Modellini di navi tirrenico-villanoviane da Tarquinia

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Modellini di navi tirrenico-villanoviane da Tarquinia
ME D IT E R RANEA
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Redazione
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Massimo Botto · Ida Oggiano
Bianca Lea Zambrano (Segretaria)
*
«Mediterranea» is a Peer-Reviewed Journal
M E DI TERRANEA
qua der ni an nua l i de l l ’ i st i t uto
di studi s u l l e c i v i lt à i ta l i c h e
e del m ed i t e rr a ne o a nt i co
de l con s i g l i o naz ionale d elle r ic erc he
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SOMMARIO
Alessandro Mandolesi, Claudio Castello, Modellini di navi tirrenico-villanoviane da Tarquinia
Elena Acampa, Avella in età orientalizzante: aspetti del rituale funerario e delle
dinamiche di genere
Laura Ambrosini, Uno specchio da una tomba di Corchiano, ritrovato nella Collezione Gorga
Giuseppina Capriotti Vittozzi, L’Egitto a Praeneste: alcune note
Carlo de Simone, Etrusco e tirrenico di Lemnos (stele): le forme verbali marvas ~
maras
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29
71
79
99
immagini e parole. convergenze e divergenze:
etruria, cartagine, roma
(xvii congresso aiac, roma, 24 settembre 2008)
Filippo Delpino, Introduzione
Vincenzo Bellelli, Enrico Benelli, Un settore “specializzato” del lessico
etrusco: una messa a punto sui nomi di vasi
Laura Ambrosini, Raffigurazioni e didascalie in etrusco sugli specchi di età ellenistica: il caso-studio dello specchio con thevrumines
Adriana Emiliozzi, Dialoghi prenestini su cista e specchio figurati
Ida Oggiano, Paolo Xella, Comunicare con gli dei: parole e simboli sulle stele
del tofet
Lorenza-Ilia Manfredi, Iconografia e leggenda. Il linguaggio monetale di Cartagine
137
139
153
173
185
203
note e discussioni
Alessandro Morandi, Sul calice inscritto “di Magliano”: una precisazione
Maria Luisa Agneni, Il calice inscritto da Magliano: circostanze del rinvenimento
219
223
MODELLINI DI NAVI
TIRRENICO-VILLANOVIANE DA TARQUINIA
Alessandro Mandolesi* · Claudio Castello
N
el 1989, durante una ricognizione
condotta dal Gruppo Archeologico Centumcellae di Civitavecchia sul Poggio dell’Impiccato, sede di una delle più
importanti necropoli villanoviane della
Civita,1 vennero recuperati i resti di due
* Università degli Studi di Torino, Facoltà di Lettere e Filosofia.
Si ringrazia Maria Cataldi, della Soprintendenza
per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale, per
aver concesso con la consueta liberalità e gentilezza
lo studio dei reperti, e il Soprintendente Anna Maria
Sgubini Moretti per l’interesse mostrato nei confronti di questa ricerca. Si è inoltre grati ai responsabili del deposito del Museo Archeologico Nazionale
di Tarquinia, Umberto Magrini e Beatrice Casocavallo, per aver agevolato lo studio dei reperti. Sentita
riconoscenza va a Filippo Delpino, per il commento
e i preziosi suggerimenti apportati al testo, sempre
inseriti in un proficuo confronto critico; a lui e al Comitato scientifico della rivista vanno ringraziamenti
per aver accolto il presente lavoro, frutto della rielaborazione di una tesina redatta nell’a.a. 2008-2009
da Claudio Castello nell’ambito del corso di Etruscologia e Antichità italiche dell’Università di Torino; di sua mano sono i disegni delle imbarcazioni.
1 Il sepolcreto interessa la sommità allungata di
un dominante rilievo conformato a schiena d’asino,
situato a sud-est dell’insediamento protourbano.
L’area fu indagata all’inizio del Novecento da V. Fioroni: durante la campagna di scavo si rinvennero circa 110 tombe quasi esclusivamente della prima età
del Ferro, le più antiche delle quali si concentravano
nella parte occidentale del poggio affacciata verso
l’abitato. Numerosi materiali funerari villanoviani
sono emersi in superficie, anche in anni recenti, per
via delle profonde arature che hanno interessato
l’intera superficie del rilievo; e così, in base alla dispersione dei reperti in superficie, registrata nel corso degli anni, si è potuta tracciare una mappa archeologica indicativa della necropoli: Mandolesi
modellini fittili di imbarcazioni provenienti da sepolture della prima età del
Ferro sconvolte dai lavori agricoli.2 In
mancanza di dati relativi al posizionamento dei reperti e ai contesti di appartenenza, l’esame autoptico dell’impasto
e delle modalità di fabbricazione, nonché le caratteristiche morfologiche dei
due esemplari, permettono di assegnare
le navicelle a un periodo compreso fra
un momento avanzato della prima fase
e uno iniziale della seconda fase del Primo Ferro (orizzonti ib-iia).
Di un modellino si sono rinvenuti soltanto due frammenti, peraltro non combacianti. Il secondo modellino, una volta ricomposto,3 si è invece rivelato un
unicum nel suo genere per lo spiccato
realismo degli elementi rappresentati
1999a, p. 147, n. 3, fig. 66,C; scheda con bibliografia
generale in Perego 2005, pp. 144-146. Sul carattere
elitario di alcune deposizioni a incinerazione dell’Impiccato: Delpino 2005.
2 La prima notizia del ritrovamento è apparsa
sulla rivista Archeologia Viva: Nastasi 1992. Nella
stessa ricognizione furono rinvenuti anche frammenti di urne decorate con motivi villanoviani, una
fuseruola d’impasto e una fibula in bronzo ad arco
ingrossato. Rilevante è inoltre la sola segnalazione
di un frammento pertinente alla fiancata di un ulteriore modellino d’imbarcazione fittile, sul quale era
presente una doppia fila di fori sovrapposti, presumibilmente destinati a più ordini di remi (ibidem, p.
77). Un’immagine del modellino più importante di
Poggio dell’Impiccato è presente in Cataldi 1993,
p. 18, fig. 5.
3 L’intervento è stato svolto da Enrica Foschi, restauratrice della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale.
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alessandro mandolesi · claudio castello
plasticamente. L’attenzione nel riprotuali conformità in altri modellini d’imdurre su questo esemplare, da parte
barcazioni dello stesso periodo – rivela
dell’abile artigiano, dei dettagli tecnici
la volontà di ricreare in scala ridotta un
che verosimilmente trovavano diretto
mezzo navale reale, per cui in questa seriscontro sulle navi dell’epoca – circode si ritiene interessante destinare all’ogstanza che non si ritrova con così pungetto una più attenta analisi.
A
Modellino 1 (Figg. 1-2)
B
Caratteristiche: impasto bruno-rossastro
con inclusi micacei; superficie interna ed esterna bruno chiaro-rossastra
omogenea, lucidata.
Stato di conservazione: due frammenti
non combacianti.
