Previdenza complementare anche di fonte estera
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Previdenza complementare anche di fonte estera
Comunicazione CP n. 112 del 18/04/2011 Allegato 1 Previdenza complementare anche di fonte estera La riforma delle pensioni (Legge n. 335 del 1995), che ha introdotto il metodo contributivo1 per il calcolo delle prestazioni, ha come conseguenza che le pensioni dei futuri pensionati saranno meno generose rispetto a quelle pagate ai lavoratori andati in pensione nel passato. I lavoratori, pertanto, per mantenere, anche durante il periodo del pensionamento, un reddito non troppo diverso da quello avuto durante la vita lavorativa, dovranno integrare con altre forme la pensione garantita dalla previdenza obbligatoria. Il sistema pensionistico del futuro è basato, quindi, su due “pilastri”: il primo è rappresentato dalla previdenza obbligatoria (erogata da Inps, Inpdap, Casse professionali, etc.) che assicura la pensione base; il secondo è rappresentato dalla previdenza complementare il cui fine è di integrare la pensione base e consentire il mantenimento di un tenore di vita adeguato anche dopo il pensionamento (D. Lgs. 5 dicembre 2005 n.252; circolare n.70/E del 18 dicembre 2007). La previdenza complementare a differenza di quella obbligatoria è: • volontaria, infatti, il lavoratore può scegliere se aderire o meno a una forma pensionistica complementare; • a capitalizzazione individuale, cioè i versamenti confluiscono in conti individuali intestati ai singoli iscritti che al momento del pensionamento sono restituiti in forma di prestazione pensionistica aggiuntiva; • a contribuzione definita (per i lavoratori dipendenti possono essere istituite solo forme pensionistiche in regime di contribuzione definita), cioè si sa quanto si versa e la prestazione finale dipende dalle somme versate e da quanto ha reso il loro investimento, o a prestazioni definite (per i lavoratori autonomi e per i liberi professionisti possono essere istituite anche forme di prestazioni definite), cioè si stabilisce a priori il livello della prestazione (normalmente in rapporto al reddito) e si adegua di volta in volta l’importo dei contributi in vista dell’obiettivo prefissato; • gestita da forme pensionistiche di diritto privato. In base alle modalità istitutive, le forme pensionistiche complementari si distinguono in collettive e individuali. 1 I contributi accantonati vengono convertiti in rendita attraverso coefficienti di trasformazione calcolati in ragione dell’età di pensionamento e della conseguente attesa di vita. Questo metodo è attualmente applicato per i lavoratori neoassunti al 1° gennaio 1996 e per i lavoratori con meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995 per la parte di pensione relativa alle anzianità maturate dopo il 1996. 1 Nelle forme collettive (possono essere fondi pensione chiusi o fondi pensioni aperti) l’adesione viene contrattata a livello collettivo e riguarda un gruppo di lavoratori individuati in base all’appartenenza ad una determinata azienda, gruppo di aziende, comparto o settore produttivo. Nelle forme individuali l’adesione avviene su base individuale, a prescindere dal tipo di attività prestata e dall’esercizio o meno di attività lavorativa. Le forme individuali sono attuate mediante adesione individuale a fondi pensione aperti o mediante contratti di assicurazione sulla vita, stipulati con imprese di assicurazioni (Piani Individuali Pensionistici - PIP). E’ possibile aderire sia a fondi complementari italiani sia a fondi stranieri. Nel secondo caso è però necessario prestare attenzione in quanto le forme di previdenza complementare organizzate o gestite da società ed enti di diritto estero costituiscono attività estere di natura finanziaria da indicate nella Sezione II del modulo RW del modello Unico in quando potenzialmente produttive di redditi di fonte estera imponibili in Italia. I contributi a deducibilità ordinaria versati alle forme pensionistiche complementari, collettive2 o individuali, si deducono dal reddito complessivo del contribuente, per un importo non superiore ad euro 5.164,57. Nel caso dei dipendenti pubblici, invece, oltre al tetto di 5.164,57 euro operano altri due limiti di deducibilità dei contributi ai fondi pensione e cioè il 12% del reddito e il doppio della quota di Tfr destinato al fondo. Riguardo alla deducibilità dei contributi versati alle forme pensionistiche complementari di fonte estera, l’art. 1, co. 313 della Legge 27/12/2006, n. 296 (finanziaria 2007), che ha modificato l’art. 10, co. 1, lett. e-bis) del DPR 22/12/1986, n. 917 (TUIR), ha introdotto la deducibilità anche per tali contributi, ma esclusivamente se versati alle forme pensionistiche complementari istituite negli Stati membri dell’Unione europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996 (white list), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, e successive modificazioni, emanato in attuazione dell’articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1 aprile 1996, n. 239. Tale elenco è consultabile sul sito dell’Agenzia delle Entrate, cliccando su “Documentazione” e quindi su “Fiscalità internazionale”. 2 In questo caso sono deducibili non soltanto le somme versate dal lavoratore, ad eccezione del TFR, ma anche quelle effettuate dal datore di lavoro. 2