Ora tocca a noi - materiale aggiuntivo

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Ora tocca a noi - materiale aggiuntivo
Un libro per te – giovani
Titolo: Una scelta di classe
Libro: Ma noi abbiamo le ali
Autore: Bruno Ferrero
Anno: 2005
Editore: Elledici
Collana: Piccole storie per l’anima
Una scelta di classe
"Se non me lo lasci fare non potrò andare a scuola! Mi vergognerei troppo… È terribilmente
importante, mamma!". Elena scoppiò a piangere. Era la sua arma più efficace.
"Uffa, fa’ come vuoi…" brontolò la madre, sbattendo il cucchiaino nel lavello. "Sembrerai un
mostro. Peggio per te".
In altre 23 famiglie stava avvenendo una scenetta più o meno simile. Erano i ragazzi della Seconda
B della Scuola Media "Carlo Alberto di Savoia". Per quel giorno avevano preso una decisione
importante. Ma gli allievi della Seconda B erano 25. In effetti, solo nella venticinquesima famiglia,
le cose stavano andando in un modo diverso. Elisabetta era un concentrato di apprensione, la
mamma e il papà cercavano di incoraggiarla.
Era la quindicesima volta che la ragazzina correva a guardarsi allo specchio.
"Mi prenderanno in giro, lo so. Pensa a Marisa che non mi sopporta o a Paolo che mi chiama ‘canna
da pesca’… Non aspetteranno altro". Grossi lacrimoni salati ricominciarono a scorrere sulle guance
della ragazzina. Cercò di sistemarsi il cappellino sportivo che le stava un po’ largo.
Il papà la guardò con la sua aria tranquilla: "Coraggio Elisabetta. Ti ricresceranno presto. Stai
reagendo
molto
bene
alla
cura
e
fra
qualche
mese
starai
benissimo".
"Sì, ma guarda!". Elisabetta indicò con aria affranta la sua testa che si rifletteva nello specchio,
lucida e rosea.
La cura contro la leucemia che l’aveva colpita due mesi prima le aveva fatto cadere tutti i capelli.
La mamma la abbracciò: "Forza Elisabetta. Si abitueranno presto, vedrai…".
Elisabetta tirò su con il naso, si infilò il cappellino, prese lo zainetto e si avviò. Davanti alla porta
della Seconda B, il cuore le martellava forte. Chiuse gli occhi ed entrò. Quando riaprì gli occhi per
cercare il suo banco, vide qualcosa di strano. Tutti, ma proprio tutti, i suoi compagni avevano un
cappellino in testa.
Si voltarono verso di lei e sorridendo si tolsero il cappello esclamando: "Bentornata Elisabetta!".
Erano tutti rasati a zero, anche Marisa cosi fiera dei suoi riccioli, anche Paolo, anche Elena e Giangi
e Francesca… tutti. Si alzarono e abbracciarono Elisabetta che non sapeva se piangere o ridere e
mormorava soltanto: "Grazie…".
Dalla cattedra, sorrideva anche il professor Donati, che non si era rasato i capelli, perché era pelato
di suo e aveva la testa come una palla da biliardo.
La con-passione è amare con il cuore di Dio.
Riflettiamo insieme
La seconda B rinuncia a qualcosa di importante per Elisabetta. Il tagliarsi i capelli, per non farla
sentire in imbarazzo, per non farla sentire ‘diversa’, è un grande gesto di accoglienza e di vero
amore fraterno.
Nelle nostre fraternità siamo capaci di altrettanta attenzione e delicatezza nei confronti dei fratelli?
Siamo capaci di camminare insieme con un cuore solo e un’anima sola, come hanno saputo fare
questi ragazzi?
Sappiamo farci carico delle difficoltà dell’altro in maniera profonda, come i compagni di classe di
Elisabetta?
