifiche ispettive sia ormai
passato un anno. Non bada al tempo la mano armata a colpi di carte che restando ben nascosta ieri
ha tirato fuori l’ennesimo pezzetto del faldone Cisl Fvg. Perché? Con tutta probabilità un
regolamento interno di conti, in vista del prossimo appuntamento congressuale di maggio, che
siglerà l’uscita di scena di Fania e l’ascesa del suo delfino Alberto Montico. O forse chissà, il
tentativo di spingere il leader verso le dimissioni. Fatto sta che spuntano nuovi dossier. Relativi
stavolta non già alla struttura regionale del sindacato bensì alle territoriali di Trieste-Gorizia e
dell’Alto Friuli oltre al Caf Fvg e alla società Elche. Cosa rilevano gli ispettori? Andiamo con
ordine. Partendo dal capoluogo regionale. All’Ust di Trieste-Gorizia risultano – in data 26 gennaio
2016 - prestare attività a tempo pieno, in particolare all’ufficio vertenze e all’amministrazione,
dipendenti della società Caf Fvg «senza il ristorno del costo previsto» scrivono gli ispettori che
rilevano anche, definendolo quanto meno «anomalo», l’affidamento della gestione e organizzazione
dell’ufficio vertenze a due professionisti per un esborso complessivo di 86 mila euro, andati per
metà a Yacovlev Alexander e per metà a Bruno Arbanassi, fratello – quest’ultimo dell’amministratore unico di Elche Srl, società votata alla gestione immobiliare cui la Cisl regionale
partecipa al 78,95% (la parte restante è della Fnp Cisl Fvg). Che c’entra Elche? C’entra, non solo
per ragioni parentelari. Gli ispettori hanno intatti passato al setaccio anche l’immobiliare
ricavandone che «allo stato attuale – si legge nel verbale della verifica condotta il 14 dicembre 2015
– i fitti attivi non sono congrui con i parametri indicati dall’Agenzia delle entrate, per cui si
potrebbe porre di un problema di società di comodo». Nel mirino finiscono anche i rimborsi spese
per i quali si profila una «grave violazione della normativa fiscale in materia e delle indicazioni
della Confederazione». Non risulterebbero infatti le descrizioni delle spese, la documentazione a
supporto e l’elencazione delle persone partecipanti a più d’un pranzo. Da Elche a Caf Servizi Friuli
Fvg. Minimo comun denominatore: Giulio Arbanassi, amministratore di entrambe le società. Nel
caso del Caf a non tornare è l’impegno a tempo pieno di alcuni dipendenti in strutture sindacali
«senza che esista agli atti documentazione attestante il prestito di personale – recita il verbale – e il
pagamento, da parte delle strutture, per tale servizio al Caf». “Prestito” riscontrato anche nell’Ust
dell’Alto Friuli dove una dipendente del Caf – al 3 febbraio 2016 - opera quasi a tempo pieno. Nella
mole di carte balza all’occhio infine un’operazione messa a segno dalla Cisl regionale per 21 mila
euro in favore di una società slovena, Intramoenia, per la predisposizione e presentazione dei
documenti relativi alla partecipazione a tre bandi nell’ambito dei fondi europei. Il compenso è stato
erogato, ma a sentire gli ispettori «non si intravede alcuna prestazione giustificativa» né alcun
«progetto risulta finanziato». Anche in questo caso c’è un minimo comun denominatore parentelare.
Il titolare è il fratello di una dipendente della Cisl regionale.
