Ma… il tesoro dov`è? - Montesario

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Ma… il tesoro dov`è? - Montesario
Ma… il tesoro dov’è?
Nuove tracce dei Templari a Panni
Renato De Michele
1. Premessa
Uno dei partecipanti alla conferenza del 20 agosto 2011 a Panni1, mi aveva simpaticamente
chiesto sottovoce: “ma… il tesoro dov’è?”. Posso anche comprendere che l’argomento dei Templari richiami su di sé il tema delle ricchezze sconfinate di cui godette quest’ordine monasticocavalleresco medievale, che oggi – con tutto il rispetto per l’ingiusto martirio finale e per le differenti epoche e valori – non esiteremmo a collocare nell’ambito dell’integralismo religioso; così
come non posso non registrare i numerosi romanzi più o meno mediocri sorti intorno alla ricerca
del fantomatico Santo Graal; ma qui voglio molto semplicemente porre l’attenzione su ulteriori indizi della loro presenza nel paese di Panni emersi solo di recente: domande, più che risposte.
2. Sulle tracce dei Templari. I primi indizi.
Un ritrovamento nel 2009 di un simbolo templare all’interno della parte più antica della chiesamadre “Ss. Assunta” di Panni – il “doppio quadrato magico”, da parte dell’archeologo Nico Moscatelli, [v. foto successiva di sinistra] – prova il passaggio dei Templari in paese.
Il doppio quadrato magico alla base del campanile della
Chiesa dell’Assunta a Panni (Fg) [foto N. Moscatelli, 2009]
Facciata principale della Chiesa dell’Assunta a Panni (Fg)
[foto R. De Michele, 2010]
Fino a quel momento, la scritta sull’architrave della stessa chiesa, “Terribilis est locus iste. Gn
28,17” [v. foto di destra], pur essendo una tipica frase templare, era tuttavia una prova ancora troppo debole. Ora questa scritta acquista un senso più definito. Una scritta inquietante che già si è ritrovata in molte delle chiese templari costruite dall’Ordine più prestigioso dell’epoca medievale.2
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Si tratta della Conferenza “Panni: origini e dintorni. Echi sacri dal medioevo” tenuta dall’Autore a Panni (Fg), Sala
Consiliare del Comune, 20 agosto 2011. Questo articolo ne rappresenta il testo della terza parte. Nella prima parte –
all’indirizzo http://montesario.altervista.org/storia/Lavella_DeMichele_123.pdf – avevo trattato dell’immigrazione valdese a Monteleone di Puglia e a Montaguto, di un probabile paese sepolto, di una gigantesca croce appoggiata su una
collina di Panni. Nella seconda – all’indirizzo http://montesario.altervista.org/storia/Panni-Greci_DeMichele-4.pdf –
avevo trattato della similitudine fra le piante urbanistiche di Panni e di Greci.
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La scritta è la citazione della prima parte della frase biblica di Giacobbe nel libro della Genesi. La frase completa è:
“Terribilis est locus iste. Haec domus Dei est et porta coeli” [Terribile è questo luogo. Questa è la casa di Dio e la porta del cielo, Gen 28,17]. Giacobbe, il capostipite delle dodici tribù di Israele, pronunciò la frase al risveglio da un sonno
in cui gli era comparsa in sogno una scala verso il cielo, percorsa da angeli che lo avevano accompagnato a vedere la
“terribile” casa del Signore al di là di una porta finale, al termine degli scalini.
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Ma… il tesoro dov’è? – Renato De Michele, 2011
3. Che ci facevano i Templari a Panni?
I Templari3 avevano due scopi principali assegnati loro dal papato: 1. la difesa armata dei pellegrini che si recavano a Gerusalemme e nei luoghi sacri della cristianità; 2. la difesa del Tempio di
Salomone a Gerusalemme e i luoghi santi della Natività, all’epoca in mani cristiane.
Dando per scontata l’ipotesi dello stanziamento dei Templari in paese, occorre prestare allora parecchia attenzione, perché il giallo si fa più intricato. Seguitemi con attenzione nelle varie ipotesi.
