Il nazismo ei bambini - Laura Fontana 28.11.2013

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Il nazismo ei bambini - Laura Fontana 28.11.2013
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Attività di Educazione alla Memoria
a.s. 2013-2014
Storie di bambini e adolescenti
sotto il Terzo Reich
1933-1945
Seminario di formazione per studenti
Giovedì 28 novembre 2013 ore 15
Museo della Città – Sala del Giudizio
Via L. Tonini, 1 - Rimini
Il nazismo e i bambini.
L’ossessione per la razza e il “sangue puro”.
Laura FONTANA
Responsabile attività di Educazione alla Memoria
Il nazismo e i bambini. L’ossessione per la razza e il “sangue
puro”.
Non è possibile capire la politica razzista del regime nazista se non si comprende l’ossessione per
la “rigenerazione razziale e biologica” del popolo tedesco che fu uno dei pilastri ideologici del
Terzo Reich e, di conseguenza, l’attrazione e lo sviluppo nella cultura germanica già dalla fine
dell’Ottocento del pensiero eugenetico (eugenetica = teoria che postula il miglioramento della
specie umana attraverso misure di selezione). Solo se approfondiamo il concetto chiave di “sangue
puro”, e il suo contrario di “sangue marcio” potremo correttamente interpretare il duplice binario
lungo il quale si sviluppa la politica del nazismo rispetto ai bambini. Da un lato, una politica di
inclusione nella Volksgemeinschaft (nella comunità del popolo intesa in senso etnico e biologico,
cioè di persone dello stesso sangue) che si concretizza in misure di rafforzamento della “razza
ariana” e in un programma di addestramento ideologico dell’infanzia; dall’altro una politica di
esclusione volta a isolare ed eliminare tutti quei bambini , ebrei e non, portatori di “sangue
marcio” che il regime intende estirpare alla radice affinché non contaminino il “sangue puro” degli
“ariani”. Proprio in nome di una logica di esclusione ritenuta necessaria (uccidere diventerà per i
medici tedeschi un lavoro necessario per il bene comune della Germania), migliaia di bambini
tedeschi disabili e centinaia di migliaia di bambini ebrei (ma anche zingari Sinti e Rom) verranno
assassinati con metodi e programmi criminali diversi.
Kinderaktion (operazione “eutanasia”) e Aktion T4 (Operazione
T4) – Vite indegne di essere vissute
Appunti di Laura Fontana
L’operazione definita eufemisticamente “eutanasia” o in codice nazista "Operazione T4” si riferisce
al programma di eliminazione sistematica di tutti coloro che venivano considerati "degenerati":
malati di mente, portatori di handicap, tubercolotici, disadattati a vario titolo. In pratica un
assassinio legalizzato, perpetrato da personale sanitario e attuato dall’autunno 1939 in Germania
e Austria (cioè nel Reich) e successivamente anche nei territori occupati dell’est Europa.
Il programma “eutanasia” e “T4” coinvolse innanzitutto migliaia di cittadini tedeschi “ariani”, ma
considerati imperfetti secondo la teoria razziale promossa dal nazismo, perché affetti da
malformazioni ritenute congenite o disabilità fisiche o psichiche. Secondo la logica del corpo sano
e forte che il nazismo promuoveva con una propaganda martellante, andava rafforzata la “stirpe
ariana” separando il “sangue puro” dal “sangue marcio”, ovvero da un lato fare in modo che gli
elementi più forti potessero moltiplicarsi e dar vita a quell’esercito di cui il Reich aveva bisogno per
i suoi piani di dominio e dall’altro, eliminare dalla comunità del popolo tedesco
“Volksgemeinschaft”) gli elementi ritenuti indegni, improduttivi, ovvero “bocche inutili” da
sfamare o anche “vite indegne di vivere”.
Prima di arrivare a uccidere una parte della propria popolazione, il regime aveva bisogno di
fabbricare quel consenso popolare necessario a evitare possibili opposizioni.
Fin dall’inizio del governo nazista, venne dunque promossa una campagna di propaganda intensa e
capillare, volta a convincere la popolazione della necessità di eliminare (si diceva però “lasciar
morire” oppure “accordare una morte misericordiosa” evitando i verbi come “uccidere”,
“eliminare” “far morire”) coloro che non potevano adeguarsi e contribuire a costruire quella
comunità di popolo a cui era destinato un grande impero.