Un’opera d’arte per te – adolescenti
Titolo: Il venditore di sigari
Autore: Otto Dix, (Gera 1891- Singen 1969 )
Anno: 1920
Dove si trova: Stoccarda, Staatsgalerie.
Olio su tela , m 1.41 x 1.66
Recensione
L’artista combatté sul fronte occidentale nella grande guerra e vide con i suoi occhi gli orrori che si
perpetuavano in essa . Impossibile non riprodurre ciò che vide in opere di realismo struggente.
Personaggio su cui focalizzarsi
Un reduce di guerra, mutilato, chiede l’elemosina in cambio di fiammiferi. I borghesi che passano
per quella strada sembrano non far caso al suo dolore e all’orrore della realtà. Oltre agli sguardi
frettolosi dei passanti, un cane orina su di lui mentre il mendicante parla da solo senza che nessuno
lo ascolti, lasciato a se stesso.
Riflettiamoci su…
Cristo é compassione
“«Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo
percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per
quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. Anche un levita, giunto in
quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo
vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi,
caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente,
estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più,
te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è
incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Và e
anche tu fà lo stesso»4.”
Per dimostrarci il Suo grande amore Dio si fa uomo e si fa vicino alle sue creature. Ci chiama amici
e non più servi. Ci indica la strada e ci fa una grande promessa: “chi crede in me, compirà le opere
che io compio e ne farà di più grandi5” . ma il Suo amore non è un amore che si chiude in sé e che
resta a quanti lo dona. Il Suo amore è tale da farne condivisione per gli altri. Eppure sulle strade
della nostra vita incontriamo tanti moribondi che chiedono il nostro aiuto. Noi chi siamo??come ci
comportiamo nella vita? Siamo come il sacerdote e il levita della parabola che videro e passarono
oltre,oppure come il samaritano che vide ed ebbe compassione?
Senza compassione, senza comprensione dell’altro non riusciremo mai ad esserne responsabili.
Francesco ha compassione del fratello
“Benché, poi, con tutte le sue forze stimolasse i frati ad una vita austera, pure non amava quel1a
severità intransigente che non riveste viscere di pietà e non è condita con il sale della discrezione.
Un frate, a causa dei digiuni eccessivi, una notte non riusciva assolutamente a dormire, tormentato
com'era dalla fame. Comprendendo il pietoso pastore che la sua pecorella si trovava in pericolo,
chiamò il frate, gli mise davanti un po' di pane e, per evitargli il rossore, incominciò a mangiare lui
per primo, mentre con dolcezza invitava l'altro a mangiare.
Il frate scacciò la vergogna e prese il cibo con grandissima gioia, giacché, con la sua vigilanza e la
sua accondiscendenza, il Padre gli aveva evitato il danno del corpo e gli aveva offerto motivo di
grande edificazione. Al mattino, I'uomo di Dio radunò i frati e, riferendosi a quanto era successo
quella notte, aggiunse questo provvido ammonimento: “ A voi, fratelli, sia di esempio non il cibo,
ma la carità ”.Li ammaestrò, poi, a seguire sempre nella corsa alla virtù, la discrezione che ne è
l'auriga; non la discrezione consigliata dalla prudenza umana, ma quella insegnata da Cristo con
la sua vita santissima, che certamente è il modello dichiarato della perfezione6.”
• Francesco d’Assisi seppe trovare nella difficoltà del fratello motivo di carità. Lo face perché
i frati che lo seguivano sapessero che prima di tutto viene la carità. Oggi in un mondo in cui
l’uomo è dilaniato da dolori , sofferenze e mancanze si ripropone a noi come l’uomo ferito
sulla strada verso Gerico.
• Francesco cosa avrebbe fatto? Noi come francescani cosa potremmo fare?
4
Luca 10,30-37
Giovanni 14,12
6
Fonti Francescane 1095 7
5
Farci prossimo dei fratelli
“Siano presenti con la testimonianza della propria vita umana ed anche con iniziative coraggiose,
tanto individuali che comunitarie, nella promozione della giustizia ed in particolare nel campo
della vita pubblica, impegnandosi in scelte concrete e coerenti alla loro fede (Regola.
