Libro degli Abstract 2015 - Società Italiana di Urologia

Transcript

Libro degli Abstract 2015 - Società Italiana di Urologia
LIBRO ABSTRACT
88°CONGRESSO NAZIONALE
SOCIETA’ ITALIANA DI UROLOGIA
Riccione - Palazzo dei Congressi
10-13 Ottobre 2015
Cari amici e soci SIU,
in questo volume abbiamo riunito tutti i contributi scientifici presentati all’88° Congresso
Nazionale della Società Italiana di Urologia che quest’anno si svolge a Riccione.
Siamo certi che questa raccolta vi aiuterà a seguire con metodo i lavori congressuali,
facilitando la vostra partecipazione nelle discussioni delle varie sessioni e rimanendo
quale prezioso ricordo di questo evento.
Un ringraziamento particolare va ai Colleghi che hanno svolto il compito di revisori. Dei
540 contributi inviati sono stati selezionati 276 poster e 47 video, con un tasso di
accettazione del 60%. Gli argomenti che hanno suscitato maggiore interesse sono stati
l’oncologia di prostata e del parenchima renale, le tecniche chirurgiche mini-invasive e
l’andrologia.
Ogni contributo scientifico è stato valutato da tre esperti secondo i criteri
dell’appropriatezza metodologica, della rilevanza dei risultati e della qualità della stesura.
Nel caso dei video i parametri di revisione sono stati l’innovazione e la riproducibilità della
tecnica, la metodologia di condotta dell’intervento e la qualità complessiva del filmato.
Il vero successo del Congresso dipende, comunque, da tutti voi, dalla vostra attiva
partecipazione, dal vostro entusiasmo e, perché no, anche dalle vostre critiche.
Con l’auspicio che questo Congresso possa soddisfare pienamente le vostre aspettative,
vi auguriamo una buona lettura di questa raccolta di abstract.
Carlo Terrone
Il Comitato è coadiuvato nelle sue attività da:
Barbara Fiorani, Capo Segreteria - SIU Executive Manager
[email protected]
Carla Ceniccola, Amministrazione - Segreteria Scientifica
[email protected] - [email protected]
Davide Frasca, Web e Comunicazione Grafica
[email protected]
Ilaria Giamminonni - Segreteria Scientifica
[email protected]
P1
LA PREVENZIONE ANDROLOGICA IN ADOLESCENZA
G. benedetto, G. abatangelo , F. nigro, G. borso , A. tasca (vicenza)
Scopo del lavoro
da molti anni stiamo attuando un programma di prevenzione andrologica didattica e clinica nelle scuole
della nostra ULSS dal titolo prevenzione andrologica dell’adolescente
Materiali e metodi
Il corso tenuto da un andrologo di riferimento, si articola in tre fasi: un questionario anonimo da noi
elaborato, consegnato ad inizio anno agli studenti e mirante a valutare le conoscenze andrologiche e le
abitudini di vita dei ragazzi; quindi svolgiamo durante l’anno un incontro di 2 ore con le classi III-IV
delle scuole superiori (nell’anno 2014-2015 coinvolte 9 scuole per un totale di 1350 studenti di età media
di 17 anni) dove sono illustrate le principali patologie andrologiche adolescenziali ed infine al termine
dell’incontro i ragazzi, previo consenso informato dai genitori, vengono sottoposti a visita andrologica
gratuita dove viene sottolineato l’importanza dell’autopalpazione del testicolo come diagnosi precoce
della neoplasia
Risultati
dai questionari raccolti abbiamo evidenziato che l’età media di un primo rapporto dei ragazzi è tra 13-16
anni. Iniziano prima gli studenti che frequentano istituto professionali e tecnici (13-14 anni), battesimo
sessuale più tardivo per liceali (16 anni) L’esperienza della prima volta viene cercata e vissuta in base a
desideri, valori, principi, status sociale diversi. Quasi tutti, invece, usano il profilattico come
contraccettivo (93%) . Il 56% dei ragazzi inizia a fumare intorno ai 15 anni per curiosità ,emulazione
degli amici e fumano in media 10 sigarette/die (8-15), ma meno del 5% di loro era a conoscenza del
rapporto del fumo e disfunzione erettile. IL 37% aveva già effettuato una visita andrologica durante la
visita medico sportiva, e il 31% di loro era a conoscenza dell’autopalpazione del testicolo e la effettuava
anche se saltuariamente. Dei 1350 studenti hanno aderito alla visita andrologica 1100 studenti (94%)
Dalla visita andrologica le patologie di più frequenti riscontro : il varicocele nel 30%, di vario grado, la
fimosi nel 15% e ipogonadismo nel 1%,idrocele 1%.
Discussione
Nell’età adolescenziale le patologie andrologiche hanno un’incidenza del 30-40% e possono essere
suddivise tra quelle diagnosticabili facilmente e altre più asintomatiche che, se non sono riconosciute e
trattate per tempo, potranno causare problemi d’infertilità (è il caso del varicocele, infezioni urogenitali)
oltre che neoplasie. È importante, quindi, offrire ai nostri giovani l’opportunità di riconoscere questi
problemi prima che possano comportare dei danni per la loro vita riproduttiva.Oggi, che è venuto meno il
sistema di controllo della visita medica di leva obbligatoria, una cultura che preveda lo screening tra gli
adolescenti si rivela un’opzione determinante per impedire che simili patologie possano sfuggire
all’osservazione precoce
Conclusioni
sarebbe auspicabile che tali programmi di prevenzione potessero essere attuate da tutte le ULSS e le unità
operative di Urologia/Andrologia sul territorio nazionale
1
P2
STORIA NATURALE DELL’INFEZIONE DA HPV NEL MASCHIO AFFETTO DA
PROSTATITE CRONICA: COSA DOBBIAMO ASPETTARCI?
T. Cai, D. Tiscione, P. Verze, G. Malossini, S. Mazzoli, A. Palmieri, V. Mirone, R. Bartoletti (Trento)
Scopo del lavoro
HPV (Human papilloma Virus) rappresenta la più diffusa malattia a trasmissione sessuale. HPV spesso è
associato a condilomi ano genitali: si stima che l'1% degli adulti sessualmente attivi abbia infezioni
visibili da HPV, mentre il 15% sono infezioni subcliniche. Al momento, però, poco si conosce sulla storia
naturale di questa infezione nei giovani maschi. Scopo di questo studio è la valutazione della storia
naturale dell’infezione in una coorte di pazienti affetti da HPV e seguiti per oltre 7 anni.
Materiali e metodi
Nel periodo compreso tra Gennaio 2006 e Dicembre 2007 sono stati selezionati 115 pazienti da una
coorte di 1,009 pazienti. Questi pazienti erano stati valutati con DNeasy® Tissue Kit (QIAGEN Spa,
Italia) e con il kit Alpha Watch HPV dell' Alphagenic Diaco Biotechnology, Trieste, Italia, per la
valutazione della genotipizzazione. HPV 16 era presente nel 20,7% dei positivi, HPV 18 nel 31,1%;
anche HPV 31, 33, 45 e 58 erano ben rappresentati con, rispettivamente, il 10,9%, 9,1%, 6.2% ed il
10,4%. 69 pazienti sono risultati non genotipizzabili con i metodi da noi utilizzati. 92 pazienti
presentavano infezione da HPV 16 e/o 18, o da soli od in associazione. L'associazione 16 18 si è
evidenziata nel 6,1% dei casi. Questi pazienti sono stati seguiti nel tempo con analisi microbiologici e
questionari specifici per la valutazione della sintomatologia urologica specifica (NIH-CPSI, IPSS).
Risultati
Dei 115 pazienti identificati nelle coorte, 10 sono stati persi nel follow-up e 105 sono stati valutati. Ad un
follow-up medio di 79.4 mesi, 74 pazienti sono andati incontro ad una negativizzazione dei test per HPV
(70.5%), con un tempo medio alla negativizzazione di 24.3 mesi, mentre 31 sono risultati positivi ai test.
Dei 74 pazienti andati incontro a clearence dell’infezione, 31 non erano genotipizzabili, mentre 14 erano
positivi ad HPV 16, 9 ad HPV 31 e 20 ad altri HPV. I pazienti con infezione persistente erano positivi ad
HPV 16 in 2 casi, HPV 18 in 3 casi, non genotipizzabili in 14 casi, e gli altri 12 a ceppi a basso rischio.
Non c’è stata nessuna correlazione tra la clearence dell’infezione e la sintomatologia. Inoltre, abbiamo
notato come i ceppi a basso rischio oncogeno sono quelli a maggiore prevalenza di clearence (p=0.003).
Discussione
Il presente studio dimostra per la prima volta la storia naturale dell’infezione da HPV in giovani maschi
affetti da sintomatologia dolorosa pelvica e/o prostatite cronica. Tale studio ha dimostrato come la
clearence completa dell’infezioni è del 70.5% ed in particolar modo quando l’infezione è sostenuta da
ceppi a basso rischio.
Conclusioni
In conclusione abbiamo dimostrato come la nastoria naturale dell'HPV nel giovane maschio è
caratterizzata da una celeranno rapida quando sostenuta da ceppi a basso rischio. Tale studio, avendo
dimostrato come è scarsa la celeranno dei ceppi ad alto rischio, ribadisce ancora la necessità di una
rivalutazione del nostro atteggiamento nei confronti della vaccinazione e della gestione dei maschi affetti
da HPV.
2
P3
PUO’ LA SOLA TERAPIA ANTIBIOTICA MIGLIORARE LA QUALITA’ DI VITA DEI
PAZIENTI AFFETTI DA PROSTATITE CRONICA BATTERICA DA CHLAMYDIA
TRACHOMATIS? FOCUS ON SULL’EIACULAZIONE PRECOCE
I. Tamanini, T. Cai, D. Tiscione, P. Verze, N. Mondaini, A. Palmieri, G. Malossini, V. Mirone, R.
Bartoletti (Trento)
Scopo del lavoro
Le prostatiti croniche da germi atipici rappresentano ad oggi un banco di prova per l'urologo sia in termini
di diagnosi che di terapia. Inoltre, la riduzione della qualità di vita è data anche dall'alta prevalenza di
eiaculazione precoce secondaria in questi pazienti. Il target terapeutico, dunque, non deve solo essere
l’eradicazione del patogeno ma anche il miglioramento della qualità di vita. Scopo del presente lavoro è
quello di valutare, attraverso uno studio longitudinale di coorte, se la sola terapia antibiotica è in grado di
migliorare la qualità di vita, in termini di eiaculazione precoce, nei pazienti affetti da prostatite cronica da
Chlamydia trachomatis (Ct).
Materiali e metodi
Dal Maggio 2007 al Maggio 2008, 125 pazienti afferenti allo stesso centro MTS per diagnosi clinica e
strumentale di prostatite cronica batterica da Chlamydia trachomatis, sono stati arruolati in questo studio
osservazione longitudinale di coorte. La diagnosi di prostatite cronica è stata eseguita attraverso test
immunologici e marcatori microbiologici per Ct. Sono stati somministrati i questionari specifici per la
diagnosi di prostatite cronica. La diagnosi di eiaculazione precoce è stata eseguita attraverso la raccolta
anamnestica ed il questionario PEDT. Tutti i pazienti sono stati trattati secondo le linee guida
internazionali e la preferenza dello specialista di riferimento. Dopo 6 mesi i pazienti sono stati rivalutati al
fine di valutare l'efficacia della terapia antibiotica in termini di miglioramento di qualità di vita e di test
microbiologici e la riduzione dell'eiaculazione precoce in termini di PEDT.
Risultati
118 pazienti sono stati analizzati (94.4%). 7, infatti, sono stati esclusi per mancanza di dati al follow-up.
118 pazienti erano positivi per i marcatori di infezione da Ct (Ct-DNA). Tutti erano, inoltre, negativi per
patogeni comuni (germi uro patogeni). 89 pazienti (75.4%) presentavano eiaculazione precoce (PEDT
18.5±1.2). Nessuno era affetto da deficit erettile (IIEF-15 28.5±1.9). Il questionario NIH-CPSI ed IPSS
all’arruolamento erano: 25.90±2.1 e 8.01 ±3.64. A 6 mesi dall’inizio della terapia 97 pazienti su 11
(82.2%) presentavano un’eradicazione microbiologica del patogeno, mentre 35 pazienti su 89 (39.3%)
presentavano ancora eiaculazione precoce (PEDT 15±1.2), seppur con esami microbiologici negativi.
Discussione
Il presente studio dimostra come la sola terapia antibiotica, seppure in linea con le attuali linee guida
internazionali, e pur essendo in grado di determinare una risoluzione microbiologica della malattia, non è
in grado di migliorare la qualità di vita di questi pazienti, in particolar modo se prendiamo in
considerazione l’eiaculazione precoce. Futuri studi sono necessari per valutare l’efficacia di altri composti
in associazione con la terapia antibiotica in grado di implementare la qualità di vita.
Conclusioni
In conclusione la sola terapia antibiotica non è in grado di ridurre l'EP nei pazienti affetti da prostatite
dovuta ad infezione da Ct.
3
P4
L’ESTRATTO DI POLLINE ASSOCIATO A VITAMINE (DEPROX 500®) E’ IN GRADO DI
RIDURRE LE RECIDIVE SINTOMATICHE IN PAZIENTI AFFETTI DA CP/CPPS:
RISULTATI DI UNO STUDIO PROSPETTICO DI COORTE
T. Cai, P. Verze, D. Tiscione, L. Luciani, N. Mondaini, A. Palmieri, V. Mirone, R. Bartoletti (Trento)
Scopo del lavoro
La terapia di pazienti affetti da prostatite cronica /dolore pelvico cronico (CP/CPPS) non è soddisfacente,
sia per la scarsa efficacia nella riduzione della sintomatologia in acuto che per la scarsa efficacia nel
prevenire le recidive. Recentemente, è stata dimostrata l’efficacia dell’associazione estratto di polline e
vitamine gruppo B (DEPROX 500®) nel ridurre la sintomatologia acuta e migliorare la qualità di vita nei
pazienti affetti da CP/CPPS, quando confrontata con la terapia con FANS. Scopo di questo studio
prospettico di coorte è valutare l’efficacia dell’associazione estratto di polline e vitamine gruppo B
(DEPROX 500®) nella prevenzione delle recidive sintomatiche in pazienti affetti da CP/CPPS.
Materiali e metodi
Dal Marzo all’Ottobre 2012, sono stati arruolati 78 pazienti affetti da CP/CPPS in uno studio
randomizzato e controllato. I pazienti erano stati sottoposti a trattamento di DEPROX 500® o ibuprofene.
I paziente sono stati seguiti nel tempo con valutazioni semestrali per la valutazione della sintomatologia e
delle recidive utilizzando questionari dedicati (NIH-CPSI, IPSS) e visita urologica. A Dicembre 2014
(22.1 mesi di follow-up) sono stati analizzati i dati e confrontati i due gruppi (Pazienti sottoposti a
DEPROX 500® e pazienti sottoposti a ibuprofene).
Risultati
Dei 78 pazienti arruolati nel precedente studio, 71 sono stati analizzati (7 sono stati persi al follow-up),
gruppo DEPROX 500® 34, gruppo ibuprofene 37. Nel Gruppo DEPROX 500® abbiamo osservato che 8
su 34 (23.5%) hanno dimostrato almeno una recidiva sintomatologica (NIH-CPSI 23.73 ±0.6), mentre 14
nel gruppo ibuprofene (37.8%) (NIH-CPSI 25.93 ±1.3). I due gruppi hanno dimostrato una differenza
statisticamente significati in termini di recidive sintomatologiche (p<0.001); inoltre, i pazienti nel gruppo
ibuprofene hanno dimostrato delle recidive sintomatologiche con un maggiore impatto sulla qualità di vita
(score sintomatologici, p<0.001).
