Versilia - Gianluca Tenti

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Versilia - Gianluca Tenti
I luoghi di Monsieur
La Capannina, da 75 anni appuntamento fisso
per chi vuole divertirsi con stile. E poi il Grand
Hotel Principe di Piemonte, oggi rinato a nuovo
splendore: l’Eldorado italiano è una striscia di
sabbia lunga solo una decina di chilometri che,
da sempre, è una calamita per chi ama il bien vivre
extravagante
versilia
[ DI
GIANLUCA TENTI
]
S I A M O N E G L I A N N I 30 E I L M A R E DAVA N T I A V I A R E G G I O È D E C I SA M E N T E AG I TATO . FAT TO C H E N O N I M P E D I S C E A I P R I M I P R AT I CA N T I D E L S U R F I N I TA L I A
DI CERCARE LE ONDE PIÙ ALTE. AL CENTRO DELLA FOTO, LA SAGOMA DEL GRAND HOTEL PRINCIPE DI PIEMONTE, OGGI TORNATO ALL’ANTICO SPLENDORE.
I luoghi di Monsieur
La sera dell’8 agosto la Capannina festeggia
i suoi 75 anni con un concerto di Gino Paoli
s
Sono le 5,30 del mattino. Il fascino di una notte che sfuma con le prime luci dell’alba, che timidamente fanno capolino dalla catena delle Apuane, carezzando le cave di marmo da dove Michelangelo faceva estrarre i blocchi per plasmarli in capolavori. È un filo di luce che
fa danzare il pulviscolo poco sopra il parquet della Capannina, che i
più chiamano locale storico, ma in realtà è museo vivente del divertimento. C’è giusto il tempo di assaporare l’ultima flûte di quel nettare degli dei che l’etichetta vuole Krug 1990. E poi ecco la fiammella,
alta 2 centimetri, prima dei puff al Cohiba Esplendidos, il preferito,
forse per l’aroma femminile della torcedora che lo ha creato dalle parti di El Laguito. È questo il vero lusso di un Monsieur.
Il solito tavolino basso coperto dalla tovaglia verde nella veranda di
una Capannina immutata nel tempo, la vera signora della notte, che
quest’estate festeggia i suoi primi 75 anni. Fabio, il fedele barman,
serve un piatto di bandiere (grissini di forno con fetta di crudo spagnolo tagliata a mano), un po’ di grana, rigorosamente a scaglie, e un
paio di toast. «Perché questo è il rito dei grandi», confida Gherardo
Guidi, il patron della Versilia che ama il divertimento non urlato. Non
c’è nessun altro, com’è giusto che sia a quest’ora dell’alba. I giovani
bene di Firenze e Milano, dopo una nottata di balli e nuove conquiste,
sciamano con le auto fin da Anacleto, la pasticceria che sforna brioche e cappuccini verso l’Aurelia. Ma tra tante fuoriserie da far impallidire il più qualificato salone dell’automobile c’è ancora chi rinnova il mito della biciclettata fino alla villa di famiglia, dove il riposo è assicurato almeno fino alle 3 del pomeriggio (perché andar
prima sulla spiaggia non è mai stato chic). Ti guardi intorno e cer-
chi di capire com’è possibile che, da queste parti, le case arrivino a
costare 13mila euro a metro quadro. Certo, la valutazione è quella di
Roma Imperiale, il quartiere nobile del Forte. Poco distante, sì e no tre
minuti di pedalata, proprio davanti alla villa della Versiliana che fu di
Gabriele D’Annunzio, i prezzi scendono, ma solo a 9mila euro.
E poi laggiù, in fondo al rettilineo d’asfalto che scorre parallelo al mare, laggiù dov’è Viareggio, si arriva a 6mila euro. Paragoni che fanno
sorridere davanti alle quotazioni di Portofino o Porto Cervo. Per la
verità, il culto dell’ospitalità, nell’immaginario della pubblicistica, è
Saint-Tropez. O al limite Cannes, la Côte d’Azur. Può essere Capri,
se non Giardini Naxos. E invece, da più di un secolo, è Versilia:
quella striscia di sabbia lunga una decina di chilometri, da Oliviero
al Cinquale, fino ai Cantieri Perini, tutta pettinata dai bagnini. Con
i Bagni tutti uguali eppure diversi: la ghiaia bianca per far parcheggiare dolcemente l’auto e la bici. La reception e le cabine di legno colorate che sembrano uscire da un quadro di Telemaco Signorini. Il bar,
ritrovo della bella gioventù. E poi le tende: due lettini, due sedie da
regista e due sdraio, coperte di telo morbido e prezioso, davanti a un
tavolinetto di legno. Non a caso le chiamano «sabbie nobili».
