Sono - DAWN Study
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7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 1 a cura di Pierpaolo De Feo Chiara Di Loreto 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 3 Premessa I dati dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) evidenziano come lo stile di vita sedentario può rientrare tra le prime dieci cause di mortalità e inabilità nel mondo. Numerose evidenze scientifiche oggi dimostrano in maniera chiara gli effetti benefici sulla salute prodotti da un’attività fisica moderata purché svolta regolarmente. Complessivamente, l’OMS stima che gli stili di vita non salutari spiegano quasi il 50% delle malattie negli uomini e quasi il 25% nelle donne, nei paesi europei più sviluppati. A livello mondiale, l’OMS stima che circa il 58% del diabete mellito, il 21% della malattie coronariche e quote comprese tra l’8 ed il 42% di certi tipi di cancro sono attribuibili all’obesità. E’ dimostrato che l’esercizio fisico riveste un ruolo rilevante nei confronti delle patologie cardiovascolari (infarto cardiaco e cerebrale, ipertensione arteriosa), delle malattie endocrino-metaboliche (obesità, diabete, osteoporosi) e rischio di cancro del colon e della mammella. Sempre l’OMS stima che l’inattività fisica causa 1,9 milioni di decessi nel mondo. Essa è responsabile del 1016% dei casi di tumore del seno, del colon-retto e del diabete mellito di tipo 2, e circa il 22% delle malattie ischemiche. Soprattutto l’esercizio fisico è il primo presidio terapeutico nella lotta all’obesità, vera pandemia moderna. Per avere benefici,tuttavia, non è necessaria una pratica intensa dell’esercizio fisico, infatti si riscontra un miglioramento del proprio stato di salute anche solo facendo, nel corso della giornata, attività fisica moderata per brevi periodi e ricercando occasioni per combattere la sedentarietà. Il semplice camminare ad andatura spedita per 30-60 minuti al giorno almeno 3 volte a settimana si associa in maniera evidente alla riduzione dell’incidenza di mortalità per malattie cardiovascolari. L’attività fisica, inoltre, aiuta a controllare il peso e riduce stress, ansia e senso di depressione, promuovendo un concetto moderno di wellness. Negli Stati Uniti, dove l’obesità sta diventando una vera piaga sociale ed economica, il Piano Sanitario Nazionale “Healthy People 2010” individua l’incremento dell’attività fisica come uno dei principali obiettivi di salute per il Paese, e definisce in maniera chiara i programmi per incentivarne la pratica in tutte le fasi della vita (solo il 25% degli adulti pratica attività fisica secondo i livelli minimi raccomandati, cioè 30 minuti di attività modera- ta almeno 5 giorni alla settimana oppure 20 minuti di attività intensa 3 o più volte alla settimana). Il diabete è tra le patologie per le quali si ha a disposizione la maggiore quantità di evidenza in termini di dati politici, economici e clinici sui benefici dell’attività motoria nella lotta contro la “diabesità”, neologismo che sintettizza in modo efficace la patologia combinata obesità/diabete. I dati italiani del Progetto DAWN (Diabetes Attitudes Wishes e Needs), individuando le aree critiche nel percorso di cura della persona con diabete, in particolare quelle dovute all’impatto psicosociale della malattia, fanno emergere le carenze del processo assistenziale alle quali va rivolta grande attenzione sia a livello nazionale che globale. Tali risultati, riferiti alla popolazione diabetica adulta che include una piccola popolazione di immigrati, evidenziano l’esistenza di barriere comunicative tra operatori sanitari e tra operatori sanitari e persone con diabete, di interruzioni nella continuità assistenziale, di scarsa adesione alla terapia farmacologica e non farmacologica (dieta e attività fisica) da parte dei pazienti, con ricadute sullo stato psicologico e sulla vita personale e familiare della persone con diabete. L’enunciazione delle “Call to action”, permette alle Amministrazioni e ad altre Istituzioni pubbliche o private di formulare strategie che riguardino non solo i bisogni sanitari, ma anche quelli psicosociali delle persone con il diabete. 3 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 4 Le “Call to action” dello studio italiano individuano la necessità che le Istituzioni utilizzino adeguati modelli di gestione della cronicità e individuino strategie per migliorare l’adesione alla terapia farmacologica e non farmacologica, e il vissuto psicologico e l’impatto sociale della malattia, rinforzando il ruolo della famiglia e di un Associazionismo responsabile. Il progetto si inserisce correttamente nel contesto internazionale secondo quanto delineato dalle Direttive Europee del 2006, dalla Risoluzione ONU del Dicembre 2006, dalle conclusioni del Forum di New York del marzo 2007 e dai lavori della Commissione Europea su “Information to patient”. Queste iniziative, infatti, ponendo l’accento sulla necessità di sviluppare politiche nazionali per la prevenzione, il trattamento e la cura del diabete in linea con lo sviluppo sostenibile dei vari sistemi di assistenza sanitaria, evidenziano l’importanza di individuare e adottare strumenti utili per valutare e interpretare la domanda di salute, al fine di formulare risposte adeguate. È necessario che nella gestione di persone con patologie cronice come il diabete si attui un cambiamento culturale in modo che termine “curare” assuma il significato di “prendersi cura”, tenendo presente che la “salute” è un bene alla cui “produzione” concorre l’impegno del mondo della Sanità, di altri settori e della persona con patologia. Questo “Barometro su Diabete e stile di vita”, sviluppato dal gruppo Wellness Metabolico, vuole essere la prima delle risposte alle “call to action” del progetto DAWN mediante l’individuazione, nella promozione dell’attività motoria e del corretto stile di vita, lo strumento primario nella prevenzione e nel miglioramento della qualità di vita della persona con diabete. L’enunciazione dell’OMS nell’atto costitutivo del 1948 secondo cui “La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza di malattie e di infermità” appare quanto mai attuale e diventa oggi un obiettivo sul quale impegnarsi concretamente per individuare le opportune strategie politiche, sociali e sanitarie. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 5 La salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza di malattie e di infermità World Health Organization Constitution Geneva, 1948 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 6 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 7 INDICE Prefazione - Sen. Livia Turco, Ministro della Salute Prefazione - On. Giovanna Melandri, Ministro per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive Prefazione - Prof. Antonio Gaglione Sottosegretario di Stato al Ministero della Salute Prefazione - Prof. Luciano Modica Sottosegretario all’Università e alla Ricerca Prefazione - Prof. Massimo Massi Benedetti Vice President of International Diabetes Federation Prefazione - Prof. Riccardo Vigneri Presidente di Diabete Italia e della SID (Società Italiana di Diabetologia) - Prof. Pierpaolo De Feo Coordinatore del Gruppo Attività Fisica di Diabete Italia e del Gruppo Wellness Metabolico del Progetto Dawn Italia Prefazione - Dott. Adolfo Arcangeli Presidente AMD 10 11 36 38 44 12 13 IL RUOLO DELL’ATTIVITÀ FISICA 26 10. E’ possibile prevenire il diabete mellito di tipo 2? L’esperienza statunitense (Chiara Di Loreto) 11. E’ possibile prevenire il diabete mellito di tipo 2? L’esperienza finlandese (Chiara Di Loreto) 12. Gli effetti benefici dell’attività motoria sullo stato di salute (Pierpaolo De Feo) 13. Attività fisica e qualità della vita nella persona con diabete (Giulio Marchesini) 14. Perché l’attività fisica è così efficace? Born to Run (Pierpaolo De Feo) 15. I risultati italiani degli studi di intervento con attività fisica nel DM2: L’esperienza di Perugia (Chiara Di Loreto) 16. I risultati italiani degli effetti dell’attività fisica nel diabete mellito di DM2: Lo studio MIND-IT (Gruppo di studio diabete ed aterosclerosi della SID) 17. I risultati italiani degli effetti dell’attività fisica nel diabete mellito di tipo 2: Lo studio IDES (Stefano Balducci) 28 LE STRATEGIE 14 15 16 LA PANDEMIA SILENTE 1. Il peso del mondo 2. Pandemia del diabete: dati mondiali (Riccardo Vigneri) 3. Pandemia del diabete: dati italiani attuali e prospettive future (Adolfo Arcangeli) 4. Obesità e diabete tipo 2 nel bambino: dati nazionali ed internazionali (Claudia Brufani, Marco Cappa) 5. Livelli di attività motoria nella popolazione italiana: Dati ISTAT 2006 (Chiara Di Loreto) 6. Livelli di attività motoria nelle persone con diabete in Italia: rapporto del progetto Dawn Italia (Marco Comaschi) 7. Livelli di attività motoria nelle persone con diabete in Italia: indagine conoscitiva sulla promozione dell’attività fisica negli ambulatori diabetologici italiani (Gerardo Corigliano) 8. Il costo economico del diabete 9. Il risparmio di spesa (Pierpaolo De Feo) 20 24 30 32 18. Strategie europee - Documento estratto dalla Conferenza Ministeriale dell’OMS 19. Le strategie del Ministero della Salute per incrementare la pratica dell’attività motoria (Paola Pisanti) 48 50 52 54 56 58 60 62 68 76 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 8 20. Il Programma “guadagnare salute” (Donato Greco) 21. Protocollo d’intesa tra il Ministro della Salute e il Ministro delle Politiche Giovanili e le Attività Sportive (Chiara Di Loreto) 22. Da un punto di vista politico: Costruire una spinta politica al cambiamento - barriere e forze motrici (Vincenzo Scotti) 23. Strategie per migliorare lo stile di vita dei bambini italiani: il Progetto Educagiocando (Simona Frontoni) 24. Strategie per migliorare lo stile di vita della popolazione adulta italiana: il Progetto “Io Muovo la Mia Vita” (Pierpaolo De Feo) 80 82 84 88 92 96 98 100 102 106 108 IL RUOLO GLI OPERATORI 31. Diabete e Attività Fisica: il ruolo del medico dello sport (Maurizio Casasco) 32. Diabete e Attività Fisica: il ruolo del laureato in Scienze Motorie (Vilberto Stocchi) 33. Diabete e Attività Fisica: Il ruolo dell’infermiere (Mariangela Ghidelli ) 34. Diabete e Attività Fisica: il ruolo delle associazioni persone con diabete - l’ANIAD (Gerardo Corigliano) 122 124 IL DIABETE E IL MONDO DELLO SPORT 37. Federazione Italiana Hockey su Prato (Luca Di Mauro) 38. Un campione dello sport impegnato nel promuovere l’attività motoria (Maurizio Damilano) 128 130 LE ESPERIENZE DELLE PERSONE CON DIABETE LA MOTIVAZIONE ALL’ATTIVITÀ FISICA 25. Diabete e Attività Fisica: il ruolo dell’Educazione Terapeutica (Aldo Maldonato) 26. Il counseling individuale (Chiara Di Loreto) 27. Diabete e Attività fisica: il ruolo del counseling di gruppo (Marina Trento) 28. Uso dell’autobiografia narrativa per la motivazione all’autocontrollo del diabete e all’attività fisica (Natalia Piana) 29. Fare costa, non fare costa di più (Dario Laruffa) 30. Questione di peso (Maria Rita Montebelli) 35. Diabete e Attività Fisica: il ruolo dei centri multidisciplinari Il Centro Studi e Ricerche di Catania (Maurizio Di Mauro) 36. Diabete e Attività Fisica: il ruolo dei centri multidisciplinari: il Centro C.U.R.I.A.MO. (Pierpaolo De Feo) 112 116 118 120 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49. La persona con diabete come esempio (Sergio Galbiati) Nicolas Amodio Simone Donadello Diego Franceschini David Panichi Marco Peruffo Pippo Pipitone Monica Priore Mauro Sormani Mauro Talini Mattia Tanza 134 136 138 140 142 144 146 148 150 152 154 LE CONCLUSIONI 50. Diabete e attività fisica: quale tipo, intensità e quantità? (Pierpaolo De Feo) 158 51. Proposta di intervento integrato multidisciplinare: implementazione in Italia delle linee guida internazionali (Pierpaolo De Feo, Chiara Di Loreto ) 160 52. Il nostro punto di Vista: Tante Parole, Ora Agiamo 162 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 9 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 10 Sen. Livia Turco Ministro della Salute Nel corso degli ultimi anni abbiamo assistito, in particolare nel mondo occidentale, ad un progressivo cambiamento del quadro socio-sanitario soprattutto per le aumentate aspettative di vita e per il supporto che a questa aspettativa si deve offrire. I Sistemi Sanitari Nazionali infatti tendono, molto di più che nel passato, a programmare azioni di prevenzione che favoriscano un processo coordinato di cura e di attenzione alla salute dei cittadini. Il “Barometro” inteso come sistema di misurazione del fenomeno diabete, non solo in termini di patologia ma anche di prevenzione, si inquadra senz’altro in questo nuovo approccio culturale ed operativo che anche il Piano Sanitario Nazionale 2006/2008 ha adeguatamente sancito. 10 Inoltre, il fatto che il progetto “Barometro” sia nato a seguito delle raccomandazioni espresse a tutti i Paesi nella Risoluzione delle Nazioni Unite sul diabete del dicembre 2006 e che sia stato presentato nel primo “Changing Diabetes Leadership Forum” tenutosi a New York nel marzo 2007 alla presenza di 20 delegazioni di altrettanti Paesi, ne aumenta il valore soprattutto in termini di impegno “del fare” piuttosto che “del dire”. Il “Barometro” quindi si pone come catalizzatore di conoscenze ma anche come promotore di soluzioni per arginare la pandemia del diabete sia dal punto di vista dei cittadini generando informazione sui corretti stili di vita, sia dal punto di vista delle istituzioni, sollecitando la collaborazione di più attori. Tale iniziativa si inquadra perfettamente nel progetto “Guadagnare Salute”, promosso dal Ministero della Salute, che ha come obiettivo la maggiore diffusione possibile di scelte di vita salutari, incentivando soprattutto l’attività motoria e la sana alimentazione. Si tratta di un intervento intersettoriale teso a coinvolgere tutti i “protagonisti” di quella filiera complessa che è il “sistema salute” per raggiungere obiettivi ambiziosi: migliorare la qualità della vita, diminuire il numero delle cronicità e trasferire il conseguente risparmio dei costi dalla cura alla prevenzione. Mi compiaccio dunque per questa iniziativa, il “Barometro”, che ben si inquadra in questa nuova filosofia pienamente condivisa dal Ministero della Salute, vale a dire di privilegiare quei progetti che mettono in primo piano non più la persona con diabete ma la persona, con le sue aspettative e le sue necessità. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 11 Giovanna Melandri Ministro per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive Migliorare la salute dei cittadini è un obiettivo da perseguire con grande impegno ed attenzione. Un intervento efficace e concreto sui principali fattori di rischio consente infatti di migliorare la qualità della vita dei malati, riducendo l’impatto di alcune patologie. Per rendere possibile questo intendimento risulta necessario che le istituzioni mettano in campo scelte tese a promuovere la cultura della prevenzione. È dunque fondamentale che coloro che rivestono incarichi nelle amministrazioni dello Stato considerino strategico l’investimento per promuovere tra le diverse fasce di cittadini - giovani e anziani, uomini e donne - stili di vita corretti e salutari. In tal senso, per ciò che concerne le specifiche competenze del POGAS (Ministro per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive), abbiamo ritenu- to necessario portare avanti azioni che rafforzino la combinazione tra pratica sportiva e benessere. Indirizzare i cittadini allo sport, infatti, vuol dire prevenire l’insulinoresistenza e il diabete mellito. Mentre in passato vi era la tendenza a vietare l’attività fisica alle persone con diabete, studi recenti dimostrano come un’attiva motoria svolta con accortezza produca un miglioramento complessivo dello stato di salute di una persona con diabete. Lo sport, inoltre, aiuta ad aumentare l’autostima, favorisce la socialità ed è, soprattutto, un piacevolissimo momento di svago e di divertimento. Il Governo Prodi, con la ratifica del programma quadro “Guadagnare salute”, ha gettato le basi di un grande mutamento culturale. Una politica efficace per la promozione di stili di vita salutari non deve limitarsi a contemplare i successi conseguiti ma mettere a punto nuove strategie. In tal senso, l’obiettivo del prossimo futuro è quello di moltiplicare gli interventi tesi a promuovere l’attività motoria sul territorio coinvolgendo un numero sempre maggiore di cittadini. Costruire “buone pratiche” e promuovere la dimensione sociale dello sport, dunque, è tra i nostri obiettivi principali e stiamo già lavorando in questa direzione. 11 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 12 Prof. Antonio Gaglione Sottosegretario di Stato al Ministero della Salute II risultati di un importante studio dell’Oms sui fattori di rischio suggeriscono che lo stile di vita sedentario (sedentary lifestyle) è una delle dieci cause di morte e inabilità nel mondo. L’inattività fisica aumenta la mortalità per tutte cause, raddoppia il rischio di malattia cardiovascolare, di diabete di tipo 2 e di obesità. Inoltre, espone maggiormente ai rischi di cancro al seno e al colon, aumenta l’alta pressione sanguigna e i livelli di colesterolo nel sangue, non difende la persona dall’osteoporosi, non favorisce la circolazione capillare in grado di limitare la mortalità per eventi cardiaci; e per di più l’inattività favorisce depressione e ansia. 12 Le diete non sane, l’eccesso calorico, la sedentarietà, l’obesità e le altre malattie croniche (spesso associate in un unico individuo) sono il più grande problema di sanità pubblica nella maggior parte dei paesi del mondo industrializzato. Più di un miliardo di adulti nel pianeta presentano un sovraccarico ponderale. Questa condizione minaccia in modo particolare le fasce giovanili e l’infanzia, e comporta trasformazioni metaboliche che si riflettono sulla tensione arteriosa, sui livelli di colesterolo e trigliceridi, sulla resistenza all’azione dell’insulina: il sovrappesso, se non adeguatamente limitato con dieta e attività fisica, sconfina irreparabilmente nell’obesità. La pratica sportiva da proporre a tutti per ottenere effetti benefici sulla salute deve essere di tipo aerobico. Questa pratica necessita di un modesto impegno cardio-circolatorio e consente di protrarre lo sforzo più a lungo. In questo modo è possibile, sostenendo l’attività per almeno mezz’ora, abbassare i livelli di zucchero nel sangue, perdere modeste quantità di grassi, migliorare la circolazione capillare, e accelerare il metabolismo nelle ore successive all’attività. Di minore impatto sulla salute sono gli effetti della pratica anaerobica che se non correttamente eseguita con l’ausilio di istruttori molto qualificati, può al contrario ingenerare traumi e problemi muscolari. Per tutte queste ragioni è necessario proporre alla popolazione una costante attività fisica da svolgere a tutte le età e senza fare ricorso a pratiche particolarmente impegnative: bastano lunghe camminate, una moderata attività di jogging o una sana pedalata per fornire al nostro organismo i preziosi effetti della pratica aerobica. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 13 Prof. Luciano Modica Sottosegretario all’Università e alla Ricerca Ho avuto modo di esaminare il primo lavoro del gruppo di studio Wellness Metabolico del Progetto DAWN Italia ed ho constatato la portata dell’opportunità offerta da questo strumento. Si tratta, come gli stessi componenti del gruppo lo definiscono, di un “barometro” che ha lo scopo di misurare e documentare lo stato della pratica dell’attività motoria, i risultati degli studi completati ed in corso al fine di proporre ed implementare le strategie per aumentare i livelli di attività fisica nella popolazione con diabete. In effetti questa patologia ha assunto proporzioni tali da farla ritenere a ragione una malattia sociale, tanto più perniciosa quanto meno conosciuta nella sua silenziosa gravità. Le cifre sono rilevanti ed in costante ascesa. Alcune fonti dichiarano che vi sono oltre 5 milioni di persone con diabete soltanto in Italia e si dice che i numeri del “sommerso”, cioè di chi non sa di esserne affetto, potrebbero essere ben superiori. E’ un fenomeno di cui è giusto prendere coscienza a livello multidisciplinare soprattutto per creare un fronte comune in grado di programmare un’azione di difesa e prevenzione. La ricerca scientifica è una parte importante della futura possibilità disporre di soluzioni che possano migliorare la qualità di vita della persone con diabete, e in questo i ricercatori italiani sono certamente tra i più attivi in questo campo. Non bisogna dimenticare che un presidio importante e oggettivamente salutare è costituito dall’informazione sui benefici dell’attività fisica soprattutto quando diventa una terapia per affrontare questa patologia. Non si può che concordare con quanto affermato più volte dal gruppo Wellness Metabolico nel corso di questo lavoro sulla necessità di migliorare le conoscenze del grande pubblico sulla necessità di curare il corpo attraverso l’attività fisica e sportiva. A questa domanda il sistema universitario italiano ha risposto fin dal 1998 istituendo il Corso di Laurea in Scienze Motorie con l’obiettivo di formare professionisti accreditati su cui poter contare per la diffusione della cultura del benessere. 13 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 14 Prof. Massimo Massi Benedetti Vice President of International Diabetes Federation E’ con grande soddisfazione che la IDF (International Diabetes Federation) accoglie il presente documento che ha l’obiettivo di censire lo stato dell’attività fisica delle persone con diabete in Italia. La promozione di un corretto stile di vita è una fondamentale mission del cammino iniziato dall’IDF nell’ormai lontano 1989 con la promulgazione, in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, della Dichiarazione di St. Vincent e proseguito con la dichiarazione di Vienna sulle EU Policy Recommendations on Diabetes degli europarlamentari e con la risoluzione del dicembre 2006 dell’ONU che ha riconusciuto il 14 novembre - l’attuale Giornata Mondiale del Diabete - quale giornata delle Nazioni Unite. 14 Nell’esprimere l’orgoglio di avere originato e sostenuto il movimento che ha prodotto tale importante risultato, si deve sottolineare come questo non sarebbe stato possibile senza la collaborazione e la sinergia fra le associazioni professionali e di volontariato, le istituzioni pubbliche e private nazionali ed internazionali alle quali, a nome dei cittadini europei con diabete, deve andare un grande ringraziamento per il sostegno morale e materiale profuso. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 15 Prof. Riccardo Vigneri Presidente di Diabete Italia e della SID (Società Italiana di Diabetologia) Prof. Pierpaolo De Feo Coordinatore del Gruppo Attività Fisica di Diabete Italia e del Gruppo Wellness Metabolico del Progetto Dawn Italia Diabete Italia e la Società Italiana di Diabetologia sono seriamente impegnati per aumentare i livelli di attività fisica della nostra popolazione e, in particolare, dei soggetti con diabete mellito di tipo 2 o a rischio di sviluppare il diabete. Il Gruppo Attività Fisica di Diabete Italia promuove una serie di iniziative volte a diffondere tra la popolazione italiana la consapevolezza dei benefici della rego- lare attività motoria (vedasi progetto Io Muovo la Mia Vita) e sostiene la ricerca scientifica e corsi di formazione per operatori sanitari sul ruolo terapeutico dell’attività fisica nelle persone con diabete. In questa ottica la Società Italiana di Diabetologia ha di recente siglato un accordo con la Società Italiana di Medicina Sportiva per organizzare dei corsi di formazione rivolti sia ai medici diabetologi che ai medici dello sport al fine di implementare ed ottimizzare l’uso dell’attività motoria per la prevenzione e la cura del diabete mellito di tipo 2. Il primo Barometro Italiano su diabete e attività fisica in Italia, curato dal gruppo Wellness Metabolico del progetto Dawn Italia e accreditato dal Ministero della Salute, ha l’obiettivo di fornire un agile ed utile strumento per gli operatori del settore socio-sanitario. Il Barometro riassume lo stato dell’arte sulla ricerca scientifica nel settore, le evidenze prodotte in letteratura sui benefici dell’attività fisica nelle persone con diabete sia in termini di salute che di risparmio della spesa sanitaria, le ricerche epidemiologiche e gli studi di intervento eseguiti o in corso nel nostro Paese, il ruolo che possono svolgere le varie figure professionali e, infine, le proposte di modelli organizzativi per implementare l’attività motoria nel diabete. Si tratta di una prima fotografia dello stato dell’arte dell’attività fisica nel diabete; gli aggiornamenti periodici costituiranno uno strumento di valutazione sull’efficacia degli interventi tesi a migliorare i livelli di attività fisica della popolazione italiana. 15 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 16 Dott. Adolfo Arcangeli Presidente AMD Obesità e diabete rappresentano, in Italia e in Europa, un problema di salute particolarmente preoccupante per la rapidità della progressione del fenomeno che, nell’arco di due decadi, si è triplicato. Definire obesità e diabete (la Diabesità) una pandemia globale non costituisce un’esagerazione. I dati oggi in nostro possesso ci indicano che in Italia 4-5 abitanti su 10 soffrono di sovrappeso o sono obesi, con tassi più elevati nelle regioni meridionali e con una tendenza all’aumento negli ultimi anni. Questo fenomeno, che non risparmia i bambini, avrà una incidenza considerevole sul numero di persone, adulti e bambini, che nei prossimi anni svilupperanno il diabete di tipo 2. Le conseguenze per gli individui e la società sono serie in termini di riduzione sia dell’aspettativa sia della qualità della vita, con notevoli ricadute anche economiche, questo soprattutto a causa delle complicanze che la persona con diabete può sviluppare. Questi sono dati di fatto che devono fare riflettere e, 16 soprattutto, agire con urgenza. Un altro aspetto sul quale soffermarsi è caratterizzato da due equilibri fondamentali. Il primo è quello tra un’alimentazione sana e livelli adeguati di attività fisica. Il secondo concerne la responsabilità individuale nei confronti della salute, le scelte dettate da informazione ed educazione corrette e basate sull’evidenza scientifica, nel rispetto, ove possibile, dei contesti culturali delle varie entità regionali, e responsabilità dei governi e delle istituzioni nazionali, regionali e locali nel creare e promuovere ambienti e contesti favorevoli a scelte salutari. In questo un compito fondamentale è assolto dalla comunità scientifica che deve poter adottare strategie mirate basate su linee guida condivise e percorsi cognitivi e formativi valicati. In campo nutrizionale è necessario diffondere informazioni chiare e corrette, per raggiungere un livello di piena consapevolezza e responsabilità del consumatore, evitando confusione e disorientamento nella popolazione. L’adozione di un corretto stile di vita non può essere imposta per legge. L’educazione alimentare e l’autoregolamentazione da parte dell’industria alimentare in accordo con le istituzioni governative sulla base di stringenti codici etici di comportamento, restano gli strumenti di gran lunga più efficaci. Una precisa fotografia del diabete in Italia non può prescindere da una analisi delle complicanze croniche tardive della malattia che, in un epoca in cui è ormai raro il decesso per cause acute, ne rappresentano il vero, principale, costo umano ed economico. In Italia la cura per il diabete assorbe il 6,65% della spesa sanitaria complessiva, con un costo per persona con diabete che è più del doppio della media nazionale. E allora è necessario lavorare su indicatori che misurino la qualità dell’assistenza diabetologica e i risultati anno dopo anno raggiunti. L’Associazione Medici Diabetologi (AMD) ha realizzato un database nazionale, pubblicato con il titolo di “Annali”, che include i dati clinici completi di oltre 135.000 assistiti che hanno usufruito della assistenza diabetologica dal 2004 ad oggi, in 75 Centri di diabetologia distribuiti sul territorio Italiano. Da questo enorme database è stato possibile desumere importanti informazioni riguardo la realtà assistenziale per il diabete nel nostro Paese. Questo fa parte della mission dell’AMD, che storicamente ha individuato nell’educazione terapeutica l’elemento “fondamentale” del Percorso Assistenziale incentrato sulla persona con diabete. Lavorare su indicatori relativi allo stile di vita appare necessario e importante. Per questo, il Barometro sullo stile di vita è uno strumento significativo nei percorsi di prevenzione che l’intera comunità scientifica e i decisori politici devono adottare. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 17 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 18 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 19 LA PANDEMIA SILENTE 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 20 1. Il peso del mondo Weight of the World Report I l report “Weight of the World” sottolinea la necessità di agire subito nel combattere l’aumento di peso nel diabete Un report che intende stimolare medici e persone con diabete a non accettare più l’aumento di peso come prezzo inevitabile da pagare a fronte del controllo glicemico Il report “Weight of the World”, scritto da alcuni fra i massimi esperti mondiali nel campo del diabete, affronta ed esplora gli effetti deleteri che l’aumento di peso (causato sia dallo stile di vita che dai trattamenti) provoca alle persone con diabete a livello sia fisiologico che psicologico. 20 L’aumento considerevole di sovrappeso ed obesità a livello mondiale ha portato il numero di persone affette da diabete di tipo 2 a livelli epidemici: questi due elementi combinati sono in procinto di superare il fumo quale fattore nei tassi di mortalità a livello mondiale. Sir George Alberti, Professore Emerito di Medicina presso la University of Newcastle, autore della prefazione del report, commenta così: “Questo report viene al momento opportuno, dato che siamo quasi giunti al punto di non ritorno in termini di aumento rapido ed esponenziale del diabete di tipo 2. Se il numero di persone con diabete, sovrappeso ed obesità continua ad aumentare di questo passo, la nostra generazione e quelle future saranno totalmente gravate dalle patologie, dai costi e dalla mortalità associata al diabete.” “Fermo restando che il controllo glicemico è l’obiettivo principale, occorre considerare ed inquadrare l’aumento di peso quale parte fondamentale della gestione diabetica”, afferma il Dr. Vivian Fonseca, Professore di Medicina e primario della Sezione di Endocrinologia presso la Tulane University Medical Center a New Orleans, Louisiana (USA). “Una scelta attenta fra le terapie disponibili, e la gestione dell’alimentazione e dello stile di vita possono contribuire a ridurre al minimo l’aumento di peso nelle persone con diabete.” Il report evidenzia e sostiene che anche una relativamente modesta perdita di peso è in grado di produrre un miglioramento del controllo glicemico e di ridurre il rischio di malattie cardiache, e può inoltre prolungare la 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:55 Pagina 21 sopravvivenza alle persone con diabete. E’ stato riscontrato come sia il diabete che l’obesità stiano aumentando a ritmo rapido. Nel 1994 fu calcolato che il numero di persone affette da diabete sarebbe arrivato a 239 milioni entro il 2010. Oggi, a tre anni dai quella data, questo numero ha già raggiunto e superato tale previsione, con circa 246 milioni di persone che in tutto il mondo convivono con il diabete. Una buona percentuale di questo numero è causata dall’epidemia di obesità. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha calcolato che oggi vi sono 1,6 miliardi di adulti (di età superiore a 15 anni) sono sovrappeso ed almeno 400 milioni di adulti che sono clinicamente obesi – il doppio della previsione di 200 milioni del 1995 [OMS, 2006] Un dilemma per il medico: la scelta difficile fra controllo glicemico ed aumento di peso Un buon controllo glicemico nelle persone con diabete riduce al minimo l’insorgenza e la progressione di complicanze; questi benefici sono indubbi e pertanto negli ultimi decenni il controllo glicemico ha rappresentato l’obiettivo clinico nei diabetici. Tuttavia, il diabete di tipo 2 è una malattia progressiva, e nel corso del tempo la funzione delle cellule beta del pancreas si deteriora e provoca una ridotta produzione di insulina e livelli glicemici sempre più elevati nel corso della giornata. Di conseguenza, con il progredire della malattia, gli agenti antidiabetici orali rischiano di diventare sempre meno in grado di controllare in manie- ra efficace i livelli glicemici ed è altrettanto probabile che aumenti la necessità di iniziare precocemente il trattamento con insulina. Si stima che oltre il 50% delle persone con diabete di tipo 2 richiederà il trattamento insulinico per un efficace controllo glicemico entro 6 anni dalla diagnosi [Wright, 200] Nel trattare il diabete di tipo 2, il medico si trova ad affrontare un dilemma dato che il controllo glicemico può essere associato all’aumento di peso. Si ritiene spesso che con la terapia insulinica l’aumento di peso sia inevitabile, soprattutto perché i medici si prefiggono un controllo glicemico rigoroso e fanno ricorso a regimi intensivi di aggiustamento della dose di insulina [Hermansen, 2007]. Questo approccio è sicuramente corretto; le linee guida internazionali attuali per la gestione delle persone con diabete di tipo 2 raccomandano l’aggiunta in fase precoce di insulina nelle persone con diabete che non riescono ad ottenere buoni livelli glicemici [Nathan, 2003]. L’insulina deve essere considerata non come ‘ultima risorsa” ma come un elemento fondamentale del trattamento del diabete per aiutare, il più precocemente possibile, a rallentare la progressione delle condizioni [Palumbo]. Ma l’aumento di peso è davvero un effetto collaterale inevitabile della terapia insulinica? Dal momento in cui si avvia la terapia con insulina, le persone con diabete aumentano in media di 4-5 kg [UKPDS 33, 1998]. E’ chiaro come la gestione del peso sia essenziale per un esito ottimale del trattamento delle persone affette da diabete e dovrebbe costituire un elemento cruciale nel corso della progressione della patologia. Per questi motivi, e grazie all’associazione di interventi sullo stile di vita al trattamento con insuline di nuova generazione, l’aumento di peso che è tradizionalmente associato all’insulina non deve più essere considerato come inevitabile. Conclusioni Chiave Sia il diabete che l’obesità hanno raggiunto livelli di epidemia, sono in rapido aumento e rischiano di sfuggire al controllo. La combinazione di diabete ed obesità rappresenta una delle principali sfide sanitarie del 21° secolo – la “diabesità”. L’aumento di peso rappresenta un problema comune con le tradizionali terapie insuliniche, ed il timore di aumentare di peso costituisce uno dei principali ostacoli all’avvio oppure all’intensificare la terapia insulinica, e può in maniera notevole influenzare la aderenza rispetto al trattamento. Il ritardare l’avvio oppure l’intensificazione della terapia con insulina può provocare conseguenze serie; per la sua capacità di ridurre i livelli glicemici e ridurre le complicanze associate al diabete, l’insulina non deve essere considerata come “ultima risorsa”. Fermo restando che il controllo glicemico rimane l’obiettivo chiave, è importante evitare l’aumento di peso, soprattutto nel momento in cui le persone con diabe21 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 22 te vengono convertite all’insulina. Una attenta scelta delle terapie disponibili e la gestione della alimentazione e dello stile di vita possono contribuire a ridurre al minimo l’aumento di peso nelle persone con diabete. Necessità di agire La diabesità rappresenta una delle problematiche più significative e sfide che l’uomo dovrà affrontare nel 21° secolo. E’ necessario che operatori sanitari,medici e persone con diabete mettano in atto una azione immediata e congiunta per evitare che questa epidemia sfugga al nostro controllo. 1. Raccomandazioni per i medici che trattano persone con diabete: Evitare di procrastinare fino a che sia troppo tardi: le persone con diabete il cui controllo glicemico è insoddisfacente con la terapia antidiabetica orale devono essere convertiti ad un regime insulinico per contribuire a migliorare la gestione del diabete Impegnarsi al massimo per promuovere un perfetto stile di vita. Non accettare la percezione che l’aumento di peso sia un prezzo inevitabile da pagare per il migliore controllo glicemico offerto dall’insulina Continuare a confrontarsi e a lavorare insieme alle persone con diabete per affrontare e sottolineare l’importanza della gestione del peso 22 2. Raccomandazioni per le persone con diabete Il peso va gestito con lo stesso rigore dei livelli glicemici: anche una modesta riduzione di peso può portare a benefici significativi per la salute. E’ importante insistere sul proprio diritto a ricevere un trattamento per il diabete che porti un aumento di peso inferiore. Informazioni relative al Report Weight of the World Il report “Weight of the World“è una analisi di ricerca clinica, studi ed indagini relativi all’aumento di peso nel diabete ed all’impatto causato a livello fisico che psicologico sia sulle persone con diabete che sui medici stessi. Esplora il simultaneo aumento dell’epidemia di diabete ed obesità, ed il legame inestricabile che li unisce. Il report è stato redatto dal Dr Vivian Fonseca, Dr Frank Snoek, Dr Andreas Liebl, mentre la prefazione è stata scritta dal Professor Sir George Alberti. E’ stato realizzato grazie ad un grant educativo di Novo Nordisk. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 23 BIBLIOGRAFIA Wing RR, Koeske R, Epstein LG, et al. Long-term effects of modest weight loss in type II diabetic patients Arch Intern Med 1987;147:1749-53. Goldstein DJ. Beneficial health effects of modest weight loss. Int J Obes Relat Metab Disord 1992;16:397-415. Williamson DF, Thompson TJ, Thun M, et al. Intentional weight loss and mortality among overweight individuals with diabetes. Diabetes Care 2000;23:1499-504. Diabetes Atlas 2006. Third edition. Produced by the International Diabetes Federation. Garson A Jr, Engelhard CL. Attacking obesity: lessons from smoking. J Am Coll Cardiol 2007:49:1673-5. WHO Factsheet. Obesity and overweight - What are overweight and obesity? 2006. http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs311/en/index.html. 23 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 24 Riccardo Vigneri Presidente di Diabete Italia e della SID (Società Italiana di Diabetologia) 2. Pandemia del diabete dati mondiali L’ Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) è seriamente preoccupata per la crescita di tipo pandemico dell’obesità e del diabete sia nei Paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo. Al giorno d’oggi più di 1,1 miliardi di adulti sono in sovrappeso, e di questi 312 milioni sono obesi. Si stima che il numero delle persone con diabete aumenterà dai 171 milioni attuali a 366 milioni entro 2030, quello delle persone con ipertensione arteriosa da 1 miliardo a 1,56 miliardi entro il 2025. L’incidenza e la prevalenza di obesità e diabete tra i bambini sta crescendo con conseguenze allarmanti. Negli USA si stima che, a meno che non si modifichino le condizioni ambientali, la probalità di sviluppare il diabete da adulti per i nati nel 2000 sarà pari 24 al 30 % se di razza caucasica e al 50% se di razza ispanica. Ancora più preoccupante è la situazione nei paesi poveri che stanno attualmente vivendo la fase di industrializzazione e modernizzazione. Si stima che nel 2030 in India si passerà da 31 a 79 milioni di persone con diabete ed in America Latina da 13 a 33 milioni con tassi di crescita di ben il 150%. La pandemia obesità/diabete è causata dalla combinazione di una crescente diffusione di erronee abitudini alimentari (favorite dal fatto che il cibo più economico è quello pre-confezionato, più ricco in grassi e calorie) e del drastico calo dei livelli di attività fisica. La società è diventata molto più sedentaria rispetto al secolo scorso e i crescenti livelli di inattività, associati ad una dieta inadeguata, portano un numero sempre maggiore di persone a sviluppare condizioni come obesità, insulinoresistenza e diabete mellito di tipo 2. In un recente documento, l’OMS afferma: “L’inattività fisica è causa di 2 milioni di morti all’anno nel mondo, circa il 10-16% di casi di cancro del colon, mammella e diabete di tipo 2, e circa il 22% dei casi di cardiopatia ischemica”. E’ ora ben documentato nella letteratura che crescenti livelli di attività fisica giocano un ruolo critico nella prevenzione e gestione di queste condizioni. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 25 25 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 26 Adolfo Arcangeli Presidente AMD (Associazione Medici Diabetologi) 3. Pandemia del diabete dati italiani attuali e prospettive future P iù di 170 milioni di persone nel mondo sono affette da diabete. Questo numero è destinato a crescere in modo esponenziale nei prossimi anni soprattutto nei Paesi industrializzati, in conseguenza non solo dell’aumento della popolazione e della durata media di vita, ma anche della mancanza di esercizio fisico e dell’alimentazione poco corretta. Nel 2025 ci saranno 300 milioni di diabetici. Più di 3 milioni di italiani soffrono di diabete ed 1 milione non lo sa: oltre i 40 anni, un italiano su tre è a rischio di diabete e quasi uno su cinque ha già alterazioni della glicemia a digiuno (IFG). Vi è una stretta connessione fra l’incremento del sovrappeso e dell’obesità e l’incremento dei casi di diabete. Infatti, alcune delle alterazioni metaboliche e com- portamentali che sono alla base dell’aumento di peso sono anche causa del diabete di tipo 2. Negli ultimi anni si assiste ad un progressivo aumento dei casi di obesità nei bambini, che porta all’insorgenza del diabete di tipo 2 in età giovanile e conseguentemente ad un elevato rischio di complicanze, in particolare di quelle cardiovascolari, in una fascia di età nella quale, fino a pochi anni fa, esse erano eccezionali. Il diabete mellito, con le sue complicanze, è uno dei maggiori problemi sanitari dei paesi economicamente evoluti e, allo stesso tempo, una delle prime voci di spesa sanitaria. Dall’analisi di dati internazionali, accreditati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, emerge un aumento ubiquitario della malattia, tale da indurre a parlare di epidemia mondiale di diabete. Un indicatore indiretto di tale fenomeno è rilevabile anche in Italia, dove il consumo di farmaci per la cura del diabete è in sensibile aumento. Il consumo di insulina nel periodo 1993-1999 è aumentato del 6 per cento e quello dei farmaci ipoglicemizzanti orali del 6,9 %. Tale fenomeno è spiegabile sia con un aumento reale della patologia, dovuto alle modificazioni dello stile di vita e all’invecchiamento medio della popolazione negli ultimi anni, sia con una maggiore intensità di trattamento derivante dalle nuove acquisizioni scientifiche. La prevalenza del diabete di tipo 1 in Italia risulta essere tra lo 0,4 e l’1 per mille. L’incidenza è compresa tra 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 27 i 6 e i 10 casi per 100.000 per anno nella fascia di età da 0 a 14 anni, dato confermato dai rilievi di vari registri regionali, mentre è stimata in 6,72 casi per 100.000 per anno nella fascia di età da 15 a 29 anni. Fa assoluta eccezione a tale tendenza la Sardegna, che ha un’incidenza e una prevalenza di diabete giovanile tra le più alte del mondo, in Europa seconda soltanto alla Finlandia. In Sardegna l’incidenza del diabete di tipo 1 nella fascia di età tra 0 e 14 è di 34 casi per 100.000 per anno. La prevalenza di diabete di tipo 2 pone problemi di rilevazione più complessi. La malattia nei primi anni è spesso asintomatica e non di rado la diagnosi viene posta nel corso di accertamenti per altre patologie o in occasione di ricoveri per complicanze già in atto, soprattutto eventi coronarici o altre vasculopatie. Da ciò discende che la prevalenza della malattia nota, desumibile da rilievi incrociati sul consumo di siringhe e farmaci, dimissioni ospedaliere e Centri Specialistici di Diabetologia è stimata intorno al 2,7-3 per cento (dati anno 2000), mentre indagini di popolazione su ampia scala basate su data base regionali o aziendali o sulla curva da carico di glucosio forniscono percentuali sensibilmente più elevate, tra il 6 e l’11 per cento. La prevalenza del diabete è stata stimata anche attraverso un’indagine multiscopo sulle condizioni di salute svolta dall’ISTAT nel 1999-2000. Su 100 intervistati 3,7 dichiaravano di essere affetti da questa patologia cronica. I tassi negli uomini sono leggermente inferiori a quelli delle donne, mentre nella popolazione con età superiore ai 65 anni si raggiungono tassi di prevalenza superiori al 13%. BIBLIOGRAFIA 1. Alberti K.G.M.M., Zimmet P., Shaw J.: International Diabetes Federation: a consensus on type 2 diabetes prevention. Diabetic Medicine, 2007, 24, 451 2. Zimmet P.: Global and societal implications of the diabetic epidemic. Nature, 2001, 414, 782 3. Cimino A., De Bigontina G., Giorda C., Meloncelli I., Nicolucci A., Pellegrini F., Rossi M.C., Vespasiani G.: Annali AMD 2007: indicatori di qualità dell’assistenza diabetologica in Italia. AMD, giugno 2007 4. Maggini M.: Epidemiologia del diabete di tipo 2 rispetto alla globalizzazione delle abitudini di vita. Atti Convegno Fondazione AMD. Tommasi Ed., Lucca, 2007 27 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 28 Claudia Brufani, Marco Cappa U.O. di Endocrinologia e Diabetologia Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS, Roma 4. Obesità e diabete tipo 2 nel bambino dati nazionali ed internazionali L a crescente prevalenza dell’obesità in età pediatrica è un fenomeno allarmante che le società moderne si trovano oggi a dovere affrontare. Secondo un’indagine condotta negli Stati Uniti nel 19992000, il 14-15% di tutti i soggetti con 15 anni di età è obeso (Ogden, 2002). In Europa, una revisione di indagini condotte in vari paesi europei, indica una più alta incidenza di sovrappeso/obesità nei paesi occidentali e del sud Europa. I paesi dell’area del Mediterraneo presentano una prevalenza di sovrappeso fra i bambini del 20-40%, mentre nei paesi del Nord la prevalenza è del 10-20% (Lobstein 2003). In Italia uno studio recente mostra come il problema obesità pediatrica sia in rapida espansione nel nostro Paese: già dalla prima infanzia bambini con un’età compresa fra 2 e 6 anni, presentano un eccesso ponderale nel 32% dei casi, con una maggior prevalenza al sud rispetto al nord Italia (Maffeis, 2006). L’eccesso ponderale fin dall’età pediatrica si associa ad una serie di comorbidità e soprattutto costituisce un fattore di rischio precoce per morbilità e mortalità nella vita adulta. Molte delle complicanze metaboliche e cardiovascolari dell’obesità sono già presenti nell’infanzia e sono strettamente correlate all’iperinsulinemia/insulino-resistenza, l’alterazione più comunemente presente nell’obesità. Le comorbidità legate all’obesità, presenti fin dall’età pediatrica, sono alterazioni del metabolismo glucidico e lipidico, ipertensione arteriosa, infiltrazione grassa del fegato (non-alcoholic fatty liver disease), colecistopatie, sindrome metabolica, iperandrogenismo nelle adolescenti, apnea ostruttiva nel sonno, problemi di natura ortopedica (Weiss, 2005; Speiser 2005). Il diabete mellito tipo 2 (DM2) in passato definito diabete dell’età adulta perché riguardante soltanto questa fascia d’età, è diventato una realtà comune fra i bambini e gli adolescenti obesi, appartenenti ad etnie ad alto rischio. La prevalenza delle alterazioni del metabolismo glucidico - intolleranza ai carboidrati (IGT), DM2 - nei bambini obesi, varia nelle diverse etnie. Così come negli adulti, anche nei bambini, Afro-Americani, Ispanici, Indiani Pima, sono a maggior rischio per lo sviluppo di IGT e DM2. In uno studio condotto negli Stati Uniti su bambini ed adolescenti obesi di qualunque etnia afferenti all’Università di Yale, l’IGT è stata riscontrata rispettivamente nel 25% e nel 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 29 21% dei bambini degli adolescenti obesi; il DM2 nel 4% di adolescenti obesi (Shina, 2002). Una più alta incidenza di IGT è stata riportata in bambini obesi della Tailandia e delle Filippine ed in bambini Ispanici che vivono negli Stati Uniti (Goran, 2004). In Europa la prevalenza di alterazioni del metabolismo glucidico in bambini/adolescenti obesi è più bassa rispetto a quanto riportato negli U.S.A. e il DM2 pediatrico in soggetti di etnia Caucasica rimane un’entità rara. Nel Regno Unito nel 2000 è stata condotta un’indagine, tramite questionari distribuiti a tutti i pediatri coinvolti nella cura del diabete infantile, con il fine di identificare i soggetti con età inferiore ai 16 anni con DM2. Sono stati identificati 25 soggetti, prevalentemente in età puberale, affetti da DM2. Di questi la maggior parte (56%) apparteneva ad un etnia diversa da quella Caucasica. In soggetti bianchi di origine Europea il DM2 pediatrico è pertanto una patologia infrequente (prevalenza stimata in bambini bianchi del Regno Unito 0,10/100000) (Ehtisham 2004). L’IGT, considerata nell’adulto l’anticamera del DM2, è invece un’entità di comune riscontro anche fra i bambini obesi Europei. In Italia studi condotti in bambini e adolescenti obesi volti ad identificare la prevalenza di alterazioni del metabolismo glucidico, tramite curva da carico orale di glucosio (OGTT), evidenziano una prevalenza di IGT del 4-12% e di DM2 <1%. (Invitti 2003, Brufani 2006). Il problema obesità pediatrica pertanto, nelle sue varianti ad “alto impatto metabolico” nelle etnie a rischio negli Stati Uniti e “a prevalenza di IGT” nelle etnie a basso rischio, come in Europa, rimane per le problematiche sopra esposte e per le temute conseguenze nella vita adulta uno dei problemi più allarmanti che il Sistema Sanitario si trova oggi a dover affrontare. BIBLIOGRAFIA C.Brufani, R.Fiori, D.Colabianchi, G.Ubertini, D.Fintini, M.Cappa, F.Barbetti. Prevalence of impaired glucose tolerance among Italian obese children and adolescents. European Society for Paediatric Endocrinology (ESPE) 2006. Hormone Research 2006; 65(4):94. Ehtisham S, Hattersley AT, Dunger DB, Barrett TG. First UK survey of paediatric type 2 diabetes and MODY. Arch Dis Child 2004;89:526-9. Goran MI, Bergaman RN, Avila Q, et al. Impaired glucose tolerance and reduced beta-cell function in overweight Latino children with a positive family history for type 2 diabetes. J Clin Endocr Metab 2004;89(1):207-212. Invitti G, Guzzaloni G, Gilardini L, Morabito F, Viberti G. Prevalence and concomitants of glucose intolerance in European obese children and adolescents. Diabetes Care 2003;26:118-24. Lobstein T, Frelut ML. Prevalence of overweight among children in Europe. Obes Rev 2003;4:195-200. Maffeis C, Consolaro A, Cavarzere P, Chini L, Banzato C, Grezzani A, Silvani D, Salzano G, De Luca F, Tato L. Prevalence of overweight and obesity in 2- to 6-year old children. Obesity 2006; 14:765-9. Ogden CL, Flegal KM, Carroll MD, Johnson CL. Prevalence and trends in overweight among U.S. children and adolescents, 1999-2000. JAMA 2002;288:1728-32. Shina R, Fisch GF, Teague B, Tamborlane WV, Banyas B, et al. Prevalence of impaired glucose tolerance among children and adolescents with marked obesity. N Engl J Med 2002;346:802-10. Speiser PW, Rudolf MCJ, Anhalt H, Camacho-Hubner C, Chiarelli F, Eliakim A, et al. Consensus statement: Childhood obesity. J Clin Endocrinol Metab 2005;90:1871-87. Weiss R, Caprio S. The metabolic consequences of childhood obesity. Best Pract Res Clin Endocr Metab 2005;19(3):405-19. 29 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 30 Chiara Di Loreto Università degli Studi di Perugia Dipartimento di Medicina Interna a Scienze Endocrine e Metaboliche 5. Livelli di attività motoria nella popolazione italiana Dati ISTAT 2006 N ell’ambito dell’indagine “I cittadini e il tempo libero” svolta a maggio 2006 dall’ISTAT e pubblicata nel 2007 è stato dedicato ampio spazio alla rilevazione della pratica sportiva della popolazione italiana nel tempo libero. L’indagine fornisce indicazioni su caratteristiche socio-demografiche, tipo di sport praticato, modalità di pratica, motivazioni per cui si pratica o non si pratica una qualche attività fisica, con particolare attenzione ai fattori che spingono i più giovani all’interruzione dello sport, con potenziali gravi ripercussioni sullo stato di salute attuale e futuro. Vengono indagate anche le caratteristiche dei soggetti che, pur non dedicandosi ad un’attività fisica strutturata nel tempo libero, praticano una seppur minima forma di esercizio fisico, a sottolineare, in accordo con 30 recenti dati della letteratura internazionale, che anche modesti livelli di attività motoria riducono il rischio di mortalità da tutte le cause. Vengono, infine, presentati i dati anche dei sedentari. L’indagine è stata svolta su un campione di 24.000 famiglie per un totale di 54.000 soggetti di età superiore ai tre anni. Risultati Nel 2006 gli italiani che dichiarano di praticare uno o più sport sono 17 milioni 170 mila (30,2% del totale). Il 20,1% lo fa con continuità, il 10,1% saltuariamente. Il 28,4% della popolazione pari a 16 milioni 120 mila soggetti pratica una qualche forma, seppur non strutturata, di attività fisica nel tempo libero (passeggiate, nuoto, bici). Le persone del tutto sedentarie sono 23 milioni 300 mila (41% della popolazione). Mentre tra il 1995 e il 2000 si era assistito ad un lieve incremento (3,4 punti percentuali) delle persone che praticavano attività motoria nel tempo libero, tra il 2000 e il 2006 si assiste ad una sostanziale stabilità, con una riduzione, anzi, degli italiani che, pur non praticando sport, svolgono una qualche forma di esercizio fisico nel tempo libero. Emerge, quindi, un quadro della pratica sportiva sostanzialmente ferma, a cui corrisponde un decremento piuttosto rilevante dell’attività fisica e un incremento della sedentarietà che, come nel lustro precedente, riguarda soprattutto i soggetti over 45 anni: è a partire da questaetà che diventa più alta l’incidenza di malattie meta- 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 31 boliche (es. diabete mellito) e cardio-cerebrovascolari connesse al sovrappeso. La maggior propensione alla pratica sportiva spetta agli uomini, anche se la distanza tra uomini e donne dal 2000 al 2006 diminuisce, grazie al forte incremento della pratica sportiva femminile contro ritmi di crescita più contenuti per i maschi. Dal punto di vista della suddivisione territoriale, il Nord-Est è la ripartizione geografica con la quota più alta di pratica dell’attività motoria (36,5%), seguito dal Nord-Ovest (33,7%) e dal Centro (31,7%). Decisamente più bassa è la percentuale di soggetti dediti alla pratica sportiva nel Meridione (< 25%). I livelli della pratica sportiva sono influenzati dal titolo di studio e dalla condizione professionale: il 45,8% dei laureati pratica una forma di attività fisica. Questa percentuale decresce progressivamente, man mano che si abbassa il livello di scolarizzazione per attestarsi al 20,9% dei soggetti con licenza elementare o senza alcun titolo di studio. Questo andamento riguarda anche il tipo di professione, essendo maggiore l’adesione alla pratica sportiva tra gli occupati e scendendo al 12% tra le casalinghe e i disoccupati. Rispetto alla dimensione motivazionale, l’attività motoria è praticata soprattutto per passione o piacere (63,8%) e per mantenersi in forma (53,6%). Tuttavia molti praticano per ridurre lo stress, per interagire con altre persone, per stare in contatto con la natura, per i valori che lo sport trasmette e nell’11,7% dei casi per le potenzialità terapeutiche che la pratica l’attività fisica offre. Focalizzando l’attenzione sui sedentari, il motivo principale per cui non praticano alcun tipo di attività fisica è rappresentato dalla mancanza di tempo (40,2%), seguita da mancanza di interesse, stanchezza/pigrizia, motivi di salute, motivi familiari, problemi economici, mancanza di impianti o difficoltà a raggiungerli, orari scomodi. In particolare la mancanza di tempo è lamentata soprattutto nella decade 45-54 anni, mentre i problemi di salute sono il maggior responsabile di sedentarietà oltre i 75 anni. Altro aspetto interessante è che il 61,7% dei bambini di età compresa tra i 3 e i 5 anni non pratica attività motoria a causa dell’ostacolo da parte dei genitori alla pratica sportiva dei propri figli. In particolare tra il 2000 e il 2006 la sedentarietà aumenta tra i ragazzi di 11-14 anni e gli adulti di 25-34 anni, soprattutto per la diminuzione, in queste fasce di età, di coloro che praticano anche una minima attività motoria e/o per l’interruzione (soprattutto per mancanza di tempo) di sport praticati in precedenza. Per una più dettagliata illustrazione dei risultati dell’indagine si rimanda all’indirizzo www.istat.it. Da questi dati emerge la necessità di promuovere la pratica di attività fisica in tutte le fasce di età, fra la popolazione meno istruita, e in tutta la Penisola, ma soprattutto al Meridione facendo capire agli italiani che il tempo dedicato al movimento è tempo investito in salute futura, non sprecato. Chiunque, dietro consiglio di personale qualificato (medico, laureato in scienze motorie, ecc.) può praticare secondo le proprie inclinazioni, i propri orari e le proprie disponibilità economiche un qualche tipo di attività motoria (anche la semplice camminata) e trarne tutti i benefici più volte dimostrati e ribaditi nella letteratura scientifica nazionale ed internazionale, primo fra tutti la riduzione della mortalità da tutte le cause. Una particolare attenzione va rivolta ai bambini e ai giovani: essere sedentario per un bambino oggi, significa essere un potenziale obeso/persona con diabete di domani. 31 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 32 Marco Comaschi Chairman dello Studio DAWN Italia 6. Livelli di attività motoria nelle persone con diabete in Italia rapporto del progetto Dawn Italia 32 Il Rapporto D.A.W.N. che prende il nome dall’oggetto dello studio – Diabetes Attitudes Wishes and Needs – è il risultato della ricerca avviata in Italia nel 2006 per conoscere ed approfondire le dinamiche psico-sociali dei diabetici. Per la prima volta sono affrontati in maniera sistematica i temi legati ai desideri, al modo di essere, alle esigenze delle persone con diabete. La loro testimonianza fa emergere, tra gli altri, due interessanti aspetti apparentemente contraddittori. Si avverte la necessità di un cambiamento culturale all’interno del Sistema Sanitario Nazionale visto nella sua globalità, cioè non solo come strumento di cura ma anche come sistema di prevenzione. Lo stesso Piano Sanitario Nazionale 2006/2008 auspica tale cambiamento e lo dimostra negli obiettivi e nei programmi di prevenzione tra cui si annovera anche la lotta contro il diabete. Tale previsione del Piano è stata il trait d’union che ha reso possibile l’accordo di programma tra il Ministero della Salute ed i promotori dello Studio DAWN al fine di acquisire anche in Italia dati utili a questo approccio psico-sociale della prevenzione. Il Progetto DAWN nasce a livello internazionale già nel 2000 su iniziativa dell’IDF (International Diabetes Federation) e di Novo Nordisk. In Italia lo Studio DAWN, la cui indagine è stata condotta dall’Istituto di Ricerca Makno, si è avvalso, oltre della collaborazione di IDF, anche della collaborazione di Diabete Italia – consorzio scientifico costituito dalla Società Italiana di Diabetologia (SID) e l’Associazione Nazionale Medici Diabetologi (AMD) – delle Associazioni nazionali di Persone con diabete, dell’Associazione Operatori Sanitari di Diabetologia Italiani, dei maggiori stakeholders nazionali nel campo del diabete, sempre con il supporto di Novo Nordisk. Lo studio DAWN Italiano, al pari dello studio internazionale, ha lo scopo di conoscere, attraverso un’indagine rigorosa, le condizioni della qualità di vita delle persone affette da Diabete Mellito, i loro desideri, i loro bisogni, il grado di assistenza erogata e le potenziali aree di miglioramento. Le peculiarità del sistema italiano hanno portato a rivolgere lo studio sulla popolazione di persone diabetiche seguite dai Servizi Specialistici. Allo studio di base si sono poi aggiunte alcune indagini originali, condotte sui famigliari delle persone con diabete, sui manager locali della sanità pubblica ed una limitata ma significativa sulla popolazione degli immigrati. Lo studio è in via di completamento con una sezione dedicata alla gravidanza della donna diabetica, una al ruolo dell’attività fisica, e un grande studio sul Diabete nell’età evolutiva (DAWN YOUTH). Lo studio DAWN riunisce in sé alcuni grandi ed originali pregi: la finalità innanzitutto, caratterizzata dalla ricerca di quegli elementi non sempre valutabili ed identificabili nelle ricerche cliniche o epidemiologiche, che possono consentire di valutare e misurare la qualità della vita delle persone affette da diabete, il loro impatto quotidiano con le problematiche, piccole e grandi, che la malattia cronica pone loro. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 33 I DATI C oinvolgimento e corresponsabilità nelle cure e aderenza a stili di vita salutari con particolare attenzione all’attività fisica Lo Studio DAWN Italia ha indagato la corresponsabilità della persona diabetica a partire dal momento della diagnosi di diabete. A tale proposito gli intervistati hanno dovuto rispondere al quesito su quali erano stati gli interventi che i teams sanitari avevano intrapreso al momento della diagnosi. Le risposte sono molto interessanti: è evidente, da un lato, che la memoria degli intervistati si è focalizzata di più su quanto poteva maggiormente modificare le loro abitudini di vita, e quindi la percentuale più elevata di risposte ha citato la prescrizione dietetica, seguita dall’assunzione di farmaci ed ancor prima dalla regolarità di controlli laboratoristici , e l’attività fisica e la camminata hanno un ruolo importante. (fig.1) La “compliance” auto dichiarata dalle persone con diabete Per quanto riguarda la “compliance” auto dichiarata dalle persone con diabete (fig. 2), in linea di massima, c’è una buona concordanza tra la valutazione dei diretti interessati sullo stato di controllo del proprio diabete e la valutazione che essi ne attribuiscono ai propri medici: la maggioranza assoluta ritiene il diabete perfettamente 33 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 34 sotto controllo, mentre il 35%-39% lo ritiene parzialmente sotto controllo. Solo una minoranza non è sicura che il diabete sia sotto controllo o crede che non lo sia (complessivamente intorno al 6%). Prendere le medicine e sottoporsi alle analisi sono consigli medici ottemperati dalla quasi totalità degli intervistati. Seguire una dieta e rispettare l’organizzazione giornaliera sono, invece, indicazioni già più difficili da praticare: ci riesce regolarmente il 45%-50% degli intervistati (mentre oltre il 40% ci riesce solo in parte). Fare esercizio fisico è un consiglio a cui solo 1 intervistato su 4 riesce ad attenersi regolarmente (mentre un altro 33% dichiara di farlo “in parte”). La pratica sportiva Regolare 10,1% Non regolare 16,4% No sport 73,5% Fig. 3. - Esercizio della pratica sportiva nelle persone con diabete 1 Un Suggerimento Operativo Aderenza alla pratica sportiva regolare, nelle persone diabetiche Per quanto riguarda l’esercizio fisico regolare si può affermare che esso è funzione dell’età: nel senso che è più diffuso tra i diabetici più giovani e diminuisce al crescere dell’età. Inoltre, gli uomini sono più propensi all’esercizio fisico delle donne (che, plausibilmente, sono anche mediamente più anziane). Appare, tuttavia, confortante osservare che la percentuale delle persone con diabete praticanti attività fisica regolarmente (27%) è superiore alla quota degli italiani auto-definitisi “sani” che svolgono attività fisica tutti i giorni (fig. 3-4). 34 L’ESERCIZIO FISICO RAPPRESENTA IL CONSIGLIO MEDICO MENO SEGUITO LA RICERCA INDIVIDUA NEI 55-64ENNI LA CLASSE D’ETA’ SULLA QUALE INSISTERE PARTICOLARMENTE (= 30% DEI DIABETICI; ESERCIZIO FISICO: 25% DEI COMPONENTI) DEFICIT INFORMATIVO SUL FATTO DI COSTITUIRE UNA POSSIBILE CATEGORIA A RISCHIO INFORMAZIONE SISTEMATICA AI PARENTI PER SOLLECITARE L’ASSUNZIONE DI STILI DI VITA ATTI ALLA PREVENZIONE 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 35 Da questo scaturisce l’osservazione che l’attività motoria seppur consigliata al momento della diagnosi non trova attuazione nella persona con diabete ed è importante attivare programmi specifici modulati in base alle potenzialità individuali. Questo viene espresso nelle “Call to Action” dello studio italiano. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 36 Gerardo Corigliano Presidente ANIAD (Associazione Italiana Atleti Diabetici) 7. Livelli di attività motoria nelle persone con diabete in Italia indagine conoscitiva sulla promozione dell’attività fisica negli ambulatori diabetologici italiani L’ attività fisica (AF) terapeutica che potremmo definire come una AF sufficiente ad avere una valenza metabolica (per es. cammino o nuoto, ballo, bicicletta continuativi della durata di almeno 30 min almeno 3 volte alla settimana) è assai poco praticata, benché sia considerata elemento fondamentale nel piano di cura del diabete tipo 2. La scarsa letteratura esistente sottolinea il peso dei fattori socio-psicologici, correlando positivamente al grado di AF l’età giovanile, il livello culturale elevato, l’assenza di barriere motivazionali e una buona autovalutazione in termini di salute percepita e di prestazioni attese. L’indagine conoscitiva sulla promozione del- 36 l’attività fisica negli ambulatori diabetologici italiani è uno studio clinico randomizzato, osservazionale mediante questionario autocompilato che ha coinvolto 3673 persone con diabete tipo 2 in 70 Centri Anti Diabetici (CAD) su tutto il territorio nazionale con l’obiettivo di: Individuare gli impedimenti allo svolgimento dell’AF; Conoscere il punto di vista delle persone con diabete di tipo 2 (DM2) sul valore terapeutico dell’AF; Indagare su gradimento e opportunità dell’Operatore Fitness Metabolica (OFM) nel team diabetologico; Ricercare soluzioni pratiche anche di tipo “politico” per favorire l’AF. RISULTATI: la stragrande maggioranza (89,8%) ritiene che un’attività fisica regolare possa veramente migliorare il proprio diabete, ma solo il 52,6 la pratica regolarmente. La bassa scolarità correla significativamente con la scarsa AF. Il 77,1% ritiene utile il laureato in scienze motorie nel team diabetologico ed il 56,3% userebbe strumenti per l’AF se il CAD ne disponesse. I pazienti con comorbilità cardiovascolare, respiratoria, con neuropatia ed obesi sono quelli che maggiormente lo ritengono utile (bisogno di protezione). Le comorbilità rappresentano gli impedimenti mag- 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 37 giori riferiti alla AF. Da notare come circa 8,0% attribuisce la mancanza di AF a “colpa del medico” (mancata prescrizione/counseling). La mancanza di palestre/spazi verdi è sentita dal 38% dei pazienti. I suggerimenti/proposte piu’ “votati” sono: educazione/informazione 35,2%, maggiore impegno del medico 10,9%, favorire iniziative di gruppo10,0% e maggiore impegno delle istituzioni 8,2%. CONCLUSIONI Area informativa sul paziente • La stragrande maggioranza delle persone con diabete mellito di tipo 2 (89,8%) crede possibile migliorare la propria salute con la AF; • Correla con la AF percepita come mezzo per migliorare la salute il sesso maschile, la giovane età e una elevata scolarità; • Una percezione positiva della AF correla con una minore emoglobina glicata; • La AF praticata ≥3/sett. è più frequente nei soggetti che la ritengono utile per la salute (52,8% vs 24,9%); • Le barriere percepite alla pratica della AF 3/sett. sono attività sconsigliata, non sentirsi fisicamente all’altezza, mancanza di tempo, pigrizia e problemi respiratori Area informativa sul CAD • La maggior parte dei dei soggetti con DM2 (77,1%) ritiene utile la figura del OFM nel CAD; • Il 93,8% dei soggetti con DM2 userebbe strumenti per la AF se il CAD ne fosse provvisto; • La maggior frequenza di automonitoraggio glicemico correla con una maggiore considerazione dell’utilità dell’AF e con una maggior frequenza di pratica. Da questa elaborazione preliminare si coglie una notevole attitudine al cambiamento dei pazienti con DM2 italiani che però richiedono “assistenza” (disponibilità di strumenti, OFM, spazi verdi e strutture come palestre, piste ciclabili ecc.). Gli interventi sanitari educativo-assistenziali e le azioni politiche dovranno tenere conto di quanto è emerso, per essere efficaci. BIBLIOGRAFIA 1. Rapporto Sociale Diabete 2003 pagg. 14-16 2. Hays LM, Clark DO. Correlates of physical activity in a sample of older adults with type 2 diabetes. Diabetes Care 1999;22:706-12 Ricerca progettata e realizzata dal dott. Gerardo Corigliano su mandato del Gruppo di Studio Diabete ed Attività Fisica di Diabete Italia 37 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 38 8. Il Costo economico del diabete La ricerca dell’Economist Intelligence Unit mette in evidenza il costo economico causato dal diabete nei paesi sviluppati e in quelli in via di sviluppo S econdo questo rapporto dell’Economist Intelligence Unit, redatto con il supporto di Novo Nordisk, un forte aumento della diffusione del diabete comporta un pesante fardello economico sia per i paesi sviluppati che per quelli in via di sviluppo. Tra i cinque paesi coinvolti nella ricerca (Cina, Danimarca, India, Regno Unito e Stati Uniti) è stato rilevato che mentre l’India sostiene attualmente i costi maggiori (1), pari al 2,1% del PIL, gli Stati Uniti fanno fronte all’onere maggiore, con un costo equivalente all’1,3% del PIL; il Regno Unito sostiene costi pari allo 0,4% del PIL, la Danimarca pari allo 0,6% del PIL, men- 38 tre i costi per la perdita di produttività ammontano allo 0,6% del PIL per la Cina (2). Contestualizzando queste cifre, nel 2006 il Regno Unito ha speso circa lo 0,35% del PIL per gli aiuti economici esteri, e lo 0,76% del PIL per l’istruzione pubblica universitaria. Questi risultati fanno parte di The Silent Epidemic: An economic study of diabetes in developed and developing countries, il rapporto dell’Economist Intelligence Unit pubblicato nel giugno del 2007. Questo rapporto, oltre ad analizzare il costo economico del diabete, mette in evidenza alcuni degli ostacoli che impediscono di affrontare efficacemente questa pandemia e prende in esame alcuni approcci innovativi adottati per combatterla. “I decisori politici che provvedono a stanziare le risorse già scarse nel modo più efficiente possibile devono avere una piena comprensione del vero costo economico del diabete” ha dichiarato Rob Mitchell, editore della relazione. “La nostra ricerca dimostra che il diabete rappresenta un pesante onere economico sia per i paesi sviluppati sia per quelli in via di sviluppo, e questo non può che aumentare man mano che il tasso di diffusione di questa pandemia continua a crescere in tutto il mondo.” Riassumendo i risultati del rapporto, si può affermare che la pandemia del diabete si diffonde rapidamente in tutto il mondo. È necessario che tutti affrontino il forte impatto socia- 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 39 le ed economico di questa devastante pandemia. Questo rapporto sottolinea, inoltre, la necessità di individuare criteri di valutazioni trasparenti che consentano di calcolare in modo più dettagliato il reale onere economico della spesa sanitaria causata dal diabete in termini di costi diretti ed indiretti. È fondamentale che i decisori politici, gli addetti del sistema sanitario e l’industria lavorino assieme per sviluppare un’educazione sanitaria più efficiente, programmi di sensibilizzazione, e politiche adeguate sul diabete. Grazie ad una migliore prevenzione, ad una diagnosi tempestiva e all’efficace gestione del diabete, potremmo così evitare molte delle complicanze associate alla malattia che rappresentano la maggior parte dell’onere economico.” Lo sviluppo economico sta causando conseguenze non previste. Un elevato numero di fattori sta contribuendo alla crescente diffusione del diabete nei paesi in via di sviluppo: il regime alimentare e lo stile di vita rappresentano le cause maggiori, nel caso del diabete di Tipo 2, ma anche l’incidenza genetica ha un ruolo importante. L’ironia della situazione è che i positivi sviluppi economici conseguiti, come ad esempio una migliore condizione di salute, un migliore sistema sanitario, l’invecchiamento della popolazione e la riduzione dell’agricoltura di sussistenza stanno portando ad una maggiore diffusione della patologia. Per queste ragioni, e secondo le stime, la pandemia del diabete nei prossimi decenni colpirà soprattutto i paesi in via di sviluppo. Molte barriere stanno impedendo il cambiamento. Il diabete di Tipo 2 può essere prevenuto e trattato. Tuttavia, ci sono alcuni fattori rilevanti che concorrono a far sì che il problema non venga affrontato efficacemente. Tra i vincoli principali vi è la resistenza culturale ad un regime alimentare e ad uno stile di vita più sano, una scarsa attenzione rivolta alle malattie croniche dalle organizzazioni per la salute a livello nazionale ed internazionale, l’attenzione posta sui costi a breve termine piuttosto che sulle implicazioni a lungo termine, e la carenza in molti paesi di una copertura sanitaria universale. Il successo nel superare tali barriere richiede un cambiamento a livello di sistema e la collaborazione anche con gli stakeholder. Un problema complesso richiede soluzioni innovative. Mentre non c’è in questo momento una soluzione immediata al problema del diabete, esistono tuttavia vari approcci innovativi sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo che stanno aiutando ad affrontare questa pandemia in modo più efficace. Il costo del trattamento è alto, ma il costo del non fare nulla è di gran lunga maggiore. I cinque paesi presi in esame dal rapporto spendono ingenti somme di denaro ogni anno per il trattamento del diabete e delle sue complicanze. Ad esempio, gli Stati Uniti spendono 134,8 miliardi di dollari US ogni anno, pari al 6% della propria spesa sanitaria. Tagliare sul trattamento, tuttavia, non rappresenta una soluzione. Se i Paesi non investono in prevenzione, ed in diagnosi e trattamento precoci, i costi in futuro aumenteranno in maniera esponenziale. Le persone con diabete non diagnosticate e trattatenello stadio iniziale della malattia hanno maggiori probabilità di soffrire di gravi complicanze, come ad esempio la cardiopatia, che sono ben più costose da trattare rispetto al diabete in fase iniziale. 1. Ai fini della presente ricerca, i costi economici sono composti dai costi sanitari diretti (incluso il trattamento delle complicanze del diabete) e i costi di produttività (derivanti dalla mortalità, morbilità e inabilità). Una terza categoria di costi riguarda la cure informali (le cure da parte dei parenti e di altri prestatori di cure, oltre alle cure nelle cliniche private). Quest’ultima categoria non è stata presa in esame all’interno di questa ricerca a causa dell’assenza di dati disponibili. 2. A causa dell’assenza di dati, la nostra ricerca sulla Cina si concentra sulla perdita di produttività e non prende in esame i costi sanitari. 39 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 40 Il rapporto: The Silent Epidemic: An economic study of diabetes in developed and developing countries è un rapporto dell’Economist Intelligence Unit, finanziato da NovoNordisk. Il personale di redazione dell’Economist Intelligence Unit ha svolto la ricerca sul costo economico del diabete, ha condotto le interviste ed ha redatto il rapporto. L’Economist Intelligence Unit: L’Economist Intelligence Unit è leader mondiale nella business intelligence globale. È la divisione del business-to-business del The Economist Group, che pubblica la rivista The Economist. L’Economist Intelligence Unit fornisce analisi geopolitiche, economiche e di business su oltre 200 paesi, oltre ad una intelligence strategica sulle principali industrie e procedure di gestione. Con oltre 300 professionisti full–time in 40 uffici in tutto il mondo, supportati da una rete globale di oltre 700 analisti, l’Economist Intelligence Unit è nota per la sua copertura dei principali mercati e di quelli emergenti. Maggiori informazioni sull’Economist Intelligence Unit sono reperibili sul sito web www.eiu.com. 40 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 41 41 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 42 25-10-2007 15:56 Pagina 42 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 43 43 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 44 Pierpaolo De Feo Direttore Centro CURIAMO (Centro Universitario di Ricerca Interdipartimentale Attività Motoria) Università degli Studi di Perugia 9. Il risparmio di spesa G li studi di farmacoeconomia dimostrano che l’applicazione di programmi per aumentare i livelli di attività fisica nelle persone con diabete mellito di tipo 2 o a rischio di sviluppare il diabete è una strategia economicamente vantaggiosa per il sistema sanitario. Riguardo agli studi di prevenzione del diabete, la valutazione più accurata riguarda il Diabetes Prevention Programme (DPP), lo studio statunitense già riportato in dettaglio in questo libro. L’analisi costo-utilità del DPP ha dimostrato che un programma strutturato per indurre la modifica dello stile di vita è cost-saving, fa addirittura risparmiare, se applicato a soggetti di età inferiore a 45 anni, costa 781 $ e 3409 $ per anno di qualità di vita guadagnato (QALY) per coloro che hanno rispettivamente tra 45 e 54 e tra 55 e 64 anni. Il paragone con altri interventi terapeutici rivolti alla popolazione diabetica e ritenuti economicamente vantaggiosi come il controllo glicemico intensivo (41000 $ per QALY) o la tera- pia con statine (52000 $ per QALY) dimostra che l’uso di programmi anche costosi come quello del DPP per la modifica dello stile di vita al fine di prevenire il diabete nella popolazione a rischio è un sicuro investimento economico per la società. Risultati ancora superiori da un punto di vista economico si ottengono se la modifica dello stile di vita con l’attività fisica viene proposta a persone già affette da diabete mellito di tipo 2. Uno studio eseguito dal nostro gruppo dell’Università di Perugia ha determinato l’impatto di diversi livelli di dispendio energetico sui costi socio-sanitari per diabete mellito di tipo 2 sulla popolazione italiana. E’ stata eseguita una post-hoc analysis degli effetti a 2 anni di diversi livelli di intensità di attività fisica (espressi in METs-ora/settimana), in un gruppo di 179 diabetici di tipo 2 (età media: 62 anni) che sono stati motivati ad incrementare il proprio livello di attività fisica volontaria. I soggetti sono stati suddivisi in 6 gruppi in base all’incremento del dispendio energetico in METs-ora/sett.: Gruppo 0 (sedentarietà, n=28), Gruppo 1-10 (n=27), Gruppo 11-20 (n=31), Gruppo 21-30 (n=27), Gruppo 31-40 (n=32) e Gruppo>40 (n=34). All’inizio dello studio i sei Gruppi non differivano per intensità di attività fisica praticata, età, sesso, durata di malattia, né per i classici parametri della sindrome metabolica. Dopo 2 anni, la spesa pro capite annua per farmaci aumentava (p<0,001) di 393 euro in G 0, non mostrava differenze significative in G 1-10 (206 euro, p=0,068), diminuiva in G 11-20 (-196 euro, 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 45 p=0,014), in G 21-30 (-593 euro, p<0,0001), G 31-40 (-660 euro, p<0,0001) e G>40 (-579 euro, p<0,0001). Il risparmio sui costi è risultato significativamente correlato (p<0,0001) all’incremento del dispendio energetico. I METs-ora/sett. sono risultati inversamente correlati ai costi per farmaci prescritti (r-0,51, -18 euro) e per altre spese sanitarie (r-0,33, -23 euro), ai costi sociali indiretti (r-0,40, -36 euro) e ai costi totali (r-0,60, -66 euro) e positivamente correlati ai costi sociali diretti (r=0,44, 13 euro). E’ stato stimato che, in due anni, camminare 4 km al giorno riduce i costi per farmaci di 550 euro, i costi per altre spese sanitarie di 700 euro, i costi sociali indiretti di 110 euro, i costi totali di 2000 euro, con un incremento dei costi sociali diretti di 400 euro. In pratica un dispendio energetico >10 METs-ora/sett. ottenuto attraverso la pratica regolare di attività fisica aerobica, consente già un importante risparmio economico. Tuttavia i benefici maggiori, in termini di spesa complessiva, si ottengono quando il dispendio energetico supera i 20 METs-ora/settimana, con un relazione lineare dose/risposta; in altre parole maggiore è il dispendio energetico maggiore è il risparmio di spesa. I vantaggi economici del nostro studio sono largamente sottostimati perché non considerano la riduzione del rischio di malattia cardiovascolare che si associa alla pratica regolare dell’attività fisica e che, inevitabilmente, si traduce a lungo termine in una minore morbilità e mortalità delle persone con diabete mellito e perché si riferiscono ai costi della terapia del diabete nel 2000- 2001. L’osservatorio Arno Diabete nel rapporto del 2007, volume XI, riporta i dati di spesa farmaceutica del diabete in 7 regioni italiane con incrementi nell’ultimo decennio vicini al 50%. In conclusione, investire in risorse umane ed in programmi mirati ad aumentare il dispendio energetico delle persone con diabete mellito di tipo 2 rappresenta un sicuro guadagno per il Servizio Sanitario Nazionale. Le conclusioni derivate dallo studio di Perugia sono condivise dalle analisi degli studi prodotti da esperti e ricercatori di diversi paesi europei e degli USA e stanno portando a significativi interventi legislativi volti a favorire la pratica dell’attività fisica della popolazione in generale e delle persone con diabete in particolare. BIBLIOGRAFIA 1. Di Loreto C, Fanelli C, Lucidi P, Murdolo G, De Cicco A, Parlanti N, Ranchelli A, Fatone C, Taglioni C, Santeusanio F, De Feo P. Make your diabetic patients walk: long-term impact of different amounts of physical activity on type 2 diabetes. Diabetes Care 2005; 28: 1524-25. 2. De Feo P, Stocchi V. Physical activity for the treatment and prevention of metabolic syndrome Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Diseases 2007; 17: 327-331. 3. Kirk A, De Feo P. Strategies to enhance compliance to physical activity for patients with insulin resistance. Appl Physiol Nutr Metab. 2007; 32: 54956. 