25 scheda Dio esiste e vive a bruxelles

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25 scheda Dio esiste e vive a bruxelles
25° film“Cineforum il posto delle fragole”22 Ed
DIO ESISTE E VIVE A BRUXELLES
di Jaco van Dormael
• Genere: commedia, drammatico, fantastico
• Titolo originale: Le Tout Nouveau Testament
• Paese/Anno: Belgio, Francia, Lussemburgo | 2015
• Regia: Jaco van Dormael
• Sceneggiatura: Jaco van Dormael, Thomas Gunzig
• Fotografia: Christophe Beaucarne
• Montaggio: Hervé de Luze
• Interpreti: Anna Tenta, Benoit Poelvoorde, Bilal Aya, Catherine Deneuve, David Murgia,Didier
De Neck, Dominique Abel, François Damiens, Gaspard Pauwels, Johan Heldenbergh, Johan
Leysen,Laura Verlinden, Lola Pauwels, Louis Durant, Marco Lorenzini, Pili Groyne, Romain
Gelin, Sandrine Laroche, Serge Larivière, Yolande Moreau
• Produzione: Après le Déluge, Caviar Films Climax Films Juliette Films, Terra Incognita Films
• Distribuzione: I Wonder Pictures - Durata: 113'
Torna la creatività iperbolica e
inarrestabile di Jaco Van
Dormael che, con Dio esiste e
vive a Bruxelles, punta a
sedurre con i suoi prodigi visivi
gli spettatori della Quinzaine
des réalisateurs. A Cannes 2015
e ora in sala.
Il Dio di Bruxelles
“Dio esiste. Vive a Bruxelles. E’
odioso con la moglie e la figlia. Molto
è stato detto di suo figlio, ma molto poco di sua figlia. Sua figlia sono io. Il mio nome è Ea e ho dieci anni . Per
vendetta ho inviato via sms le date della morte di tutti …” [sinossi]
Sono sempre meno, e sono sempre più difficili da scovare (specie nelle sale nostrane), gli autori
capaci di osare spingendo la loro fantasia verso nuovi lidi, senza preoccuparsi troppo della coesione
narrativa né delle regole del mercato. Uno di questi è senz’altro il belga Jaco Van Dormael, regista
in oltre trent’anni di carriera di soli cinque lungometraggi che – con l’eccezione di L’ottavo
giorno – mescolano tematiche filosofiche al melodramma classico, aggiungendo come ingrediente
chiave un corposo caleidoscopio visivo. Quello di Van Dormael, noto ai più per Toto le
héros (1991) e ad una nicchia assetata di cult movie per il più recente Mr. Nobody (2009), è infatti
un cinema delle attrazioni e del fuoco d’artificio, autocompiaciuto e autoindulgente, capace di
giustificare ogni sua intermittenza in virtù della sua fantasmagorica e inesauribile creatività.
Ma rispetto al precedente Mr. Nobody, governato da un egocentrismo visionario che ne fagocitava
qualsiasi credibile sviluppo narrativo, Dio esiste e vive a Bruxelles (The Brand New Testament/Le
tout nouveau testament), presentato alla Quinzaine des réalizateurs a Cannes 2015 fa affidamento su
una linea narrativa piuttosto convincente, delineando un preciso percorso dal quale accendere tutti i
suoi mortaretti.
Dio esiste veramente, vive a Bruxelles, ed è un po’ un bastardo. Questo l’assunto di partenza del
film che, attraverso la voce narrante di una bambina decenne, ci immergerà in un viaggio alla
scoperta della multiforme natura umana. Protagonista è infatti la piccola Ea (Pili Groyne), figlia
minore (l’altro è il ben più noto Gesù Cristo) di Dio (Benoit Poelvoorde), ben intenzionata a mettere
in discussione l’autorità paterna. Una volta penetrata nell’ufficio domestico del padre, la piccola
manomette infatti il suo computer, ma non prima di aver inviato a tutti gli uomini, via sms, la data
della loro morte. Forniti di una tale consapevolezza gli esseri umani non hanno più bisogno alcuno
di Dio e, armati finalmente del libero arbitrio, si possono ora dedicare a scegliere come trascorrere
quel che resta delle loro vite.
È il momento dunque per Ea di iniziare un percorso di crescita, immergendosi nell’umanità, un po’
come il Cristo della dostoevskiana Leggenda dell’inquisitore, per scegliervi i suoi otto apostoli e far
loro scrivere un testamento tutto nuovo. Ascolterà le loro storie e la loro musica interiore, senza
giudicare né punire, accompagnandoli verso i cambiamenti, le tragedie e la fine delle loro vite.
Con un’invidiabile inventiva, Jaco Van
Dormael inanella dunque come annunciato
situazioni surreali ed esplosioni visionarie, ma
il cuore del suo film è stavolta ben saldo e
pulsa di un umanesimo scevro da tentazioni
moraleggianti, tollerante, aperto nonché
coadiuvato
da
una
gustosa
blasfemia. Naturalmente non tutte le trovate
riescono a colpire nel segno e il tono complessivo del film è piuttosto intermittente, come d’altronde
accade spesso in lungometraggi di tal fatta, basti pensare agli episodi più “incompiuti” delle
filmografie di Terry Gilliam o di Jeunet e Marc Caro. D’altronde poi, quando veniamo a scoprire
che Dio si è premurato di impostare tutto perché il telefono squilli mentre ci si sta per immergere
nella vasca da bagno, perché le fette di pane della colazione cadano sempre dalla parte della
marmellata e perché al supermercato la fila accanto sia sempre la più rapida, è impossibile non
cogliere una parentela tra i relativi brevi sketch e quelli utilizzati da Jeunet per elencare le leziose
ossessioni
di
Amelié
Poulain
in Il
favoloso
mondo
di
Amélie.
Ma il rischio di approdare all’effetto Amelie o di ammiccare banalmente ai paradossi in stile
“Legge di Murphy” è qui scongiurato, oltre che dagli squarci melodrammatici succitati, anche da
una massiccia dose di autoironia, dalla quale Dio esiste e vive a Bruxelles trae la forza per
rigenerarsi
continuamente,
in
un
saliscendi
vertiginoso
e
senza
sosta.
In questo viaggio sulle montagne russe c’è infatti spazio per tutto e per chiunque, anche le
riflessioni filosofiche più ponderose vengono trasfigurate in una lanterna magica poetica e pop, ora
comica ora larmoyant, per un cinema che appare quasi terapeutico nel suo volerci riconciliare con le
storture del mondo e con ogni umana imperfezione.
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