Questa è qualità della vita. Lo capisci girando il mondo da viaggiatore. Abituato al Royal club delle Spa internazionali. Nelle metropoli come nelle isole più esclusive. Ovunque si perfezionano
per raggiungere un livello di servizio che qui, in terra di Versilia, è
scolpito nel Dna. Ha un costo, certo. Com’è giusto che sia. Per una
stagione la tenda è quotata sui 20mila euro. C’è chi si ostina a crederla una follia. Ma provate a chiedere se c’è uno spillo libero.
I N A LTO , S E R ATA DA N Z A N T E A L G R A N D H OT E L P R I N C I P E D I P I E M O N T E N E G L I A N N I 50 . I N AU G U R ATO I L 2 3 L U G L I O 1 9 2 2 C O M E S E L E CT PA L AC E H OT E L ,
L ’ A L B E R G O CA M B I Ò D E N O M I N A Z I O N E N E L 1 9 3 8 , I N BA S E A L L E D I R E T T I V E D E L R E G I M E FA S C I S TA , C H E AV E VA M E S S O A L BA N D O I N O M I N O N I TA L I A N I .
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APPOGGIATA A UNA DELLE COLONNE D’INGRESSO DEL GRAND HOTEL PRINCIPE DI PIEMONTE, UN’OSPITE SI METTE IN POSA PER IL FOTOGRAFO. L’IMMAGINE
È DEGLI ANNI 30, QUANDO NELL’ALBERGO, TRA GLI ALTRI, SOGGIORNAVANO IL PRINCIPE FILIBERTO DI SAVOIA, IL CONTE DI TORINO E I DUCHI DI PISTOIA.
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Italo Balbo ammarava di fronte alla
Capannina per un aperitivo. Poi volava subito via
I luoghi di Monsieur
e
NEGLI ANNI 50 E 60 LA CAPANNINA ERA FREQUENTATA DA BELLE DONNE COME JOSEPHINE BAKER E ABBE LANE (QUI SOPRA, DA SINISTRA), DA PLAYBOY
COME BABY PIGNATARI E DA PUGILI COME IL COLOURED RAY SUGAR ROBINSON (A DESTRA). SOTTO, GHERARDO GUIDI, PROPRIETARIO DEL LOCALE DAL 1977.
QUI SOPRA, NELLA FRANCESCHI, MOGLIE DEL FONDATORE DELLA CAPANNINA, TRA I FIGLI GUIDO E NEVIO. DIETRO LA SPALLA DI QUEST’ULTIMO FA CAPOLINO
UN GIOVANISSIMO CORRADO MANTONI. AL CENTRO, RAY CHARLES ED EDITH PIAF CON ACHILLE FRANCESCHI. A DESTRA, RAGAZZA IN COSTUME HAWAIANO.
E qui non basta neppure la raccomandazione. Se uno riesce a entrare
nelle grazie di un Bagno, deve poi superare un esame: il muro delle
generazioni. Cos’è? Quel fenomeno tipicamente versiliese che impone un’anzianità di presenza per potersi assicurare la tenda più vicina al mare. Un fenomeno a scalare, una fila da rispettare, anno dopo anno (ovviamente s’inizia dal fondo). Altrimenti perché si direbbe
«stessa spiaggia stesso mare»? Fabio è tornato. Porta le brioche calde e un delicato cappuccino, mentre nella testa ronzano questi pensieri. E la Capannina è qui, a raccontare la storia della vera protagonista di quest’arte dell’accoglienza. La inventò Franceschi, il sor
Achille. Il visionario illuminato. Già sindaco del Forte dei Marmi e
proprietario del Grand Hotel. Correva l’anno di grazia 1929 e sul lungomare, proprio dove finiva la strada (oggi controviale pedonale), davanti a Villa Hildebrand dov’era confinato Curzio Suckert poi Malaparte, volle preparare un locale «rustico». Per quei suoi ospiti che
volevano farsi un giro di carte al tramonto, bere un sorso fresco e svagarsi. E rustico lo era davvero, quell’ambiente: tre tavole di legno, una
tela di sacco e qualche frasca. Sì e no quattro metri per quattro, alle soglie della pineta a mare, selvatica, con gli arbusti che popolavano la rena. Lo tinse di verde, arancio e avorio, i colori storici di quella poesia che volle chiamare
Capannina perché così l’aveva battezzata
una graziosa fanciulla. Per coronare il
suo nuovo sogno (dopo esser stato sindaco del Forte, aver fatto costruire il
Grand Hotel ma, soprattutto, dopo essersi bruciato una fortuna), Achille Franceschi chiese e ottenne in prestito dalla
moglie Nella mille lire, perché tante ne
valeva il capanno per gli attrezzi dei pescatori che lui distrusse per farne un ambiente di ritrovo.
sergio che, volendo riposare il pomeriggio, chiese di smetterla con quel
grammofono. Detto fatto, Achille Franceschi rinunciò al costoso macchinario e lo sostituì con una band di musicisti di colore.
