Quando Madre Teresa perse la fede
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Quando Madre Teresa perse la fede
Quando Madre Teresa perse la fede www.zenit.org | Robert Cheaib | 2 settembre 2016 «Se mai diventerò una santa, sarò di sicuro una santa dell’oscurità. Sarò continuamente assente dal Paradiso per accendere la luce a coloro che, sulla terra, vivono nell’oscurità». Così scriveva Madre Teresa a p. Joseph Neuner nel 1962. Raccontava della notte della fede che stava iniziando ad attraversare e che sarebbe durata fino alla sua morte nel 1997. Dire che madre Teresa abbia «perso la fede» è un’affermazione che va circoscritta e spiegata perché è vera e falsa allo stesso tempo. È vera perché, grazie alle lettere private, raccolte nel volume Sii la mia luce scopriamo un volto inedito della Madre, un volto che ha sofferto il silenzio e l’assenza di Dio e pensieri tormentosi di essere rifiutata da Dio. È, però, altrettanto falsa perché Madre Teresa pur avendo perso la sensazione e la percezione della fede, l’ha incarnata in maniera eroica vivendo la fede nell’amore. Madre Teresa visse la fede come «un faccia a faccia nel buio», per usare un’espressione di Elisabetta della Trinità. Per guardare la realtà oltre i fenomeni, ci siamo rivolti a don Paolo Morocutti, docente di teologia spirituale presso la Pontificia Università Gregoriana. In quest’intervista il teologo ci parla della solida base teologica che sottostà alla missione di Madre Teresa, ci offre chiavi interpretative per la sua esperienza della notte della fede e ci racconta della relazione particolare che Madre Teresa ebbe con l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Oltre alla docenza alla Gregoriana, don Paolo Morocutti è Assistente Ecclesiastico della sede di Roma dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e docente di teologia fondamentale all’Università Cattolica. Inoltre, è consultore ad casum della Congregazione delle Cause dei Santi. *** Don Paolo, spesso assistiamo a una riduzione umana troppo umana del nucleo di santità dei santi. Francesco d’Assisi – per dare un esempio ben noto – è vittima di una banalizzazione ecologista della sua santità. Qual è il nucleo della mistica oggettiva – per usare un’espressione balthasariana – di madre Teresa? L’evento della canonizzazione di Madre Teresa rappresenta l’occasione più idonea per riformulare una riflessione oggettiva su questa straordinaria testimone della carità, spesso considerata da un punto vista di eroico assistenzialismo piuttosto che da un punto di vista di assoluta fedeltà alla persona di Cristo, riducendone talvolta la mistica oggettiva. La missione e l’opera di Madre Teresa si comprendono solamente attraverso la contemplazione della sua vita eucaristica, espressione di una continua e consapevole transustanziazione. Il centro e la sorgente della sua missione è chiaramente l’Eucaristia celebrata e vissuta. Nelle sue parole e nei suoi insegnamenti appare chiaro il nesso tra l’Eucaristia celebrata e vissuta. L’Eucaristia che viveva ogni mattina continuava in modo esplicito e visibile nella vita, tanto da costituire una vera identificazione con Cristo. Questa visione cristologica ed eucaristica della vita, permetteva alla Madre di vedere nei poveri la reale presenza di Cristo e di improntare la sua azione missionaria sulla relazione continua e incondizionata a Gesù. Celebri le parole “tutto per Gesù” che amava ripetere spesso e che confermano questa particolare visione della vita cristiana. Anche la povertà che ha caratterizzato la sua vita di consacrazione, ben lontana dal pauperismo, va letta in questa profonda ottica di appartenenza e di abbandono. Madre Teresa ci lascia un insegnamento assolutamente pervasivo e illuminante sull’Eucaristia; senza Eucaristia non si può comprendere, né tanto meno amare, in modo consapevole. Si racconta che dopo il tempo che passava in adorazione – tempi a cui madre Teresa era rigorosamente fedele – diceva a Gesù: «Ti lascio qui per incontrarti nei poveri». Come collega teologicamente questo aspetto caritativo alla dimensione contemplativa eucaristico-cristologica? Più volte leggendo e riflettendo sulla vita di Madre Teresa ho avuto l’impressione di essere davanti ad una delle pagine più significative del Concilio Vaticano II, contenuta nel numero 22 della Gaudium et Spes, in cui si afferma; Con l’incarnazione il figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo. Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con intelligenza di uomo, ha agito con volontà di uomo, ha amato con cuore di uomo. Abbiamo visto come l’Eucaristia sia stato il punto di partenza nell’esperienza spirituale della Madre, tuttavia quando si parla di Eucaristia si parla di incarnazione, in essa è contenuto implicitamente il mistero del Verbo fatto uomo. Chi ha visto Madre Teresa ha visto realmente qualcosa di Cristo. La convinzione che l’incarnazione è il principio che lega Cristo ad ogni uomo ha fatto sì che tra la vita di questa piccola suora e gli uomini non vi fossero muri di separazione, partendo dall’incarnazione si annullano distinzioni di razza, religione, comprensioni antropologiche distinte, perché in ogni uomo c’è qualcosa di Cristo. Vi è poi espressa visibilmente nella vita della Madre l’affermazione conciliare secondo cui Cristo ha amato con cuore d’uomo, elevando l’amore umano a quello divino, rendendo capaci gli uomini di amare come Dio stesso ama ed è proprio questo quello che appare chiaramente nella vita di Madre Teresa. Durante gli anni di studio di teologia padre Michael Paul Gallagher aveva aperto i miei occhi alla «Notte oscura» di Madre Teresa, una notte molto poco conosciuta perché è risaputo quanto la santa fosse restia a parlare di sé. Ma soprattutto era impensabile che abbia vissuto una notte della fede così fitta colei che irradiava della luce di Cristo. Come si comprende la notte oscura nella vita di Madre Teresa? Nel 2007 Padre Brian Kolodiejchuk, Postulatore della Causa di Canonizzazione della Madre, ha pubblicato un libro dal titolo “Come be my light“, per la prima volta, attraverso la pubblicazione di una parte della corrispondenza con i padri spirituali siamo venuti a conoscenza di un dato fondamentale per la comprensione della spiritualità di Madre Teresa, un dato fino a quel momento nascosto anche alle sue più strette collaboratrici. Si tratta dell’esperienza della notte oscura, un dono particolare presente nell’esperienza di molti dei più sublimi mistici cristiani. Una notte oscura che si è protratta per la durata di tutta la vita della Madre. Per una comprensione più profonda di questo mistero che ha abbracciato l’intera esistenza di Madre Teresa si deve far riferimento a San Giovanni della Croce, il mistico carmelitano che ha elaborato una vera e propria analisi spirituale di questo fenomeno, definendo questa esperienza di profondo abbandono e di solitudine interiore come un autentico dono mistico. Come per ogni altro mistico che ha sperimentato questo dono, la notte oscura rappresenta nella sostanza un invito a scegliere e a vivere continuamente e ininterrottamente per Gesù, in profonda unione con lui, senza che questo avvenga per una qualsiasi forma, seppur lecita, di piacere o gusto, soprattutto si tratta di amare senza che se ne percepisca il lecito e tanto anelato contraccambio, una purificazione dolorosa e continua che rende l’amore sempre più simile a quello di Gesù sulla Croce e che fa diventare il mistico un’icona vivente del Cristo sposo. Analizzando la vita della Madre a partire dall’insegnamento di San Giovanni della Croce, non solo possiamo definire un percorso spirituale più chiaro, ma possiamo definire la stessa Madre Teresa di Calcutta come un’autentica mistica del nostro tempo. L’aver legato la mistica alla fenomenologia ha fatto sì che si perdesse il dato oggettivo del misticismo cristiano, a mio avviso, Madre Teresa rappresenta un esempio straordinario di mistica cristiana e di riconciliazione tra mistica e fenomenologia. Oltre al suo interesse alla figura di Madre Teresa come docente di teologia spirituale mi accennava a un legame particolare della Madre con l’Università Cattolica del Sacro Cuore dove è assistente spirituale. Ci può raccontare di che si tratta? L’Università Cattolica del Sacro Cuore attende con viva gratitudine e riconoscenza l’ormai prossima canonizzazione della Beata Madre Teresa di Calcutta, prevista per il 5 settembre prossimo in Piazza San Pietro. Madre Teresa è stata la prima laurea honoris causa della Facoltà di Medicina e Chirurgia di questa Università. L’insigne riconoscimento fu consegnato nel 1981 dall’allora Magnifico Rettore, il Venerabile Prof. Giuseppe Lazzati. È previsto qualche evento speciale all’Università Cattolica in occasione della sua canonizzazione? Nell’anno della canonizzazione della nostra prima laureata Honoris Causa abbiamo pensato di offrire ai giovani medici specializzandi della Facoltà di Medicina e Chirurgia, uno specifico