Discussione
La terapia della CP/CPPS rappresenta ancora oggi un banco di prova per l’urologo. L’efficacia ottenuta
nel gruppo DEPROX 500® seppur da confermare da studi con maggio numero di pazienti, è
probabilmente dovuto all’efficacia dell’estratto di polline che è in grado di determinare un effetto non
solo anti-infiammatorio ma anche antiossidante che potrebbe avere un effetto maggiorante duraturo sul
parenchima prostatico.
Conclusioni
Il presente studio dimostra che l’utilizzo di DEPROX 500® nei pazienti affetti da CP/CPPS è in grado di
ottenere benefici anche in termini di riduzione del numero delle recidive sintomatologiche, quando
confrontato con ibuprofene.
4
P5
SEI DONNE SU DIECI IN CERCA DI AIUTO MEDICO PER INFEZIONI RICORRENTI DEL
TRATTO URINARIO RIPORTANO UNA RILEVANTE ALTERAZIONE DELLA FUNZIONE
SESSUALE – PREOCCUPANTE IMMAGINE DALLO SCENARIO DI TUTTI I GIORNI.
L. Boeri, A. Pecoraro, M. Paciotti, P. Capogrosso, E. Ventimiglia, A. Serino, G. La Croce, G. Castagna,
R. Scano, D. Kuefner, R. Damiano, F. Montorsi, A. Salonia (Milano)
Scopo del lavoro
Indagare la prevalenza e i fattori predittivi di disfunzione sessuale in una coorte di donne sessualmente
attive e in età riproduttiva che richiedevano consulto medico per infezioni ricorrenti, non complicate del
tratto urinario (rUTI).
Materiali e metodi
Sono stati raccolti consecutivamente dati da 90 donne che cercavano aiuto medico per rUTI. Tutte le
pazienti hanno compilato il Female Sexual Function Index (FSFI) e il Female Sexual Distress Scale
(SDS). La normalità per i domini del FSFI è stata arbitrariamente definita sul valore mediano. Inoltre, le
pazienti hanno compilato l’International Prostate Symptoms Score (IPSS). La statistica descrittiva e i
modelli di regressione logistica hanno testato l’associazione tra i fattori predittivi e il distress sessuale.
Risultati
L’età media (SD) era 39.17 (11.5) anni (range:19-68). 41 (45.5%), 12 (13.3%), 12 (13.3), 19 (21.1%), and
18 (20.0%) donne soffrivano di rUTIs isolate, oppure rUTIs con incontinenza da urgenza, con
vestibulodinia, oppure con syndrome da vescica dolorosa, rispettivamente. Sintomi della fase di
riempimento lievi o moderati-severi erano riportatati da 15 (16.7%) e 72 (80%) donne, rispettivamente.
Al contrario, sintomi della fase di svuotamento lievi o moderati-severi erano riportati da 53 (58.9%) e 25
(27.8%) pazienti, rispettivamente. Valori patologici di FSFI e di SDS sono stati osservati in 71 (78.9%) e
68 (75.6%) donne. Concomitanti valori patologici di FSFI e SDS sono stati osservati in 56 (62.2%)
pazienti. I domini desiderio, arousal, lubrificazione, orgasmo, soddisfazione e dolore del FSFI erano
alterati in 58 (64.4%), 47 (52.2%), 46 (51.1%), 54 (60%), 45 (50%), and 42 (46.2%) pazienti,
rispettivamente. La prevalenza della costipazione era maggiore in donne con patologico FSFI (p=0.002) e
SDS (p=0.04), oltre che in quelle con alterati domini di FSFI (p<0.05). All’analisi multivariata, i sintomi
di riempimento moderati-severi erano fattori predittivi di alterato FSFI (p=0.04, OR 20.72) e di alterato
dominio dolore del FSFI (p=0.002; OR 18.23). Nessun valore predittivo era associato a SDS.
Discussione
L’associazione tra le patologie urologiche e il conseguente distress sessuale è stata ampiamente indagata
in letteratura. La novità dello studio riguarda l’utilizzo di questionari validati per indagare la salute
sessuale in donne affette da rUTI come unica richiesta di consulto medico. Data l’elevata prevalenza di
rUTI in giovani donne sessualmente attive, la concomitante presenza di disfunzione sessuale dovrebbe
sempre essere valutata.
Conclusioni
Giovani donne sessualmente attive affette da rUTI riportano un’ elevata prevalenza di distress sessuale.
La costipazione e la concomitante disfunzione ginecologica/urinaria sono molto frequenti in donne con
disfunzione sessuale e rUTI.
5
P6
VALIDAZIONE DELLE LINE GUIDA/RACCOMANDAZIONI DELLA SOCIETà
AMERICANA DI MEDICINA RIPRODUTTIVA IN UNA COORTE DI UOMINI EUROPEI
INFERTILI PRIMARI
E. Ventimiglia, A. Stabile, G. La Croce, P. Capogrosso, L. Boeri, A. Serino, G. Castagna, A. Pecoraro,
M. Paciotti, S. Ippolito, D. Kuefner, R. Scano, R. Damiano, A. Briganti, F. Montorsi, A. Salonia (Milano)
Scopo del lavoro
La valutazione del milieu ormonale nei pazienti infertili è di primaria importanza. Il nostro obiettivo è
quello di validare retrospettivamente le linee guida ASRM che riguardano tale aspetto della gestione
clinica dei pazienti infertiliti.
Materiali e metodi
Sono stati raccolti i dati clinici e ormonali di 1056 pazienti infertiliti. Le comorbidità sono state rilevate e
categorizzate secondo il Charlson Comorbidity Index (CCI) (categorizzate come 0 vs 1 vs ≥2). Il volume
testicolare è stato valutato con un orchidometro di Prader. I prelievi di sangue per le valutazioni ormonali
sono stati eseguiti in tutti i casi tra le 8 e le 10 del mattino. L’ipogonadismo è stato definito come valori di
testosterone totale<3ng/ml, secondo i criteri classificativi dell’Endocrine society. Le analisi del seminale
sono state condotte in base ai criteri di riferimento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. I criteri
ASRM (concentrazione di spermatozoi<10 millioni/mL, disturbi della sfera sessuale, segni clinici
suggestivi di endocrinopatia) sono stati usati per predire la presenza di ipogonadismo all’interno della
nostra coorte. Inoltre, abbiamo sviluppato un nomogramma basato su età, BMI e volume testicolare
sinistro per predire la presenza di ipogonadismo, paragonando la performance del nomogramma con le
linee guida ASRM.
Risultati
L’ipogonadismo è stato diagnosticato in 156 (14.8%) pazienti basandoci sui dati laboratoristici. Secondo
le linee guida ASRM, 669 (63.4%) pazienti si sarebbero dovuti sottoporre a una valutazione
endocrinologica; di questi, solo 119 (17.8%) avevano valori di testosterone totale<3ng/mL; sempre
applicando i criteri ASRM, 37 (23.7%) pazienti ipogonadici su 156 non sarebbero stati diagnosticati
correttamente. Sensibilità, specificità e accuratezza predittiva delle linee guida ASRM sono risultate
essere rispettivamente 58%, 76%, e 39%. Il nostro nomogramma, sebbene avesse un’accuratezza
predittiva di gran lunga migliore (68%, p<0.001), non è ancora in grado di predire la presenza di
ipogonadismo in modo soddisfacente.
Discussione
Usando le line guida ASRM, fino a un paziente su 4 può mancare una diagnosi di ipogonadismo,
rafforzando il suggerimento delle linee guida EAU che giustificano la misurazione del testosterone totale
in tutti i pazienti.
Conclusioni
Le linee guida ASRM non hanno una buona performance all’interno di un contesto europeo.
6
P7
UN UOMO INFERTILE SU TRE DI ETà INFERIORE A 40 ANNI PRESENTA UN VALORE DI
PSA TOTALE SIERICO MAGGIORE DI 1 NG/ML – RISULTATI DI UN’INDAGINE
TRASVERSALE IN UOMINI CAUCASICI-EUROPEI IN CERCA DI AIUTO MEDICO PER
INFERTILITà DI COPPIA.
L. Boeri, A. Serino, P. Capogrosso, E. Ventimiglia, G. La Croce, G. Castagna, A. Pecoraro, M. Paciotti,
S. Ippolito, R. Scano, R. Damiano, F. Montorsi, A. Salonia (Milano)
Scopo del lavoro
Numerosi dati in letteratura hanno suggerito che gli uomini infertili hanno un rischio aumentato di
sviluppare un tumore prostatico (PCa) di alto grado. L’infertilità maschile potrebbe essere considerata
come un precoce e identificabile fattore di rischio per lo sviluppo di un PCa clinicamente significativo.
Abbiamo valutato i valori sierici di PSA in uomini che cercavano aiuto medico per infertilità di coppia, in
accordo con le raccomandazioni EAU secondo cui il PSA basale andrebbe misurato a 40-45 anni di età
(Heidenreich A, et al. Eur Urol 2013;64:347-54).
Materiali e metodi
Sono stati analizzati dati di 403 uomini in cerca di aiuto medico per infertilità di coppia primaria. In
accordo con le raccomandazioni EAU i pazienti sono stati stratificati come più giovani (gruppo 1) o più
anziani (gruppo 2) rispetto a 40 anni. Le comorbidità associate alla salute sono state definite con il
Charlson Comorbidity Index (CCI; categorizzato 0vs1vs≥2). Il volume testicolare è stato definito con un
orchimetro di Prader. I valori dei parametri del liquido seminale sono stati definiti sulla base dei criteri di
riferimento della WHO del 2010. La statistica descrittiva e i modelli di regressione logistica hanno testato
l’associazione tra potenziali fattori predittivi e i valori di PSA totale.
Risultati
L’età media (SD; range) era 36 [3.2 (21-40)] e 46.5 [5 (41-73)] anni nel gruppo 1 [n=198 (49.1%)] e nel
gruppo 2 [n=205 (50.9%)], rispettivamente. La durata dell’infertilità di coppia alla prima visita era 27.7
(23.3; 12-204) e 31.3 (29.5; 12-280) mesi nel gruppo 1 e nel 2. I valori medi di PSA sierico erano 0.93
ng/mL [0.6 (0.01-4.47)] e 0.96 ng/mL [1.2 (0.02-15.3)] nel gruppo 1 e nel 2. Nel gruppo uno, 68 (34.3%)
pazienti avevano un PSA >1 ng/mL. Non sono state trovate differenze in termini di età, BMI, CCI,
volume testicolare, parametri del liquido seminale e rate d’infertilità primaria vs secondaria tra i pazienti
del gruppo 1 con PSA maggiore vs minore di 1 ng/mL. All’analisi di regressione logistica multivariata
nessuna variabile clinica è risultata come fattore predittivo indipendente per un PSA sierico >1 ng/mL nel
gruppo 1.
Discussione
Studi recenti hanno mostrato che valori di PSA sierico elevati possono essere correlati ad alterazioni dei
parametri riproduttivi in uomini di mezza età. Tuttavia non esiste consenso univoco riguardo al potenziale
legame tra l’infertilità maschile e le patologie prostatiche. Nuovi studi focalizzati sull’interazione tra l’età
maschile, la funzione riproduttiva e le patologie prostatiche sarebbero di primario interesse.
Conclusioni
Questi dati trasversali mostrano che un uomo infertile su tre con età inferiore a 40 anni, ha un PSA totale
sierico maggiore di 1 ng/mL. Questi risultati acquisiscono un’importanza clinica rilevante in accordo con
le raccomandazioni EAU per la diagnosi precoce del PCa, che potrebbe ridurre la mortalità cancro
associata e il rischio di sviluppare PCa avanzato e metastatico.
7
P8
PUÒ L’AGOASPIRATO TESTICOLARE MODIFICARE LA STRATEGIA CHIRURGICA DEL
VARICOCELE?
L. Pucci, M. CARRINO, F. CHIANCONE, G. BATTAGLIA, C. MECCARIELLO, M. FEDELINI, R.
GIANNELLA, P. FEDELINI (Napoli, Itali)
Scopo del lavoro
I meccanismi alla base dell’alterata spermatogenesi nel varicocele risultano controversi. In particolare
risulta non chiara la distinzione tra dispermia “da varicocele” e dispermia “con varicocele”, che è la
chiave decisionale per la correzione di tale patologia e la causa di molte controversie circa l’impatto del
varicocele sull’infertilità.Lo studio morfologico preoperatorio con agoaspirato testicolare offre
informazioni sul danno tubulare alla diagnosi e sul suo utilizzo quale parametro predittivo di successo
della terapia.
Materiali e metodi
In questo studio retrospettivo abbiamo rivalutato 1185 pazienti operati di varicocele sinistro per infertilità
primaria dal marzo 2004 al luglio 2014.Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad anamnesi, esame obiettivo,
almeno due esami del liquido seminale, test batteriologici, profilo ormonale ed ecocolordoppler con
ecovolumetria testicolare.Sono stati esclusi i pazienti con altre potenziali cause di dispermia.In tutti i
pazienti è stato eseguito, contestualmente al trattamento chirurgico, agoaspirato testicolare sec. Foresta
previo consenso informato per procedura invasiva aggiuntiva.I campioni di agoaspirato sono stati valutati
da un unico citologo esperto di morfologia testicolare. E’ stato ripetuto esame clinico e del liquido
seminale al terzo e sesto mese dall’intervento chirurgico.Il miglioramento dei parametri è stato valutato
mediante analisi mista di covarianza e regressione lineare.
Risultati
In base ai parametri seminali riscontrati al sesto mese post-operatorio, i pazienti sono stati riclassificati in
tre gruppi: Gruppo A(62,8%)= miglioramenti significativo (p<0.05) Gruppo B(16%) = miglioramenti non
significativo (p>0.05) Gruppo C(21,2%)= stabili o peggiorati (p>0.05) Per ciascun gruppo sono stati
identificati i pattern citologici. Gruppo A: la citologia appariva normale nel 35.4%. Nei restanti risultava
prevalente il quadro dell’ipospermatogenesi lieve (50.6%) e media (14%). Gruppo B: la morfologia
testicolare è risultata normale nel 15%.Un quadro di ipospermatogenesi lieve/media è stato riscontrato nel
18,9% dei casi, e di ipospermatogenesi severa o arresto spermatidico nel 56.4%. Nel 9,7% è stato
riscontrato un quadro di arresto maturativi precoce o Sertoli-only-parziale. Gruppo C: la morfologia
testicolare è risultata normale nello 0% dei casi. Più nello specifico:nel 7% dei casi ipospermatogenesi
severa; nell’ 87,4% arresto maturativo precoce; nel 5,6% dei casi è stata riscontrata una Sertoli-only
parziale.
Discussione
Da questo studio è emerso il forte valore prognostico dell’agoaspirato testicolare in pazienti affetti da
varicocele clinico. Dall’analisi morfo-citologica dell’agoaspirato è evidente l’elevato valore predittivo
negativo del ritrovamento di arresto maturativo precoce o Sertoli-only parziale per la correzione
chirurgica del varicocele.
Conclusioni
Alla luce di questi risultati,si impone un adeguato counselling preoperatorio nei pazienti con varicocele
clinico che esibiscono arresto maturativo precoce o Sertoli-only parziale.
8
P9
SENSIBILITA’ E SPECIFICITA’ DELLE METODICHE DI VALUTAZIONE
PREOPERATORIE NEL SOSPETTO DI TORSIONE DEL FUNICOLO SPERMATICO.