Misure: il frammento pertinente alla
fiancata dell’imbarcazione è lungo 9,8
cm e alto 4,8, mentre il secondo frammento, probabilmente relativo alla
prua della navicella, è lungo 6,7 cm e
alto, nel punto di massima conservazione, 8,5.
Luogo di conservazione: depositi del Museo Nazionale Archeologico di Tarquinia.
Fig. 1. Il modellino 1 da Poggio
dell’Impiccato: A. sezione e visioni laterale
e dall’alto del frammento della fiancata;
B. sezione e visioni laterale e dall’alto del
frammento della prua. Tarquinia, Museo
Archeologico Nazionale (dis. C. Castello).
Il primo frammento corrisponde alla
parte bassa della fiancata a parete obliqua e leggermente arrotondata dello
scafo, la cui base è sicuramente piana.
Presenta varie fessurazioni in superficie.
Il secondo frammento, presumibilmente relativo alla prua, presenta un
listello schiacciato che si sviluppa verticalmente in corrispondenza dell’estremità della vasca, contraddistinto da un
foro passante posto a circa metà della
sua altezza. Non conosciamo le caratteristiche del prolungamento superiore
della poppa.
La forma che si percepisce dall’osservazione dei due frammenti è quella di
un’imbarcazione complessivamente arrotondata o panciuta.
modellini di navi tirrenico-villanoviane da tarquinia
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Fig. 2. Vedute laterali dei frammenti del modellino 1 da Poggio dell’Impiccato.
Tarquinia, Museo Archeologico Nazionale (foto degli autori).
Modellino 2 (Figg. 3-6)
Caratteristiche: impasto bruno-rossastro
con inclusi micacei; superficie interna
ed esterna bruno-rossastra abbastanza omogenea, lucidata.
Stato di conservazione: mutilo; oggetto ricomposto da frammenti e parzialmente integrato.
Misure: lunghezza conservata 26,7 cm;
larghezza conservata 11,8 cm; altezza
conservata, nel suo punto massimo, 8
cm.
Luogo di conservazione: sala 1 del Museo
Nazionale Archeologico di Tarquinia.
Nel complesso il modellino presenta una
conformazione relativamente snella nonostante lo scafo sia spanciato nella parte
centrale.
L’imbarcazione è dotata di doppio
sperone tagliamare/rostro, uno a prua e
l’altro a poppa. La ruota di prua è rialzata e con lo sperone crea un angolo
acuto con la chiglia. L’akrostòlion è ingrossato ed obliquo verso l’esterno, ed
era sormontato (la sommità della prua è
A
B
C
Fig. 3. Il modellino 2 da Poggio
dell’Impiccato: A. visione laterale destra;
B. visione dall’alto; C. visione laterale sinistra.
Tarquinia, Museo Archeologico Nazionale
(dis. C. Castello).
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alessandro mandolesi · claudio castello
A
B
Fig. 4. Il modellino 2 da Poggio dell’Impiccato: A. sezione longitudinale;
B. sezione trasversale. Tarquinia, Museo Archeologico Nazionale (dis. C. Castello).
Fig. 5. Vedute dall’alto e laterale destra del modellino 2 da Poggio dell’Impiccato.
Tarquinia, Museo Archeologico Nazionale (foto degli autori).
Fig. 6. Vedute laterale sinistra e interna della parte posteriore dello scafo del modellino 2
da Poggio dell’Impiccato. Tarquinia, Museo Archeologico Nazionale (foto degli autori).
mancante) da una vistosa polena probabilmente a testa animale, con ogni probabilità un uccello.
La poppa termina invece con una larga presa orizzontale a lingua arrotondata, sul lato superiore della quale è im-
pressa una cuppella; all’interno dello
scafo, sia a poppa che a prua, sono visibili
degli attacchi relativi a un raccordo orizzontale a bastoncello da mettere in relazione nella parte anteriore a un rialzamento del ponte di prua e nella parte
modellini di navi tirrenico-villanoviane da tarquinia
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posteriore al castello di poppa. Le basi
nario dell’esemplare. Peraltro, la specifidei due ponti sono assenti e originariacità degli elementi riprodotti consente di
mente erano state realizzate presumibilconsiderare questo oggetto un caso unimente in materiale deperibile. Come a
co nel suo genere.
prua, lo sperone posteriore è pronunciaLa navicella risulta eccezionale all’into e forma un angolo acuto con la chiterno della serie di modellini d’imbarcaglia. La base del modellino è piana e la
zione d’impasto della prima età del Ferchiglia, alle estremità della vasca, si colro, variamente distinta in base alla
lega da un lato alla ruota di prora e dalforma e alla dimensione dei singoli pezl’altro al dritto di poppa.
zi1 (Fig. 7). Queste barchette, dalle diÈ conservata buona parte dell’alta
mensioni variabili fra i 5 e gli oltre 30 cm
fiancata destra del modellino, dal profidi lunghezza, richiamano plasticamente
lo obliquo e leggermente arrotondato.
elementi tipici delle navi utilizzate dalle
Sulla fiancata, al di sotto del parapetto
comunità medio-tirreniche negli scambi
formato dal capo di banda, sono consere nelle azioni di controllo del mare, talvati tre fori passanti da mettere in relavolta in specifici dettagli come la prua, la
zione agli scalmi per i remi. La porzione
poppa o gli scalmi per i remi.2 Fra i momancante della sponda destra, considedellini più interessanti trovati nelle nerate le distanze tra i fori, doveva avere alcropoli villanoviane tarquiniesi spicca
tri tre scalmi giungendo così a un totale
l’esemplare dalla tomba 8 di Poggio Seldi sei fori per fiancata (il modellino ricociatello, la cui forma complessiva è ristruito è purtroppo lacunoso sul lato
conducibile a un tipo di nave da trasporsinistro).
to: la prua è slanciata e la poppa ha un
All’interno dello scafo si osservano,
piano di deriva destinato alle manovre
modellate a rilievo, cinque coste trasvercon un solo timone laterale.3
sali distanziate fra loro dai 3 ai 3,5 cm, deLe notevoli dimensioni del secondo
stinate nelle imbarcazioni reali a irrobumodellino dell’Impiccato (superiori ristire il rivestimento esterno del natante;
spetto alle altre navicelle d’impasto,
le coste erano unite alle loro sommità
considerata l’assenza della polena) e le
dal capo di banda che è visibile, come
peculiarità tecniche riscontrate nel pezgià accennato, nella parte conservata
zo, permettono di considerare questo
della fiancata destra. In prossimità del
centro del corpo della nave troviamo
1 Questa categoria di oggetti funerari (compouna cavità (corrispondente alla scassa)
sta da meno di venti esemplari) è formata da riprodestinata all’alloggiamento dell’albero
duzioni vagamente fedeli alle vere imbarcazioni, a
differenza dei cosiddetti “vasi a barchetta” o piattelli
andato perduto .
con o senza piede, in certi casi forniti lateralmente
[Claudio Castello]
di protome animale, che assumono più chiaramen*
La ricomposizione del secondo modellino d’imbarcazione proveniente da Poggio dell’Impiccato permette di avere una
visione apprezzabile dell’aspetto origi-
te una funzione di contenitori o presentatoi cerimoniali all’interno del corredo: Colonna 1988, p. 428;
Torelli 1997, p. 586 sg.; Iaia 1999, p. 26, nota 30, fig.