4. Osservatorio ARNO Diabete: Analisi di 10 anni di prescrizioni. CINECA Rapporto 2007, volume XI. 45 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 46 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 47 IL RUOLO DELL’ATTIVITÀ FISICA 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 48 Chiara Di Loreto Università degli Studi di Perugia Dipartimento di Medicina Interna a Scienze Endocrine e Metaboliche 10. E’ possibile prevenire il diabete mellito di tipo 2? L’esperienza statunitense 48 L’ obesità è diventata una patologia dilagante che espone ad un alto rischio di sviluppo del Diabete Mellito di tipo 2. Inoltre le persone con obesità viscerale facilmente vanno incontro alla Sindrome Metabolica che associa il diabete all’ipertensione arteriosa e alla dislipidemia con conseguente aumentato rischio di malattie cardio-vascolari. Risulta, pertanto, di estrema urgenza cercare di evitare che i milioni di obesi di oggi, diventino i diabetici di domani. In questa ottica è stato disegnato da un gruppo di ricercatori dell’Università di Washington lo studio Diabetes Prevention Program (DPP) pubblicato nel 2002 su una prestigiosa rivista scientifica. La ricerca ha dimostrato che, grazie ad una modesta modifica dello stile di vita, si può prevenire l’insorgenza del diabete nel 58% dei soggetti che presentano Intolleranza ai Carboidrati, una condizione, cioè, di pre-diabete, generalmente causata dall’eccesso ponderale. Nel DPP è stata valutata la capacità della terapia farmacologica ipoglicemizzante orale (metfomina) e di un corretto stile di vita (almeno 150’ di attività fisica moderata alla settimana e sane abitudini alimentari) nel ridurre il rischio di sviluppare il diabete in soggetti predisposti a tale patologia di età media di 51 anni, appartenenti a varie etnie e a 27 centri medici specializzati degli Stati Uniti. Gli oltre 3000 partecipanti sono stati assegnati a tre tipi di intervento (metformina-corretto stile di vita-placebo). Dopo circa 4 anni il 58% dei sog- 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 49 getti assegnati al gruppo stile di vita è riuscito a prevenire il diabete contro il 31% di quelli assegnati al gruppo metformina. L’incremento di dispendio energetico medio di 700 kcal settimanali ottenuto con l’attività fisica, insieme alle modifiche apportate all’alimentazione, ha comportato una riduzione del peso corporeo di almeno il 7% rispetto a quello di partenza dopo il primo anno ed il mantenimento dello stesso nel tempo. Questi risultati sono stati ottenuti grazie all’utilizzo di metodologie strutturate e standardizzate che prevedevano: che, malgrado lo sforzo economico e organizzativo, l’intervento sullo stile di vita è risultato cost-effective (economicamente vantaggioso) anche a distanza dalla conclusione dello studio. BIBLIOGRAFIA The Diabetes Prevention Program Research Group: The Diabetes Prevention Program: description of lifestyle intervention. Diabetes Care 25: 21652171, 2002 The Diabetes Prevention Program Research Group: Reduction in the incidence of type 2 diabetes with lifestyle intervention or metformin. N Engl J Med 346: 393–403, 2002 The Diabetes Prevention Program Research Group: The Diabetes Prevention Program: design and methods for a clinical trial in the prevention of type 2 diabetes. Diabetes Care 22: 623–634, 1999 1) l’individuazione dei “lifestyle coaches”, personale specializzato che ha seguito individualmente i partecipanti allo studio; 2) frequenti incontri da parte del gruppo di studio con i partecipanti; 3) intervento motivazionale strutturato per garantire l’adesione al programma di attività fisica e di variazioni dell’alimentazione; 4) sessioni di attività fisica supervisionate da esperti; 5) strategie di rinforzo per il mantenimento a lungo termine del programma sullo stile di vita (incontri individuali e/o di gruppo). Il successo del DPP è dipeso dall’investimento in risorse impiegate e dall’integrazione di varie competenze (nutrizionale, diabatologica, psicologica, attività motoria) fra loro integrate in un team. Le stime economiche del rapporto beneficio/costo del DPP hanno confermato 49 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 50 Chiara Di Loreto Università degli Studi di Perugia Dipartimento di Medicina Interna a Scienze Endocrine e Metaboliche 11. E’ possibile prevenire il diabete mellito di tipo 2? L’esperienza finlandese 50 U n corretto stile di vita che preveda un programma strutturato di attività fisica può prevenire l’insorgenza del diabete mellito di tipo 2. Il Finnish Diabetes Prevention Study (FPS) è uno studio - condotto da ricercatori finlandesi e pubblicato nel 2001 sul New England Journal Medicine - che, analogamente al DPP, aveva già dimostrato come un intervento che prevede sane abitudini alimentari ed esercizio fisico è in grado di ridurre del 58% il rischio relativo di progressione della ridotta tolleranza ai carboidrati verso il diabete di tipo 2. Tale riduzione continua a mantenersi almeno finché dura l’intervento. Nel follow-up esteso del FPS, gli Autori hanno voluto verificare se la modifica dello stile di vita indotta dall’intervento e la riduzione del rischio di diabete persistono anche dopo l’interruzione del couselling strutturato. Soggetti di ambo i sessi (172 maschi e 350 femmine), età media 55 anni, in sovrappeso (BMI= 31,1 kg/m2) con ridotta tolleranza ai carboidrati, sono stati randomizzati in un gruppo di intervento, che riceveva il counselling sulle modifiche dello stile di vita, e un gruppo di controllo. Dopo 4 anni circa dall’intervento attivo, i partecipanti che erano ancora liberi da diabete sono stati seguiti per un periodo ulteriore di 3 anni. Nel complesso la durata del follow-up è stata di circa 7 anni. Nei soggetti dello studio è stato valutato: incidenza di diabete, peso corporeo, livello di attività fisica, introito alimentare in grassi saturi e fibre. Durante tutto il periodo di follow-up l’incidenza di 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 51 diabete tipo 2 è risultata essere di 4,3 per 100 persone all’anno nel gruppo di intervento e di 7,4 nel gruppo di controllo. Ciò equivale a dire che si è mantenuta, anche dopo 7 anni, una riduzione del rischio relativo di sviluppare il diabete del 43% nei soggetti che avevano ricevuto l’intervento. Tale riduzione si correlava strettamente al raggiungimento degli obiettivi prefissati riguardo al peso corporeo, riduzione dell’introito di grassi saturi, incremento del contenuto di fibre nella dieta, oltre che all’aumento dei livelli di attività fisica. Nei soli tre anni di follow up dopo la sospensione del counselling, la comparsa di diabete era di 4,6 nell’intervento e di 7,2 nei controlli, con una riduzione del rischio relativo del 36%. Pertanto, l’intervento sullo stile di vita in soggetti ad alto rischio di sviluppare diabete mellito 2 risulta in una modifica definitiva dello stile di vita e in una riduzione dell’incidenza di malattia. Questi benefici persistono anche dopo la sospensione dell’intervento. Il dato del FPS è importante per due motivi: 1) sottolinea come la modifica di un comportamento può mantenersi anche a distanza di un intervento di counselling senza la necessità di visite di rinforzo; 2) questo risultato va tenuto presente nelle analisi di costo-beneficio sugli interventi per la promozione dell’attività motoria e di una sana nutrizione. L’investimento iniziale, soprattutto nelle risorse umane rappresentato dal personale specializzato, viene negli anni ampiamente ammortizzato dal risparmio sui costi legati alla diagno- si e alla terapia della malattia diabetica e delle sue temibili complicanze acute e croniche (eventi cerebrocardiovascolari, micro- e macroangiopatia, retinopatia, neuropatia, nefropatia). BIBLIOGRAFIA J. Lindströn et al., Lancet 2006; 368: 1673-79. 51 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 52 Pierpaolo De Feo Direttore Centro CURIAMO (Centro Universitario di Ricerca Interdipartimentale Attività Motoria) Università degli Studi di Perugia 12. Gli effetti benefici dell’attività motoria sullo stato di salute S ono numerosi gli studi in letteratura sugli effetti fisiologici a lungo termine dell’esercizio fisico aerobico; i principali sistemi che vengono modificati sono il cardiovascolare, il muscolo-scheletrico, l’endocrino-metabolico e l’immunitario e la sfera psichica. I benefici a carico dell’apparato cardiovascolare riguardano miocardio, circolo coronarico e periferico. A livello coronarico è stato dimostrato: 1) un aumento del diametro interno delle arterie coronarie maggiori, 2) l’incremento del flusso coronarico massimale, 3) la neoformazione di arteriole e capillari, 4) la riduzione della reattività vascolare coronarica e 5) un’aumentata efficienza del trasporto di ossigeno. Nel miocardio di soggetti allenati si verifica una riduzione del consumo car- 52 diaco di ossigeno che è soprattutto conseguente al minore post-carico per la riduzione delle resistenze periferiche. La riduzione delle resistenze periferiche è, a sua volta, legata alla diminuzione del tono simpatico con prevalenza del tono vagale e spiega il calo della pressione arteriosa sia sistolica che diastolica, stimabile tra i 25 mmHg nei normotesi e 5-15 mmHg nei soggetti affetti da ipertensione arteriosa essenziale. Nel muscolo scheletrico la pratica regolare dell’esercizio fisico aerobico porta ad una modificazione della composizione in fibre del muscolo striato e di alcuni componenti dei miociti. E’ stato dimostrato l’aumento selettivo delle fibre muscolari lente (rosse), del loro contenuto in mitocondri, lo sviluppo di nuovi capillari muscolari e l’aumento dell’espressione in superficie dei GLUT-4, trasportatori del glucosio insulino-sensibili. L’incremento della massa muscolare associato alla parallela riduzione della massa grassa cambia sostanzialmente la composizione corporea; la massa magra rappresenta più del 90% del peso di un soggetto ben allenato rispetto al 75-80% riscontrabile nei soggetti sedentari a parità di peso. Diversi studi epidemiologici dimostrano chiaramente la relazione inversa tra stato di forma fisica (VO2max) e sindrome metabolica. La VO2max dipende da una efficiente funzione mitocondriale; nella obesità associata al diabete vi sono multiple alterazioni della funzione mitocondriale correggibili mediante l’attività fisica aerobica che può migliorare anche del 30 % la VO2max, soprattutto, nei 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 53 soggetti sedentari e poco allenati. Il miglioramento della composizione corporea e della sensibilità insulinica si associa ad un assetto lipidico meno aterogeno (HDL aumentato, Trigliceridemia e LDL piccole e dense ridotte) con diminuzione di oltre il 50% della mortalità per eventi cardiovascolari. Sul sistema immunitario l’attività fisica moderata ha effetti positivi in quanto migliora le risposte umorali e cellulari (linfociti T). Tra gli altri effetti benefici riportati in letteratura va segnalata la riduzione statisticamente significativa dell’incidenza di cancro del colon e della mammella, di fratture ossee ed il miglioramento della sensazione di benessere con una chiara azione antidepressiva, più evidente nelle ore successive all’allenamento. BIBLIOGRAFIA 1. De Feo P, Stocchi V. Physical activity for the treatment and prevention of metabolic syndrome Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Diseases 2007; 17: 327-331. 2. Di Loreto C, Fanelli C, Lucidi P, Murdolo G, De Cicco A, Parlanti N, Ranchelli A, Fatone C, Taglioni C, Santeusanio F, De Feo P. Make your diabetic patients walk: long-term impact of different amounts of physical activity on type 2 diabetes. Diabetes Care 2005; 28: 1524-25. 3. Santeusanio F., Di Loreto C, Lucidi P, Murdolo G, Parlanti N, De Cicco A, Piccioni F, De Feo P. Diabetes and exercise. J Endocrinol Invest 26: 937940, 2003. 4. De Feo P, Di Loreto C, Lucidi P, Murdolo G, Parlanti N, De Cicco A, Piccioni F, Santeusanio F. Fuel for physical activity. J Endocrinol Invest 26: 851854, 2003. 53 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 54 Giulio Marchesini Università Studi Bologna 13. Attività fisica e qualità della vita nella persona con diabete V iviamo in un’era nella quale i livelli di assistenza sanitaria verranno sempre più valutati dal punto di vista della persona con diabete. I benefici di trattamenti specifici ed, in generale, dell’intero sistema di erogazione dell’assistenza sanitaria saranno giudicati in base a quanto i cambiamenti nello stato della persona con diabete corrisponderanno alle sue aspettative. Questa affermazione introduce il concetto di qualità di vita, definita come la percezione soggettiva che un individuo ha della propria posizione nella vita, nel contesto di una cultura e di un insieme di valori nei quali egli vive, anche in relazione ai propri obiettivi, aspettative e preoccupazioni. Si tratta quindi un concetto ad ampio spettro, modificabile in maniera complessa dalla percezione della propria salute fisica e psicologico-emotiva, dal livello di 54 indipendenza, dalle relazioni sociali e dalla interazione con il proprio specifico contesto ambientale. Si devono quindi considerare aspetti della vita della persona con diabete e della salute fisica, psicologica e mentale che vanno al di là dei tradizionali outcome, basati su parametri fisio-patologici, misure di severità di malattia, stime di mortalità/morbilità/sopravvivenza. In questo contesto si inserisce la valutazione dell’attività fisica come fattore essenziale nella prevenzione di molteplici malattie metaboliche, i cui effetti benefici non si limitano alle malattie somatiche, ma si estendono a componenti psicologiche e mentali. L’attività fisica migliora la percezione di salute e la qualità di vita salute-correlata, attraverso un miglioramento dell’autostima, dell’umore, dell’immagine corporea, dell’ansia e della depressione (1-3). Anche la sola motivazione all’attività fisica è associata ad un migliore stato di salute percepito (4). Le persone che praticano attività fisica a livelli raccomandati riferiscono un minor numero di giorni caratterizzati da poca salute quando paragonati a persone inattive o insufficientemente attive (5). Pur con qualche risultato contrastante (6, 7), la maggior parte degli studi indica che i benefici di una regolare attività fisica sono particolarmente evidenti nel diabete (8), così come in altre malattie croniche (9). Le persone con diabete, sia di tipo 1, sia di tipo 2, si caratterizzano per una scadente qualità di vita, peggiorata dalle comorbidità frequentemente presenti; in un ampio studio condotto negli Stati Uniti, bassi livelli di attività fisica si associavano proprio ad una povera 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 55 qualità di vita, e l’analisi di regressione documentava che l’intensità dell’esercizio era l’unica variabile comportamentale associata alla percezione di salute (10). Anche nei soggetti con complicanze, la sedentarietà rimane un fattore indipendente di bassa qualità di vita (11). In un’analisi completa dei fattori che determinano la qualità di vita nella popolazione diabetica, oltre a fattori socio-economici e le comorbidità, che agiscono in senso negativo, l’attività fisica rimane una sorgente importante di eterogeneità e ogni attività fisica anche lieve o moderata si associa a livelli di qualità di vita migliori di quelli riportati da soggetti sedentari (12). Tutti questi dati sono a favore dell’ipotesi che la partecipazione a programmi di attività fisica sia fondamentale nei soggetti con diabete, sia per facilitare la perdita di peso ed evitare la ripresa del peso dopo un programma di dietoterapia, sia per mantenere un miglior controllo metabolico e ridurre il consumo di farmaci ed il costo della terapia (13), e possa essere estremamente costo-efficace (14). Purtroppo la maggior parte dei soggetti si trova in una fase di non accettazione dell’attività fisica come farmaco (15) e questo limita il successo delle terapie. Nel diabete tipo 1 un regolare esercizio fisico è parte di ogni programma strutturato di “empowerment” per aiutare le persone con diabete a raggiungere una normale condizione di vita (16). I benefici sullo stato psicologico e mentale si sommano alle migliorate condizioni cardiocircolatorie ed fanno dell’attività fisica un cardine fondamentale dei programmi di trattamento. BIBLOGRAFIA 1 Fox KR. The influence of physical activity on mental well-being. Public Health Nutr 1999; 2: 411-418. 2 Scully D, Kremer J, Meade MM, Graham R, Dudgeon K. Physical exercise and psychological well being: a critical review. Br J Sports Med 1998; 32: 111-120. 3 Penedo FJ, Dahn JR. Exercise and wellbeing: a review of mental and physical health benefits associated with physical activity. Curr Opin Psychiatry 2005; 18: 189-193. 4 Laforge RG, Rossi JS, Prochaska JO, Velicer WF, Levesque DA, McHorney CA. Stage of regular exercise and health-related quality of life. Prev Med 1999; 28: 349-360. 5 Brown DW, Brown DR, Heath GW, Balluz L, Giles WH, Ford ES, Mokdad AH. Associations between physical activity dose and health-related quality of life. Med Sci Sports Exerc 2004; 36: 890-896. 6 Edmunds S, Roche D, Stratton G, Wallymahmed K, Glenn SM. Physical activity and psychological well-being in children with Type 1 diabetes. Psychol Health Med 2007; 12: 353-363. 7 Holton DR, Colberg SR, Nunnold T, Parson HK, Vinik AI. The effect of an aerobic exercise training program on quality of life in type 2 diabetes. Diabetes Educ 2003; 29: 837-846. 8 Thomas DE, Elliott EJ, Naughton GA. Exercise for type 2 diabetes mellitus. Cochrane Database Syst Rev 2006; 3: CD002968. 9 Stewart AL, Hays RD, Wells KB, Rogers WH, Spritzer KL, Greenfield S. Longterm functioning and well-being outcomes associated with physical activity and exercise in patients with chronic conditions in the Medical Outcomes Study. J Clin Epidemiol 1994; 47: 719-730. 10 Glasgow RE, Ruggiero L, Eakin EG, Dryfoos J, Chobanian L. Quality of life and associated characteristics in a large national sample of adults with diabetes. Diabetes Care 1997; 20: 562567. 11 Chyun DA, Melkus GD, Katten DM, Price WJ, Davey JA, Grey N, Heller G, Wackers FJ. The association of psychological factors, physical activity, neuropathy, and quality of life in type 2 diabetes. Biol Res Nurs 2006; 7: 279-288. 12 Maddigan SH, Feeny DH, Majumdar SR, Farris KB, Johnson JA. Understanding the determinants of health for people with type 2 diabetes. Am J Public Health 2006; 96: 1649-1655. 13 Di Loreto C, Fanelli C, Lucidi P, Murdolo G, De Cicco A, Parlanti N, Ranchelli A, Fatone C, Taglioni C, Santeusanio F, De Feo P. Make your diabetic patients walk: long-term impact of different amounts of physical activity on type 2 diabetes. Diabetes Care 2005; 28: 1295-1302. 14 Wylie-Rosett J, Herman WH, Goldberg RB. Lifestyle intervention to prevent diabetes: intensive AND cost effective. Curr Opin Lipidol 2006; 17: 37-44. 15 Melchionda N, Forlani G, La Rovere L, Argnani P, Trevisani F, Zocchi D, Savorani G, Covezzoli A, De Rosa M, Marchesini G. Disease management of the metabolic syndrome in a community. Study design and process analysis on baseline data. Metab Synd & Rel Dis 2006; 4: 716. 16 Forlani G, Zannoni C, Tarrini G, Melchionda N, Marchesini G. An empowerment-based educational program improves psychological well-being and health-related quality of life in Type 1 diabetes. J Endocrinol Invest 2006; 29: 405-412 55 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 56 Pierpaolo De Feo Direttore Centro CURIAMO (Centro Universitario di Ricerca Interdipartimentale Attività Motoria) Università degli Studi di Perugia 14. Perché l’attività fisica è così efficace? Born to Run N egli ultimi due decenni sono state prodotte numerose evidenze scientifiche sugli effetti protettivi dell’attività fisica aerobica sullo sviluppo del diabete mellito di tipo 2. Le conclusioni degli studi clinici sono supportate dai risultati degli sugli effetti fisiologici dell’esercizio fisico aerobico sulla utilizzazione dei substrati energetici, sulla sensibilità insulinica e sulla composizione corporea. Le evidenze prodotte dalla ricerca mediante studi epidemiologici, di intervento non-controllati e controllati hanno raggiunto simili conclusioni. Si dimostra che la modifica dello stile di vita che include una attività fisica aerobica di moderata intensità e della durata di almeno circa 20-30 minuti al giorno o 150 minuti alla settimana riduce di circa il 56 60% l’incidenza del diabete mellito di tipo 2 (evidenza di tipo A, EBM). Abbiamo, pertanto, a disposizione un’arma preventiva e terapeutica particolarmente efficace per arrestare o rallentare l’epidemia diabete prevista per i prossimi decenni. Un’importante evidenza dei benefici dell’esercizio fisico è stata ottenuta su persone con diabete di tipo 2. Tali soggetti sono stati sottoposti ad adeguati programmi di attività fisica che hanno rappresentato parte essenziale della terapia, comportando una riduzione dell’utilizzo di farmaci con conseguente diminuzione delle spese farmaceutiche e socio-sanitarie. L’applicazione di tali programmi di attività fisica in Italia hanno dimostrato che è possibile convincere le persone sedentarie a praticare regolarmente l’attività fisica e che camminare 4-5 km al giorno, tutti i giorni, determina la diminuzione della pressione arteriosa di 7-9 mmHg, della circonferenza vita di 4-5 cm e del peso di 3 kg, della glicemia del 20%, dei lipidi ematici del 30%. Conseguentemente, il rischio d’infarto nei successivi 10 anni viene ridotto del 20%. Dinanzi a questi risultati nasce spontanea la domanda Perché l’attività fisica è così efficace? La risposta è nel nostro DNA. L’attività fisica era indispensabile per la sopravvivenza dei nostri progenitori ed il patrimonio genetico della specie umana si è selezionato di conseguenza. In un articolo pubblicato sulla rivista Nature ed intitolato “Born to Run” (Nato per correrre) vengono paragonate le caratteristiche metaboliche, fisiologiche e bio- 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 57 NATO PER CORRERE Endurance running and the evolution of Homo meccaniche dell’uomo con quelle di altre specie animali. Dal confronto emerge che l’uomo ha grandi doti di resistenza alla corsa paragonabili e, talvolta, superiori a quelle di quadrupedi specializzati come ad esempio il cavallo. Durante la corsa i tendini achillei allungati e l’arco plantare ricurvo servono a restituire energia elastica, i muscoli grandi glutei e la dissociazione testa tronco a stabilizzarci, la povertà di rivestimento pilifero, la ricchezza di ghiandole sudoripare e la respirazione con la bocca a disperdere il calore. Questa capacità di correre per lunghe distanze con grande efficienza metabolica (all’aumentare della velocità di corsa si riduce il consumo energetico al km) era indispensabile per cacciare e trovare il cibo nell’ambiente della savana in assenza di armi per colpire a distanza. Alla fine è stata proprio questa predisposizione alla corsa e a coprire lunghe distanze che ha consentito ai nostri progenitori di nutrirsi con cibo ricco in proteine ed ha favorito lo sviluppo del sistema nervoso centrale con i vantaggi evolutivi che abbiamo maturato nel corso di milioni di anni rispetto alle altre specie animali. Un’altra caratteristica ambientale che ha comportato una selezione genetica del metabolismo è stata la frequente esposizione delle popolazioni a periodiche carestie. Si è selezionato ed è stato trasmesso il patrimonio genetico degli individui non solo fisicamente più abili ma anche “risparmiatori”. Il genotipo del risparmio e caratterizzato dalla capacità di immagazzinare con grande efficienza le calorie fornite dai pochi substrati ingeriti e BIBLIOGRAFIA • • • • Muscolo-scheletro Stabilizzazione Termoregolazione Respirazione DM Bramble, DE Lieberman. Nature 432:345, 2004 di ridurre al massimo il dispendio energetico dovuto all’attività fisica obbligatoria per la sopravvivenza. Ciò consentiva di avere le riserve necessarie per superare i lunghi digiuni ed aumentava le possibilità di nutrirsi e cacciare, dato che al bisogno erano disponibili preziose scorte energetiche. Nella situazione ambientale attuale in cui abbiamo grande disponibilità di cibo e non è più necessaria l’attività fisica per lavorare o nutrirsi il genotipo del risparmio aumenta il rischio di obesità, di diabete e di sindrome metabolica. Ne deriva che la pratica regolare dell’attività fisica nel tempo libero diventa obbligatoria ai nostri giorni per consentire all’organismo di tornare alle origini e valorizzare al meglio il nostro patrimonio genetico attraverso la fisiologica attivazione del metabolismo. 1. US Department of Health and Human Services: Physical Activity and Health: Report of the Surgeon General Executive Summary 1-14 Centers for Disease Control and Prevention, Atlanta, GA, 1996. 2. P. De Feo. Diabetologo ed esercizio fisico: dalla teoria alla pratica. Il Diabete 12: 203-214, 2000. 3. Diabetes Prevention Program Research Group: Reduction in the incidence of type 2 diabetes with lifestyle intervention or metformin. N Engl J Med 346: 393-403, 2002. 4. Tuomiletho J, Lindstrom J, Eriksson JG, Valle TT, Hamalainen H, IlanneParikka P, Keinanen-Kiuaanniemi S, Laasko M, Louheranta A, Rastas M, Salminen V, Uusitupa M: Prevention of type 2 diabetes mellitus by changes in lifestyle among subjects with impaired glucose tolerance. N Engl J Med 344: 1343-50, 2001. 5. Di Loreto C, Fanelli C, Lucidi P, Murdolo G, De Cicco A, Parlanti N, Ranchelli A, Fatone C, Taglioni C, Santeusanio F, De Feo P. Make your diabetic patients walk: long-term impact of different amounts of physical activity on type 2 diabetes. Diabetes Care 2005; 28: 1524-25. 6. De Feo P, Di Loreto C, Lucidi P, Murdolo G, Parlanti N, De Cicco A, Piccioni F, Santeusanio F. Fuel for physical activity. J Endocrinol Invest 26: 851-854, 2003. 7. Bramble DM, Lieberman DE. Endurance running and the evolution of Homo. Nature 432: 345, 2004. 8. De Feo P, Stocchi V. Physical activity for the treatment and prevention of metabolic syndrome Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Diseases 2007; 17: 327-331. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 58 Chiara Di Loreto Università degli Studi di Perugia Dipartimento di Medicina Interna a Scienze Endocrine e Metaboliche 15. I risultati italiani degli studi di intervento con attività fisica nel DM2 L’esperienza di Perugia ti ambulatorialmente a cadenza trimestrale per un periodo di due anni. Il primo colloquio motivazionale avveniva nel rispetto rigoroso di punti riassunti in una check-list che può essere utlizzata dai medici per promuovere l’attività fisica delle proprie persone con diabete. I risultati sui parametri laboratoristici e antropometrici della sindrome metabolica ottenuta in questo gruppo sono stati confrontati con quelli del gruppo di controllo (158 persone con diabete) che per tutta la durata dello studio ha ricevuto un trattamento standard che includeva anche RISULTATI (2 anni) I Figura 1. All’inizio dello studio i soggetti del gruppo intensivo e di controllo non differivano per età, peso corporeo (BMI), durata di malattia, controllo glicemico (HbA1c~ 8%), dispendio energetico (praticamente sedentari). 58 l nostro gruppo ha valutato l’efficacia a due anni di un intervento di tipo cognitivo-comportamentale su un gruppo di persone con diabete mellito di tipo 2 afferenti all’ambulatorio diabetologico. I risultati dello studio, pubblicati nel 2003 su Diabetes Care, hanno confermato che due anni di regolare attività fisica aerobica su una popolazione diabetica comportano benefici sui vari aspetti della sindrome metabolica (Figg. 1 e 2). Dei 340 partecipanti 182 sono stati assegnati al gruppo intensivo che veniva trattato con un primo colloquio motivazionale della durata di almeno 30 minuti per indurre la modifica dello stile di vita (passaggio dalla sedentarietà ad un programma di attività fisico strutturato), seguito a distanza di un mese da un breve contatto (telefonico o ambulatoriale) in cui ci si accertava dell’adesione al programma concordato e si rinforzava la motivazione. Successivamente le persone con diabete erano visita- Intervento 80 30 60 20 40 10 20 0 % >10 MET-h/week 32 0 MET-h/week 8 30 7 28 26 Controllo p<0.01 BMI 6 HBA1c Figura 2. Alla fine dello studio il 70% degli appartenenti al gruppo intensivo aveva raggiunto l’obiettivo, raggiungendo un dispendio energetico medio (27 METS-h/sett.) che andava ben oltre quello prefissato (10 METS-h/sett.). Ciò ha comportato una riduzione del peso corporeo (BMI) e del controllo glicemico/HbA1c che nell’intervento è sceso a 7%. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 59 consigli e materiale informativo generici sui benefici dell’attività fisica. Obiettivo dell’intervento era il raggiungimento di un dispendio energetico aggiuntivo rispetto a quello di partenza di 10 METS-h/sett. (corrispondente ad una camminata di almeno 30 minuti al giorno, tutti i giorni della settimana, oltre all’attività fisica già praticata all’inizio dello studio). L’intervento è risultato efficace dal momento che nel gruppo di intervento è stato raggiunto l’obiettivo nel 70% circa dei soggetti. Il dispendio energetico medio è risultato di 27 METS-h/sett., di gran lunga superiore all’obiettivo prefissato. L’incremento dei livelli di attività fisica volontaria si è tradotto in notevoli benefici sui parametri antropometrici (es. peso e circonferenza vita), metabolici (emoglobina glicata, assetto lipidico), clinici (valori pressori) e sulla qualità della vita e i benefici erano tanto più evidenti, quanto maggiore era l’intensità dell’attività fisica praticata. Questi miglioramenti si ottenevano con un sostanziale risparmio della spesa farmaceutica che si riduceva di circa 1000 euro/anno/persona grazie ad una minore necessità di farmaci antidiabetici, antiipetensivi ed ipolipemizzanti. I risultati di questo studio consentono, pertanto, di concludere che l’attività fisica aerobica regolare è efficace ed economicamente vantaggiosa. L’ostacolo al suo impiego come strumento terapeutico e preventivo sta nella difficoltà di convincere le persone con diabete ad utilizzarla, non essendo l’esercizio fisico semplicemente prescrivibile come si fa con i farmaci. E’ necessaria una radicale modifica dello stile di vita precedentemente se- BIBLIOGRAFIA Di Loreto et al, Diabetes Care 26: 404-408, 2003 Di Loreto et al, Diabetes Care 28: 1524-1525, 2005 Figura 3. Nel gruppo di intervento si è realizzato un miglioramento dei parametri antropometrici (peso, circonferenza vita), laboratoristici (HbA1c, colesterolo HDL e trigliceridi), clinici (valori pressori e frequenza cardiaca a riposo), una riduzione del rischio di presentare eventi cardiaci a 10 anni (CHD%), una riduzione delle unità di insulina/die/persona e del costo per farmaci ipoglicemizzanti, anti-ipertensivi ed ipolipemizzanti/persona/anno. Questi benefici sono tanto maggiori quanto maggiore è l’intensità di esercizio fisico raggiunta. dentario, la qual cosa è percepita da diverse persone con diabete come un sacrificio maggiore della stessa dieta. Tuttavia i dati della letteratura medico-scientifica ci insegnano che è possibile modificare lo stile di vita della maggior parte delle persone con diabete con o a rischio di diabete, ma è essenziale che le strategie utili a motivare e a garantire l’adesione a lungo termine all’attività fisica siano utilizzate con accuratezza ed entusiasmo dai diabetologi hanno, pertanto, bisogno di PIU’ TEMPO da dedicare ai propri assistiti. Le prove degli studi clinici riguardo a gli indiscutibili benefici economici e sulla salute dell’intervento sullo stile di vita devono promuovere una politica sanitaria che investa sugli operatori che si adoperano in questo ambito, dato che l’apparente maggiore spesa iniziale (maggiore tempo/persona) si traduce alla lunga in una riduzione del costo della spesa per farmaci. Il maggior tempo iniziale è tempo investito e non perso. 59 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 60 Gruppo di studio diabete ed aterosclerosi della SID 16. I risultati italiani degli effetti dell’attività fisica nel diabete mellito di tipo 2 Lo studio MIND-IT Studio di intervento multifattoriale, multicentrico, randomizzato con applicazione delle linee guida della Società Italiana di Diabetologia (SID) per la prevenzione delle malattie cardiovascolari nel diabete tipo 2 elaborate dal Gruppo di Studio Diabete e Aterosclerosi I l rischio di comparsa di un evento cardiovascolare maggiore è 4 volte superiore nelle persone con diabete rispetto ai non diabetici. In parte, ciò è dovuto alla frequente coesistenza nel diabete di altre condizioni di rischio quali dislipidemia, ipertensione, obesità, microalbuminuria. Dal momento che la presenza di molteplici fattori di rischio esercita un effetto sinergico sulla comparsa degli eventi cardiovascolari, si ritiene che la strategia ideale per prevenirli sia rappresentata da un approccio multifattoriale mirato alla loro correzione contemporanea. Per questo il Gruppo di Studio Diabete e Aterosclerosi della SID si è fatto promotore dello studio italiano MIND-IT come acronimo di Multifactorial Intervention in Type 2 Diabetes-Italy. 60 Le persone con diabete di entrambi i sessi arruolate rispondevano ad una serie di criteri di inclusione: età 5070 anni, diagnosi di diabete da almeno due anni, assenza di angina/infarto/ictus/TIA/arteriopatia obliterante arti inferiori, epatopatia cronica, insufficienza renale, malattie neoplastiche. Presentavano, oltre al diabete, almeno 2 fra le seguenti condizioni: ipertensione arteriosa, aumento dei trigliceridi o riduzione del colesterolo “buono” HDL, aumento del colesterolo “cattivo” LDL, fumo di sigaretta (>10 sig./die). I Centri diabetologici partecipanti sono stati assegnati a due bracci paralleli: trattamento convenzionale (usual) che continuavano a seguire le proprie persone con diabete secondo le modalità e le procedure abituali e trattamento intensivo (intensive) in cui le persone con diabete hanno ricevuto da sperimentatori preventivamente ed opportunamente formati un intervento intensivo e multifattoriale sui principali fattori di rischio cardiovascolare al fine di raggiungere specifici obiettivi sul controllo glicemico, pressorio, sull’assetto lipidico. I soggetti del gruppo intensive venivano visti a cadenza trimestrale ed il trattamento, oltre all’approccio farmacologico, prevedeva anche la modifica dello stile di vita. Nei soggetti in terapia intensiva sono state messe a punto procedure di intervento atte a modificare/migliorare la dieta e ad incentivare la pratica dell’attività fisica come strumento terapeutico. Nello specifico, si richiedeva il raggiungimento di un dispendio energetico giornaliero di 200-300 calorie in più rispetto al basale. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 61 Lo studio, la cui fase di arruolamento si è chiusa in alcuni centri nel 2004, è ancora in corso, pertanto non è ancora possibile fornire dati riguardo alla eventuale differenza di comparsa di eventi cardiovascolari maggiori nei due bracci. Tuttavia si è da poco conclusa la raccolta dei dati relativi alla valutazione ad interim a due anni di follow-up. Dall’analisi preliminare dei dati ottenuti si evince che un trattamento intensivo multifattoriale è fattibile nella realtà diabetologica italiana, purchè ci sia personale formato ad hoc, ed è in grado di modificare la storia naturale della malattia diabetica migliorando il controllo glicemico (nei Centri Intensive si è assistito ad una riduzione dell’HbA1c dello 0,6%, mentre in quelli Usual è inesorabilmente salita). Lo stesso andamento (miglioramento per gli intensive e peggioramento per gli usual) si è registrato anche per indice di massa corporea, assetto lipidico, valori pressori, ecc.). Nonostante la FATTIBILTA’ di questo tipo di intervento, il raggiungimento degli obiettivi prefissati non è ottimale neppure nel braccio intensivo a dimostrazione della difficoltà di condurre con successo un intervento multifattoriale di prevenzione cardiovascolare nel diabete tipo 2. La differenza nel raggiungimento degli obiettivi nei due gruppi è giustificata almeno in parte dalla implementazione della terapia farmacologia, mentre molti sforzi devono ancora essere compiuti per implementare gli interventi educazionali sulla dieta e sull’attività fisica. Dall’attività di monitoraggio presso i centri è emerso che l’impedimento maggiore alla terapia educazionale è rappresentata dallo scarso tempo che il diabetologo riesce a dedicare a ciascuna persona con diabete. Il dato incoraggiante resta comunque che, quando lapersona con diabete riceve, oltre alla terapia farmacologia, anche un’adeguata educazione ad un corretto stile di vita, i risultati risultano migliori se paragonati ad un usual care. BIBLIOGRAFIA Il Diabete, vol. 19, n.3, Settembre 2007, pagg. 157-163 Rivellese A et al., European J Clin Nutr 2007 Apr 11 Vaccaro O. et al., Atherosclerosis (in revisione) 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 62 Stefano Balducci Progetto IDES 17. I risultati italiani degli studi di intervento con attività fisica nel DM2 Lo Studio IDES L’IDES è uno studio controllato e randomizzato che si propone quindi di verificare, su un ampio campione di persone con diabete di tipo 2 e sindrome metabolica, l’ipotesi che un intervento intensivo sullo stile di vita basato sull’esercizio fisico misto (aerobico e di resistenza), prescritto e supervisionato, in aggiunta al trattamento convenzionale, migliora in maniera dose-dipendente, rispetto al solo trattamento convenzionale, i seguenti parametri: – il controllo glicemico (HbA1c), obiettivo primario; – i fattori di rischio cardiovascolare, tradizionali e non – il rischio cardiovascolare globale; – il benessere psico-fisico delle persone con diabete; L’ esercizio fisico, che esercita un impatto favorevole sul metabolismo, soprattutto attraverso un miglioramento della sensibilità insulinica a livello muscolare, è risultato efficace sia nel ridurre l’incidenza del diabete di tipo 2 nei soggetti a rischio sia nel migliorare il compenso glicemico, gli altri fattori di rischio cardiovascolare e la mortalità totale e cardiovascolare nelle persone con diabete. Di recente, in persone con diabete di tipo 2, è stata altresì suggerita l’efficacia in termini di controllo glicemico sia di interventi strutturati sull’attività fisica sia dell’allenamento di resistenza, di cui è altresì emersa l’assoluta sicurezza, contrariamente a quanto ritenuto in passato. 62 – i costi economici per il SSN e la persona stessa. Sono state studiate 606 persone con diabete di tipo 2 con sindrome metabolica, definita in base ai criteri IDF, consecutive, reclutate in 23 centri e successivamente suddivise con modalità randomizzata stratificata a blocchi permutati in due bracci: 1. esercizio fisico misto, prescritto e supervisionato (EXE; n=303); 2. trattamento convenzionale (CON; n=303). I criteri di inclusione sono stati durata del diabete ≥ 1 anno; età 40 -75 anni al momento dello screening; sedentarietà da almeno 6 mesi; capacità di cammino prolungato senza assistenza; BMI ≥27 ≤40; trattamento con dieta, ipoglicemizzanti orali o insulina. I criteri di 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 63 esclusione saranno una storia clinica o evidenza all’esame obiettivo di condizioni che limitino o controindichino l’esercizio, ovvero disfunzioni del sistema nervoso centrale; disfunzione vestibolare; deformità muscoloscheletriche significative; artropatia o dolore agli arti inferiori; ulcere plantari; retinopatia pre-proliferante o proliferante; malattia cardiovascolare grave, con particolare riferimento ad angina ed ipotensione posturale. Il reclutamento e la randomizzazione sono durati 3 mesi, mentre il follow-up è stato di 12 mesi, al termine dei quali sono stati rivalutati i parametri suindicati. Il significato di questo studio risiede nelle importanti implicazioni cliniche derivanti dall’eventuale dimostrazione della superiorità dell’esercizio fisico misto (aerobico e di resistenza), prescritto e supervisionato rispetto al trattamento convenzionale nel migliorare il controllo glicemico e ridurre il rischio cardiovascolare nelle persone con diabete di tipo 2. Metodologia 1. Esercizio fisico misto, prescritto e supervisionato (gruppo EXE) Questo intervento intensivo prevede 2 sedute iniziali di esercitazioni pratiche supervisionate e controllate dall’operatore di fitness metabolica e dal diabetologo finalizzate a: – conoscere i vantaggi e gli svantaggi dell’esercizio fisico sulle proprie condizioni di salute e apprendere quando è sconsigliabile praticare l’attività fisica; – saper distinguere tra esercizio fisico abituale e occasionale, conoscere lo stretching, riconoscere le attività sportive di tipo aerobico e anaerobico e valutare l’intensità dello sforzo; – saper effettuare correttamente l’auto-monitoraggio della glicemia ed eventualmente della chetonuria, e la misurazione di parametri vitali quali pressione arteriosa e frequenza cardiaca, prima, durante e dopo l’esercizio, interpretarne il significato e prendere iniziative le opportune terapeutiche. Seguiranno 2 sedute settimanali della durata di 70 min ciascuna, presso il Centro di Fitness Metabolica, sempre supervisionate e controllate dall’operatore di fitness metabolica. Nel corso di tali sedute verranno effettuati esercizi aerobici e di resistenza che consentano un dispendio calorico per singola seduta di 200 Kcal per le prime 2 settimane, con un incremento di 100 Kcal per ogni ulteriore settimana fino ad un massimo di 500 Kcal. Prima e dopo la seduta verranno valutati i seguenti parametri: – pressione arteriosa; – glicemia capillare; – frequenza cardiaca media lavoro; – lavoro % VO2 max; – durata/Intensità lavoro aerobico; – durata/Intensità lavoro di resistenza; 63 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 64 – Mets; – consumo calorico. Counseling Si tratta di un intervento terapeutico di tipo educazionale somministrato dal diabetologo grazie al quale la persona con diabete verrà messa in condizioni di attivare un percorso di attività fisica del tempo libero. Esso si compone di una sessione iniziale (30 min), seguita da successive sessioni trimestrali (15 min) Il counseling si propone di analizzare in successione: 2. Trattamento convenzionale (gruppo CON) Le persone con diabete in trattamento convenzionale verranno chiamati telefonicamente dal diabetologo a cadenza mensile per raccogliere informazioni riguardo all’attività fisica praticata. % di Pazienti con HbA1c <6.5 prima e dopo lo studio in entrambi i gruppi Emoglobina Glicosilata - HbA1c 7.12 HbA1c % 7,0 7.04 6,9 6,8 6,7 6,70 6,6 6,5 6,4 T0 T1 CON 64 T0 EXE T1 % di pazienti in Target per l'HbA1c 7,1 p< 0.006 60 p< 0.003 7,2 7.15 Motivazione, Auto-efficacia, Piacere, Supporto, Consapevolezza, Assenza di Impedimenti, Diario. Lo studio IDES ha dimostrato che sia nel gruppo di controllo trattato con il counselling che nel gruppo tarttato con counselling piu esercizio fisico aerobico e di forza supervisionato e controllato l’HbA1c diminuisce anche se solo nel gruppo EXE in modo statisticamente significativo. All’inizio dello studio nel gruppo EXE su 50 54.5 40 40.9 40.1 42.8 30 20 10 0 T0 T1 CON T0 T1 EXE 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 65 100 diabetici 43 erano a target per l’HbA1c < 6,5% alla fine dello studio numero saliva a 55 con un incremento del 12%. Questo risultato è da considerarsi piu che soddisfacente se si pensa che nello STENO 2 uno studio Danese di intervento intensivo (farmacologico + attività fisica) poco piu del 10% dei soggetti raggiungeva il target per l’ HbA1c. Nello studio NHANES III, 1988–1994 e NHANES 1999-2000 (Third National Health and Nutrition Examination Study) le persone con diabete a target per HbA1c in questo caso (<7%) si è ridotta tra il periodo 1988–1994 e 1999–2000 dal 44 al 37%. HbA1c < 6.5 % < 6.5 % T0 T1 n % T0 T1 n % p< CON 114 112 -2 -1,8 165 167 2 1,2 ns EXE 127 162 -35 27,6 170 135 -35 -20,6 0.006 Fisher’s Exact Test 65 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 66 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 67 LE STRATEGIE 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 68 Documento estratto dalla Conferenza Ministeriale dell’OMS 18. Strategie europee nella lotta all’obesità P er affrontare l’epidemia di obesità, che rappresenta una minaccia per la salute, l’economia e lo sviluppo, noi Ministri e delegati partecipanti alla Conferenza Ministeriale della Regione Europea dell’OMS sull’azione di Contrasto all’Obesità (Istanbul, Turchia, 15-17 Novembre 2006), in presenza del Commissario Europeo per la Salute e la protezione del Consumatore, adottiamo, come policy di riferimento, la seguente Carta Europea sull’Azione di Contrasto all’Obesità. Il processo di preparazione della presente dichiarazione ha coinvolto diversi settori dei governi, organizzazioni internazionali, esperti, rappresentanti della società civile e del settore privato con consultazioni e discussioni. Noi affermiamo il nostro impegno a rafforzare l’azione di contrasto all’obesità in linea con questa dichiarazione 68 ed a fare di questo problema una priorità dell’agenda politica dei nostri governi. Noi sollecitiamo inoltre i nostri partner e tutti i soggetti che hanno interessi in questa materia a intraprendere una più forte azione contro l’obesità e riconosciamo la leadership dell‘Ufficio Regionale Europeo dell‘OMS su questo argomento. Esistono prove scientifiche sufficienti per poter agire subito; allo stesso tempo, la ricerca di soluzioni innovative, di adattamenti delle raccomandazioni ai contesti locali e nuove ricerche su aspetti particolaripossono migliorare l’efficacia pratica delle politiche. L’obesità è un problema della salute pubblica in tutto il globo; noi riconosciamo l’importanza del ruolo dell’azione congiunta dell’Europa che costituirà un esempio capace di mobilitare gli sforzi della comunità a livello globale. 1. LA SFIDA. Noi riconosciamo che: 1.1 L’epidemia di obesità crea uno dei più seri problemi per la salute pubblica nella Regione Europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. La prevalenza di obesità è aumentata di tre volte nelle ultime due decadi. Nella Regione Europea dell’OMS, metà di tutti gli adulti e un bambino su cinque sono sovrappeso. Di questi, un terzo sono francamente obesi e il loro numero si sta accrescendo rapidamente. Sovrappeso e obesità contribuiscono a una notevole proporzione delle ma- 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 69 lattie non trasmissibili, abbreviando l’aspettativa di vita e influenzando in modo negativo la qualità della vita. Ogni anno, nella Regione, più di un milione di morti è dovuto a malattie associate all’eccesso di peso corporeo. 