1. A Panni, com’è ovvio, i Templari non erano certo presenti per la difesa del Tempio. Questo ci indirizzerebbe verso lo scopo di difesa dei pellegrini. Soffermiamoci qui. Nel loro spostamento
verso le mete sante, i pellegrini, sempre più numerosi, seguivano varie direttrici. Sarebbe lungo
elencarle tutte. A noi interessa sapere che le poche cronache dell’epoca, che elencano le tappe
dei pellegrinaggi nelle vicinanze dei nostri territori, parlano di Via Traiana, di Via Appia, di Capua, Benevento, Equo Mutico, Eclano, Troia. Le cronache non scendono nei particolari, fra Equo
Tutico (o Aequum Magnum, località scomparsa localizzata a 5 km circa a nord-ovest di Savignano) e Troia. Questo vuol dire che probabilmente non esisteva solo una possibilità di collegamento, ma più d’una. Non è escluso che un passaggio dei pellegrini potrebbe essere stato la valle
del Cervaro.
Ma l’ipotesi dei pellegrini a Panni cozza contro un ostacolo non indifferente. Panni è posto in alto (800 metri d’altezza) e, localmente, una strada di possibile transito dei pellegrini, quella del
Cervaro – sia per la direzione di Bari-Otranto-Brindisi (verso l’imbarco per Gerusalemme), che
per la direzione del Gargano (grotta di S. Michele) – passa a 300 mt s.l.m., ossia 500 metri più in
basso del paese. È impensabile che i pellegrini, per riposarsi, salissero fino a quota 800. I pellegrini percorrevano a piedi al massimo 20-25 km al giorno: perché sprecarne una decina per
un’arrampicata del genere con successiva ridiscesa, che oltretutto non avrebbe fatto loro risparmiare granché nel tragitto?
2. Una seconda possibile risposta potrebbe ritrovarsi nella raccolta, da parte dei Templari, di scorte
di derrate alimentari per i rifornimenti ai crociati in Terrasanta. La Puglia assolveva già questa
funzione, secondo molti studi, essendo una terra ricca. Questa potrebbe costituire una buona ragione della loro presenza a Panni. Sennonché, anche per questa funzione resta in piedi la stessa
obiezione di prima: perché portare fin lì sopra le derrate alimentari, se queste poi dovevano viaggiare lungo la valle del Cervaro? Anche questa è un’ipotesi traballante. A meno che, a quota inferiore, lungo il percorso (ad altezza del Cervaro) non ci sia stata anche qualche domus di accoglienza per pellegrini e derrate, o una struttura più complessa. Ma anche ora c’è la domanda:
perché qui sopra ed anche laggiù? Una risposta potrebbe essere quella che spesso i Templari solevano avere un doppio stanziamento: uno in città, l’altro esternamente.
3. Una terza funzione potrebbe verosimilmente essere stata quella del presidio contro i briganti che
infestavano abbondantemente la zona. Ma i Templari non assolsero mai a compiti di polizia, se
non in funzione di tutela diretta dei pellegrini. Anche qui, però, vale la stessa obiezione della lontananza dalle linee di pellegrinaggio e di stanziamento effettivo dei briganti (Vallo di Bovino,
principalmente).
4. Una quarta funzione, infine, molto credibile, potrebbe essere stata quella di un presidio armato
contro lo strapotere di Federico II a danno del papato. Papato a cui Panni potrebbe essere stato
fedele, andando a costituire, con la presenza templare, un asse Panni-Greci che avrebbe dato filo
da torcere a quello federiciano Monteleone-Montaguto, per la verità abbastanza debole
quest’ultimo, dato il notorio pacifismo dei Valdesi; ma tant’è. In quest’evenienza una guarnigione combattente avrebbe avuto bisogno di un’intera commanderia (caserma templare).