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CRONACHE LOCALI
Gruppo Sassoli, nessuna risposta (Gazzettino Pordenone)
Davide Lisetto - Anziché rassicurazioni o notizie confortanti dal vertice di ieri mattina sul futuro
degli stabilimenti del Gruppo Sassoli sono emerse ulteriori preoccupazioni. Sulle prospettive
produttive e occupazionali della Lavinox di Villotta di Chions (oggi conta circa 170 addetti) e della
ex Nuova Infa di Aviano (già Sigma-Re, poi transitata nella società Sarinox, poco meno di 50
addetti) dalla delegazione aziendale non sarebbe arrivata alcuna risposta. Anzi, dai rappresentanti
aziendali (al tavolo non si è presentata la famiglia Sassoli) è arrivata la richiesta di un
aggiornamento della situazione al prossimo 20 febbraio. Ma è stato anche comunicato che, molto
probabilmente, per entrambe le aziende ci saranno ulteriori dilazioni e rateizzazioni (per Sarinox il
10 sarà pagato solo il 60% della paga, il resto a fine mese) nel pagamento degli stipendi. Cosa che
ai rappresentanti sindacali - al tavolo Gianni Piccinin (Cisl), Bruno Bazzo (Cgil) e Roberto Zaami
(Uil) oltre alla Rsu delle due fabbriche - non è piaciuta. In particolare le maestranze di Lavinox si
attendono il pagamento dello stipendio il 10 febbraio: in caso contrario, hanno fatto intendere, il
percorso fino all'incontro previsto per il 20 non sarà senza possibili proteste o blocchi della
produzione.
La preoccupazione è incentrata su entrambi gli stabilimenti. Ma è la situazione di Lavinox quella
che richiederebbe una via di uscita più urgente. In primo luogo poiché il contratto di solidarietà per i
170 addetti scadrà a marzo. Quale piano industriale per mettere in carreggiata l'impresa dove oggi
c'è lavoro solo per poco più di cento addetti? E quale il possibile piano finanziario che possa
sorreggere il piano industriale? E ancora, quali le strategie per poter mantenere o rinnovare il
contratto di fornitura con Electrolux Professional vitale per lo stabilimento di Villotta? Nessuna
risposta è arrivata su queste domande che il sindacato ha in qualche modo posto al tavolo. Solo la
richiesta di attendere il prossimo incontro. Non molto diversa la situazione per la Sarinox di Aviano
(altro articolo a pagina X): si è parlato dell'ipotesi di accordo con la Sole di Oderzo che porterebbe
alla possibilità di avere commesse per circa metà dei lavoratori. Non è perciò escluso che si possa
arrivare a nuovi tagli tra i circa 50 attuali addetti. Insomma, una situazione che non apre scenari
positivi per i lavoratori: ieri una rappresentanza non troppo numerosa di circa trenta operai
(nonostante lo sciopero non è facile per il sindacato mobilitare le maestranze poiché si lavora a
singhiozzo e gli addetti non sono presenti in fabbrica, oltre al fatto che vertenze così lunghe hanno
ormai stremato i lavoratori) era presente davanti alla sede di Unindustria nel corso dell'incontro.
«Un incontro deludente - ha sottolineato la delegazione sindacale dei metalmeccanici - e senza
risposte concrete. Inutile che il gruppo sbandieri ottimismo: qui la situazione è drammatica e ci
attendiamo risposte a breve».
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Nubi sempre più scure sul futuro della Sarinox (Gazzettino Pordenone)
Lorenzo Padovan - Si addensano nubi sempre più scure e dense sul futuro dei 52 addetti della
Sarinox (ex Sigma Re e prima ancora Nova Infa): l'incontro di ieri nella sede di Unindustria, a
Pordenone, non solo non ha sciolto le riserve delle organizzazioni sindacali e dei lavoratori, ma ha
anche accentuato le preoccupazioni per l'immediato. Secondo quanto si è appreso, l'azienda non ha
presentato alcun nuovo piano industriale né ha fornito dati che potessero suffragare l'ottimismo con
cui si era concluso, a metà gennaio, il vertice tra il patron Andrea Sassoli e l'amministrazione
comunale di Aviano. Per i sindacati, i timori sono sempre più accentuati proprio perché non ci sono
riscontri nei tavoli ufficiali e si rischia concretamente che l'esperienza produttiva possa essere messa
definitivamente a rischio. Soprattutto in un'azienda dove già ora sono attivi i contratti di solidarietà
e le maestranze hanno fatto notevoli sacrifici, sia con il loro Tfr, sia in termini di organici già
saccheggiati negli ultimi anni. «Siamo stati informati dell'esito del summit - fa sapere il vice
sindaco di Aviano, Sandrino Della Puppa - e non possiamo nascondere tanto la delusione, perché
non è stato dato seguito a quanto ci era stato anticipato, quanto l'amarezza perché non sono stati
intrapresi passi concreti di rilancio dell'azienda o di ricerca di soluzioni alternative».