O.F.S.,art.15)7”
• Come fraternità abbiamo coinvolto i ragazzi in scelte concrete per un mondo diverso?
• Come animatori di fraternità abbiamo dedicato tempo nel discutere sull’accoglienza
reciproca e sulla responsabilità verso l’umanità?
Attività fraterna: Sii il tuo miracolo
Scopo della dinamica è renderci consapevoli che ciascuno può essere responsabile di quanti ci
circondano, anche e soprattutto di quanti non conosciamo. Proponiamo un’attività da fare in piccoli
gruppetti e poi condividere l’esperienza in una giornata di fraternità in cui sia possibile dedicare
tempo di riflessione sul tema della responsabilità. Si chiede a ciascuno del gruppo di raccogliere
nella settimana quante più informazioni sulle problematiche ascoltate da quanti si sono incontrati
nel bus, nella fila alla posta, al supermercato, al cinema e così in altri ambiti … raccogliere tutto in
un unico quaderno e proporre alla fraternità dei “piccoli miracoli” ovvero piccoli gesti concreti in
risposta alle problematiche riscontrate. Una volta scelte e vagliate le proposte fare in modo che
diventino le attività per l’anno fraterno in corso di tutta la fraternità.
Una canzone per te – giovani
Titolo: Siamo noi
Cantante: Laura Pausini
Album: Tra te e il mare
Anno: 2000
7
Il nostro volto art. 6 m
In quest’album (della maturità), la cantante romagnola abbandona le tematiche adolescenziali per
aprirsi a temi fondamentali, quali l'amore, la nostalgia, la ricerca dell'energia necessaria per
superare i fallimenti. Tra le quattordici tracce, contenute in questo lavoro, interessante per il nostro
percorso è la canzone “Siamo noi”.
“Siamo la vita scritta sopra i muri, confusi ed insicuri”: Non possiamo negare che, spesso, la
confusione e l’insicurezza sono tipiche dei giovani d’oggi, dovute in buona parte al crollo delle
cosiddette “ideologie forti” che, in questo secolo, hanno rivelato la loro assurdità e inconsistenza.
La gioventù di oggi si ritrova spesso “spiazzata” e alla ricerca di nuovi punti di riferimento che
diano stabilità e speranza al proprio futuro. Questa ricerca si esprime in molteplici modi, tra cui le
scritte sui muri - vedi le nostre città - che esprimono spesso il desiderio profondo di rapporti umani
nuovi, di vera amicizia, di un bisogno di comunicare e di essere ascoltati...
“...bandiere di felicita”: L’aspirazione più alta di ognuno è “essere felice”, cioè realizzare se stesso
come persona, riuscire a dare un senso pieno/vero alla propria vita. Molte volte il beato Giovanni
Paolo II, orientando i giovani nella direzione dell’incontro con Cristo, ha affermato: «Possa ogni
giovane incontrare Gesù, Colui che conosce il segreto della vera felicità e l’ha promessa ai suoi
amici con le parole “Questo vi ho detto, perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”».
“...soldati di un amore che ha sparato sulla guerra”: Ormai, si fa sempre più evidente,
nonostante gli atti di puro vandalismo degli indignados, la consapevolezza che la guerra o la
violenza non siano più la soluzione dei problemi. Unica via necessaria da percorrere insieme è
quella di un dialogo paziente e sincero. Per difendere questo valore, molti e tanti sono i giovani che
scendono in campo, impegnandosi concretamente nelle file del volontariato e dell’obiezione di
coscienza che, “sporcandosi le mani”, con responsabilità, desiderano costruire un mondo migliore
per sé e per gli altri. Oggi i giovani sentono fortemente la voglia e la responsabilità di riscrivere una
storia nuova, che non ripetano più gli errori del passato. Questa storia nuova è da riscrivere “sui
libri della realtà”, cioè impegnandosi concretamente ogni giorno, cominciando proprio dalle
piccole cose.