5, n. 3; Iaia 2002, p. 729 sg.
2 Iaia 1999, p. 26, nota 28, fig. 5, nn. 2, 4-5.
3 Hencken 1968, p. 35, fig. 22,c; Cristofani
1983, fig. 7.
14
alessandro mandolesi · claudio castello
Fig. 7. Esempi di navicelle d’impasto tarquiniesi della prima età del Ferro:
1 e 5. da Villa Bruschi-Falgari; 2. da Le Rose; 3. da Poggio Selciatello;
4. dalle Arcatelle (da Iaia 2002).
oggetto come una vera e propria riproduzione di nave in uso sul mare etrusco
all’inizio del primo millennio a.C. Pare
quindi opportuno tentare di risalire da
questa riproduzione in miniatura al tipo
navale che ha presumibilmente ispirato
il nostro manufatto.
Tombe tarquiniesi della prima età del
Ferro hanno restituito, più che altrove,
barchette o navicelle di uso cerimoniale1
1 Ghirardini 1881, p. 257, tav. v,25; Hencken
1968, p. 35, fig. 22,c (da Poggio Selciatelo) e p. 410,
dalla forma piuttosto schematizzata. Si
tratta di vasi probabilmente usati come
presentatoi di offerte, bruciaprofumi o
lucerne. Come le più impegnative navicelle sarde,2 le barchette fittili villanoviane riprendono solo alcune e significative
fig. 412 (dalle Arcatelle); Iaia 1999, p. 26, nota 28, fig.
5, nn. 2, 4-5; Iaia 2002, p. 729, fig. 1,1-2 e 5-6 (da Villa
Bruschi-Falgari e Le Rose); Bartoloni 2002, p. 184
sg.; si segnalano, inoltre, esemplari ancora inediti
nella Raccolta Comunale di Tarquinia.
2 Gras 1980; Bonino 1989; Depalmas 1996 e
2000.
modellini di navi tirrenico-villanoviane da tarquinia
15
parti effettive delle navi, ad esempio la
villanoviana, frutto di una notevole attiprotome ornitomorfa della prua; tralatudine in fatto di cantieristica navale. È
sciano invece quei dettagli più minuti
una sorta di compromesso fra il tipo cautili alla comprensione delle tecniche e
nonico snello, “militare”, e quello tondelle tipologie navali tirreniche dell’inideggiante, “commerciale”. Il modellino
zio del primo millennio a.C.1
dell’Impiccato ci riporta pertanto a un
In nostro soccorso arrivano comuntipo navale di una certa complessità coque diverse raffigurazioni di imbarcastruttiva, adoperato per il trasferimento
zioni e di scontri navali in mare, attestadi persone e di merci, a breve e lunga dite principalmente nella ceramografia di
stanza. Lo scafo allargato nella porzione
epoca orientalizzante2 (Fig. 8); non
centrale, fa pensare a un’imbarcazione
molte sono invece le fonti letterarie grepromiscua adibita sostanzialmente al
che e romane che contribuiscono a chiatrasporto, ma allo stesso tempo segnala
rire l’aspetto e l’evoluzione della tipolocome il mezzo fosse agile ed eventualgia navale nell’Italia preromana.3
mente pronto alla difesa o all’attacco,
Il modellino presentato in questa sede
spinto dalla velatura o da un unico ordiconsente di avanzare alcune considerane di remi.4 Il modellino, per esigenze di
zioni generali sulla cantieristica navale
appoggio, ha una base piana, ma è verodi età villanoviana e sull’utilizzo di tali
simile che l’imbarcazione reale fosse diimbarcazioni da parte di personaggi di
stinta da un fondo tondeggiante carenarango elevato in seno alla comunità proto, del tipo documentato sulla già citata
tourbana di Tarquinia.
barchetta di Poggio Selciatello,5 associaLa forma limitatamente slanciata delto, nel nostro caso, a un’intelaiatura di
la navicella tarquiniese denota altresì,
robuste costole su cui si applicava il faper l’imbarcazione reale, una discreta
sciame ligneo.
velocità. La parte mediana dello scafo si
I dettagli tecnici riportati sul modellipresenta più ampia e dal profilo arcuato:
no tarquiniese comprovano le conoscensi tratta di un deciso allargamento rize raggiunte dall’ingegneria navale in
spetto al profilo continuo della nave.
Etruria meridionale all’inizio del primo
Questa conformazione fa pensare a un
millennio a.C., frutto di esperienze locamodello versatile di matrice tirrenicoli ottimizzate dal contatto con le avanza1 In generale sulle caratteristiche dell’ingegneria navale villanoviana ed etrusca v. Hagy 1986;
Steffy 1994, p. 140; Höckmann 2001.
2 Cristofani 1983, p. 27 sg. e p. 135.4 (bibl. prec.);
Cristofani 1987, p. 54 sg.; in Bonino 1989 è riportato in appendice un repertorio delle rappresentazioni navali etrusche: pp. 1533-1536; inoltre Basch
1987; Steffy 1994, p. 140; Höckmann 2001. Sulle raffigurazioni navali si veda anche il volume, di agile
consultazione, Pettena 2002, p. 44 sg.
3 Una sintesi delle fonti antiche è riportata in
Cristofani 1983, pp. 111-118 e in Bonino 1989, p.
1519, nota 12; inoltre Pettena 2002, pp. 17-32.
4 Secondo M. Bonino (1989, p. 1525) l’aspetto ibrido delle imbarcazioni etrusche sarebbe una caratteristica dei modelli mediterranei più antichi, precedenti le età tardo-orientalizzante e arcaica, periodo in
cui la specializzazione del commercio concepì nuove
versioni destinate a pesanti carichi; in realtà, dalle
rappresentazioni iconografiche e dalle fonti storiche
conosciamo l’esistenza di navigli già differenziati all’inizio dell’Orientalizzante nella loro utilizzazione
militare (a remi) o mercantile (a vela): vedi nota 2.
5 Vedi p. 13, nota 3. La ricostruzione grafica di un
fondo di questo tipo è in Bonino 1989, fig. 4,A a destra.