L'amministratore di Aviano non nasconde un certo imbarazzo su come affrontare la vertenza nelle
prossime settimane: «Assieme al sindaco di Chions, dove opera la Lavinox - aggiunge -, ci siamo
fatti parte attiva per convocare un tavolo regionale eventualmente allargato a Friulia, che potrebbe
risolvere la questione della necessità impellente di credito disponibile, segnalata dalla proprietà
come la principale delle priorità da affrontare. Non possiamo, però, andare oltre senza che ci siano
analisi e piani industriali dettagliati. L'ottimismo che ci aveva pervaso solo due settimane fa è
venuto completamente meno e ora dobbiamo pensare a come sostenere i lavoratori, che sono quasi
tutti residenti in città e nei comuni contermini». «La palla è nelle mani dei Sassoli - conclude il vice
sindaco -: confermiamo la piena disponibilità a collaborare alla ricerca di una soluzione condivisa,
ma è necessaria la massima tempestività e servono rapporti di stima e fiducia reciproci: quello che
si ipotizza deve avere dei riscontri in passi e accordi ufficiali. Quanto ci è stato evidenziato solo
pochi giorni fa non si è tramutato in un documento programmatico da poter valutare. Già nelle
prossime ore incontrerò nuovamente le organizzazioni sindacali e valuteremo il da farsi: tutto
l'esecutivo di Aviano è sinceramente preoccupato per ciò che potrebbe accadere nei prossimi mesi
senza una decisa virata. I Sassoli ci dicano come intendono uscire dall'impasse».
Magazzino ricambi Electrolux, dal 13 scatta il doppio turno (M. Veneto Pordenone)
Ritardi nel lavoro al Magazzino ricambi dell’Electrolux di Porcia: dal 13 febbraio sino a maggio
scatterà il doppio turno. Un aumento inaspettato degli ordini provenienti dagli altri magazzini
europei, in primis da quello tedesco, e il fatto che i 36 addetti ricollocati in base al piano di
riassorbimento di 50 esuberi non sono ancora adeguatamente formati per svolgere le nuove
mansioni hanno determinato una fase di rallentamento e quindi di criticità dal punto di vista
organizzativo. La nuova organizzazione oraria è stata concordata nell’incontro di ieri tra la
multinazionale e i sindacalisti Maurizio Marcon (Fiom), Gianni Piccinin (Fim) e Roberto Zaami
(Uilm). Le maestranze opereranno in due gruppi da 36, composti per metà da “vecchie” maestranze
del Magazzino, quindi esperte, e per l'altra metà nuovi reclutati, su due turni: dalle 5.30 alle 13.30 e
dalle 13.30 alle 21.30. L’aziende era intenzionata a partire con la nuova formula da lunedì, ma per
esigenze organizzative degli addetti, legate anche ai trasporti (si cercherà un accordo con Atap per
quanto riguarda i bus), si è optato per il posticipo di una settimana. «Nell’incontro di metà gennaio,
l'azienda ci aveva assicurato che i problemi organizzativi, legati ai ritardi, si stavano risolvendo e
non si sarebbero più spostati codici di lavorazione altrove – hanno fatto sapere i sindacati –. Oggi ci
è stato comunicato l'arrivo di maggiori ordini e il fatto che Electrolux si è trovata a gestire urgenze:
non è quindi più possibile continuare con l'orario attuale e si è era necessaria l'introduzione del
doppio turno. A nostro avviso, con un’organizzazione migliore, si potrebbe risolvere la questione
diversamente e garantire servizio eccellente all'esterno affinché il piano di maggio 2014 si
concretizzi e trovi motivi di rafforzamento, con l’assorbimento di più di 50 eccedenze». (g.s.)