L’eco di questo locale nato quasi per caso fu tale che sul litorale versiliese si precipitò Nando Gazzoni con le sue Buick, che poi prestava ai nobili. Fu il primo industriale in assoluto a essere accolto
nel Gotha della Capannina. Fu il capofila di un’intera Confindustria di ospiti: Barilla, Pirelli, Marzotto, Rizzoli e Pesenti. Fino a
intere generazioni di frequentatori. I Moratti. Gli Agnelli. C’è
un gustoso aneddoto che Gherardo Guidi ama ricordare. «Edoardo Agnelli, quel gran signore, stava entrando in Capannina con Marinella Ruffo, quando fu fermato da un gioielliere ambulante. La
Ruffo s’invaghì di una trousse che costava 25mila lire. Agnelli, invece di acquistarla, volle giocarsela con l’ambulante al gioco delle
tre palline. Stabilirono la posta di 5mila lire a colpo. E per dieci colpi consecutivi Agnelli non vinse. Finì così per pagare quella trousse 100mila lire, più altre 25mila. E, come cadeau, al gioielliere ambulante fece arrivare la nomina a cavaliere...».
Gherardo Guidi in quegli anni non era alla guida della Capannina. Ci arriverà nel ’77. Ma a queste storie, a questi aneddoti, è legato come a un amore. È lui a indicare, dal corridoio a mare, il luogo dove ammarò Italo Balbo, il quadrunviro, nel 1931. Balbo ammarò circa sei mesi dopo la trasvolata atlantica. E Achille Franceschi, ignaro dell’identità dell’abile pilota, gli mandò incontro un patino, col fidato Nico. Quando tornò, il barman, col fiatone, rispose che era arrivato il trasvolatore degli oceani. E in suo onore
Franceschi rispedì il patino con un Negroni. Da quel giorno Balbo ammarò sempre al largo della Capannina, dove si faceva attendere da una fiammante Alfa Romeo. Testimone dei fatti, oltre a
Guido Franceschi (figlio di Achille), fu Indro Montanelli, che
sovente ricordava l’episodio. Questo racconta la Capannina, nell’alba
segnata dal rombo del mare che urla burrasca. Ricorda e racconta,
La Versilia, all’epoca, era terra di frontiera. A Viareggio splendeva il
Principe di Piemonte, inaugurato nel 1922 per la bella clientela. E, a
pensarci bene, anche la sua rinascita poche settimane fa è un motivo
in più per far festa, con i suoi piani tutti in stile diverso e con i fasti di
ospiti come Edoardo VIII e Wallis Simpson (cenavano sempre nella
camera 34) che tornano a vivere. Poco distante, Torre del Lago ospitava le fatiche di Giacomo Puccini e ovunque era un trionfo di Liberty
che avrebbe segnato, per sempre, Galileo Chini e la sua Art Nouveau.
Ma in quella pineta che degradava a mare non c’era niente se non un
abitato che si era appena conquistato l’indipendenza da Pietrasanta.
E Achille Franceschi, che sognava pure un Casinò da far invidia a Montecarlo. Poi spuntò come un fungo questa Capannina.
Il 15 agosto del 1929. Non distante dal Quarto platano, dove il caffè era un pretesto per discutere tra Carrà, Soffici, Maccari, Papini e Montale. In quel lembo di litorale tirrenico che, ben presto, si
sarebbe conquistato il titolo di «più alta densità artistica del mondo». La fecondazione di questa terra è datata, a onor di cronaca, anni 10, per via di Bocklin, Rilke e Thomas Mann, che ambientò qui
Mario e il mago. Poi più niente. Se non, appunto, quella baracca sul
mare, dove spopolava un barman tedesco declinato alla francese che
di nome faceva Nico. A lui si rivolgevano assetati i principi Belmonte e Del Drago (che arrivava con la Bugatti). Ma anche i
conti Piccolomini e Rucellai. I duchi Visconti di Modrone, il marchese Cinzano. Mentre la marchesina di Montemayor, con Sandra
della Gherardesca, apriva il tavolo da bridge.