“...la frontiera di un sogno fatto insieme, di un’altra primavera”: È indispensabile costruire
(con i piedi ben piantati per terra), senza rinunciare a “sognare insieme” un’alba nuova per
l’umanità! Solo così “realismo” e “sogno” andranno di pari passo, diventeranno la dinamo per
costruire insieme la civiltà dell’amore, lo stesso amore predicato da Gesù di Nazareth.
Riflettiamoci su …
La tua idea di felicità coincide con la felicità che ti propone Gesù?
Tanti giovani scendono in campo, impegnandosi concretamente nelle file del volontariato,
dell’obiezione di coscienza, “sporcandosi le mani”. In che modo viviamo e concretizziamo le nostre
responsabilità verso gli altri?
Una dinamica per te – adolescenti
“Lavoriamo nel QUOTIDIANO”
Obiettivo. Si vuole far comprendere l’importanza del
lavoro fatto in gruppo, facendo riferimento anche al modo
in cui ci si pone per superare quelle difficoltà dettate dalle
possibili idee contrastanti, tutto affinché sia raggiunto un
risultato comune, guardando cioè alla stessa meta.
Materiale. Un giornale (meglio se un quotidiano), fogli,
penne.
Ulteriori note. Per procedere con quest’attività c’è bisogno
di scegliere un articolo, una notizia, che possa creare a un dibattito.
L’idea potrebbe essere quella di far sì che l’animatore scelga l’articolo più adatto ma nulla vieta
della scelta dell’articolo sia la prima parte dell’attività scelta.
Svolgimento dinamica.
Se si decide che a scegliere l’articolo, e quindi il tema dal giornale per svolgere l’attività siano i
ragazzi stessi, la prima parte è appunto questa dedicata a tale scelta.
Ovviamente l’animatore deve essere presente a tale operazione guidando comunque i ragazzi nella
scelta, facendo attenzione alle dinamiche comportamentali che hanno già in questo primo momento
in cui si trovano a dover prendere una prima decisione insieme.
Una volta scelto l’articolo, si procede con la lettura, anche più di una volta affinché sia spiegato
bene ai ragazzi di quale argomento si sta per trattare.
Il tema scelto può essere qualsiasi, dalla politica, alla cronaca, allo sport e a questo punto chiedere a
ogni ragazzo di scrivere una o due parole chiave per focalizzare bene l’argomento può risultare di
aiuto per una comprensione più approfondita.
Tali parole chiave saranno condivise con il resto del gruppo, in modo che ognuno possa avere più
spunti e magari focalizzare l’attenzione su qualcosa che fino a quel momento non avevano
considerato.
Ora viene il bello!!! Il compito da assegnare ai ragazzi è di immaginare che la risoluzione del
problema o della questione contenuta nella notizia/tema dell’articolo sia qualcosa che dipenda da
loro, facendoli immedesimare nel problema, ad esempio se si tratta del tema della politica loro
potrebbero impersonare il Parlamento che fa passare o no una legge, o invece se il tema è lo sport
potrebbero fingersi come i vari presidenti di squadre della stessa Lega, o la “Cassazione” nel caso di
fatti di cronaca, ecc ecc…
Una volta trovata la soluzione si dovrà modificare l’articolo inserendo la soluzione, specificando le
motivazioni e le riflessioni fatte che hanno portato a tale decisione.
Riflettiamoci su…
L’occhio dell’animatore qui è fondamentale. Deve fungere da osservatore, per scrutare i
comportamenti che i ragazzi hanno nelle varie fasi dell’attività.