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Mercatone Uno, un altro anno di “cassa” (M. Veneto Pordenone)
Un altro anno di cassa integrazione per la cinquantina di dipendenti del Mercatone Uno a Sacile (il
gruppo ne conta in Italia 3.400). Il provvedimento, prorogato fino al gennaio 2018, e una soluzionetampone per la società che dovrebbe, invece, essere ceduta entro l’anno. Ossigeno per
l’occupazione nel punto vendita sulla Pontebbana a Cornadella e, intanto, i commissari straordinari
del gruppo dell’arredo e bricolage hanno incontrato sindacati e funzionari del ministero dello
Sviluppo economico. A Bologna, infatti, sono finite indagate dieci persone, ex soci e amministratori
per bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione: i lavoratori liventini aspettano il nuovo
bando di gara per la vendita del colosso dell’arredamento, dopo il flop del primo tentativo 2016
andato a vuoto. È in via di approvazione da parte del Mise e ha l’obiettivo di proporre nuove
condizioni di vendita più flessibili. Quindi sarà rivolto a «operatori industriali e finanziari che
possano garantire – hanno detto i sindacalisti confederali – la concreta prospettiva di rilancio
industriale». Lo scopo, hanno garantito i commissari, sarà quello di assicurare la continuità
aziendale ed il mantenimento dei posti di lavoro e le opportunità commerciali per i fornitori e di
tutto l’indotto di Mercatone Uno. «Il 2016 si è chiuso su dati positivi anche se il quadro generale è
difficile – hanno sottolineato i sindacati –. Sono state recuperate quote di mercato e il fatturato ha
segnato la quota di 344 milioni di euro, +12,3% rispetto all’anno precedente».(c.b.)
Freud affila le sue lame e arriva al raddoppio (Gazzettino Udine)
Superati i dieci milioni di fatturato, erano 4 nel 2009
Testo non disponibile
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Giù l’inquinamento davanti alla Ferriera (Piccolo Trieste)
di Silvio Maranzana - Anche la contestata centralina di via San Lorenzo in Selva, la più vicina agli
impianti della Ferriera di Servola, nel corso del 2016 ha rilevato valori di benzo(a)pirene che su
base annuale sono inferiori ai limiti di legge. Lo ha riferito ieri la Regione riprendendo una nota
emessa dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) che sottolinea come la media
dell’anno scorso si sia attestata a 0.91 nanogrammi per metrocubo, mentre il limite da non superare
è di un nanogrammo per metrocubo. Secondo l’Arpa, «l’andamento del benzo(a)pirene indica che
gli adeguamenti impiantistici prodotti, qualora accompagnati da corrette modalità di gestione
dell’impianto, possono consentire di rispettare sia gli indicatori previsti dall’Aia, sia il limite di
legge». Ciò mentre da alcuni giorni, date le condizioni meteo, i dati sulle Pm10 sono invece sopra i
limiti anche in piazza Carlo Alberto. Nel sito di Arpa si legge che «la stazione di San Lorenzo in
Selva (Rfi) è prevista dall'Autorizzazione integrata ambientale (Aia), ai sensi dell'allegato B e C del
Decreto 96/2016 come punto di controllo dei sistemi di abbattimento delle emissioni di Siderurgica
Triestina». Già nel febbraio scorso l’azienda aveva rilevato che «dall’entrata in funzione del nuovo
sistema di aspirazione della cokeria, il livello di benzo(a)pirene rilevato dalla centralina più vicina
all’impianto (San Lorenzo in Selva) si è mantenuto ampiamente sotto il limite di un nanogrammo
per metrocubo, con una media di 0,6 nanogrammi». Ad agosto il sindaco Roberto Dipiazza aveva
però reso noto di aver chiesto un incontro ad Arpa proprio su questo problema, mentre a novembre
anche l’assessore regionale Sara Vito aveva ribadito che «la media progressiva del benzopirene, che
sfiora il limite, va tenuta d’occhio». Ieri Arpa ha fatto anche una breve cronistoria. «Nel 2010, con
l'impianto siderurgico a pieno regime, la media annua del benzo(a)pirene in via San Lorenzo in
Selva era pari a circa 7 ng/m3. Negli anni successivi il valore è sceso con la riduzione dell'attività