16
alessandro mandolesi · claudio castello
1
3
2
4
5
Fig. 8. Raffigurazioni di navi e di scontri navali sulla ceramica di età orientalizzante:
1. cratere di Aristonothos (Roma, Musei Capitolini); 2. pisside ceretana
d’impasto rosso (Parigi, Louvre); 3. ossuario d’impasto veiente (Roma, Villa Giulia);
4. oinochoe del Pittore delle Palme (Columbia, Museum of Art and Archaeology);
5. piatto ad aironi da Acqua Acetosa Laurentina (Roma, Museo Nazionale Romano).
modellini di navi tirrenico-villanoviane da tarquinia
17
te marinerie levantine; la cantieristica
utili nello stivare, forse sotto coperta,
villanoviana seppe infatti elaborare momerci da scambio e/o da bottini. La predelli d’imbarcazione del tutto autonomi
senza del tagliamare pronunciato sicurae convenienti alle specifiche funzioni
mente migliorava la deriva e la velocità
delle comunità marittime e alle carattedel mezzo. Il tagliamare, con gli opporturistiche della costa tirrenica, capaci di
ni rinforzi, poteva assumere anche una
imporre la propria efficienza su navi pro- valenza militare,3 quindi di sperone o
venienti dal Mediterraneo orientale.
rostro essenziale per eventuali attacchi o
L’aspetto ibrido dell’imbarcazione tardifese della nave, in grado di incutere tiquiniese si concilia pienamente con le
more nell’avversario e di garantire un’auiniziative commerciali dell’epoca, carattodifesa in caso di assenza di scorte.4
terizzate anche da azioni di controllo
Taluni interrogativi sulla configuradelle rotte e da scorrerie “piratesche”, atzione della nave reale derivano però daltività che tanto preoccuparono i Greci
la presenza sul modellino dello sperone
nei mari meridionali dell’Italia prima
posteriore, elemento che comunque
della colonizzazione di età storica.1 Precompare, talvolta appena abbozzato, in
sumibilmente tramite mezzi navali coalcuni vasi a forma d’imbarcazione. Nelme quello ripreso dal modellino tarquil’esemplare dell’Impiccato ci troviamo
niese, i primi Etruschi effettuarono nel
di fronte a un prominente prolungamedio e basso Tirreno blocchi navali e
mento della chiglia sia sulla ruota di
fornirono scorte a imbarcazioni stranieprua che sul dritto di poppa.5 Una delle
re;2 si trattava di un dominio marittimo
mirato all’esazione di dazi nei confronti
3 Secondo Plinio (N.H. vii, 57 e viii, 209) fu un
di tutti quei vettori che transitavano lunetrusco il primo ad aggiungere uno sperone agli
scafi per colpire le navi nemiche.
go la costa tirrenica per l’approvvigiona4 La dotazione del rostro su modellini villanomento dei minerali e dei metalli semila- viani
è forse segnalata dalla sporgenza presente su
vorati dell’Etruria.
un modellino dalle Arcatelle (Iaia 2002, p. 730, fig.
1,4), mentre è meglio documentata su navi raffiguIl modello navale villanoviano assomrate nella più recente ceramografia orientalizzante:
ma altresì in sé caratteristiche adeguate
sulla oinochoe da Tarquinia attribuita al Pittore delall’espletamento delle prime forme di tale Palme (primo quarto vii sec. a.C.) è stata dipinta
lassocrazia etrusca sul Tirreno: innanziuna flotta costituita da una fila di navi di chiara influenza geometrica, con prua rostrata e vela quadra
tutto la forma conveniente alle manovre
(Ceramica etruschi, pp. 79 e 253, n. 24); (Fig. 8,4) anrapide d’abbordaggio e allo stesso tempo
1 Eforo in Strabone (vedi nota 6 a p. 25); Cristofani 1983 (con bibl. prec. a pp. 136.4 e 138), 1984 e
1985; Gianfrotta 2001. Sul predominio marittimo
etrusco in età villanoviana cfr. Giuffrida Ientile
1993, pp. 54-56.
2 Già in epoche così antiche i maggiori carichi
navali potevano essere scortati da altri navigli. Dalle
perdite di navi onerarie con merci rilevanti potevano infatti originarsi eventi drammatici, soprattutto
per le comunità più piccole, come le carestie.
che sul cratere di Aristonothos (Fig. 8,1) i navigli
impegnati nello scontro sono entrambi forniti di
acuto sperone. Viceversa, secondo alcuni autori il
prolungamento anteriore della chiglia delle navi più
antiche non è necessariamente interpretabile anche
come strumento di offesa e difesa: Westerberg
1983, pp. 64-65, nota 17; Depalmas 2000, p. 204.
5 Il taglio della chiglia doveva essere piuttosto
pronunciato per imprimere velocità all’imbarcazione. Teofrasto (De causis plantarum v, 8) ricorda, peraltro, che esistevano dei faggi con un tronco di tale
lunghezza da essere sufficiente alla realizzazione
della chiglia di una nave tirrenica.
18
alessandro mandolesi · claudio castello
peculiarità del tipo navale richiamato
nati all’alloggiamento di remi miniaturidal nostro modellino era rappresentata
stici probabilmente lignei:2 ponendo atquindi dall’utilizzo del doppio rostro, sitenzione alla loro forma, si rileva come i
curamente rivestito di metallo, e dall’effori presentino una disposizione a 45°
ficiente configurazione idrodinamica
nel trapassare il margine dello scafo, inutile anche a speronare in entrambe le
clinati da poppa verso prua, come se i redirezioni.
mi, pensando alla posizione reale, fosseAltro importante impiego delle imro in carica.3
barcazioni tirreniche, oltre a quello miI fori o scalmi conservati sono comlitare e commerciale, era la pesca in alto
presi fra le coste trasversali che segnano
mare, condotta con mezzi agili spinti da
l’interno dello scafo; considerato che le
rematori. A queste attività allude il piatcinque coste trasversali dividono il guto ceretano da Acqua Acetosa Laurentiscio in sei parti, si presume che dovessena (della metà circa del vii sec. a.C.),
ro esserci sei fori per ciascuna fiancata.
(Fig. 8,5) sul quale è raffigurato il moQuesta osservazione permette di formento culminante della caccia a un tonmulare delle ipotesi anche sulla compono o a un altro pesce di grandi dimensiosizione dell’equipaggio presente su una
ni; si vede un marinaio intento a
nave di questo tipo.
fiocinare l’animale sulla prua di una naIl modellino dell’Impiccato riproduce
ve snella e prorata, trainata da nove voun mezzo dotato di dodici remi; quindi
gatori e spinta da una vela quadra.1
possiamo già immaginare un equipagIl modellino, in origine, doveva essere
gio minimo di dodici persone. I marinai
completato, in alcune sue parti, da eleerano addetti, oltre alla voga, anche alle
menti in materiale deperibile, presumioperazioni di carico-scarico di merci e,
bilmente legno. Questa possibile intein caso di bisogno, alla difesa militare.
grazione è da collegarsi alla presenza dei
Per il periodo villanoviano possiamo infori passanti visibili sulla parte alta della
fatti pensare, come avveniva nel mondo
fiancata e della cavità posta al centro delomerico, all’impiego di marinai pronti
lo scafo, elementi che avrebbero notead ogni evenienza piuttosto che di pervolmente accentuato la verosimiglianza
sonale specializzato.
dell’imbarcazione. I primi erano destiIl cratere di Aristonothos4 (Fig. 8,1) reca, su un lato, la raffigurazione di uno
scontro navale ritenuta “realistica” fra
1 A. Bedini, in Civiltà etruschi, p. 227, 8.2; Gianimbarcazioni che possiamo considerare,
frotta 1988, p. 14. Strabone ricorda la specializzazione degli Etruschi nella pesca dei tonni (v, 2, 6-89). La scena è stata interpretata anche come
l’aggressione di un enorme pesce a una imbarcazione (Ceramica etruschi, pp. 92 e 263, n. 39): l’elemento
trasversale che affiorerebbe, davanti alla nave, dalla
bocca del pesce è stato considerato come gamba
sporgente di un marinaio semiingoiato, mentre è
più verosimile che il tratto ripiegato corrisponda
all’akrostòlion della prua rientrante ad angolo e
schematicamente conformato alla sommità a testa
animale.