Il momento finale è quello dove appunto il formatore tira le somme, mettendo al centro del gruppo
quello che ha notato, le varie reazioni, il coinvolgimento che hanno avuto, l’ipotetica passività o
viceversa la troppa impulsività e prepotenza nel portare avanti la propria idea.
Ogni ragazzo qui è chiamato a capire quale sia stato l’apporto che ha dato nel risolvere la questione.
Nella condivisione è auspicabile che esca fuori qualche correzione sollevata stesso tra i ragazzi.
Tante volte la presenza non basta, il solo “riscaldare la sedia” è un atteggiamento che non dovrebbe
far parte dell’essere giovanissimo, eppure in molti casi la realtà è questa.
Bisogna spiegare, ma ancor prima essere testimoni, che il lavorare su se stessi e con gli altri è
fondamentale affinché ci siano dei risultati comuni e già il fatto di impegnarsi, dedicare del tempo a
progettare è un grande risultato.
Un film per te – giovani
Titolo: Amazing Grace
Anno: 2006
Regia: Michael Apted
Cast: Ioan Gruffudd, Albert Finney, Michael Gambon, Romola Garai,
Derek Hagen, Toby Jones
Durata: 111 minuti
Genere: Drammatico
Trama
È la storia del giovane idealista William Wilbeforce che nell’Inghilterra del XVIII secolo tenta di
porre fine alla tratta e alla schiavitù dei neri nell’impero. Il protagonista viene eletto deputato nel
parlamento britannico anche se è tentato di abbandonare il suo incarico per seguire la strada della
fede e diventare pastore anglicano. Sceglie di rimanere e dedica circa 30 anni della sua vita alla
causa di cui lui per primo si è interessato: la schiavitù dei neri. Le difficoltà e i ripensamenti sono
innumerevoli ma il 26 luglio 1833 viene abolita la schiavitù nelle colonie britanniche grazie alla sua
costanza ma anche al suo ingegno che gli permette di aggirare l’ostacolo raggiungendo ugualmente
la meta tanto agognata. La sua battaglia vede come copratogonisti in primis la moglie Barbara, ma
anche John un negriero pentito che diventa la sua guida spirituale e i suoi compagni di politica che
non smettono mai di credere in lui e di incoraggiarlo.
Recensione
Dall’inizio del diciottesimo secolo oltre 11 milioni di africani, uomini, donne e bambini furono
strappati dall’Africa per essere usati come schiavi nelle colonie delle Indie occidentali e
d’America. La Gran Bretagna era la maggiore superpotenza sulla terra ed il suo impero era stato
costruito sulla schiena degli schiavi. La schiavitù era ritenuta accettabile dai più. Una sparuta
minoranza aveva il coraggio di opporsi. (Le scritte iniziali del film).
Si tratta di una storia vera e di una persona realmente esistita: Wilbeforce nasce nel 1759 in una
famiglia benestante anglicana; ad un certo punto della sua vita inizia ad interessarsi della Bibbia, si
appassiona al Nuovo Testamento e nel 1787 annuncia alla Camera dei Comuni la sua dichiarazione
contro la schiavitù.
la pratica di ridurre in schiavitù delle persone da parte di altre persone è il tema principale del film
ma esso può portare a riflessioni profonde sul concetto generale di schiavitù, sul fatto che abolita
una ne nascono molte altre che da sempre accompagnano la vota dell’uomo: quali sono quelle che
accompagnano la nostra?
L’omonima colonna sonora del film è uno degli inni cristiani protestanti più antichi e diffusi, ancora
oggi cantato soprattutto nel periodo natalizio. Il testo parla di una conversione ricevuta per grazia di
Dio.
Riflettiamoci su…
“I sogni recitano la mia vita per deridermi, mostrandomi cose che avrei dovuto fare”
All’inizio del film Wilbeforce è un uomo torturato da quello che non è riuscito a fare per gli altri
nonostante tutto il suo impegno; non riesce più a pensare alla sua vita ma i suoi sogni, i suoi
pensieri, i suoi comportamenti, la sua salute parlano della sua missione di liberazione. Non avrà
tregua fino a quando non la porterà a termine.