Il regime finanziò la realizzazione di numerosi film e documentari, avvalendosi di cineasti rinomati
e facendo recitare attori vestiti da medici, in modo da trasmettere autorevolezza alla popolazione,
ma vennero anche stampati e diffusi volantini, manifesti, libri, sia nelle scuole che nei vari ambiti
della vita sociale e pubblica.
A tal fine venne creata la “Commissione del Reich per la salute del popolo” che si dedicò
all’organizzazione della propaganda nelle scuole, negli uffici pubblici e nel Partito Nazista. Ogni
provincia venne dotata di un “Ufficio del Partito per la politica razziale“ presieduto da un esperto
di eugenetica. La Commissione disponeva di una rete di 500 medici sparsi in tutta la Germania e
l'Austria e organizzati in quei "consultori della morte" che erano i "Centri di consulenza per la
protezione del patrimonio genetico e della razza". I medici che li dirigevano furono incaricati di
raccogliere tutti i dati necessari per valutare quale parte della popolazione dovesse essere
sottoposta a sterilizzazione al fine di controllare anche le nascite di bambini deformi o
psichicamente disabili.
Il primo passo legislativo concreto verso l’attuazione del piano eugenetico avvenne il 14 luglio
1933 con l’emanazione della Legge per la prevenzione della nascita di persone affette da malattie
ereditarie che autorizzava la sterilizzazione forzata delle persone ritenute portatrici di malattie
ereditarie.
Tale norma entrò in vigore dal 1° gennaio e fu volta a far sterilizzare i tedeschi affetti da malattie
ritenute “ereditarie” (cretinismo congenito, mongolismo, schizofrenia, psicosi maniaco depressiva,
epilessia, corea, cecità, sordità, gravi malformazioni fisiche; inoltre, poteva essere sterilizzato
anche chi soffriva di alcoolismo acuto). Se i malati non davano il loro consenso alla sterilizzazione,
come nella maggioranza dei casi, ci pensava il medico di famiglia o i direttori sanitari a convincere i
famigliari che per il bene della persona era opportuno sottoporsi all’intervento volto a evitare una
procreazione irresponsabile e “degenerata”.
Nei 12 anni di regime nazista, si stima che vennero sterilizzate quasi sempre in maniera coatta
almeno 400.000 persone, di cui la maggioranza donne.
Nell’ ottobre 1935 venne emanata una seconda legge per La salvaguardia della salute ereditaria
del popolo tedesco. Con essa si autorizzava l’aborto nel caso in cui uno dei genitori fosse affetto da
malattie ereditarie.
Ma il programma eugenetico non si limitò alla sterilizzazione. Esso proseguì infatti con
l’eliminazione fisica e i primi ad essere assassinati furono i bambini con disabilità mediante il
programma varato dal regime col nome di Kinderaktion, o anche “operazione eutanasia”.
Vi fu un precedente che, pare, motivò Hitler a dare il consenso all’avvio del programma assassinio
dei bambini disabili, il cosiddetto caso Knauer.
Nell’autunno 1938 la famiglia Knauer si rivolse direttamente al Führer per chiedere Hitler aiuto nel
porre fine alle sofferenze del proprio figlio (o figlia) nato con gravi malformazioni. Non è possibile
ricostruire con certezza l'esatta natura del suo disturbo, ma le testimonianze sembrano
concordare sul fatto che fosse cieco e che i medici avessero formulato nei suoi confronti la
diagnosi di "idiotismo". Tuttavia non tutti gli osservatori rilevarono la sua cecità e per quanto
riguarda la diagnosi di idiotismo non furono offerti argomenti sufficientemente precisi; il neonato
soffriva inoltre di convulsioni.
Il padre del bambino aveva consultato il direttore della Clinica infantile dell'Università di Lipsia,
chiedendogli prima di accogliere il figlio e successivamente di farlo morire per evitargli inutili
sofferenze. Ma a tale richiesta, il medico aveva rifiutato, trattandosi di un atto punito dalla legge e
suggerito di rivolgersi per un consiglio alla Cancelleria di Hitler, l’ufficio che si occupava degli affari
personali del Führer, con a capo Philip Bouhler.
