L`OBIETTIVO L`obiettivo è, sicuramente, la parte più importante della

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L`OBIETTIVO L`obiettivo è, sicuramente, la parte più importante della
L'OBIETTIVO
L'obiettivo è, sicuramente, la parte più importante della macchina fotografica in
quanto solo con una buona ottica si ottengono buoni risultati, per questo motivo
l'argomento verra trattato in modo dettagliato.
Un obiettivo, nell'ambito della disciplina ottica, è un sistema di lenti, singole o
multiple, che permette la proiezione di un'immagine luminosa su una superficie.
La sua funzione è quella di catturare la luce emessa da un qualunque oggetto e
proiettarla tutta sullo stesso punto della superficie.
La caratteristica principale di un obiettivo è la lunghezza focale, ossia la distanza
compresa tra l’immagine nitida prodotta e la lente quando è a fuoco un soggetto
all’infinito.
Tale dimenzione viene espressa in millimetri e indica la distanza ottica fra il piano
di proiezione e il centro ottico dell'obiettivo.
Questo parametro, insieme alle dimensioni del piano di proiezione, definisce
l'angolo di campo, ovvero l’angolo tra la lente d’entrata dell’obiettivo e l’area
delimitata dal formato.
La misura è comunemente indicata in gradi ed è in relazione alla diagonale del
formato.
La profondità di campo è lo spazio posto davanti e dietro il piano di messa a fuoco
entro il quale il soggetto appare sufficientemente nitido, è possibile controllare la sua
ampiezza grazie all’uso del diaframma: più il diaframma è aperto minore sarà
l’ampiezza della profondità di campo; più il diaframma è chiuso più la profondità di
campo sarà ampia.
Per ogni impostazione dell'obiettivo, c'è un'unica distanza a cui gli oggetti
appaiono perfettamente a fuoco; la nitidezza diminuisce gradualmente in avanti
(verso il fotografo) e indietro (in direzione opposta al fotograso).
La profondità di campo, d'attronde, è importante perché consente al fotografo di
comunicare efficacemente le proprie idee visive e di sottolineare la separazione tra
diversi elementi dell'immagine.
La grande famiglia degli obbiettivi si può dividere in
cinque categorie principali: l'obiettivo normale, il
teleobiettivo, il grandangolare, l'obiettivo speciale e lo
zoom.
La grande famiglia degli obbiettivi si può dividere in
cinque categorie principali: l'obiettivo normale, il
teleobiettivo, il grandangolare, l'obiettivo speciale e lo
zoom.
L'obiettivo normale ha un angolo di inquadratura di circa 46° , di solito si tratta di
un 50 mm ed il suo compito è realizzare inquadrature che restituiscano un'immagine
della realtà senza particolari ingrandimenti o modifiche.
Il teleobiettivo ha una lunghezza focale superiore ai 70 mm o maggiore, è formato
da un gruppo di lenti anteriore convergente e da un gruppo posteriore divergente che
hanno la funzione di ridurne l'ingombro.
In questi l'angolo di inquadratura diminuisce in modo proporzionale con l'aumento
della lunghezza focale.
Il teleobiettivo ha la funzione fondamentale di ingrandire il soggetto
dell'inquadratura, per questo viene usato nel caso in cui si desideri isolare
maggiormente il soggetto a fuoco dallo sfondo sfocato.
Questa caratteristica viene chiamata “compressione prospettica” dei piani della
scena e viene sfruttata dai fotografi per aumentare l'espressività del soggetto.
Il grandangolare ha una lunghezza focale inferiore ai 35mm, ciò consente un
angolo di campo molto vasto ottenendo cosi un aumento delle distanza tra i vari piani
della scena e aumentando la profondità di campo nitido disponibile.
Inoltre, offre una prospettiva che porta ad aumentare la proporzione dei soggetti in
primo piano facendoli apparire, molto più grandi di quelli in secondo piano.