produttiva, fino a un minimo nel 2014, sebbene quest'ultimo dato non sia confrontabile con le altre
annualità, poiché l'impianto siderurgico di Servola era in fermo tecnico. Nel 2015, con l'avvio dei
lavori di adeguamento previsti dalla Autorizzazione integrata ambientale, il benzo(a)pirene era pari
a 1,25 ng/m3. Con il completamento dei lavori di adeguamento, avvenuto nel corso dello scorso
anno, è ulteriormente sceso fino al valore di 0,91 ng/m3, inferiore al limite di legge e confrontabile
tra l'altro con quanto viene registrato in alcune aree urbane non industriali anche della nostra
regione (ad esempio, Udine)». La governatrice Debora Serracchiani, in un video diffuso
successivamente, si rifa soprattutto a questo. «Il benzo(a)pirene - afferma Serracchiani - è una
sostanza cancerogena e nel 2010, quando c’era l’amministrazione Dipiazza era sette volte superiore
a oggi. Adesso è sotto i limiti di legge e questa è una notizia veramente buona, scaturita dal lavoro
fatto sugli impianti da tante persone. Noi siamo attenti alla salute dei cittadini e dei lavoratori.
Siamo sulla strada giusta - ha concluso la presidente Fvg che è anche commissario per la Ferriera,
esibendo il grafico che pubblichiamo - e lo dicono i fatti e di dati scientifici». La deduzione che fa
la Regione nella nota è che Arvedi è tenuto a briglia corta: «Gli indicatori inseriti dall'Aia, testati
per tutto il 2016, consentono, inoltre, di effettuare un controllo giornaliero dell'andamento del
benzopirene, obbligando il gestore dell'impianto siderurgico a ridurre immediatamente la
produzione qualora venisse superato il limite di 1 ng/m3 su base tendenziale annua».
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Teorema assume trenta nuovi dipendenti (Piccolo Trieste)
Ventidue tecnici, 6 addetti alle vendite e marketing, 2 ai servizi; di questi, 14 nella sede di Trieste,
11 in quella di Milano, 4 nella nuova sede di Padova. Ammonta complessivamente a 30 persone il
numero delle assunzioni di Teorema, l’azienda It triestina con sede principale a Trieste, in Area
science park. Il 15% è servito a coprire il turnover, il resto ad aumentare il numero dei dipendenti,
che ha superato quota 120. Il 27% degli assunti sono giovani donne, in linea con il trend
internazionale di crescita della componente femminile nel mondo It. Alle assunzioni si associa l’alta
specializzazione: sono oltre mille le ore di formazione erogate ai dipendenti nel corso dell’anno. I
dati sono stati resi noti iero dal presidente di Teorema, Michele Balbi, che ha annunciato con
soddisfazione i risultati dell’operazione di acquisizione di nuovo personale dopo l’attivazione di un
progetto di “smartworking” che mira alla flessibilità, al miglioramento degli spazi di lavoro, al
potenziamento delle attività di Ricerca, sviluppo e formazione al fine di rendere appetibile il
Gruppo, che oggi conta tre sedi, sul mercato del lavoro. «A metà del 2016 avevamo annunciato la
difficoltà a reperire tecnici informatici di alto profilo, nonostante le numerose posizioni aperte - ha
commentato Balbi - Nella seconda parte dell’anno siamo riusciti a trovare una parte dei candidati
necessari al nostro sviluppo grazie all’applicazione dei principi dello smartworking. Per attirare
candidati veramente meritevoli Teorema ha attivato un’offerta ricca e sfidante, abbiamo dovuto
adottare nuove strategie per attirare i candidati migliori. Non bastava garantire un lavoro e uno
stipendio adeguato, serve garantire spazi adeguati e un’offerta molto competitiva. A Trieste
Teorema è impegnata nella realizzazione della nuova sede in Piazza della Borsa, un progetto del
valore di 4 milioni di euro investiti nella ristrutturazione di due storici palazzi di proprietà della
Fondazione Ananian. Nel corso degli ultimi mesi si è completato l’iter di autorizzazione e a breve
inizieranno le opere di ristrutturazione. A gennaio, sempre con Area Science Park, Teorema si è
trasferita dal Campus di Basovizza a quello di Padriciano.