incontro di riflessione dedicato alla figura e all’opera di Madre Teresa. L’incontro previsto per il 5 dicembre prossimo sarà presieduto dal Cardinale Angelo Comastri nell’Aula Brasca del Policlinico Gemelli. Ogni laurea honoris causa viene conferita tenendo conto delle affinità e comunque di un qualche nesso sostanziale tra la vita del ricevente e la disciplina per cui viene conferita la laurea. Risulta interessante il nesso tra la Medicina e la vita di Madre Teresa. Direi che anche questa realtà ci introduce bene sul mistero che ha avvolto la vita della Madre, un mistero che ci ricorda come l’uomo per essere guarito ha bisogno di una visione integrale del suo essere. Madre Teresa a pieno titolo può essere considerata un “medico” perché ha mirabilmente offerto un’interpretazione metafisica dell’humanum dove l’elemento essenziale è la relazione. Madre Teresa e quella Misericordia che ha conquistato l’Asia e i musulmani www.zenit.org | Salvatore Cernuzio | 2 settembre 2016 Una grande partecipazione non solo fisica ma anche emotiva ha caratterizzato il simposio Madre Teresa, la Misericordia per l’Asia e il mondo, organizzato oggi pomeriggio, a pochi giorni dalla canonizzazione del 4 settembre, dall’agenzia AsiaNews presso la Pontificia Università Urbaniana. I numerosi partecipanti hanno sorriso nell’ascoltare gli aneddoti del card. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai, sulla piccola suora albanese che non temeva di dire in faccia ai potenti della terra quello che le passava per la mente, e si sono appassionati nell’ascoltare l’intervento del card. Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, che ne tracciava quella “prospettiva cristologica” che era fulcro del suo servizio per i poveri. Commossi hanno poi seguito le testimonianze di suor Mary Prema Pierick e padre Brian Kolodiejchuk, rispettivamente superiora generale delle Missionarie della Carità e postulatore della Causa di canonizzazione, che raccontavano l’amore della Madre verso il prossimo. Che poteva essere una delle sue Missionarie o un sacerdote che veniva a celebrare la Messa in uno dei Conventi sparsi per il mondo, oppure l’ultimo moribondo di Calcutta; lei, tanto, li trattava tutti con pari dignità, con la fermezza e al contempo la dolcezza di chi ha fatto della misericordia la bussola della sua esistenza. I quattro illustri ospiti sono stati guidati da padre Bernardo Cervellera, missionario del Pime e direttore di AsiaNews, il quale ha voluto ricordare come l’agenzia giornalistica del Pontificio Istituto Missioni Estere sia proprio un frutto spirituale di madre Teresa, nata nel 2003, una settimana dopo la sua beatificazione (che fu infatti la prima notizia) a sostegno dei missionari della Chiesa nel mondo di cui la Santa albanese è modello sublime. Lo stesso Cervellera ha letto in apertura all’incontro, dopo il saluto del superiore del Pime padre Ferruccio Brambillasca, il messaggio che Papa Francesco ha inviato ai partecipanti al Simposio, ai quali ha chiesto di seguire l’esempio della Beata. “Madre Teresa è stata Papa Francesco prima di Papa Francesco” ha chiosato padre Brian nel suo intervento, nel senso che la religiosa ha anticipato quella “rivoluzione della tenerezza” predicata oggi da Bergoglio, che lei ha reso fattiva attraverso un incessante annuncio – con i gesti, prima che con le parole – dell’amore di Dio. “Quanti muoiono senza Dio solo perché nessuno gli parla del suo amore!” era infatti il cruccio della Madre, come ricordato da sister Prema. “Lei era trafitta dal dolore di coloro che vivono nell’ignoranza di Dio”, perché lei stessa per anni aveva sperimentato il buio, le tenebre, l’oscurità, e conosceva la sofferenza del vivere nella “povertà interiore”. Quella che lei chiamava la “Calcutta del cuore” che poteva essere risanata solo dall’amore di Cristo. Un amore che madre Teresa aveva trovato “nelle grida dei poveri”; per questo, nonostante fosse giornalmente ricurva su corpi moribondi piagati da lebbra e infezioni, aveva “sempre il sorriso stampato sulla faccia”. Esortava le sue consorelle a fare altrettanto, ad essere gioiose, come a quella piccola suora che vide vagare in un corridoio con il volto malinconico, alla quale disse: “Cosa direbbe Gesù nel vedere una persona che lo segue col volto così triste?”