Preso atto della richiesta – che pare non fosse l’unica pervenuta -Hitler ordinò a Karl Brandt, suo
medico personale, di visitare il neonato degli Knauer, di consultarsi con i medici di Lipsia e di
uccidere il bambino nel caso in cui la diagnosi avesse ratificato le condizioni fisiche e psichiche
descritte nella supplica. A Lipsia Brandt si consultò con i medici curanti, confermò la diagnosi e
autorizzò l'eutanasia: il bambino fu ucciso.
Esiste la testimonianza agli atti di Brandt rilasciata al processo di Norimberga dopo la guerra (verrà
condannato a morte e impiccato nel 1948).
A seguito di questo evento, la Cancelleria di Hitler iniziò nei primi mesi del 1939 a pianificare
l’assassinio dei neonati e bambini malati e Hitler emanerà nell’ottobre di quell’anno,
retrodatandolo al 1 settembre per legarlo simbolicamente alla data dello scoppio della guerra, un
ordine speciale:
“Il Reichsleiter Bouhler e il dottore professor Karl Brandt sono incaricati di estendere a determinati
medici (che verranno designati) la facoltà di somministrare l'eutanasia a malati che, secondo le
capacità di giudizio umane e dopo scrupoloso esame clinico, siano da considerarsi inguaribili".
Tuttavia, per avviare in maniera legale il programma “eutanasia” dei bambini, occorreva
l’appoggio del Ministero degli Interni per poter garantire il rispetto della disposizione e per
depenalizzare il crimine, sollevando i medici da qualunque responsabilità. Ma soprattutto
occorreva non collegare pubblicamente tale programma alla persona di Hitler.
Per arrivare a questo obiettivo, il 18 agosto 1939 il Ministero degli Interni fece circolare un decreto
intitolato Obbligo di dichiarazione di neonati deformi, recante il timbro "strettamente
confidenziale". Il decreto, che non fu pubblicato sulla gazzetta ufficiale del ministero per tenerlo
parzialmente riservato, ordinava alle ostetriche e ai medici di denunciare tutti gli infanti nati "con
specifiche condizioni mediche":
1. idiotismo e mongolismo (in particolare i casi che presentavano anche cecità e sordità);
2. microcefalia (dimensioni della testa abnormemente piccole);
3. idrocefalia grave o progressiva;
4. ogni deformità, in particolare arti mancanti, chiusura gravemente difettosa della testa e della
colonna vertebrale ecc.;
5. paralisi, incluso il morbo di Little (dìplegia spastica)
Oltre ai neonati, i medici dovevano dichiarare tutti i bambini sotto i tre anni affetti da tali
condizioni.
Questi bambini fino ai tre anni dovevano essere segnalati agli uffici di sanità pubblica e inseriti in
appositi elenchi per essere successivamente trasferiti nei cosiddetti Reparti per l’assistenza
esperta dei bambini presso ospedali e cliniche private dove venivano loro somministrati farmaci
mortali».. L’uccisione dei bambini avveniva dunque mediante farmaci letali (scopolamina, morfina
e barbiturici) o per mancanza di nutrizione.
Ai genitori veniva detto che i bambini necessitavano delle migliori cure mediche e che il governo si
sarebbe occupato di loro gratuitamente, in modo da facilitare l’assegnazione dei piccoli malati a
questi centri di messa a morte.
Al decreto fu allegato un campione del modulo di dichiarazione. Il modulo richiedeva le seguenti
informazioni, oltre al nome, l’età e il sesso del bambino:
- una descrizione particolareggiata della malattia;
- una spiegazione del modo in cui la funzionalità del bambino veniva compromessa dalla malattia;
- dettagli relativi alla degenza e al nome dell’ospedale;
- una stima della speranza di vita;
- possibilità di miglioramento.