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Operato per sei ore il giovane ferito al Lisert (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Tiziana Carpinelli - Stava effettuando assieme a un collega più anziano le operazioni di
spostamento di un muletto che sarebbe dovuto finire sul retro dei capannoni, dove sostano i rottami
ferrosi. Francesco Vallon, l’operaio triestino di 22 anni rimasto vittima martedì mattina di un
gravissimo infortunio al Cantiere Alto Adriatico in via Timavo, si trovava verso mezzogiorno sul
piazzale d’ingresso dell’azienda, all’aperto, sotto una fine coltre di pioggia. Camminava di fianco al
grande carrello elevatore, forse per un controllo, forse per dare indicazioni sulla strada da
percorrere. Con lui c’era solo il guidatore del mezzo, un monfalconese di 49 anni, unico testimone
oculare del drammatico incidente. E poi ascoltato dai carabinieri cui la Procura di Gorizia - che sul
caso ha aperto un fascicolo per lesioni gravi - ha affidato le indagini. Il muletto più piccolo,
destinato alla rottamazione, era già stato caricato sul carrello elevatore. Secondo le prime
ricostruzioni, stava sollevato da terra il minimo indispensabile: 20 o 25 centimetri dal suolo. A un
certo punto, nel corso delle manovre il mezzo trasportatore si è girato, ha compiuto una breve
retromarcia e, nel momento di riprendere il percorso in avanti, ha visto lo scivolamento del carico
sul lato sinistro. In questa fase la cabina del muletto ha colpito l’operaio 22enne, investendolo al
torace e al fianco. Sempre stando alle prime, frammentarie notizie (la dinamica dell’infortunio è al
vaglio di carabinieri e ispettori dell’Azienda sanitaria), il muletto non si è rovesciato del tutto a
terra, ma è rimasto parzialmente sul carrello. Così, pur sotto choc, il collega che stava manovrando
il mezzo è riuscito a risollevarlo e a spostarlo. Quindi è scattato l’allarme e un’autoambulanza del
118 si è precipitata al Lisert. Quando la pattuglia dei carabinieri è arrivata gli operatori stavano già
trasferendo al San Polo Francesco Vallon. Sottoposto alla Tac il 22enne è stato indirizzato
all’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine per ricevere l’assistenza del centro
specializzato di Chirurgia spinale. Dove la sera stessa è stato sottoposto a un lungo intervento:
l’équipe chirurgica ha operato per sei ore, nell’intento di ricomporre la frattura vertebro-midollare
riportata nell’urto. Ora il 22enne è ricoverato nel reparto di Terapia intensiva, sottoposto a coma
farmacologico. Gli operatori non hanno sciolto la prognosi, né si pronunciano sul pieno recupero.
Per i familiari sono dunque comprensibilmente ore di preoccupazione e angoscia. Ieri papà Fulvio,
ex consigliere a Muggia, ha riferito che il figlio «è uscito dalla sala operatoria alle 23, poi è stato
ricoverato nella Terapia intensiva. Sarà complicato andare avanti. A maggio - spiega - Francesco
avrebbe finito il triennio di apprendistato al cantiere nautico: alle superiori aveva compiuto uno
stage lì e dopo il diploma era stato assunto». Il giovane, che aveva una passione per lo scoutismo,
«aveva studiato - ricorda lo zio Fabio - in un istituto di San Giovanni al Natisone e proprio per le
sue capacità di falegname era stato assunto a Monfalcone. Ma la preoccupazione è ora la salute».