. Sbaglia, tuttavia, chi considera Madre Teresa una eroina del sociale, esempio irraggiungibile di carità cristiana, ha detto il card. Filoni. “La forza della sua missione di carità veniva dal continuo contatto con il Signore. Nel rigido programma di vita delle Missionarie della Carità il tempo della preghiera contemplativa è lo stesso del lavoro attivo. L’Eucaristia è il centro della missione e muove questo donarsi senza fine, fino a quando fa male”. È questo amore per Gesù, al quale si conformò sin da bambina, che rende la Beata più vicina e questa strada percorribile. “La missione di madre Teresa – ha detto il prefetto di Propaganda Fide – si fonda sulla consapevolezza che siamo creature letteralmente affamate di amore, affamate di Dio, perché siamo stati creati per amare ed essere amati”. Madre Teresa resta comunque un personaggio storico del nostro secolo, un corpo minuto ma dall’anima grande che racchiudeva in sé quelle peculiarità che solo i grandi santi possiedono. “Lei era famosa” ha detto padre Brian, eppure quando si presentava “non si dava arie, ai convegni voleva sedersi all’ultimo posto e nascondersi dai giornalisti, alle pause caffè beveva acqua”. Una riservatezza che, però, metteva da parte nel momento in cui era necessario dire la verità. Come quando scrisse al primo ministro indiano mentre il governo era sul punto di approvare una legge a favore dell’aborto: “Lei non vivrà per sempre, morirà e dovrà rispondere a Dio. Come giustificherà questa legge?”. O ancora ad una convention negli Usa, davanti a leader religiosi e politici (tra cui Bill Clinton) pro-aborto, affermò: “Se volete la pace, fermate l’aborto. Non potete permettere alle persone di uccidere i bambini e pretendere la pace”. Aneddoti, questi, ricordati dal card. Gracias che conobbe la Beata fin dai tempi in cui era segretario del vescovo. “Tutti abbiamo sempre ammirato il suo coraggio” ha sottolineato il porporato, “da quando ha lasciato sicurezza della sua casa per l’Inghilterra per studiare lingua e poi venire in India, a Calcutta. Lei ha voluto dare tutto alla sua missione. Ebbe molto coraggio quando sentì la chiamata in treno e decise di lasciare il convento di Loreto per fondare il suo istituto per i poveri”. Molti si opposero: “Non puoi andartene da una congregazione e fondarne un’altra”, e non furono poche le critiche che le piombarono addosso nel corso degli anni. “Era la sua croce – ha detto Gracias – non era ben compresa, le dicevano: ‘Tu devi insegnare a pescare ai poveri, non dare pesci’, ‘perché prendi soldi da tutti, non sai da dove vengono?’, ‘fai tutto per convertirli’…”. Tutto questo, però, “non ha rallentato la sua opera misericordiosa” condotta sempre con “la soddisfazione di fare il lavoro di Dio”. “Per tutti lei era santa prima che la Chiesa lo riconoscesse formalmente” ha sottolineato il porporato, “infatti tanti miei amici indù in questi giorni mi chiedono: ‘Ma perché fate tutti questi processi, così tortuosi? Lei è già santa’”. A conclusione dell’incontro, dopo la testimonianza di padre John A. Worthley, che ha vissuto per anni in Cina e ha avuto l’occasione di accompagnare la Madre nei suoi tre viaggi nel Paese del Dragone, è stata letta la testimonianza dal figlio di Abdul Sattar Edhi, uno dei filantropi più noti dell’Asia, scomparso lo scorso 8 luglio a 88 anni in un ospedale di Karachi, dove era ricoverato da tempo. Ai suoi funerali hanno partecipato tantissimi fedeli di ogni confessione, che hanno voluto rendere omaggio a colui che era chiamato il “Madre Teresa pakistano”. Anche quest’uomo era stato toccato dall’esempio della futura Santa; entrambi – scriveva il giovane nella missiva – “sono stati criticati da radicali religiosi e accusati di proselitismo, di voler convertire gente, forse perché non avevano nessuna altra cosa da dire. Solo uno spirito missionario come il loro può aiutare a lavorare per il bene degli altri e comprendere le loro sofferenze”. Tuttavia – testimoniava Ehdi – entrambi hanno mosso le coscienze della società pakistana e spinto alla misericordia i musulmani del Paese. Un esempio, dunque, di santità universale che supera ogni credo o barriera ideologica. In fondo è quello che anche in vita ha fatto madre Teresa, “non guardando mai al credo, alle caste, alle ricchezze o alle condizioni sociali” ma solo all’uomo sofferente nel quale toccava concretamente la carne di Gesù. In ogni caso, ha concluso il card. Gracias, “se lei fosse qui direbbe: ‘No, non si parla di me, ma di Gesù. Io sono soltanto una matita nelle Sue mani. Tutto quello che state dicendo non l’ho fatto io, l’ha fatto Gesù. Perciò smettetela di perdere tempo e fate qualcosa per i poveri”.