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Non è questo il luogo per approfondire l’interessantissima storia dei Templari, Ordine monastico-cavalleresco esistito
fra il 1118 ed il 1307. Per un serio approccio storico consigliamo il volume di Peter Partner, “I Templari”, Einaudi,
1993; o il volume più appassionato di Andreas Beck, “La fine dei Templari”, Piemme Pocket, 2002. Da prendere “con
le pinze”, invece, i vari siti internet: quante baggianate!
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Ma… il tesoro dov’è? – Renato De Michele, 2011
Ma può anche essere che ci siano stati tempi differenti e luoghi diversi per questa funzione e/o
per l’altra.
4. Una commanderia templare lungo il Cervaro?
Esiste una particolare disposizione rocciosa sul percorso del Cervaro che ricorda nella forma la commanderia templare di Coulommiers (Francia) ancora esistente
ed intatta [v. disegno], ma appare enormemente più estesa di quest’ultima (600x200 metri circa, contro i 120x60
metri). Non ne posso riportare la cartina, né posso indicare come ne sono venuto in possesso, per non rendere individuabile o vandalizzabile il luogo [la mostrai, però,
rapidamente durante il corso della Conferenza, ndA].
Le commanderie templari, o mansiones, erano fattorie
armate, a volte degli autentici fortini, al cui interno avveniva l’incontro fra culture europee e le esperienze le più
disparate. Avevano tre funzioni principali:
- Alloggiare guarnigioni templari stabili;
- Difendere e ospitare i pellegrini;
- Coltivare i campi intorno e curare allevamenti;
- Costituire derrate alimentari per la Terrasanta.
Poteva, allora, essere sorta una commanderia templare lungo il Cervaro?
Per tentare di dare una risposta a questa ipotesi, decisi di effettuare un sopralluogo nella zona indicata dalla piantina in mio possesso, il 18 agosto del 2010. Ma non speravo di trovare una correlazione fra quella piantina ed i Templari, per la verità.
La parte superiore indicata nella pianta è in realtà una cinta di mura appena affioranti e in cattivo
stato. Qui, dopo un po’ di ricerca, mi sono trovato
di fronte ad una magnifica torretta di guardia di
pianta circolare, alta oltre 2 metri e del diametro di
1,5 metri circa, di cui riporto qui a fianco una foto
(che ho ritoccato per rendere il luogo meno riconoscibile). Il muro di cinta le passa accanto, ma il tutto, torretta e muro, è protetto da una vegetazione
fitta e impenetrabile. Questo muro e questa vegetazione hanno salvato, nel tempo, la torretta dalla distruzione, arginando il terreno franoso a monte.
Insomma, mi sono trovato di fronte ad uno stanziamento sicuramente fortificato.
I Templari solevano chiamare “il mio Tempio”
ciascuna commanderia; e ciascuna di queste commanderie doveva avere una forma o un significato
particolari. E allora questa, se realmente si trattasse
di una commanderia templare, acquisterebbe significato per quello che è un particolare davvero interessante di questo sito: l’asse di simmetria punta
perfettamente verso Gerusalemme.
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Ma… il tesoro dov’è? – Renato De Michele, 2011
5. Un Baphomet a Panni?
Ed eccoci finalmente all’indizio che più degli altri mi ha spinto a convocare la Conferenza. In
paese esiste una strana immagine scolpita sull’angolo di una abitazione in una strada centrale della
sua parte superiore [v. la foto successiva a sinistra; la foto sulla destra è la Sacra Sindone di Torino].
Osserviamola bene: cosa rappresenterebbe? Che senso potrebbe mai avere? Sembra rappresentare un curioso essere extraterreno. Bella non è; paurosa forse, ma non troppo; decorativa, proprio no.
La tesi che qui sostengo è che la raffigurazione pannese scolpita su quella pietra, anzi, sulle due
pietre sovrapposte, possa avere un’origine templare. E spiego perché.
Potrebbe trattarsi di un “Baphomet” – immagini fra il sacro e il terribilis, costituenti un filone
ancora non ben indagato dell’arte sacra –, associandomi così alle conclusioni degli autorevoli studi
di Ian Wilson4 e di Barbara Frale5.