2 Anche una navicella sporadica dalle Arcatelle
mostra una fila di forellini lungo il bordo dello scafo: Iaia 2002, p. 730, fig. 1,4.
3 Altro aspetto apparentemente singolare del
modellino, ma del tutto ipotetico, è dato dall’inclinazione della navicella, leggermente piegata sul suo
fianco sinistro, dovuta alla posa della sua base, come se stesse affrontando una manovra in mare.
4 Ceramica etruschi, pp. 93 e 263-265, n. 40 (con
bibl. prec.).
modellini di navi tirrenico-villanoviane da tarquinia
19
dal punto di vista tipologico, di poco poquale poteva occuparsi direttamente
steriori al nostro modellino. Si frontegdella gestione del mezzo, anche se siagiano una veloce nave da guerra di tipo
mo obbligati a pensare alla necessaria
egeo spinta da cinque rematori e fornita
presenza a bordo di un esperto addetto
a prua di lungo sperone e una imbarcaalla navigazione (pilota/nocchiero), cui
zione di tipo commerciale con albero e
poteva spettare anche il controllo del
scafo profondo dotato anch’esso di spegovernale, se sul naviglio non era previrone; sui ponti dei navigli sono in procinsto il timoniere. Fondamentale nella geto di scontrarsi dei guerrieri armati.1
stione della nave era pertanto il pilota (il
L’equipaggio rappresentato su quella
kubernétes dei Greci), specializzato nella
che viene considerata una nave etrusca,
navigazione tecnica, figura che sulle
è interamente impegnato nel solo sconmaggiori imbarcazioni non corrispontro, visto che non sono stati dipinti i redeva a quella dell’armatore.
matori ma soltanto i soldati pronti ad afSeguendo questi ragionamenti si arrifrontare gli avversari. L’imbarcazione
va, per il tipo d’imbarcazione riprodotta,
greca risulta invece fortemente lanciata
a un equipaggio fra le 15 e le 20 unità, sodai rematori contro quella nemica. Teprattutto se il pilota-timoniere era assinuto conto del risvolto politico-ideologistito da più aiutanti impegnati sul ponte
co contenuto nella scena riprodotta sul
nelle complesse manovre del sartiame e
cratere di mano greca,2 la nave etrusca
degli imbrogli della vela, nel controllo
confermerebbe comunque una flessibilidelle attrezzature e delle merci, nello
tà d’impiego del personale di bordo, con
scandagliare il fondo e prevenire ostacoli
uomini genericamente impiegati nella
galleggianti, scogli o secche.3 Si trattemarineria, pronti anche alla difesa ar rebbe quindi di un così nutrito numero
mata del carico.
di persone da portarci a postulare una
Ai rematori attribuiti al modellino
nave di notevoli dimensioni per l’epoca e
dobbiamo aggiungere, nell’ideale equiun proprietario con capacità economipaggio della reale nave villanoviana, la
che tali da potersi permettere il mantepartecipazione del suo proprietario, il
nimento di numeroso personale. L’armatore-mercante della nave derivava
pertanto le sue ricchezze dai traffici ma1 La scena è stata interpretata come un’azione
corsara greca nei confronti di un vascello onerario
rittimi connessi allo smercio delle risoretrusco. La rappresentazione comprende due diverse naturali e artigianali, che dovevano
si tipi navali già in uso in età geometrica e citati nei
coinvolgere, mediante una navigazione
poemi omerici (Od. iv, 24 sg.), ossia la nave militare
a cabotaggio, varie comunità costiere
a remi (greca) e quella mercantile a vela (etrusca);
Morrison 1968; Steffy 1994, p. 126 sg.
della fascia tirrenica.
2 Una scena narrativa simile è riprodotta sulla
L’altro evidente richiamo a un’imbarpisside ceretana d’impasto rosso del Louvre con vascelli entrambi spinti da rematori; tenuto conto delle riserve sollevate sulla genuinità di questa raffigurazione dipinta (Geppert 2000), anche in questo
caso si è comunque proposto lo scontro corsaro fra
una slanciata nave greca e una etrusca, più panciuta,
con prora a testa di cigno e rostro sottostante: Micozzi 1994, p. 245, n. 13 (con bibl. prec.).
3 Un equipaggio impegnato nella gestione di
una grande imbarcazione da trasporto è rappresentato nella Tomba della Nave di Tarquinia: il soggetto realistico funge da “metafora” del viaggio per
mare del defunto verso l’isola dei Beati, abitata dai
famigliari già morti: Colonna 2003.
20
alessandro mandolesi · claudio castello
cazione reale è costituito dalla cavità sitato con una vela di questo tipo e la coffa
tuata al centro dello scafo, a metà della
è occupata da una vedetta armata. Non
terza costa, nella quale era inserito l’albesappiamo se il modellino recasse sull’alro miniaturizzato della navicella. Il buco
bero anche il pennone della vela e, semin questione corrispondente alla scassa
pre in materiale deteriorabile, la corsia
(la cavità in cui l’albero della nave veniva
longitudinale al centro dello scafo, che
fissato alla chiglia); è profondo poco più
appare rialzata in alcune rappresentaziodi un centimetro e doveva ospitare la rini navali.5
produzione (forse lignea) dell’unico alLa poppa dell’imbarcazione è domibero della nave,1 non sappiamo se tenuto
nata dalla presenza di una grande presa
in posizione sullo scafo anche dalla ricoa lingua semicircolare, segnata superiorstruzione degli stragli e delle sartie.2 Nel
mente da una cuppella impressa dall’armodellino l’albero è leggermente spotigiano con il suo dito, e probabilmente
stato verso prua, e poteva essere allestito
destinata alla presa del modellino. La
con una piccola “vela quadra” dipinta3
lingua richiama forse schematicamente
recando alla sommità l’accenno della
il cassero di poppa, sotto il quale, all’incoffa.4 Sul cratere di Aristonothos la nave
terno dello scafo, compaiono gli attacritenuta etrusca mostra l’albero appronchi di un setto di raccordo orizzontale
probabilmente destinato a sostenere un
rialzamento del ponte. All’estremità po1 La scassa al centro dello scafo è ricordata nei
racconti omerici (Od., ii, 424-426; iv, 780-782) e risteriore della navicella doveva inoltre
prodotta su modellini fittili d’imbarcazione di procongiungersi la riproduzione del timoduzione cipriota (bibl. a nota 2 a pag. 23).
ne, di grande dimensioni e destinato a
2 Sartiame di fissaggio dell’albero a prua e a
migliorare la deriva dello scafo.6
poppa compare sulla flotta dipinta sulla oinochoe
del Pittore delle Palme: vedi nota 4 a pag. 17.