Se questa fosse la descrizione di anche solo 10 degli uomini che oggigiorno si occupano di politica
nel nostro come in altri paesi allora la politica e la società sarebbero davvero il luogo di crescita e di
salvezza che dovrebbero essere. Un uomo che ha fatto davvero della sua vita uno strumento al
servizio dei più deboli, che si è impegnato per tutta la vita per loro. Un atteggiamento opposto a
questo è quello che viene definito in sociologia “Sindrome NIMBY” (not in my back yard), cioè
“non nel mio cortile”. Questa sigla sta ad indicare quell’atteggiamento con cui a parole ed in teoria
si sposano le grandi cause osteggiando opere di interesse pubblico che possono avere influenze
negative sulla collettività, poi però se questo deve comportare delle conseguenze a livello locale e
personale si passa dall’altra parte. Della serie “fate tutto quel che volete purchè non guastiate la
serenità del mio cortile”. È esattamente l’atteggiamento dei parlamentari contro cui Wilberforce
combatte, spinti dai propri interessi economici personali e pigri.
Parafrasando Shakespeare, cosa risponderesti alla domanda NIMBY or not NIMBY? Cioè sposi
nella tua vita un impegno comune che sia una risposta concreta e non solo teorica agli ideali in cui
credi, al cammino di fede che hai fatto e fai, all’educazione e alla coscienza di uomo/donna che
sei?
Alla domanda dell’amico che gli chiede se crede che insieme possano cambiare il mondo
Wilbeforce risponde che prima vorrebbe cambiare se stesso: quindi non è una questione di
ambizioni personali o di gloria o di voglia di rimanere nella storia. Qui si tratta di un uomo che ha
capito fino in fondo che stare al mondo significa abitare la propria casa e non soggiornare da ospiti
in un hotel, avere cura della propria famiglia, spendersi, mettersi in discussione e in gioco, rischiare
per gli altri. Tutte queste belle parole possono essere racchiuse in una molto semplice: pietas. Un
sentimento che dovrebbe contraddistinguere noi cristiani chiamati ad amare e rispettare il prossimo
in virtù del fatto che crediamo di essere tutti figli di un unico padre e tutti pensati a sua immagine e
somiglianza.
Quanto ha a che fare questo sentimento con la tua vita e con la tua identità di cristiano? Quali
sono i modi e i mezzi che ti permettono di esercitarlo?
“Avete trovato Dio?”
“Lui ha trovato me. Avete idea di quanto questo sia inopportuno, di quanto sembrerà stupido? Ho
una luminosa carriera politica davanti a me e infondo al cuore quello che voglio sono ragnatele.”
Molto spesso non è facile spendersi per i propri ideali e farlo in nome di Cristo. Le derisioni, le
piccole persecuzioni quotidiane fanno ancora parte della storia di molti. E molti sono tentati di
restare nella dimensione della meditazione dove c’è sicurezza, serenità, solitudine. La dimensione
dell’azione è invece pericolosa in quanto ci espone al giudizio degli altri, all’errore, al fallimento.
Ma Dio ha trovato te e conta su di te per portare a termina la piccola missione che ti ha affidato.
Sei consapevole di quale sia questa tua missione nel posto, con le persone e nel tempo in cui Dio ha
voluto che nascessi? Responsabilità significa essere capaci di dare delle risposte. O per lo meno
provarci. Tu lo stai facendo?
“La tratta degli schiavi ha trecento deputati dalla sua parte. Saresti tu contro di loro. Ma puoi
farcela. Tu ce la farai.”