L. Montesi, V. Lacetera, G. Parri, B. Cervelli, E. Recanatini, R. Morcellini, G. Gabrielloni, D. Milella, A.
Cicetti, M. Montesi, V. Beatrici (Ancona)
Scopo del lavoro
valutazione del valore predittivo di ecocolor doppler e della valutazione clinica in pazienti giuntialla
nostra osservazione per scroto acuto.
Materiali e metodi
Sono stati valutati i pazienti giunti alla nostra osservazione in urgenza per scroto acuto fra il gennaio 2014
e l’ aprile 2015. In tutti i casi è stato eseguito ecocolordoppler testicolare bilaterale. Sono stati presi in
considerazione i pazienti operati di scrototomia esplorativa.
Risultati
Abbiamo esaminato 37 pazienti sottoposti a scrototomia esplorativa. In 14 casi si è riscontrata effettiva
torsione del funicolo spermatico, in 13 casi torsione del funicolo dell’ idatide, in 10 casi non si è
riscontrata né la torsione del funicolo spermatico né dell’idatide. L’ età media dei pazienti era 13,5 anni (
4-38), 16,2 anni per i pazienti con riscontro di torsione del funicolo spermatico, 10,0 anni per i pazienti
con torsione dell’ idatide, 14,5 anni nei restanti. Nei 14 pazienti con torsione del finicolo spermatico si è
riscontrata un’ assenza di flusso ematico all’ ecocolordoppler in 8 casi mentre nei restanti 6 si notava una
riduzione di esso. Nei 13 casi di torsione dell’ idatide si era riscontrata riduzione del flusso ematico
rispetto al testicolo controlaterale in 4 pazienti, mentre nei restanti 9 pazienti il flusso ematico testicolare
risultava comparabile al controlaterale. Nei 10 restanti pazienti il flusso ematico testicolare all’
ecocolordoppler risultava in 3 casi ridotto rispetto al controlaterale e in 7 casi nella norma o lievemente
aumentato.
Discussione
L’assenza di flusso ematico testicolare all’ ecocolordoppler è risultata essere sensibile e specifico al 100%
nei casi di torsione del funicolo spermatico nel nostro campione. La riduzione di flusso ematico risulta
avere sensibilità al 100% e specificità 46% nei casi di torsione del funicolo spermatico. Se si considerano
insieme l’ assenza di flusso ematico o la sua riduzione rispetto al testicolo controlaterale la specificità
crescere al 66%. E’ chiaro come la specificità della riduzione del flusso ematico testicolare possa essere
ridotta dalla eventualità si sia trattato di una subtorsione rientrata, non riscontrabile durante l’ atto
operatorio. L’ esame ecocolordoppler non fornisce invece significativo ausilio nei casi di torsione dell’
idatide dove è l’ esame clinico a giudare la decisione interventistica. Un’ ecocolordoppler testicolare
equiparabile al controlaterale in presenza di scroto acuto ha riscontrato una sensibilità del 69% e una
specificità del 56%.
Conclusioni
La valutazione clinica nello scroto acuto e il sospetto diagnostico all’ esame obbiettivo rimangono
mandatorie per da decisione di eseguire scrototomia esplorativa. L’ ecocolordoppler testicolare
rappresenta un valido strumento diagnostico con ottima sensibilità e buona specificità nel predire la
torsione del funicolo spermatico nel guidare la scelta terapeutica.
9
P 10
LE ANOMALIE EPIDIMARIE E DELLE VIE SEMINALI HANNO UN RUOLO
TRASCURABILE NELLA FERTILITà DEI PAZIENTI CON CRIPTORCHIDISMO
M. CILETTI, M. CILETTI, G. SIMONELLI, F. SCARSELLI, M. MINASI, P. MICHETTI, E. GRECO,
G. FRANCO (ROMA, SOCIO)
Scopo del lavoro
Le anomalie dell’epididimo e delle vie seminali vengono riportate in circa il 20% dei pz con
criptorchidismo. Come descritto da numerosi autori, possono rappresentare una causa di infertilità su base
ostruttiva in età adulta. Lo scopo dello studio è verificare il reale impatto che le anomalie dell’epididimo e
delle vie seminali hanno sulla fertilità di un gruppo di pazienti azoospermici con pregresso
criptorchidismo mono o bilaterale, sottoposti a recupero degli spermatozoi per ICSI.
Materiali e metodi
Dal 1996 al 2014, 1021 pazienti sono stati sottoposti a recupero di spermatozoi per ICSI mediante TESE
(testicular sperm extraction), microTESE (microdissection testicular sperm extraction), o TEFNA-PESA
(testicular or epididymal fine needle aspiration). Di questi, 122 pz (12%) con età media di 35 aa (range:
24-55 aa), avevano in anamnesi un criptorchidismo mono o bilaterale trattato o non trattato. Nel corso
dell’intervento chirurgico è stato effettuato un esame istologico o citologico ed ottenuta una diagnosi
definitiva di azoospermia ostruttiva (OA) o nonostruttiva (NOA).
Risultati
In 33/164 (20%) dei testicoli si è evidenziata la presenza di anomalie dell’epididimo (distacco didimoepididimo, ansa allungata, atresia segmentale, etc.), ma solo in 1/164 (0.6%) era presente una OA come
mostrato dall’esame istologico o citologico, mentre in 163/164 testicoli (99.4%) la causa
dell’azoospermia era riferibile ad un danno testicolare (NOA). In particolare l’esame istologico nei pz con
NOA comprendeva quadri di arresto maturativo, sindrome a sole cellule del Sertoli (SCOS),
ipospermatogenesi e scleroialinosi.
Discussione
Sebbene le anomalie dell’epididimo e delle vie seminali siano abbastanza comuni nei pz con testicoli
criptorchidi, esse sono una causa trascurabile di infertilità.
Conclusioni
Un danno della spermatogenesi conseguente o associato al criptorchidismo è da considerare come la
causa principale di azoospermia.
10
P 11
MICROTESE CON TECNICA GRADUALE: RISULTATI PRELIMINARI
D. Dente, A. Cafarelli, A. Salvaggio, M. Dandrea, E. Cappa, A. Porreca (Abano Terme)
Scopo del lavoro
Lo scopo del lavoro è di riportare i risultati preliminari della tecnica “graduale” di micro-TESE in casi di
azoospermia non ostruttiva. Tale approccio permette di limitare l’invasività della procedura.
Materiali e metodi
Dal 2012 al 2015 sono state effettuate 29 micro-TESE con tecnica “graduale” in pazienti con NOA I
criteri di inclusione sono stati: precedenti TESE negative, istologia sfavorevole: SCOS o arresto
maturativo completi, s. di Klinefelter. L’approccio “graduale” (stepwise) viene effettuato in tre steps: 1)
piccola incisione equatoriale dell’albuginea e prelievo testicolare singolo con ricerca spermatozoi a fresco
e dopo centrifugazione. 2) estensione dell’incisione con apertura completa dell’albuginea fino all’ilo
testicolare ed effettuazione di micro-TESE con asportazione dei tubuli in differenti aree del parenchima.
Tutti i tubuli ottenuti venivano processati insieme per ricerca degli spermatozoi a fresco e dopo
centrifugazione. 3) TESE multipla tradizionale dal testicolo controlaterale con ricerca spermatozoi a
fresco e dopo centrifugazione. Sono state confrontate le percentuali di recupero spermatozoi con prelievo
singolo iniziale, con micro-TESE e con prelievi multipli dal testicolo controlaterale.
Risultati
In 21 casi (72,4%) non sono stati recuperati spermatozoi con nessuno dei tre tipi di prelievo mentre in 8
casi (27.6%) sono stati recuperati spermatozoi. In quest’ultimi 8 casi c’è stato un recupero sia nel prelievo
singolo, sia nella micro-TESE che nei prelievi controlaterali, in nessun c’è stato recupero di spermatozoi
solo nella singola micro-TESE o solo nei prelievi multipli al testicolo controlaterale. Sono stati effettuati
3 cicli ICSI con spermatozoi congelati o freschi ottenendo 1 sola gravidanza (1 bambino nato sano)
Discussione
I dati preliminari ottenuti, sebbene la corte di pazienti sia esigua, dimostrano che nei casi di NOA a
prognosi più sfavorevole il tasso di recupero di spermatozoi (26%) è inferiore alle percentuali riportate in
letteratura e che l’impiego della micro-TESE così come da noi effettuata non influisce in termini di
aumento delle percentuali di recupero. In nessuno degli 8 casi, il recupero degli spermatozoi è
riconducibile all’effettiva impiego della micro-TESE in quanto in tutti i casi il recupero sarebbe già stato
possibile con il primo prelievo
Conclusioni
Al momento i dati sono ancora pochi, e necessitano una conferma da numeri più ampi tuttavia l’utilizzo
di una tecnica graduale potrebbe limitare drasticamente in casi in cui è effettivamente indicata la microTESE riducendo conseguentemente l’invasività del recupero degli spermatozoi.
11
P 12
TESE + ICSI IN PAZIENTI CON NEOPLASIA TESTICOLARE: MIGLIORE PROGNOSI DI
RECUPERO DI SPERMATOZOI NEI PZ CON NEOPLASIA MALIGNA.
G. tuderti, G. TUDERTI, M. GRECO, F. SCARSELLI, M. CILETTI, A. ISIDORI, M. TARSITANO, M.
MINASI, E. GRECO, M. SAMPALMIERI, G. FRANCO (roma, socio)
Scopo del lavoro
Il nostro studio confronta in modo retrospettivo i risultati ottenuti nel recupero di spermatozoi con biopsia
testicolare (TESE) per cicli di ICSI, in pazienti con neoplasie del testicolo germinali maligne (seminoma)
o stromali benigne (leydigioma).
Materiali e metodi
Dal febbraio 2009 all'ottobre 2013 sono stati osservati 88 pazienti affetti da neoplasia testicolare.
Quarantacinque di essi erano stati precedentemente operati o presentavano al momento un seminoma e 43
un leydigioma. Otto dei 45 pazienti con seminoma e 6 dei 43 pazienti con leydigioma sono stati sottoposti
a recupero di spermatozoi (TESE, micro-TESE) per presenza di azoospermia o criptozoospermia.
Risultati
Tutti i pazienti con seminoma sono stati sottoposti ad orchifunicolectomia e tutti quelli con leydigioma a
tumorectomia organ-sparing. Degli 8 pazienti con seminoma, 6 hanno effettuato la TESE dal testicolo
controlaterale e 2 dal testicolo affetto dalla neoplasia. In 7/8 casi (87.5%) sono stati recuperati
spermatozoi. L’età media era 36.3±5.40, i livelli sierici di FSH 15.22±9.76 e i livelli sierici di LH
7.4±4.32. I seminomi sono stati classificati in base al TNM-UICC-2002: 5 pazienti pT1 e 3 pazienti pT2.
Le diagnosi istologiche sono risultate essere: 4 sindrome a sole cellule del Sertoli (SCOS), 2 gravi
ipospermatogenesi e 2 arresti maturativi. Sono state ottenute 6 gravidanze in 12 trasferimenti embrionali
(50%). Dei 6 pz. con Leydigioma, in 2 (33.3%) sono stati recuperati spermatozoi. La diagnosi istologica è
stata in 3 pazienti sclerosi tubulare (sindrome di Klinefelter) e in 3 pazienti SCOS. L’età media era
39.1±12.8, i livelli sierici di FSH 25.6 ± 4.72 e i livelli sierici di LH 8.83 ± 7.10. Su 2 trasferimenti
embrionali si è ottenuta una gravidanza (50%).
Discussione
Dai nostri dati si evidenzia che i pazienti con tumore testicolare maligno (seminoma), hanno maggiore
probabilità di recuperare spermatozoi rispetto ai pazienti con tumore benigno (Leydigioma).
Conclusioni
Il danno spermatogenetico rilevabile nei pz. con seminoma appare meno grave rispetto ai pz con
leydigioma. Questa neoplasia è infatti più spesso associata a gravi condizioni di infertilità, causa di
azoospermia o criptozoospermia (S. Klinefelter, SCOS, arresto maturativo, etc.).
12
P 13
RAPPORTO NEUTROFILI/LINFOCITI, UN NUOVO FATTORE PROGNOSTICO NEL
CARCINOMA VESCICALE NON MUSCOLO INVASIVO
V. Favilla, T. Castelli, D. Urzì, G. Reale, S. Privitera, E. Fragalà, G. Russo, S. Cimino, G. Morgia
(Catania)
Scopo del lavoro
Un elevato rapporto neutrofili/linfociti (NLR) è stato associato ad una peggiore sopravvivenza globale e
ad una peggiore sopravvivenza libera da malattia in diverse tipologie di neoplasie. Scopo del nostro
studio è stato quello di valutare se NLR è un fattore predittivo di recidiva e di progressione nei NMIBC.
Materiali e metodi
La NLR, definita come conta assoluta dei neutrofili diviso per il numero assoluto dei linfociti, è stata
valutata in modo prospettico in 178 pazienti con NMIBC, in prima osservazione, trattati con resezione
transuretrale di tumore della vescica (TURB) dal 2009 al 2013. I pazienti con disordini ematologici o
condizioni che avrebbero potuto influenzare le linee cellulari del sangue come malattie autoimmuni,
presenza di un'infezione attiva e / o infezione da virus dell'immunodeficienza al momento dell'intervento
chirurgico, terapia intravescicale precedente o concomitante con bacillo Calmette-Guérin (BCG),
trasfusioni recenti , e la presenza di altri tipi di cancro o precedenti chemioterapia sono stati esclusi dallo
studio. Le analisi di regressione univariata e multivariata di Cox sono state utilizzate per valutare
l'associazione tra NLR e recidiva e progressione di malattia.
Risultati
La coorte dello studio comprendeva 148 pazienti di sesso maschile e 30 pazienti di sesso femminile. L'età
media di tutti i 178 pazienti arruolati nello studio era di 69.27 anni , con un follow-up mediano di 53 mesi
(IQR: 33,0-76,25). La mediana della NLR era 2.55 (IQR: 1,90-3,62). I pazienti con NLR <3 erano più
anziani (74.45 vs 67.94; p = 0.02) e vennero evidenziate differenze significative in termini di stadio
patologico (p = 0.03) e per numero di tumori (p = 0.04), rispetto ad i pazienti con NLR ≥3. Durante il
follow-up, in 14 (23,3%) ed in 44 (37,9%) (p = 0,04) pazienti , rispettivamente con NLR <3 e NLR ≥3, è
stata documentata recidiva di malattia ed in 2 (3,3%) e 14 (11,9%) pazienti è stata documentata
progressione di malattia (p = 0.06). All'analisi multivariata di regressione di Cox, il gruppo di pazienti
con NLR <3 è stato associato a bassa recidiva (HR: 0,34 [IQR: 0,17-0,68]; p <0.01). Lo stadio patologico
pT1 (p <0,01), la presenza di carcinoma di alto grado (p <0,01), il numero dei tumori (p <0.01) e
l’abitudine al fumo (p <0.01) furono evidenziati come fattori predittivi indipendenti di recidiva della
malattia. Nessuna associazione è stata trovata tra NLR ≥ 3 e progressione di malattia all'analisi
multivariata di regressione di Cox. La sopravvivenza libera da recidive a cinque anni era del 49% e del
62% rispettivamente nei pazienti con NLR ≥ 3 e <3 (p = 0,04). La sopravvivenza libera da progressione a
5 anni era del 77% e il 93% rispettivamente nei pazienti con NLR ≥ 3 e <3 (p = 0.69).