Il grandangolo al contrario dei teleobiettivi esercita un effetto di riduzione della
scena tanto più forte quanto più è corta la focale dell'obiettivo usato.
Gli obiettivi speciali hanno un uso specialistico, i più comuni sono: obiettivi macro
e supermacro, decentrabili tilt & shift, fish-eye, catadiottrici, ottiche super luminose e
obiettivi stabilizzati.
Procedendo con ordine si distinguono:
• Macro e supermacro: progettati per fotografare a distanza ravvicinata, realizzati
per fornire la massima nitidezza riprendendo soggetti a breve distanza, con la
capacità di correggere al massimo la distorsione ottica al fine di ottenere elevati
ingrandimenti o ingrandimenti estremi (nel caso dei supermacro), sono molto
usati per la fotografia degli insetti.
• Decentrabili shift: lenti montate su un meccanismo che permette all'obiettivo di
alzarsi o abbassarsi rispetto alla normale posizione di scatto evitando così le
distorsioni prospettiche, viene molto usato nell'architettura per evitare il
fenomeno delle linee cadenti.
• Decentrabile tilt: lenti montate su un meccanismo che gli permette di inclinare
(basculante) l'obiettivo verso l'alto o verso il basso espandendo la profondità di
campo nitido.
• Fish-eye: obiettivo usato per la fotografia astronomica capace di generare
un'immagine con una prospettiva sferica, è un superangolare che riesce ad
abbracciare una prospettiva di 180° o fino a 220° anche se con copiose
•
•
•
•
•
distorsioni.
Catadiottrici: obiettivo che usa un sistema di specchi convessi che gli permette
di ottenere grandi lunghezze focali (500, 1000 mm)con piccole dimensioni,
anche questo nasce per l'astronomia ma il prezzo abbastanza contenuto ne ha
permesso l'utilizzo anche in altri settori, tuttavia le immagini realizate risultano
caratterizate da una scarsa nitidezza.
Ottiche super luminose: si considerano luminosi quegli obiettivi che hanno una
massima apertura fra 1,4 e 2.
Essenziale in condizione di luce molto scarsa, vengono anche usate per
fotografare soggetti che non consentono tempi di posa molto lunghi, per la
grandezza delle lenti sono esposte al rischio di riflessi parassiti.
Obiettivi stabilizzati: si usano per risolvere il problema del mosso che si
presenta con ottiche di lunga focale.
Consente l'uso di teleobiettivi anche senza ricorrere al treppiede.
Lo zoom è un ottica a focale variabile, ha la possibilità di variare la posizione
reciproca delle lenti mantenendo costante la messa a fuoco effettuata.
L'obiettivo normale ha un angolo di inquadratura di circa 46° , di solito si tratta di
un 50 mm ed il suo compito è realizzare inquadrature che restituiscano un'immagine
della realtà senza particolari ingrandimenti o modifiche.
Il teleobiettivo ha una lunghezza focale superiore ai 70 mm, è formato da un
gruppo di lenti anteriore convergente e da un gruppo posteriore divergente che hanno
la funzione di ridurne l'ingombro.
In questi l'angolo di inquadratura diminuisce in modo proporzionale con l'aumento
della lunghezza focale.
Il teleobiettivo ha la funzione fondamentale di ingrandire il soggetto
dell'inquadratura, per questo viene usato nel caso in cui si desideri isolare
maggiormente il soggetto a fuoco dallo sfondo sfocato.
Questa caratteristica viene chiamata “compressione prospettica” dei piani della
scena e viene sfruttata dai fotografi per aumentare l'espressività del soggetto.
Il grandangolare ha una lunghezza focale inferiore ai 35mm, ciò consente un
angolo di campo molto vasto ottenendo cosi un aumento delle distanza tra i vari piani
della scena e aumentando la profondità di campo nitido disponibile.
