Oro usato…perché no?

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Oro usato…perché no?
 Oro usato…perché no? Presente e futuro del commercio dell’oro e della compravendita di oggetti preziosi usati 19 Gennaio 2014 -­‐ VICENZAORO Winter Scattare un’istantanea a più soggetti in movimento non è impresa facile. E’ risaputo. Senza le necessarie cognizioni tecniche, ma soprattutto senza strumenti adeguati, il rischio di mettere correttamente a fuoco solo uno o al massimo due di questi soggetti è reale. Questo è quanto accade quando ci accingiamo a fare un’analisi quali-­‐quantitativa del comparto orafo, gioielliero, argentiero. Un mercato che solo l’altro ieri “stava cambiando” ma che oggi è ormai “cambiato”. Un processo evolutivo che già domani subirà ulteriori trasformazioni. Nell’ultimo decennio nuovi protagonisti si sono affacciati sulla scena a discapito di altri che, loro malgrado, hanno dovuto abbandonarla. Nulla è più come prima e nulla può ripetersi. Il mondo della produzione oggi conta circa 9.000 aziende. Un secco –28% rispetto al 2003, il che equivale a dire che circa 3.500 aziende hanno dovuto chiudere i battenti. Oggi rimanere sul mercato significa per le aziende orafe del nostro Paese (e non è luogo comune) rinnovare strategie, organizzazione, finanza, processi produttivi il cui risultato prende la strada dei mercati esteri per un buon 75% del totale. Una produzione, quella attuale, che deriva dalla trasformazione di 86 tonnellate di materia prima di cui il 46% derivante da materiale cosiddetto usato. A questo proposito, le stime degli istituti di ricerca più autorevoli, come il Gold Fields Mineral Services, accreditano l’Italia al secondo posto nel mondo con ben 123 tonnellate di oro recuperato da oreficeria usata, dietro agli USA ma davanti a Cina e India. Se prima del 2002 tra mercato domestico ed estero vi era un rapporto percentuale 70 – 30, oggi i valori si sono invertiti causa la forte contrazione dei consumi interni, soprattutto nella fascia medio alta di prodotto. Il mercato interno ha assistito impotente alla chiusura di molte attività tradizionali al dettaglio passando da 23.500 unità del 2003 alle attuali 19.000. Nonostante questo continuiamo ad essere il Paese comunitario con il maggior numero di vetrine su strada. Se produzione e distribuzione vantano all’interno dell’ideale classifica del settore moda/ accessori un meritato quarto posto con un fatturato settoriale pari a 6,3 miliardi di euro – ovvero il 6,6% dell’intero comparto -­‐ altri attori affacciatisi prepotentemente sulla scena negli ultimi anni possono vantare fatturati che nulla hanno da invidiare. 1/2
Con un volume di affari annuo complessivo che oscilla in media tra i 3 e i 4 miliardi di euro, la realtà dei cosiddetti “compro oro” nel nostro Paese ha guadagnato posizioni impensabili solo un decennio fa, proprio in coincidenza con l’avvio della congiuntura economica che ha colpito l’intero comparto commerciale produttivo del Paese. Non è possibile mettere a fuoco la realtà della compravendita di oggetti preziosi usati. Inevitabilmente dobbiamo confrontarci con un’immagine sfocata. Ci si scontra con stime più o meno attendibili, in un alternarsi di cifre che passano dalle verosimili 12.000 attività operanti alle 22.000 o, addirittura, 38.000. Di cui solo 554 sono operatori professionali autorizzati dalla Banca d’Italia. Numeri, questi, che tengono conto anche delle gioiellerie e oreficerie che svolgono, a margine di quella principale, attività di permuta o acquisto di monili usati. La difficoltà di avere un’istantanea nitida dipende dalla mancanza di una classificazione ad hoc nell’ambito dei settori commerciali del Paese e di autorizzazioni finalizzate alla loro sola attività. Se da una parte, causa la caduta del prezzo del metallo giallo, è certa la contrazione delle attività con chiusure più o meno evidenti, dall’altra alcuni dati relativi a queste realtà commerciali sono attendibili: − secondo l’Eurispes per il 2013, il 28% degli italiani ha ceduto un proprio monile con un’impennata rispetto all’8,5% dell’anno precedente; − la Guardia di Finanza ha sequestrato nei primi 8 mesi del 2013 oltre 179 kg di oro ed argento, con un incremento dell’ 86% rispetto allo stesso periodo del 2012, e ha denunciato 86 responsabili di traffico di metalli preziosi, 52 dei quali tratti in arresto (oltre il doppio rispetto all’anno precedente); − un controllo effettuato su 3.000 negozi ha fatto emergere 113 milioni di euro non dichiarati, IVA evasa per 36,5 milioni e 31 evasori totali. Considerata la certezza di questi dati, è inderogabile la necessità di garantire il mercato e il consumatore con norme certe e condivise tra gli operatori, che prevedano regole chiare e trasparenti in materia di compravendita di oggetti preziosi usati. *** 2/2