Discussione
La NLR è risultata un fattore predittivo indipendente di recidiva della malattia, ma non di progressione
nei pazienti con NMIBC in prima osservazione.
Conclusioni
Questi risultati potrebbero offrire un nuovo contributo per trovare nuovi biomarkers di malattia in pazienti
con NMIBC.
13
P 14
RIDUZIONE DELLA PERCENTUALE DI ISTOLOGIA TX DOPO TURBT COME EFFETTO
DI UN PROGRAMMA DI MIGLIORAMENTO DELLA QUALITà
G. Giannarini, A. Kungulli, G. De Giorgi, S. Sioletic, R. Quattrin, V. Ficarra (Udine)
Scopo del lavoro
Se l’esame istologico di una TURBT documenta una neoplasia vescicale con infiltrazione del tessuto
connettivo subepiteliale in assenza di muscolo detrusore o con artefatti coagulativi da cattivo prelievo
(stadio clinico Tx), si rende necessario un nuovo intervento di TURBT con discomfort per il paziente e
aggravio di costi. La percentuale di istologia Tx è un proxy di valutazione dell'efficacia clinica e
dell'utilizzo di risorse di una struttura. Abbiamo valutato se tale percentuale varia nel tempo quando tale
parametro viene posto come obiettivo di reparto.
Materiali e metodi
Dal 1 luglio 2014 al 31 marzo 2015 tutti i pazienti sottoposti a TURBT sono entrati a far parte dei questo
studio prospettico. Prima dell’inizio dello studio tutti gli urologi operatori sono stati invitati a seguire una
tecnica corretta di prelievo e tutti i patologi a ricercare con attenzione la presenza di muscolo nello
specimen e di segnalare eventuali artefatti coagulativi che impedivano una corretta diagnosi. Si sono
alternati 9 operatori e 7 patologi. La percentuale di istologia Tx e le complicanze sec. Clavien-Dindo
entro 30 giorni sono state calcolate per ciascuno dei 3 trimestri del periodo di osservazione.
Risultati
La percentuale di istologia Tx nel trimestre precedente all’inizio dello studio è stato pari a 16/73 (22%).
Tale percentuale si è poi modificata come segue: 9/74 (12%), 4/67 (6%) e 6/123 (5%), rispettivamente,
nei tre trimestri successivi. Complicanze sono state osservate in 4 (1.5%) pazienti, tutte di grado IIIb
(sanguinamento vescicale), in 2 nel secondo (2.9%) e terzo (1.6%) trimestre, rispettivamente.
Discussione
La percentuale di istologia Tx si è ridotta sostanzialmente da 22% a 5% nell’arco di 9 mesi. L’attenzione
sia degli operatori che dei patologi può spiegare in gran parte questo dato. Se la riduzione dei casi con
istologia Tx si traduca in una miglior efficacia dal punto di vista oncologico in questa serie resta da
dimostrare, anche se i dati della letteratura sembrano orientare in questa direzione.
Conclusioni
E’ possibile ridurre la percentuale di istologia Tx dopo TURBT coinvolgendo operatori urologi e patologi
in un progetto obiettivo prospettico e mantenendo un basso tasso di complicanze.
14
P 15
THE IMPACT OF DIFFERENT BCG STRAINS ON OUTCOME IN A LARGE COHORT OF
T1G3 PATIENTS TREATED WITH BCG.
F. Pisano, A. Witjes, R. Sylvester, F. Soria, A. Battaglia, M. Preto, M. Allasia, G. Tasso, V. Serretta, R.
Colombo, S. Di Stasi, T. Cai, R. Bartoletti, B. Frea, P. Gontero (Torino)
Scopo del lavoro
There are only few RCT’s comparing different BCG strains. As a consequence, there is limited
information available on the difference in their efficacy in the treatment of patients with NMIBC. A trial
from 1995 showed that an induction course BCG RIVM significantly reduced the number of recurrences
compared to an induction course of BCG Tice [Vegt et al, J Urol 1995]. A recently published trial
[Rentsch et al, Eur Urol 2014] also found an induction course of BCG Connaught to be significantly
better in the reduction of recurrences than an induction course of BCG Tice. We retrospectively compared
the outcomes after BCG Connaught and BCG Tice in a large study cohort of high risk NMIBC patients,
and looked at recurrence, progression and cancer specific survival (CSS).
Materiali e metodi
In a large multicenter retrospective cohort of 2451 primary T1G3 patients, information on the BCG strain
was available for 2099 patients: 1546 on Connaught and 553 on TICE. 765 patients received maintenance
BCG, 560 (36%) on Connaught and 205 (37%) on TICE. 1334 patients (64%) did not receive
maintenance. Since there are imbalances in the distribution of prognostic factors in this non randomized
comparison, multivariate analyses were done to adjust for the most important variables.
Risultati
When no maintenance was given, Connaught was more effective than TICE for the time to first
recurrence (HR = 1.34, p=0.004) with a trend towards a longer time to death due to bladder cancer (HR =
1.46, p = 0.09). When maintenance was given, TICE was more effective than Connaught for the time to
first recurrence (HR = 0.64, p=0.01) and the time to death due to bladder cancer (HR = 0.37, p = 0.04).
Maintenance BCG reduced the risk of recurrence (p < 0.001) for both strains. For the time to progression,
Connaught and TICE had a similar efficacy, however maintenance reduced the risk of progression
compared to no maintenance only in the patients receiving TICE
Discussione
Rentsch et al suggested that the superiority of BCG Connaught is due to a superior immunogenicity, as
they demonstrated in mice. Additionally they found genetic differences that may explain the differential
efficacy of the two BCG strains. This is in line with findings by Secanella et al [J Urol 2013], showing
Russian and Connaught BCG strains (an evolutionary early and late substrain) to be most effective in cell
proliferation inhibition and cytokine response as compared to 6 other BCG strains, amongst which Tice
BCG.
Conclusioni
We can confirm that, when no maintenance is used, BCG Connaught results in a lower recurrence rate as
compared to BCG Tice. However, the opposite is true when maintenance is given
15
P 16
POTERE PREDITTIVO DELLA CISTOSCOPIA CON NBI VERSUS CISTOSCOPIA
STANDARD PRIMA DELLA TURBT
R. GIULIANELLI, L. ALBANESI, B. GENTILE, G. MIRABILE, G. RIZZO, P. TARICIOTTI, P.
ALIJANI, G. VINCENTI (ROMA)
Scopo del lavoro
Scopo del lavoro è di aumentare la nostra capacità di identificare il carcinoma della vescica comparando
il potere predittivo della cistoscopia con NBI versus la cistoscopia a luce bianca, negli stessi pazienti
prima di essere sottoposti a TURBT.
Materiali e metodi
Da Giugno 2010 ad Aprile 2012, 797 pazienti, 423 maschi e 374 femmine, affetti da sospette lesioni
vescicali, sono stati sottoposti a cistoscopia con luce bianca (WL) e cistoscopia con NBI e
successivamente sottoposti a TURBT con luce bianca (WL-TURBT) con sistema bipolare Gyrus PK.
L’età media era 67,7 anni (range 46-88 anni). Tutti i pazienti sono stati sottoposti preoperativamente a
cistoscopia con luce bianca, registrando topografia e caratteristiche delle neoplasie e/o delle lesioni
sospette, e poi sottoposti a medesima valutazione delle lesioni dopo cistoscopia con NBI.
Successivamente tutti i pazienti sono stati sottoposti a resezione con luce bianca (WL-TURBT) delle
lesioni identificate in precedenza.
Risultati
Un totale di 797 pazienti sono stati arruolati in questo studio. Nella nostra esperienza, Abbiamo osservato
un tasso di identificazione di lesioni sospette vescicali pari a 1571 lesioni. Complessivamente, abbiamo
identificato 234 pazienti (14,8%) con lesioni visibili solo con luce NBI. Dopo TURBT con luce bianca,
abbiamo osservato 1051 (66,85%) lesioni vescicali neoplastiche; tra queste, 521 (33,14%) erano negative.
Abbiamo osservato 127 (12,1%) neoplasie vescicali in 99 pazienti (19,8%, p<0,05) con cistoscopia a luce
bianca negativa e cistoscopia con NBI positiva. L’uso della cistoscopia a luce bianca e della sistoscopia
con NBI ci ha permesso di avere una sensibilità dell’80,66% e del 97,85% con un PPV del 68,49% e del
63,74%, rispettivamente. Anche lo staging (CIS, p<0,05), il grading (LG, p<0,05), la focalità (unifocale,
p<0,05) e le dimensioni (<3cm, p<0,05) sono stati statisticamente significativi. Nel condurre questo
studio abbiamo usato un modello di regressione logistica per identificare le relazioni tra le variabili
strutturali e la capacità della nuova tecnica di identificare la malattia.
Discussione
Questo è il primo lavoro in letteratura dove, negli stessi pazienti, è stata valutata la capacità complessiva
della cistoscopia con NBI di aumentare il potere predittivo nell’identificare le lesioni vescicali sospette
comparata al solo uso della cistoscopia a luce bianca.
Conclusioni
Dopo cistoscopia con NBI, abbiamo osservato un incemento complessivo del tasso di identificazione
delle lesioni vescicali sospette del 24,34% (194 pazienti) e un tasso di identificazione di tumori vescicali
positivi con NBI del12,1% (99 pazienti). Il tasso di identificazione complessivo dei falsi positivi è stato
del 35,75% (285 pazienti). La combinazione di cistoscopia a luce bianca e di cistoscopia con NBI e la
successiva TURBT bipolare sembra permettere un migliore approccio diagnostico e terapeutico del
tumorevescicale,specialmente nei CIS, nelle lesioni LG, primitive, unifocali e inferiori a 3 cm.
16
P 17
LA NOSTRA ESPERIENZA CON NBI. PUò AUMENTARE LA NOSTRA CAPACITà DI
IDENTIFICARE LA PROGRESSIONE DEI TUMORI VESCICALI NEL FOLLOW-UP?
B. GENTILE, L. ALBANESI, G. MIRABILE, P. TARICIOTTI, G. RIZZO, G. VINCENTI, P. ALIJANI,
R. GIULIANELLI (ROMA)
Scopo del lavoro
Scopo di questo lavoro era di valutare l’uso della luce NBI, durante il follow-up, come vantaggio
nell’identificare tumori residui misconosciuti alla TURBT con luce Bianca(WL).
Materiali e metodi
Da Giugno 2010 ad Aprile 2012,797 pazienti affetti da lesioni vescicali primitive, recidive o sospette,
sono stati sottoposti a cistoscopia con WL e con NBI e successivamente sottoposti a WL-TURB con
sistema bipolare Gyrus PK.Di questi,512 presentavano lesioni tumorali e 444 sono stati sottoposti a
follow-up per 12 mesi.Dopo essere stati sottoposti a WL TURBT sono stati assegnati sei fattori di rischio:
dimensioni del tumore (cm),numero delle lesioni,tasso di recidiva in un anno, staging(T),grading(G)e la
presenza di carcinoma in situ(CIS).Basandosi su questi fattori di rischio e usando l’EORTC scoring
system, è stato calcolato il punteggio totale di recidiva separatamente per ogni paziente. Secondo tale
punteggio di rischio di recidiva i pazienti sono stati divisi in quattro gruppi(tab.1)Ogni tre mesi abbiamo
eseguito WL TURBT e “repeat” TURBT con NBI su ogni lesione sospetta (o cicatrice),sui relativi
margini e sul fondo. Abbiamo calcolato il tempo di insorgenza della prima progressione per decidere se
eseguire WL cistoscopia o “repeat” TURBT con NBI dopo la diagnosi di carcinoma vescicale.
Risultati
Eseguendo WL TURBT,abbiamo osservato che 3 pazienti(0,67%)hanno avuto una progressione a pT2,
successivamente dopo “repeat” TURBT con NBI 11 pazienti (2,48%) hanno sviluppato progressione a
pT2 nei 12 mesi di follow-up.Abbiamo osservato che il 41,6% e il 58,3% appartenevano al II e al IV
gruppo rispettivamente.Il gruppo ad alto rischio presentava un rischio maggiore di avere progressione di
malattia dopo “repeat” TURBT con NBI rispetto ai gruppi a basso e intermedio rischio.Abbiamo
osservato progressione a pT2 nel 16,6% dei pazienti con pTaLG e pTaHG, nel 58,3% con pT1HG e
nell’8,3% con pCISHG, rispettivamente.Se valutiamo la progressione come un aumento nello staging e
nel grading della recidiva rispetto alla lesione primitiva,nel nostro campione si ritrova in 265
pazienti(59,6%).Il tasso di recidiva era dello 0%, del 18,8%, del 45,6% e del 35,4% rispettivamente nei
gruppi di rischio di progressione I, II, III e IV.La focalità (p<0,05) è risultata essere un fattore predittivo
di progressione maggiormente significativo dello status e delle dimensioni.Il tempo complessivo di
progressione dopo “repeat” TURBT con NBI in pazienti con progressione a pT2 ma con solo incremento
dello staging e del grading è stato di 3,7 mesi, in particolare è stato di 3,29 mesi e di 6,41 mesi sul fondo e
sui margini, rispettivamente.
Discussione
Più della metà dei tumori non muscolo invasivi recidiva e tra il 10% e il 20% dei casi ha una progressione
in tumori muscolo invasivi.
Conclusioni
La “repeat”TURBT con NBI offre un vantaggio statisticamente significativo nell’identificare la
progressione di tumori residui non identificati durante WL TURBT.La focalità è stato un significativo
parametro predittivo di progressione.
17
P 18
LA CISTOSCOPIA A FLUORESCENZA CON ESAMINOLEVULINATO NELLA DIAGNOSI E
NEL FOLLOW UP DELLE NEOPLASIE SUPERFICIALI DELLA VESCICA.
M. Poggio, I. Morra, C. Fiori, F. Ragni, M. Cossu, A. Di Stasio, M. Manfredi, F. Mele, R. Aimar, E.
Checcucci, F. Porpiglia (Orbassano)
Scopo del lavoro
La cistoscopia a fluorescenza (FC) con esaminolevulinato (HAL) è una procedura endoscopica di
diagnosi fotodinamica, in grado di migliorare in maniera significativa l’identificazione delle lesioni
vescicali rispetto alla cistoscopia a luce bianca (WLC).
Materiali e metodi
Nel periodo compreso tra gennaio 2007 e dicembre 2014, 123 pazienti (106 uomini, 17 donne) sono stati
sottoposti a cistoscopia combinata a luce bianca (WLC) e a fluorescenza con HAL (HAL-FC) con
sospetta prima diagnosi di tumore vescicale o in follow up per pregressa neoplasia vescicale. Un’ora
prima della procedura è stato instillato in vescica 85 mg di HAL diluito in 50 ml di fisiologica.
Successivamente è stata eseguita una WLC tradizionale, seguita da FC. Tutte le lesioni sospette reperite
in luce bianca e/o luce blu sono state campionate mediante biopsia semplice o TURB. In 15 casi abbiamo
eseguito una FC semplice senza biopsie (WLC e HAL-FC entrambe negative).
Risultati
Sono stati effettuati 235 prelievi bioptici di lesioni vescicali sospette, con metodica a luce bianca e / o
fluorescente (mediante pinza da biopsia o TURB). In 11 casi sono state evidenziate lesioni sospette solo
alla luce bianca standard (WLC+/FC -), di cui solo 3 si sono risultate positive per neoplasia (1 basso
grado, 1 in situ ed 1 alto grado). Sono altresì state rilevate 83 lesioni vescicali evidenti solo con la
cistoscopia a fluorescenza (WLC-/FC) riscontrando 32 lesioni tumorali (4 bassi gradi, 4 alti gradi, 24
carcinomi in situ). Confrontando le due metodiche, la percentuale di falsi positivi è risultata superiore in
WLC rispetto a FC (FC 61% vs. WLC 72%), con prevalenza di diagnosi di carcinomi in situ nei pazienti
in cui veniva unicamente riscontrata la positività con la fluorescenza (75%).