Anche a prua, subito all’interno e nel3 La vela quadra, montata su un unico pennone
la
parte alta dello scafo, troviamo gli atperpendicolare all’albero, era solitamente di lino;
tacchi di un setto di raccordo analogo a
doveva essere variopinta, come rivelano le raffigurazioni etrusche di varie epoche: Bonino 1989, p. 1525.
quello presente sulla poppa.7 Questo era
Vele quadre compaiono sui rilievi egizi di Medinet
destinato all’avvistamento e alle attività
Habu che mostrano le navi dei “Popoli del mare” e,
di pesca costiera, e al controllo delle rotin Etruria, su ceramiche dell’Orientalizzante (navigli sulla oinochoe del Pittore delle Palme con vele
trapezoidali; navi con vela rettangolare sul cratere di
Aristonothos e sul piatto ceretano da Acqua Acetosa
Laurentina) (Fig. 8). Come mera segnalazione, si ricorda il ritrovamento al Caolino del Sasso di Furbara, in un contesto rituale diverso (tomba 42), di resti
di tessuti con decorazione geometrica in relazione a
una piccola imbarcazione monossile forse utilizzata
come contenitore inumatorio parimenti ai casi noti
in ambito laziale: Brusadin Laplace, Patrizi
Montoro 1982 e 1992, p. 267.
4 La coffa doveva essere presente sugli alberi delle navi di maggiori dimensioni, e si trovava poco al
di sotto dell’estremità superiore del tronco, con il
piano arrotondato rivolto verso prora. Le navicelle
sarde recano una caratteristica terminazione a capi-
tello “a gola” che parrebbe ricordare la coffa: Depalmas 2000, p. 203.
5 Bonino 1989, p. 1525.
6 Sulle raffigurazioni di imbarcazioni geometriche e orientalizzanti compaiono timoni di poppa
singoli o doppi, a pala rettangolare o smussata:
Cristofani 1984; Bonino 1989.
7 Ad appoggiare la tesi di un probabile rialzamento del ponte di coperta anche a poppa, ci viene
in soccorso una stele felsinea della fine del v a.C.
(cfr. nota 2 a p. 22). In essa si notano il nocchiero a
poppa che manovra il timone mentre a prua, su un
rialzamento, vi è un secondo uomo che fa da vedetta. Elemento singolare della raffigurazione sono le
teste rivolte a prua anziché a poppa.
modellini di navi tirrenico-villanoviane da tarquinia
21
te e del mare che si presentava di fronte
dente ascendenza levantina.4 È probabiai naviganti. L’origine del doppio cassele che l’estremità anteriore delle barche
ro o castello alle estremità delle navi è rivillanoviane fosse particolarmente rinconducibile all’ambiente levantino, nelforzata, sia perché la più esposta alle sollo specifico in alcune riproduzioni su
lecitazioni del mare sia per servire da agbrocche cipriote geometriche in cui sogancio per il traino del mezzo nautico nei
no documentati i rialzi per proteggere
canali delle lagune costiere o in secco sui
l’equipaggio e le merci.1 La conferma
litorali sabbiosi dell’Etruria tirrenica.5
circa la presenza di casseri sia a prua che
La tecnica utilizzata per la costruzione
a poppa è fornita da un vaso veiente deldello scafo era quella “mista”, a guscio e a
la prima metà del vii sec. a.C. (Fig. 8,3)
scheletro. Le coste trasversali venivano
sul quale è graffita una nave di un tipo
aggiunte per irrobustire il guscio, in momolto simile, benché schematizzato, a
do da renderlo in grado di resistere magquello riprodotto dal modellino di Poggiormente ai carichi delle merci e alle solgio dell’Impiccato.2
lecitazioni derivanti dai viaggi in mare. Il
Sul modellino non vi è invece alcuna
fasciame del guscio era assemblato per
traccia riconducibile alla presenza del
mezzo di cuciture con fibre vegetali e teponte di coperta, che nelle imbarcazioni
noni lignei, mentre le strutture interne
reali correva longitudinalmente allo scavenivano apposte a scafo finito (tecnica
fo; è però probabile che i due setti orizdelle sutiles naves ricordata da Plinio in
zontali lacunosi posti alle estremità soN.H. xxiv, 65);6 le coste erano tenute unistenessero i ponti anteriore e posteriore
te alla loro sommità dal capo di banda,
della navicella, ottenuti in materiale deelemento presente e ben visibile nel
peribile come gli altri elementi aggiuntinostro modellino nella parte conservata
vi, i remi e l’albero.
della fiancata destra. Il capo di banda
La prua mostra un’ampia frattura in
andava poi a formare una sorta di paracorrispondenza del punto in cui doveva
valenze cultuali, nelle classi di manufatti villanoviasopraelevarsi un’imponente protome orni in ceramica e metallo, da ultimo De Angelis
nitomorfa, tipica delle imbarcazioni tir2002; Iaia 2004.
reniche della prima età del Ferro,3 di evi4 Le navi dei Popoli del Mare, sulle raffigurazio1 Westerberg 1983, pp. 43-45, figg. 53-54.
2 Bonino 1989, fig. 4,B3, n. 11. Il vaso di Aristonothos documenta l’utilizzo del rialzamento del
ponte a fini militari, sul quale i soldati si dispongono
al momento dello scontro. Da segnalare che il tipo
di nave presente sul vaso da Veio è quasi analogo a
quello riprodotto su una pisside in bianco su rosso
dalla tomba 1 di San Paolo a Cerveteri: Rizzo 2005,
p. 288, tav. iii b.
3 Iaia 1999, p. 26, fig. 5, nn. 2, 4-5; a differenza di
altre barchette, una navicella da Bisenzio mostra
una prua a testa di bovide, accostabile a quelle presenti sulle navicelle nuragiche: ivi, p. 26, nota 32;
Depalmas 2000. Come è noto, la protome a testa di
uccello è un motivo largamente impiegato, per le
ni egizie del tempio di Medinet Habu, mostrano
protomi ornitomorfe; queste compaiono anche sulle prue delle navi fenice ed egee dei rilievi neoassiri
del palazzo di Sargon II a Khorsabad e nella ceramografia greco-geometrica: de Graeve 1981, figg. 127,
129, 188; Wachsmann 1981, pp. 187-196; Bonino
1985; Steffy 1994, fig. 4.29 e pp. 127-128, fig. 4.25; Depalmas 2000, p. 202. Dei modellini villanoviani sembrerebbero trovare affinità con le teste di uccello a
prua e a poppa di imbarcazioni dipinte su vasi ciprioti: Wachsmann 1981, pp. 210-213, figg. 25-26.
5 Per una descrizione generale del litorale etrusco: Cristofani 1983, p. 119 sg.; Gianfrotta 1988,
p. 11 sg.; Pettena 2002, p. 79 sg.
6 Bonino 1985, p. 89 e 1989, pp. 1519-1521. Di scafi
cuciti si fa già riferimento nell’Iliade (ii, 135).
