C`è posto per tutti - BeltradeGabriele.net
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Il suo volto infatti è rivolto verso l’alto, per richiamarci il mistero di Dio che si è compiuto nel Bambino, appena nato, e per invitarci ad ascoltare e a ubbidire con prontezza alla volontà di Dio, anche quando è difficile da capire e da vivere! Leggiamo nel Vangelo di Matteo (1,20-23) A Giuseppe apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli salverà il suo popolo dai suoi peccati». Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi. Una bambina infreddolita: nella scena non ci sono pastori o magi. Köder ha dipinto una bambina infreddolita, che si avvicina alla Madre e al Figlio, avvolta in una sciarpa, che nei colori riprende quelli del profeta. Ha le mani giunte e contempla l’evento dell’Incarnazione. La sua figura si staglia sul cielo buio ferito dal chiarore della stella; rappresenta l’umanità per la quale il Figlio di Dio si è fatto uomo. Maria, la madre dell’Emmanuele: solleva tra le braccia il Bambino, così come abbiamo sottolineato all’inizio, e, in uno slancio di amore, imprime sulla sua guancia un bacio. È un gesto di adorazione. Adorare significa proprio questo: portare alla bocca (ad-os), dare un bacio. L’adorazione coinvolge tutta la persona: cuore, mente, corpo, volontà. Nella tradizione ebraica il bacio significa respirare insieme. È il respiro della vita di Dio che diventa nostro e la nostra vita si consegna a Dio. Noi che contempliamo: non siamo nella scena, siamo fuori scena, ma ci è chiesto di guardare attentamente. La scena è ripresa dal basso, per evidenziare i pali che sostengono il soffitto della stalla, simili a tante croci. Il Bambino che nasce è il Re-Messia, destinato a riscattare Israele, ma anche a salvare tutta l’umanità. Così san Paolo annuncia la salvezza di cui Gesù Cristo è il portatore: È apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità. (Lettera a Tito 2,11-14) Concludiamo con una preghiera: Signore Dio, ogni giorno tu bussi alle porte delle nostre case. Tu conosci la vita dell’uomo, le sue fatiche, le sue paure, e desideri camminare con noi, consolarci e donarci speranza. Vogliamo lasciarti entrare nel nostro cuore. Continua a visitarci con il tuo amore, a regalarci gioia e fiducia, ad offrirci perdono e pace. Amen. Nota biografica: Sieger Köder nasce il 3 gennaio 1925 a Wasseralfingen, in Germania, dove termina i suoi studi. Durante la seconda guerra mondiale è mandato in Francia come soldato di frontiera ed è fatto prigioniero. Tornato dalla prigionia, frequenta la scuola dell’Accademia dell’arte di Stoccarda e quindi studia filologia inglese all’università di Tubinga (come parte della sua formazione di insegnante). Dopo 12 anni d’insegnamento di arte e di attività come artista, Köder intraprende gli studi teologici per il sacerdozio e, nel 1971, viene ordinato prete cattolico. Dal 1975 al 1995, padre Köder esercita il suo ministero come parroco della parrocchia in Hohenberg e Rosenberg e oggi vive in pensione ad Ellwangen, non lontano da Stoccarda. Gli anni del suo ministero di prete sono fra i più fecondi di ispirazione per le opere d’arte. C’è completa sinergia fra il Köder sacerdote e l’artista. Usa le sue pitture come Gesù usava le sue parabole. "Rivela" la profondità del messaggio cristiano attraverso metafore, spargendo luce e colore sulla vita e sulla storia umana. L’arte di Köder è caricata pesantemente della sua esperienza personale di guerra durante il periodo Nazista e il periodo dell’Olocausto. Comunità pastorale santa Maria Beltrade e san Gabriele Arcangelo - Milano Comunità pastorale Santa Maria Beltrade San Gabriele Arcangelo Milano Affidiamo anche quest’anno il nostro augurio di Natale a un quadro e ad un racconto. La nascita di Gesù ci invita ad incontrarci, a fermarci per dialogare e raccontarci le nostre storie. Il Natale ci offre l’occasione di vivere questo Impegno, iniziando dalle nostre case. Con affetto i sacerdoti della Parrocchia C’è posto per tutti Sono trent’anni che