Discussione
Dai risultati ottenuti si evidenzia che, pur considerando la percentuale di falsi positivi, la metodica PDD
incrementa la diagnosi di tumore vescicale di alto grado e Cis rispetto alla procedura standard in luce
bianca.
Conclusioni
HAL-FC è una procedura sicura ed efficace, utile nell’integrare la WLC. Sicuramente risulta utile
approfondire il reale impatto della metodica, mediante un approfondita analisi costi/benefici.
18
P 19
CISTOSCOPIA A LUCE BLU CON ESAMINOLEVULINATO (HEXVIX): NOSTRA
ESPERIENZA DI 7 ANNI.
V. Lacetera, L. Montesi, D. Cantoro, B. Cervelli, A. Cicetti, G. Gabrielloni, D. Milella, M. Montesi, R.
Morcellini, G. Parri, E. Recanatini, V. Beatrici (Fano)
Scopo del lavoro
Lo scopo del nostro studio è quello di confrontare la detection rate della cistoscopia a luce blu (BLC)
dopo instillazione di esaminolevulinato (Hexvix) rispetto alla cistoscopia convenzionale a luce bianca
(WLC) nella diagnosi e nel follow-up delle neoplasie vescicali non muscolo-invasive (NMIBC) nella
nostra esperienza di 7 anni.
Materiali e metodi
Da Gennaio 2008 e Gennaio 2015 abbiamo eseguito un totale di 61 BLC selezionando pazienti con
neoplasia vescicale sospetta (esami citologici positivi con WLC negativa) oppure storia di pregresso CIS
o neoplasia ad alto grado. La vescica è stata valutata inizialmente con WLC e poi con BLC: tutte le
lesioni positive o sospette in luce bianca e in luce blu sono state biopsiate o sottoposte a resezione
endoscopica (TURB) separatamente ed inviate per esame istologico. Tutti i campioni sono stati esaminati
da un uropatologo che non conosceva a quale tipo di luce (WLC e/o BLC) la zona biopsiata/resecata era
risultata positiva. Abbiamo valutato rispettivamente la sensibilità, la specificità ed il potere predittivo
positivo della WLC e della BLC.
Risultati
61 BLC (54 uomini e 7 donne; età media 77 anni). 15/61 (24.5%) con sospetta prima diagnosi di NMIBC
(citologici positivi e WLC negativa) e 46/61(75.5%) con storia di NMIBC ad alto rischio. Abbiamo
eseguito un totale di 173 biopsie/TURB di aree sospette:129 positive solo alla BLC e 44 sia alla WLC che
alla BLC. Sono risultate positive per neoplasia 84/173 dei campioni inviati con la seguente istologia:44
CIS, 17 TaG1, 2TaG3, 21 T1G3. Tutte le 84 sedi di neoplasia sono risultate positive alla BLC rispetto
alle 35/84 positive alla WLC con una sensibilità della BLC e WLC rispettivamente del 100% e del 41.7%.
Le 49 lesioni rilevate solo alla BLC avevano la seguente istologia: 29 CIS, 14 TaG3 6 T1G3. Valutando
la sensibilità della WLC nei confronti solo della NMIBC ad alto grado e di CIS si rileva un valore del
34.1% e 39% rispetto al 100% della BLC. La specificità della WLC è risultata del 79.9% rispetto al
48.5% della BLC . Il potere predittivo positivo della BLC e della WLC sono risultati rispettivamente del
48% (CI 95% 0,447-0,523) e del 79%, (CI 95% 0,856-0,734)
Discussione
Diversi studi dimostrano come la cistoscopia a luce blu (BLC) dopo instillazione di Hexvix migliora la
detection rate delle neoplasie vescicali non muscolo invasive in particolare ad alto rischio: tale
miglioramento è stimato del 14.7% e del 41% se consideriamo solo il CIS secondo la metanalasi di
Burger et al. pubblicata nel 2013. Altri lavori confermano tali dati.
Conclusioni
I nostri dati confermano i dati presenti in letteratura: la cistoscopia a luce blu (BLC) dopo instillazione di
Hexvix aumenta la detection rate delle neoplasie vescicali non muscolo invasive (NMIBC) in particolare
ad alto rischio (storia di CIS o di alto grado). Inoltre è uno strumento diagnostico importantissimo nella
diagnosi di neoplasia vescicale sospetta (citologia urinaria positiva) con cistoscopia convenzionale a luce
bianca negativa.
19
P 20
PROGRAMMA DI SORVEGLIANZA ATTIVA NEL CARCINOMA VESCICALE NON
MUSCOLO INVASIVO (NMIBC) RECIDIVANTE
L. Pasini, R. Hurle, P. Casale, N. Buffi, M. Seveso, G. Taverna, G. Giusti, G. Lughezzani, A. Benetti, R.
Peschechera, G. Fiorini, L. Castaldo, S. Proietti, S. Zandegiacomo, M. Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)
Scopo del lavoro
Riportare la nostra esperienza di uno studio prospettico di coorte con un gruppo selezionato di pazienti
affetti da carcinoma vescicale non muscolo invasive (NMIBC) inseriti in un programma di osservazione e
monitoraggio dopo diagnosi di recidiva di malattia
Materiali e metodi
Criteri di inclusione: piccola (<10 mm), asintomatica neoplasia papillare con citologie urinarie negative in
pazienti con pregressa diagnosi di NMIBC (Stadio pTa, pT1a; grado 1-2) ed un numero di lesioni
inferiore a 5. Sono stati esclusi pazienti con neoplasia sintomatica o quelli con pregressa diagnosi di
carcinoma in situ (CIS) o grading istologico di 3. Tutti i pazienti inclusi nello studio osservazionale sono
stati monitorati con frequenza di 3-4 mesi con citologia ed uretrocistoscopia flessibile. Tutte le analisi
anatomo-patologiche sono state condotte da un unico, esperto uropatologo e Citologi dedicati
Risultati
Sono stati analizzati dati di 55 pazienti per 70 eventi di sorveglianza. L’età media dei pazienti era di 69,8
anni. Il follow-up medio di 36 mesi. Le caratteristiche anatomo-patologiche prima dell’osservazione
erano pTa nell’80% dei casi; pT1 nel restante 20%; grado 1 nell’82% e grado 2 nel 18%. I pazienti sono
rimasti in osservazione per un tempo medio di 18,9 mesi. L’89% dei pazienti non ha manifestato
progressione dello stadio e l’82% progressione del grado. In nessun caso è stata osservata progressione
verso la muscolo-invasività. I pazienti che hanno interrotto l’osservazione e si sono sottoposti a resezione
endoscopica (TURBT) sono quelli che hanno dimostrato un incremento del numero o delle dimensioni
delle lesioni, un peggioramento dei sintomi (soprattutto ematuria) o la comparsa di positività alla citologia
urinaria
Discussione
La sorveglianza attiva per questo tipo di tumori, senza un trattamento specifico, è molto comune nella
pratica clinica. Nonostante ciò, le linee guida non contemplano ancora questa opzione
Conclusioni
Un protocollo di sorveglianza attiva è da prendere in considerazione per pazienti con piccole redicive di
neoplasia vescicale dopo resezione di tumori Ta T1 di basso grado. Tale pratica clinica consente di evitare
una chirurgia non sempre necessaria anche in considerazione del minimo rischio di progressione in tali
pazienti. In ogni caso, laddove venga segnalato un significativo incremento del numero o delle
dimensioni delle lesioni, i pazienti andrebbero indirizzati a TURBT
20
P 21
PROGRAMMA DI PREVENZIONE DEL CARCINOMA VESCICALE (PPCV): PRIMI
RISULTATI DI UNO STUDIO PILOTA IN ITALIA
M. Brausi (Carpi)
Scopo del lavoro
Il carcinoma vescicale (CV) è diagnosticato in circa 900000 uomini/donne/anno,circa il 20-25% di loro
morirà per questa malattia.E’tra i tumori più costosi da gestire in termini di spesa totale.Fumo e amine
aromatiche sono gli agenti causali. Prevenzione primaria significa evitare questi due fattori e ridurn
incidenza e mortalità del CV. Gli Urologi sono poco sensibili nell’agire sulla prevenzione. L’obiettivo
dello studio era di valutare la fattibilità di un PPCV in una provincia di circa 800000 abitanti dove fumo e
colorifici sono molto diffusi.
Materiali e metodi
PPCV è stato ideato da un urologo (MB) ma include multiple figure ed azioni diverse. Sono stati coinvolti
:1. Urologi ospedalieri 2. Medici di medicina generale (MMG). 3. Società Urologiche nazionali 4. Media
(Tv, giornali ) 5. Epidemiologi (campagne di sensibilizzazione) 6. Specialisti di Medicina del Lavoro
(protezione dei lavoratori a rischio) . 1.10 urologi ospedalieri sono stati invitati ad indagare
anamnesticamente su ogni paziente che afferisce al centro per varie patologie (calcolosi, malattie
prostatiche o renali, etc…) sulle sue abitudini tabagiche, sul suo lavoro tramite un semplice questionario.
Sono stati incoraggiati i pazienti a smettere di fumare ed evitare i contatti con coloranti nei luoghi di
lavoro. 2.30 MMG di Carpi( 70,000 abitanti) ,sono stati informati sul PPCV dal promotore (MB) ed
invitati a riunioni su questo argomento. E' stato preparato un poster sul CV per esporlo nelle loro sale
d’attesa ed ambulatori.3.Sono state invitate a partecipare al programma: SIU e SIuRO, U.Uro-Oncologica
dell’Ausl Modena .4.Tv locali e 3 giornali sono stati invitati ad aiutare nella campagna di informazione
per la popolazione. 5.Esperti in epidemiologia e medicina del lavoro sono stati coinvolti per organizzare
rispettivamente corsi sul CV nelle scuole superiori e nei luoghi di lavoro.
Risultati
Dopo 6 mesi è stato fatto un primo rapporto su queste attività. 1.Urologi: 3/10 urologi ospedalieri hanno
seguito PPCV. 7 No. Motivazioni: dimenticanza, troppi impegni, etc… 1 (MB) ha passato più di 5 minuti
spiegando il PPCV. Risultati: è stato suscitato un vivo interesse e curiosità per il programma 2.MMG:
Solo 10/30 hanno partecipato all’incontro. Tutti hanno accettato di appendere il poster nei loro studi.
3.SIU e SIuRO hanno accettato il programma. SIU attiverà entro un anno il programma, la SIuRO non ha
risposto ancora. L’unità Uro-Oncologica ha approvato il programma. 4.MB ha partecipato a vari show
televisivi (locali e nazionali) e scritto 3 articoli sull'argomento ed il programma riportato poi nei giornali
locali.5.Le lezioni nelle scuole superiori e nei luoghi di lavoro sono in fase di organizzazione ed
inizieranno a breve.
Discussione
Sensibilizzare la prevenzione primaria riduce incidenza e mortalità .
Conclusioni
realizzare un PPCV richiede tempo ed impegno continuo.La comunicazione con i pazienti è la chiave di
volta ,ma necessita di più di 5 minuti. Urologi e MMG dovrebbero essere più coinvolti ed attivi a
riguardo.
21
P 22
CARCINOMA UROTELIALE DELLA VESCICA DI NUOVA INSORGENZA IN PAZIENTI
SOTTOPOSTI A TRAPIANTO RENALE: UNO STUDIO RETROSPETTIVO
MULTICENTRICO.
A. Bosio, A. Palazzetti, E. Dalmasso, E. Alessandria, D. Peretti, P. Destefanis, B. Lillaz, G. Pasquale, O.
Sedigh, A. Volpe, S. Iesari, P. Todeschini, A. Famulari, M. Scolari, P. Gontero, C. Terrone, P. Stratta, G.
Segoloni, L. Biancone, B. Frea (Torino)
Scopo del lavoro
I pazienti nefrotrapiantati (NT) hanno un rischio 2-7 volte superiore alla popolazione generale di
sviluppare una neoplasia, soprattutto per il trattamento immunosoppressivo. I tumori uroteliali della
vescica hanno un'incidenza di 0,4-0,8% nei pazienti NT e possono presentare un comportamento più
aggressivo. L'obiettivo di questo studio è valutare i tassi di recidiva, progressione e sopravvivenza dei
tumori uroteliali della vescica nei pazienti NT e di individuare eventuali fattori prognostici.
Materiali e metodi
E’ stato organizzato uno studio multicentrico retrospettivo in 4 Centri Trapianti Renali. Sono stati
individuati tutti i casi di tumore uroteliale della vescica “de novo” diagnosticati in pazienti NT dal 1988 al
2013. Sono state eseguite un’analisi statistica descrittiva e calcolati i tassi di recidiva, di progressione e di
sopravvivenza correlandoli ai fattori di rischio comunemente accettati: sesso, età alla diagnosi,
trattamento immunosoppressivo, anni di dialisi, modifica della terapia immunosoppressiva e classi di
rischio neoplastico.
Risultati
28 carcinomi uroteliali della vescica “de novo” sono stati diagnosticati nel periodo in studio con
un’incidenza dello 0,9%. In 23 casi il tumore era non muscolo-invasivo (NMIBC), in 2 muscolo-invasivo
(MIBC), in 3 la stadiazione alla diagnosi non era disponibile. I tassi di sopravvivenza globale (OS) a 1, 2,
5 e 10 anni sono risultati rispettivamente 100%, 87%, 78%, e 40%. I tassi di sopravvivenza cancrospecifica (CSS) a 1, 2, 5 e 10 anni sono risultati rispettivamente 100%, 87%, 75% e 70%. Il tasso di
recidiva è stato complessivamente del 64%. Tra le variabili analizzate, l’età alla diagnosi superiore ai 60
anni è risultata correlata al rischio di recidiva (p<0,05). Il tasso di progressione è risultato
complessivamente del 14%. La presenza di CIS è risultata associata con la progressione a MIBC
(p<0,05). Tutti i casi di morte cancro-specifica hanno riguardato pazienti ad alto rischio e con
progressione di malattia. Il cambiamento della terapia immunosoppressiva non è risultato associato ad
una riduzione dei tassi di recidiva o di progressione.
Discussione
La casistica oggetto dello studio è una delle più ampie sull’argomento. I risultati dello studio sembrano
confermare che il carcinoma uroteliale della vescica sia associato ad una prognosi peggiore nei pazienti
NT rispetto alla popolazione generale, in particolare in caso di NMIBC ad alto rischio. La possibilità di
un trattamento precoce aggressivo, come la cistectomia radicale o il BCG intravescicale, va tenuta in
conto in questi pazienti al fine di ridurre la progressione di malattia e la morte cancro-specifica.
Conclusioni
Il presente studio multicentrico, che rappresenta una delle casistiche più ampie sull’argomento, conferma
l’aggressività del carcinoma uroteliale della vescica nei pazienti NT e la necessità di prendere in
considerazione un trattamento precoce aggressivo in particolare nelle forme ad alto rischio.