22
alessandro mandolesi · claudio castello
petto che correva lungo tutta la fiancata
li di armati di rango molto elevato.4 Tarsopra gli scalmi, creando quindi una sorta
quinia si sviluppò rapidamente all’inizio
di protezione per l’equipaggio a bordo.
del primo millennio a.C. anche grazie alDall’analisi dei dettagli tecnici finora
le attività legate al mare e alla navigaziodescritti è possibile trarre alcune consine, incentrate su iniziative e pratiche a
derazioni generali sull’oggetto. Il mocarattere individuale o famigliare.
dellino tarquiniese non costituisce, a difNel nostro caso, il modellino realistiferenza degli esemplari “a barchetta” o
co di Poggio dell’Impiccato sembrereb“a navicella” già noti, un elemento purabe costituire, per la sua unicità, un elemente rituale deposto all’interno delmento di distinzione allusivo al ruolo
l’originaria sepoltura villanoviana.1 Si
del defunto oltre che al suo passaggio
tratta di un oggetto realizzato da un abidalla vita terrena a quella oltremondale plasmatore, informato sulla cantierina.5 Questo pezzo si presta quindi a una
stica navale del periodo, e commissionalettura simbolica più strutturata.6 È
to verosimilmente da un eminente
possibile che il titolare della navicella fitindividuo, un navarca o un armatore antile svolgesse intense pratiche marinare
te litteram2 incinerato in una delle più
di natura commerciale e militare,7 speprestigiose necropoli del centro protourbano.3 Si è inoltre osservato che, in
4 Iaia 1999, p. 26, nota 31: su quattro corredi noti,
base alle poche associazioni disponibili, i
in un caso però (la già citata tomba Selciatello 8) la
sepoltura è femminile.
modellini d’imbarcazione tarquiniesi so5 L’interpretazione funeraria delle navicelle vilno solitamente deposti in tombe maschi1 Iaia 2002, pp. 730-731.
2 In tempi storici il ruolo del navarca, o del magistrato preposto anche alle attività marinare, è stato richiamato per Vel Kaikna, ricordato sulla nota
stele “della nave” di Bologna (ultimo quarto v sec.
a.C.). Recenti studi hanno però ampliato le chiavi di
lettura delle raffigurazioni presenti sul monumento
felsineo, avvicinando nello specifico l’immagine
della nave a scelte ideologiche e funerarie in senso
ellenizzante: discussioni e bibl. in Sassatelli 2009.
3 L’importanza di Poggio dell’Impiccato è sottolineata dalla posizione fortemente dominante sulla
Civita e dalla deposizione di ricchi corredi di guerrieri: Delpino 2005 (con bibl. prec.). L’ipotesi di correlare i modellini d’imbarcazione al ruolo di armatore
del defunto è stata espressa in Hencken 1968, p. 337
sg. Non è forse casuale che dall’Impiccato provengano deposizioni di guerrieri con manufatti di prestigio (come la spada con fodero del tipo Pontecagnano e la ceramica enotrio-geometrica: Bartoloni,
Delpino 1975; Delpino 1984 e 1986; M. Iozzo, in Civiltà etruschi, pp. 57-59; Bartoloni 2002, pp. 175-176)
la cui distribuzione è limitata all’Etruria costiera e all’area di Pontecagnano, località direttamente interessate delle rotte navali tarquiniesi.
lanoviane, evocative del viaggio in mare del defunto verso l’aldilà, si basa su due dati salienti: su un
esemplare di una collezione privata svizzera, forse
da Tarquinia, in cui compare, appoggiata all’interno di una barchetta schematizzata, una figurina antropomorfa (femminile?) identificata con il defunto;
e sull’unica associazione barchetta-carro (tomba
Arcatelle 19) da collegarsi alla sfera concettuale
dell’eroizzazione di personaggi di prestigio: Iaia
1999, pp. 26-27; Iaia 2002, pp. 730-731; Babbi 2008, pp.
144-145, n. 43, tav. 28, figg. 22-23. Un esame più attento della barchetta svizzera permette però di riconoscere nella figurina aggiunta un’ansa configurata
umana, caratterizzata da braccia e gambe allargate
in corrispondenza degli attacchi all’orlo e al corpo
di un vaso-cerimoniale.
6 Il valore ambiguo – in ambito funerario – della
nave e del viaggio sul mare, come richiamo alle attività svolte in vita dal defunto e come trasferimento dell’anima verso l’aldilà, è stato proposto recentemente anche per l’iconografia della stele “della
Nave” di Bologna: Sassatelli 2009, p. 840.
7 Nell’Odissea (iii, 71-74; ix, 252-253) si comprende come le attività commerciali marittime, non disgiunte dalle azioni di pirateria, fossero svolte da
nobili proprietari di navi che su queste basavano il
loro prestigio e la loro potenza.
modellini di navi tirrenico-villanoviane da tarquinia
23
cialmente in funzione di mediatore tra
dell’estremità conservata è presente,
le comunità villanoviane costiere e le
all’esterno, un foro passante, un elegenti allotrie che affluivano sempre più
mento che ricorre anche in altri esemmassicciamente soprattutto sulla costa
plari tarquiniesi;3 si tratta presumibilcampana.
mente della stilizzazione del collo
Adifferenzadell’esemplare finora consinuoso della protome di uccello che dosiderato, il primo modellino da Poggio
veva svettare alla sommità della prua,
dell’Impiccato (vedi p. 10), dato come
più che di un elemento strutturale delpertinente a un’altra sepoltura,1 è tropl’imbarcazione.4
po frammentario per consentire nuove
Non sappiamo se i resti della navicella
interpretazioni. Dai resti conservati possiano da attribuire a un altro personagsiamo supporre un tipo d’imbarcazione
gio dedito ad attività marinaresche; non
dalla forma più arcuata e panciuta, e
è però da escludere, considerata la conpertanto un richiamo più forte a una na- tiguità topografica dei frammenti dei
ve da carico. In questo modello, come
due modellini raccolti in superficie, che
avviene per gli altri esemplari del perioi due esemplari appartenessero a un medo, la chiglia è appiattita e sul tratto condesimo gruppo di sepolture, forse corriservato di fiancata non sono presenti fospondente a un nucleo familiare che inri per l’alloggiamento dei remi. Il tipo di
dividuò nelle attività in mare uno dei
scafo avvicina nella fattispecie questo
suoi presupposti economici.
oggetto a modellini d’argilla e a navi diIl realismo più o meno marcato dei
pinte su ceramiche dell’viii-vii sec. a.C.
modellini considerati e la loro significada Cipro.2 La semplificazione della fortiva attestazione nelle sepolture tarquima e la mancanza di dettagli relativi alle
niesi pone infatti l’accento sulla vocaziodotazioni tecniche dell’imbarcazione inne marinara della comunità tarquiniese
duce ad accostare questo esemplare ai
fin dal primo periodo Villanoviano. Una
vasi “a barchetta” di tipo rituale-offertoprospettiva economica, quella legata al
rio, inquadrabili nello stesso orizzonte
mare, ancora poco indagata e che mericronologico del modellino precedente
terebbe maggiori attenzioni nelle sue
(fra i e ii fase villanoviana), sebbene il
specifiche dinamiche.5
pezzo si riveli notevole dal punto di vista
L’economia marittima della Tarquidimensionale.
nia villanoviana trovava il suo fulcro nelIl frammento che dovrebbe rapprela base operativa delle Saline, da riconosentare la parte anteriore dell’imbarcascersi come il più vasto complesso
zione mostra un’alta ruota di prua purcostiero d’Etruria finora noto, esteso
troppo fratturata all’altezza dell’attacco
circa 60 ettari6 (Fig. 9). L’insediamento
di una terminazione probabilmente ornitomorfa. All’incirca a metà altezza
3 Iaia 2002, p. 730, fig. 1,3 e 5.
1 Nastasi 1992, p. 77.
2 Karageorghis, Des Gagniers 1974; Westerberg 1983, p. 81, figg. 6-7; pp. 43-45, 116 e 118, figg.
53 e 55; Carbillet, 2005.