L’ordine dei Templari – Pauperes Commilitones Christi Templique Salomonis, Poveri Cavalieri
di Cristo e del Tempio di Salomone –, sorto a Gerusalemme, scomparve drammaticamente nel 1307
in seguito ad un complotto ordito contro di loro dal re di Francia Filippo IV il Bello, grazie anche
alla debolezza del papa francese Clemente V. Fra le accuse principali ai Templari figurava anche
l’idolatria verso una “testa” definita “Baphomet”. L’accusa (ma solo questa) pare fosse fondata.
I Baphomet scolpiti, in base alle ultime indagini storiche accennate, sarebbero in realtà rappresentazioni in forma “terribile” (terribilis) della Sacra Sindone, la famosa reliquia costituita da un
lungo telo di lino, custodita oggi a Torino, e che mostra la figura di un uomo con torture del tutto
uguali a quelle subite da Gesù secondo la descrizione data dai Vangeli6.
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Ian Wilson “The Turin Shroud: The Burial Cloth of Jesus Christ?”, Doubleday, New York, USA 1978.
Barbara Frale, “I Templari e la sindone di Cristo”, Il Mulino Ed., Bologna 2009. L’Autrice, così come Ian Wilson,
sostiene la coincidenza fra l’idolo adorato dai Templari (il “Baphomet”) e la Sindone di Torino.
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Nella maggior parte delle sculture di epoca templare (XII-XIV sec.), i Baphomet potrebbero essere la rappresentazione
del “sentito dire” della Sindone, che non doveva apparire propriamente “piacevole”: l’immagine sindonica – in realtà un
negativo, fenomeno allora sconosciuto – doveva incutere un certo timore. Si fa sempre più strada fra gli studiosi
l’ipotesi che la Sindone fosse stata venerata in gran segreto dai Templari. L’avrebbero presa in custodia dal 1204 ad Atene, per poi trasportarla a Lirey, in Francia. Il segreto, probabilmente, si sarebbe reso necessario, non solo per salvaguardarsi dalla possibile accusa di idolatria, ma anche per non turbare lo stesso papato da cui i Templari dipendevano:
la crudezza dell’immagine avrebbe potuto costituire una prova che Gesù fosse fatto di carne e ossa, e non di sostanza
divina (“generato, non creato, della stessa sostanza del Padre”, come affermato dalla Chiesa di Roma dal 325 d.C., Concilio di Nicea). Costituiva una verità “prematura” e scomoda, insomma. Non si conosce né la data del presunto viaggio
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L’iniziale funzione di queste immagini scolpite, generalmente poco gradevoli, fu di monito contro gli infedeli o di guardia ai luoghi sacri. Quelle più “terribili” erano preposte alla tutela dei tesori templari, o di quelli ecclesiastici.
I Baphomet, tranne qualche rara eccezione, non rispettavano le caratteristiche figurative della
Sacra Sindone, anche se a questa si rifacevano. Altra storia è quella dei dipinti, che erano tentativi
di copiatura e di fedeltà al sacro telo, come quello su legno nella residenza templare di Templecombe (Somerset, Inghilterra), e come le copie autorizzate dai Savoia dal 1500 in poi7.
Le immagini scolpite rappresenterebbero la prima impressione emotiva al cospetto della Sindone
(enfasi dell’emozione, o dello spavento). Oltretutto, erano una magnifica sintesi delle stesse due
funzioni templari di difesa della fede e di paura verso gli infedeli.
Alcuni esempi di Baphomet.
Da sinistra: TRANI, Chiesa di Ognissanti (l’immagine originale è capovolta, e presenta anche una “lettura” delle macchie sul torace dell’uomo della
Sindone). GERUSALEMME, Ss. Sepolcro. PARIGI, chiesa di St. Merri, che presenta una “lettura” dell’incrocio delle mani sull’inguine. ESSEROIS, Francia, immagine su un cofanetto come simbolo magico dell’unione degli opposti (giorno-notte, vita-morte, uomo-donna).
