scarica il programma di sala - Orchestra Filarmonica Marchigiana

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scarica il programma di sala - Orchestra Filarmonica Marchigiana
ministero per i beni e le attività culturali
regione marche assessorato alla cultura
in collaborazione con
consorzio marche spettacolo
sinfonica
2016
OSIMOINMUSICA
Omaggio musicale per la mostra “Tiziano, Lotto,
Artemisia: le stanze segrete di Vittorio Sgarbi”
giovedì 17 marzo ore21 Osimo Teatro La Nuova Fenice
pianoforte Evgeny
Starodubtsev
soprano Mariam Perlashvili
solista dell’Accademia d’Arte Lirica di Osimo
direttore Nicola
Marasco
ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA
filarmonicamarchigiana.com
Programma
I. Stravinskij (Oranienbaum, oggi Lomonosov, 1882 – New York, 1971)
Tre movimenti da Petruška, per pianoforte solo
I. Danza russa
II. Nella stanza di Petruška
III. La Settimana Grassa
L. van Beethoven (Bonn, 1770 – Vienna, 1827)
“Ah, perfido! - Per pietà non dirmi addio”
scena e aria per soprano e orchestra, op. 65
- intervallo -
L. van Beethoven
Concerto per pianoforte e orchestra n. 4
in sol magg., op. 58
I. Allegro moderato
II. Andante con moto
III. Rondò: Vivace
Note
DALLA BARBARIE AL NEOCLASSICISMO
Incolmabile, all’ascolto, appare la distanza fra l’aggressiva irriverenza plebea dei Tre movimenti da Petruška di Stravinskij,
elaborazione pianistica dell’omonimo balletto realizzata dallo
stesso compositore per Arthur Rubinstein nel 1921, e l’aristocratica eleganza neoclassica delle due composizioni beethoveniane che completano il programma della serata. Tuttavia,
se si osservano queste opere da una prospettiva più elevata,
tale da poterne cogliere la posizione lungo il percorso artistico dei loro autori, ecco che quella distanza si accorcia notevolmente, fino quasi ad annullarsi.
Coloro che la sera del 13 giungo 1911 assistettero per la
prima volta presso il Théâtre du Châtelet di Parigi alla rappresentazione di Petruška con le coreografie di Diaghilev,
mai avrebbero potuto immaginare che qualche anno più
tardi Stravinskij, dopo tutta quella scandalosa barbarie circense, sarebbe tornato al civilissimo, rassicurante ordine
formale e morale del Classicismo settecentesco scrivendo
opere come il Pulcinella o l’Apollon Musagète. Eppure, fu
proprio la deflagrazione del Petruška, seguita immediatamente dopo da quella ancor più devastante della Sagra
della Primavera, che aprì a Stravinskij un varco verso
Mozart, Pergolesi, e ancora più indietro verso i maestri del
Rinascimento. Il pubblico di quella sera, assuefatto alle raffinate alchimie filosofico musicali di Wagner e più di recente ai fascinosi orientalismi di Debussy, si era improvvisamente trovato davanti una rozza marionetta dal corpo spigoloso, vestita di mille colori sfacciatamente sgargianti che,
svettando su dei, eroi, fauni e ninfe, osava affermare in
tono beffardo contro tutta la retorica idealistica ottocentesca: l’uomo è come me, il Caso il suo burattinaio; ha bisogni semplici e primordiali – mangiare, divertirsi, possedere
una donna – che tenta di soddisfare lottando in un mondo
caotico contro forze oscure, magiche, fuori dal suo controllo. Era il trionfo di un paganesimo primitivo, popolare,
approdato dalle steppe preistoriche della Russia asiatica
nella civile Parigi sull’onda di una musica inaudita, coltissima nella sua veste formale ma fatta con materiale di bassa
origine: quello dei suonatori da strada, dei saltimbanchi da
fiera, dei teatrini ambulanti di marionette. Poche iridescenze timbriche di gusto francese, e comunque sempre funzionali al gesto scenico; nessuna complessa elaborazione
di motivi alla maniera germanica; totale assenza di enfasi
sentimentale. Solo melodie semplici, bambinesche, dai
contorni netti e dai colori strumentali saturi di fiamma,
fauve, danzanti sopra ritmi violentemente scanditi ma
sghembi, asimmetrici, e sopra armonie che non gravitavano più come in passato attorno ad un centro tonale definito
oppure trasmigravano, come negli sterminati paesaggi
wagneriani, da un tono all’altro naufragando nell’infinito
cromatico; ma scaturivano dalla sovrapposizione verticale
di più centri tonali diversi coesistenti in uno spazio frammentario, bidimensionale, non prospettico: uno spazio
cubista. C’era in quella musica tutta la dissacrante forza
rivoluzionaria della pittura di Picasso, di Matisse, di
Chagall. Ma in essa, nella sua evidenza strutturale, nella
sua abbagliante lucentezza timbrica, c’erano pure i germi
per una moderna ricostruzione del passato classico e preclassico: per un ritorno alle forme pure, circolari, periodiche, alle combinazioni strumentali non impastate, chiaramente percepibili. Dentro la visione barbarica c’era racchiuso il sogno neoclassico della perfezione delle forme
che non rimandano ad altro che a se stesse e che nella loro
autonoma sussistenza hanno un potente effetto ludico e
insieme consolatorio. E non sarebbe stato un semplice
ritorno, bensì una rigenerazione in chiave personale talmente radicale che i modelli sarebbero risultati irriconoscibili e ogni nota, anche se presa da Pergolesi, da Mozart o
da altri autori del passato, avrebbe suonato inconfondibilmente stravinskiana.
