Leggi la notizia - Amici di Sarajevo

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Bosnia Erzegovina: la rivolta
Andrea Rossini
7 febbraio 2014
Da http://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Bosnia-Erzegovina-la-rivolta-147767
La protesta iniziata mercoledì dagli operai di Tuzla si è estesa a tutto il paese. A
fuoco le sedi dei governi cantonali di Tuzla, Zenica e Sarajevo, dove è stata
attaccata anche la Presidenza
Una protesta operaia iniziata con una
manifestazione di alcune centinaia di
persone
mercoledì
a
Tuzla
si
è
gradualmente estesa a tutti i principali
centri del paese, trasformandosi nel
maggiore movimento di protesta in Bosnia
Erzegovina dalla fine della guerra. Migliaia
di giovani e disoccupati hanno raccolto il
segnale lanciato da Tuzla, un tempo
importante polo produttivo e industriale,
indirizzando la propria rabbia contro edifici e
sedi
istituzionali
e
contro
le
forze
dell'ordine. Le dimostrazioni sembrano
crescere di intensità con il passare delle ore,
Tuzla (twitter: @Pehroo)
e sono forti in particolare nella Federazione
di Bosnia Erzegovina, una delle due entità in
cui il Paese è diviso dagli Accordi di Pace di Dayton del 1995. Anche in Republika Srpska
tuttavia, l'entità a maggioranza serba, ci sono state manifestazioni di solidarietà con i
dimostranti della Federazione.
Nella giornata di oggi i manifestanti sono riusciti ad avere il sopravvento sulle forze di polizia
e hanno dato alle fiamme prima la sede del governo cantonale a Tuzla, un edificio di 16 piani,
poi quello di Sarajevo, dopo violenti scontri a Skenderija nel corso dei quali la polizia ha
sparato proiettili di gomma e granate assordanti. La televisione bosniaca ha riferito anche di
negozi saccheggiati, sempre a Sarajevo, dove sono anche state date alle fiamme diverse
automobili
della
polizia
e
mezzi
privati.
Nella
capitale
bosniaca
le
proteste
sono
particolarmente forti e, al momento in cui scriviamo, giunge la notizia che anche la sede della
Presidenza del paese sta andando a fuoco.
Manifestazioni e proteste si sono tenute o
sono state annunciate anche a Mostar,
Kakanj, Brčko, Sanski Most, Prijedor, Banja
Luka, Gračanica, Bihać, Zavidovići e in altri
centri.
Il premier del cantone di Tuzla ha dato oggi
le dimissioni mentre il Primo ministro della Federazione, Nermin Nikšić, ha dichiarato al
termine di una riunione di emergenza che “i lavoratori lasciati senza i diritti fondamentali,
come la pensione e l'assicurazione sanitaria,
vanno
distinti
dagli
hooligan
che
usano
Sarajevo (foto @HBuljubasic)
questa situazione per creare il caos.” La presenza all'interno delle manifestazioni di gruppi di
ultras non è tuttavia sufficiente per spiegare le dimensioni e la rabbia di una protesta che sta
coinvolgendo diversi segmenti della società, in forme ancora contraddittorie. A Tuzla, ad
esempio, diversi dimostranti hanno aiutato i pompieri nel cercare di spegnere l'incendio della
sede del governo cantonale, diversamente da quanto avvenuto a Zenica. Anche la sede del
governo del cantone di Zenica-Doboj, infatti, è stata incendiata. Qui però, come ha riferito
l'agenzia di stampa Anadolija, i mezzi dei vigili del fuoco sono stati bloccati dai manifestanti.
Gli operai di Tuzla, mercoledì scorso, protestavano contro la chiusura di cinque grandi
fabbriche, dichiarate fallite dopo essere state privatizzate, e chiedevano l'intervento delle
istituzioni. La loro vicenda, però, è subito divenuta la scintilla che ha convogliato il malessere
generale di un paese dove il tasso di disoccupazione ufficiale sfiora il 30%, ma quello
giovanile sale al 60%. Una dimostrante di Tuzla, citata dai media locali, aveva subito
dichiarato che “la gente non ha più da mangiare, ha fame, i giovani non hanno lavoro, non c'è
più assicurazione medica, ai cittadini non sono garantiti i diritti elementari. Non può andare
peggio di così.”
Zdravko Grebo, docente all'Università di Sarajevo e noto attivista per i diritti umani, ha
dichiarato che spera queste manifestazioni siano l'inizio di una “primavera bosniaca”. La
nozione di primavera bosniaca si sta in effetti diffondendo. Anche Danis Tanović, il noto
regista bosniaco premio Oscar per il film “No man's land”, ha postato su Instagram un breve
messaggio che dichiara l'arrivo della primavera. È ancora presto tuttavia per dire se questa
esplosione di rabbia verrà ricondotta ai recinti etnici che hanno dominato la politica della
Bosnia Erzegovina negli ultimi 20 anni, oppure se stiamo davvero assistendo ad un
cambiamento. Altri movimenti che avevano fatto sperare in un'evoluzione del dibattito politico
bosniaco, fermo alle categorie imposte dai nazionalisti nella guerra degli anni '90, sono
rapidamente scomparsi dalla scena pubblica. È stato questo il caso ad esempio della
cosiddetta “bebolucija”, la protesta diretta l'anno scorso contro la classe politica per la sua
incapacità di tutelare i diritti dei nuovi nati, o di altri movimenti affacciatisi alla scena negli
anni precedenti, come quello nato a seguito dell'uccisione di Denis, uno studente, avvenuta a
Sarajevo nel 2008, o di Vedran, tifoso dell'FK Sarajevo, avvenuta a Široki Brijeg. In quel caso,
però, si trattava di movimenti per lo più urbani, con una forte connotazione sarajevese. Ora
tutto il Paese sembra in rivolta, e la rabbia più forte.