In basso: CASTEL DEL MONTE (erroneamente detto “Mosè”, notare la collocazione al centro della croce). NAPOLI, Maschio Angioino.
Le due figure, il presunto Baphomet di Panni e la Sindone di Torino, sembrano presentare numerosi elementi in comune.
Ne ho estrapolato dieci:
1. le proporzioni e le dimensioni complessivamente simili fra le due figure;
2. i capelli e la loro discesa (chioma più dritta a sinistra, leggermente più curva a destra);
3. la parte scura, sopra la testa, interpretata nella scultura come diadema;
4. le macchie sulla Sindone al di sopra del capo interpretate come piume o ali sopra la testa;
5. l’occhio a destra leggermente più in alto di quello a sinistra;
6. tre pieghe della fronte, interpretazione della colatura di sangue sull’analoga fronte dell’uomo;
7. il naso schiacciato riportato come l’originale tumefatto (caratteristica costante delle sculture
Baphomet);
8. la barba interpretata come apertura della bocca (lettura molto frequente nei Baphomet), mentre i baffi come guance gonfie;
9. il blocco di pietra inferiore con curvature convesse come a riportare il torace e le sue macchie;
10. la separazione dei due blocchi di pietra in corrispondenza del segno di piegatura del lino.
della reliquia da Atene a Lirey, né il suo tragitto, perché segreto, ma potrebbe essere transitato per la Puglia, stando alla
disseminazione delle immagini.
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Cfr. Luigi Fossati “Le copie della Sindone”, Studi Cattolici, n.260, ottobre 1982, pp. 602-611. Vedere anche lo studio
del 2001 da parte dello stesso Autore riportato in internet: http://www.shroud.it/FOSSAT10.PDF
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La sovrapposizione a computer (chiunque può farlo) delle due immagini ad alta risoluzione accentua ancor più le somiglianze dei capisaldi, con l’aggiunta di altri piccoli elementi a quelli già elencati8.
Il Baphomet di Panni, sembrerebbe presentare con la Sindone molti più elementi in comune di
tutte le altre sculture conosciute sinora in questo filone d’arte. Questa caratteristica, in aggiunta, potrebbe offrire una prova in più sulla questione del “se” la Sacra Sindone fosse nelle mani dei Templari, e da questi portata in Francia, forse proprio attraverso la Puglia.
Se mi fosse consentito dare dei suggerimenti agli amministratori del paese, quest’immagine
andrebbe meglio difesa dai passanti e dal tempo [con una lastra di vetro infrangibile, ad es.].
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Epilogo
Alla fine, ho una domanda che mi frulla per la testa:
“Ma… il tesoro dov’è?”
Renato De Michele, Napoli, settembre 2011
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Nota-consiglio per l’ascoltatore-lettore: se qualcuno volesse andare sui posti descritti nel corso della conferenza, ci raccomandiamo almeno di non combinare guai: scavare è vietato, e i reperti, anche quelli in superficie, appartengono allo
Stato. Mica puoi andare su un terreno e scavare; prima o poi, per giunta, ti beccheresti i pallettoni del contadino: vagliela a spiegare, poi, l’archeologia. E, cosa più importante, smuovere i terreni di interesse archeologico vuol dire cancellarne la storia, svalutare i reperti stessi, sottrarre conoscenza a tutti. Se si scopre qualcosa in superficie, come è capitato
a me, si faccia sempre riferimento all’archeologia scientifica, o all’esperto, o al Sindaco del territorio. Il punto di vista
scientifico è fondamentale per questi tipi di indagine. In archeologia un po’ di passione e di emozione non guastano
mai, ma proprio per questo, non devono andare a guastare il contesto, e soprattutto la storia, che merita la stessa passione.
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Ricordiamo, per quel che riguarda le bruciature del telo di lino, che l’incendio del 1532 che danneggiò la Sindone alle
estremità fu, però, successivo all’epoca templare.
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