Anche il “barbaro” Beethoven ebbe frequenti sogni neoclassici nel corso della sua vita artistica. All’autore
dell’Eroica e della Quinta Sinfonia, opere giudicate
mostruose al loro primo apparire per l’eccesso di dimensioni e per la violenza titanica che in esse si manifestava, era
già accaduto nel 1796 durante un viaggio a Praga, luogo
legato alla memoria del Don Giovanni di Mozart, di rendere omaggio al suo grande predecessore con la scena ed
aria per soprano e orchestra “Ah, perfido!”, op. 65, su testo
in parte metastasiano (il recitativo è tratto dall’opera Achille
in Sciro di Metastasio, mentre i versi dell’aria sono di un
suo ignoto imitatore) immaginandola per la voce di Josepha
Duschek, celebre cantante mozartiana. E lo aveva fatto con
una musica nobile ed elegante, in perfetto stile classico da
opera seria, che aveva tutto di Mozart fuorché la corposità
e la nervatura del tessuto orchestrale, tipicamente beethoveniane. Ma fu quando egli affrontò il concerto per pianoforte, il genere inventato da Mozart, che l’omaggio si trasformò
gradualmente in una vera e propria possessione. Cosa che
avvenne nel Quarto concerto in sol magg., op. 58, composto a Vienna quasi interamente nel corso del 1805, poco
dopo il formidabile balzo nel futuro dell’Eroica.
In quest’opera, Beethoven si spoglia di Mozart per arrivare
a lui. Gli incantevoli indumenti mozartiani che ancora rivestivano in varia misura i concerti precedenti sono qui completamente dismessi e tutto appartiene ormai esclusivamente a Beethoven: il profilo deciso e virile della melodia,
l’articolazione ritmica irregolare del fraseggio, il vigore del
dinamismo (spesso accentuato, come nel travolgente finale, con caratteristici sforzando), la qualità quasi trascendentale del virtuosismo, il respiro sinfonico assunto dalla
forma concertistica, lo sviluppo metamorfico del discorso
musicale, già improntato a quel principio della variazione
continua che diverrà esclusivo nelle opere dell’estrema
maturità. Eppure, mai come in questa composizione si
avverte la presenza intima e profonda di Mozart. Del suo
nudo spirito, riflesso nelle tinte chiare e luminose che
Beethoven diffonde con pennellate leggere, quasi sfumate,
nei due movimenti estremi; nella naturalezza del gesto,
esposto nell’ambito di una gamma espressiva sottilissima e
ricchissima; e soprattutto nell’amabilità, piena di superiore
saggezza, che informa il dialogo tra il solista e l’orchestra,
una sorta di segreta “affinità elettiva” che si stabilisce già al
primo impatto quando il pianoforte, presentando da solo il
materiale di base (uno di quei motivi a note ribattute tipicamente beethoveniani che, nella loro semplicità, sembrano
essere nulla e invece dentro contengono tutte le meraviglie
che si riveleranno poi), sembra voler dire ai suoi compagni
con un complice sorriso d’intesa: questo è ciò che ho da
offrirvi; ora mostratemi voi che cosa sapete fare.
È un vero e proprio rituale di possessione mozartiana quello
compiuto da Beethoven in questo concerto, così profondo e
pieno da poter inglobare, come un cuore di tenebra, l’angoscia ossessiva di un movimento centrale in cui l’orchestra,
trasformandosi in carnefice, soffoca rudemente, senza pietà,
un pianoforte atterrito che tenta invano di cantare; senza tuttavia che ciò riesca a distruggere il sogno di quel benessere
spirituale semplice e concreto, frutto del superamento del
dolore, che Beethoven sentiva essere appartenuto in modo
esclusivo soltanto alla musica di Mozart.