Infine una nota dalla segretaria del Pd triestino, Adele Pino: «Oltre a esprimere vicinanza ai
familiari e l’augurio di una guarigione senza conseguenze per Francesco, ribadiamo l’esigenza di
adoperarsi per la sicurezza nei luoghi di lavoro».
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«Subito un’ispezione ad A2A» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Laura Blasich - Dopo la nuova, importante, «fumata anomala» della centrale termoelettrica di
venerdì scorso e il sopralluogo nell'impianto il giorno successivo, il sindaco di Monfalcone Anna
Cisint si è rivolta ieri, assieme all'assessore all'Ambiente Sabina Cauci, al ministero dell'Ambiente,
Ispra, Sistema nazionale per la protezione dell'Ambiente e Arpa Fvg. Lo ha fatto per chiedere alle
autorità nazionale di effettuare quanto prima un'ispezione della centrale termoelettrica per
«appurare in quale stato di manutenzione versino i gruppi 1 e 2 attualmente in funzione, con
particolare riferimento alle condizioni delle caldaie e dei tubi bollitori delle camere di
combustione». Nella lettera inviata al ministero, si rileva come la fuoriuscita di venerdì, solo di
vapore acqueo secondo quanto comunicato dalla società al Comune sabato, e quella avvenuta il 23
maggio dello scorso anno siano avvenute non a camino, ma nel gruppo 1, costruito nel 1963. «Dalla
relazione di Arpa Fvg rispetto all'ultimo evento - ha riferito inoltre ieri il sindaco - non si evince se
sia da imputarsi principalmente a un ritardo o una taratura ad alti valori delle valvole di sfogo della
sovrapressione oppure se si sia trattato di un evento improvviso e massivo di generazione di
sovrapressione». La preoccupazione nasce quindi «dal non avere informazioni certe sulla causa» dei
malfunzionamenti, dallo «stato in cui versa l'impianto in generale, tenuto conto della sua vetustà» e
quindi dalle «possibili ripercussioni sull'ambiente, la salute dei cittadini e il territorio in generale».
Secondo l'amministrazione comunale, come sottolineato nella comunicazione al ministero, non è
valutabile al momento la portata di possibili conseguenze ambientali di eventi improvvisi come
quelli di venerdì scorso e di maggio «in quanto non esistono sistemi di abbattimento di eventuali
inquinanti coinvolti nell'evento di fuoriuscita diversa dal camino». «Non si conosce nemmeno la
reale composizione dei fumi generati da questi sfoghi di sovrapressione - prosegue l'ente locale -,
tenuto conto che nei fumi potrebbero essere presenti inquinanti anche per effetto trascinamento. Si
evidenza che nemmeno Arpa Fvg è stata in grado di risalire all'effettiva composizione chimica dei
fumi che si sono sviluppati nel corso dei due eventi». Alle autorità competenti il Comune chiede
pure di valutare se «la mancata tempestività e incompletezza delle informazioni ottenute da A2a e
in seguito A2a Energiefuture siano conformi al protocollo Eco-management and audit scheme
(Emas) cui le stesse hanno aderito». Al ministero il sindaco e l'assessore all'Ambiente domandano
pure di trasmettere al Comune la relazione finale relativa all'indagine di bioaccumulo di metalli nei
licheni, condotta da Elettrogen del gruppo Enel, che ebbe origine da prescrizioni ministeriali
all'esercizio della centrale e venne condotta nel biennio 1999-2001 dall'Università di Trieste.
L'ultima richiesta di chiarimenti riguarda il rispetto da parte di Energiefuture degli obblighi
normativi e di quelli previsti dall'Autorizzazione integrata ambientale e dai protocolli Emas.
«Stiamo inoltre verificando - ha aggiunto ieri il sindaco - se sia possibile imporre alla società un
comportamento virtuoso, attraverso il ricorso a una fidejussione, in caso di chiusura dell'impianto
per garantire una bonifica del sito».
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