IntroduzIone alla terza edIzIone
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IntroduzIone alla terza edIzIone
IntroduzIone alla terza edIzIone di Matteo Carlotti CEO di MADE IN ITALY 1 SpA Nell’introduzione alla seconda edizione, nella primavera del 2006, osservavo come la cultura dell’investimento in equity stesse finalmente crescendo nel nostro Paese, come testimoniavano tanto le statistiche di settore – prossime a toccare un 2007 da record – quanto il buon successo di pubblicazioni come quella che avete ora in mano; come pure dei numerosi corsi, incontri, tavole rotonde ed eventi sulle tematiche del private equity. Con la crisi finanziaria, seguita al fallimento della Lehman Brothers nel settembre 2008, l’attività di private equity ha subito invece una forte contrazione, con una raccolta passata dai 3,0 miliardi di euro del 2007 agli 0,9 miliardi di euro del 2009 e gli investimenti passati dai 5,5 miliardi di euro del 2008 ai 2,5 miliardi di euro del 2010. Tuttavia, è fuori di dubbio che l’esigenza di promuovere l’investimento in equity e dunque la professionalità che esso chiama in gioco, non è venuta meno in Italia, al cospetto della crisi che stiamo vivendo. Anzi. Se è vero infatti che il nostro Paese vanta ancora molte aziende eccellenti (spesso anche su scala europea o mondiale), in qualche caso note ad un vasto pubblico, in altri casi ad un pubblico di soli specialisti; e che le stesse sovente si difendono ancora bene, in termini di fatturato e marginalità, non è meno vero che la maggior parte delle stesse ha una gestione decisamente migliorabile, che si ispira a pratiche gestionali familistiche non sempre professionali, quando non sono ancora guidate da imprenditori ottuagenari che «navigano a lume di naso, in epoca di GPS…». Moltissime soffrono di problematiche tipiche del passaggio generazionale, cui hanno cercato, spesso quanto vanamente, di porre rimedio attraverso il ricorso a nuove generazioni nel complesso meno preparate, meno umili e meno motivate delle generazioni precedenti. Alcune soffrono di «incrostazioni» nella compagine azionaria, troppo frammentata tra moltitudini di fratelli, cugini, nipoti. Altre soffrono di un eccessivo ricorso al debito bancario, frutto di una cronica sottocapitalizzazione ovvero di incaute operazioni di LBO. Ebbene, questi loro problemi ne stanno lentamente ma inesorabilmente minando la capacità prospettica di stare con successo su mercati che diventano anno dopo anno più difficili. Basti pensare alla portata delle sfide poste, per esempio: i) dall’area Euro, XVII IntroduzIone alla terza edIzIone che impedisce alle nostre aziende di rinchiudersi in Italia come nel «fortino» del loro mercato domestico; ii) dall’attacco dei paesi a basso costo del lavoro, come la Cina e gli altri paesi asiatici; iii) dai limiti stringenti dettati da Basilea 3, che contrarranno significativamente il futuro ricorso al debito bancario. Il private equity – ancorché in forme nuove, «riviste e corrette», in ossequio al mutato contesto di mercato – continua ad offrire a queste aziende, oggi più che in passato, tre importanti benefici: 1. l’accesso ad una finanza addizionale, per liquidare qualche socio non più interessato, per remunerare figure manageriali all’altezza delle sfide che si affrontano, per finanziare lo sviluppo, soprattutto in chiave internazionale; 2. l’accesso ad un nutrito network di manager di esperienza internazionale e multinazionale, nei settori di riferimento, desiderosi di intraprendere il «salto imprenditoriale»; 3. l’accesso allo stimolo e alla spinta che dà sempre l’essere sottoposti alla disciplina e al vaglio critico quotidiano di un investitore istituzionale. Di qui la perdurante attualità del presente manuale nonché la necessità di aggiornarlo all’attuale scenario di mercato. Ferma restando l’impostazione di fondo – vale a dire un manuale in cui alcuni tra i più esperti professionisti italiani hanno cercato di sintetizzare i rudimenti delle conoscenze che dovrebbero appartenere al bagaglio del buon investitore finanziario, dal fundraising fino all’exit, passando per la selezione delle opportunità di investimento, l’analisi strategica, il deal structuring, le problematiche legali e fiscali, la negoziazione, la valutazione del capitale umano, la due diligence, il reporting, la creazione di valore – in questa nuova edizione, non solo si è voluto aggiornare tutto il materiale