22
P 23
FOLLOW-UP A MEDIO TERMINE DI RESEZIONE “EN BLOC” PER NEOPLASIA
VESCICALE NON MUSCOLO INVASIVE (NMIBC): RISULTATI DI UNO STUDIO
PROSPETTICO DA UN SINGOLO CENTRO
R. Hurle, L. Pasini, M. Seveso, P. Casale, G. Lughezzani, G. Taverna, G. Giusti, N. Buffi, S. Proietti, R.
Peschechera, A. Benetti, L. Castaldo, S. Zandegiacomo, G. Fiorini, M. Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)
Scopo del lavoro
La qualità della resezione transuretrale delle neoplasie vescicali condiziona fortemente recidiva e
prognosi di malattia. La resezione “en bloc” (ERBT) si è dimostrata capace di migliorare la qualità della
stadiazione e di ridurre la recidiva precoce di malattia a breve termine. Scopo di questo lavoro è riportare
i risultati oncologici a medio termine dei pazienti sottoposti a ERBT.
Materiali e metodi
Questo è uno studio prospettico osservazionale su 85 pazienti affetti da neoplasia vescicale (BC),
sottoposti a ERBT con corrente monopolare su ansa di Collins da giugno 2010 a febbraio 2014 presso un
Centro Universitario ad elevato volume. L’end-point primario dello studio è la sopravvivenza libera da
malattia. End-point secondari sono: presenza o meno di muscolatura del detrusore nel campione;
interessamento dei margini periferici, laterali e circumferenziali; tasso di complicanze e RRFF-C a 3
mesi. L’analisi statistica è stata complimentata da un’analisi multivariata.
Risultati
Il diametro medio della neoplasia è risultato di 2.5 ± 0,63 cm. Il numero mediano di tumori resecati per
paziente è stato di 1 (1-4), per un totale di 124 neoplasie resecate. 11 pazienti con infiltrazione della
muscolare all’esame definitivo si sono sottoposti a cistectomia radicale. Gli altri 74 sono stati seguiti con
un follow-up medio di 27,5mesi (12-41). Tutti i pazienti con diagnosi di alto grado si sono sottoposti ad
un second look endoscopico a 30-45 giorni. Sono state registrate 13 recidive, nella maggior parte dei casi
(9/13: 69,23%) in sede diversa dalla lesione primitiva. Il tasso di sopravvivenza libera da malattia a 2 anni
è risultato del 85,59%. Non abbiamo riscontrato alcuna differenza a 2 anni in termini di recidiva fra
pazienti conalto e basso grado ( 84,35% vs 87,54%, rispettivamente; p: 0,744). L’analisi istologica dei
campioni ha dimostrato 26 T1 HG (32%); 11 MIBC (13%); 47 altri NMIBC (55%). Non è stato riportato
alcun sanguinamento incontrollabile, perforazioni o altre serie complicazioni.
Discussione
La resezione “en bloc” delle neoplasie vescicali è una promettente tecnica che consente la resezione di
neoplasie >1xm. E’ stato già comprovato che la qualità del campione per la stadiazione istopatologica può
essere migliorato dalla ERBT.
Conclusioni
Il nostro studio dimostra che la ERBT è una tecnica sicura e fattibile con corrente monopolare su ansa di
Collins. La qualità stadiativa misurata dal coinvolgimento del detrusore è eccellente e raggiunge il 100%.
Le complicanze sono basse. Abbiamo dimostrato un ridotto tasso di recidiva dopo 27,5 mesi ed una
tendenza a minori recidive sull’area resecata
23
P 24
CISTI RENALI INDETERMINATE ED UTILIZZO DELL'ECOGRAFIA CON MDC (CEUS):
INIZIALE VALUTAZIONE PROSPETTICA NELLA NOSTRA ESPERIENZA
C. SALARIS, D. MAZZAFERRO, E. PETRELLA, M. BERTOCCO, R. PUPILLO, U. SALOMONE, M.
FIORI, R. GUNELLI, M. URBINATI, T. ZENICO (FORLI')
Scopo del lavoro
Negli ultimi anni l’utilizzo del mdc in ecografia (CEUS) si è fatto sempre più presente in diverse realtà
ospedaliere per migliorare la capacità di identificare cisti renali potenzialmente maligne (Bosniak III-IV);
nostra esperienza
Materiali e metodi
Nel periodo maggio 2011-marzo 2015, 58 pazienti consecutivi (età media 62 anni, range 35-84, 41
maschi e 17 femmine) con riscontro ecografico di base (US) di 62 cisti renali (diametro medio 43.4 mm,
range 14-76; 32 del rene dx e 30 rene sn) sono stati sottoposti a CEUS. L’accuratezza della CEUS nella
differenziazione tra cisti benigne e potenzialmente maligne è stata valutata con follow-up fino a 36 mesi
con TC/RMN successive e/o istologia finale
Risultati
delle 62 cisti renali 27 erano semplici (Bosniak I-II-IIF) e 35 potenzialmente maligne (20 solide, 6 tipo III
e 9 tipo IV). L’US ha correttamente classificato 19/27 di cisti semplici e 24/35 potenzialmente maligne,
mostrando una sensibilità (SE) del 68.5% ed una specificità (SP) del 70.3% con accuratezza del 48.3%.
L'utilizzo del mdc (CEUS) ha permesso di identificare correttamente 25/27 (SE 92.5%) di cisti benigne e
34/35 (SP 97.1%) di cisti potenzialmente maligne con accuratezza del 67.8% e nello specifico 21 solide, 6
di tipo III e 8 di tipo IV
Discussione
Nella nostra esperienza la CEUS è stata eseguita sempre da due stessi operatori, la conferma è stata fatta
con follow-up fino a 36 mesi tramite TC/RMN e/o esame istologico. L'US ha mostrato una SE e SP
rispettivamente di 68.5% e 70.3% nel discriminare cisti benigne da potenzialmente maligne. La CEUS ha
notevolmente migliorato i precedenti parametri e nello specifico una SE pari a 92.5% e SP di 97.1%; con
aumento significativo dell'accuratezza diagnostica fino al 67.8% aumentando di una percentuale
statisticamente significativa la capacità diagnostica dell'esame stesso. Il gold standard di riferimento è
stato un follow-up fino a 36 mesi con TC/RMN e/o istologia per le cisti di tipo IV o solide. L'aspetto
importante è stato la capacità della CEUS di identificare correttamente 34/35 cisti maligne, precisamente
6 tipo III (100%) e 8/9 tipo IV (90%)
Conclusioni
Seppure con i limiti di un esiguo numero di casi la CEUS nella nostra esperienza è risultata una metodica
utile e sufficiente nella differenziazione tra cisti complesse benigne e potenzialmente maligne e
rappresenta una valida alternativa ad indagini strumentali maggiori (TC/RMN) nella discriminazione
delle cisti renali tipo Bosniak III e IV
24
P 25
RUOLO DELLA TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA MULTIFASICA (TC) NEL
MANAGEMENT CLINICO DELLE PICCOLE MASSE RENALI (SRMS).
V. Vagnoni, M. Borghesi, E. Brunocilla, L. Bianchi, M. Rossi, M. Bandini, R. Golfieri, C. Gaudiano, C.
Pultrone, H. Dababneh, G. Martorana, R. Schiavina (Bologna)
Scopo del lavoro
L’obiettivo di questo studio è quello di presentare il ruolo delle caratteristiche morfologiche e dinamiche
della scansione con tomografia computerizzata multifasica (TC) nella diagnosi preoperatoria delle piccole
masse renali (SRMs).
Materiali e metodi
Tra gennaio 2008 e gennaio 2014 presso il nostro istituto abbiamo studiato in maniera prospettica 80
pazienti che sono stati sottoposti a TC multifasica e successivamente a trattamento chirurgico per SRMs
(diametro≤ 4). Per ogni lesione sono stati studiate le caratteristiche morfologiche, i patterns e le analisi
quantitative dell’impregnazione contrastografica. Abbiamo studiato la correlazione tra le caratteristiche
radiologiche e il sottotipo istologico. Tutti gli studi TC sono stati visionati da due uro-radiologi senza
conoscere ulteriori dati clinici o di imaging precedente.
Risultati
Globalmente sono state valutate 81 SRMs. L’ esame istologico sul pezzo operatorio ha mostrato la
presenza di 30 (37%) oncocitomi, 22 (27.2%) carcinoma renali a cellule chiare ccRCC, 16 (19.8%) RCC
papillari (pRCC) e 13 (16%) RCC cromofobi (chRCC). Tra le caratteristiche morfologiche del tumore,
solamente la presenza di necrosi ha una correlazione statisticamente significativa con il ccRCC
(p=0.014). Non sono state trovate differenze significative in termini di valori medi di attenuazione in tutte
le fasi (fase arteriosa, parenchimale, tardiva) tra l’oncocitoma e il ccRCC (p=0.446) e tra il cromofobo e il
carcinoma papillare (p=0.247). Sulla base del comportamento arterioso abbiamo identificato due separati
gruppi di tumori: lesioni “Ipervascolarizzate”(Oncocitoma e ccRCC) e “Ipovascolarizzate”(chRCC e
pRCC). Tra i due gruppi abbiamo trovato una differenza statisticamente significativa in termini di
contrast enhancement durante tutte le fasi della TC (Tabella 1, p<0.05).
Discussione
Ad oggi, le correlazioni tra le caratteristiche radiologiche e l’istologia dei tumori parenchimali renali sono
poco studiate in letteratura. Una migliore comprensione del comportamento del tumore attraverso un
dettagliato studio radiologico, insieme alle caratteristiche cliniche e demografiche del paziente, potrebbe
supportare lo specialista urologo nella scelta del miglior approccio terapeutico.
Conclusioni
Il pattern di captazione della TC multifasica ha mostrato una miglior accuratezza nella distinguere le
lesioni ipervascolarizzate ed ipovascolaizzate, che comprendono neoplasie a diverse caratteristiche
patologiche. Una preliminare differenziazione tra questi due gruppi potrebbe essere utile per identificare
il miglior approccio clinico delle SRMs.
25
P 26
IMPATTO DELLA BIOPSIA RENALE SULLA GESTIONE CLINICA DELLE PICCOLE
MASSE RENALI. "SINGLE CENTRE EXPERIENCE"
G. Cova, M. Ciaccia, F. Beniamin, L. Maccatrozzo (Treviso)
Scopo del lavoro
Valutare l'impatto dell'uso della biopsia renale sulla gestione clinica dei pazienti affetti da piccola masse
renali(SMR).
Materiali e metodi
Nel periodo 01.2009-12.2014, 38 pazienti (età media 63,7 anni) con diagnosi incidentale di SMR
(diametro medio 3.2 cm) sono stati sottoposti a biopsia percutanea ecoguidata. 7 pazienti erano in followup per altra neoplasia,in altri 4 la lesione era a carico del rene trapiantato.La procedura è stata eseguita in
regime di DaySurgery, in anestesia locale, utilizzando una“biopty gun”18 G con tecnica coassiale, con
paziente in decubito prono o laterale. Il numero medio di campioni è 3(lunghezza media0.8cm), la durata
media 20min. Dopo 24h di osservazione e controllo dell'emocromo i pazienti sono stati domiciliati.
Risultati
L'esito istologico è stato: 22 RCC(58%), 1 linfoma(2%), 8 oncocitoma(22%), 3 angiomiolipoma(8%), 1
reazione xantogranulomatosa(2%), 3 parenchima normale(8%). 5 casi(13%)sono stati sottoposti a
rebiopsia poichè non dirimente. Il Grading è stato attribuito in 4 casi. Nel gruppo RCC,7 casi sono stati
sottoposti a nefrectomia radicale, 7 ad enucleoresezione ,7 a crioablazione(tra questi i 4 trapiantati).
L’es.istol. definitivo è stato concordante in 12/14casi (85%), in 2 casi ha documentato oncocitoma e
neof.xantogranulomatosa. Non sono state osservate complicanze significative post-biopsia ne maggiori
difficoltà intraoperatorie.
Discussione
L’aumentata incidenza di SMR incidentali soprattutto in pz anziani, con importanti comorbidità o non
candidabili a terapia chirurgica,la possibilità di scegliere tra terapie alternative (termoablazione) o la
possibilità addirittura di evitare una terapia (regime di sorveglianza attiva), ha rivalutato il ruolo della
biopsia, considerata una metodica poco accurata,incapace di modificare la strategia terapeutica e
potenzialmente pericolosa. La revisione della letteratura ha dimostrato una specificità del 90%,una
sensibilità del 92% con una concordanza istologica del 86-98%. Nel 17% dei casi è stato possibile evitare
una chirurgia. Le complicanze(sanguinamento e“seeding”)sono rare. Per contro c'è il rischio di
"undertreatment" di lesioni benigne alla biopsia è reale a causa dell’eterogeinicità tumorale. Attualmente
la biopsia è comunque una tecnica poco utilizzata e riservata solo in casi selezionati (pazienti anziani o
non candidabili a chirugia e casi di dubbia interpretazione radiologica).L'utilità clinica al momento andrà
verificata tramite nuovi studi.
Conclusioni
Nella nostra esperienza la biopsia si è dimostrata una procedura sicura,facilmente riproducibile e capace
di indirizzare verso la condotta terapeutica più adeguata.Può essere una valida opzione nei pazienti
anziani e/o gravati da comorbidità non candidabili alla chirurgia. Negli altri casi la terapia chirurgica è
ancora il gold standard.Al momento non sono possibili conclusioni definitive poichè sono necessari
ulteriori studi clinici al fine di standardizzare la tecnica e definirne le corrette indicazioni.
26
P 27
ANALISI DELLA VARIABILITà INTEROSSERVATORE NELLA VALUTAZIONE
ISTOLOGICA DELLE BIOPSIE DEI TUMORI RENALI
A. Volpe, F. Varvello, E. Bollito, C. Bozzola, L. Zegna, P. De Angelis, M. Fusano, A. Minocci, A. Neri,
G. Monga, G. Martignoni, C. Terrone (Novara)
Scopo del lavoro
L’utilizzo della biopsia percutanea per la caratterizzazione istologica dei tumori renali è in aumento.
Scopo dello studio è stato valutare la concordanza interosservatore tra patologi nella valutazione
istologica delle agobiopsie delle neoplasie renali.
Materiali e metodi
Abbiamo eseguito agobiopsie su banco con ago Tru-cut 18G in una serie di 74 masse renali asportate con
nefrectomia radicale o parziale presso il nostro centro tra 3/2009 e 12/2011. In tutti i casi sono state
eseguite due biopsie centrali (BC) e due biopsie periferiche (BP). Quattro esperti uropatologi hanno
valutato in cieco e separatamente i vetrini in ematossilina/eosina di tutte le biopsie ed i pezzi operatori.
Sono stati utilizzati criteri standardizzati per classificare la qualità del tessuto per la diagnosi istologica in
adeguato con buona qualità (AB), adeguato con scarsa qualità (AS) e non adeguato (NA). La concordanza
interosservatore nella valutazione dell’adeguatezza del tessuto, dell’istotipo tumorale e del grado di
Fuhrman sulle biopsie centrali e periferiche e sui pezzi operatori è stata valutata con il test kappa di
Cohen o Fleiss utilizzando SPSS v. 20.0 e R v. 2.15.1. La concordanza è stata definita scarsa, discreta,
moderata, buona ed ottima per valori di kappa <0.2, 0.21-0.4, 0.41-0,6, 0.61-0.8 and >0.8,
rispettivamente.
