selezione notizie tratte dal world wide web

Transcript

selezione notizie tratte dal world wide web
SELEZIONE NOTIZIE TRATTE DAL WORLD WIDE WEB
Scudo: sarà un successo
Lo scudo fiscale edizione 2009 supera a pieni voti l’esame di Guglielmo Maisto, docente di
diritto tributario all’Università Cattolica di Milano.
Si ripeterà il successo delle edizioni precedenti?
«Sì, tanto che credo di poter confermare la stima di gettito che avevo fatto a luglio, cioè
tra uno e due miliardi di euro: un risultato paragonabile a quello della prima edizione,
considerando che il prelievo sul capitale è quasi raddoppiato rispetto ad allora. Non solo:
a differenza del 2001, lo scenario internazionale è cambiato in misura tale da rendere
sempre meno appetibile il ricorso ai paradisi fiscali, il che gioca a favore dello scudo».
Si riferisce al caso Ubs?
«Anche: certamente l’intesa tra la banca svizzera e gli Stati Uniti ha aperto la strada, ma
ormai sono molti i paradisi fiscali che hanno concluso, o comunque stanno trattando,
accordi per scambi di informazioni con Paesi ad elevata fiscalità, aprendo crepe in
fortezze un tempo impenetrabili. Tra l’altro, anche l’Italia è in trattative con la Svizzera,
ed è di pochi giorni fa la notizia che è partita la collaborazione fra Agenzia delle Entrate e
San Marino».
Una strada senza ritorno?
«La lotta ai paradisi fiscali è ormai una presa di posizione politica da parte degli Stati. E
questo naturalmente rappresenta un deterrente a mantenere all’estero eventuali
disponibilità illecitamente costituite. Da qui l’interesse sempre maggiore da parte degli
intermediari per lo scudo fiscale».
Provvedimento promosso, quindi: anche se ci sono ancora alcuni aspetti da chiarire.
«Pochi, in realtà, e sempre meno di quanto è accaduto al debutto nel 2001. Il
provvedimento di oggi, infatti, ha solo tre o quattro norme completamente nuove, per il
resto rimanda ai precedenti. Questo significa che l’esperienza accumulata è ancora
valida. Inoltre, la finestra per usufruire dello scudo è molto lunga, fino ad aprile 2010:
quindi ci sarà tempo e modo perché escano gli opportuni chiarimenti, sollecitati anche
dalle associazioni di categoria e dagli esperti. Ma intanto si può tranquillamente partire».
E che cosa ne pensa del problema, sollevato da alcuni addetti ai lavori, del trattamento
da riservare ai beni all’estero che non producono redditi, per esempio gli immobili?
«È un tema che attende ancora chiarimenti, ma in realtà ritengo che si tratti di ben pochi
casi. I rimpatri, infatti, riguardano per lo più somme liquide, magari “vestite” da titoli.
Quanto agli immobili, penso che non supereranno il 5% delle regolarizzazioni: l’unica
possibilità, dato che ovviamente gli edifici non possono essere rimpatriati. Piuttosto,
ritengo che verrà sfruttata la regolarizzazione, nell’ambito dell’Unione Europea, per
evitare di dover rimpatriare somme da riesportare poi».
In pratica, una sorta di «ufficializzazione» della situazione precedente allo scudo?
«Sì, anche perché non si può tecnicamente obbligare il contribuente a far rientrare in
Italia beni detenuti nell’ambito Ue, una volta che sono regolarmente denunciati e
monitorati. Comunque, io non credo che saranno moltissimi a lasciare le somme
all’estero».
Ad esempio, nel caso di imprenditori, le somme usate potrebbero essere utilizzate per
ricapitalizzare le aziende.
«Certamente esiste questa possibilità, anche se esistono motivazioni psicologiche da
tenere presente, quando si tratta di rinunciare ai risparmi personali. Tanto più che
probabilmente molte aziende che avrebbero avuto bisogno di un’iniezione di capitali a
gennaio, oggi ne hanno meno necessità, perché, se sono riuscite a superare la crisi, sono
già ripartite».Quindi, secondo lei dove andranno a finire le somme rimpatriate?
«Credo che nella maggior parte dei casi si trasformeranno in patrimoni gestiti in Italia.
Tra l’altro, allo scudo edizione 2001-2002 era stato abbinato un condono fiscale sulle
società per evitare che fossero “aggredite” quelle partecipate da un imprenditore che
aveva approfittato dello scudo. Altrimenti, il rischio è che lo scudo protegga l’evasore
pentito ma non la società a lui collegata».
Una sorta di boomerang, quindi.
«Sì, e io credo che su questo punto si dovrebbe riflettere. È vero che, a differenza del
2001, non sarebbe comunque possibile una sanatoria sull’Iva, perché la Corte di giustizia
europea l’ha vietato, dato che si tratta di un’imposta di matrice europea, quindi soggetta a
norme comunitarie, che contribuisce al gettito delle risorse della Ue. Un condono per le
società sulle imposte dirette, però, potrebbe essere un completamento dello scudo 2009:
ma se non fosse possibile, si potrebbe intervenire sul testo chiarendo che l’aver utilizzato
lo scudo da parte dell’imprenditore non è elemento da usare in un accertamento societario,
cosa al momento non evidente».