Inoltre, offre una prospettiva che porta ad aumentare la proporzione dei soggetti in
primo piano facendoli apparire, molto più grandi di quelli in secondo piano.
Il grandangolo al contrario dei teleobiettivi esercita un effetto di riduzione della scena
tanto più forte quanto più è corta la focale dell'obiettivo usato.
Gli obiettivi speciali hanno un uso specialistico, i più comuni sono: obiettivi macro
e supermacro, decentrabili tilt & shift, fish-eye, catadiottrici, ottiche super luminose e
obiettivi stabilizzati.
Procedendo con ordine si distinguono:
• Macro e supermacro: progettati per fotografare a distanza ravvicinata, realizzati
per fornire la massima nitidezza riprendendo soggetti a breve distanza, con la
capacità di correggere al massimo la distorsione ottica al fine di ottenere elevati
ingrandimenti o ingrandimenti estremi (nel caso dei supermacro), sono molto
usati per la fotografia degli insetti.
• Decentrabili shift: lenti montate su un meccanismo che permette all'obiettivo di
alzarsi o abbassarsi rispetto alla normale posizione di scatto evitando così le
distorsioni prospettiche, viene molto usato nell'architettura per evitare il
fenomeno delle linee cadenti.
• Decentrabile tilt: lenti montate su un meccanismo che gli permette di inclinare
(basculante) l'obiettivo verso l'alto o verso il basso espandendo la profondità di
campo nitido.
• Fish-eye: obiettivo usato per la fotografia astronomica capace di generare
un'immagine con una prospettiva sferica, è un superangolare che riesce ad
abbracciare una prospettiva di 180° o fino a 220° anche se con copiose
distorsioni.
• Catadiottrici: obiettivo che usa un sistema di specchi convessi che gli permette
di ottenere grandi lunghezze focali (500, 1000 mm)con piccole dimensioni,
anche questo nasce per l'astronomia ma il prezzo abbastanza contenuto ne ha
permesso l'utilizzo anche in altri settori, tuttavia le immagini realizate risultano
caratterizate da una scarsa nitidezza.
• Ottiche super luminose: si considerano luminosi quegli obiettivi che hanno una
massima apertura fra 1,4 e 2.
• Essenziale in condizione di luce molto scarsa, vengono anche usate per
fotografare soggetti che non consentono tempi di posa molto lunghi, per la
grandezza delle lenti sono esposte al rischio di riflessi parassiti.
• Obiettivi stabilizzati: si usano per risolvere il problema del mosso che si
presenta con ottiche di lunga focale.
• Consente l'uso di teleobiettivi anche senza ricorrere al treppiede.
Lo zoom è un ottica a focale variabile, ha la possibilità di variare la posizione
reciproca delle lenti mantenendo costante la messa a fuoco effettuata.
LA PROFONDITA' DI CAMPO
In termini ottici, un obiettivo non può mettere a fuoco contemporaneamente oggetti
a distanze diverse. Una volta messo a fuoco un oggetto ad una certa distanza, tutti gli
altri oggetti al di qua ed al di là dell'oggetto a fuoco saranno più o meno "sfocati".
Tuttavia entro certi limiti l'occhio ne accetta l'immagine come nitida. La zona entro la
quale, per certe condizioni di ripresa, gli oggetti vengono riprodotti come
accettabilmente nitidi, si chiama profondità di campo.
Con un obiettivo da 75mm messo a fuoco su un oggetto a 4 m e chiuso a f/11, gli
oggetti riprodotti in maniera "nitida" si troveranno tra 3 e 6 metri. L'esempio
suggerisce che la profondità di campo dipende da tre fattori:
• la lunghezza focale dell'obiettivo (in teoria la marca dell'obiettivo è
irrilevante);
• la distanza sulla quale l'obiettivo viene regolato;
• il diaframma.