Risultati
Il diametro mediano dei tumori biopsiati era 48 mm (IQR 30-73). La concordanza interosservatore nella
valutazione dell’adeguatezza sia delle BC che delle BP è stata buona (k=0.65 e 0.61). La concordanza per
la diagnosi di istotipo è stata anche buona, senza differenze significative tra BC e BP (k=0.76 e 0.78) e
approssima la concordanza per la diagnosi di istotipo sul pezzo operatorio (k=0.85). La concordanza
interosservatore per il grado di Fuhrman (I-IV) sulle biopsie è stata discreta (k=0.39 e 0.32 per le BC e
BP), mentre è risultata moderata sui pezzi operatori (k=0.46). La concordanza per il grado è aumentata
significativamente quando si utilizza un sistema di grading semplificato (Fuhrman I-II=basso grado; IIIIV=alto grado) con k=0.65 e 0.57 per le BC e BP e k=0.65 per i pezzi operatori. La concordanza tra la
diagnosi di istotipo su biopsia e pezzo operatorio è stata buona-ottima (k=0.72-0.83 sia per le BC che per
le BP). La concordanza tra la diagnosi di grado di Fuhrman su biopsia e pezzo operatorio è stata discretamoderata (k=0.23-0.48 e k=0.15-0.39 per le BC e BP).
Discussione
Conclusioni
La concordanza interosservatore tra patologi nella valutazione dell’adeguatezza del tessuto e dell’istotipo
tumorale su agobiopsie di tumori renali è buona, senza significative differenze tra le biopsie ottenute nella
porzione centrale e nella porzione periferica delle masse renali. La concordanza per la diagnosi di grado
di Fuhrman è solo discreta, ma migliora significativamente raggiungendo buoni tassi di concordanza
quando si utilizzi un sistema di grading semplificato (alto vs. basso grado).
27
P 28
NEOPLASIE RENALI E STILE DI VITA: DIFFERENZE TRA I DUE SESSI. ANALISI
DESCRITTIVA DI UNA SERIE PROSPETTICA DI PAZIENTI SOTTOPOSTI A CHIRURGIA
PER NEOPLASIA RENALE
V. LAMI, E. Costantini, M. Filocamo, C. Cini, F. Vitelli, M. Luka, C. Giannessi, R. Balsamo, S.
Maruccia, D. Maglia, E. Fragala', E. Andretta, E. Illiano, G. Mariotti, D. Villari (FIRENZE)
Scopo del lavoro
Presentiamo i risultati preliminari di uno studio prospettico su stili di vita e neoplasie renali in pazienti
sottoposti a chirurgia presso le Cliniche Urologiche di Firenze e Perugia a partire dal Settembre 2011.
Materiali e metodi
464 pazienti (299M,165F) sottoposti a chirurgia per neoplasia renale nel periodo Settembre 2011Febbraio 2015 sono stati intervistati utilizzando il questionario validato dello studio europeo EPIC
(European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition) relativo a stili di vita ed in particolare
abitudine al fumo, consumo di caffè ed alcolici. I dati acquisiti sono stati correlati a sesso, età, vita
riproduttiva, BMI, familiarità oncologica, patologie concomitanti, tipo di intervento, TNM, tipo istologico
e grado di Fuhrman, conducendo un’analisi descrittiva delle caratteristiche demografiche, cliniche e per
sottogruppi mediante Chi Quadro, Wilcoxon o Kruskall-Wallis test.
Risultati
Tra i dati raccolti non emergono differenze nei due sessi per età alla diagnosi. Le donne hanno un BMI
medio inferiore (25.6vs26.8;p= 0.0001).In entrambi i sessi la diagnosi è più spesso incidentale
(71.9%M,76.6%F) e con prevalenza di tumore a cellule chiare (61.2%M,58%F) ma, mentre nelle donne il
secondo e terzo istotipo per frequenza sono oncocitoma(14.7%) ed angiomiolipoma(11.3%), negli uomini
troviamo il papillare tipo 1(10.2%) seguito dal cromofobo (8.5%)(p=0.0001).Negli uomini notiamo,
inoltre, una maggiore incidenza di localizzazione controlaterale metacrona (9.5%vs2.3%;p=0.012). Solo
il 15.4% degli uomini e l’11.4% delle donne è fumatore al momento dell’intervento (p=0.0001) ma non vi
sono differenze per numero di sigarette fumate (p=0.11) e durata dell’abitudine al fumo (p=0.73).
Nessuna differenza di genere nella durata dell'abitudine al fumo e nel periodo di latenza negli ex
fumatori, né nell’esposizione passiva al fumo dei genitori mentre si osserva, nei maschi, maggior
esposizione al fumo passivo della partner (p=0.002). Si nota tra gli uomini un maggior consumo
d'alcool(p=0.0001) ma non di caffè (p=0.19) se non per il numero delle tazzine consumate più
alto(p=0.0001)
Discussione
Appaiono evidenti differenze di genere per quanto riguarda gli stili di vita e l’istologia tumorale. La
prevalenza nell’abitudine al fumo e all’alcool è maschile, ma è anche più frequente l’esposizione degli
uomini al fumo passivo del partner. La maggioranza dei tumori renali ha un istotipo a cellule chiare in
entrambi i sessi ma, mentre nelle donne sono i tumori benigni a seguire per frequenza, negli uomini
troviamo il tumore papillare di tipo I, istotipo correlato a forme familiari, e più frequentemente si hanno
localizzazioni controlaterali metacrone.
Conclusioni
La raccolta dei dati è ancora in corso. Queste prime elaborazioni indicano una maggiore incidenza di
patologie tumorali benigne nelle donne rispetto agli uomini e mostrano differenze nello stile di vita fra i
due generi. E’ in corso il confronto con un gruppo controllo per valutare il ruolo dei fattori di rischio
analizzati.
28
P 29
STATO ATTUALE DELLA CHIRURGIA CONSERVATIVA RENALE IN ITALIA: STUDIO
PROSPETTICO MULTICENTRICO OSSERVAZIONALE RECORD1 (RECORD 1).
A. Minervini, A. Mari, R. Schiavina, A. Antonelli, M. Borghesi, R. Bertolo, G. Bianchi, E. Brunocilla, R.
Campi, C. Fiori, M. Furlan, N. Longo, G. Martorana, V. Mirone, G. Morgia, F. Porpiglia, B. Rovereto, C.
Simeone, F. Zattoni, A. Volpe, M. Carini, S. Serni (Firenze)
Scopo del lavoro
La chirurgia conservativa renale rappresenta la procedura standard per il trattamento chirurgico di tumori
renali di piccole dimensioni (< 4 cm) e clinicalmente localizzati. Attualmente il trattamento conservativo
dei tumori renali clinicalmente localizzati rappresenta una procedura in grande espansione. L’obiettivo
del presente studio è quello di descrivere i risultati clinici, perioperatori ed oncologici di pazienti
sottoposti a chirurgia conservativa renale in Italia.
Materiali e metodi
Abbiamo valutato i pazienti sottoposti a trattamento chirurgico conservativo per tumori renali, nel periodo
compreso tra Gennaio 2009 e Dicembre 2012 presso 19 centri urologici italiani (RECORd 1). Sono stati
analizzati i dati preoperatori, radiologici, intraoperatori, postoperatori ed istopatologici. Sono state
comparate le procedure chirurgiche di diversi periodi (2009 vs 2012 e i bienni 2009-2010 vs 2011-2012).
Risultati
Complessivamente, sono stati valutati 983 pazienti. I pazienti sottoposti ad intervento nell’ultimo biennio
sono risultati più giovani (p=0,05) rispetto ai pazienti sottoposti allo stesso trattamento nel primo periodo
della raccolta dati, con un significativo aumento delle indicazioni chirurgiche relative o assolute
(p<0,001). È stato osservato un incremento percentuale di procedure conservative per tumori cT1b o cT2
nel periodo più recente (p=0,02). Complessivamente, l’enucleoresezione è risultata la tecnica più
ampiamente praticata. L’approccio open (OPN) ha subito una progressiva riduzione del numero di
procedure negli anni, l’approccio laparoscopico (LPN) è rimasto approssimativamente costante, mentre
l’approccio robotico (RAPN) ha visto un progressivo aumento. Nel 2012 gli approcci minimamente
invasivi (LPN e RAPN) hanno rappresentato il 61,9% di tutti gli interventi su tumori renali stadiati cT1b.
Complessivamente, il 36,3% dei pazienti è stato sottoposto a NSS senza clampaggio e questo dato ha
visto un progressivo aumento nel tempo, dal 33% nel 2009 al 42,4% nel 2012. L’utilizzo di agenti
emostatici si attesta al 91,3% delle procedure, con un significativo aumento negli ultimi anni (p<0,001).
Complessivamente non sono state trovate differenze statisticamente significative tra i due bienni riguardo
al tasso di margini chirurgici positivi e alla natura maligna della lesione all’esame istopatologico.
Discussione
L’approccio robotico è in continua espansione, contrariamente a quello open, che risulta in costante
diminuzione. Nello studio RECORd 1 si testimonia una progressiva consapevolezza da parte dei chirurghi
italiani dell’importanza del raggiungimento di risultati funzionali, confermato dall’ aumento del numero
di procedure senza clampaggio del peduncolo vascolare. Il presente studio conferma, infine, il recente
maggiore utilizzo di agenti emostatici in chirurgia conservativa renale.
Conclusioni
L’utilizzo di procedure conservative renali è cresciuto nel tempo con un maggiore propensione all’utilizzo
di approcci minimamente invasivi anche per casi più complessi.
29
P 30
CAN THE TYPE OF CLAMPING DURING PARTIAL NEPHRECTOMY INFLUENCE THE
FUNCTIONAL OUTCOME AT RENAL SCANNING?
F. Porpiglia, R. Bertolo, D. Amparore, M. Manfredi, F. Mele, A. Di Stasio, G. Ottaviano, E. Checcucci,
C. Fiori (Orbassano)
Aim of the study
Minimization of warm ischaemia time (WIT) during Laparoscopic Partial Nephrectomy (LPN) when
looking for the highest achievement rate of trifecta has increased the importance of alternative techniques
to global ischemia for management of renal artery. The aim of the study was to compare the outcomes of
LPN with clamping of renal artery, selective clamping of a branch of renal artery and without renal artery
clamping.
Materials and methods
From January 2013 to July 2014, 119 patients with renal mass suitable for LPN were prospectively
enrolled in the present study. Patients were divided into 3 Groups according to management of renal
artery: Group A, clamping of renal artery; Group B, selective clamping of an extra-renal branch of renal
artery if identified during dissection of renal artery; Group C, no clamping of renal artery. Indications to
clampless were given till September 2013. Since October 2013 all patients underwent clamping of renal
artery; when identification of an extra-renal branch of renal artery was possible, selective clamping was
performed. Demographic and perioperative data were collected and analyzed. Functional outcomes were
evaluated by eGFR (MDRD formula) and Renal Scanning (RS), at baseline and at 3rd month
postoperatively. Percentage of loss of renal function evaluated by RS parameters was calculated.
Statistical analysis was performed in order to find any differences among the Groups. P-values <0.05
were considered significant.
Results
42, 45 and 32 patients were enrolled in the study (Group A, B and C, respectively). Groups were
comparable in demographic and preoperative data. No differences were found in intraoperative data
excluding WIT. WIT was 20.0±7.9 and 21.7±9.3, Group A and B, respectively (p>0.05). Neither eGFR
not percentage of loss of renal function according to RS parameters were not significantly different
among the Groups. At multivariate analysis no independent factors neither of higher WIT nor of higher
loss of renal function were found. No difference in complications’ and positive surgical margins’ rate
were found; accordingly, no differences were found in trifecta achievement’s rate among the Groups.
Discussion
After more than 250 LPNs performed, no differences are evident if comparing clamping of renal artery,
selective clamping of one of its branch, no clamping at all. Results should be confirmed by larger sample
size.
Conclusions
The type of clamping during LPN can be evaluated in every single case in order to select the most
appropriate one on the basis of patient characteristics.
30
P 31
ANALISI DELLE COMPLICANZE INTRAOPERATORIE E DELLE CONSEGUENZE SUL
DECORSO POSTOPERATORIO DOPO NEFRECTOMIA PARZIALE. STUDIO
PROSPETTICO MULTICENTRICO OSSERVAZIONALE RECORD1.
A. Mari, A. Minervini, A. Antonelli, R. Bertolo, G. Bianchi, M. Borghesi, I. Gianassi, S. Sforza, C. Fiori,
N. Longo, G. Martorana, V. Mirone, G. Morgia, N. Dispensa, F. Porpiglia, B. Rovereto, R. Schiavina, S.
Serni, C. Simeone, M. Sodano, C. Terrone, M. Carini (Firenze)
Scopo del lavoro
Lo scopo del presente studio è quello di descrivere i casi di complicanze intraoperatorie e di valutare le
conseguenze sul decorso postoperatorio.
Materiali e metodi
Complessivamente sono stati raccolti i dati di 1055 pazienti sottoposti a nefrectomia parziale per lesioni
renali dal 2009 al 2012. Sono stati selezionati pazienti con tumori renali cT1 (n=952). I centri sono stati
suddivisi in basso ed alto volume in base alla soglia di 50 interventi per anno. E’ stata effettuata un’analisi
descrittiva dei pazienti con complicanze intraoperatorie e delle complicanze eventuali complicanze postop
associate ed un confronto dei pazienti che presentavano o meno complicanze intraop.
Risultati
Complessivamente 48 (5,0%) pazienti hanno presentato complicanze intraoperatorie, di cui 10 (1,0%)
lesioni vascolari, 29 (3,0%) lesioni pleuriche, 3 (0,3%) lesioni spleniche, 2 (0,2%) conversioni da
procedura VLP a open, 1 (0,1%) trasfusione intraop, 1 (0,1%) infarto miocardico acuto e 3 (0,3%) severe
aritmie cardiache. All’analisi univariata di confronto i pazienti con complicanze intraop presentavano
indicazioni relative e assolute significativamente maggiori (16,7% vs 13,5% e 16,7% vs 6,3%, p=0,01).
Non sono state registrate differenze significative tra i due gruppi riguardo le caratteristiche nefrometriche
del tumore e le comorbidità dei pazienti. L’approccio open si è dimostrato significativamente correlato al
rischio di sviluppare complicanze intraop rispetto all’approccio vlp e robotico (p=0,003). Al contrario il
volume del centro, il clampaggio del peduncolo vascolare e il tempo mediano di ischemia non erano
correlati al rischio di sviluppare complicanze intraop. I pazienti con complicanze intraop presentavano un
tasso significativamente maggiore di complicanze postop chirurgiche globali (29,2% vs 12,6%; p=0,001)
e chirurgiche Clavien 2 (14,6 vs 7,2%; p=0,05), ma le Clavien 3 erano relativamente maggiori senza
raggiungere una differenza significativa (8,3% vs 3,5%; p=0,09). Le complicanze mediche postop sono
risultate doppie nel gruppo con complicanze intraop (10,4% vs 5,6%; p=0,17). I pazienti con complicanze
intraop per danno vascolare hanno presentato complicanze postop Clavien 2 nel 40% dei casi, Clavien 3
nel 10% dei casi; quelli con danno pleurico hanno presentato complicanze postop Clavien 2 nel 16,9% dei
casi, Clavien 3 nel 6,9% dei casi; quelli con danno splenico hanno presentato complicanze postop Clavien
3 nel 33,3% dei casi.
Discussione
L’indicazione ed il tipo di approccio chirurgico sembra influenzare maggiormente il tasso di complicanze
intraoperatorie, piuttosto che le caratteristiche della lesione renale o le caratteristiche generali del
paziente.
Conclusioni
Le complicanze intraoperatorie si sono verificate nel nostro studio nel 5% dei pazienti. Tale rischio è
risultato maggiore per la chirurgia open. Queste complicanze possono influenzare il decorso del paziente
con un rischio di sviluppare complicanze postoperatorie mediche/chirurgiche (Clavien1-3) in circa il 40%
dei casi.
31
P 32
ANALISI DELLE COMPLICANZE POSTOPERATORIE E DEI FATTORI PREDITTIVI DOPO
NEFRECTOMIA PARZIALE: STUDIO PROSPETTICO MULTICENTRICO
OSSERVAZIONALE RECORD1.