don Oreste passa la vigilia di Natale nella sua chiesa. Niente di strano – direte voi – cos’altro avrà da fare un prete? Il fatto è che don Oreste non sta in confessionale; lì da tempo immemorabile non capita quasi nessuno, fatta eccezione per le solite vecchie che vengono a raccontare dell’artrite e della cataratta, e concludono dicendo “grazie, dottore, buon Natale”. Don Oreste, la vigilia, traffica tutta la mattina attorno al presepe, e mentre sistema il muschio e le bacche, o lucida un angioletto e uno zampognaro, chiacchiera con la statua di Gesù Bambino, che attende paziente di essere collocata al centro della scena, durante la messa di mezzanotte. «Proprio a me doveva capitare un Gesù Bambino così», dice il vecchio prete. «Tutti gli altri sono ricciolini e paffuti; tu sei un po’ bruttino, scusa se te lo dico, e ti hanno pitturato proprio male. Senza contare che hai la lingua più lunga di quella della mia domestica, e sei più furbo di una famiglia di volpi. Altro che vagiti e sorrisi: ogni volta che apri bocca mi mandi in confusione». «Dai, Oreste, non esagerare. Sei il solito brontolone. Va bene che sono Gesù Bambino, ma sono trent’anni che mi metti nel presepe la notte di Natale. Sono diventato grande anch’io: potrò pur dire qualcosa in casa mia! A proposito: sei sicuro di aver messo tutto a posto? Non hai dimenticato niente?». «A dire il vero mi sa che hai ragione. E sì che mi sono dato da fare così tanto. Guarda: qui c’è la città, con gli operai che lavorano e i mendicanti che cercano, perché il lavoro l’han perso. Là sopra c’è Erode con i soldati romani, e i prigionieri che gridano nelle galere, poveracci. E poi i bambini, le lavandaie, le pecore e i pastori, il bue, l’asino, gli Angeli … Lo sai che dietro ad ogni statuina per me c’è una persona in carne ed ossa. Ho provato a metterci tutto il paese, eppure di sicuro manca qualcuno. Non è che mi dai un suggerimento? Chi ho lasciato indietro?». «Se proprio vuoi ti do un consiglio» risponde il Bambino. «Siediti e aspetta». Così il prete si accomoda al suo posto preferito, quello dove sosta la mattina presto a recitare il breviario e a sonnecchiare per la stanchezza la sera, dopo la messa vespertina. Passano lenti i minuti, e non capita nulla; poi, finalmente, la porta della chiesa si apre. «Guarda, Oreste, guarda chi c’è!», bisbiglia il Bambino. È arrivata Camilla, accompagnata dalla figlia che la tiene a braccetto. Il vecchio prete si illumina. «Ti ricordi, Gesù, quando leggeva in chiesa? E come cantava, con quella bella voce che faceva commuovere anche le panche! Adesso non si ricorda più di niente, chissà dov’è finita la sua testa! E che pazienza la figlia che le sta dietro: si vede che le vuole proprio bene!». «Hai messo Camilla nel presepe?» domanda il Bambino. «Adesso che ci penso, no. Ma se lo merita proprio. Ho giusto una statuina che le somiglia: la metto in mezzo agli angeli che cantano, a fare la voce solista, con la figlia a dirigerla e a tenerle compagnia». Passa qualche minuto. Un’ombra veloce è apparsa e scomparsa dietro l’ultima colonna della chiesa. «Non sarà un ladro?» chiede il prete al Bambino. «Ma va’. Prova a guardare bene!». Tra il chiaro e lo scuro si intravede, inconfondibile, la sagoma di Savino, il più accanito bestemmiatore del paese. «Ma … ma quello è Savino! Cosa ci fa qui? Non è mai venuto una volta in chiesa!». «E tu sei mai andato al bar, a bere un calice di rosso con lui?» replica il Bambino. «E poi chi te lo dice che non viene mai in chiesa? Viene quando non ci sei tu, quando non lo vede nessuno. E parla con me. Mi manda baci. Qualche volta piange». «E fa anche l’offerta!», aggiunge don Oreste, vedendo l’omaccione infilare nella cassetta dell’elemosina qualche banconota stropicciata. «Come ho fatto a dimenticarmi di lui? Ho giusto una statua che fa al caso suo. La metterò in fondo, dietro a una palma, dove può guardare tutti senza essere visto da nessuno». stampa sulla guancia di Gesù bambino, sollevato dalle sue braccia. E così trascorre la mattina del