Per ben due volte Wilbeforce sta per lasciare tutto: la prima per dedicarsi alla sua vocazione e alla
sua spiritualità ma poi comprende la sua responsabilità nei confronti di persone che vengono rese
schiave, capisce che deve dare risposta alle esigenze di queste persone e può farlo solo attraverso
l’impegno politico, la legalità, il sostegno di altre persone, la costanza della lotta. La seconda volta
sta per arrendersi credendosi sconfitto fisicamente (dai suoi malesseri) e concettualmente. Anche la
seconda volta decide di tornare e ad aspettarlo c’è la vittoria. In entrambi i casi è stata fondamentale
per lui la presenza delle persone che lo circondavano, che credevano in lui, che lo hanno
incoraggiato, gli hanno mostrato tutto quanto di buono aveva fatto e poteva ancora fare; questo è il
potere che ha una comunità, un gruppo di persone accomunate da un obiettivo o anche solo da
un’idea. Il potere di non farti sentire solo nelle difficoltà, di lottare con te nei momenti difficili, di
condividere le tue gioie. Urlare una parola da soli in mezzo alla strada non ha certo lo stesso effetto
se ad urlarla ci sono dieci persone. Insieme si arriva prima alla meta, si può essere più efficaci
poiché nella comunità confluiscono i doni e i limiti di ognuno e tutto può diventare ricchezza.
Come vivi la dimensione comunitaria? Cosa significa per te?
Un consiglio da vescovo: stralcio di un’intervista a Don Tonino Bello sulla politica
- Come vede la presenza dei cristiani nel sociale e nel politico?
Anzitutto, non solo sono convinto di quanto afferma la Gaudium et spes, che parla della politica
come di “un’arte nobile e difficile”, ma condivido in pieno l’espressione di Paolo VI, il quale
afferma che “la politica è una maniera esigente di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri”.
Penso, pertanto, che il credente, oggi più che mai, debba accettare il rischio della carità politica,
sottoposta per sua natura alla lacerazione delle scelte difficili, alla fatica delle decisioni non da tutti
comprese, al disturbo delle contraddizioni e delle conflittualità sistematiche, al margine sempre più
largo dell’errore costantemente in agguato.
Il cristiano, in pratica, imbocca la Gerusalemme-Gerico; non disdegna di sporcarsi le mani; non
passa oltre per paura di contaminarsi; non si prende i fatti suoi; non si rifugia nei suoi affari privati;
non tira diritto per raggiungere il focolare domestico, o l’amore rassicurante della sposa, o la
mistica solennità della sinagoga. Fa come fece il buon Samaritano, per il quale san Luca usa due
verbi splendidi: “Ne ebbe compassione” e “gli si fece vicino”.
È un mestiere difficile, non c’è dubbio. Non solo perché richiede la coscienza dell’autonomia della
politica da ogni ipoteca confessionale e il riconoscimento della sua laicità. Ma anche perché deve
evitare la tentazione, sempre in agguato, dell’integralismo: diversamente si ridurrebbe il messaggio
cristiano a una ideologia sociale.
- In concreto, come si caratterizza l’azione politica del credente?Il cristiano che fa politica deve
avere non solo la compassione delle mani e del cuore, ma anche la compassione del cervello.
Analizza in profondità le situazioni di malessere. Apporta rimedi sostanziali sottratti alla
fosforescenza del precariato. Non fa delle sofferenze della gente l’occasione per gestire i bisogni a
scopo di potere. Paga di persona il prezzo di una solidarietà che diventa passione per l’uomo.
Addita in termini planetari e senza paure, i focolai da cui partono le ingiustizie, le violenze, le
guerre, le oppressioni, le violazioni dei diritti umani.
Sicché, man mano che il cristiano entra in politica, dovrebbe uscirne di pari passo la mentalità
clientelare, il vassallaggio dei sistemi correntizi, la spartizione oscena del denaro pubblico, il
fariseismo teso a scopi reconditi di dominio.
Utopie? Forse. Ma così a portata i mano, che possono finalmente diventare “carne e sangue”
sull’altare della vita.
(27 febbraio 1987)