Il modulo occupava soltanto un lato di una pagina; lo spazio per le descrizioni particolareggiate
non era quindi molto. Ostetriche e medici dovevano sottoporre le loro dichiarazioni all’ufficio di
sanità pubblica locale, che doveva verificare le informazioni e quindi inviare la dichiarazione al
Comitato del Reich presso la casella postale 101, Berlino W 9.
La frase di apertura del decreto si prefiggeva di dare l'impressione che l'obiettivo del ministero
fosse quello di realizzare un'indagine scientifica che avrebbe aiutato i bambini sofferenti di gravi
disturbi: "La registrazione tempestiva dei casi appropriati in cui siano presenti deformazioni e
ritardo mentale ereditari è essenziale per la chiarificazione di problemi scientifici". Sembra che
nella maggior parte dei casi il provvedimento venisse accolto come una semplice richiesta di
informazioni per un'indagine statistica. In nessun luogo il decreto rivelava le vere ragioni dietro
questo obbligo di dichiarare bambini disabili. Il modulo originale, utilizzato per dichiarare i
bambini, si rivelò insufficiente. Perciò il 7 giugno 1940 I'RMdI emanò una circolare che annunciava
l'introduzione di un nuovo modulo. Quest'ultimo richiedeva una maggiore dovizia di particolari.
Mentre il vecchio modulo domandava soltanto il nome, l'età e il sesso del bambino, il nuovo
richiedeva anche il suo recapito e la sua fede religiosa. Le domande concernenti lo stato di salute
del bambino erano maggiormente dettagliate ma non presentavano differenze sostanziali. Fatto
più importante, il nuovo modulo richiedeva informazioni circa la nascita del bambino e le storie
cliniche di genitori, fratelli, sorelle e altri parenti.
I periti erano Werner Catel, Hans Heinze ed Ernst Wentzler, tutti membri del comitato di
pianificazione e sostenitori militanti dell'eutanasia. Essi presero tutte le decisioni unicamente sulla
base dei moduli di dichiarazione; non visitarono mai i bambini e neanche consultarono la casistica
medica esistente. I periti annotavano un voto accanto ai propri nomi su una carta da lettera che
recava l'intestazione "Comitato del Reich", ma che era preparata dalla KdF per ogni bambino preso
in esame. Non vi era spazio per lunghi commenti. Un semplice segno più (+) indicava l'inclusione
nel programma e dunque l'uccisione del bambino; un semplice segno meno (-) indicava
l'esclusione, il che voleva dire che il bambino poteva continuare a vivere. Se il perito era indeciso,
annotava "osservazione", il che differiva la decisione.
Una volta deceduti i bambini venivano sottoposti ad autopsia ai medici interessava soprattutto
studiarne il cervello.
Tuttavia non venivano uccisi soltanto neonati o bambini di pochi anni. Gli istituti si occupavano
anche di adolescenti considerati difficili, ribelli, disadattati che venivano sottoposti a elettrochoc o
altri trattamenti e in molti casi uccisi.
Nel processo di Francoforte del 1947 la signora Rettig testimoniò sull'eliminazione del figlio
tredicenne che era scappato di casa ed era stato trovato dalla polizia. Il ragazzo era stato
ricoverato a Idstein e la madre informata che si trovava nell'Istituto per ricevere tutte le cure
appropriate. Dopo poche settimane in una lettera ufficiale venne informata che suo figlio era
morto. Tra i vestiti che le vennero restituiti la signora Rettig ritrovò un bigliettino del figlio che
diceva:
"Cara mamma! Se ne sono andati e mi hanno lasciato rinchiuso. Cara mamma io non resisto otto
giorni qui con questa gente: io me ne vado, io qui non ci resto. Vieni a prendermi. Anche la mia
valigia è rotta, è caduta. Cara mamma, fa qualcosa affinché la mia richiesta sia esaudita"
Gli storici che hanno approfondito questa terribile pagina della storia del nazismo, stimano in
almeno 8.000 i bambini che morirono in questo modo.
Sulla base dell’ordine di Hitler dell’ ottobre 1939 il programma fu esteso anche agli adulti tedeschi
affetti da malformazioni o disabilità, tramite una variante del programma detta Aktion T4
(operazione o programma T4). La differenza sostanziale fu che gli adulti vennero uccisi mediante il
gas, in centri appositamente specializzati e attrezzati a tale scopo, a partire dal dicembre 1939.