Cristiano Veroli
Ah, perfido! spergiuro!
Barbaro traditor, tu parti? E son questi
Gli ultimi tuoi congedi? Ove s’intese
Tirannia più crudel? Va, scellerato,
Va, pur: fuggi da me: l’ira de’ Numi
Non fuggirai. Se v’è giustizia in ciel,
Se v’è pietà, congiureranno a gara
Tutti a punirti. Ombra seguace,
Presente ovunque vai,
Vedrò le mie vendette. Io già le godo
Immaginando; i fulmini ti veggo
Già balenar d’intorno... Ah no, fermate
Vindici Dei.
Risparmiate quel cor; ferite il mio.
S’ei non è più qual era, son io qual fui:
Per lui vivea, voglio morir per lui!
Per pietà non dirmi addio,
Di te priva che farò?
Tu lo sai, bell’idol mio:
Io d’affanno morirò.
Ah crudel tu vuoi ch’io mora!
Tu non hai pietà di me?
Perché rendi a chi t’adora
Così barbara mercé?
Dite voi se in tanto affanno
Non son degna di pietà?
Evgeny Starodubtsev pianoforte
Nato il 9 dicembre del 1981, Evgeny Starodubtsev ha frequentato
dal 1991 la Central Musical School di Mosca. Diplomatosi nel 1999
in pianoforte e composizione, si è iscritto al corso di composizione
del Conservatorio di Mosca dove, dal 2000, ha studiato pianoforte
sotto la guida della Prof.ssa Natalia Trull, conseguendo poi il diploma nel 2006. Attualmente è assistente di Natalia Trull al
Conservatorio di Mosca.
Dal 2004 Evgeny Starodubtsev ha ottenuto numerosi premi presso importanti concorsi pianistici internazionali, fra cui: primo premio per l’interpretazione di musica spagnola al Concorso
Internazionale “Compositores de Espaňa” di Las Rozas, Madrid
(2004); primo premio al Concorso Pianistico Internazionale
“Cidade do Porto” (Portogallo, 2005); primo premio e premio speciale per l’interpretazione di musica spagnola al Concorso
Pianistico Internazionale “Ciudad de Ferrol” (Spagna, 2007);
primo premio e due premi speciali per la miglior interpretazione di
musiche di Chopin e di musiche di Szymanowski al First
International Baltic Piano Competition di Gdansk (Polonia, 2007);
primo premio “Gran Premio Marcatel” presso il Concorso
Pianistico Internazionale “Parnassos 2008” di Monterrey
(Messico, 2008); primo premio all’International Jean Francaix
Piano Competition di Vanves (Francia, 2009); primo premio
all’International Delia Steinberg Piano Competition di Madrid
(2009); primo premio all’International A. M. A. Calabria Piano
Competition di Lamezia Terme Nicastro (2009); primo premio
all’International Ricard Viňes Piano Competition di Lleida
(Spagna, 2009); secondo premio al Concorso Pianistico
Internazionale “Honens-2009” di Calgary (Canada, 2009); primo
premio all’International Ciurlionis Piano Competition di Vilnius
(Lituania, 2011); primo premio all’International Giorgos Thymis
Piano Competition di Tessalonica (Grecia, 2013); primo premio al
Concorso Pianistico Internazionale di Lione (2013); primo premio
al V Concorso Pianistico Internazionale di Almaty (Kazakistan,
2013); primo premio al Concorso Pianistico Internazionale A.
Skriabin di Grosseto (2014); primo premio presso il VII Isidor
Bajić Memorial International Piano Competition di Novi Sad
(Serbia, 2014); primo premio al Concorso Pianistico
Internazionale di Varallo (2014); terzo premio all’International
Piano Competition “Top of the world” (Tromso, Norvegia, 2015);
primo premio al Concorso Pianistico Internazionale “Coppa
Pianisti” di Osimo (2015); primo premio al Concorso Pianistico
Internazionale “Chopin prize” di Roma (2015).
Grande successo hanno ottenuto i suoi concerti in tour attraverso la Spagna, la Germania, la Francia, l’Olanda, la Croazia,
l’Italia, la Lituania, la Serbia. Nell’Ottobre 2014 Evgeny ha debuttato come solista presso la Sala Kolarac di Belgrado.
Mariam Perlashvili soprano
Nata a Tbilisi in Georgia, nel 1990, ha frequentato il Collegio di
musica “R. Laghidze” di Batumi.
Nel 2013 si è diplomata al Conservatorio statale di musica di
Batumi, dove ha frequentato il Master in canto lirico, ottenendo
una borsa di studio come migliore studentessa.