Visto il successo di quella Capannina, il sor Achille decise di demolirla
per la stagione successiva, per poi ampliarla e mettervi una cucina.
La fisarmonica, che saltuariamente faceva capolino, fu sostituita da
un Pansthorp Brunswich che costava 26mila lire. E la musica s’irradiò
nell’aria festante del nuovo locale dalla tromba del grammofono. Fu
un successo inarrestabile. Con Curzio Malaparte che, infuriato,
protestò (salvo poi venire a più miti consigli). E con la duchessa D’As-
Curzio Malaparte era infuriato
proprio come Gherardo Guidi che, in onore del fondatore, non ha
mai voluto cambiare quel «di Franceschi» sull’insegna del locale, alla faccia di chi insegue protagonismi fatui.
Di gente, in Capannina, ne è passata. Volti noti, rampolli di casate, dinastie e imperi finanziari. Lo ricorda Susanna Agnelli nel suo
Vestivamo alla marinara. Lo ricordano i vecchi volumi dei cantori
della Versilia, in primis Aldo Valleroni, il giornalista che portò Luis
Armstrong a Sanremo imponendogli una propria canzone dal titolo Mi va di cantare, prima di farlo scendere dalle parti di Viareggio. Ma c’è tutta la storia di questa affascinante 75enne che non
può essere dimenticata. Perché è qui che è cresciuta la gioventù rilanciata sul grande schermo dal film Sapore di mare... C’è il tempo per un caffè che inebria l’animo.
C’è l’estate del 1934, quando Achille Franceschi s’inventò per
Ferragosto il Gran galà della farfalla. I lampioncini colorati illuminavano le bottiglie di champagne. Poi, tra i balli e il risotto, don
Gaetano di Borbone e Manuelita Suarez, Gazzoni e Gabriellina di
Montemayor, chiamarono a gran voce Achille che, preso il megafono, svelò il segreto delle «farfalle»: erano le cambiali che doveva
pagare l’indomani e che non avrebbe onorato senza la generosa partecipazione del suo pubblico. Nel 1939 un incendio rovinò il mito, ma non lo distrusse. Perché, dopo due mesi di lavoro infernale, la struttura (modificata nelle dimensioni che conserva ancora oggi) era di nuovo pronta a sfidare tutto. E tutti.
Ci sono le foto di Colombo a ricordarcelo. C’è Gherardo Guidi che
indica il tavolinetto vicino all’ingresso dove sedeva Gianni Agnelli: voleva quello perché con un cenno della testa poteva far rifiutare
l’accesso al locale a un volto non gradito. E al piano superiore, dove ora sono gli uffici in legno che sembrano la cambusa di una nave, l’Avvocato dormiva quando il portone della villa familiare era
stato chiuso da un pezzo per «dare una lezione al giovane ribelle».
Poi venne la guerra. La Capannina fu chiusa dal fascismo.
perché la musica del grammofono lo disturbava
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La ristrutturazione è stata radicale ma del tutto
Per salvarlo, il pavimento in legno fu trasferito in
fretta e furia nella soffitta dell’Hotel Franceschi.
Le bottiglie di liquore furono sotterrate con lo stesso stratagemma che avrebbe salvato anche l’Harry’s
Bbar di Venezia. Ma poi fu il 25 luglio 1944. Fu una
nuova festa, allietata da dollari e Am lire. La Capannina tornò a brillare. Già nel 1946 le cronache ricordano che Peppa Del Drago e Nicky Pignatelli entravano
nel locale cavalcando puledri. Gianni Agnelli sostava al
piano superiore, al tavolo del poker.
Erano partite «semplici». Per scommettere davvero, a 100
metri di distanza, era stata allestita una bisca a Villa Rosetta:
roulette, chemin de fer, trente et quarante, baccarà. Ma fu
nel 1947 che il locale, ormai di fama internazionale, esplose al ritmo della musica suonata da Bruno Quirinetta che,
ahinoi, urlava: «Tutti col culo per terra!».
Ciò che ha fatto grande e inimitabile la Capannina è sempre stato lo stile. Perché la Capannina non è un lusso. È un
must. Ce lo hanno insegnato le nottate di autentico spettacolo e divertimento, quando sul palco si sono susseguiti Charles Trenet e Gilbert Bécaud. Ray Sugar Robinson, che qui pestava i tasti del
piano, e Paul Anka. Perez Prado e i Platters. Fino alle divinità.