proposto nell’edizione precedente; a cominciare dalle continue modifiche del diritto commerciale (cap. 19) o di quello tributario (cap. 20) come pure dalle evoluzioni connesse al passaggio dalle previsioni di Basilea 2 a quelle di Basilea 3 (cap. 3); o dalle mutate condizioni di accesso alle forme di acquisition financing (cap. 9). Si è anche voluto introdurre cinque nuovi capitoli: sull’emergere, anche sul mercato italiano come già da molti anni su quelli anglosassoni, dello strumento della SPAC, come di un nuovo, più evoluto approccio nella relazione investitori-gestori-imprenditori nelle operazioni di private equity (cap. 2); sull’importanza di pensare al «come vendere» per scegliere al meglio «cosa comperare» (cap. 4); sulle possibili manipolazioni contabili da riconoscere per ricercare efficacemente i segnali di pericolo nell’analisi dell’azienda target (cap. 13); sullo stato dell’arte, in Italia, della trasparenza informativa nelle società non quotate (cap. 22); e, infine, sulle peculiarità dell’investimento in situazioni di crisi (cap. 27). In altre parole, cinque nuovi ferri del mestiere, che meritano di entrare nella cassetta degli attrezzi del professionista dell’investimento in equity, perché possono aiutarlo a contrastare quei pregiudizi – fortemente riacutizzatisi in questo contesto di crisi dei mercati finanziari – che vedono nell’investitore istituzionale niente di più di uno speculatore di breve periodo, più incline a depauperare, parassitariamente, la ricchezza delle aziende partecipate, piuttosto che ad accrescerne il valore di medio-lungo termine. Con quel linguaggio semplice e pragmatico, l’approccio circostanziato e il taglio XVIII IntroduzIone alla terza edIzIone professionale e ricco di esempi, che sono, sin dalla prima edizione, il tratto suo distintivo, questo manuale vi guiderà nell’apprezzare le principali tecniche del private equity nel contesto operativo italiano. Gli autori, del resto, sono appartenuti e/o appartengono ai più esperti e più attivi investitori nel capitale di rischio, quali Argos Soditic, Atlantis Capital, BS Private Equity Group, Cape Live, Centrobanca, Chase Capital Partners, Chase Gemina, CVC, Deloitte & Touche, d’Urso, Gatti, Bianchi e Associati, Management & Capitali, Palladio Finanziaria, Private Equity Partners, Siparex, Synergo, Wise Equity; come pure alle più esperte e rinomate società di consulenza a supporto del private equity ovvero alle banche finanziatrici, quali, ad esempio, American Appraisal, Bain & Co., Banca Intesa, BNP Paribas, Camozzi e Bonissoni, Chiaravalli, Reali e Associati, Electa Financial Engineering, Heidrick & Struggle, Korn Ferry International, K-Finance, IR Top, Monitor International, Negri Clementi, Terrin e Associati, Willis. In tutti i casi, si tratta di brillanti ed esperti professionisti della materia, che si occupano di ciò di cui scrivono, con riconosciuta competenza, da anni; durante i quali hanno contribuito a realizzare molte delle operazioni che hanno fatto la storia del private equity nel nostro Paese. Nel ringraziarli tutti una volta di più, per aver collaborato, per pura passione, a questo rinnovato progetto, permettetemi di ricordare, in occasione di questa terza edizione, coloro che avevano partecipato alle edizioni precedenti e che solo i limiti intrinseci ad un prodotto editoriale come questo impediscono di ricomprenderne i contributi in questa edizione. Segnaliamo tuttavia che questi contributi – come pure gli aggiornamenti e le statistiche di settore che si renderanno disponibili nei mesi a venire – saranno reperibili nell’area web dedicata, per accedere alla quale il lettore dovrà digitare http://digitalibri.egeaonline.it e inserire il codice stampato sul retro di copertina. Infine, una menzione particolarmente sentita da parte mia va anche al contributo di chi condivide con me la passione per questa straordinaria professione. Un ringraziamento speciale va allora a Simone Strocchi e Marco Fumagalli, con cui, assieme a Luca Giacometti, condivido l’entusiasmo di una nuova fase nell’avventura in Made in Italy 1, la prima SPAC di diritto italiano quotata a Milano; e a Francesco Pintucci, giovane e intelligente professionista, la cui passione per questo mestiere gli darà grandi soddisfazioni. Non vi è dubbio che, con loro, la mia vita nel private equity continuerà ad essere emozionante, varia e divertente più che in passato. Milano, febbraio 2012 XIX