Dal 2013 al 2015 è stata solista dell’Opera Studio di Batumi,
interpretando Adina ne L’elisir d’amore, Norina nel Don Pasquale,
Mercedes nella Carmen, e prendendo parte a numerosi concerti.
Dal 2015 frequenta i corsi dell’Accademia d’Arte Lirica di Osimo.
Nicola Marasco direttore
Nato a Foggia nel 1983, Nicola Marasco è uno dei giovani direttori emergenti del panorama musicale. Ha compiuto gli studi
musicali presso il Conservatorio “U. Giordano” dove si è diplomato in pianoforte e in musica elettronica rispettivamente con D.
Caratori e D. Monacchi. In seguito si è diplomato in direzione
d’orchestra con Donato Renzetti presso l’Accademia Musicale
Pescarese perfezionandosi successivamente con P. Bellugi, L.
Jia, J. Panula, L. Shambadal, B. Bartoletti e con A. Allemandi, R.
Palumbo, E. Pessen, T. Pàl presso la Scuola dell’Opera Italiana
di Bologna. Si è perfezionato negli studi in pianoforte con I.
Ossipova (Mosca), in fortepiano con R. Levine (Harvard
University).
Ha collaborato con diverse orchestre, tra cui: Orchestra
Filarmonica della Fenice, Coro e Orchestra del Teatro Comunale
di Bologna, Orchestra Filarmonica Marchigiana, Sinfonica della
Provincia di Bari, Filarmonia Veneta, Orchestra Sinfonica
Siciliana, Orchestra Sinfonica Abruzzese, Sinfonica Tito Schipa di
Lecce, La FVG Mitteleuropa Orchestra.
Lo scorso Giugno ha diretto “Sinfonia” di L. Berio al Teatro La
Fenice di Venezia con gli Swingle Singers e l’Orchestra
Filarmonica del Teatro La Fenice con i quali tornerà in concerto
nella prossima stagione.
Ha scritto il saggio “Nuove tecniche d’analisi musicale” (Squilibri,
Roma 2011) e “Phaedra nel teatro Musicale del Novecento” (Il
castello, 2014). Nel 2005 vince la borsa di studio per Maestri
Collaboratori al Teatro Lirico Sperimentale collaborando con R.
Bruson, R. Kabaivanska, M. Boemi, E. Ferrari e C. Ventura. Ha
lavorato come Maestro Collaboratore per le masterclass di M.
Freni, F. Patanè, F. Araiza, I. Cotrubas, F. Cedolins, M.
Trombetta, L. Serra e A. Antoniozzi e in produzioni d’opera con R.
Abbado, K. L. Wilson, D. Livermore.
Ha insegnato direzione d’orchestra e prassi esecutiva dell’Opera
Italiana all’Accademia Internazionale delle Arti a Seoul tenendo
corsi anche ad Anyang, Cheonan, Changwon.
OrchestraFilarmonicaMarchigiana
Violini I
Alessandro Cervo**
Giannina Guazzaroni*
Alessandro Marra
Elisabetta Spadari
Laura Di Marzio
Lisa Maria Pescarelli
Cristiano Pulin
Violini II
Simone Grizi*
Laura Barcelli
Baldassarre Cirinesi
Simona Conti
Sandro Caprara
Sergio Morellina
Viole
Greta Xoxi*
Massimo Augelli
Cristiano Del Priori
Lorenzo Anibaldi
Violoncelli
Alessandro Culiani*
Antonio Coloccia
Gabriele Bandirali
Nicolino Chirivì
Contrabbassi
Luca Collazzoni*
Andrea Dezi
Flauto
Francesco Chirivì*
Oboi
Giovanni Pantalone*
Marco Vignoli
Clarinetti
Sergio Bosi*
Luigino Ferranti
Fagotti
Luca Bonci*
Giacomo Petrolati
** Primo Violino di spalla
* Prime parti
Corni
David Kanarek*
Roberto Quattrini
Trombe
Giuliano Gasparini*
Manolito Rango
Timpani
Adriano Achei*
Ispettore d’orchestra
Michele Scipioni
prossimi appuntamenti
MILENKOVICH: OTTO STAGIONI
A. Vivaldi Le Quattro Stagioni, da “Il Cimento dell'Armonia e
dell'Invenzione”, op. VIII
A. Piazzolla Las Quatro Estaciones Porteñas (Le Quattro Stagioni “da
Buenos Aires”) - versione per violino e archi
Violino e concertazione Stefan Milenkovich
Sabato 30 aprile, ore 21.00 – Osimo, Teatro La Nuova Fenice
FORM ORCHESTRA FILARMONICA MARCHIGIANA
Via degli Aranci, 2 - 60121 Ancona | Tel. 071 206168 - Fax 071 206730
filarmonicamarchigiana.com | [email protected]