Maurice Chevalier ed Edith Piaf (8 agosto 1959).
Flavio è un po’ stanco, e vorrebbe conquistarsi il meritato riposo. Ma
c’è ancora l’ultima flûte, che sennò è peccato. C’è proprio l’ultimo tassello. Una notte, davanti alla Capannina, si fermò una Bentley nera. Nessuno scese. Fu il barman ad avvicinarsi per capire cosa stava
accadendo. Dall’interno si mosse lentamente una figura. «Principe»,
disse l’uomo. Era davvero il principe, Antonio de Curtis, alias Totò. Non volle scendere. Ma volle vedere la Capannina. E prima che
ordinasse all’autista di muovere in direzione Viareggio, il barman era
già tornato per servire a Totò un caffè... Questa è qualità della vita.
Che Guidi rinnova estate dopo estate. Lui ha riportato la Capannina
all’epoca d’oro. Con Ray Charles, il primo grande ospite della nuova era. Con Roberto Benigni, che qui fece il Capodanno 1986. Ma
tanti e troppi sarebbero i nomi da ricordare: Beppe Grillo, Ornella
Vanoni, Patty Pravo e Gino Paoli credo possano bastare per raccontare
di una notte senza fine, ma anche senza compromessi. Perché qui è
nato il divertimento, qui è nato lo stile della Versilia.
La luce si è ormai impadronita della sala. L’aria fresca del mattino invita al sonno. Ci sono solo due biciclette sul lungomare. Sono i bagnini che vanno a svegliare la sabbia. Perché è un nuovo giorno in Versilia. Sempre uguale, eppure sempre diverso. E anche oggi tutto orbita attorno a questa splendida signora che festeggia 75
splendidi anni. Con i suoi riti, con l’aperitivo servito da Alfredo,
con la cena a base di pesce che finisce rigorosamente col soufflé della casa. Con la musica dal vivo di un’orchestra, i Bravo, che fa folleggiare. Con i tavolini che grondano come sempre bouquet di frutta e champagne. Questa è Capannina.
rispettosa della struttura architettonica originaria
LA RINASCITA DEL PRINCIPE
Passato di proprietà, dopo un’attenta e
radicale ristrutturazione nel rispetto della sua storia e della sua struttura architettonica, l’Hotel Principe di Piemonte di Viareggio è tornato, dallo scorso mese di giugno,
a nuova vita. Da sempre conosciuto come
«il Principe degli alberghi», l’edificio si sviluppa su cinque piani arredati con cinque stili diversi, dal primo in stile Internazionale, al
secondo in stile Déco, al terzo in stile Coloniale, al quarto in stile Impero, fino alle suite del piano attico in stile Contemporaneo.
Sullo stesso piano attico, si trovano una caffetteria per piccoli pasti con piscina d’acqua calda di 150 metri quadrati, a 60 bocchette per
idromassaggio, e due cascate d’acqua. Al centro della piscina, una sorta di spiaggetta e un
isolotto permettono ai clienti di sedersi e godere un panorama unico, a 360 gradi, dal porto di Viareggio fino al Golfo di La Spezia,
con alle spalle la catena delle Alpi Apuane.
L’albergo ha un ristorante per gli ospiti residenti
di 250 posti e uno da 30 per la clientela esterna, la cui cucina è quella tipica del territorio, attenta alla qualità delle materie prime e al mantenimento dei gusti primari nelle varie cotture.
Ma il vero protagonista della carta è il pesce, che
non è mai d’allevamento, ma selezionato quotidianamente presso fornitori scelti.
A pian terreno, oltre alla terrazza-ristorante sulla storica passeggiata e a un bar, sono rinate le
grandi sale Déco e la biblioteca. Al piano seminterrato trova invece spazio un centro benessere con palestra, sauna, bagno turco, docce, zona relax, solarium e tre camere per il
trattamento del viso e del corpo.
I N A LTO , I L C O N T E F I O R E N T I N O G I U S E P P E D E M I C H E L I , A RT E F I C E D E L L A C O S T R U Z I O N E D E L G R A N D H OT E L P R I N C I P E D I P I E M O N T E D I V I A R E G G I O . A
D E S T R A , L ’ A L B E R G O C O M ’ È O G G I , D O P O L A R I S T R U T T U R A Z I O N E . L E CA M E R E S O N O 10 9 , L E S U I T E 1 9 . E T U T T I I BAG N I S O N O R E A L I Z Z AT I I N M A R M O .
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