4 Il richiamo plastico a una sviluppata testa ornitomorfa è evidente per il vaso dalla tomba 15 di Villa
Bruschi-Falgari: Iaia 2002, fig. 1,5.
5 Cristofani 1983, p. 15 sg.
6 L’insediamento delle Saline era presumibilmente strutturato in una serie di spazi funzionali
24
alessandro mandolesi · claudio castello
Fig. 9. Il sistema insediativo della prima età del Ferro di Tarquinia,
incentrato sull’asse Civita-Monterozzi-Saline (rielab. da Mandolesi 1999a).
delle Saline rappresenta un importante
luogo legato alla produzione su larga
scala del sale e, probabilmente, base di
una della più antiche e potenti marinerie
tirreniche; era un vivace polo di raccolta
destinati allo scalo delle imbarcazioni, all’immagazzinamento delle merci, alla cantieristica navale, alla
lavorazione dei prodotti del mare, alla residenza degli addetti alle attività costiere: Mandolesi 1999a,
p. 174, fig. 76 (con bibl. prec.); pp. 200-202; Cataldi
1993, p. 18; Bonghi Jovino 2002.
da cui le persone e le merci partivano o
giungevano da altre località, e da dove
presumibilmente presero le mosse le
prime attività della “pirateria” etrusca
riflesse nelle fonti greche.
Lo scalo tarquiniese nella prima età
del Ferro era sicuramente uno degli ambienti più dinamici e attivi sul Tirreno,1
1 Sul primato tarquiniese nel Primo Ferro v.
Torelli 1981, p. 43 sg.
modellini di navi tirrenico-villanoviane da tarquinia
25
come documentano le relazioni precoci,
pa parallelamente alla definizione del
incentrate preminentemente sullo
centro protourbano della Civita, anzi
scambio, da un lato con i centri metalline costituisce parte integrante con la
feri dell’Etruria settentrionale, Vetuloformazione di un vasto sistema insediania e Populonia,1 dall’altro con l’area cotivo incentrato sull’asse Civita-Montestiera campana e l’Italia meridionale in
rozzi-Saline.5
genere,2 sempre più frequentata da naviIl predominio tarquiniese sul Tirreno
ganti e artigiani orientali. Tarquinia ha
è durato probabilmente fin quasi al teravuto verosimilmente una funzione di
mine dell’viii sec. a.C., quando Cerveteintermediazione nella dinamica degli
ri e Vulci prendono a insidiare il ruolo di
scambi tirrenici, in particolare nell’acTarquinia. A navigli paragonabili al mocesso alle risorse minerarie dell’Etrudellino di Poggio dell’Impiccato vanno
ria,3 cui erano verosimilmente preposte
quindi attribuite le prime scorrerie dei
famiglie locali che avrebbero così accuTirreni che, secondo la tradizione, tenmulato significative ricchezze.
nero lontani i Greci dal mare della Sicilia
La grande vocazione marittima di
per molte generazioni dopo la guerra di
Tarquinia è riflessa anche nelle forme di
Troia.6 Il primato della marineria villaoccupazione della fascia costiera adianoviana è reso evidente dall’elevata
cente, con stanziamenti villanoviani oresperienza nella cantieristica navale riganizzati gerarchicamente e destinati al
specchiata nelle navicelle d’impasto tarcontrollo dei traffici sottocosta.4 Quequiniesi, inserite in tombe di personaggi
sta strutturazione del litorale si svilupdi elevato prestigio, ancor prima delle
relazioni con la civiltà greca coloniale.
1 Camporeale 1964.
2 Delpino 1986. È diffusa fra gli studiosi la convinzione, maturata in base a osservazioni di ordine
ideologico e rituale, del contributo determinante
offerto da Tarquinia alla diffusione del villanoviano
nel Salernitano costiero (per Pontecagnano addirittura si è parlato di una “madre patria” tarquiniese),
relazioni che sono evidentemente avvenute via mare, attraverso un trasferimento di “colonizzatori”
avviatosi a cavallo fra la fine dell’età del Bronzo e il
principio della prima età del Ferro: d’Agostino
1982; Bartoloni 2002, pp. 146-147. Gli elementi archeologici che evidenzierebbero le relazioni fra
l’Etruria costiera (fra Tarquinia e Vetulonia) e Pontecagnano si avvertono però con consistenza dalla
seconda metà del ix sec. a.C.: Gastaldi 1994, p. 55.
3 Delpino 1986, p. 174.
4 La costiera tarquiniese è strutturata sul grande
insediamento delle Saline e su una serie di abitati
minori distribuiti regolarmente lungo la costa pianeggiante. Alcuni degli abitati costieri del Civitavecchiese restituiscono tracce di frequentazione addirittura risalenti alla fine dell’età del Bronzo:
Belardelli, Pascucci 1998; Mandolesi 1999b,
pp. 56-62.
[Alessandro Mandolesi]
Abbreviazioni bibliografiche
Babbi 2008: A. Babbi, La piccola plastica fittile
antropomorfa dell’Italia antica dal Bronzo finale all’Orientalizzante (= «Mediterranea»,
suppl. 1), Pisa-Roma, 2008.
Bartoloni 2002: G. Bartoloni, La cultura
Villanoviana. All’inizio della storia etrusca,
Roma, 2002.
Bartoloni, Delpino 1975: G. Bartoloni,
F. Delpino, Un tipo di orciolo a lamelle metalliche. Considerazioni sulla prima fase villanoviana, «StEtr», 43, 1975, pp. 3-45, tavv. i-iv.
5 Mandolesi 1999a, pp. 202-204. Questa complessa strutturazione della comunità tarquiniese supera ovviamente il concetto meno articolato di central place.
6 Eforo di Cuma in Strabone (Storie vi, 2,2); Pallottino 1968-69, p. 340; Cristofani 1984 e 1985.
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alessandro mandolesi · claudio castello
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composto in car attere dante monotype dalla
fabrizio serr a editore, pisa · roma.
stampato e rilegato nella
tipo gr afia di agnano, agnano pisano (pisa).
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Settembre 2010
(cz 3 · fg 22)