1.2 La tendenza è particolarmente allarmante nei bambini e negli adolescenti, poiché in questo modo l’epidemia si sposta nell’età adulta e genera un progressivo peggioramento delle salute per le generazioni future. La prevalenza di obesità giovanile aumenta di anno in anno e questa tendenza cresce continuamente ed è attualmente dieci volte maggiore che negli anni ’70. 1.3 L’obesità influenza pesantemente anche lo sviluppo economico e sociale. L’obesità e il sovrappeso negli adulti sono responsabili della spesa per sanitaria nella Regione Europea, per una quota che arriva fino all’8%; per di più, comportano costi indiretti, conseguenti alla perdita di vite umane, di produttività e guadagni correlati, che sono almeno il doppio dei costi diretti. Sovrappeso ed obesità affliggono principalmente le persone di classe socioeconomica bassa e questo contribuisce ad aumentare le disuguaglianze nello stato di salute. 1.4 L’epidemia si è ampliata negli ultimi decenni a causa dei cambiamenti dell’ambiente culturale, sociale, economico e fisico. Uno squilibrio energetico nella popolazione è stato innescato da una drammatica riduzione dell’attività fisica e dai mutamenti negli schemi dietetici, incluso l’incremento nel consumo di cibi e bevande ad alta densità energetica e poveri di nutrienti (contenenti alte proporzioni di grassi sia saturi sia totali, sale e zuccheri) in combinazione con un basso consumo di frutta e vegetali. Secondo i dati disponibili, due terzi della popolazione nella maggioranza dei Paesi nella Regione Europea dell’OMS non svolgono un’attività fisica sufficiente ad assicurare e mantenere vantaggi per la salute e solo in pochi Paesi il consumo di frutta e verdura raggiunge i livelli raccomandati. La predisposizione genetica da sola non spiega l’epidemia di obesità, senza i cambiamenti dell’ambiente culturale, sociale, economico e fisico. 2. COSA SI PUÒ FARE: gli obiettivi, i principi e le strutture per l’azione 1.5 Un’azione internazionale è essenziale per supportare le politiche nazionali. L’obesità non è più una sindrome delle società ricche; sta diventando altrettanto diffusa nei Paesi in via di sviluppo così come in quelli con economie in transizione, particolarmente nel contesto determinato dalla globalizzazione. L’avvio di azioni intersettoriali resta una sfida e nessun Paese finora è stato effettivamente in grado di tenere l’epidemia sotto controllo. Stabilire forti azioni internazionali coordinate per contrastare l’obesità è una sfida e un’opportunità, visto che molte misure chiave sono transfrontaliere sia nel carattere che nelle conseguenze. 2.2 Limitare l’epidemia ed invertirne l’andamento è l’obiettivo fondamentale dell’azione nella Regione Europea. Progressi visibili, specialmente per quel che riguarda bambini e adolescenti, dovrebbero essere raggiungibili nella maggioranza dei Paesi nei prossimi 4-5 anni e dovrebbe essere possibile invertire l’andamento al più tardi entro il 2015. 2.1 L’epidemia di obesità è reversibile. E’ possibile invertire l’andamento e tener l’epidemia sotto controllo. Questo può essere ottenuto solo attraverso azioni complessive, dato che la radice del problema risiede nel rapido cambiamento dei determinanti sociali, economici ed ambientali degli stili di vita della gente. Bisogna creare una società in cui gli stili di vita salutari, per dieta e attività fisica, siano la norma e dove gli obiettivi culturali, sociali, di salute ed economici siano allineati e le scelte salutari siano facilitate e rese più accessibili per gli individui. 2.3 I seguenti principi devono guidare l’azione nella Regione Europea dell’OMS: 2.3.1 Si richiedono volontà politica e leadership ad alto livello ed un mandato completo dei governi per l’OMS – al fine di ottenere la mobilitazione e sinergie nei differenti settori. 2.3.2 L’azione contro l’obesità dovrebbe essere connes69 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 70 sa alle strategie complessive sulle malattie non-trasmissibili e sulle attività di promozione della salute. Migliorare la diete e l’attività fisica avrà un sostanziale e spesso rapido impatto sulla salute pubblica, a seguito dei benefici derivanti dalla riduzione di sovrappeso e obesità. 2.3.3 Bisogna trovare un punto di equilibrio tra le responsabilità degli individui e quelle dei governi e della società. Non è accettabile lasciare che gli individui siano i soli responsabili per la loro obesità. 2.3.4 È essenziale che l’azione intrapresa sia ben inserita all’interno del contesto culturale di ciascun Paese o Regione, così come è essenziale che sia riconosciuto il piacere offerto da una dieta sana e dall’attività fisica. 2.3.5 Sarà essenziale costruire collaborazioni a tutti i livelli (nazionale, sub-nazionale e locale) tra i portatori di interessi (stakeholder), quali i governi, la società civile, il settore privato, le reti di professionisti, i media e le organizzazioni internazionali, 2.3.6 Le misure politiche dovrebbero essere coordinate tra le differenti parti della Regione, per evitare in particolare che la pressione del mercato su cibi e bevande ad alta densità energetica si sposti verso Paesi con ambienti meno regolamentati. L’OMS può giocare un ruolo nel facilitare e supportare il coordinamento inter-governativo. 2.3.7 Speciale attenzione bisogna dedicare ai gruppi di popolazione più vulnerabili, quali bambini e adolescen70 ti, la cui inesperienza e credulità non dovrebbero essere sfruttate dalle attività commerciali. re preventive e l’offerta di diagnosi, screening e trattamento. 2.3.8 Costituisce una priorità anche il supporto ai gruppi di popolazione svantaggiati, sotto il profilo socio-economico, i quali affrontano maggiori costrizioni e limitazioni nell’esercitare scelte salutari. Aumentare l’accessibilità e la disponibilità delle scelte salutari dovrebbe, quindi, costituire un obiettivo chiave. - I Ministeri e le Agenzie come quelli che si occupano di agricoltura, alimenti, finanza, commercio ed economia, affari dei consumatori, sviluppo, trasporti, pianificazione urbana, istruzione e ricerca, affari sociali, lavoro, sport, cultura e turismo giocano un ruolo essenziale nello sviluppo di politiche ed azioni di promozione della salute. Questo porterà dei benefici anche nei loro specifici campi. 2.3.9 La valutazione dell’impatto sugli obiettivi di salute pubblica dovrebbe essere considerata una priorità, quando si sviluppano politiche economiche, commerciali, agricole, dei trasporti e urbanistiche. 2.4 Per trasformare questi principi in azioni è necessaria una struttura che connetta i principali attori con gli strumenti e gli scenari politici. 2.4.1 Tutti i settori di governo rilevanti dovrebbero giocare un ruolo. Per attivare questa collaborazione è necessario che vengano messi in atto meccanismi istituzionali adeguati. - I Ministeri della Salute dovrebbero giocare un ruolo guida propugnando, ispirando e conducendo azioni multisettoriali. Dovrebbero essere di esempio facilitando le scelte salutari dei dipendenti del settore sanitario e degli utenti dei servizi sanitari. Il ruolo del Sistema Sanitario è importante anche nel rapporto con le persone ad alto rischio e con chi è già sovrappeso o obeso, passando attraverso il disegno e la promozione di misu- - Le autorità locali hanno un grande potenziale ed un ruolo principale nel creare ambienti ed opportunità per l’attività fisica, una vita attiva ed una dieta sana e dovrebbero essere supportate nella loro azione. 2.4.2 La società civile può sostenere la risposta politica. Il coinvolgimento attivo della società civile è importante per incoraggiare la consapevolezza del pubblico e la domanda di azione e come fonte di approcci innovativi. Le organizzazioni non-governative possono supportare le strategie di contrasto all’obesità. Le associazioni e i sindacati dei datori di lavoro, dei consumatori, dei genitori, dei giovani e dello sport possono giocare ciascuno un ruolo specifico. Le organizzazioni dei professionisti della salute dovrebbero assicurare che i propri membri siano pienamente impegnati nell’azione di prevenzione. 2.4.3 Il settore privato dovrebbe giocare un ruolo importante ed avere la responsabilità nella costruzione 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 71 di un ambiente sano, così come nella promozione delle scelte salutari nel proprio luogo di lavoro. Ciò include le imprese di tutta la catena alimentare, dai produttori primari ai rivenditori. L’azione si dovrebbe concentrare sul loro principale campo di attività, come la trasformazione, la commercializzazione e l’informazione sul prodotto, mentre potrebbe giocare un ruolo anche l’educazione del consumatore all’interno di un quadro stabilito dalle autorità di sanità pubblica. C’è anche un ruolo importante per settori economici come quelli dello sport e del tempo libero, i costruttori, i pubblicitari, i trasporti pubblici, il turismo attivo, ecc. Il settore privato potrebbe essere coinvolto con strategie win-win sottolineando le opportunità economiche derivanti dall’investire nelle opzioni salutari. 2.4.4 I media hanno un’importante responsabilità nel fornire informazione ed educazione, aumentare la consapevolezza e supportare le politiche di sanità pubblica in questo campo. Development) possono creare collaborazioni efficaci e stimolare così collaborazioni multisettoriali a livello nazionale ed internazionale. L’Unione Europea gioca un ruolo primario attraverso la propria legislazione, le politiche e i programmi di sanità pubblica, la ricerca e le attività quali la Piattaforma Europea per l’Azione su Dieta, attività Fisica e Salute. Gli impegni internazionali esistenti come la Strategia Globale su Dieta, Attività Fisica e Salute, il Piano d’Azione Europeo su Alimenti e Nutrizione e la Strategia Europea per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie Non-Trasmissibili dovrebbero essere utilizzati come guida e per creare sinergie. Inoltre, impegni politici come il CEHAPE (Children’s Environment and Health Action Programme for Europe), il THE PEP (Transport, Health and Environment Pan-European Programme) ed il Codex Alimentarius posono essere utili per ottenere coerenza e consistenza nelle azioni internazionali e per ottimizzare l’utilizzo delle risorse. 2.4.5 La collaborazione intersettoriale è essenziale non solo a livello nazionale ma anche internazionale. L’OMS dovrebbe ispirare, coordinare e guidare l’azione internazionale. Le organizzazioni internazionali come la FAO (United Nations Food and Agriculture Organization), l’UNICEF (United Nations Children's Fund), la Banca Mondiale, il Consiglio d’Europa, l’ILO (International Labour Organization) e l’OECD (Organisation for Economic Co-operation and 2.4.6 Gli strumenti politici vanno dall’azione legislativa allo sviluppo di collaborazioni pubblico/privato, con particolare attenzione per le misure regolatorie. Il governo dovrebbe assicurare consistenza e sostenibilità attraverso azioni regolatorie, incluso misure legislative. Altri importanti strumenti includono la riformulazione delle politiche, le politiche fiscali e di investimento pubblico, la valutazione di impatto sulla salute, le campagne mirate ad aumentare la consapevolezza e fornire infor- mazioni ai consumatori, la costruzione di competenze e di collaborazioni, la ricerca, la pianificazione e il monitoraggio. Dovrebbero essere incoraggiate le collaborazioni pubblico/privato con un razionale ed obiettivi di sanità pubblica condivisi e specificati. Misure specifiche dovrebbero includere: l’adozione di regolamenti per ridurre sostanzialmente l’estensione e l’impatto della promozione commerciale di cibi e bevande ad alto contenuto energetico, particolarmente se rivolta ai bambini, e lo sviluppo di approcci internazionali, come un codice sul marketing rivolto ai bambini in questo campo e l’adozione di regolamenti per strade più sicure al fine di promuovere il camminare e l’uso della bicicletta. 2.4.7 L’azione dovrebbe essere intrapresa a livello sia micro sia macro ed in diversi scenari. Particolare importanza è collegata a scenari come la casa e la famiglia, le comunità, gli asili nido, la scuole, i luoghi di lavoro, i mezzi di trasporto, l’ambiente urbano, gli alloggi, i servizi socio-sanitari e le attrezzature per il tempo libero. L’azione dovrebbe coprire anche il livello locale, nazionale ed internazionale. In questo modo gli individui dovrebbero essere supportati ed incoraggiati a sentirsi responsabili nel far uso attivamente delle possibilità offerte. 2.4.8 L’azione dovrebbe essere mirata ad assicurare un bilancio energetico ottimale, esercitando stimoli a favore di una sana alimentazione e dell’attività fisica. Sebbene informazione ed educazione rimangano impor71 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 72 tanti, l’attenzione dovrebbe spostarsi su un insieme di interventi finalizzati a mutare l’ambiente sociale, economico e fisico. l’alimentazione e quelle per l’attività fisica; modificazione dei comportamenti individuali nei confronti della salute. l’Europa offrirà ai decisori esempi di buone pratiche e case studies. 2.4.9 Un pacchetto di azioni preventive essenziali dovrebbe essere promosso come misure chiave; i Paesi potrebbero ulteriormente definire le priorità tra gli interventi di questo pacchetto, in relazione alla loro situazione nazionale ed al livello di sviluppo delle proprie politiche. Il pacchetto di azioni essenziali includerebbe: riduzione della pressione del marketing, particolarmente sui bambini; promozione dell’allattamento al seno; miglioramento della disponibilità di cibi sani, compresi frutta e vegetali; misure economiche per facilitare scelte alimentari più sane; offerte di strutture ricreazionali e per l’esercizio fisico accessibili, compreso il supporto ai gruppi socialmente svantaggiati; riduzione di grassi, zuccheri (soprattutto se aggiunti) e sale nei prodotti lavorati adeguate etichettature nutrizionali; promozione dell’uso della bicicletta e del camminare attraverso migliori disegni urbani e politiche dei trasporti; creazione di facilitazioni negli ambienti locali che motivino le persone a svolgere attività fisica nel tempo libero; disponibilità di cibi salutari, facilitazioni allo svolgimento di attività fisica giornaliera ed educazione nutrizionale e fisica nelle scuole; facilitare e motivare le persone ad adottare abitudini dietetiche migliori ed a svolgere attività fisica sul posto di lavoro; sviluppare/migliorare linee guida nazionali per 2.4.10 Si dovrebbe continuare a porre attenzione sulla prevenzione dell’obesità nelle persone già in sovrappeso (e perciò ad alto rischio) ed in trattamento per l’obesità. Azioni specifiche in questo campo includerebbero: identificazione tempestiva e gestione del sovrappeso e dell’obesità in ambito dell’assistenza primaria; offrire formazione per i professionisti della salute nella prevenzione dell’obesità; emettere raccomandazioni cliniche per lo screening e il trattamento. Qualsiasi stigmatizzazione o sovra-valutazione dell’obesità dovrà essere evitata a tutte le età. 3. PROGRESSI E MONITORAGGIO 72 2.4.11 Nel disegnare ed implementare le politiche, devono essere utilizzati gli interventi di comprovata efficacia. Questi includono progetti con documentato impatto sul consumo di cibi sani e sui livelli di attività fisica, come: piani per offrire alla gente frutta gratuita a scuola; prezzi abbordabili per i cibi più sani; aumentata accessibilità ai cibi sani nei luoghi di lavoro e nelle aree di deprivazione socio-economica; costruire piste ciclabili; incoraggiare i bambini ad andare a scuola a piedi; migliorare l’illuminazione stradale; promuovere l’uso delle scale; ridurre l’uso della televisione. Ci sono anche evidenze che molti interventi contro l’obesità, come programmi scolastici e trasporto attivo, hanno un alto rapporto costi-efficacia. L’Ufficio Regionale dell’OMS per 3.1 Questa dichiarazione mira a rafforzare l’azione contro l’obesità in tutta la Regione Europea dell’OMS. Essa stimolerà e influenzerà le politiche dei Paesi, le azioni regolatorie incluso la legislazione e i piani d’azione. Un piano d’azione europeo, che riguarderà nutrizione e attività fisica, tradurrà i principi della dichiarazione in specifiche linee operative e meccanismi di monitoraggio. 3.2 È necessario mettere insieme un processo che porti allo sviluppo di un nucleo di indicatori, da includere nei sistemi di sorveglianza sulla salute, che consentano il confronto internazionale. Questi dati potrebbero essere utilizzati per l’advocacy, le decisioni sulle strategie e il monitoraggio. Ciò potrebbe favorire la regolare valutazione e la revisione delle politiche e delle attività, oltre la diffusione dei risultati ad un uditorio ampio. 3.3 Il monitoraggio, a lungo termine, dei progressi è essenziale, perchè i risultati, in termini di riduzione dell’obesità e di malattie correlate, richiederanno tempo per manifestarsi. L’Ufficio Europeo dell’OMS dovrebbe preparare rapporti triennali, a partire dal 2010. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 73 1 L’obesità in Europa ha raggiunto proporzioni epidemiche. La prevalenza è triplicata negli ultimi venti anni e si prevede che nel 2010 gli obesi nella Regione Europea dell’Oms saranno 150 milioni di adulti e 15 milioni di bambini e adolescenti (rispettivamente il 20% e il 10% della popolazione mondiale). Oggi, in molti Paesi è in sovrappeso tra il 30 e l’80% degli adulti. I dati disponibili indicano un range negli uomini variabile tra il 28% dell’Uzbekistan e il 66% dell’Irlanda. Riguardo all’obesità, i livelli variano tra il 13% del Portogallo e il 23% della Finlandia. Esistono differenze significative non solo tra i vari Paesi, ma anche all’interno della stesso Stato, tra le diverse regioni, gruppi sociali, tra uomini e donne e fasce d’età differenti. Non si può negare, comunque, che i tassi stiano aumentando praticamente ovunque nella Regione europea dell’Oms. 2 I bambini sono particolarmente a rischio di obesità. Il sovrappeso è il disturbo infantile più comune nella Regione europea dell’Oms, se si considera che circa il 20% dei bambini è in sovrappeso e, di questi, un terzo è obeso. Entro il 2010 un bambino su dieci sarà obeso e quindi più a rischio di sviluppare diabete di tipo 2, ipertensione e insonnia, disagi psicologici e sociali. L’aspetto più preoccupante è che questi bambini rimangano obesi anche da adulti, sviluppando così malattie più gravi che porteranno a una riduzione di lunghezza e qualità di vita. Secondo proiezioni del ministero della Salute del Regno Unito, si può prevedere che in media l’aspettativa di vita per gli uomini diminuirà di cinque anni entro il 2050 se persisteranno gli attuali livelli di obesità. Le abitudini acquisite nell’infanzia per quanto riguarda dieta e attività fisica, infatti, non cambiano facilmente lungo il corso della vita. 3 L’obesità è il risultato di un eccessivo aumento di peso che si verifica quando una persona mangia più di quanto non riesca a bruciare con l’attività fisica. Gli obesi hanno un rischio maggiore di sviluppare malattie gravi, come il diabete di tipo 2, cardiopatie e ictus, malattie della cistifellea, tumori a carico di diversi organi (endometrio, ovaio, mammella, collo dell’utero, prostata, colon retto, cistifellea, pancreas, fegato e reni), oltre che problemi psicosociali. L’obesità si misura attraverso l’indice di massa corporea (in inglese Body Mass Index, Bmi), calcolato dividendo il peso in chilogrammi di una persona per la sua altezza in centimetri al quadrato. Negli adulti un BMI tra 18,5 e 24,9 è nella norma, un valore di 25 e oltre indica sovrappeso, mentre se supera il valore di 30 si parla di obesità. Ogni anno il sovrappeso causa un milione di decessi nella Regione. 4 Il costo sociale dell’obesità è enorme: fino al 6% delle spese sanitarie nella Regione europea dell’Oms è legato all’obesità tra gli adulti. C’è anche un altro costo indiretto, quasi il doppio, dovuto alla perdita di vite, produttività e reddito. In Spagna, per esempio, si stima che il costo attribuibile all’obesità sia di 2,5 miliardi l’anno. Negli Stati Uniti le spese sanitarie annuali per una persona obesa sono superiori del 36% rispetto a quelle il cui Bmi rientra nella norma. Inoltre è molto più probabile che una persona obesa si debba assentare dal lavoro per motivi di salute. Infine è necessario prendere in considerazione altri costi, tra cui lo scarso rendimento scolastico e la discriminazione sul luogo di lavoro. 73 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 74 5 In quasi tutti i paesi della Regione, l’obesità è più diffusa tra le categorie sociali svantaggiate che hanno minor reddito e istruzione, oltre che maggiori difficoltà di accesso alle cure. L’obesità riflette e si accompagna dunque alle diseguaglianze, favorendo un vero e proprio circolo vizioso. Gli individui che vivono in condizioni disagiate devono far fronte a limitazioni strutturali, sociali, organizzative, finanziarie e di altro genere che rendono difficile compiere scelte adeguate sulla propria dieta e attività fisica. Per esempio, in Francia una porzione da 100 calorie di frutta e verdura, che contiene una quantità di elementi nutritivi superiore di cinque volte (dal punto di vista energetico) rispetto ad altri alimenti, può costare anche cinque volte di più. I gruppi a basso reddito, di solito, hanno meno accesso a palestre e centri benessere, oltre a vivere in zone che tendenzialmente incoraggiano meno l’attività fisica. A livello nazionale, gli studi indicano che nei Paesi più poveri ma con uno sviluppo rapido si riscontra un veloce aumento dell’obesità, mentre nei Paesi più avanzati con le maggiori disparità di reddito tra ricchi e poveri si misurano in genere livelli più alti di obesità. 7 Le abitudini alimentari delle persone sono molto cambiate negli ultimi decenni e la quantità di cibo a disposizione è globamente aumentata. In media, una donna ha bisogno di 2000 calorie al giorno per mantenere il proprio peso, mentre per gli uomini il valore è di 2500 calorie. Nel 1961, la quantità giornaliera di calorie disponibile era di 2300 a persona. Valore che è salito a 2800 nel 1998 e che potrebbe superare 3000 entro il 2015. Inoltre i prezzi degli alimenti sono diminuiti nel tempo: il prezzo reale di riso, grano, mais, grasso e zucchero è sceso di circa il 60% tra il 1960 e il 2000. All’inizio del ventesimo secolo il consumo pro capite annuale di zucchero era inferiore a cinque chili, cifra che è salita ad almeno quaranta chili. Il consumo di frutta e verdura è insufficiente: secondo l’Oms, solo il 30% dei ragazzi e il 37% delle ragazze tra i 13 e i 15 anni mangia frutta ogni giorno. Essendoci più cibo a disposizione, però, i consumi alimentari sono in aumento. 8 6 Le cause dell’epidemia di obesità sono complesse. La struttura della società moderna, le politiche e lo sviluppo socioeconomico (sempre più persone vivono in grandi città, si spostano in macchina, lavorano sedute al computer, acquistano cibi e bevande confezionati, ecc) hanno contribuito a creare un “ambiente obesogenico”, che incoraggia cioè comportamenti a rischio di condurre all’obesità. Due terzi della popolazione nella Regione europea dell’Oms vivono in grandi paesi e città, e la percentuale sta aumentando. Di conseguenza, non è utile né corretto biasimare i singoli individui obesi o sovrappeso. 74 In Europa occidentale almeno due terzi degli adulti non svolgono sufficiente attività fisica e la situazione continua a peggiorare. Secondo l’Oms, un adulto dovrebbe fare almeno trenta minuti al giorno di attività fisica moderata: passeggiare, andare in bicicletta, gioco, lavori domestici, giardinaggio, ballo o anche fare le scale a piedi, se non attività sportive vere e proprie. I bambini dovrebbero fare ogni giorno almeno sessanta minuti di attività fisica. L’ambiente in cui le persone vivono (casa, scuola, lavoro) spesso scoraggia l’attività fisica, se si considera che, in Europa, il 50% degli spostamenti in macchina copre distanze inferiori ai cinque chilometri. Distanze che potrebbero essere coperte in bicicletta in 15-20 minuti o di buon passo in 30-50 minuti. Secondo recenti ricerche fatte in Danimarca e Regno Unito, una regolare attività fisica moderata può allungare la vita di una persona di 3-5 anni. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 75 9 Le strategie per contrastare questa epidemia dovrebbero incoraggiare abitudini alimentari corrette, attraverso la riduzione del consumo di grassi e zuccheri, incentivando le persone a mangiare più frutta e verdura, oltre che mirare a un aumento dei livelli di attività fisica. Dovrebbero essere incentivate sane abitudini alimentari, anche rendendole più economiche, in negozi, luoghi di lavoro e mense scolastiche, evitando invece di promuovere alimenti e bevande ipercalorici. Questi ultimi dovrebbero essere resi meno facilmente reperibili e sostituiti da prodotti nuovi o con migliori caratteristiche nutrizionali. Le opportunità di svolgere quotidianamente attività fisica, come il trasporto attivo, dovrebbero essere rese accessibili e disponibili per tutta la popolazione mediante programmi a livello scolastico e lavorativo. È quindi essenziale coinvolgere tutti i gruppi sociali e avere il sostegno degli enti locali, fino a raggiungere governi e organizzazioni internazionali. Per cambiare le abitudini delle persone c’è bisogno della partecipazione attiva di imprese private: dai produttori di generi alimentari ai supermercati, dai ministeri (responsabili di attività commerciali, agricole, sanitarie, trasporti, lavoro, pianificazione urbana, istruzione e sport) agli stessi enti locali e comunità. I mass media possono contribuire molto alla promozione di stili di vita sani, sottolineando che dieta equilibrata e attività fisica portano considerevoli vantaggi non solo per la salute, ma anche a livello economico e di sviluppo. 10 L’Oms sostiene gli sforzi per affrontare il problema dell’obesità. Nel 2004 gli Stati membri hanno approvato la Strategia globale su dieta, attività fisica e salute, il cui scopo consiste nel promuovere la salute pubblica mediante abitudini alimentari sane e attività fisica. Le tematiche affrontate comprendono il ruolo dei sistemi sanitari, le politiche alimentari e agricole, misure fiscali e regolamenti, i sistemi di indagine e monitoraggio, l’educazione e la comunicazione per il consumatore (compresi marketing, reclami sanitari e etichettatura), oltre a scuola, trasporti e politiche urbane che possono aiutare a compiere scelte migliori a livello nutrizionale e di attività fisica. La Regione europea dell’Oms è all’avanguardia da questo punto di vista, facilitando il dialogo tra i responsabili dell’elaborazione di politiche, esperti nel settore sanitario, il settore privato, le organizzazioni non governative, internazionali e i mass media. In particolare, vale la pena ricordare la Conferenza ministeriale Oms sulla lotta all’obesità, organizzata a Istanbul dal 15 al 17 novembre 2006, sotto l’egida del governo turco 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 76 Paola Pisanti Presidente Commissione Nazionale diabete Direzione Generale della Programmazione Ministero della Salute 19. Le strategie del Ministero della Salute per incrementare la pratica dell’attività motoria G ià da qualche anno la Direzione Generale della Programmazione del Ministero della Salute Italiano è impegnata in un programma di lavoro volto a migliorare le attività di tutela assistenziale delle persone con diabete e a favorire percorsi che garantiscano uniformità di risposte e continuità di tutela alla persona diabetica, in riferimento alle indicazioni dell’OMS, alla Dichiarazione di Saint Vincent, alle Direttive europee e dell’ONU, in campo internazionale e alla legge 115/87, agli ultimi Piani Sanitari 1998-2000, 2003-2005, 20062008, nel contesto nazionale. Nel contesto internazionale, rappresentato in particolar modo dalle indicazioni definite a livello europeo nel Consiglio EPSCO del giugno 2006, dai contenuti della Risoluzione ONU del Dicembre 2006, dalle con- 76 clusioni del Forum di New York del marzo 2007 e dai lavori della Commissione europea su “Information to patient” si evidenzia la necessità di sviluppare politiche nazionali per la prevenzione, trattamento e cura del diabete, in linea con lo sviluppo sostenibile dei vari sistemi di assistenza sanitaria nonchè di elaborare strumenti adeguati per il raggiungimento di livelli di assistenza appropriati che abbiano l’obiettivo di stabilizzare la situazione patologica e migliorare la qualità di vita della persona con diabete. I provvedimenti internazionali pongono l’accento sullo sviluppo di un programma nazionale per il diabete mellito e sull’importanza dell’intervento pubblico di Governi e Amministrazioni per assicurare la prevenzione e la cura della patologia diabetica. Le strategie europee rafforzano la necessità di avviare urgentemente un’azione mirata di lotta contro il diabete al fine di far fronte alla crescente incidenza e prevalenza di questa malattia nonché all’aumento dei costi diretti e indiretti che ne derivano, valorizzando le azioni tese ad un approccio globale, dando particolare risalto ad una politica coerente e universale in materia di stile di vita e attività fisica. I provvedimenti nazionali pongono la necessità di soddisfare una domanda crescente di assistenza di natura diversa caratterizzata da nuove modalità di erogazione dell’assistenza sanitaria basate sulla integrazione tra prestazioni sanitarie e sociali e sulla continuità delle cure per periodi di lunga durata, esaltando al tempo stesso il ruolo del cittadino e della società civile 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:56 Pagina 77 nelle scelte e nella gestione del Servizio Sanitario Nazionale I Piani Sanitari Nazionali, tenendo conto di alcune considerazioni importanti quali: 1) il diabete è una malattia cronica; 2) il diabete è una patologia cui va riconosciuto carattere di particolare rilievo sociale e che incide significativamente sulla spesa sanitaria; 3) migliorare l’assistenza la persona con diabete significa determinare un aumento dell’aspettativa di vita e un miglioramento della qualità della stessa, evidenziano l’importanza dell’adozione di uno stile di vita adeguato e dell’attività fisica. Pertanto, presso la Direzione Generale della Programmazione sono stati attivati differenti interventi per rispondere a una domanda di assistenza nuova caratterizzata da continuità delle cure per lunghi periodi e dalla necessità di migliorare la qualità della vita delle persone con diabete, tra le quali la istituzione di una Commissione Nazionale sulla malattia diabetica con l’obiettivo generale di migliorare la tutela delle persone a rischio di diabete e con diabete e di favorire percorsi che garantiscano uniformità di risposte e continuità assistenziale. Obiettivi specifici iniziali sono stati l’analisi della situazione esistente e delle sue criticità, la definizione delle possibilità di miglioramento, il riesame dell’atto di intesa Stato-Regione e degli allegati tecnici del 1991 e, infine, la definizione di una proposta di Piano Nazionale per il Diabete. Direzione Generale della Programmazione In un ottica di miglioramento della tutela della persona con diabete, l’individuazione di punti di criticità negli attuali modelli assistenziali diventa uno strumento necessario per programmare interventi utili per indurre opportuni cambiamenti o per mi77 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 78 gliorare alcune attività fondamentali nell’assistenza diabetologica. Con una indagine conoscitiva attuata in collaborazione con le Associazioni dei malati, si erano rilevate alcune criticità nel percorso assistenziale del soggetto con diabete, tra cui la scarsa attività fisica. Tale criticità è stata poi riscontrata anche in due studi successivi: lo studio Quadri e il progetto DAWN. La proposta di Piano Nazionale Diabete, in fase avanzata di elaborazione, tenendo conto sia delle indicazioni tecnico scientifiche che assistenziali attuali, individua soluzioni migliorative nel rispetto delle diverse modalità organizzative regionali, prevedendo la definizione di obiettivi ampi, di linee strategiche per specifici interventi e di modelli di miglioramento della efficacia dell’assistenza diabetologia, prendendo in considerazione diversi aspetti tra i quali l’attività fisica. Sappiamo che evidenze epidemiologiche dimostrano come l’adozione di uno stile di vita più sano e dell’esercizio fisico (con valutazione dell’intensità, quantità e frequenza) siano importanti nel prevenire la malattia o ritardare il sorgere delle complicanze, consentendo al Servizio Sanitario Nazionale vantaggi da un punto di vista economico (rispetto ai costi del trattamento del diabete e delle sue complicanze), e alla persona a rischio e con diabete di usufruire di un trattamento con scarsi o assenti effetti collaterali, ma rilevante rispetto alla promozione della salute e del benessere in generale (riduce l’obesità, i lipidi sierici, la pressione arteriosa, ecc.). 78 Direzione Generale della Programmazione Naturalmente è necessario che la ricerca continui in questo campo con l’approfondimento della conoscenza degli aspetti fisiopatologici e genetici che insieme all’ambiente agiscono sui risultati, attraverso l’implementazione di studi che possano ancora di più evidenziare il ruolo fondamentale dell’esercizio fisico nel miglioramento dei parametri biometrici, endocrinometabolici e clinici e che diano ulteriori risposte sui vantaggi sia in termini di prevenzione che di riduzione delle complicanze micro-macrovascolari del diabete. Al tempo 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 79 terventi strutturati, volti a implementare l’esercizio fisico, tenendo conto della struttura del nostro Sistema Sanitario, l’urbanistica delle nostre città, la storia e le abitudini della nostra popolazione. Direzione Generale della Programmazione stesso potrà essere utile valutare meglio il ruolo dei polimorfismi genetici e la loro associazione nella persona dismetabolica, evidenziando al tempo stesso l’eventuale loro importanza nella risposta all’esercizio fisico e nella adozione delle terapie farmacologiche intercorrenti. Attualmente gli interventi indirizzati a favorire l’esercizio fisico rimangono ancora, a livello locale, inadeguati o completamente assenti. Pertanto nella definizione dei modelli assistenziali di tutela della persona a rischio di diabete o con diabete, sarebbe utile inserire in79 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 80 Donato Greco Capo del Dipartimento Prevenzione e Comunicazione del Ministero della Salute 20. Il Programma “guadagnare salute” I l programma Guadagnare salute approvato dal Consiglio dei Ministri e dalla Conferenza unificata, nasce dall’esigenza di promuovere e facilitare l’assunzione di comportamenti che influiscono positivamente sullo stato di salute della popolazione, modificando quei fattori di rischio che causano un gran numero di morti premature per malattie cardiovascolari, tumori, malattie respiratorie, diabete e che, comunque, determinano una cattiva qualità della vita ed un notevole aumento delle spese sanitarie e sociali nel nostro Paese. Secondo i dati dell’OMS, infatti, l’86% delle morti, il 75% delle spese sanitarie in Europa e in Italia, sono determinate da patologie croniche che hanno come minimo comune denominatore 4 principali fattori di rischio: fumo, abuso di alcol, scorretta alimentazione e inattività fisica. 80 “Guadagnare salute” rappresenta, dunque, il primo documento programmatico finalizzato alla realizzazione di interventi per la tutela e la promozione della salute pubblica, concordati fra livelli istituzionali e di governo. Obiettivo primario è agire su questi 4 principali fattori di rischio, al fine di migliorare la salute dei cittadini, eliminare disuguaglianze sociali e, al tempo stesso, continuare a garantire la sostenibilità del Sistema sanitario, in termini economici e di efficacia. Per raggiungere questi obiettivi, tuttavia, è necessario diffondere una nuova cultura della salute, a partire dagli individui, che devono diventare protagonisti e responsabili della propria qualità di vita. Ma è altrettanto indispensabile che il Governo, nella sua globalità, metta in campo ed attui delle strategie che sostengano e favoriscano le scelte di vita salutari di ogni persona. Una delle novità del Programma intersettoriale è, appunto, la sinergia di vari Ministeri, per dare maggior credibilità ai messaggi da veicolare, consolidare il rapporto tra cittadini e istituzioni, assicurare un’informazione univoca e completa e favorire la conoscenza dei progetti di diversi Ministeri ed Enti interessati, realizzando una vera e propria Piattaforma nazionale della salute. E’ necessario, però, anche il coinvolgimento delle Amministrazioni Regionali e locali, del Servizio sanitario, del mondo della scuola, del mondo imprenditoriale e associativo: bisogna arrivare ad un’intersettorialità che abbia come fine quello di garantire a tutti una miglior qualità della vita, ossia permetta di “guadagnare salute”. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 81 Tale programma si realizzerà concretamente anche attraverso campagne informative, a cui si darà la più ampia risonanza con tutti mezzi di comunicazione. La comunicazione sarà basata sulla trasmissione di concetti e messaggi semplici ma incisivi, in grado, con il tempo, di creare una “assuefazione” positiva e duratura. Si attueranno iniziative all’interno delle scuole, coinvolgendo innanzi tutto i docenti e i ragazzi, al fine di conoscerne gli stili di vita e di agire correggendo i comportamenti ritenuti sbagliati. Partendo dalla scuola si potranno raggiungere anche i genitori, diffondendo così anche in famiglia abitudini salutari. Se si riuscirà a fare un buon lavoro fin dalla scuola primaria, in quanto i bambini sono in grado fin da piccoli di acquisire conoscenze e recepire concetti, si avranno maggiori possibilità di avere domani adulti che hanno appreso comportamenti e stili di vita adeguati, in grado di trasferirli nel proprio ambiente familiare, lavorativo e di relazioni sociali. Anche i luoghi di lavoro saranno coinvolti nel Piano, attivando nuovi modelli e soluzioni che avranno influenze positive non solo in ambito lavorativo, ma in generale sulle abitudini di vita. Bisogna, in conclusione, cambiare tutti mentalità, riconoscendo che un corretto stile di vita determina una buona qualità della vita. Facilitare le scelte salutari è, quindi, la sfida per il prossimo futuro. Occorre investire nella prevenzione, ma è necessario, soprattutto, far maturare nel paese un approccio rivoluzionario alla “salute”, che diventa così responsabilità di tutti e non solo del mondo sanitario. Un primo segno di questa volontà di concretezza è stato, il 3 maggio 2007, alla presenza del Presidente del Consiglio Romano Prodi, la firma di protocolli d’intesa tra il Ministro della Salute Livia Turco ed i rappresentanti di 22 organizzazioni appartenenti al mondo delle imprese, del sindacato e dell’associazionismo. Questi impegni formali rappresentano il primo passo nella giusta direzione e sono il segno evidente di una volontà comune. Tutti i rappresentanti delle organizzazioni coinvolte, infatti, si sono impegnati, nei loro rispettivi ambiti, a realizzare alcune iniziative specifiche quali, ad esempio, la sorveglianza sulla qualità e il controllo dei cibi nelle mense scolastiche, aziendali e ospedaliere; la ricerca di dinamiche dell’offerta volta alla diffusione di alimenti in linea con i comportamenti salutari, la progressiva eliminazione di messaggi pubblicitari ingannevoli e distorti in modo da garantire la tutela dei consumatori, in particolare dei bambini. Il percorso è stato avviato, ma abbiamo bisogno di grande determinazione per conseguire i risultati auspicati e per condividere con i cittadini gli obiettivi del Piano. E’ bene, quindi, metterne in luce la fattibilità, attraverso la presentazione di esperienze positive già in corso, per stimolare sempre più, tra gli attori dei diversi settori coinvolti, il percorso della programmazione condivisa e della collaborazione fra istituzioni, amministrazioni, comunità territoriali. 81 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 82 Chiara Di Loreto Università degli Studi di Perugia Dipartimento di Medicina Interna a Scienze Endocrine e Metaboliche 21. Protocollo d’intesa tra il Ministro della Salute e il Ministro delle Politiche Giovanili e le Attività Sportive O besità, sindrome metabolica e diabete mellito di tipo 2 sono condizioni patologiche in crescente aumento e non solo nelle fasce di età classicamente a rischio (over 50), ma anche in età adolescenziale. Considerato che a questo incremento contribuisce soprattutto la diffusione nella popolazione italiana di uno stile di vita sedentario e l’impatto economico attuale e futuro del diabete, nell’ottobre 2007 è stato stilato un protocollo d’intesa tra il Ministero della Salute e il Dipartimento per le Politiche giovanili e le attività sportive, al fine di promuovere interventi per migliorare stile e qualità di vita degli italiani, in linea con il documento programmatico “Guadagnare Salute: rendere facili le scelte salutari”. 82 Con particolare riferimento all’incentivazione della pratica sportiva nella popolazione generale, nel documento i due Ministeri si impegnano a: – promuovere iniziative di formazione e comunicazione volte a sensibilizzare la popolazione ed in particolare i giovani sulla rilevanza di uno stile di vita attivo, quale efficace strumento per la prevenzione dei rischi per la salute; – favorire la diffusione e la qualità dell’attività motoria, anche a livello amatoriale, attraverso azioni concordate con i professionisti della salute miranti all’orientamento nell’attività fisica e alla prevenzione dei rischio, nonché attraverso l’individuazione di azioni, anche a carattere sperimentale, per la verifica periodica delle condizioni di salute necessarie per l’esercizio in sicurezza dell’attività motoria; – favorire la condivisione di conoscenze ed esperienze a livello locale, regionale, nazionale ed europeo, al fine di promuovere lo sviluppo delle buone prassi; – favorire a livello regionale la costituzione di una rete integrata di referenti del settore sanitario e dello sport, per sviluppare una programmazione congiunta e la diffusione delle buone prassi. Per rendere operativi questi propositi i due Ministeri prevedono le seguenti azioni: – progetti sperimentali tesi a promuovere e migliorare l’attività motoria nelle diverse fasi dello sviluppo del bambino e dell’adolescente, d’intesa con l’organizza- 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 83 zione scolastica, con gli enti territoriali e con i soggetti dell’organizzazione sportiva; – iniziative di informazione e comunicazione sulle finalità del Programma “Guadagnare salute” da realizzare nell’ambito di eventi sportivi d’intesa con i soggetti preposti all’organizzazione degli eventi stessi; – progetti sperimentali di certificazione e di monitoraggio della salute della popolazione dedita all’attività sportiva amatoriale e dilettantistica, d’intesa con gli enti territoriali e con i soggetti dell’organizzazione sportiva, anche attraverso il sostegno dell’attività di ricerca specialistica; – eventi a carattere nazionale, d’intesa con gli enti territoriali e con gli altri soggetti interessati, volti a richiamare l’attenzione sulla realizzazione dei cosiddetti “percorsi di salute” in ogni ambiente di vita e di lavoro; – monitoraggio dei messaggi pubblicitari e mediatici che veicolano modelli di identità e comportamenti socio-culturali in contrasto con i principi e gli obiettivi del presente protocollo d’intesa E’ stato istituito un Comitato paritetico costituito da 4 membri del Ministero della Salute e 4 membri del Dipartimento per le Politiche giovanili e le attività sportive per predisporre il programma annuale delle attività da realizzare, verificare, integrare e correggere le azioni intraprese, valutare i risultati conseguiti e curare la diffusione degli stessi. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 84 Prof. Vincenzo Scotti Presidente della Link University di Malta 22. Da un punto di vista politico Costruire una spinta politica al cambiamento L’insorgere di nuove sfide globali per la salute L’ economia mondiale sta cambiando e i paesi dell’Unione Europea sanno che devono anch’essi cambiare. E’ iniziata la ricerca di un nuovo modello “sociale” che non rinneghi l’importante principio della solidarietà ma che sia compatibile con i cambiamenti economici, finanziari, politici e istituzionali nell’insieme noti come globalizzazione. In Europa non c’è crescita demografica; l’aspettativa di vita è in rapido aumento mentre il tasso di crescita economica è in diminuzione. Cresce il costo delle pensioni, della salute e dei servizi sociali ma non la ricchezza e di conseguenza le filosofie di vita e le soluzioni del 84 secolo scorso non sono adatte alle sfide odierne. Per usare una metafora, gli attuali governi sono come marinai che devono cambiare la struttura della loro nave in mezzo all’oceano in tempesta. Non possono portare la nave in cantiere sulla terra ferma. Mentre monta la tempesta, devono rimodellare la loro nave usando materiali vecchi e nuovi. La strada più semplice da intraprendere è ridurre la spesa pubblica destinata al welfare mentre quella più impegnativa è cambiare il tipo e i contenuti del welfare per renderlo compatibile con le condizioni dell’attuale sviluppo globale. La questione delle CNCD La questione delle Malattie Non Infettive (CNCD) richiede i suddetti cambiamenti radicali nella programmazione e distribuzione dei fondi, come l’ex Primo Ministro inglese Tony Blair ha indicato nel suo rappporto all’Esecutivo Europeo durante la sua presidenza. Le malattie croniche stanno cambiando e con esse sta cambiando ad un tasso sorprendentemente veloce il profilo mondiale delle patologie, soprattutto nei paesi a medio ed alto reddito. Le idee a lungo sostenute sulla natura delle malattie croniche non sono più valide. Anche se permane il rischio che malattie contagiose come la tubercolosi possano dilagare, le epidemie del futuro non somiglieranno a quelle del passato Una Malattia Non Infettiva come il diabete potrebbe certamente diventare la peggiore pandemia del ventunesimo secolo. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 85 Effective prevention at all levels Non possiamo separare gli aspetti economici da quelli dello sviluppo sociale e della salute; dobbiamo affrontare la sfida con una strategia coerente. La politica deve valutare costi e benefici della spesa globale attingendo a tutto ciò che lega la produzione e distribuzione della ricchezza e viceversa; il destino delle generazioni future con le attuali, e il destino dei ricchi e dei poveri, sia in termini di popoli che di nazioni. Le politiche pubbliche devono prevenire il più possibile le CNCD e così facendo, promuovere un invecchiamento in salute ed evitare morti premature. La sfida del diabete Si potrebbe pensare che sia meglio vivere con il diabete che morire di tubercolosi, ma il diabete riduce l’aspettativa di vita e provoca numerose invalidità come cecità e perdita degli arti. Inoltre il diabete ha un enorme impatto sulla salute e sui sistemi di welfare poiché ne soffre in maniera significativa la popolazione economicamente attiva. Comunque, attualmente le misure di prevenzione occupano una minima parte nel bilancio del sistema sanitario poiché i servizi sanitari sono orientati alla cura. I governi hanno il dovere di aiutare i loro cittadini nel perseguire longevità e salute ed un’azione comprensiva sulle principali cause e condizioni del diabete può diminuire il peso delle morti premature, della malattia e dell’invalidità. Investire nella prevenzione e nel miglioramento del controllo migliorerebbe la qualità della vita e il benessere della gente e delle società. Il costo della cura è alto ma sarebbe maggiore se non si agisse! Coloro che oggi detengono il potere non saranno perdonati se non cambieranno il corso della storia. Recommendations of international bodies National diabetes agencies Local level Gli aspetti sociali richiedono attenzione I governi nazionali e locali, i medici e la società civile devono assegnare risorse per l’informazione sul diabete, per l’addestramento preventivo in vista di una potenziale pandemia e per promuovere e sostenere uno stile di vita sano e la cultura del benessere. La Conferenza dell’Unione Europea sulla Prevenzione del Diabete di Tipo 2 tenutasi a Vienna nel Febbraio 2006 ha fornito ai paesi membri una strategia in quattro punti, ovvero sviluppare e realizzare dei Piani Nazionali per il Diabete, identificare e rendere minimo l’impatto economico del diabete sulla popolazione economicamente attiva, promuovere uno stile di vita sano, un corretto regime alimentare e l’attività fisica, e prepararsi alla pressione che i sistemi sanitari subiranno a causa dell’espansione della malattia. La stessa Conferenza ha sottolineato la necessità di due elementi fondamentali affinché tutto questo accada, cioè la costituzione di un Forum permanente dell’Unione Europea per lo scambio delle migliori pra85 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 86 Effective strategic approach: six key messages to guide action tiche, e l’avvio di una strategia inter-settoriale per la prevenzione della malattia. Il Diabete non è solo una questione di ambito sanitario ma interessa agricoltura, istruzione e trasporti. Un approccio concentrato di collaborazione inter-settoriale I politici devono tenere a mente che quello del governo è un ruolo critico e una vasta classe di stakeholder deve essere coinvolta a tutti i livelli in un processo decisionale chiaro. Inoltre, la più grande conquista della salute sta nel ridurre le disparità sociali e i paesi devono costruire su ciò che già possiedono. Una strategia di carattere politico sul diabete dà l’opportunità di creare una struttura aggregante o un “ombrello” che congiunga i singoli componenti verso un traguardo comune. I governi hanno bisogno di un approccio politico concentrato e nessun gruppo o singola organizzazione può affrontare una problematica di salute pubblica così complessa. Pertanto, c’è una forte motivazione a creare un’agenzia governativa chiaramente definita che si occupi del diabete, che fornisca una gestione inter-ministeriale della lotta al diabete e che lavori con le organizzazioni internazionali, con la società civile e col settore privato. Un nuovo accordo globale sul diabete è un investimento a lungo termine per il nostro futuro e per quello dei nostri figli. 86 Prevention throughout life ¬ effective ¬ investment in health Society ¬ create health-supporting environments Health and medical services People ¬ promote their own health ¬ interact with health services ¬ respond to disease burden ¬ increase health promotion Equity in health Governments ¬ access to heath promotion, disease prevention, and health service ¬ build healthy public policies ¬ ensure action across all sectors Cross-sector partnerships model KOLs ¬Education ¬ Research ¬ Guidelines ¬ Professional Training ¬ Ethical issues CULTURAL SECTOR PUBLIC SECTOR Public Institutions University y Scientific Community Lay Society Non profit For Profit COMPANIES ¬ Business performance ¬ Customer service ¬ Medical & Regulatory affairs ¬ New markets ¬ Corporate social responsibility HEALTH CARE AUTORITY ¬ Governance ¬ Responsibility ¬ Accountability ¬ Healthcare programme PRIVATE SECTOR SOCIAL SECTOR PATIENT ASSOCIATION & NGOs ¬ Services ¬ Advocacy ¬ Witnessing ¬ Patients rights Global Changing Diabetes Forum New York. Executive Summary. 2007 Il Professor Scotti Il Professor Vincenzo Scotti è Presidente della Link Campus University di Malta. Dal 1969, per 26 anni ha tenuto corsi di Sviluppo Economico presso la L.U.I.S.S. di Roma, dopodiché è stato professore in visita presso l’Università di Malta, organizzazione per la quale ha fondato la filiale Italiana. La sua illustre carriera politica è cominciata nel 1968 con l’elezione quale membro del Parlamento Italiano per la Democrazia Cristiana. I suoi incarichi ministeriali sono stati quelli di Sottosegretario di Stato al Ministero delle Finanze, Ministro del Lavoro, Ministro per le Politiche Comunitarie dell’Unione Europea, Ministro dei Beni Culturali e Ambientali, Ministro della Protezione Civile, Ministro degli Interni, e infine Ministro degli Esteri nel 1992, quando ha partecipato a Monaco al G-7 dedicato alla crisi Yugoslava. Nel 1984, è stato nominato segretario della Democrazia Cristiana e nel 1989 portavoce del Gruppo Parlamentare della Democrazia Cristiana alla Camera dei Deputati. E’stato anche Sindaco di Napoli, sua città natale. In qualità di Ministro degli Interni ha attivamente sostenuto nuove leggi per la lotta alla criminalità organizzata. Insieme con il Ministro della Giustizia degli Stati Uniti Rudolph Giuliani e con il defunto giudice Giovanni Falcone ha fondato la D.I.A. (Direzione Investigativa Antimafia), una forza di polizia specializzata anti-mafia. Attualmente, il Professor Scotti non si occupa di politica. Ha invece messo la sua esperienza al servizio del mondo accademico, in particolare nell’ambito delle Relazioni Internazionali. Le sue esperienze politiche e professionali sono state caratterizzate da capacità di mediazione, comprensione delle problematiche politiche e sociali e da una costante attività di ricerca. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 87 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 88 Simona Frontoni Università Studi Roma 2 23. Strategie per migliorare lo stile di vita dei bambini italiani il Progetto Educagiocando I l progetto Educagiocando, frutto dell’impegno di Diabete Italia in ambito preventivo/educativo, è nato con la finalità di offrire agli allievi ed ai docenti di istituzioni scolastiche di varie fasce (dalla scuola primaria alla secondaria di primo grado di tre regioni pilota: Lazio, Umbria, Emilia Romagna) un percorso informativo (con 5 livelli di complessità) sulle tematiche del consumo consapevole e degli stili di vita tutto gestito attraverso una piattaforma on-line. Un percorso pedagogico strutturato come un questionario a risposte chiuse con l’attribuzione di punteggi per le risposte date e l’apertura di schede di recupero a fronte di performance 88 non idonee per passare di livello. Al termine del gioco, con premi intermedi tra un livello e l’altro, viene offerto un profilo che tenga conto dei dati antropometrici riferiti al momento della registrazione e dei risultati ottenuti in ogni livello. L’architettura dell’intero progetto è volta a promuovere nei docenti un modus operandi che si integri con la propria didattica favorendo così l’acquisizione di dati su un ampio spettro di ambiti del sapere, potendo gestire un feedback didattico appropriato rispetto ai pregiudizi o misconception degli allievi sulle tematiche del consumo consapevole e dell’educazione al movimento. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 89 Al progetto Educagiocando hanno aderito 92 docenti, registrati come tutor, e 60 classi, di cui solo 52 hanno terminato l’intero percorso (per un totale di 1040 bambini) e 8 che si sono bloccate durante il suo svolgimento (per un totale di 174 bambini). - forte motivazione all’alternanza di aspetto ludico e impegnato nella gestione del percorso; - raccolta di dati importante sulle conoscenze e sugli stili di vita in una fascia di età cruciale; didattici-educativi; - forte interesse delle famiglie che desiderano un coinvolgimento maggiore. - partnership attiva con i docenti che hanno sfruttato appieno il sistema con conseguente ritorno in termini Elementi di sviluppo per una continuità La sperimentazione di Educagiocando apre la strada Criticità del sistema Durante il percorso sperimentale sono state rilevate le seguenti difficoltà operative (grazie al questionario di Customer satisfaction) che sono la base per attività di miglioramento: - livelli di alfabetizzazione informatica dei docenti non sempre adeguata e diffusa; - livelli di accesso scolastico alla rete non sempre garantito ed affidabile; - difficoltà a svolgere una rilevazione antropometrica efficiente (burocratica e tecnica); - sistema in fase sperimentale oneroso per i docenti che, a garanzia della privacy, dovevano gestire la classe virtuale con opportuni accorgimenti (più tempo dedicato); - sotto utilizzo delle opportunità didattiche di feedback nella visualizzazione dei report della classe sotto forma di tabelle excel (poca dimestichezza con dati). Aspetti positivi Tra gli aspetti positivi rilevati: 89 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 90 ad una serie di miglioramenti strutturali e all’introduzione di novità che rendano il percorso ancora più significativo e facilmente accessibile. A questo proposito si vanno a delineare le seguenti implementazioni del progetto: attivazione di tre sezioni: bambini, genitori, docenti sezione bambini caratterizzata da: Le tre sezioni potranno essere attivate direttamente con una registrazione da fare direttamente alla piattaforma con un modulo elettronico ed attribuzione diretta di username e pw. Il sistema dovrà permettere una tracciabilità dei percorsi svolti e dei dati significativi per ogni accesso. Anche in questo caso l’interesse è quello di poter offrire agli utenti uno spazio di confronto e di supporto permettendo loro di interagire e di far emergere pregiudizi. - scheda personale di autodescrizione (io sono così) percorso 1: Il mio Mondo (dove vivo e cosa faccio) percorso 2: Le domande della Sfinge (cosa so e cosa non so, con richiamo al progetto sperimentale) e giochi premio percorso 3: Giochiamo a: Come aiutare un alieno a diventare un essere umano in forma (gioco di ruolo in cui decido di essere di volta in volta un medico, un allenatore, ecc. e fornisco i consigli giusti all’alieno per essere un umano in forma) tà motoria spazio Joiness just in time (il trainer personalizzato con tabelle di allenamento e strategie per adulti che escono o non escono di casa) sezione docenti caratterizzata da: percorso 4: Joiness (il trainer personalizzato con tabelle di allenamento e strategie per chi esce e per chi non esce di casa) aggiornamento professionale con: materiale didattico, corsi di informazione, schede operative sezione genitori caratterizzata: news di aggiornamento su tematiche di educazione al consumo consapevole, attività fisica e salute news di aggiornamento su tematiche di educazione al consumo consapevole e salute corso di informazione su: acquisti, ricette, igiene alimentare, psicologia del consumo, attività motoria spazio di consulenza l’Esperto risponde: nutrizione, industria alimentare, psico-pedagogia, medicina, attivi90 forum per la condivisione di esperienze classe virtuale per esercitazioni on-line con gli allievi (vedi sperimentazione) e report statistico chat con esperti Fitness for teachers (il trainer personalizzato con tabelle di allenamento e strategie per docenti che vivono il cambiamento come sfida) 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 91 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 92 Pierpaolo De Feo Direttore Centro CURIAMO (Centro Universitario di Ricerca Interdipartimentale Attività Motoria) Università degli Studi di Perugia 24. Strategie per migliorare lo stile di vita della popolazione adulta italiana il Progetto “Io Muovo la Mia Vita” I l progetto sperimentale “Io Muovo la Mia Vita” (www.iomuovolamiavita.diabeteitalia.it) è promosso dal Gruppo Attività Fisica di Diabete Italia con il Centro Marathon di Brescia del Dott. Gabriele Rosa. L’obiettivo del progetto è sensibilizzare l’opinione pubblica sull’efficacia dell’attività fisica aerobica per curare obesità e diabete mellito di tipo 2 (DM2). Grazie al supporto dei media (giornali, TV, sito web di Diabete Italia) viene raccontata una sfida che dura 1 anno: un gruppo di persone con solo obesità, o con obesità e DM2 ed i loro medici partendo da zero comincia sotto la guida di uno dei più grandi esperti al mondo di maratona (Dott. Gabriele Rosa di Brescia) un programma che li porterà attraverso tappe intermedie (10 km a marzo, 92 21 km a giugno, 32 km ad Ottobre) a tentare di completare la maratona di Milano (2 dicembre 2007). L’impresa maratona viene proposta per attirare l’interesse dell’opinione pubblica e con il fine di far passare il messaggio che tutti possono ritenere fattibile : “Una moderata attività fisica come camminare 4-5 km al giorno, tutti i giorni, serve a curare obesità e diabete”. Quindi la maratona è solo una scusa per promuovere nella popolazione sedentaria ed obesa un’attività fisica compatibile con la condizione di obesità e/o DM2. La sfida maratona serve a rinforzare da un punto di vista emotivo la convinzione che chi si impegna grazie alla costanza può ottenere risultati impensabili. Nella sfida i medici non sono spettatori passivi ma si mettono in gioco al pari delle loro persone con diabete per testimoniare al meglio che credono nella validità del messaggio. Sono coinvolti 18 Centri Diabetologici universitari, ospedalieri e territoriali distribuiti in modo omogeneo in tutta Italia. Ogni centro partecipa con 3 persone: 1 medico, 1 soggetto con obesità viscerale ed 1 con DM2 (di durata 1-5 anni), in più partecipano come testimonials Dario Laruffa, giornalista conduttore TG2 RAI nazionale e lo scrittore Giannermete Romani che sta curando la stesura di un libro su tutta la storia. L’età dei partecipanti è compresa tra 20 e 65 anni. Abbiano iniziato il progetto ad Ottobre 2006 con 56 persone seguite per la preparazione atletica dal Centro Marathon di Brescia con test da sforzo e curva acido lattico. A inizio e fine esperienza sono determinati la com- 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 93 posizione corporea, i principali fattori di rischio cardiovascolare e la dott.ssa Natalia Piana coinvolge i partecipanti con le tecniche dell’autobiografia narrativa. Da un punto di vista del counseling per l’attività fisica, la novità delle strategie per indurre la modifica del comportamento, sperimentate per la prima volta con il progetto Io Muovo la Mia Vita, sono l’uso dell’autobiografia narrativa, finora utilizzata per favorire l’accettazione di una condizione patologica, e la visibilità data ai singoli partecipanti, ciascuno dei quali è testimonial del progetto nella sua area geografica. La responsabilizzazione dei partecipanti con una valenza non solo personale ma pubblica aumenta fortemente l’adesione all’attività fisica ed al gruppo che si muove compatto verso l’obiettivo maratona. È prevedibile che non tutti ce la faranno a completare i 42 km della maratona ma è sicuro che tutti proveranno a cambiare la loro vita di sedentari, in quanto si sentono al centro della gestione della loro patologia (obesità o diabete). Per approfondire questi aspetti è utile la lettura delle impressioni dei partecipanti riportate con l’autobiografia narrativa nel sito web del progetto: www.iomuovolamiavita.diabeteitalia.it. 93 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 94 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 95 LA MOTIVAZIONE ALL’ATTIVITÀ FISICA 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 96 Aldo Maldonato DESG Gruppo di Studio per l’Educazione Terapeutica 25. Diabete e Attività Fisica il ruolo dell’Educazione Terapeutica L’ Educazione Terapeutica delle persone con diabete (ETP) costituisce l’anello centrale della catena che, dalla ricerca scientifica e dalle conseguenti linee-guida mediche, conduce ai necessari cambiamenti di comportamento delle persone con diabete. Nel campo dell’attività fisica, la scienza medica ci presenta scenari diversi per i due tipi di diabete: nel caso del diabete tipo 2 l’attività fisica è un elemento centrale della terapia, raccomandata a tutti per la sua capacità di ridurre la resistenza all’insulina e aiutare il dimagrimento; nel caso del diabete tipo 1, invece, può rappresentare una “complicazione” della terapia insulinica, una variabile in più da un giorno all’altro di cui dover tenere conto, ma è ugualmente consigliata a tutti per i suoi effetti benefici 96 sulla salute e sulla prevenzione del rischio cardio-vascolare, anche quando le caratteristiche dell’attività prescelta rispondano più a esigenze di piacere e migliore qualità di vita della persona con diabete che non di salute biologica intesa in senso stretto. La sfida dell’ETP sul fronte dell’attività fisica è dunque articolata e molteplice, e negli ultimi anni il concetto stesso di ETP è evoluto grazie a un approccio sempre più attento alle reali esigenze delle persone con diabete e all’adozione di un nuovo sapere pedagogico, aperto al paradigma della complessità e capace di farvi fronte (1). Questa rinnovata ETP non è più direttiva e non è solo istruttiva come in passato, ma mira ad accrescere nelle persone con diabete auto-consapevolezza, capacità decisionale e motivazione, stimolando e generando cambiamento. In Italia si sono realizzate numerose iniziative educative volte a promuovere l’attività fisica nel diabete tipo 2, descritte in dettaglio in altre parti del Barometro. Fra le più significative, ricordiamo la ricerca del gruppo diretto dal prof. De Feo che ha dimostrato un aumento dell’attività abituale perdurante per due anni. Un altro progetto molto interessante è “Io Muovo la Mia Vita” che coinvolge medici diabetologi e persone con diabete obesi e diabetici abitualmente sedentari con l’obiettivo di arrivare a correre insieme una maratona. Il significato educativo di questo progetto è l’auspicato effetto trainante sulla persone con diabete tipo 2, indotto dalla provocazione rappresentata dall’impresa e dalle testi- 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 97 monianze dei partecipanti che verranno raccolte in un libro. Altri esempi sono il progetto IDES, basato sul raggiungimento della Fitness Metabolica grazie a uno specifico allenamento progressivo, e il progetto Romeo, basato sul counseling in gruppo. Nel caso del diabete tipo 1, un risultato ormai acquisito è stato l’abbattimento delle barriere burocraticoamministrative che ancora pochi anni fa ostacolavano la pratica sportiva dei giovani. Rimangono sacche di pregiudizi e ignoranza, spesso causa di sofferenza e frustrazione. Contrastarle è uno degli obiettivi delle grandi imprese sportive compiute da giovani con diabete. Se Marco Peruffo sale a 8000 metri in totale autonomia, se Monica Priore compie a nuoto la traversata dello stretto di Messina, se Mauro Talini percorre in bici i 5300 Km da Lucca a Capo Nord (per citare solo alcuni degli exploit più recenti), uno dei loro obiettivi è dimostrare quanto è sbagliato considerare il diabete una condizione limitante. Un altro obiettivo è testimoniare l’importanza del buon controllo per vivere al meglio, e provare con il loro esempio che l’autocontrollo è realizzabile anche in circostanze avverse. Questo messaggio, amplificato dalla risonanza dell’impresa, ha più chance di essere ascoltato dai giovani, e anche dalle persone con diabete tipo 2. Un altro ritorno educativo delle grandi imprese sportive è l’effetto trainante – non certo verso l’impresa estrema – ma verso la pratica regolare di uno sport, specialmente se aerobico come l’escursionismo, il nuoto o il ciclismo degli esempi citati. Una ETP modernamente intesa ha come obiettivo, oltre a diffondere conoscenza, favorire la motivazione al cambiamento. Questa sfida non è semplice e viene affrontata opportunamente adottando strategie convergenti. Un ruolo importante è svolto dalle associazioni di persone con diabete, particolarmente da quelle finalizzate all’attività fisica che, insieme alle pubblicazioni e ai siti web dedicati, consentono quello scambio di esperienze fra pari, che è considerata una spinta motivazionale molto efficace. In quest’ottica sono orientati anche i setting residenziali dell’ETP, cioè i campi-scuola o i week-end lunghi, sia per giovani che per adulti. In queste occasioni formative, oltre allo scambio fra le persone con diabete, le leve più efficaci sono risultate il “fare insieme” – grande test di credibilità per gli operatori sanitari – e l’approccio autobiografico (descritto in altra parte del Barometro). BIBLIOGRAFIA 1. Golay A, Bloise D, Maldonato A: The education of people with diabetes. In Pickup J, Williams G: Textbook of diabetes mellitus. Blackwell Science, Oxford, 2003. pp 38.1-38.13 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 98 Chiara Di Loreto Università degli Studi di Perugia Dipartimento di Medicina Interna a Scienze Endocrine e Metaboliche 26. Il counseling individuale C ounseling è un termine inglese che significa “consiglio, parere, terapia”. Esso rappresenta nell’educazione terapeutica un importante strumento relazionale, un processo di dialogo e reciprocità tra due persone mediante il quale un “consulente” aiuta chi lo consulta a prendere delle decisioni, ad agire in rapporto a queste e fornisce un’attenta informazione e un adeguato sostegno tecnico-psicologico. Non c’è, pertanto, strumento più appropriato da utilizzare quando si vuole indurre una modifica del comportamento. In questo ambito counseling e colloquio motivazionale diventano sinonimi. Originariamente proposto per il trattamento delle dipendenze, il colloquio motivazionale è descritto come “una strategia centrata sulla persona con diabete che viene consigliato ad esaminare e a risolvere le incertez- ze nei confronti della modifica del suo comportamento”. Durante il colloquio motivazionale vengono esplorati i sentimenti di conflitto relativi a un comportamento sbagliato. Attraverso un ascolto riflessivo e domande aperte il soggetto viene incoraggiato ad esprimere le proprie motivazioni, la soluzione dei problemi ai propri limiti, per cambiare e formulare nuovi traguardi. Dai contributi di questo volume risulta ormai chiaro quanto importante sia incrementare i livelli di attività fisica se si vogliono prevenire e/o curare le malattie metaboliche. Tuttavia la sedentarietà continua ad aumentare e diventa fondamentale trovare le chiavi di lettura che inducano ad uscire da questa condizione, soprattutto soggetti ad alto rischio come le persone con diabete. Nel counseling l’approccio è incentrato sull’individuo ed è semi-strutturato con delle variabili che dipendono dalle caratteristiche dell’individuo. Il counseling per l’attività fisica è costituito da una discussione vis a vis con la persona con diabete che ingloba una serie di strategie per promuovere e mantenere l’attività fisica. Lo stile di vita del consulente è importantissimo, dal momento che il consiglio sulle abitudini di vita da parte di medici che hanno un corretto stile di vita ha più efficacia rispetto al consiglio che parte da medici con un cattivo stile di vita. Nel 2003 il nostro gruppo ha pubblicato e validato una strategia di counseling individuale di tipo cognitivocomportamentale che garantisse l’adesione e il mante- 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 99 nimento a lungo termine ad un programma strutturato di attività fisica in soggetti con diabete mellito di tipo 2. I partecipanti del gruppo di intervento ricevevano un colloquio motivazionale iniziale della durata di almeno 30’ in cui venivano seguiti i punti riportati nella allegata check list. Seguivano un contatto telefonico a un mese di distanza e successive visite ambulatoriali a cadenza trimestrale per garantire l’adesione a lungo termine. Il gruppo di controllo riceveva l’abituale trattamento in forma di consigli educativi generici. Dopo due anni il gruppo di intervento documentava un incremento di sette volte nei livelli di attività fisica, oltre ad una significativa riduzione del peso e del controllo glicemico. L’analisi post-hoc dell’intervento dimostrava che maggiori erano i livelli di attvità fisica praticati nel tempo libero, maggiori erano i benefici in termini di salute e di risparmio di spesa per farmaci. Per cambiare comportamento una persona dovrebbe percepire un incentivo, così il counseling dovrebbe essere individualizzato in modo da convincere la persona con diabete che un’attività fisica regolare rappresenta la giusta strategia per raggiungere i propri traguardi (calo ponderale, miglioramento delle glicemia, guarigione dal diabete). Nel diabete di tipo 2 la maggior parte delle consulenze per l’attività fisica è stata realizzata dal diabetologo. Questo intervento richiede sicuramente molto più tempo di una generica visita diabetologica e ci si interroga su quale figura professionale possa svolgerlo nella maniera più idonea. Il nostro parere è che il diabetologo esperto di tecniche cognitivo-comportamentali è in grado di gestire il counseling nella maggior parte dei casi in maniera efficace, soprattutto perché è la prima figura professionale cui la persona con diabete chiede la risoluzione del suo problema. L’attenzione del diabetologo, d’altro canto, deve essere massima nell’individuare disturbi della personalità che richiedono l’intervento di altre figure specialistiche (psicologo e/o psichiatra). BIBLIOGRAFIA Di Loreto et al, Diabetes Care 26: 404-408, 2003 Di Loreto et al, Diabetes Care 28: 1524-1525, 2005 D. Battistini, N. Piana, P.De Feo, G It Diabet Metab 2007, 27 99 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 100 Marina Trento Laboratorio di Pedagogia Clinica Applicata e Sperimentale, Dipartimento di Medicina Interna, Università di Torino. 27. Diabete e Attività fisica il ruolo del counseling di gruppo Premessa L’educazione terapeutica della persona con diabete ha in un certo senso un carattere rivoluzionario, in quanto basa la sua metodologia sulla concezione di un modello relazionale del tutto innovativo rispetto a quello tradizionale: la persona con diabete infatti, non è più colui che accetta passivamente una serie di prescrizioni, ma è elemento attivo e centrale di ogni tipo di intervento, che da esso trae origine e ad esso è finalizzato. 100 La Group Care U n’esperienza pilota, iniziata nel gennaio del 1996 e condotta a Torino (1-3), ha ideato, costruito e sperimentato un modello assistenziale ritenendo che la persona cronica abbia principalmente bisogno di partecipare ad un progetto di apprendimento permanente per migliorare le proprie condotte di salute, piuttosto che di colloqui spesso ripetitivi con l’operatore sanitario. Le persone con diabete tipo 2 non insulino trattato erano state inserite in un programma di visite di gruppo progettate con approccio sistemico finalizzate esclusivamente all’educazione terapeutica. Programma e metodologie erano state sviluppate appositamente, prescindendo quanto più possibile dalla didattica formale. Le visite individuali sono esguite solo quando un intervento medico è reso necessario da problemi clinici emergenti o quando la persona con diabete lo richiede, oppure infine in occasione del check-up annuale per le complicanze. Randomizzando parte delle persone con diabete a gruppo di controllo, seguito con l’approccio medicopersona con diabete tradizionale, è stato possibile dimostrare su un periodo di 5 anni che la Group Care ha indotto un calo ponderale modesto ma sostenuto, insieme all’aumento del colesterolo HDL e alla stabilizzazione dell’emoglobina glicata, che è invece andata peggiorando nei controlli, in accordo con quanto osser- 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 101 vato nell’UKPDS (4). É’ stato possibile raggiungere questi risultati nonostante una diminuzione di dosaggio dei farmaci ipoglicemizzanti. Poiché il rischio cardiovascolare, calcolato secondo la formula di Framingham, era calato sia nelle persone con diabete seguite mediante group care che nei controlli, soprattutto in seguito a un controllo più stretto dei valori pressori, e poiché i livelli medi iniziali di HbA1c erano intorno a 7%, risulta evidente che l’assistenza educativa di gruppo aggiunge qualcosa di importante all’approccio ottimizzato multifattoriale attuato con i soli mezzi farmacologici. La valutazione degli aspetti educativi e psicologici La valutazione degli aspetti educativi e psicologici ha permesso di documentare dopo 5 anni di follow-up il progressivo miglioramento delle conoscenze delle persone con diabete sul diabete e della loro capacità di discernere situazioni di rischio e adottare in conseguenza atteggiamenti corretti con maggiore consapevolezza (3,5). L’educazione delle persone con diabete affette da malattie di tipo cronico necessita di adeguati modelli e processi clinico-pedagogici al fine di favorire l’apprendimento. Acquisire nuove condotte di salute ed un miglior stile di vita rappresenta un utile strumento per mantenere un soddisfacente controllo metabolico nel breve-medio termine e migliorare la qualità della vita. Il modello assistenziale della Group Care utilizza le attuali teorie pedagogiche nell’ambito dell’educazione dell’adulto e sperimenta continuamente modalità di interazione e di didattica per migliorare e favorire l’apprendimento delle persone adulte affette da malattie croniche. BIBLIOGRAFIA Trento M, Passera P, Tomalino M, Bajardi M, Pomero F, Allione A, Vaccari P, Molinatti GM. Porta M. Group visits improve metabolic control in type 2 diabetes. a two-year follow-up. Diabetes Care, 24, (6), 995-1000, 2001. Trento M, Passera P, Bajardi M, Tomalino M, Grassi G, Borgo E, Donnola C, Cavallo F, Bondonio PV, Porta M. Lifestyle intervention by group care prevents deterioration of type 2 diabetes: a 4-year randomized controlled clinical trial. Diabetologia 45, 1231-1239, 2002 M Trento, P Passera, E Borgo, M Tomalino, M Bajardi, F Cavallo, M Porta. A 5-year randomized controlled study of learning, problem solving ability and quality of life modifications in people with type 2 diabetes managed by group care. Diabetes Care, 27, 670-675, 2004. UKPDS Group: Intensive blood-glucose control with sulphonylureas or insulin compared with conventional treatment and risk of complications in patients with type 2 diabetes (UKPDS 33). Lancet 352: 837-853, 1998 Trento M, P Passera, V Miselli , M Bajardi , E Borgo, M Tomelini, M Tomalino, F Cavallo, M Porta, Evaluation of the Locus of Control in Patients with Type 2 Diabetes after Long-Term Management by Group Care. Diabetes & Metabolism, 32, 77-81, 2006 101 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 102 Natalia Piana Dottore in Pedagogia Università degli Studi di Milano 28. Uso dell’autobiografia narrativa per la motivazione all’autocontrollo del diabete e all’attività fisica Un passo dopo l’altro, basta mettere un piede dopo l’altro, partire, mettersi in moto e si scopre un mondo di possibilità inaspettate, di potenzialità inespresse G.R. L’ introduzione dell’approccio narrativo-autobiografico nell’educazione terapeutica delle persone affette da patologie croniche e, in particolare, da diabete mellito, ha significato in questi ultimi anni una svolta importante nel modo di pensare e agire l’educazione e la cura delle persone con diabete. Si è passati infatti da una concezione prettamente “istruttiva e tecnicistica” 102 della cura – che insegna, trasmette conoscenze e tecniche istruendo la persona con diabete alla giusta condotta – a un approccio pedagogico più globale e complesso alla persona e alla relazione di cura che interpreta e gestisce la malattia anche nelle sue componenti più soggettive, nonché nelle sue ricadute “esistenziali”. La malattia cronica, infatti, come è il diabete, rappresenta una vera e propria rottura biografica che obbliga la persona non solo a ripensarsi nella propria percezione e identità, ma anche a intraprendere un percorso di accettazione e di presa in carico di sé nella malattia. Un percorso, dunque, di educazione alla cura di sé (e non più solo della malattia) che passa anche e prima di tutto attraverso il riconoscimento e la condivisione dei propri sentimenti e vissuti legati al diabete, delle rappresentazioni, paure, difficoltà che esso comporta. In quest’ottica, narrare e ancora di più, scrivere la propria storia di malattia – esigenze, necessità, sentimenti ed emozioni legate al diabete – diventa una strategia operativa di cura di sé che consente alla persona con diabete di acquisire consapevolezza sulla nuova condizione (ricollocando la propria storia di malattia dentro una nuova immagine e percezione di sé) e di intraprendere cambiamenti importanti nelle pratiche di gestione e cura del diabete, quali, per esempio, l’autocontrollo e l’attività fisica. A questo proposito, l’esperienza autobiografica volta a educare le persone con diabete al cambiamento e alla cura di sé ha trovato recentemente realizzazione nel progetto Io Muovo la Mia Vita che ha coinvolto per un 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 103 anno un gruppo di persone con diabete con obesità e/o diabete mellito tipo 2 (e i loro medici di riferimento) in un percorso di educazione all’attività fisica culminante nella corsa della maratona di Milano. In questo progetto, l’approccio autobiografico ha rappresentato per tutti i partecipanti un’occasione di riflessione, di elaborazione di pensieri e vissuti, di racconto e scrittura dell’esperienza di malattia legata all’attività fisica e al conseguente raggiungimento dell’obiettivo Maratona. Uno sguardo dunque specificamente pedagogico, a integrazione di quello medico, volto a valorizzare l’esperienza interiore, i vissuti e le testimonianze legate al movimento, all’allenamento, al cambiamento fisico ma anche psichico: una voce – orale e scritta, individuale e corale – da ascoltare e leggere insieme per fissare le tappe, le evoluzioni, le percezioni, le trasformazioni rispetto a sé, agli altri, alla malattia, alla cura. Per un anno, a cadenza mensile, abbiamo coinvolto i partecipanti in proposte di scrittura e di racconto di sé, lavorando sulle rappresentazioni e le percezioni legate alla malattia e al rapporto personale con l’attività fisica. Attraverso la scrittura autobiografica, e grazie alla disponibilità dei partecipanti a raccontarsi, è emersa l’importanza dell’attività fisica non soltanto quale strategia terapeutica per la cura del diabete, ma come vera e propria opportunità per dare una “svolta” alla propria storia, “per ritornare a vivere”, “ricominciare da capo”, “tornare a piacere alla gente” migliorare la qualità della propria vita. Il movimento, infatti, “aumenta l’autostima”, PERCHÉ IO MUOVO LA MIA VITA? IL RAPPORTO CON IL MIO CORPO • Per una sfida con sé stessi e per mettersi in gioco • Per una sfida contro la malattia • Per salvaguardare la salute • Per sensibilizzare altre persone “malate” all’attività fisica • Per curare diabete e obesità • Per dare una svolta alla propria vita, cambiare, tornare a vivere • Per cambiare in modo decisivo il rapporto con il corpo e quindi con le emozioni e i desideri • Per i miei figli che meritano un babbo in forma e presente • Disattento • Indifferenza e accettazione • Mi sono servito dell’obesità per non affrontare delle situazioni • Mi sento un bradipo stanco • Difficile, contrastato, fatto di alti e bassi fisici ed emotivi • Di sopportazione e convivenza, ossia non mi piaccio, non riesco a vedermi bene in nessun abito • Ho un cattivo rapporto con il mio corpo, non mi piace muovermi • Convivo con il mio corpo da 35 anni e da più della metà in sovrappeso, la convivenza è pacifica e cerchiamo di non darci troppo fastidio reciprocamente “la sicurezza in sé stessi”, rende le persone “più serene, disponibili, sorridenti”. Grazie al movimento, dalle rappresentazioni iniziali legate a un rapporto con il proprio corpo di “indifferenza”,“disattenzione”, “contrasti” tali da sentirsi quasi come un “bradipo stanco”, dove il corpo viene vissuto come “un fardello estetico e psicologico”, “una gabbia per il corpo e la mente”, si sono progressivamente generati sentimenti di stupore, sorpresa, scoperta, “un’ottica e una mentalità nuova” di cura di sé, del proprio corpo e della propria salute: “Mi sento una forza e un’energia che non credevo di avere. Le mie ultime analisi sono come non le avevo da anni. L’attività fisica mi ha cambiato la vita di tutti i giorni. Non parlo solo dei momenti di attività ma anche dell’ordinario. Ho energia e voglia per uscire di più, sto più tempo con i miei bambini e ci sto meglio, con maggiore disponibilità, non ho più timore di bere un bicchiere di Sangiovese e restare “inchiodato” alla mia gotta. 103 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 104 Sto benone e ho voglia di raccontarlo in giro. Anzi, già lo faccio. E racconto della mia esperienza a tutti quelli che, forse senza saperlo, avrebbero bisogno di muovere la propria vita. A volte mi guardano come un UFO, altre volte sono riuscito a convincerne qualcuno a muoversi. Con intelligenza. Per sé. Per i propri cari. Per la propria vita”. IL MOVIMENTO • Allenarsi aiuta a guardarsi dentro. Aiuta a ridisegnare una scala di priorità esistenziali e a togliere un po’ di polvere dai propri pensieri • A me piace il movimento, lo penso come vita, amo profondamente scoprire il mondo camminando, le nostre gambe possono portarci dappertutto, ovunque c’è qualcosa da conoscere e il mondo sa darsi al meglio a chi lo attraversa sui propri piedi. E poi camminare è ritmo, divenire, cambiamento, messa in discussione, disfarsi, rigenerarsi... • Un giorno mettendomi a correre, superando una soglia che avevo temuto per quarant’anni, ho scoperto, sorprendendomi, che basta partire e appena passa il primo fiato strozzato, la prima palpitazione forte e che fa paura, il primo dolore che sembra assoluto, si è già diventati leggeri, le gambe vanno da sole, il sudore scioglie le emozioni, le libera e ci libera. 104 IL CAMBIAMENTO, LA CURA • Anche solo sei mesi fa non avrei mai pensato di arrivare fino a qui. E la cosa più sorprendente è che da quando questa estate mi sono trovato ad essere persona con diabete, a oggi, il diabete è sotto controllo, per non dire sparito, anche in assenza di farmaci. • A volte rimpiango il tempo sprecato, dove sarei se avessi cominciato prima … Io sono cambiata. Io ho un progetto, io faccio qualcosa che mi piace, non qualcosa che devo ma qualcosa che voglio! • Il più è fatto. Sono entrato in un’ottica e mentalità nuove. Ho svoltato. Adesso quando non riesco ad allenarmi sto male, mi manca la corsa. La mia preoccupazione più grossa è di non riuscire ad allenarmi come sto facendo finora. • Ho perso 16 kg e sono contentissimo di questo. • Negli ultimi esami è diminuita l’emoglobina glicosilata e questo è un ulteriore stimolo a continuare negli allenamenti. • Ho scoperto che in realtà della maratona mi interessa fino a un certo punto, quello che mi interessa è il percorso che sto compiendo. Io non ho mai fatto un'attività fisica importante, sono sempre stata una persona che lavorava con il pensiero, il mio corpo è sempre stato in secondo piano, forse per questo si è vendicato accumulando 20 kg in più. Ora al centro del mio interesse c'è lui e ho scoperto che corpo e mente convivono benissimo, anzi... 