In particolare la profondità di campo aumenta:
• con l'inverso della lunghezza focale; un 28mm avrà, a parità di diaframma,
una profondità di campo maggiore di un 50mm, e quella di quest'ultimo sarà
maggiore di quella di un 200mm;
• con la distanza di messa a fuoco; se regoliamo lo stesso 75 mm su 7 metri
mantenendo f/11, gli oggetti riprodotti in maniera nitida si troveranno tra 4 e 20
metri;
• con il valore numerico del diaframma; con l'obiettivo regolato su 7 metri ma
con f/16 invece di f/11, la profondità di campo si estende tra 3,5m e l'infinito.
Quando la combinazione di tutti i fattori elencati fa sì che la profondità di campo si
estenda fino all'infinito, la distanza sulla quale è regolato l'obiettivo viene detta
"distanza iperfocale".
Nel caso indicato, 7m è la distanza iperfocale di un 75 mm a f/16, mentre a f/22 la
distanza iperfocale dello stesso obiettivo sarà 5m.
Tutto questo ci dice solo fino a dove verranno rappresentati in maniera nitida i
punti al di là della distanza iperfocale. Cosa succede dei punti al di qua? Verrano
rappresentati in maniera nitida i punti tra la distanza iperfocale e la sua metà, cioè a
f/11 i punti tra 7 e 3.5 metri; a f/22 i punti tra 5 e 2.5 metri.
In sintesi, per un obiettivo di lunghezza focale 75 mm:
• a f/16 la distanza iperfocale è di 7m. Se l'obiettivo è messo a fuoco su questa
distanza la profondità di campo si estenderà dall'infinito a 7:2 = 3,5m
• a f/22 la distanza iperfocale è di 5m. Se l'obiettivo è messo a fuoco su questa
distanza la profondità di campo si estenderà dall'infinito a 5:2 = 2,5m
Forzando un po il concetto di definizione di distanza (una distanza è pur sempre
una lunghezza) può essere utile visualizzare la distanza iperfocale come un punto, a
partire dal quale si estende nei due sensi una zona di nitidezza: da un lato fino
all'infinito, dall'altro fino alla metà della distanza iperfocale stessa.
A cosa serve la distanza iperfocale? Ad avere contemporaneamente "a fuoco", cioè
nitidi, sia il primo piano che lo sfondo di un'immagine, o, in altre parole, per avere la
massima estensione della profondità di campo per ogni valore di diaframma.
Ma per questo, non basta chiudere il diaframma?
No, è la combinazione dell'uno con l'altra che garantisce il risultato desiderato: se
scegliamo 7m come distanza di messa a fuoco di un 75mm, questa sarà "iperfocale",
cioè darà nitidezza fino all'infinito, a f/16, ma non sarà iperfocale a f/11 o f/8.
Viceversa, se per qualsiasi ragione scegliamo di lavorare a f/16 e vogliamo la
massima estensione della profondità di campo dobbiamo mettere a fuoco su 7m, non
su 6 o su 9.
Possiamo sperimentare facilmente quanto detto sopra, avendo davanti un obiettivo,
preferibilmente un 50 mm, in modo che gli esempi che seguono possano essere
facilmente ripetuti.
Senza dimenticare però, che la profondità di campo è una caratteristica basata su
una tolleranza soggettiva della nitidezza e diversi fabbricanti possono adottare scale
diverse. Così uno Zeiss Distagon 50 mm per medio formato, un vecchio Canon 50
mm f/1,8 ed uno zoom Canon 35-105mm regolato su 50mm rivelano visibili
differenze.
Occorre che l'obiettivo abbia incisa sul barilotto una serie di coppie di numeri
indicanti le aperture del diaframma, che va per l'appunto sotto il nome di "scala delle
profondità di campo", come per es.
16 - 11 - 8 - 4 - 2.8 * 2.8 - 4 - 8 - 11 – 16
Per ogni coppia, uno dei due valori corrisponde al limite inferiore della profondità
di campo, il secondo al limite superiore. Il segno * è la tacca di riferimento per la
messa a fuoco. Da sola, la scala delle profondità di campo è assolutamente inutile:
essa va utilizzata insieme alla ghiera delle distanze. La scala delle profondità di
campo è fissa, la ghiera delle distanze è ovviamente mobile in funzione della distanza
su cui si mette a fuoco.