L’ordine del programma T4 fu retrodatato da Hitler all’ 1 Settembre 1939, giorno dell’attacco
tedesco alla Polonia per collegarlo strategicamente all’urgenza della guerra.
Tra l’altro lo scoppio della seconda guerra mondiale distolse l’attenzione della popolazione dal
programma di eutanasia. I Nazisti avrebbero potuto sbarazzarsi delle "bocche inutili" per
risparmiare soldi e personale, ed avere maggiori posti letto disponibili in ospedale.
Nel corso dell’occupazione della Polonia vennero utilizzate camere a gas mobili per l’uccisione dei
malati mentali dei manicomi.
L’ufficio responsabile della soppressione degli adulti si trovava a Berlino, in una villa confiscata ad
ebrei al numero 4 della Tiergarten Strasse; proprio a causa di questo indirizzo, l’uccisione dei
disabili divenne presto nota come Operazione T4, o semplicemente T4 (l’iniziale e il numero civico
della via).
Furono quindi istituiti sei centri di uccisione in tutta la Germania: Brandenburg, vicino Berlino
(funzionante da gennaio a settembre 1940), Grafeneck presso Stoccarda (gennaio 1940 - dicembre
1940), Sonnenstein/Pirna vicino Dresda (aprile 1940 - agosto 1943), Bernburg presso Magdeburgo
(settembre 1940 - aprile 1943), Hadamar vicino Coblenza (gennaio 1941 - agosto 1941), oltre ad
uno in Austria, Hartheim nei pressi di Linz in Austria (gennaio 1940 - dicembre 1944).
Hitler bloccò ufficialmente il programma T4 il 24 Agosto 1941. L’obiettivo programmato, di circa
70.000 persone da uccidere, era stato realizzato.
Tuttavia le operazioni di uccisione proseguiranno con una seconda fase, rivolta ai detenuti dei
campi di concentramento, ma anche dei pazienti psichiatrici e degli ospizi dei territori occupati
dell’Est europeo. Molti di questi pazienti vennero uccisi con overdose di analgesici e sonniferi, o
semplicemente a causa di deliberate condizioni di esaurimento e malnutrizione.
Tra la fine di Ottobre 1941 e l’estate del 1942, circa 100 membri del T4 furono inviati a Lublino per
installare e rendere operativi i tre campi di sterminio dell’Aktion Reinhard in cui verranno uccisi in
pochi mesi la maggioranza degli ebrei polacchi. I membri dell’operazione T4 Wirth, Stangl and
Eberl divennero i primi comandanti di Belzec, Sobibor e Treblinka. Wirth venne poi nominato
ispettore dei campi di eliminazione dell’Aktion Reinhard.
Per la fine del 1943, dopo che ebbero terminato il loro sanguinario lavoro in Polonia, la maggior
parte degli uomini del T4 fu inviata nell’Italia settentrionale per completare le operazioni contro gli
Ebrei rimanenti e i partigiani. Molti di loro riapparvero ancora nel campo di concentramento di San
Sabba vicino Trieste. Il gruppo si disgregò dopo la resa della Wehrmacht tedesca in Italia.
Per diverse ragioni, l’assassinio dei bambini e adulti disabili tedeschi costituisce il preludio e la
preparazione della shoah, l’assassinio degli ebrei d’Europa.
mappa tratta dal sito: http://www.deathcamps.org/euthanasia/t4intro_it.html
Ordine di Hitler per dare avvio all’operazione di “eutanasia”
Traduzione: "Il capo della mia cancelleria Bouhler ed il dr. Brandt sono, sotto la propria
responsabilità, incaricati di estendere a determinati medici la facoltà di autorizzare che, ai malati
da considerare secondo ogni giudizio umano inguaribili, possa essere garantita morte pietosa dopo
giudizio critico sullo stato della malattia"
firmato: Adolf Hitler
Sergio de Simone e i bambini di Bullenhuser Damm
Sergio De Simone con le cugine Andra e Tatiana Bucci
Nel novembre 1944, dieci bambine e dieci bambini – tra cui un italiano, Sergio De Simone – furono
prelevati dalla baracca 11 di Birkenau mediante una selezione condotta dal dottor Mengele in
persona. Il 27 novembre partirono alla volta di Neuengamme, lager situato vicino ad Amburgo. Vi
arrivarono il 29 novembre, giorno del compleanno di Sergio De Simone. In gennaio, il medico Kurt
Heissmeyer iniziò i suoi esperimenti sui bambini; il dottore voleva inventare un vaccino per la tbc,
per diventare famoso e fare carriera.