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 105 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 106 Dario Laruffa Giornalista RAI 29. Fare costa, non fare costa di più Q uante volte l’abbiamo odiata, detestata. Quella montagnola che ci limita (a volte ci impedisce) la vista della punta dei nostri piedi. Quando ti alzi e chini la testa all’giù. La pancia. La trattiamo da problema individuale, da privato fardello. E sbagliamo. I chili di troppo sono in realtà un problema sociale. Anzi, di più, un problema economico mondiale. Lo confermano i dati di una ricerca condotta dall’Economist Intelligence Unit, centro studi che fa capo al prestigioso settimanale economico britannico, ricerca finanziata dalla multinazionale farmaceutica danese Novo Nordisk. L’epidemia silenziosa. La ricerca definisce così l’impatto del diabete a livello planetario. 106 Un male che ha motivi genetici nel caso del diabete di Tipo 1, ma radici legate al sovrappeso e allo stile di vita nel caso del diabete di Tipo 2. Il paradosso è che la situazione economica mondiale migliora, migliorano i sistemi sanitari, si allunga la vita media ma, in parallelo, aumentano i diabetici. La ricerca dell’Economist ricorda che nel 2007, al mondo, 246 milioni di persone hanno il diabete: il 5,9% della popolazione fra i 20 e i 79 anni d’età. Ma soprattutto ci mette in guardia. In assenza di interventi, nel 2025 ci saranno 380 milioni di diabetici, il 7,1% della popolazione. Questa “epidemia” è silenziosa perché meno “clamorosa” di altre malattie molto diffuse, ma non per questo è meno pericolosa. E costosa. Quanto ci costa. La ricerca ha studiato cinque Paesi: Cina, Danimarca, India, Gran Bretagna e Stati Uniti. E regala subito sorprese. Il diabete è una “malattia del benessere”, legata ai chili di troppo e a una vita sedentaria. Francine Kaufman, pediatra endocrinologa molto quotata in America ha coniato il termine “diabesity”, diabesità per descrivere il mix di diabete e obesità che colpisce sempre più bambini. Fenomeni tipici della parte ricca del mondo. Questo pensavamo e questo è senza dubbio vero. Ma in realtà questa malattia si diffonde anche nei Paesi in via di sviluppo e appesantisce le economie an- 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 107 che dei Paesi in rapida crescita. Fra le 5 nazioni studiate è infatti l’India quella che sostiene i costi economici maggiori dovuti alla diffusione del diabete, che pesano per l’equivalente del 2,1% del Pil, il reddito nazionale; in India il 6,2% della popolazione fra 20 e 79 anni ha il diabete . Per la Cina (4,3% di diabetici) è stata invece calcolata una perdita di produttività del sistema economico che tocca lo 0,6% del Pil. I costi diretti e indiretti del diabete bruciano l’1,3% del Pil negli Stati Uniti, che è la nazione analizzata nel rapporto col più alto tasso di diabetici, 9,2%. La cifra scende allo 0,6% in Danimarca (6% di diabetici), allo 0,4% in Gran Bretagna che ha anche un livello inferiore di diabetici: 5,2% della popolazione adulta. Il diabete dei poveri. La globalizzazione significa anche questo. Lo studio dell’Economist rivela che indiani, cinesi e arabi hanno una predisposizione al diabete superiore a quella degli europei. Nei paesi poveri, come la Tanzania, ad esempio, o nelle zone rurali dell’India, mamme che sono malnutrite durante la gravidanza danno alla luce bimbi “allenati” a vivere con poco. E così, paradossalmente, se le loro condizioni di vita migliorano, questi bimbi, cresciuti, si ammalano di diabete, perché un’alimentazione che è normale per altri diventa eccessiva per loro. In India, si ammalano di diabete individui con percentuali corporee di massa grassa considerate normali in Europa. Come emerge chiaramente dai dati, l’India ha una percentuale di diabetici ancora inferiore a quella degli Stati Uniti, ma, a causa della malattia, sopporta già costi economici superiori. Potenti barriere. Quelle che si frappongono alla prevenzione del diabete. Resistenze culturali a un regime alimentare e a uno stile di vita più salutari; la miope attenzione ai costi a breve termine rispetto alle implicazioni a lungo termine; l’assenza in molti Paesi (come gli Usa) di una copertura sanitaria universale. Per cambiare la mentalità della gente ci vorranno decenni, ma nel frattempo non si può rimanere con le mani in mano. E qui entra in ballo la politica, che deve sostenere campagne di sensibilizzazione fra persone con diabete e personale medico, e la ricerca scientifica nel campo dei farmaci. Fare, non fare. Fare costa, non far nulla costa di più. Gli Stati Uniti spendono molto, il 6% del proprio budget sanitario, per trattare il diabete e le sue complicanze. Ma i diabetici non diagnosticati e trattati nelle fasi iniziali della malattia hanno maggiori possibilità di soffrire di complicazioni gravi come ad esempio le cardiopatie. Che sono ben più pericolose. E ben più care da curare. No, quella montagnola all’altezza della cintura non è solo un nostro problema individuale. Decisamente no. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 108 Maria Rita Montebelli Giornalista 30. Questione di peso 108 S e la matematica non è opinione – e di certo non lo è – da molti anni ormai non tornano più i conti della classica equazione ‘energetica’ che auspica le pari opportunità tra calorie ingerite e calorie consumate. Tuttavia, continuare a ripetere come un disco rotto a persone con diabete, amici e famigliari che bisogna tagliare le porzioni e muoversi di più, per quanto sacrosanto, rischia di generare l’effetto opposto. Per questo è necessario trovare un nuovo linguaggio per trasmettere lo stesso messaggio di sempre - l’attività fisica fa bene! ma in modo da risvegliare l’attenzione di coloro ai quali è diretto. E in questo la stampa americana è veramente maestra. A cominciare dalle copertine. ‘Storica’ e proiettata a tutti i congressi di diabetologia quella dell’Economist che riscrive l’evoluzione dell’uomo dalla scimmia all’homo informaticus ingobbito e ingrassato di fronte al computer, ma di grande efficacia anche quella di Time che invita tutti a liberarsi dei chili di troppo (e quelli di cui dovrebbero liberarsi negli Stati Uniti sono veramente molti…) utilizzando la metafora del perdere la ‘ruota di scorta’ (così gli americani chiamano pancetta e maniglie dell’amore). Il 6 giugno 2005 Time ha dedicato l’apertura e uno speciale di 21 pagine proprio al problema dilagante dell’obesità a stelle e strisce, che sta poi diventando un problema planetario. L’idea che ha ispirato questo servizio, spiega Claudia Wallis nell’introduzione, viene da una considerazione di Tim Church, direttore medico del Cooper Institute di Dallas, un cen- tro di ricerca sulla fitness. “L’America – riflette Church sta vivendo due epidemie, l’obesità e l’inattività fisica. Ma mentre la prima è oggetto di conversazione ai party e di libri bestseller, la seconda è bellamente ignorata”. Eppure sono in molti a ritenere che i benefici dell’attività fisica siano addirittura superiori a quelli della dieta. E non solo per le persone con diabete o per i cardiopatici, ma anche per le persone con diabete affette da neoplasie e naturalmente per quelle obese. Ma allora perché tutto questo sbilanciamento di attenzione e di interventi sul fronte dell’obesità? Per un motivo molto semplice: l’obesità è facile da vedere e da misurare (basta un metro e una bilancia). Il livello di attività fisica e di fitness a questa correlata, no. Perché ‘fitness’ non significa tanto essere magri, ma essere in buona salute. E gli esperti elencano almeno 7 componenti della fitness: composizione corporea, funzionalità cardio-respiratoria, flessibilità e range di movimento, forza muscolare, resistenza, equilibrio, agilità e coordinazione. Misurarli significa spendere un sacco di tempo e di soldi. Altro che salire su una bilancia! Ma naturalmente questo non rappresenta un’attenuante. Anche perché si può essere ‘in forma’ anche da obesi. Nel 2005 per la prima volta nella storia,di fronte a questa epidemia di sedentarietà rampante e a questo esercito di ‘sacchi di patate’, gli autori delle Guidelines Dietetiche per gli Americani hanno incluso nelle raccomandazioni dai 30 ai 90 minuti di attività fisica al giorno, la maggior parte dei giorni della settimana. E questo non significa spendere fortune per 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 109 iscriversi in palestra e dotarsi di completi sportivi all’ultima moda. Basta una camminata a passo veloce. Anche se, onestamente, la maggior parte delle città americane e delle grandi metropoli europee sono costruite più a misura di macchina che di bipedi! Esistono naturalmente le eccezioni, anche in Paese come gli Stati Uniti. Qualcuno ad esempio si è preso la briga di calcolare che il tipico maschio americano Amish fa in media 18.425 passi al giorno, contro gli appena 5.000 dell’Americano medio. Ma gli Amish sono una setta che disdegna il ricorso alle macchine e ad altre comodità della vita moderna. Difficile proporli come modello ai giovani d’oggi. Così, sempre alla ricerca di nuovi argomenti capaci di titillare la voglia di attività fisica, Newsweek è uscito a Marzo con un articolo che introduce il concetto che l’attività fisica è in grado non solo di allenare i muscoli, ma anche il cervello. In una sorta di revival del vecchio adagio ‘mens sana in corpore sano’, Mary Carmichael, autrice dell’articolo, cita una serie di recentissimi lavori scientifici che dimostrano come l’allenamento renderebbe più intelligenti, favorendo la crescita di nuovi neuroni e la formazione di sinapsi. Una scuola di pensiero che porta acqua al mulino degli ‘studenti-atleti’ che popolano i campus universitari americani, ma che per la verità era stata intuita millenni fa dalla cultura dell’antica Grecia che considerava l’attività fisica importante almeno quanto l’apprendimento stesso. E non solo perché manda più ossigeno al cervello. I moderni strumenti diagnostici hanno permesso infatti di scoprire che tutte le volte che un bicipite o un quadricipite si contrae e si rilascia, i muscoli riversano nel torrente sanguigno una serie di sostanze, tra le quali l’IGF-1 che attraversa la barriera emato-encefalica e arrivano al cervello. Qui l’IGF-1 provoca il rilascio di una serie di neurotrasmettitori, tra i quali il BDNF (brain-derived neurotrophic factor), una sorta di combustibile per tutte le attività cognitive superiori. Uno studio pubblicato quest’anno sulla prestigiosa rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences e citato da Newsweek, ha dimostrato per la pri- ma volta che, quanto già osservato da tempo sugli animali, accade anche nell’uomo. L’esercizio fisico fa aumentare i livelli di questo super combustibile dell’intelligenza e, cosa ancora più importante, li fa aumentare anche nelle persone ormai avanti con gli anni, che in genere presentano bassi livelli di BDNF. Ma ancora più incredibile è che questa crescita quasi miracolosa di neuroni e di sinapsi viene osservata dopo appena tre mesi di regolare attività aerobica. La zona più interessata da questa ‘fioritura’ di nuove cellule nervose è stata individuata nel giro dentato dell’ipocampo, un’area deputata all’apprendimento e alla memoria. In altre parole l’attività fisica non si limiterebbe a rallentare i processi di invecchiamento, ma sarebbe addirittura in grado di invertirli. Un altro studio ha dimostrato che l’esercizio fisico provoca un aumento di volume dei lobi frontali, il centro del funzionamento esecutivo, ovvero delle capacità decisionali e di pianificazione). Ma i benefici di una regolare attività aerobica non riguardano solo la terza età, anzi sembrano anche più evidenti nell’età evolutiva. E gli studi al riguardo sono così convincenti che la Senatrice Katie Stine dello Stato del Kentucky ha di recente proposto l’introduzione di una mezz’ora di attività fisica giornaliera obbligatoria a scuola. Un esempio certamente da seguire. Test di intelligenza alla mano. Fonti: Time, 6 giugno 2005 (“Lose that spare tire!”) Newsweek, 26 marzo 2007 (“Stronger, faster, smarter”) 109 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 110 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 111 IL RUOLO DEGLI OPERATORI 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 112 Maurizio Casasco Presidente FMSI (Federazione Medico Sportiva Italiana) 31. Diabete e Attività Fisica il ruolo del medico dello sport L a Federazione Medico Sportiva Italiana, tra le Federazioni Sportive del CONI, rappresenta la Società Scientifica di Medicina dello Sport, riconosciuta dagli organismi e dalle istituzioni pubbliche e sportive italiane ed internazionali. Essa ha tra i suoi obiettivi prioritari il benessere della popolazione in generale e di quella sportiva in particolare. Questo obiettivo viene perseguito sia teoricamente, attraverso la diffusione della cultura di un corretto stile di vita, sia praticamente, attraverso una continua attività di valutazione clinico-funzionale e di prescrizione dell’esercizio fisico. L’esigenza di tali interventi è pienamente giustificata se si considera che, nonostante negli ultimi 10 anni si sia 112 registrato un significativo aumento della pratica sportiva, sono anche aumentate, in particolare tra i giovani, patologie metaboliche quali l’obesità ed il sovrappeso. Le indagini condotte per chiarire questa apparente discrepanza indicano che la causa fondamentale è da ricercarsi in un’alimentazione qualitativamente scorretta e nell’incremento del tempo che, nelle ore libere, viene speso dai giovani in attività sedentarie (anche 5 volte in più rispetto al passato) che vanno a sommarsi al tempo passato a scuola. In altri termini i giovani, complessivamente, non osservano un corretto stile di vita. Tale realtà è preoccupante perché l’ipocinesi e l’obesità che ne può conseguire sono causa di molte patologie. E’ noto che il BMI* è strettamente correlato al rischio di insorgenza nel tempo di patologie di diversa natura (malattie cardiovascolari, ipertensione, artrosi *Il Body Mass Index (BMI) o Indice di Massa Corporea, è il risultato del rapporto tra peso ed altezza al quadrato del soggetto (BMI=[Massa corporea (kg)]/[Altezza al quadrato(m2)] ovvero BMI=kg/m2), ed è molto usato in ambito clinico per determinare se il soggetto cade entro un peso normale; esso rappresenta un’elementare espressione della composizione corporea ed è un indice utile ad una semplice valutazione della quantità di massa grassa: tanto più è elevato il suo valore tanto maggiore è la percentuale di massa grassa (Tab. 1). Tabella 1 - Indice di massa corporea (BMI): intervalli numerici definenti un soggetto sottopeso, normopeso o sovrappeso. emaciazione magrezza grave magrezza moderata magrezza lieve < 14,9 15-15,9 16-16,9 17-18,4 normopeso sovrappeso obesità obesità grave 18,5-24,9 25-29,9 30-39,9 40 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 113 per eccesso di carico sulle articolazioni), dove il rischio massimo si ha per BMI > 40. Tra queste una delle più importanti, anche dal punto di vista sociale, è rappresentata dal diabete mellito tipo 2. A conferma esistono numerose statistiche che correlano l’insorgenza del diabete alle ore di sedentarietà e che dimostrano come l’ipocinesi riduca la sensibilità all’insulina. Da quanto detto appare pertanto evidente che l’esercizio fisico, continuo ed adeguato, associato ad una corretta alimentazione ed ad un appropriato stile di vita, è un mezzo insostituibile ed assolutamente efficace di prevenzione ed anche di terapia tanto dell’obesità, quanto del diabete mellito tipo 2. In proposito va sottolineato che anche la pratica dello sport agonistico risulta compatibile con la patologia diabetica e capace di permettere un controllo migliore della malattia. La prescrizione e la somministrazione alla persona con diabete dell’esercizio fisico, dunque, assumono la valenza di una vera e propria terapia e l’attività motoria ne rappresenta il farmaco. Come ogni farmaco, peraltro, l’esercizio fisico deve essere somministrato alla “giusta dose”. Tale concetto basilare era stato già espresso 2500 anni fa da Ippocrate. Ciò nonostante, troppo spesso si osserva che la prescrizione dell’esercizio fisico non tiene conto dei parametri che regolano l’allenamento: quantità, intensità, progressività e continuità dei carichi imposti. Nello specifico tenere nel debito conto tali parametri è fondamentale non tanto perché l’allenamento sia efficace (per un sedentario anche salire le scale di casa tutti i giorni è produttivo), ma perchè si ottenga il massimo del risultato evitando errori e danni conseguenti. La giusta dose di esercizio fisico da prescrivere dipende da molteplici fattori: lo stato di salute, il tipo dell’eventuale patologia, lo stile di vita, l’alimentazione, le caratteristiche funzionali del soggetto, il tipo di attività fisica ecc. Come si vede, poiché alcuni di questi fattori sono di tipo clinico ed altri di tipo fisiologico, essi nell’insieme richiedono la capacità di una preventiva ed adeguata una valutazione clinico-funzionale. Dal punto di vista clinico, con riferimento alla patologia diabetica, si segnala la necessità che il soggetto affronti l’esercizio fisico, relativamente all’assetto glicemico, sempre in condizioni di compenso metabolico. Tale compenso deve essere presente non solo a riposo ma deve essere previsto e mantenuto sotto sforzo. La dose di esercizio, infatti, va sempre “pesata” congiuntamente al regime alimentare ed alla eventuale terapia farmacologica, onde evitare sotto sforzo possibili danni derivanti dall’insorgenza di crisi iperglicemiche o dalla necessità di dover ricorrere in eccesso ai fini energetici ai substrati lipidici. Dal punto di vista funzionale, per poter prescrivere l’esercizio fisico come mezzo di riabilitazione (inteso, in senso lato, come uno strumento per riacquisire ca- pacità fisiche ed abilità motorie perdute o deteriorate) bisogna conoscerlo. In particolare è necessario conoscere il costo (energetico e meccanico) delle singole attività sportive; ciò, che è equivalente alla necessità di conoscere gli effetti di uno specifico farmaco prima di deciderne la somministrazione, significa conoscere le risposte acute e croniche che la sua pratica determina nell’organismo. Inoltre è necessario, ai fini di definirne la “giusta dose”, conoscere e implementare tali informazioni con la conoscenza del livello di efficienza fisica del soggetto, elementi che si ottengono sottoponendo il soggetto a test di valutazione delle capacità funzionali (resistenza, forza, velocità). Infatti, così come per la somministrazione di un farmaco vanno valutati il tipo e la gravità della patologia, nonché le caratteristiche del soggetto (per esempio il sesso, il peso, lo stato fisico), così il “farmaco sport” va somministrato in funzione del livello di efficienza fisica di base del soggetto. In altri termini l’esercizio fisico da prescrivere va sempre, in termini di carico di lavoro, individualizzato. La prescrizione dell’esercizio fisico, o dell’attività sportiva, richiedono dunque una specifica competenza delle caratteristiche dell’attività da selezionare, delle qualità funzionali dell’individuo e della interrelazioni tra le due, sia acute sia croniche. Il medico specialista in medicina dello Sport possiede, per formazione accademica ed esperienza professionale, anche mutuata dalla pratica con gli atleti di alto livello, 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 114 Per la maggioranza delle popolazione (sedentaria) si possono registrare significativi incrementi del V’O2max, purché l’intensità dell’esercizio di allenamento ricada intorno all’80% del V’O2max del soggetto. Ciò implica, necessariamente, che tale ultimo valore venga misurato preventivamente in modo da permettere l’individualizzazione del carico allenante. In caso contrario si corre il rischio di applicare un carico troppo elevato o troppo basso con effetti non ottimali (da Wilmore e Costill, 1994, modificata) 114 le competenze per assolvere in modo specialistico al compito di prescrivere l’esercizio fisico al soggetto patologico. Evidentemente la particolare popolazione sottoposta al “trattamento”, la persona con diabete, comporta, come detto, anche un’adeguata valutazione clinica preventiva a livello specialistico diabetologico. Ciò suggerisce che il trattamento delle persone con diabete sia condotto a livello multidisciplinare, così che sia adeguatamente inquadrato il dato fisico-patologico e conseguentemente prescritta in modo opportuno la terapia “esercizio fisico”. Per tali motivi la Federazione Medico Sportiva Italiana e la Società Italiana di Diabetologia hanno deliberato di stipulare una convenzione, che avvii e regoli un programma di collaborazione clinica e scientifica finalizzata alla diffusione della pratica sportiva e del corretto stile di vita tra le persone con diabete. L’accordo convenzionale prevede l’attivazione di iniziative comuni nel settore della formazione e dell’informazione, nonché la realizzazione di gruppi di lavoro misti, medico dello sport/diabetologo, distribuiti a livello periferico provinciale, che costituiscano presidi operativi per la corretta prescrizione dell’esercizio fisico e sportivo a persone con diabete mellito. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 115 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 116 Vilberto Stocchi Preside Facoltà di Scienze Motorie Università degli Studi di Urbino 32. Diabete e Attività Fisica il ruolo del laureato in Scienze Motorie 116 L a laurea triennale in Scienze della Attività Motorie e Sportive permette di preparare un laureato in grado di condurre, gestire e valutare le attività motorie individuali e di gruppo a carattere compensativo, adattativo, educativo, ludico-ricreativo, sportivo finalizzate al mantenimento del benessere psico-fisico mediante la promozione di stili di vita attivi. Queste competenze derivano da una conoscenza delle basi biologiche del movimento e dell’adattamento all’esercizio fisico in funzione del tipo, intensità e durata dell’esercizio, dell’età e del genere del praticante e delle condizioni ambientali in cui l’esercizio è svolto. Il laureato triennale acquisisce la conoscenza delle tecniche e delle metodologie di misurazione e valutazione dell’esercizio fisico ed è in grado di valutarne gli effetti. Inoltre, possiede le conoscenze e gli strumenti culturali e metodologici necessari per condurre programmi di attività motorie e sportive a livello individuale e di gruppo, oltre alle conoscenze psicologiche e sociologiche di base per poter interagire con efficacia con i diversi soggetti praticanti. La conoscenza delle basi pedagogiche, psicologiche e didattiche gli permette di trasmettere, oltre alle conoscenze tecniche, valori etici e motivazioni adeguate per promuovere uno stile di vita attivo e una pratica dello sport leale e esente dall’uso di pratiche e sostanze potenzialmente nocive alla salute. Il laureato specialistico in SCIENZE E TECNICHE DELLE ATTIVITA MOTORIE PREVENTIVE E ADATTATE è in grado di : 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 117 • progettare ed attuare programmi di attività motorie finalizzati al raggiungimento, al recupero e al mantenimento delle migliori condizioni di benessere psicofisico per soggetti in varie fasce d’età e in diverse condizioni fisiche, con attenzione alle specificità di genere; • organizzare e pianificare particolari attività e stili di vita utili per la prevenzione delle malattie ed il miglioramento della qualità della vita mediante l’esercizio fisico; • programmare, coordinare e valutare attività motorie adattate a persone diversamente abili o ad individui in condizioni di salute clinicamente controllate e stabilizzate. Le competenze specifiche e caratterizzanti di un laureato specialistico di questa classe riguardano primariamente, i benefici e i rischi della pratica delle attività motorie in soggetti di diversa età, genere, condizione psico-fisica, abilità psico-motorie, e il livello di rischio legato a esiti cronici di varie malattie. Inoltre, possiede le conoscenze relative agli adattamenti delle funzioni vitali dell’organismo umano in risposta alle pratiche di attività fisica, in relazione al genere, età, stato di salute o condizione clinica di ciascun soggetto ed è in grado di eseguire test di valutazione dell’esercizio fisico post-riabilitativo, in termini di modalità, protocolli, misurazioni fisiologiche e risultati attesi, specifici per differenti popolazioni, inclusi soggetti con patologie cardiovascolari, polmonari, metaboliche e di altra natura in fase stabilizzata dal punto di vista clinico e riabilitativo, in bambini e anziani. Possiede, infine, le conoscenze relative alle modificazioni funzionali e alle controindicazioni assolute e relative ai test di esercizio, e il riconoscimento di soggetti che necessitano della supervisione sanitaria durante test di esercizio sottomassimale e massimale, nonché di soggetti che richiedono una valutazione sanitaria prima di impegnarsi in un programma motorio. Possiede la conoscenza dei fattori di rischio per soggetti con patologie cardiovascolari, polmonari, metaboliche e d’altra natura, e la comprensione degli indicatori prognostici per soggetti ad alto rischio; nonché la conoscenza degli effetti di tali malattie sulla prestazione fisica e la salute del soggetto durante i test e la pratica dell’esercizio fisico e le condizioni tecniche e i sintomi clinici che impongono l’arresto di un test di esercizio. 117 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 118 Mariangela Ghidelli Infermiere Coordinatore Capo Sala U.O.S. di Diabetologia ed Endocrinologia Azienda Ospedaliera S. Anna Como, Presidio di Mariano Comense 33. Diabete e Attività Fisica Il ruolo dell’infermiere “…C ambiare “stile di vita”… facile a dirsi ma non a farsi… parole molto stimolanti, ma che non riescono a trovare spazio nella mia vita. Come faccio a cambiare le mie abitudini, il mio modo di vivere, il mio modo di sentire?! Non ho più 20 anni, mi hanno detto che ho il diabete… ed il mio corpo non è più quello di un tempo. Ora è un po’ “tondetto”, qualche chilo in più… chili che non riesco a smaltire. Come faccio a cambiare!?...” E’ difficile rispondere a queste domande, ma è importante individuare le giuste strategie per poter ottenere il coinvolgimento della persona con diabete e far si che raggiunga la totale autonomia e l’accettazione delle proprie responsabilità. E’ necessario promuovere la motivazione, la voglia di volersi bene ed allontanare l’auto-commiserazione e per raggiungere questo obbiettivo esistono tante strade, basta trovare quella giusta. Accettare gli errori commessi ma evitare che si debbano ripetere …conoscendoli. Per questo deve nascere un nuovo rapporto sinergico tra medico-persona con diabete-infermiere. Ascoltare, sostenere la persona che abbiamo davanti, negoziare, se necessario, per ottenere un piccolo, ma costante cambiamento dello stile di vita, questo è l’atteggiamento che l’infermiere deve promuovere per far si che la persona con diabete mantenga nel tempo il cam118 biamento. Gli interventi educativi sono più efficaci se strutturati in un sistema integrato di interventi diversificati di formazione degli operatori sanitari e dell’organizzazione . Coinvolgere la persona con diabete come “partner” nell’intervento educativo può migliorarne l’efficacia. E’ quindi necessario renderlo “curioso” ed “attivo” nei confronti della terapia, dell’alimentazione, dell’attività fisica. Non esistono studi che forniscano chiare indicazioni relative al rapporto costo/beneficio rispetto all’intervento educativo nel lungo termine, ma le persone affette da diabete spesso “pagano” di prima persona: nell’equilibrio psicologico, nel fisico, negli affetti, nel tempo libero, nella socializzazione, nell’attività motoria e sul lavoro; questi sono i problemi che dobbiamo tener presenti nell’approccio con la nostra persona con diabete. Quando la persona capisce dove vuole arrivare, si è fatto il primo passo verso un cambiamento, verso un nuovo stile di vita. L’educazione terapeutica aiuta a modificare i comportamenti ed è stata dimostrata l’efficacia a breve termine mentre studi a medio-lungo termine hanno dato risultati variabili ma che sembrano indicare risultati positivi quando gli interventi sono basati su una strategia di “counseling”. Anche un miglioramento della qualità della vita è stato registrato dopo un intervento educativo intensivo prolungato, sia nei confronti della dieta che per l’attività fisica basato sul “counseling”. Star bene con se stessi significa anche star bene con gli altri, e questo avviene quando si comprende che curare il diabete non significa solo assumere farmaci, ma anche alimentarsi correttamente, attuare una giusta attività fisica e migliorare di conseguenza il benessere psicofisico. E’ una continua sfida: il diabete mette a dura prova il corpo, la mente ed anche lo spirito. Per questo il team deve accompagnare la persona, cercando di trovare insieme un giu- 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 119 BIBLIOGRAFIA sto equilibrio e poterlo mantenere. Attraverso incontri regolari possiamo individuare cosa fare per raggiungere una nuova rappresentazione di sé più idonea rispetto agli obiettivi che ci siamo prefissati e l’individuo diventa “soggetto attivo” e stipula con sé stesso e con il team un contratto terapeutico. Questo è l’obiettivo primario sia per la persona con diabete sia per il team. E’ un obiettivo che diventa Cura e Prevenzione La cura della malattia cronica dovrà tener conto anche delle condizioni socio-economiche, culturali, ambientali del cittadino e dovrà saper soddisfare i suoi bisogni di salute; la prevenzione dovrà tener presente che già oggi tre bambini su dieci sono obesi, che la malattia diabetica si triplicherà e che tre persone su cento sono affette da malattie cardivascolari e da diabete. L’attività fisica è un mezzo che possiamo attivare per migliorare lo stato psicofisico e che può diventare uno strumento di equilibrio tra corpo e mente ed incidere positivamente sullo stile di vita. Attività fisica non è sinonimo di attività sportiva ma comprende anche il ballo, il giardinaggio, le passeggiate, il nuoto la ginnastica aerobica ed altre attività. Tutto ciò permette alla persona con diabete di sconfiggere la sedentarietà, migliorare l’umore e la socializzazione. Molto spesso si associa l’attività fisica al miglioramento del tono muscolare, alla forza fisica, alla resistenza ma difficilmente si pensa ai benefici che si possono ottenere sull’umore e sulla positività mentale. Sono misurazioni che non si ottengono con strumenti o test, ma che vengono percepiti e valutati dal nostro organismo e si trasmette ai nostri sensi. I primi ad accorgersi di questi benefici a livello psicologico sono state le persone che hanno praticato l’attività fisica ed hanno trasmesso questi modi di sentire agli studiosi. Sono persone che avevano abitudini sportive diverse, ma anche persone sedentarie che hanno iniziato a diventare attive. Ricerche hanno dimostrato che praticare sport aerobico riduce l’ansia, riduce la tensione, riduce la depressione, produce un adattamento allo stress. Camminare è un gesto motorio semplice che non impone alla mente concentrazione, permette evasione mentale, rilassa e dona tranquillità. Questo è sostenuto dall’American Diabetes Association che ogni anno presenta aggiornamenti e raccomandazioni relative all’attività fisica. Il team diabetologico deve approfondire le conoscenze in questo campo per poter prescrivere e monitorare l’attività fisica. Per certi casi, prima di prescrivere l’esercizio fisico il medico diabetologo informerà la persona con diabete sulla necessità di sottoporsi ad una visita specialistica per individuare l’esercizio fisico più idoneo in relazione allo stato delle sue complicanze. Ci sono però aspetti che non possono essere modificati come l’età, il sesso, l’ereditarietà ed altri invece modificabili come l’ipertensione, il colesterolo, il fumo, il sedentarismo e l’obesità. In questi casi possiamo agire con loro utilizzando leve personalizzate. Dobbiamo dare risposte, dobbiamo ascoltare, dobbiamo trovare con loro soluzioni semplici, piccole ma raggiungibili nel tempo ma permanenti. In conclusione… “ come faccio a cambiare stile di vita?”… “accettando di buon grado la mia malattia, discutendo con l’infermiere/dietista le ricette per una corretta alimentazione, andando ogni tre giorni a ballare il liscio, parlare con il team dei problemi e bisogni quotidiani legati alla vita…Ecco, queste sono le cose che quest’anno inizierò a fare… Renders CM, et al. Interventions to improve the management of diabetes in primary care, outpatient, and community settings: a systematic review. Diabetes Care. 2001 Oct; 24(10)1821-33. Renders CM, et al. Interventions to improve the management of diabetes mellitus in primary care, outpatient and community settings. Cochrane Database Syst Rev. 2001; (1): CD001481. Wykurz G, Kelly D. Developing the role of patients as teachers: literature review. BMJ. 2002 Oct 12;325(7368):818-21. Glasgow RE, et Long-term effects and costs of brief behavioural dietary intervention for patients with diabetes delivered from the medical office. Patient Educ Couns. 1997 Nov; 32(3): 175-84 Di Loreto C, et al .Validation of a counseling strategy to promote the adoption and the maintenance of physical activity by type 2 diabetic subjects. Diabetes Care. 2003 Feb;26(2):404-8. Proper KI, et al. Effect of individual counseling on physical activity fitness and health: a randomized controlled trial in a workplace setting. Am J Prev Med. 2003 Apr;24(3):218-26. Jones H, et al. Diabetes Stages of Change (DiSC) Study. 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Cochrane Database Syst Rev. 2001; (1): CD001481. 119 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 120 Gerardo Corigliano Presidente ANIAD (Associazione Italiana Atleti Diabetici) 34. Diabete e Attività Fisica il ruolo delle associazioni l’ANIAD L’ A N 120 I A D L’ Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici (www.aniad.org) è una ONLUS, che si propone la diffusione dell’attività fisica e dello sport fra le persone con diabete, al fine di migliorare il livello di consapevolezza e di educazione terapeutica, di contribuire al pieno inserimento sociale, al buon compenso metabolico e al miglioramento della qualità della vita. A tale scopo l’A.N.I.A.D. promuove iniziative, convegni e campi scuola; organizza e partecipa a livello nazionale ed internazionale a manifestazioni sportive fra diabetici e non, fornendo ai primi, se necessario assistenza specialistica, coopera con le Associazioni, con le Società scientifiche, con il Ministero della salute e con le Federazioni sportive. A.N.I.A.D. ha in corso protocolli di intesa con l’Università Parthenope , facoltà di Scienze Motorie e con l’Associazione Ucraina del Diabete. MISSION 1) Educare i diabetici e coloro che si occupano della loro cura sul ruolo dell’esercizio fisico nel migliorare la salute. 2) Creare opportunità alla partecipazione ad attività ricreative ed amatoriali sportive. 3) Migliorare la capacità di autocontrollo ed autogestione fra i diabetici attivi. 4) Migliorare le conoscenze cliniche negli operatori sanitari che curano diabetici sportivi. 5) Promuovere e supportare lo sviluppo di uno scambio di informazioni fra atleti diabetici. 6) Favorire la nascita di diabetici-guida nel campo dello sport il cui modello di vita sia di esempio a tutti gli altri e di gruppi attivi in diverse discipline sportive. Il presidente è il dott. Gerardo Corigliano, il presidente onorario è il prof. Andrea D’Agostino, uno dei padri fondatori della diabetologia. L’A.N.I.A.D. è il rappresentante italiano dell’IDAA – DESA (International Diabetic Athletes Association – Diabetes Exercise Sport Association). ANIAD conta 8 sedi regionali e 961 soci. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 121 ATTIVITA’ DELL’ANIAD L’A.N.I.A.D. opera dal 1991 ed ha partecipato a livello regionale e nazionale a numerosissime attività di informazione, formazione, educazione e cultura scientifica per diabetici di tipo 1 e tipo 2 sull’importanza dell’attività fisica nella cura del diabete. Fra le attività più rilevanti che hanno avuto un’eco sulla stampa nazionale e nella comunità diabetologica effettuate anche per rendere testimonianza della possibilità delle persone con diabete di tipo 1 di poter vivere una vita regolare vi sono: 1. La manifestazione “Corri contro il diabete”, staffetta attraverso i comuni della Campania della durata di 4 giorni (2001). 2. Il progetto DISK 2002 (DiabeticiIitaliani Sul Kilimangiaro), la prima escursione di trekking di altissima montagna che ha portato 11 diabetici a quota 6000mt testimoniando la loro grande consapevolezza, educazione terapeutica e l’ottimo livello di salute raggiunto. Tale manifestazione ha avuto un’eco a livello nazionale ed internazionale. 3. Alcuni atleti dell’A.N.I.A.D sono stati premiati come migliore atleta con diabete dell’anno da una giuria internazionale. Marco Peruffo nel 2004 per la spedizione sul Cho-yhou, (Hymalaia) che ha portato per la prima volta un atleta con diabete, senza l’ausilio di portatori e senza bombole, a superare la quota di 8000mt (la vetta è 8201mt) e Mauro Sormani nel 2007 per l’Artic Circle Expedition. Nel luglio di quest’anno la nuotatrice Monica Priore ha attraversato lo Stretto di Messina (prima volta per una donna con diabete tipo 1). 4. l’Aniad ha partecipato con una rappresentativa italiana ai Meeting internazionali biennali DESA su Diabete e Attività fisica di Budginton (Usa), Barcellona, Phoenix (Arizona), Atene, Vancouver, Davos e Arnhem. L’Aniad ha inoltre organizzato direttamente due Meeting internazionali nel 1994 a Paestum, e nel 2004 a Montecatini. 5. negli ultimi anni l’Aniad ha incentrato il suo interesse sulla promozione della salute e la prevenzione cardiovascolare presso i diabetici di tipo 2. In questo senso collabora allo sviluppo di programmi di attività motoria con associazioni diabetologiche, e con alcuni corsi di laurea in scienze motorie per la formazione dell’operatore di fitness metabolica. 6. In seno ad ANIAD si sono sviluppati gruppi come Ciclismo & Diabete, Podismo & Diabete, Schiacciamo il Diabete nel Canestro che testimoniano la vitalità e maturità degli atleti con diabete. Questo obiettivo raggiunto da ANIAD ha una rilevanza notevole se solo si pensa che fino a 15-20 anni fa la maggior parte dei giovani nascondevano il loro diabete. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 122 Maurizio Di Mauro Centro Studi e Ricerche per l’Attività Motoria - Università degli Studi di Catania 35. Diabete e Attività Fisica il ruolo dei centri multidisciplinari Il Centro Studi e Ricerche di Catania I l Centro Studi e Ricerche per l’Attività Motoria nel Diabete, istituito nel 2002 a Catania in collaborazione con il Corso di Laurea in Scienze Motorie, si pone come obiettivo l’avvio all’attività motoria di tutte le persone con diabete mellito. Il Centro è stato istituito per far convergere le competenze professionali e scientifiche presenti nell’Università di Catania su un progetto di collaborazione che serva a documentare e mettere in pratica i benefici dell’attività motoria per le persone con diabete mellito. Il vantaggio di una struttura multidisciplinare sta nell’ottimizzazione dei percorsi diagnostici, assistenziali e di ricerca. In particolare, il Centro promuove programmi di studio e di ricerca nel campo del diabete, del metabolismo e delle scienze motorie e la formazione di figure mediche e tecnico-sportive nell’ambito dei programmi dell’Università di Catania. Inoltre, identifica percorsi idonei per la tutela del soggetto con diabete che pratica attività sportiva fornendo il know-how tecnico sportivo per i diabetici, per team diabetologici e per i tecnici dopo opportuna e specifica preparazione. 122 Il Centro Studi collabora con le Scuole di Specializzazione in Endocrinologia ed in Medicina dello Sport dell’Università di Catania, con la Federazione Medico Sportiva Italiana, il CONI e, nell’ambito delle molteplici attività progettuali, anche con Società Scientifiche come AMD e SID. Il Centro Studi e Ricerche per l’Attività Motoria nel Diabete opera inoltre in collaborazione con il CUS Catania dove, negli impianti sportivi, oltre trecento diabetici sia di tipo 1 che di tipo 2 curano quotidianamente il wellness metabolico con sedute di allenamento sotto la supervisione di Specialisti in Diabetologia e Medicina dello Sport, Psicologi e Dottori in Scienze Motorie. Il Centro ha organizzato ed organizza corsi di formazione sull’attività motoria nazionali ed internazionali, attività sportive pratiche con corsi di educazione terapeutica ed attività residenziali, presso le strutture del CUS Catania, rivolte alle persone con diabete con programmi di counseling e di avviamento alla attività motoria. Infine, il Centro ha stabilito delle collaborazioni con strutture universitarie internazionali. STAFF Diabetologi: Maurizio Di Mauro, Rosario Battiato, Antonella Morabito, Vincenzo Messina. Psicologi: Liliana Indelicato. Dottori in Scienze Motorie: Amato Alessandra, Amore Jessica, Daniela Cilano, Carmelo D’Urso, Maria Carmela Leonforte, Brunella Politino. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 123 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:57 Pagina 124 Pierpaolo De Feo Direttore Centro CURIAMO (Centro Universitario di Ricerca Interdipartimentale Attività Motoria) Università degli Studi di Perugia 36. Diabete e Attività Fisica il ruolo dei centri multidisciplinari: il Centro C.U.R.I.A.MO. I l Centro UNIVERSITARIO RICERCA INTERDIPARTIMENTALE ATTIVITÀ MOTORIA C.U.R.I.A.MO è stato istituito nel 2007 dall’Università di Perugia sulla base delle chiare evidenze cliniche (Livelli EBM A,B) sull’efficacia della pratica regolare dell’attività fisica nella prevenzione e trattamento del diabete mellito, obesità, ipertensione, vasculopatie arteriosclerotiche, osteoporosi e dei processi associati all’invecchiamento. Il Corso di Laurea Interfacoltà Intercorso in Scienze Motorie e Sportive di Perugia ha deciso con le Facoltà di Medicina e Chirurgia, di Fisica e del Dipartimento di Scienze Umane e della Formazione di impegnare risorse umane e strutturali per svolgere attività di ricerca in questa area di crescente e rilevante interesse sociosanitario con l’obiettivo di dimostrare i vantaggi dell’in- 124 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 125 tervento con la regolare pratica dell’attività fisica in termini di salute e di risparmio di spesa sanitaria nelle varie patologie croniche. Il C.U.R.I.A.MO. utilizza le strutture del Corso di Laurea Interfacoltà Intercorso in Scienze Motorie e Sportive e le competenze cliniche e di ricerca di Docenti dell’Università di Perugia, afferenti a diversi Dipartimenti. I medici specialisti utilizzano gli ambulatori di C.U.R.I.A.MO. per selezionare le persone con diabete che possono beneficiare di un corso intensivo di attività motoria e di educazione ad un corretto stile di vita. La visita e la valutazione dello stato di forma fisica sono gratuite. Le persone con diabete che accettano il programma di attività fisica concordato per il raggiungimento dei personali obiettivi di salute seguiono dei corsi semestrale utilizzando le strutture del Corso di Laurea Interfacoltà Intercorso in Scienze Motorie e Sportive. I corsi sono a pagamento per far fronte alle spese dell’attività di ricerca di C.U.R.I.A.MO. ma si prevede di stipulare una convenzione con la Regione dell’Umbria. Il C.U.R.I.A.MO. non ha finalità di lucro e tutti i proventi sono destinati per la manutenzione ordinaria ed i progetti di ricerca del centro. Le aree attuali di ricerca del centro sono la valutazione degli effetti della pratica regolare dell’attività fisica per la prevenzione ed il trattamento del diabete mellito, obesità, ipertensione, vasculopatie arteriosclerotiche, osteoporosi e dei pro- Grazie al tuo impegno noi ti... C.U.R.I.A.MO. Centro Universitario Ricerca Interdipartimentale Attività MOtoria Obesità, Diabete, Ipertensione, Arteriosclerosi, Osteoporosi, Invecchiamento Università di Perugia cessi associati all’invecchiamento. L’obiettivo è dimostrare i vantaggi di questo intervento in termini di salute e di risparmio in spesa sanitaria nelle varie patologie e promuovere l’informazione dell’opinione pubblica sui vantaggi di uno stile di vita corretto. Per il conseguimento delle proprie finalità istituzionali il Centro considera essenziale lo sviluppo di relazioni con altre Università e istituzioni di cultura, di ricerca e di cura, acquisizione di documentazione nazionale ed internazionale; favorisce i rapporti con le istituzioni pubbliche e private, in quanto strumenti di diffusione e valorizzazione dei risultati della ricerca. 125 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 126 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 127 IL DIABETE E IL MONDO DELLO SPORT 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 128 Luca Di Mauro Presidente Federazione Italiana Hockey su Prato 37. Federazione Italiana Hockey su Prato D opo il protocollo d’intesa sottoscritto nel 2004 con l’UNICEF, nel 2006 proseguendo nell’intento di rivolgere un’attenzione particolare verso il sociale, la Federazione Italiana Hockey ha avviato una collaborazione con l’Associazione Italiana Diabetici e gli altri enti che la sostengono a favore della diffusione a livello nazionale ed internazionale della pratica sportiva fra presone con diabete. Rilevo con grande piacere la sensibilità con la quale il mondo dell’hockey ha accolto questa problematica e l’entusiasmo con cui ha sposato la campagna di sensibilizzazione “Changing Diabetes” che ha visto e, continuerà a vedere, i 128 nostri atleti delle nazionali maggiori vestire con orgoglio la maglia azzurra recante tale messaggio nella consapevolezza di portare avanti, non già un messaggio commerciale bensì un messaggio sociale che arricchisce di nuovi valori il nostro sport. Non è certo un caso il fatto che l’ANIAD abbia chiesto alla Federazione Italiana Hockey piuttosto che ad altre che godono di una maggiore visibilità di promuovere il messaggio “Changing Diabets”. Ritengo sia dipeso dal particolare ed esclusivo target dell’hockey italiano che è sport olimpico di squadra, estremamente popolare e diffuso a livello internazionale e praticato da noi solo a livello dilettantistico. Uno sport forse di “nicchia”, giocato da veri appassionati che vi dedicano gran parte del proprio tempo sacrificando senza alcun profitto interessi familiari e personali. Uno sport dove il doping di fatto non esiste (fatta eccezione di rarissimi casi di positività ai cannabinoidi che nulla hanno a che fare col tentativo di ottenere un risultato fisico in modo artefatto, ovvero i rari casi dovuti a errate procedure di esenzione farmacologia a fini terapeutici degli atleti). In conclusione uno sport che, pur essendo coinvolgente come il calcio, di cui peraltro ricorda molto gli schemi di gioco, si è mantenuto in questi anni “pulito” proprio perché intorno ad esso non vi è alcun “business”. Avremmo potuto ottenere, per la nostra maglia 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 129 azzurra, sponsorizzazioni di tipo commerciale che avrebbero di certo portato alla Federazione, che vive prevalentemente del sussidio del CONI, provvidenziali risorse economiche aggiuntive per l’attività dei nostri atleti. Ma forse anche perché proprio a causa della scarsa visibilità che i mass media riservano all’hockey italiano, sentiamo troppo spesso parlare con orrore di “Sport Maggiori e Sport Minori” come se il valore atletico e sociale degli stessi possa essere qualitativamente diversificato e misurato, siamo orgogliosi che i nostri azzurri siano testimonial del “Changing Diabetes” e contribuiscano a fare in modo che agli atleti con diabete venga riconosciuta pari dignità rispetto agli altri sportivi. La diversità nello sport così come nelle altre attività dell’uomo, non significa inferiorità; al contrario essa può costituire quel valore aggiunto che permette di ottenere nuovi e più importanti traguardi e far crescere e migliorare la collettività. L’hockey è uno sport in cui siamo abituati a giocare di squadra; in cui si vince e si perde tutti insieme e, noi, questa “partita” a favore del “Changing Diabetes”, intendiamo giocarla e vincerla uniti agli atleti diabetici affinché si dissolvano finalmente le ultime barriere ancora esistenti verso la possibilità di assicurare a tutti una vita normale. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 130 Maurizio Damilano Campione Olimpico 38. Un campione dello sport impegnato nel promuovere l’attività motoria L a nostra attività con persone affette da obesità e/o diabete si svolge principalmente nell’ambito della promozione del fitwalking e del cammino. In questi anni abbiamo sviluppato iniziative in diversi settori coinvolgendo sia persone in salute sia persone affette da patologie come il diabete e malattie a carico dell’apparato cardio-circolatorio, e proponendo le nostre attività come strumento integrativo della strategia alimentare per le persone obese. A nostro avviso, un aspetto cruciale è costituito dalla modalità con cui l’attività fisica viene proposta. Spesso, quando si propone a queste persone di avviarsi alla pratica di uno sport, loro reagiscono pensando immediatamente alle grandi prestazioni, ai grandi campioni, alla necessità di una condizione fisica ottimale. Di conseguenza si impauriscono e non mettono in pratica né i consigli e i suggerimenti che vengono dati loro, né le proprie convinzioni. Sono ancora pochi coloro i quali trovano immediatamente la motivazione e lo stimolo per dimostrare che non vi sono limiti (seppure entro i livelli ottenibili) a fare ciò che fanno le persone in salute. Detto ciò, nella nostra esperienza di lavoro con le associazioni o con le singole persone con diabete abbiamo sempre ottenuto riscontri molto positivi. Innanzitutto, il camminare – seppure in modo dinamico e “sportivo” – è sempre un’attività cui è semplice avvicinarsi, perché la si identifica come qualcosa che tutti possono praticare. Inoltre, la modularità che il cammino offre (ossia la possibilità di adattamento alle reali condizioni del singolo) è molto superiore ad altre discipline aerobiche. Questo è evidente se si confronta la disciplina del cammino così proposta con quella, simile, del cammino sportivo, ossia la corsa. L’approccio alla corsa è certamente più difficile. Lo abbiamo constatato in diverse occasioni con soggetti che avevano già avuto esperienze di avvicinamento all’attività motoria mediante la corsa: poiché per quanto si parta lentamente la velocità è spesso superiore alla qualità del soggetto in quel momento, lo sconforto e la paura di non farcela risultano molto superiori (oltretutto, da un punto di vista meccanico, correre molto piano è alquanto difficile, e il costo energetico alle basse velocità è sfavorevole rispetto alla 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 131 camminata veloce). Il problema principale – non solo per le persone con diabete in cura ma in generale un po’ di tutti coloro che non hanno una mentalità sportiva già sviluppata, ovvero per chiunque non abbia mai praticato sport – consiste sostanzialmente nel trovare sufficienti stimoli a fare movimento con costanza. Per andare incontro a questo tipo di esigenza, noi abbiamo creato corsi periodici durante i quali si è incoraggiati a muoversi in compagnia, cosicché il lavoro quotidiano o periodico sembri meno pesante. L'esecuzione di test di misurazione dell'efficienza cardio-circolatoria ripetuti nel tempo offrono poi un quadro immediato dei progressi compiuti (oppure dei regressi quando si abbandoni, anche solo temporaneamente, la pratica) aiutando le persone a “non mollare”. Un altro aspetto che meriterebbe particolare attenzione consiste nello sviluppo di un sistema per contattare direttamente un gran numero di persone e promuovere più efficacemente l’importanza dell’attività motoria sia nella prevenzione salutistica sia a sostegno delle cure, in particolare nel caso di patologie che traggono significativi vantaggi dal movimento. Lavorando a vasto raggio con associazioni, medici e persone con diabete, si potrebbe offrire un servizio diretto e, allo stesso tempo, sfruttare l'occasione per raccogliere una grande quantità di dati e risultati misurabili. Nei prossimi mesi, la Scuola del Cammino avvierà un progetto più specifico, legato al mondo della salute e al- la creazione di un Centro specializzato nell’attività motoria come strumento di lavoro comune con il mondo della sanità, sia sul piano preventivo che di supporto alle cure. Da questa esperienza si potranno trarre dati più significativi. Proprio il mondo della diabetologia e della cardiologia rappresentano i primi referenti con i quali vorremmo collaborare. 131 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 132 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 133 LE ESPERIENZE DELLE PERSONE CON DIABETE 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 134 Sergio Galbiati 39. La persona con diabete come esempio S ergio Galbiati, manager di un’importante industria, ha affrrontato con intelligenza la diagnosi di diabete mellito tipo 2 ritagliando nella sua affollata agenda uno spazio quotidiano per l’attività fisica. I risultati gli hanno dato ragione: ha interrotto la terapia ipoglicemizzante orale ed ora i valori glicemici sono rientrati nella normalità. In pratica E’ GUARITO con le proprie forze (distinguendosi nel progetto IO MUOVO LA MIA VITA che verrà descritto successivamente). ...Esco di mattina alle 6.30. E’ l’unico momento della giornata che posso ancora togliere alla famiglia oltre a quello che già faccio con il mio lavoro. E’ un momento solo per me. Amo correre da solo nella nebbia e nel freddo adesso, e veder sorgere il sole: una cosa che prima facevo molto di rado e solo in vacanza. Questo mi sta dando una dimensione del tempo tutta nuova, così come la corsa mi sta dando una dimensione nuova degli spazi. E’ molto particolare, infatti, ripensare dopo la corsa al dettaglio di ciò che c’è in dieci chilometri di strada: quella particolare pianta sul ciglio della strada, quella particolare forma dell’asfalto rifatto, quel casolare e l’attenzione da mettere al cancello chiuso dietro al quale ti abbaia quel pastore abruzzese, tutte le volte... chissà, prima o poi imparerà a conoscermi. Vincenzo, il mio medico, non mi fa più prendere la pillola di controllo della glicemia. In cambio mi misuro la situazione un paio di volte al giorno, cosa che prima non facevo. Il sono un fisico ed ho la tendenza a fare delle cose che succedono una opportunità di indagine, per cui una misurazione è a tempo fisso, tipo l’inizio della giornata, mentre l’altra la muovo in vari momenti e riesco così a capire che cosa succede al mio fisico: è molto interessante. E’ così che ho scoperto che dopo le ripetute veloci la mia glicemia 134 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 135 sale a livelli che mi hanno inizialmente preoccupato, mentre questa cosa non succede nel lento. Vincenzo mi ha spiegato che è fisiologico e mi ha raccontato il perché, per cui ho imparato una cosa nuova. So che me ne aspettano tante altre. Questo è il bello di questa avventura: usare se stessi per imparare qualcosa della vita che va al di là di se stessi. Non mi interessa competere con qualcuno, ma la mia naturale voglia di cercare il mio limite mi dà la curiosità tutte le mattine di provare a capire se qualcosa è cambiato e come. Fa impressione pensare che c’è un gruppo sparso per l’Italia che individualmente (alla fine è una cosa che riguarda ciascuno come individuo) si confronta con se stesso, ma con il conforto di sapere che c’è un team che condivide le stesse sensazioni. Chissà se alla fine troveremo un filo conduttore di gruppo, le sensazioni, i cambiamenti fisici, le difficoltà e le soddisfazioni comuni. Nel piccolo questo è un esempio di come devrebbe funzionare una società sana: ogni inviduo cerca di migliorare se stesso non perdendo di vista il risultato di squadra, qualunque essa sia. Sono ansioso di incontrarvi settimana prossima per i 10.000. Finora non ho mai fatto una corsa “competitiva”, o comunque tale da confrontarmi con qualcun altro. Per me correre è sempre stato il momento per me, e per me solo: il premio che mi do per tutto il resto di ciò che faccio. Sono molto contento di come sta andando questa avventura: sono molto dimagrito e sono molto più veloce e resistente, anche se, alla fine di una corsa di 10 o 15 chilometri mi chiedo come accidenti potrò mai correrne 42. La cosa però, più che demoralizzarmi mi incuriosisce. Anche solo sei mesi fa non avrei mai pensato di arrivare fino a qui. E la cosa più sorprendente è che da quando questa estate mi sono trovato persona con diabete, ad oggi, il diabete è sotto controllo, per non dire sparito, anche in assenza di farmaci. Per di più mi sto dando delle limitazioni molto piccole su ciò che mangio, e malgrado questo, con l’allenamento costante tendo a dimagrire ulteriormente. Mi sono convinto che ciò in cui ci siamo messi è molto di più di una avventura sportiva: noi stiamo diventando l’esempio eclatante che gente normale può essere felice di uno stile di vita diverso che, oltre ad essere un tremendo vantaggio per sé, è anche un esempio di come si potrebbe contribuire da cittadini, al risanamento dei costi della sanità. Ciò che stiamo facendo è una cosa molto seria, ma divertentissima!! A presto. Sergio. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 136 Nicolas Amodio Calciatore 40. S ono Nicolas Amodio, gioco da professionista nel Napoli Calcio ed ho il diabete. Il calcio è la mia passione, lo è stata fin da piccolo, e già a sette anni frequentavo la scuola calcio in Uruguay. Allenarmi con i miei compagni, inseguire il pallone e calciare mi hanno sempre dato forti emozioni. Ogni volta che entro in campo mi sento ripagato di tutti gli sforzi ed i sacrifici fatti per giungere a giocare a livello professionistico. Il diabete mi è stato diagnosticato all’età di nove anni: non mi sentivo bene, andavo spesso in bagno e bevevo molta acqua. Dopo le analisi, sono stato ricoverato una settimana in ospedale, dove i medici mi hanno regolato la glicemia. Questo “incidente di percorso” mi ha costretto a non allenarmi per quasi un mese. Ma il diabete non ha mai costituito una limitazione alla mia passione per il calcio. Infatti, dopo due/tre settimane dal ricovero, ho ricominciato la mia solita vita ed i miei soliti allenamenti. Certo, i primi giorni con molta più cautela, ma poi tutto è diventato naturale. Sono stato molto fortunato: sin da piccolo sono stato seguito da dottori che hanno ritenuto l’attività fisica una pratica consigliabile, addirittura importante, e che mi hanno sempre sostenuto nel mio percorso sportivo. Praticare sport è importantissimo e, nel caso di persone con diabete come me, è anche terapeutico: l’attività fisica consente di avere una vita più sana ed equilibrata e di diminuire la quantità di insulina. Praticare sport, poi, è utile non solo per il fisico ma anche per la mente: aiuta a socializzare ed insegna ad avere rispetto per se stessi e per gli altri. La tensione che provo poco prima di entrare in campo con la mia squadra, la complicità e l’affiatamento in campo, la soddisfazione di vincere una partita e di vivere un successo individuale come successo collettivo, sono sensazioni ed emozioni impareggiabili che valgono qualsiasi sacrificio. 136 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 137 PROFILO Per seguire il mio sogno, diventare calciatore professionista, non ho mai dovuto affrontare ostacoli o “lottare” più degli altri giocatori, né in Uruguay né in Italia. Ad essere sinceri, l’unica differenza tra me e gli altri calciatori dovuta al diabete consiste nel numero di certificati da ottenere e nei controlli da effettuare per poter giocare: il mio numero è “leggermente” superiore. Ma ci si abitua e, ben presto, anche il doversi sottoporre ad analisi e controlli è diventata una pratica di routine. Del resto, affrontare qualche piccola noia è sopportabile pur di entrare in campo. Ed il calcio mi ha premiato donandomi innumerevoli gioie: il passaggio dalla scuola calcio al settore giovanile della Defensor Sporting, squadra uruguaiana nella quale ho giocato fino al 2004; il contratto con la Sambenedettese, squadra della serie C1, ed il mio relativo trasferimento in Italia; il passaggio al Napoli, società con la quale ho vinto nel 2006 il campionato C1 e nel 2007 anche quello di B, raggiungendo la agognata serie A”. Poi, all’inizio di questa stagione calcistica, il 14 ottobre 2006, sono stato premiato dall’Associazione Italiana Medici Diabetologi come atleta diabetico dell’anno. La mia storia e la mia esperienza sono la dimostrazione di come le persone con diabete possono e debbono praticare sport; di come si può vivere una vita normale, felice e ricca di soddisfazioni. Camminando per Napoli, mi capita spesso, soprattutto da quando ho dichiarato pubblicamente di avere il diabete, di incontrare persone che si complimentano con me per come gioco e, soprattutto, per il coraggio e la determinazione di giocare nonostante il diabete. Ma io non sono eccezionale rispetto agli altri, non compio sforzi sovraumani; ho assecondato la mia passione, cercando di migliorare costantemente me stesso ed il mio livello di prestazione atletica, ed ho raggiunto così il mio sogno di bambino. Nicolas Amodio, 24 anni. Calciatore centrocampista uruguayano, caratterizzato da una notevole versatilità sul campo. Inizia la sua carriera nel Defensor Sportinng, squadra Uruguayana. Nel 2004 si trasferisce in Italia per giocare da professionista prima nella Sanbenedettese, squadra di Serie C1, e poi nella Società Calcio Napoli, squadra con la quale ha vinto, nel 2006 il campionato di Serie C e nel 2007 il campionato di Serie B. 137 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 138 Simone Donadello Ciclista 41. S ono Simone Donadello, ho 19 anni e fin da bambino lo sport ha occupato una parte significativa del mio tempo libero. Mi sono cimentato in varie discipline, quali il calcio, la pallavolo l’atletica. Tuttavia, è stato osservando le gesta del grande Marco Pantani, che all’età di 14-15 anni mi sono avvicinato al mondo della bici e ho cominciato a praticare il ciclismo a livello agonistico. Nel 2004 però, sono stato messo alla prova da una grande delusione: la morte di Pantani. Questo mi ha indotto ad abbandonare il ciclismo agonistico, anche se ho continuato a praticarlo come amatore. Contemporaneamente mi sono avvicinato ad una nuova disciplina: il triathlon. In quello stesso anno, però, mi ha colpito come un macigno la diagnosi del diabete di tipo 1. All’inizio certamente non è stato facile, soprattutto per il senso di confusione e di dubbio che la mia nuova condizione comportava. Ma proprio quando mi è stato prospettato di non poter più praticare sport ad alti livelli, come in una sfida con me stesso, ho deciso di riprendere con impegno le mie uscite in bicicletta, all’inizio con un po’ di titubanza, ma ben presto con l’intenzione di allenarmi nuovamente come un tempo. Il diabete certamente ha rappresentato una complicazione, che tuttavia ho voluto affrontare con determinazione. Questo mi ha permesso di comprendere approfonditamente i meccanismi della mia nuova condizione fisica e gli effetti che essa aveva sul mio corpo. Grazie all’esperienza così acquisita e al contributo di persone esperte, ho acquisito una completa e serena accettazione della malattia. Inoltre mi sono reso conto, contrariamente all’opinione comune, che il diabete non costituiva un limite insuperabile al raggiungimento dei miei obiettivi, anche se si trattava comunque di una strada in salita. Ed infatti, nel 2005, ho ottenuto una importante vittoria con me stesso: partecipare alla mia prima gara agonistica di triathlon dall’esordio del diabete, concluderla con un buon risultato sportivo e, soprattutto, senza alcun problema fisico. La mia gara, non è stata solo quella contro gli altri atleti: il mio vero avversario era dentro di me, era il diabete. Un avversario che ho 138 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 139 PROFILO battuto con il coraggio e la voglia di partecipare che mi hanno condotto a tagliare il traguardo, con l’emozione e l’entusiasmo di concludere un gara tanto difficile. Lo sport rappresenta per me una vera e propria terapia da affiancare all’insulina e svolge un’eccezionale azione sul controllo metabolico. Infatti, praticando sport, le mie glicemie si sono stabilizzate e ciò mi ha consentito di seguire una terapia insulinica ed un’alimentazione più flessibili. Sono state molte le iniziative cui ho aderito. Nel giugno del 2005, l’ANIAD (Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici), di cui faccio parte, mi ha proposto di attraversare l’Italia in bici, dal Mar Tirreno al Mar Adriatico, in una sola giornata, per un totale di 310km. Quell’estate, ho incontrato per la prima volta alcuni compagni sportivi con diabete e con loro, sotto la guida del prof. Pierpaolo De Feo di Diabete Italia, ho compiuto la “grande impresa”. La traversata non ha rappresentato solo un grande successo sportivo ma anche un importante risultato medico-scientifico grazie alla raccolta di numerosi dati sul metabolismo dei diabetici sotto sforzo. Questa esperienza ha segnato l’inizio di una grande amicizia all’interno del gruppo di ciclisti che ha poi condotto alla fondazione della prima squadra di ciclisti con diabete: C&D, cioè Ciclismo e Diabete. Oltre alla grande passione per le “due ruote”, ad unirci molto è stato il senso di appartenenza ad una stessa condizione di difficoltà, la voglia di fare esperienza e trasmettere la propria per aiutare gli altri, la volontà di far conoscere alla gente la verità sul diabete, il comune sforzo nel superare e vincere i propri limiti. In pochi mesi al gruppo fon- datore si sono iscritti oltre 120 ciclisti con diabete da tutta Italia. L’anno successivo ho partecipato ad una nuova impresa sportiva: l’attraversamento in bici dell’Europa continentale e delle sue sedi istituzionali: con l’obiettivo di sensibilizzare l’Unione Europea sulla nostra malattia, 7 temerari ciclisti con diabete, sempre accompagnati dal prof. De Feo, sono partiti dall’Italia ed in soli 7 giorni sono arrivati in Olanda, coprendo circa 1200km e attraversando 7 diverse nazioni europee tra cui la sede del Parlamento Europeo a Strasburgo. Questo è stato un importante successo per noi, ma anche una grande vittoria contro il diabete. Infatti abbiamo dimostrato che l’attività fisica e uno stile di vita sano sono la migliore prevenzione della malattia e abbiamo attirato l’attenzione delle istituzioni su questo grande problema sociale. Lo sport ha continuato a donarmi grandi soddisfazioni. Questa primavera ho conquistato il titolo di Campione Italiano dei ciclisti con diabete per la categoria master sport, alla seconda edizione del Campionato Italiano per ciclisti diabetici organizzata dalla C&D. Questa gara, oltre ad un successo personale, è stata un grande successo per il gruppo C&D, per tutti i diabetici e per le persone che lottano per superare i propri limiti. Ho sempre cercato di fare del mio meglio per superare le difficoltà presentate dalla vita, ho messo tutto il mio impegno per raggiungere i miei sogni e lo sport mi ha aiutato molto. È stato un ottimo strumento per migliorare me stesso e mi ha offerto l’opportunità di fare esperienze costruttive e dal grande valore umano, di incontrare molte persone importanti ed amici eccezionali. Simone Donadello, 19 anni. Studente Iscritto alla facoltà di Fisica dell’Università di Trento. Nel 2003 e 2004 pratica il ciclismo su strada agonistico nelle categorie allievi e juniores. Dal 2004 ad oggi pratica ciclismo amatoriale-agonistico e triathlon agonistico (nuotobici-corsa), raggiungendo diversi piazzamenti. È parte attiva dei progetti nazionali ed internazionali promossi dalle associazioni per i diabetici, tra queste l’ANIAD a cui è iscritto, ed la C&D (Ciclismo e Diabete), prima squadra di ciclisti con diabete. 139 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 140 Diego Franceschini Ciclista OLTRE IL MURO 42. S ono sempre andato in bicicletta, fin da quando ho memoria e ad 11 anni ho cominciato a partecipare a gare di ciclismo. Gara dopo gara, è nato in me lo stimolo a migliorare sempre di più le mie prestazioni, ad ogni costo, fino a raggiungere per primo il traguardo. Ho scoperto di avere il diabete nel 1984, all’età di 14 anni, ed allora le conoscenze scientifiche erano inferiori ad adesso, i medicinali molto meno efficaci e le tecniche di cura molto diverse. Ma gli ostacoli che ho dovuto affrontare per poter continuare a praticare sport non sono stati i “limiti” della tecnologia scientifica. I tabù riguardo lo svolgimento dell’attività fisica a livello agonistico per un paziente diabetico insulino-trattato hanno rappresentato gli ostacoli più grandi. Dopo la diagnosi, da un giorno all’altro ho dovuto lasciare tutti gli amici, i compagni di squadra con cui mi allenavo e tutto il mondo che si era creato intorno a me da quando avevo iniziato ad andare in bicicletta. E’ stata una pugnalata e ho avuto bisogno di tempo per assorbire l’impatto e reagire, ma reagire era l’unica cosa fare per raggiungere il mio obiettivo: “tagliare il traguardo per primo”. Da quel momento ho iniziato ad allenarmi seriamente, a fare tanti test, a provare con impegno, costanza e determinazione, a far convivere sport e diabete, per migliorare ogni giorno il mio controllo metabolico e la mia performance atletica. E grazie alla determinazione, alla forza di volontà che devi avere per superare i momenti difficili, alla mia famiglia che mi ha sempre supportato, assistito ed incoraggiato, al gruppo sportivo, agli amici, oltre che al mio attuale diabetologo, il Prof. Pierpaolo De Feo, sono riuscito a superare molte difficoltà, molti momenti difficili. I primi anni sono stati i più duri e difficili da superare perchè ho dovu- 140 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 141 PROFILO to accettare la mia nuova condizione e, allo stesso tempo, ho dovuto accettare anche di adottare le precauzioni necessarie per praticare sport a livello agonistico. Ma non ho ‘mollato’, ho tentato sempre di migliorarmi, non mi sono mai accontentato di ‘prendere ciò che viene’, dovevo “tagliare il traguardo per primo, a tutti i costi”. E, dopo tanti allenamenti, tanti test e tanti momenti difficili, il sogno si è finalmente avverato: sono riuscito a tagliare per primo il traguardo ad una gara di mountainbike disputata, tra l’altro, a 2 km da casa. Ho vinto per distacco e ricordo ancora gli ultimi 200 metri percorsi tra gli applausi e le ovazioni delle persone che accoglievano la mia prima vittoria assoluta. È stata un’emozione fortissima che ha annullato immediatamente tutti gli sforzi fatti per arrivare fino lì. La vita simile a quella gara: tanti sforzi, tanti sacrifici, tante sofferenze, poi un giorno, quando meno te lo aspetti, ti regala piacevoli sorprese e tu puoi finalmente sollevare le braccia al cielo. E’ da circa sei anni ormai che pratico attività fisica a livello agonistico, mi alleno con costanza e, spaziando nelle varie discipline, partecipo a più di quaranta gare per stagione. Ogni fine settimana mi confronto con persone non affette da patologie, ho raccolto varie vittorie, raggiunto traguardi importanti come ad esempio aver vestito negli ultimi due anni la maglia azzurra della nazionale Master in occasione dei campionati del mondo disputati a St. Johann in Tirol – Austria. Presentarsi ai nastri di partenza del campionato del mondo con la maglia azzurra è un’emozione unica. Indossare la maglia azzurra ti trasmette una carica fortissima, straordinaria, sai che in quel momento rappresenti la tua nazione e sei stato scelto per tenere alti i suoi colori, quindi non puoi fallire. Conservo gelosamente nella mia camera da letto un poster autografato regalatomi dalla campionessa olimpionica Paola Pezzo in occasione di una gara che porta il suo nome. Lei ha scritto: “Io sono fatta così, mi metto in testa un obiettivo e lavoro per raggiungerlo. È incredibile quanti sacrifici si possono fare con la forza di volontà”. Ho fatto subito tesoro di queste parole e anch’io ho sempre lavorato per raggiungere un obiettivo, facendo sacrifici e non perdendo mai la determinazione. Così facendo è tutto meno gravoso e difficile. Il ciclismo si sposa perfettamente con il diabete: entrambi hanno bisogno ogni giorno di ricerca, costanza ed impegno per poter migliorare. Ognuno di noi con la forza di volontà ed un buon autocontrollo può acquistare autostima, e raggiungere grandi risultati nello sport e, soprattutto, nella vita. Io, nel mio piccolo, ho fatto e continuo a fare questo. Ho migliorato molto il mio tenore di vita e sono soddisfatto di essere riuscito a raggiungere traguardi che credevo non fossero mai alla mia portata. La mia esperienza è una chiara testimonianza che tutte le persone con diabete, tutti coloro che si trovano ad affrontare situazioni difficili, possono raggiungere i propri sogni reagendo alle avversità. Diego Franceschini, 37 anni. Disegnatore tecnico in una azienda meccanica. Gareggia su strada e in mountain bike a livello agonistico dal 2000. In cinque anni ha disputato più di 200 gare raggiungendo spesso i vertici delle classifiche. Nell’agosto 2005 arriva a concorrere con la Nazionale Italiana Amatori per i Campionati del Mondo su Strada a St. Johann in Tirol (Austria). E’ stato riconvocato anche per l’edizione 2006 che si è svolta dal 24 al 27 agosto sempre a St. Johann. Fa parte dell’Associazione C&D (Ciclismo e Diabete) prima squadra di ciclisti con diabete fondata nel 2005. 141 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 142 David Panichi Ciclista 43. M i chiamo David Panichi e sono nato a Perugia da un parto gemellare. La mia vita è stata ricca di belle esperienze, vissute con la mia famiglia soprattutto attraverso il ciclismo. Infatti, anche i miei due fratelli, Umberto e Luca, sono appassionati di ciclismo ed hanno praticato questo sport per molto tempo, giungendo fino alla categoria dei dilettanti e riportando ottimi risultati. Nel 1997 mi è stato diagnosticato il “diabete” e la mia vita ha preso una direzione diversa. Questa patologia non mi era del tutto sconosciuta, l’avevo già “incontrata” prima. Una mia zia era diabetica. Ma non avrei mai immaginato che il diabete potesse far parte della mia vita. Sono sempre stato amante dello sport e ho continuato a praticarlo anche dopo la diagnosi. Inizialmente mi sono limitato a delle belle passeggiate, in compagnia di amici e nelle pause dal lavoro. Poi, progressivamente, ho capito che tramite una buona attività fisica, ero in grado di migliorare gli “sbalzi” della glicemia e prevedere una parziale diminuzione della quantità di insulina da inglobare nel corpo. Tre uscite settimanali sono state il mio ritmo per diversi anni. Il ciclismo è uno sport difficile, impegnativo, ma affascinante, dove la carica emotiva è enorme e la passione ti coinvolge e ti permette di portare lo sguardo al di là delle colline e dei passi dolomitici, donandoti la volontà e la forza di superare gli ostacoli, permettendoti di reagire al meglio a qualsiasi evento o situazione. Il sacrificio e l’impegno nel raggiungere un obiettivo ti portano ad aumentare la voglia di fare, di andare avanti, di auto-stimolarti per poi godere della consapevolezza di sentire il tuo fisico reagire e stare bene, accettandoti così come sei e pensando che si può sempre migliorare. L’energia che applichi sui pedali è la stessa con cui affronti la vita di tutti i giorni, proprio perché senti e sei convinto di stare bene con te stesso nonostante le difficoltà. 142 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 143 PROFILO Sulla scia dell’entusiasmo, ben presto ho partecipato a diverse gare, limitandomi sempre a percorrere i tragitti meno impegnativi, dove ho sempre privilegiato non i risultati ma l’esigenza di portare una testimonianza della mia esperienza “dentro” lo sport, soprattutto insieme ai miei amici con diabete. Lo sport aggrega e crea complicità e sprona ad un miglioramento costante. Nel corso delle gare, può accadere di vedere ciclisti in difficoltà in salita ed avere la forza di aiutarli a “scollinare” e può accadere anche di condividere con gli altri la propria esperienza soprattutto quando ti guardano con perplessità mentre ti controlli la glicemia, ed eventualmente devi fare iniezione di correzione in corsa. Ho partecipato a molte iniziative con l’obiettivo di contribuire a far si che persone con diabete si avvicinino allo sport e al ciclismo con l’intento di migliorare la propria qualità di vita. Nel 2005 ho partecipato alla “Tirreno-Adriatico” per ciclisti con diabete, una traversata di oltre 300 km in un solo giorno coordinata dal Professor Pierpaolo De Feo, di Diabete Italia, e dall’ANIAD (Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici). L’anno successivo ho affrontato nuovamente la stessa traversata che, però, si è svolta in tre giorni. Il maggior tempo di percorrenza ha consentito la partecipazione di più atleti con diabete e di professionisti del mondo ciclistico, come Simone Masciarelli, e di altri sport, come il calciatore Fabrizio Ravanelli. Queste esperienze sono state un forte stimolo a portare avanti il messaggio che fare sport, soprat- tutto il ciclismo, consente di stare bene, di migliorare la propria condizione fisica e psicologica. Sempre nel 2006 ho partecipato ad un tour europeo, organizzato da Diabete Italia e da Novo Nordisk, in cui 7 atleti con diabete, me compreso, insieme a Pierpaolo De Feo, coordinatore del Gruppo Attività Fisica Diabete Italia, hanno attraversato in bici 7 nazioni europee in 7 giorni per promuovere lo sport come strumento per migliorare la qualità della vita e la cura del diabete. Sulla nostra maglietta era scritto “Changing Diabetes”, il nome della la campagna promossa da Novo Nordisk al fine di modificare la percezione del diabete. Questo tour è stato il primo importante passo per determinare una sorta di monitoraggio scientifico della prestazione fisica di atleti colpiti da diabete. Credo molto nel potere terapeutico dello sport tanto che con l’associazione C&D (Ciclismo e Diabete), sto organizzando l’”Insuline bike tour” in Sardegna un’iniziativa che coinvolge i bambini ed i giovani con diabete. Lo sport è fondamentale per me, è uno strumento di socializzazione e di aggregazione e aiuta a convivere con il diabete spronandoti a migliorare e a superare i limiti. Vorrei poter dire a tutte le persone con diabete che “praticare sport” significa star bene con se stessi e con il mondo. E per sentirsi bene non occorre essere campioni. David Panichi, 38 anni. Impiegato nel settore manutenzione di una nota azienda dolciaria, si dedica con passione al disegno, alla lettura ed alla bicicletta. Fin da bambino ha praticato diversi sport ma la sua vera passione è il ciclismo. Ha partecipato a numerose “Gran Fondo” ed iniziative sportive come ad esempio la "Tirreno-Adriatico" per ciclisti con diabete. Fa parte dell’Associazione C&D (Ciclismo e Diabete) prima squadra di ciclisti con diabete fondata nel 2005. 143 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 144 Marco Peruffo Alpinista ALPINISMO: TRA GIOCO E PASSIONE 44. I ncrocio lo sguardo compiaciuto ed orgoglioso di Giacomino, dieci anni appena compiuti, ma già molti di tenera vita alle spalle condivisa con il diabete, mentre racconta, concitato, alla sua mamma e ai suoi fratelli, l’impresa compiuta il giorno precedente: è un profluvio di parole e di emozioni che sgorgano con l’irruenza di un fiume in piena. Racconta dei crateri, dei fumi di zolfo, della sabbia vulcanica, della discesa a rotta di collo giù per canaloni di finissima ghiaia e ancora della neve che, per la prima volta, ha calpestato vicino alla bocca dell’Etna. In poche ed incisive frasi condensa le fasi salienti della scalata: la stanchezza, i momenti di difficoltà così come la gioia della cima, forse per lui la prima di una serie di giornate intense da custodire a lungo tra i propri ricordi. La Montagna, quella vissuta in piccole e grandi fatiche quotidiane, è stato l’elemento che ha accomunato per qualche tempo la mia passione di alpinista errabondo ad un manipolo di coraggiosi ragazzi diabetici siciliani nella salita all’Etna, ciascuno portando con se il proprio modo di essere, le proprie origini, le proprie emozioni ed il proprio modo di percepire il diabete. Frammenti di vita e di luce, di scoperta, unici ed irripetibili. E’ la magia che si rigenera ogni qualvolta si va per monti e si sale verso l’alto: la rivelazione di una realtà separata, un nuovo e diverso mondo dove poter esprimere se stessi. È la magia insita in quell’intrinseco piacere di godere la pace con noi stessi e l’armonia con il “tutto” rappresentato dalla natura, regalata a chi è disposto a mettersi in discussione, misurandosi con la fatica non solo di salire, ma forse ancor di più, con la fatica di capire e di capirsi. 144 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 145 PROFILO Ecco allora che l’alpinismo e con esso la Montagna, appaiono come un’occasione preziosa per crescere, alle volte anche in modo assai efficace e dove l’andar per monti raffigura solo l’aspetto fisico, esteriore, di un cammino che inizia dal sentiero dell’anima. Grazie all’alpinismo sono riuscito ad accettare il diabete, prendendo atto di una alterazione del mio stato di salute che mi ha consentito di guardare la vita da un’altra prospettiva. Ogni traguardo raggiunto è stato e sarà un qualcosa in più rispetto alla vita stessa. Una cima raggiunta ha un sapore del tutto particolare, perché la vera partita si gioca altrove, su di un altro piano: non mi è possibile infatti realizzare un grande progetto alpinistico senza considerare attentamente il diabete, inseparabile compagno di viaggio e di cordata. Desiderare dunque di migliorarsi e alle volte anche di superarsi, significa assumersi la responsabilità di ampliare i propri orizzonti e le proprie conoscenze, con impegno e tenacia, cercando di tirar fuori il meglio di sé in un instancabile lavoro di approfondimento sulle variabili che incidono sulla vita e, soprattutto, capendo le dinamiche sottese al diabete. Una scalata non vale certamente la vita ed in questo senso l’alpinismo è stato un buon mentore insegnandomi a valutare le difficoltà e a parametrarle alle capacità. Una scalata ad 8000 metri, come ho avuto la fortuna di compiere, non giovano alla salute di nessuno, figurarsi ad una persona con diabete. Ma il bagaglio di esercizi necessari per centrare un simile obiettivo, anche in ter- mini educativi, hanno comportato in me radicali cambiamenti nello stile di vita e nell’approcciarmi ad essa. In quest’ottica, il diabete complica la sfida con la ricerca di equilibri sottili e fragili, quasi effimeri. Proprio perché sottoposti a queste difficoltà, si perde paradossalmente l’esigenza del risultato ad ogni costo e ci si concede il lusso di lasciare più spazio al “come” piuttosto che al “dove”: l’azione per il gusto di agire, il viaggiare per viaggiare. Questa consapevolezza mi aiuta ad uscire dagli schemi e dai pregiudizi. Mi consente di vivere la montagna in grande libertà e leggerezza, senza nulla togliere alla determinazione e alla voglia di arrivare il più in alto possibile. In questo senso la mia normalità passa attraverso la diversità vista dagli altri. Non è importante poi scoprire se quello che si è riusciti ad ottenere non è così lontano dalle prestazioni dei cosiddetti “normali”; questo poco importa. Questa concezione della pratica alpinistica mi ha condotto ad una posizione diametralmente opposta al concetto del “no limits”: la montagna è il campo di gioco ed i limiti individuali di ciascuno ne costituiscono le regole da accettare se si vogliono consapevolmente ridurre al minimo i potenziali rischi. Ogni volta che parto, ogni volta che lego la corda in vita, prima di staccare i piedi da terra, rammento queste regole in una prassi oramai rituale e quasi propiziatoria. E sono indipendente nella fantasia e felice come un bambino con il suo gioco. Marco Peruffo, 38 anni, diabetico di tipo 1 (insulino trattato) dall’età di 10 anni, è laureato in giurisprudenza e funzionario nella pubblica amministrazione dal 1998. Da circa venti anni coltiva la passione per l’alpinismo: è stato il primo diabetico italiano e secondo al mondo a scalare una montagna di 8000 metri senza l’utilizzo di ossigeno supplementare né l’aiuto di portatori d’alta quota. È fondatore e presidente dell’associazione di promozione sportiva A.D.I.Q. (Alpinisti Diabetici In Quota) che dal 2001 promuove l’attività fisica in montagna tra i giovani con diabete. 145 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 146 Pippo Pipitone Podista 45. I l 17 gennaio1996, il mio medico di base mi ha telefonato dicendomi: “Pippo, stai calmo, prepara l’occorrente per il ricovero in ospedale. Hai 525 di glicemia, sei diabetico a tutti gli effetti”. Potrà sembrare strano, ma in quel momento ho sentito qualcosa dentro di me che diceva, “È arrivato il momento di pensare veramente a te stesso”. Ed è stato realmente così! Da allora sono più forte, ho scoperto in me molta grinta e tanta forza di volontà. La parola “Diabete” ha avuto il potere di cambiare le vecchie abitudini e nello stesso tempo di migliorarmi. Fin dall’infanzia, la mia passione e la mia “maestra di vita” è stata la pratica sportiva. Lo sport mi ha insegnato ad avere rispetto ed autostima, mi ha aiutato a socializzare e ad affrontare e superare tante situazioni difficili che si sono presentate nel corso della vita, come la famosa telefonata del 17 gennaio 1996. Lo sport è per me così importante che, appena ho saputo di essere diabetico, ho temuto di non poterlo più praticare. Infatti, poter praticare sport è stata una sfida impegnativa: non solo ho dovuto comprendere come gestire la patologia, ma ho dovuto affrontare anche molti ostacoli, tra cui i pregiudizi legati all’associazione “sport” e “diabete”. Con il trascorrere degli anni, ho superato anche questi; il mio amico diabete ha voluto premiarmi. Siamo entrati in sintonia, e la consapevolezza di poter correre senza “controindicazioni” mi ha donato molta sicurezza. Una sicurezza che ho costruito e alimentato con attenzione e costanza. Si, la mia passione è la corsa o il cosiddetto “running”: una disciplina nobile ed antica, che aiuta il corpo e libera la mente, che richiede sacrificio, fatica, perseveranza e costanza. Elementi fondamentali che sono necessari anche per poter convivere con il diabete. 