Esempio N° 1
Mettiamo a fuoco il nostro 50mm su 2m, e supponiamo di lavorare a f/11. Le
distanze sotto i due numeri 11 sulla scala delle profondità di campo sono all'incirca
1,5m e 3,5m, distanze che delimitano appunto la zona di nitidezza.
11
----------------8----------------I---------------8---------------
1,
5m
11,2m
11
3,5
m
Esempio N° 2
Mettiamo ora a fuoco all'infinito: sotto uno dei due 11 troveremo ± 4.5, sotto l'altro
non troveremo nulla, dato che cade al di fuori della scala delle distanze.
11
----------------8----------------I---------------8---------------
4,
5m
infinito
1
1
Il limite minimo della profondità di campo è 4,5m, quello massimo è l'infinito (più
in là dell'infinito non si può andare)
Esempio N° 3
Spostiamo quindi il segno di infinito sotto questo 11 "vuoto". L'obiettivo sarà ora a
fuoco su 4.5 m, e sotto l'altro 11 troveremo all'incirca 2.2 m.
11
----------------8----------------I---------------8---------------
2,
2m
4,5m
11
infini
to
Il limite minimo della profondità di campo è 2,2m, quello massimo è ancora
l'infinito, mentre 4,5m rappresenta la distanza iperfocale per un 50 mm a f/11. Questo
illustra la relazione tra distanza iperfocale e massima profondità di campo.
Continuando in maniera analoga potremmo osservare come a f/8 la d.i. è ± 6 m, il
limite massimo della profondità di campo è sempre l'infinito ma il limite minimo si è
allontanato a 3 m; al contrario a f/16 la d.i. è di ± 3 m il limite minimo si è avvicinato
ad 1,5m, il che non rappresenta nulla di nuovo: com'è noto a diaframmi più chiusi
corrisponde una maggiore profondità di campo.
Detto questo, come si trova la distanza iperfocale?
• si sceglie il valore di diaframma da utilizzare;
• si pone il simbolo di infinito che si trova sulla scala delle distanze sotto uno
dei valori del diaframma scelto sulla scala delle profondità di campo. Quale?
Non c'è scelta, il simbolo di infinito può muoversi solo entro la tacca di messa
a fuoco e metà della scala di profondità di campo;
• a questo punto l'obiettivo si trova automaticamente regolato sulla distanza
iperfocale;
• il limite minimo della profondità di campo sarà automaticamente impostato
sotto l'altro valore del diaframma scelto sulla scala delle profondità di campo, e
sarà uguale alla metà della distanza iperfocale.
Se per esempio vogliamo ottenere una zona nitida da 1,5 a 3,5 metri, che
diaframma dobbiamo utilizzare? Risposta: muovere la ghiera di messa a fuoco finchè
i due valori 1.5 e 3.5 (le distanze) non si trovano rispettivamente in corrispondenza di
una coppia di valori di diaframma indicati sulla scala delle profondità di campo
(esempio N° 1 letto al contrario). Questo avverrà per i valori di f/11 che è quindi il
diaframma da adottare. L'obiettivo è automaticamente a fuoco su 2 metri.
Lo stesso vale se vogliamo una zona nitida tra 3 m e l'infinito. Portiamo le distanze
3 metri ed il simbolo di infinito a coincidere con una coppia di valori del diaframma.
Questo avverrà per f/8, che è il diaframma da adottare. L'obiettivo sarà
automaticamente a fuoco su 6m. Se l'obiettivo non ha la scala delle profondità di
campo sarà necessario affidarsi all'esperienza, oppure si può ricorrere a delle formule,
ma questo è un altro discorso.