Il 20 aprile 1945 – all’ approssimarsi della disfatta tedesca - i venti bambini furono portati da
Neuengamme ad Amburgo e, nella scuola di Bullenhuser Damm, impiccati “come quadri alla
parete”, come dichiarerà nel 1946 uno degli assassini, Johann Frahm.
Il 18 marzo 1946, l'esercito inglese diede inizio al processo contro i quattordici responsabili del
massacro dei 20 bambini, che si concluse con la loro condanna a morte per impiccagione il 3
maggio. Undici di loro furono giustiziati, altri tre rimasero impuniti.
Grazie a Günther Schwarberg, giornalista tedesco del settimanale "Stern", il 20 aprile è diventato
"Il Giorno del Ricordo" e nella scuola di Bullenhuser Damm (oggi ribattezzata Janusz Korczak,
Schule in onore del grande pedagogo polacco morto a Treblinka insieme ai bambini ebrei
dell'orfanotrofio che istituì e diresse nel ghetto di Varsavia) ogni anno viene organizzata una
cerimonia
commemorativa
in
memoria
di
questi
20
bambini.
Il 20 aprile 1979 è nata l'"Associazione dei Bambini di Bullenhuser Damm", di cui Philippe Kohn fratello di Georges-André, il più grande dei 20 bambini - è il presidente.
Nella scuola, su una lapide posta in un giardino di rose bianche si legge: "Qui sosta in silenzio, ma
quando ti allontani parla".
Il monumento con i volti e i nomi dei 20 bambini uccisi nella scuola di Bullenhuser-Damm
Sergio de Simone era nato a Napoli il 29 novembre 1937. Le leggi antiebraiche del 1938 e la
partenza del padre Edoardo per la guerra indussero sua mamma Gisella a tornare nella casa di
famiglia a Fiume.
Dapprima la vita sembrava scorrere serena, poi i bambini ebrei vennero espulsi dalle scuole e agli
adulti fu impedito di lavorare. Un delatore segnò la condanna di Sergio e della sua famiglia, ma
anche delle sue cuginette Andra e Tatiana Bucci e della loro mamma Mira. Trasferiti inizialmente
alla Risiera di San Sabba, furono tutti deportati ad Auschwitz, con il convoglio 25T.
Era la notte del 29 marzo 1944 quando furono scaricati sulla rampa di Auschwitz-Birkenau. Con la
prima selezione, nonna Rosa fu mandata a destra, caricata su un camion e spedita al gas. Mamma
Mira con le bimbe Andra e Tatiana raggiunsero Birkenau a piedi insieme a Gisella e Sergio.
Furono tutti tatuati. Mira da quel momento divenne il numero 76482, Andra il 76483, Tatiana il
76484, Gisella il numero 765516 e Sergio il numero A 179614.
Sergio e le cugine la stessa notte furono separati dalle loro mamme e spediti nella baracca dei
bambini.
Il nome di Sergio appare in un raro referto medico datato 14 maggio 1944 e firmato dal dottor
Josef Mengele, che riferisce di una visita che gli fecero alla gola. Si tratta di un importantissimo
documento perché conferma la presenza dei "bambini di Bullenhuser Damm" nel campo di
Birkenau.
Da quell'inferno si salveranno Gisella e la sorella Mira con le sue bambine Andra e Tatiana.
Sergio no, lui non tornò. Fu sopraffatto dall'inganno perpetrato da Mengele una fredda mattina di
novembre del 1944, quando entrò nella baracca dei bambini di Birkenau e disse: "Chi vuole vedere
la mamma faccia un passo avanti".
Sergio de Simone sarà uno dei 20 bambini assassinati a Bullenhuser Damm.