146 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 147 PROFILO Ero felice! Lo sono tutt’oggi, felice di avere trovato l’esatto connubio tra sport e diabete. Così, con il trascorrere degli anni sono arrivati i primi risultati. Ho corso la mia prima Maratona, con un tempo cronometrico straordinario. Ricordo che già al 40° chilometro, in pieno centro storico di Palermo, ho cominciato a piangere pensando alle ore di allenamento massacranti, vedendo le postazioni di bottiglie d’acqua lungo il percorso, pensando che ero giunto alla fine e che tutti i sacrifici fatti stavano per essere premiati con l’arrivo al traguardo. La maratona è la regina della corsa su strada. L’emozione di correre per la prima volta una maratona è fortissima e ti lascia il segno. Bisogna essere esperti, attenti a sapere distribuire nel modo giusto tutti gli elementi necessari per poter avere successo. Correre una maratona è simile a gestire il “Diabete”. Dopo questa prima esperienza ho partecipato a molte gare ed ho corso ben 10 Maratone, numerose mezze maratone da 21 chilometri ed altre gare di distanze più brevi. Ho ottenuto molte soddisfazioni, come ad esempio abbattere il muro delle 3 ore, risultato che ho raggiunto nel 2003 alla Maratona di Roma. Durante l’anno disputo circa 20 gare ufficiali della F.I.D.A.L. (Federazione Italiana di Atletica Leggera), e mi alleno 4/5 volte a settimana, con una media di circa 15 chilometri a seduta, solo quando preparo una maratona i chilometri aumen- tano e l’allenamento viene programmato in maniera più selettiva. Il mio completo da corsa è ormai diventato il “vestito della domenica”, le gare sono molto frequenti e quasi ogni fine settimana si ci può cimentare in una competizione ed assaporare il gusto di stare insieme agli altri e condividere pensieri e tecniche di corsa. Il mio amore per la corsa, il mio impegno in questo sport, ha dato meravigliosi frutti. Sono stato premiato, nel settembre 2006, presso il salone d’onore del Coni di Roma come uno degli undici migliori atleti diabetici italiani. Sono campione italiano atleti diabetici sulla mezza maratona 2006, e campione italiano atleti diabetici sui 10 chilometri 2007. Sono fiero di aver raggiunto questi risultati e vorrei che tutte le persone con diabete potessero fare le mie stesse esperienze. Vorrei poter dire ai “miei amici diabetici” che non fanno sport, magari per paure o pregiudizi, “io non sono superman, queste cose le potete fare anche voi e anche voi potete dire liberamente, ‘io corro insieme al diabete’”. Lo sport ormai fa parte di me, come il diabete, come mia moglie e come le mie figlie; lo pratico per divertimento, per rilassarmi e riesco a renderlo agonistico quando voglio. “...non corro per dimostrare qualcosa, ma correndo dimostro qualcosa”. Giuseppe Pipitone, 40 anni. Lavora alla Provincia di Trapani. Fin dall’infanzia ha la passione per la corsa podistica. Si allena costantemente con l’intento di divulgare il messaggio “Corri insieme al Diabete”. Ha corso numerose maratone con tempi ragguardevoli. È campione italiano Atleti Diabetici di mezza maratona 2006 e campione italiano Atleti Diabetici sui 10.000 metri 2007. 147 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 148 Monica Priore Nuotatrice 46. S ono Monica Priore, ho 31 anni ed il diabete mi è stato diagnosticato all’età di 5 anni. Non è stato semplice accettarlo e conviverci. Per diversi anni ho nutrito molta rabbia verso il mondo intorno a me e mi sentivo diversa ed inferiore agli altri. A 12 anni mi sono avvicinata per la prima volta al mondo dello sport, entrando a far parte di una squadra di pallavolo. Quando ho intrapreso questo cammino le paure dei miei genitori e dei medici sono state molte, ma scoprire lo sport è stata una rinascita. Pian piano è cresciuta in me la voglia di reagire alla malattia. Ricordo che durante gli allenamenti con la squadra di pallavolo guardavo le mie compagne e mi sentivo inferiore. Credevo di non potercela fare, avevo un problema che loro non avevano, spesso stavo male e mi sentivo debole, però mi piaceva giocare. Lo sport è stato ciò che mi ha aiutato a superare il senso di inferiorità e di diversità. In ogni allenamento non solo svolgevo gli stessi esercizi delle mie compagne ma, a volte, ne facevo anche di più e ciò mi dava una carica positiva. A 19 anni ho cambiato disciplina e mi sono dedicata al nuoto, uno sport che mi ha appassionato da subito. Praticando il nuoto è aumentata in me la consapevolezza che il diabete non doveva più gestire la mia vita, ma dovevo essere io a gestire lui. Sono state innumerevoli le difficoltà affrontate per ottenere il certificato per praticare il nuoto a livello agonistico, ma non sufficienti a fermarmi. Infatti sono entrata a far parte della squadra master della A.S.D. Sottosopra Brindisi, ed ho gareggiato con atlete con la mia stessa passione per lo sport, ma non con il mio “problema”. Questa è stata la mia più grande vittoria. Ho partecipato a diversi campionati Regionali e Nazionali. Qualche medaglia l’ho vinta e la cosa mi ha reso felice. Sono state molte le soddisfazioni ottenute. L’11 settembre 2006, 148 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 149 PROFILO presso la sala d’onore del CONI di Roma, ho ricevuto il premio Changing Diabetes. Questa premiazione, organizzata dall’ANIAD – associazione della quale faccio parte dal 2004 – con la collaborazione della casa farmaceutica Novo Nordisk, ha significato molto per me perché è stata realizzata con lo scopo di dimostrare come il modo di percepire le persone con diabete possa cambiare attraverso lo sport. Inoltre, il 23 Aprile 2007, durante la cerimonia delle “Stelle al merito sportivo e medaglie al valore atletico”, ho ricevuto un premio dal CONI della provincia di Brindisi. La targa che mi è stata consegnata ha come titolo “la Forza dello Sport”, a testimonianza del fatto che grazie allo sport chiunque può trovare la forza per reagire. Ma la soddisfazione più grande, la realizzazione di un sogno, l’ho ottenuta il 21 luglio 2007 quando ho raggiunto il mio più grande obiettivo: attraversare a nuoto lo stretto di Messina e gridare al mondo intero: “sono DIABETICA ma ci provo, basta volerlo!!!!”. Sono molto soddisfatta della riuscita di questa impresa, tutti i sacrifici fatti sono stati premiati. Ho percorso circa 4,5 km in un ora e quaranta minuti, è difficile descrivere le emozioni provate, l’accoglienza riservatami dalle altre persone con diabete è stata fantastica. Ho visto nei loro occhi la gioia: la mia impresa è stata la loro impresa. C’è poco da fare, per me lo sport è vita, mi dà la forza di andare avanti nonostante le difficoltà della quotidianità e le difficoltà impartite dalla malattia. Posso dire con certezza che il diabete non è un limite, ma una marcia in più. La vita probabilmente la si guarda da un’altra prospettiva, ma è pur sempre vita, nulla ci è precluso basta solo volersi bene ed andare avanti. Mi auguro di cuore di aver dato, nel corso della mia esistenza e con la mia esperienza, un piccolo contributo a vivere diversamente il diabete. Spero che tutte le persone incontrate sin ora e quelle che incontrerò nei prossimi anni, si ricordino di me come una ragazza che ha tanta voglia di vivere e che ha fatto del diabete la sua forza!!! Monica Priore, 31 anni. All’età di 11 anni comincia ad avvicinarsi al mondo sportivo entrando a far parte di una squadra di pallavolo. La sua militanza nella squadra cessa quando nessun medico vuole prendersi la responsabilità di rilasciarle il certificato di idoneità medica di cui necessita. Decide allora di cambiare sport ed inizia a praticare nuoto. Nel febbraio 2004 partecipa al suo primo campionato regionale aggiudicandosi una medaglia di bronzo. Il 23 Aprile 2007 ha ricevuto la targa del CONI di Brindisi la “Forza dello Sport”. 149 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 150 Mauro Sormani Alpinista 47. S ono Mauro Sormani ed il diabete mi è stato diagnosticato all’età di 9 anni. Lo sport ha sempre fatto parte della mia vita ed il diabete non ha mai limitato la mia passione. Ho sempre praticato molta attività fisica individualmente o in compagnia di amici, ma l’idea di partecipare a gare, manifestazioni e progetti di alto livello agonistico è nata leggendo. Ora vi racconto come. Da ragazzo su una rivista a cui ero abbonato, lessi di un concorso per partecipare ad una spedizione alpinistica fino al campo base dell’Everest. Gli interessati avrebbero dovuto compilare un questionario e spiegare le motivazioni per le quali gli organizzatori avrebbero dovuto finanziare il loro sogno. Ero diabetico da più di otto anni ed ero ben allenato. Lo sport non era mai stato un problema, lo praticavo tutti i giorni spronato sia da mio padre che dal mio diabetologo. Al questionario avrei dovuto rispondere: sono diabetico e vorrei dimostrare che con un’adeguata preparazione e volendolo davvero tutto è possibile, persino arrivare al campo base dell’Everest. Quella lettera non la scrissi mai e dopo qualche mese dimenticai tutto. Qualche anno dopo sullo stesso mensile lessi un articolo riguardante un triatleta italiano che, nonostante il diabete, prendeva parte regolarmente a gare di triathlon e mirava a partecipare all’Ironmen, ovvero il percorso “standard” più impegnativo del triathlon (3,8 km a nuoto, 180 km in bici e 42 km di corsa). In fondo vi era riportato il nome e l’indirizzo dell’associazione che lo sosteneva: l’ ANIAD (Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici). Fu semplice reperire un recapito telefonico dell’associazione ed iscrivermi. L’associazione proponeva diverse iniziative, molte di mio gradimento; fra le tante proposte decisi di aderire ad un campionato sociale sulla mezza maratona a Venezia. In quella occasione conobbi persone con le quali avevo in comune, non solo il diabete, ma anche la passione dello sport. Successivamente partecipai ad altre entusiasmanti iniziative come ‘Il Lazio corre per vincere il diabete’ e ‘Corri attraverso la Campania’ ed aderii ad una serie di competizioni dedicate ai pazienti diabetici. 150 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 151 PROFILO Contemporaneamente continuai ad allenarmi nello sci di fondo, sport che pratico fin da ragazzino, puntando alle competizioni invernali. Il miglioramento della mia capacità aerobica mi stimolò ad inseguire risultati sempre più prestigiosi e a partecipare alle più quotate gare di categoria. Conseguii la qualificazione ai Campionati Nazionali Juniores e vi partecipai ottenendo onorevoli risultati. Presi parte alle prime maratone sugli sci, maturando la capacità gestionale sia della resistenza sia della terapia insulinica. Partecipai poi all’innovativo progetto ‘DISK’, Diabetici Italiani sul Kilimanjaro, dove ebbi modo di confrontarmi per la prima volta con l’alta quota e le asperità delle montagne. L’amicizia formatasi durante il viaggio con gli altri atleti coinvolti nel progetto incrementò la mia passione e migliorò, con una serie di escursioni impegnative sulle Alpi, la mia esperienza alpinistica. Partecipai anche alla spedizione ‘Ascensia Cho-Oyu 2002’, nella tanto sognata Himalaya, dove raggiunsi la quota di 7.560m. senza ossigeno e senza portatori, ovvero le persone che provvedono ad installare le tende, fornelli, sacchi a pelo ed alimenti necessari al bivacco degli alpinisti. Insomma, realizzai quanto sognato da ragazzo con una serie di fortunate coincidenze nate dalla sola ricerca spontanea dell’attività fisica e del divertimento. Dopo la spedizione sull’ Himalaya, mi occupai della preparazione di tre giovani atleti di Sormano, la città dove vivo, portandoli alla vittoria del campionato mondiale a squadre della categoria juniores nella disciplina dello ski roll e venni coinvolto di conseguenza ad assumere il ruolo di tecnico nella squadra nazionale. Durante gli inverni successivi mi preparai ad affrontare le numerose ultramaratone di sci organizzate in diverse parti del mondo. Partecipai e conclusi sempre nelle prime posizioni alcune delle competizioni più faticose e prestigiose, come la Vasaloppet di 90km e la Marcialonga di 75km, e sviluppai relazioni dettagliate che presentai in seguito al Congresso Internazionale di Montecatini su diabete e attività fisica nel 2004. L’anno successivo, tornai nuovamente in montagna con la spedizione internazionale ‘ISLET’ (International Snow Leopard Type 1) nell’altopiano del Pamir, sul monte Peak Lenin di 7.134m, dove salii e scesi con gli sci dalla quota di 6.800m. Nell’aprile del 2006 partii con mia sorella per la Groenlandia con l’obiettivo di concludere l’Arctic Circle Race, una competizione di sci di fondo di 160km suddivisa in tre tappe consecutive. Raggiunsi la terza posizione in classifica generale. Ed ora…, non so quale potrebbe essere la mia prossima meta, le idee sono talmente tante che occorre obbligatoriamente scegliere, le passioni sono diventate innumerevoli e per realizzare qualcosa serve grande motivazione e impegno. Se tornassi indietro di dieci anni per fantasticare sul mio futuro, non avrei pensato nemmeno lontanamente a tutto questo. Sono state tutte esperienze inattese, imprevedibili e proprio per questo entusiasmanti. Coltivare sogni, viverli e crederci fino in fondo porta grandi emozioni che rimangono per sempre nel cuore. Mauro Sormani, 29 anni. Inizia l’attività agonistica all’età di 8 anni. Nei periodi estivi acquisisce esperienze nello ski roll che lo porteranno ad occuparsi della preparazione di tre juniores conquistando la vittoria del titolo mondiale a squadre nel 2002. Grazie a questo viene convocato come tecnico allenatore della squadra nazionale Italiana di Ski Roll, carica che riveste attualmente. Ottimo fondista di sci, ha partecipato a numerose gare come la Vasaloppet.Nazionali Juniores e vi partecipai ottenendo onorevoli risultati. Presi parte alle prime maratone sugli sci, maturando la capacità gestionale sia della resistenza sia della terapia insulinica. Partecipai poi all’innovativo progetto “DISK”, Diabetici Italiani sul Kilimanjaro, dove ebbi modo di confrontarmi per la prima volta con l’alta quota e le asperità delle montagne. 151 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 152 Mauro Talini Ciclista “Il diabete non è un limite anzi lo considero una scuola di vita” 48. S ono Mauro Talini, ho 34 anni e dal 1984 mi è stato diagnosticato il diabete. Una sentenza molto difficile da ascoltare; tante parole tecniche, una di fila all’altra, alle quali non sapevo dare un significato concreto. Nei primi anni di convivenza con il diabete ho cercato, per quanto possibile, di ignorarlo. Non l’accettavo, lo rifiutavo, lo vedevo come un limite, un elemento a me estraneo che portava disagio e scompiglio nel mio quotidiano. Malgrado il dottore e la famiglia mi sollecitassero ad effettuare i controlli, nei primi dieci anni non li ho ascoltati. Poi con il passare del tempo, grazie all’esperienza e alla maturità che arriva, ho capito che era importante fermarsi un attimo. Accettare e vivere la malattia per quella che è, non sentirla più come un limite, ma piuttosto come uno stimolo per migliorarsi e condurre una vita regolare. Questa consapevolezza è stato il mio nuovo punto di partenza, la bicicletta ha fatto il resto. Sì, perché grazie allo sport, ho intravisto quello spiraglio che mi avrebbe dato sostegno emotivo e supporto fisico per affrontare questo inaspettato capitolo della mia vita. La mia passione per l’attività fisica risale all’adolescenza, quando ho cominciato a giocare a calcio e a praticare il ciclismo a livello agonistico. Il lavoro poi si sa, rallenta un po’ tutto, ma dal 2001 ho ripreso ad allenarmi con serietà e, cosa più importante, con un sogno: pedalare su strade diverse, lontane, straniere. E’ iniziata così la mia lunga avventura in sella alla nuova compagna a due ruote. 152 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 153 PROFILO Nel 2003 sono partito alla volta di un “piccolo” tour del centro Italia; in sette giorni ho pedalato per 1246 Km. Nel 2004 in collaborazione con l’Associazione Nazionale Italiana Atleti Diabetici (ANIAD), la Novo Nordisk e il comune di Massarosa, ho ripercorso le strade del centro, attraversato quelle del sud Italia, isole incluse, e alla fine dei 15 giorni di viaggio il mio contachilometri segnava 2359 Km. Un risultato grandioso, quasi il doppio del precedente. L’anno successivo, ho raggiunto i 2664 Km passando per i tre principali santuari d’Europa: Lourdes, Santiago De Campostela e Fatima. Questa è stata una delle esperienze più significative, una meravigliosa passeggiata intrisa di emozioni difficile da ricordare solo con le parole. Il forte entusiasmo e la grande tenacia hanno fatto sì che nel 2006 raggiungessi sempre e solo in bicicletta le città di Vienna, Bratislava, Czestochowa, e poi ancora Cracovia, Berlino, Amsterdam con una media giornaliera di 162 Km per un totale di 3252 Km. Anno dopo anno la strada percorsa è diventata sempre più lunga e le mie performance sono davvero migliorate nel tempo. Così ho deciso di sfidare anche il 2007, con un tour attraverso la Svizzera, la Germania, la Danimarca, la Svezia, la Finlandia, la Norvegia con meta principale a Capo Nord e conclusione del giro a Tromso. I numeri di quest’ultima avventura sono stati: 39 giorni per 5665 km percorsi. Oggi posso sicuramente ritenermi soddisfatto per questi successi, ma non mi considero ancora arrivato. Non posso rinunciare a quel sottile piacere che deriva dalla scoperta di nuovi angoli di mondo, dall’ incontro di nuove persone, dalla soddisfazione di tagliare un traguardo immaginario, ma preziosissimo per me. Queste lunghe passeggiate solitarie sono un momento ideale per stare con se stessi e cogliere il senso di questa sfida che è la vita. I miei viaggi sono come percorsi dell’anima che racchiudono in sé gioia, sofferenza, razionalità, irrazionalità, sorpresa. La mia esperienza dimostra che con l’impegno, la costanza, la serietà e la cura, nessun obiettivo è precluso alle persone con diabete. E’ questo il messaggio che mi sento di voler trasmettere a tutti coloro che hanno ritrovato nella mia storia qualcosa della propria. Le mie sono parole di coraggio e di speranza, per continuare a pedalare con vigore anche, e soprattutto, se la strada è in salita. Ricordate che l’isolamento e l’arrendevolezza non ripagano. Mai. Qualsiasi sia il sogno da realizzare o la meta da raggiungere è necessario intraprendere il cammino il prima possibile! Mauro Talini, 33 anni. In età adolescenziale ha praticato diversi sport, tra cui il ciclismo e calcio a livello agonistico. Partecipa a numerosi tour ciclistici, vanta una distanza di 2664 Km toccando i più importanti santuari d’ Europa. Il suo obiettivo è dimostrare che il diabete non crea impedimenti alla pratica sportiva e che, tramite lo sport, si ottengono benefici fisici e psicologici. 153 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 154 Mattia Tanza Alpinista 49. A ccade tutto in un attimo, accade che ti volti un secondo e ti ritrovi con un nuovo futuro. In quell’attimo, in quel frangente, non hai tempo di chiederti cosa lasci, non hai tempo nemmeno di pensare a cosa troverai, semplicemente cerchi di capire cosa accade ed inizi a giocare a scacchi su un nuovo terreno di gioco, forse ancora più complicato. A sedici anni la vita è movimento, voglia di guardare, sentire, toccare, provare emozioni ed è così che si scoprono le passioni, le reali necessità, ciò che più di tutto ci realizza. In quei giorni credo di avere cercato anch’io una passione e, son certo, di averla trovata. In quei giorni particolari in cui avevo necessità di andare, di muovermi, di sentire, di provare emozioni ho incontrato le montagne. Muovendomi a piedi e sugli sci ho iniziato a sentire, toccare, provare: da allora tutto è stato un crescendo. Ho iniziato a vivere la montagna camminando. Questo è stato il mio approccio allo sport, non proprio il primo dato che, in tenera età, vari tentativi, tra cui calcio e karate, erano andati falliti. Ed ecco invece la folgorazione: potersi muovere il libertà tra le montagne di casa. Ho iniziato camminando, poi correndo, poi ho messo un paio di sci ai piedi per vivere l’inverno, per poi passare alla roccia e quindi all’arrampicata evoluta fino allo scalare i flussi d’acqua ghiacciati e le pareti innevate. Come con la montagna, in un attimo, anche il diabete è piombato nella mia vita; ma se, quando ho iniziato, delle montagne già conoscevo qualcosa, del diabete conoscevo ben poco, avevo solamente l’idea che fosse un gran scocciatura. In quei giorni correvo spesso dato che al terzo anno di università l’orario flessibile delle lezioni e la vita fuori casa mi permettevano di dedicare a me stesso molto tempo. Vivevo sul lago di Como e quasi ogni giorno salivo a Brunate di mattino presto per guardare il lago dall’alto del faro. I primi giorni pensavo di essere solo 154 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 155 PROFILO stanco, poi la sensazione è diventata sempre più fastidiosa. Dimagrivo e non capivo. Correvo e camminavo ma ogni volta dovevo fare un grande sforzo per trovare le energie necessarie, finché un giorno ho smesso di muovermi. Poi, a distanza di un mese, il solito iter: ricovero, iniezioni, glicemia, emoglobina, ipoglicemia, iperglicemia, dimissioni dall’ospedale. Mentre familiarizzavo con la terminologia, la mia mente elencava gli obiettivi della stagione arrampicatoria, le montagne da scalare ed i luoghi nei quali viaggiare. Ma ogni meta ed ogni obiettivo si arrestavano di fronte a questo nuovo ostacolo. “Cosa farò?” mi domandavo. La complicità di un medico, anche lui appassionato di montagna, e una voglia di andare infinita hanno fatto il resto: pochi giorni dopo le dimissioni sono andato ad arrampicare su una montagna vicino a casa e ho provato la prima tosta ipoglicemia. A distanza di pochi mesi mi sono cimentato in alcune gare di scialpinismo scontrandomi con la difficoltà di gestire sforzi intensi e prolungati. Ora, dopo vari tentativi, diabete e montagna si coniugano nelle mie giornate rendendo ogni cosa un po’ più semplice. Avere una grande passione per tutte le discipline collegate alla montagna mi permette di associare alla cura della malattia un consistente dose di attività sportiva in ogni stagione dell’anno. La voglia di viaggiare ed esplorare mi porta in giro per il mondo ma richiede costanti ed intensi allenamenti che, ogni volta, mettono alla prova la mia capacità di comprensione e gestione del diabete. Rinnovo ogni giorno questo impegno nello sport nel tentativo di convivere al meglio con la malattia. Ora, a distanza di un po’ di tempo, la gestione del diabete è più semplice e la convivenza un po’ meno forzata. Questi risultati sono dovuti anche ai traguardi raggiunti in giro per il mondo: nel 2003 ho attraversato lo Hielo Continental Sur in Patagonia, esplorando con gli sci ai piedi uno dei ghiacciai più belli della terra, nel 2006 è stata la volta del Pik Lenin, alta montagna del Kirghizistan, ed ora, nel 2007, ho potuto visitare le isole Svalbard in Norvegia, territorio al limite del circolo polare artico. Questi sono solo alcuni dei sogni alpinistici che avevo e che nonostante il diabete sono riuscito a realizzare. Nel mio immaginario vi sono le montagne del mondo e la natura incontaminata pronta per essere vista ed, in parte a modo mio, esplorata. Queste esperienze vissute con l’associazione Alpinisti Diabetici In Quota mostrano un modo diverso di convivere con il diabete, ma soprattutto testimoniano che non bisogna porsi limiti nella realizzazione dei propri sogni. Ora appoggio la penna e guardo la foto di quella stupenda montagna appesa al muro, prossimo luogo da visitare, provo la glicemia, esco sul balcone e guardo la linea dell’orizzonte laddove si chiude sulle montagne di casa. Il sole ormai tramonta, illuminando altre valli e altri posti, la voglia di muovermi e di viaggiare mi infiamma di nuovo mentre sogno ad occhi aperti la nuova metà convinto che nulla mi sia precluso. Mattia Tanza, 27 anni. Diplomato in ingegneria dell’ambiente e delle risorse presso il Politecnico di Milano nel 2003, è attualmente impiegato presso una società di ingegneria che ha sede in provincia di Bergamo. Da sempre vive e frequenta le montagne dell’alta Val Seriana dove ha sviluppato la passione per l’alpinismo. Gareggia dall’età di 18 anni in competizioni di scialpinismo partecipando a diverse edizioni del Sellaronda Ski-Marathon e a vari Rally e gare del circuito delle Alpi Centrali. L’ultima avventura affrontata risale all’Aprile del 2007 alle isole Svalbard nei pressi del Circolo Polare Artico dove ha compiuto un'attraversata di 200 km in totale autonomia. 155 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 156 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 157 LE CONCLUSIONI 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 158 Pierpaolo De Feo Direttore Centro CURIAMO (Centro Universitario di Ricerca Interdipartimentale Attività Motoria) Università degli Studi di Perugia 50. Diabete e attività fisica quale tipo, intensità e quantità? L a pratica regolare dell’attività fisica sia di tipo aerobico che anaerobico ha effetti benefici per le persone con diabete mellito di tipo 2 (DM2). Numerosi lavori scientifici dimostrano che sia le attività puramente aerobiche che quelle anaerobiche, inclusi gli esercizi di forza supervisionati in palestra, sono in grado di ridurre la glicemia e l’emoglobina glicosilata nelle persone con diabete. Da un punto di vista fisiopatologico tutte e due le tipologie di esercizio sono indicate nel DM2. L’attività aerobica ha sicuramente una maggiore evidenza di efficacia negli studi epidemiologici per la riduzione del rischio cardiovascolare e della mortalità da tutte le cause, quella di forza è utile ad aumentare la massa muscolare che, soprattutto, agli arti inferiori è poco conservata nelle persone con DM2 ed obesità. Un programma ideale dovrebbe, pertanto, includere tutte e due le tipologie pri- 158 vilegiando l’impegno temporale a favore delle attività aerobiche. Nel disegnare un programma di attività fisica non bisogna dimenticare la personalità ed il vissuto della persona con diabete. Se è vero che l’attività fisica va considerata come un farmaco per modalità e dosi di somministrazione bisogna anche confrontarsi con la realtà di una persona che è stata sedentaria per tanti anni e che da un punto di vista psicologico può avere delle difficoltà ad accettare il cambiamento. Perciò tutti i programmi di attività fisica, anche quelli apparentemente semplici, vanno concordati in dettaglio con la persona con diabete per quanto riguarda la durata, la frequenza e l’intensità. I volumi dei carichi dovranno crescere in maniera molto graduale cominciando con dei compiti giudicati dalla persona con diabete molto facili da eseguire. Non bisogna avere fretta nell’aumentare i carichi di lavoro dato che il nostro obiettivo principale è quello di assicurare l’adesione a lungo termine al programma e, quindi, si deve evitare il rischio di infortuni. Una regola pratica è non suggerire mai incrementi settimanali superiori al 5-10% sia per quanto riguarda l’intensità che la durata. Per quanto riguarda gli aspetti più tecnici, la collaborazione con il medico specialista in medicina dello sport è fondamentale. I carichi di lavoro, infatti, vanno individualizzati in base alla valutazione funzionale della persona con diabete con test da sforzo come si fa per la pianificazione dell’allenamento degli atleti agonisti. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 159 F. Attività Fisica Raccomandazioni Al fine di migliorare il controllo glicemico, favorire il mantenimento di un peso corporeo ottimale e ridurre il rischio di malattia cardiovascolare, sono consigliati almeno 160 minuti/settimana di attività fisica aerobica di intensità moderata (60-70% della frequenza cardiaca massima) e/o almeno 90 minuti settimana di esercizio fisico intenso (>70% della frequenza cardiaca massima). L’attività deve essere distribuita in almeno tre giorni/settimana e non ci devono essere più di due giorni consecutivi senza attività. (Livello di prova I, Forza della raccomandazione A) Quando il programma di attività fisica è più blando tipo suggerire di camminare o altre attività aerobiche di moderata intensità si possono seguire le linee guida suggerite dalle Società scientifiche internazionali. Di recente sono state pubblicate le raccomandazioni aggiornate dell’American College of Sports Medicine e dell’American Heart Association che confermano il suggerimento di praticare attività fisica aerobica ad intensità moderata per almeno 30 minuti al giorno per 5 giorni alla settimana o intensa per un minimo di 20 minuti al giorno per 3 giorni alla settimana. A queste attività vanno associate almeno 2 giorni alla settimana delle attività fisiche volte ad aumentare la forza e la resistenza muscolare. Le raccomandazioni delle Società Scientifiche si applicano a tutte le persone senza e con diabete. Nello specifico le persone con diabete e di età più avanzata possono giovarsi di semplici camminate a passo svelto per vedere importanti benefici in termini di salute. I risultati del nostro studio di Perugia sono riportati in questo stesso documento. Per assicurare l’adesione a lungo termine ai programmi di attività motoria è essenziale che la persona con diabete sia seguito nei suoi progressi ed i programmi rivisti in base ai miglioramenti ottenuti. BIBLIOGRAFIA Di Loreto C, Fanelli C, Lucidi P, Murdolo G, De Cicco A, Parlanti N, Ranchelli A, Fatone C, Taglioni C, Santeusanio F, De Feo P. Make your diabetic patients walk: long-term impact of different amounts of physical activity on type 2 diabetes. Diabetes Care 2005; 28: 1524-25. De Feo P, Stocchi V. Physical activity for the treatment and prevention of metabolic syndrome. Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Diseases 2007; 17: 327-331. Kirk A, De Feo P. Strategies to enhance compliance to physical activity for patients with insulin resistance. Appl Physiol Nutr Metab. 2007;32:54956. Haskell WL et al. Physical activity and public health: updated recommendation for adults from the American College of Sports Medicine and the American Heart Association. Medicine & Science in Sports & Exercise 2007; 39: 1423-1434. Standard italiani per la cura del Diabete Mellito. AMD, SID, Diabete Italia. 2007. Ed. Info-Medica. 159 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 160 Pierpaolo De Feo, Chiara Di Loreto Università degli Studi di Perugia - Direttore Centro C.U.R.I.A.MO. (Centro Universitario di Ricerca Interdipartimentale Attività Motoria) Università degli Studi di Perugia 51. Proposta di intervento integrato multidisciplinare implementazione in Italia delle linee guida internazionali I l diabete mellito di tipo 2 è ormai presente in quasi tutte le popolazioni e le evidenze epidemiologiche suggeriscono che, senza una efficace prevenzione e adeguati programmi di controllo, la sua prevalenza continuerà ad aumentare in tutto il mondo. Le proiezioni per i prossimi decenni inducono a parlare di PANDEMIA del diabete. Al fine di elaborare una strategia di prevenzione di questa dilagante patologia, i rappresentanti dell’International Diabetes Federation (IDF) sono convenuti nel 2006 in un workshop che ha generato delle indicazioni sulle strategie a cui attenersi per prevenire nuovi casi di diabete e rallentare la comparsa di complicanze nei diabetici già diagnosticati. Nonostante la predisposizione genetica sia indispensabile, il rapido incremento della prevalenza del diabete tipo 2 è legato al cattivo stile di vita (sedentarietà, dieta ricca 160 in grassi). Non a caso questa malattia ha conosciuto un drammatico incremento in quelle popolazioni che hanno rapidamente occidentalizzato il proprio stile di vita, cambiando alimentazione e riducendo l’attività fisica con conseguente incremento del soprappeso e dell’obesità. Per quanto non sia possibile modificare i fattori genetici, molto si può fare sullo stile di vita e a questo proposito l’IDF, sulla base dei risultati della letteratura medica internazionale, ha stilato un piano internazionale di prevenzione del diabete mellito tipo 2 basato sul controllo dei fattori di rischio modificabili e rivolti a due gruppi di popolazione: • soggetti a rischio di sviluppare il diabete di tipo 2; • intera popolazione: Misure di prevenzione rivolte ai soggetti a rischio di diabete: • praticare attività fisica di moderata intensità (es. camminata a passo svelto) almeno 30’ al giorno, possibilmente tutti i giorni della settimana; • cercare di mantenere il normopeso; • cercare di ridurre il proprio peso del 5-10% se si è in soprappeso/obesi; • preservare il giusto peso per l’altezza nei bambini. Misure di prevenzione per la popolazione generale rivolte ai Governi: • Patrocinato: supportare le associazioni nazionali e le organizzazioni non governative; costituire delle “casse” per la prevenzione; 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 161 • Comunità: promuovere l’educazione al corretto stile di vita (alimentazione e attività fisica) nelle scuole; prevedere percorsi e spazi riservati alla pratica di attività fisica all’aperto (piste ciclabili, aree verdi); sostenere la predisposizione di impianti sportivi per la popolazione generale; • Legislazione e fisco: analizzare prezzo, etichettatura e avvertenze sugli alimenti; ridisegnare l’ambiente urbano e le infrastrutture al fine di facilitare la pratica dell’esercizio fisico; • Privati: promuovere un corretto stile di vita sul posto di lavoro; assicurare politiche di condotta nell’industria alimentare che promuovano cibi sani; • Comunicazione: aumentare la conoscenza dei rischi di uno scorretto stile di vita e motivare attraverso radio, TV, ecc., a cambiarlo. Anche in Italia si sente forte la necessità di intervenire in modo sistematico e multidisciplinare, per arginare la pandemia del diabete visto che i livelli di attività fisica della nostra popolazione sono tra i più bassi in Europa mentre l’obesità infantile è la più alta in Europa. Dovrebbe essere rivisto il sistema educativo scolastico, il sistema delle infrastrutture per favorire in sicurezza l’attività motoria anche per recarsi a scuola o al lavoro e per quanto riguarda la persona con diabete è necessario dare maggiore importanza all’educazione terapeutica (formando personale qualificato) e all’attività motoria come terapia mediante l’utilizzazione di operatori appositamente formati quali i Laureati del Corso di Laurea di Scienze Motorie che collaborano con i Diabetologi. 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 162 52. Il nostro punto di Vista Tante Parole, Ora Agiamo R iscaldamento globale, obesità, terrorismo, povertà, disordini politici, malaria e HIV/AIDS. Le minacce al mondo sono numerose. Essenzialmente si tratta di minacce globali; alcune sono collegate fra loro e non rispettano i confini delle nazioni. Il diabete è stato per lungo tempo un membro silenzioso di tale gruppo. Ma il 20 Dicembre 2006 le Nazioni Unite hanno adottato una Risoluzione storica che riconosce il diabete quale seria minaccia a livello mondiale e spinge tutte le nazioni a fornire cure per il diabete e a migliorarle. In sintonia con questo momento storico del diabete,un momento importante è stato il Global Changing Diabetes Leadership Forum a New York, il 13 ed il 14 marzo di quest’anno. 162 Al Forum, decison-maker ed opinion-leader di 21 nazioni del pianeta hanno preso atto della situazione, hanno interagito ricercando nuove soluzioni e si sono impegnati a tornare a casa ed adoperarsi in maniera decisiva per cambiare il diabete nei loro paesi. Il Forum è stato caratterizzato principalmente dal senso di urgenza. Il diabete potrebbe divenire la peggiore pandemia del 21° secolo e noi non avremo scuse se non cambiamo ora il corso della storia. Sappiamo che tra i nostri figli ed i giovani di tutto il mondo si sta sempre più diffondendo l’obesità e che il sovrappeso aumenta il rischio di diabete di tipo 2. Sappiamo che si tratta di un problema che ricade in maniera sproporzionata sui più poveri e che stiamo correndo il rischio di crescere la prima generazione di ragazzi che vivranno meno dei propri genitori. Sappiamo che entro il 2025 circa 380 milioni di persone nel mondo avranno il diabete e che molti di loro saranno allora nel loro periodo di vita più produttivo. Sappiamo che si tratta di una bomba ad orologeria che minaccia il benessere delle persone ed i sistemi sanitari di tutte le nazioni del mondo. Alla luce di questa conoscenza è obbligatorio agire. Stiamo entrando in un’era di interdipendenza globale. Che lo vogliamo o no non possiamo sfuggire l’uno all’altro. Questo ci conduce ad una responsabilità condivisa. La sfida è trasformare questa responsabilità in un 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 163 movimento effettivo per cambiare il diabete. Il Leadership Forum ha individuato quattro condizioni fondamentali per infondere la spinta necessaria: Abbiamo bisogno di affrontare la negazione del problema da parte dei politici e dell’opinione pubblica – la Risoluzione delle Nazioni Unite sul diabete costituisce un importante primo passo. Abbiamo bisogno di un impegno trasversale nelle aree della politica – il diabete non è solo un problema che riguarda i Ministri della Salute. Abbiamo bisogno di un approccio sia a livello globale che locale – possiamo imparare molto dalla lotta all’HIV/AIDS e dalle altre malattie croniche non trasmissibili. Abbiamo bisogno di nuove alleanze e del coinvolgimento del settore privato – i lavoratori dipendenti sostengono una larga parte del peso del diabete ed è chiaramente nel loro stesso interesse unirsi alla lotta per sconfiggerlo. Al Leadership Forum ci si è trovati concordi anche sui più importanti punti fermi della riforma della cura del diabete: dobbiamo riconoscere la complessità della malattia ed affrontarla nella totalità del suo ciclo, dobbiamo misurare il valore del trattamento per i singoli pazienti e dobbiamo condividere questa informazione, ed infine dobbiamo creare una impostazione sociale che sostenga uno stile di vita sano. Per quando riguarda la pandemia diabete è ovvio che raggiungere più persone con medicine e dispositivi per la somministrazione è solo una parte della soluzione. Come rilevato al Leadership Forum, affrontare le questioni relative allo stile di vita, cambiare l’impostazione della società e fornire accesso alla sanità sono componenti egualmente fondamentali della sconfitta del diabete. Ecco perché bisogna che i politici, i rappresentanti dei governi, i professionisti del sistema sanitario, le persone con il diabete ed i loro famigliari e tutte le componenti pubbliche e private interessate al problema devono lavorare assieme. Insieme, dobbiamo trovare le modalità per fronteggiare la malattia agli stadi iniziali. Prevenire è meglio che curare e curare prima è molto meglio che curare dopo. Quindi dobbiamo promuovere consapevolezza nell’opinione pubblica e rendere possibili la diagnosi preventiva e gli schemi di intervento precoce. E’ inaccettabile che la negazione del problema, la mancanza di coordinamento ed il taglio dei costi siano di ostacolo ad una cura migliore. Una delle aree in cui bisogna impegnarsi per facilitare il cambiamento, è quella della trasparenza dell’assistenza sanitaria. Nel business, uno dei principi è che ciò che puoi misurare puoi gestire. Noi crediamo che questo principio possa essere applicato anche alla sanità. Quindi promoviamo la misurabilità quale strumento per guidare l’azione e promuovere il cambiamento nel diabete. E siccome sappia- mo quanto importante sia concentrarsi su ciò che dà risultati per i pazienti, ci siamo impegnati a misurare la natura del trattamento del diabete ora disponibile Ed il risultato del trattamento a livello di singolo paziente. E una parte dell’impegno sarà implementare a livello internazionale il “Changing Diabetes Barometer”. Un barometro che deve essere realizzato tramite partnerships e che contribuirà a fissare le priorità ed i target per i piani d’azione a livello nazionale. Questo non solo nel campo dei target glicemici e metabolici, ma andando ad analizzare le effettive barriere che esistono oggi al raggiungimento di una condizione diabetica ottimale. Studiare ad esempio come l’attività motoria se non attuata correttamente, o peggio ancora la sedentarietà può annullare completamente i benefici che potrebbero derivare da un appropriato piano terapeutico Per dimostrare che il percorso attuale può effettivamente essere cambiato, e per ispirare l’azione, bisogna sostenere piani per il diabete a livello nazionale in favore dei giovani ed attraverso progetti concreti aiutando gli insegnanti ed i genitori a combattere il diabete nelle scuole e nelle case in tutto il mondo, attraverso l’adozione di stili di vita appropriati. Migliorare la qualità di vita delle persone con diabete e prevenire attraverso un corretto stile di vita è un obiettivo reale su cui bisogna impegnarsi. L’attività motoria in questo senso è una condizione 163 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 164 importante sulla quale puntare in maniera decisa. Ormai evidenze sociali e cliniche dimostrano in maniera chiara come l’attività motoria è un punto cardine nel successo di qualunque piano terapeutico e per fare questo bisogna sempre di più agire trovando sinergie politiche e sanitarie. Inserire competenze professionali nuove nei team specialistici, come il laureato in scienze motorie, promuovere ricerche psicosociali sulla persona con diabete, ampliare il dibattito coinvolgendo l’opinione pubblica, i media e trovare nuove alleanze, sono le cose su cui puntare in maniera chiara e decisa. Siamo consapevoli della sfida e non possiamo permetterci di fallire. La buona notizia è che sappiamo anche come è fatta una buona cura del diabete e su come si può cercare di mettere un argine a questa moderna pandemia. Abbiamo parlato molto. Ora agiamo 164 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 165 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 166 changing diabetes 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 167 7558 loreto libro.qxd:Layout 1 25-10-2007 15:58 Pagina 168 Coordinamento Scientifico: Pierpaolo De Feo Chiara Di Loreto Coordinamento Editoriale, grafica e impaginazione: Creativagroup Coordinamento Redazionale: Arianna Baroni Federico Serra Volume stampato nel novembre 2007 168