vecchio prete, di sorpresa in sorpresa. Vede arrivare Tiziana e Felice, che si sposano tra pochi mesi. «Hai visto lei, come si è fatta carina?» sussurra il Bambino. «Ma Gesù, ti sembrano cose da dire a un prete? Eppure non posso darti torto; e pensare che l’ho battezzata io … Questi due ragazzi li metto sulla strada principale, quella con la cometa davanti, perché il cammino è lungo, e hanno bisogno di tanta luce». Arriva Teresa, che piange perché ha perso il marito, ed è rimasta sola. «La metto in prima fila, davanti alla grotta – pensa il vecchio prete – perché ha il gelo nel cuore, e ci vuole qualcuno che la scaldi, e le regali un po’ di consolazione. E vicino a lei lascio un posto vuoto, anche se non è bello da vedere. In tutti presepi ci dovrebbe essere un posto vuoto, a ricordarci che ce n’è uno in più occupato in paradiso». Arriva mezzogiorno. Suonano le campane, e don Oreste non vede l’ora di andare a casa per un buon pranzo e un riposino, “visto che stanotte mi fai tirar tardi”, dice al Bambino. È già sulla porta della chiesa, intabarrato nel cappotto liso e col cappello calato in testa. «Oreste!», si sente chiamare. C’è il Bambino che lo guarda da lontano. «Oreste, dove stai andando? Non è che hai dimenticato qualcosa?». «Cosa, Signore?». «Hai dimenticato te. Dove ti sei messo nel presepe? Perché non ci sei?». Il vecchio prete torna sui suoi passi, butta un occhio al Bambino. «No, non ci sono ancora – mormora – ma non so dove stare. Sono stanco, confuso. Qualche volta mi sembra di volerti bene, poi mi dimentico e scappo lontano. Lo vedi come son fatto. Ti cerco e ti fuggo, ti tradisco e ti abbraccio. Non so proprio qual è il mio posto, nel presepe. Pensaci tu. Mettimi dove vuoi». Si inginocchia, fa un segno della croce, si rimette in piedi. Percorre a passi lenti la navata silenziosa. Si gira un’ultima volta verso il Bambino, prima di uscire. «Ci vediamo stanotte» gli dice. «Io ti metterò al tuo posto. Tu mettimi dove vuoi». Comunità pastorale santa Maria Beltrade e san Gabriele Arcangelo - Milano La scena è ricca di altre figure, tutte significative: Il profeta: la sua figura emerge dal basso. Indossa il tallit, lo scialle della preghiera nella tradizione ebraica. Contempla la scena e anche noi lo facciamo con lui, cercando di fare nostri i suoi sentimenti. Ci piace vedere in questa figura il profeta Isaia, che annuncia la nascita dell’Emmanuele da una Vergine (cfr. Is 7,14), o che parla del «Servo sofferente», trafitto per i nostri peccati ed eliminato dalla faccia della terra, per guarirci e salvarci, (cfr. Is 52,4-8). Isaia ha annunciato, con la venuta del Messia, un’epoca di giustizia e di pace. Ascoltiamo le sue parole: Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra. La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi. Il lupo dimorerà insieme con l’agnello … (Isaia 11,1-2.4-6). La primavera messianica: attorno alla Venite, adoriamo! un bacio al re che nasce e dà la vita per amore La scena della Natività è interpretata da Sieger Köder, pittore tedesco ancora vivente, con una forte sottolineatura del rapporto tra Maria, la madre, e Gesù bambino; tra il Re che nasce e il Re che muore per dare la vita al suo popolo e a tutta l’umanità. La composizione, infatti, è caratterizzata dal tenero e forte bacio, che la Madre figura del profeta, Köder dipinge dei fiori. È la primavera che la nascita del Messia porta con sé; è la vita che trionfa! Là dove ci sono persone disposte ad accogliere il Figlio di Dio che viene ad abitare in mezzo a noi, la vita fiorisce di nuovo e l’amore di Dio si manifesta in gesti gratuiti di benevolenza e di solidarietà. Giuseppe: il padre legale di Gesù, nella sua semplicità, dorme; sembra assente, estraneo rispetto alla profonda e intensa relazione di Maria con il Figlio appena nato! Forse il pittore vuole anticipare l’assenza di Giuseppe sotto la croce. Ma il sonno di Giuseppe ha un altro significato; ci ricorda i sogni attraverso i quali conosce la volontà di Dio, come deve comportarsi e che cosa deve fare!