A. Mari, A. Minervini, A. Antonelli, R. Bertolo, G. Bianchi, M. Borghesi, C. Fiori, I. Gianassi, N. Longo,
G. Martorana, V. Mirone, G. Morgia, G. Novara, F. Porpiglia, B. Rovereto, R. Schiavina, S. Serni, C.
Simeone, M. Sodano, C. Terrone, M. Carini (Firenze)
Scopo del lavoro
L’assenza di complicanze chirurgiche rappresenta un importante obbiettivo dopo intervento di
nefrectomia parziale. Lo scopo del presente studio è quello di analizzare le complicanze postoperatorie in
pazienti sottoposti a chirurgia conservativa renale per tumori renali T1 clinici e di ricercare possibili
fattori predittivi di complicanze postoperatorie.
Materiali e metodi
Sono stati analizzati i dati raccolti in maniera prospettica di 1055 pazienti sottoposti a chirurgia
conservativa renale in 19 centri italiani da gennaio 2009 a dicembre 2012. Sono stati analizzati solo
pazienti con tumori renali T1 clinici e senza complicanze intraoperatorie. I centri sono stati suddivisi in
centri a basso ed alto volume in base alla soglia di 50 interventi per anno. E’ stata effettuata un’analisi
descrittiva dei casi (n=925). Infine è stata effettuata un’analisi univariata e multivariata per le
complicanze chirurgiche postoperatorie.
Risultati
Complessivamente 522 pazienti sono stati sottoposti a procedura open, 286 a procedura laparoscopica e
117 a procedura robot-assistita. Il 73,1% dei casi è stato trattato in centri ad alto volume. Le perdite
ematiche mediane sono state di 150 (IQR: 100-250) cc e il tempo mediano di ischemia è risultato di 16
(IQR: 12-20) minuti. Il 13,1% dei pazienti ha sviluppato complicanze chirurgiche postoperatorie (8,1%
Clavien 2 e 3,5% Clavien 3) ed il 5,9% dei pazienti ha sviluppato complicanze mediche postoperatorie
(3,2% complicanze respiratorie, 1,9% complicanze cardiache, 0,1% tromboembolismo e 0,7% per altre
cause). All’analisi univariata, l’indicazione chirurgica, la creatinina preoperatoria, il diametro clinico e la
provenienza da centri a basso volume chirurgico sono risultati fattori predittivi significativi per lo
sviluppo di complicanze chirurgiche (rispettivamente p ≤ 0,0001; p = 0,001; p = 0,01; p = 0,01), ma
questo dato non è stato confermato all’analisi multivariata. All’analisi multivariata, l’ECOG score ≥1 (OR
1,9; CI 1,28-3,05; p=0,002), l’emoglobina preoperatoria (OR 0,72; CI 0,62-0,83; p<0,0001), l’approccio
open (OR 2,91; CI 1,19-7,07; p=0,02) e le perdite ematiche intraoperatorie (EBL) (OR 1,01; CI 0,991,01; p=0,02) sono risultati fattori predittivi significativi per lo sviluppo di complicanze chirurgiche
postoperatorie.
Discussione
Il tasso di complicanze chirurgiche e mediche risulta comparabile con i dati presenti in letteratura. Lo
status di comorbilità (ECOG ≥ 1) e l’approccio open sono risultati i fattori predittivi significativi per lo
sviluppo di complicanze chirurgiche, insieme ad alte perdite ematiche intraoperatorie (EBL) ed al valore
dell’emoglobina preoperatorio.
Conclusioni
In questo studio l’utilizzo di tecniche minimamente invasive permette una riduzione del tasso di
complicanze chirurgiche postoperatorie.
32
P 33
TUMOR CHARACTERISTICS ARE MORE IMPORTANT THAN PATIENTS' CONDITION IN
PREDICTING COMPLICATIONS AFTER RAPN: RESULTS OF A SINGLE-CENTER STUDY
ON 104 PATIENTS TREATED BY A SINGLE ROBOTIC-SKILLED SURGEON
M. Gnech, F. Muttin, A. Iannetti, M. Zazzara, M. Mancini, P. Beltrami, A. De Gobbi, F. Dal Moro, F.
Zattoni (Padova)
Aim of the study
Identificare i fattori clinici pre-operatori e i parametri intra-operatori in grado di predire la presenza di
complicanze postoperatorie in pazienti sottoposti a Nefrectomia Parziale Robot-Assistita (RAPN).
Materials and methods
E' stato condotto uno studio retrospettivo su una coorte di 104 pazienti consecutive sottoposti a RAPN
dallo stesso operatore, gia' con una comprovata esperienza robotica. Sono stati raccolti dati pre-, intra- e
post-operatori, inclusi quelli relativi alle complicanze (classificate secondo la gradazione di ClavienDindo), nonché i parametri anatomo-patologici. Sono state eseguite analisi univariate e multivariate.
Results
Il PADUA score (Figura 1) si e' dimostrato strettamente correlato al tempo operatorio (p=0.009) e al
tempo di ischemia (WIT) (p=0.043) che a sua volta si e' confermato essere associato all'alterazione della
funzionalità renale nell'immediato post-operatorio (p=0.004). Cinquantasette pazienti (54.8%) hanno
sviluppato una o più complicanze post-operatorie di grado >1, delle quali 9 (8.6%) erano complicanze
maggiori. Il PADUA score e' risultato associato al rischio di complicanze sia nell'analisi univariata che
multivariata (OR=1.59, p=0.004). Il rischio di sviluppare complicanze post-operatorie era anche correlato
allo stadio clinico della neoplasia renale cT (p=0.02) e al diametro della neoformazione (p=0.002). Le
caratteristiche del paziente analizzate (eta', sesso, classe ASA, Charlson score, precedente chirurgia
addominale, Body Mass Index, e terapia antiaggregate/anticoagulante) non si sono dimostrate predittive
di complicanze post-operatorie. Il confronto tra la funzionalità renale pre- e post-operatoria (espressa
come eGFR-MDRD) ha dimostrato una significativa differenza (p=0.0018), che durante il follow-up ha
comunque perso di significativita'.
Discussion
L'impatto della learning curve di un chirurgo gia' esperto in altre procedure robotiche e' limitato al tempo
operatorio e al WIT, ma non influenza la percentuale di complicanze globali. Lo studio e' limitato dalla
natura retrospettiva e dalla numerosità dei casi analizzati.
Conclusions
La grandezza del tumore e le sue caratteristiche anatomiche (rappresentate nel PADUA score) sono
risultate essere fattori predittivi indipendenti di complicanze post-operatorie dopo RAPN. Le
caratteristiche del paziente non sono invece risultate predittive di complicanze.
33
P 34
SURFACE-INTERMEDIATE-BASE (SIB) MARGIN SCORE: UN NUOVO MODELLO
CLASSIFICATIVO PER RIPORTARE LA TECNICA DI RESEZIONE IN CHIRURGIA
CONSERVATIVA RENALE
A. Minervini, R. Campi, M. Carini, M. Smaldone, R. Uzzo, A. Kutikov (Firenze)
Scopo del lavoro
La chirurgia conservativa renale (CCR) è il gold standard per il trattamento dei tumori renali localizzati.
Nonostante la strategia di resezione possa influenzare gli outcomes oncologici e funzionali, non esistono
in letteratura definizioni standardizzate delle diverse tecniche di escissione tumorale. Questa mancanza di
uniformità nella nomenclatura impedisce un effettivo confronto degli studi pubblicati in letteratura. Lo
scopo dello studio è sviluppare di un modello classificativo per riportare in modo standardizzato le
tecniche di resezione tumorale in CCR.
Materiali e metodi
L’elaborazione del modello ha previsto: 1) Studio di video e immagini intraoperatorie per ricercare punti
di riferimento anatomici su cui basare il sistema classificativo; 2) Scelta dello spessore di tessuto renale
sano come parametro cardine del modello; 3) Ipotesi di un modello classificativo basato sull’analisi visiva
del pezzo operatorio da parte del chirurgo; 4) Perfezionamento del modello in base alla valutazione
istologica dei pezzi operatori (validazione istopatologica - Studio prospettico monocentrico “SIB 2”); 5)
Valutazione prospettica dell’applicabilità e dell’efficacia del modello nella pratica clinica (validazione
clinica esterna - Studio prospettico multicentrico “SIB 3”, in corso).
Risultati
Il Surface-Intermediate-Base (SIB) Margin Score, è presentato in Figura 1. L’assegnazione dello score
prevede una serie di step successivi. Step 1: Delineazione delle aree Surface, Intermediate e Base. Subito
dopo l’intervento, il pezzo operatorio è orientato in modo da evidenziare la porzione intrarenale della
neoplasia, che viene analizzata visivamente dal chirurgo e divisa in 3 aree circonferenziali della stessa
superficie. Step 2: Delineazione delle aree score-specifiche (ArSS), definite come le zone
macroscopicamente evidenti di minor margine di tessuto renale sano presenti nelle 3 macro-aree. Step 3:
Grading delle ArSS. Zero, 1 o 2 punti vengono assegnati a ciascuna ArSS in base alle definizioni visive
delle tecniche di resezione proposte dal modello. Step 4: Assegnazione del SIB score, in base alla somma
dei punteggi ottenuti dalle tre ArSS. Step 5: Classificazione della tecnica di resezione come enucleazione
pura, enucleazione ibrida, enucleoresezione pura, enucleoresezione ibrida e resezione in base al SIB
score.
Discussione
Il SIB score rappresenta il primo modello classificativo standardizzato delle tecniche di resezione in CCR.
Poiché molte variabili intraoperatorie possono influenzare la strategia di resezione, è necessario un
sistema classificativo basato sul reale risultato chirurgico. Studi clinici prospettici sono necessari per
validare il SIB score nella pratica clinica e valutarne efficacia e accuratezza.
Conclusioni
Il modello SIB rappresenta uno strumento clinico e di ricerca per riportare in modo uniforme e
standardizzato in letteratura le tecniche di resezione durante CCR, migliorare la qualità degli studi clinici
futuri e rendere la comparazione delle serie chirurgiche più significativa.
34
P 35
VALIDAZIONE ISTOPATOLOGICA DEL SURFACE-INTERMEDIATE-BASE (SIB) MARGIN
SCORE PER LA CLASSIFICAZIONE STANDARDIZZATA DELLE TECNICHE DI
RESEZIONE IN CHIRURGIA CONSERVATIVA RENALE
R. Campi, A. Minervini, A. Kutikov, I. Montagnani, M. Raspollini, S. Serni, M. Carini (Firenze)
Scopo del lavoro
Il Surface-Intermediate-Base (SIB) Margin Score costituisce il primo modello classificativo per riportare
in modo standardizzato in letteratura le tecniche di resezione tumorale in chirurgia conservativa renale
(CCR). Il modello SIB, basato sull’analisi della porzione intrarenale del pezzo operatorio, prevede una
serie di definizioni anatomiche visive delle tecniche di resezione e uno score per classificare e riportare la
tecnica di resezione complessiva secondo una nomenclatura uniforme e standardizzata. Lo scopo del
presente studio è dimostrare l’applicabilità clinica del SIB score e validare il modello dal punto di vista
istopatologico.
Materiali e metodi
I dati di 40 pazienti sottoposti a CCR presso il nostro centro sono stati raccolti in maniera prospettica tra
giugno e agosto 2014. Il SIB score è stato assegnato in tutti i casi da due chirurghi dopo l’intervento. Le
aree score-specifiche sono state evidenziate su fotografie digitali come guida per l’analisi istopatologica.
Due uropatologi dedicati hanno inchiostrato e quindi campionato le aree score-specifiche per misurare lo
spessore di tessuto renale sano asportato con la neoplasia (Figura 1). Gli spessori massimo, medio e
minimo di tessuto renale sano in ogni area score-specifica sono stati misurati in cieco con lente
millimetrata e suddivisi, in base alle definizioni visive del modello SIB, in 5 categorie: S=0
(enucleazione), S=1 (enucleoresezione/resezione), I o B=0 (enucleazione), I o B=1 (enucleoresezione), I o
B=2 (resezione). I test di Mann-Whitney e di Kruskal-Wallis sono stati utilizzati per valutare la
correlazione tra spessore di tessuto renale sano all’analisi istologica e definizione visiva della tecnica di
resezione rispettivamente nelle aree S=0 vs 1 e I o B =0 vs 1 vs 2.
Risultati
La classificazione delle tecniche di resezione secondo il modello SIB è mostrata in Tabella 1. All’analisi
istopatologica, lo spessore di tessuto renale sano in aree definite visivamente come enucleazione è
risultato significativamente minore rispetto a quello presente in aree definite come enucleoresezione e
resezione (p<0,001), per tutte le misure analizzate (spessori massimo, medio e minimo) (Figura 2).
Discussione
Il nostro studio ha dimostrato l’applicabilità clinica del SIB score e la correlazione tra definizioni visive
delle tecniche di resezione e spessore di tessuto renale sano all’analisi istopatologica. La bassa numerosità
delle categorie I o B = 1 e I o B = 2 e l’assunzione che ogni sezione istologica analizzata rappresenti
l’intera area score-specifica, costituiscono le principali limitazioni dello studio.
Conclusioni
Le definizioni visive delle tecniche di resezione proposte dal modello SIB rispecchiano fedelmente
l’analisi istologica per la quantificazione dello spessore di tessuto renale sano asportato con la neoplasia
durante CCR. Il SIB score rappresenta quindi uno strumento accurato e riproducibile nella pratica clinica
per classificare e riportare le tecniche di resezione durante CCR in letteratura.
35
P 36
FLOSEAL HEMOSTATIC MATRIX : UNICA PROCEDURA EMOSTATICA PER
L'ENUCLEAZIONE LAPAROSCOPICA IN SITU DI TUMORI RENALI: RISULTATI DI UNO
STUDIO DI FASE II.
G. De Luca, M. Brausi, A. Romano, G. Peracchia, M. Viola, S. Morselli (Carpi)
Scopo del lavoro
L'enucleazione laparoscopica di tumori renali di piccole dimensioni è attualmente considerata uno
standard ed un'alternativa alla chirurgia open e robotica. L'obiettivo di questo studio prospettico è stato di
valutare l'efficacia del FLOSEAL come unica procedura per ottenere una perfetta emostasi durante
l'enucleazione laparoscopica di tumori renali.
Materiali e metodi
28 pazienti con piccole masse renali sono stati reclutati per questo studio di fase II . Età media: 61,1 anni
(41-77 anni), M/F= 12/16. Il diametro medio dei tumori era di 2,8 cm (1,5-3,5cm). Sede: Rene Sinistro
(RS)= 22/28 (78,5%), Rene Destro(RD) =6/28 (7,2%). Posizione: Polo inferiore=14/28 (50%), Medio
Renale= 12/28 (42,8%). 2/28 pazienti avevano 2 neoformazioni (1 polare inferiore e 1 media). Superficie
renale: anteriore : 18/28 (64.3%), posteriore 10/28 (35.7%). Tutti i tumori erano esofitici. Procedura: sono
stati usati 3 trocar (12 mm). Non è stata adottata nessuna preparazione dell'ilo. In tutti i casi La massa
renale è stata isolata e rimossa usando Ligasure e forbici senza clampaggio . Il FLOSEAL è stato usato
per emostasi subito dopo l’enucleoresezione . In 19/28 pazienti (67.8%) è stata usata una sola fiala di
FLOSEAL , in 3/28 pazienti (10.7%) invece 2 fiale. Non è stata effettuata nessuna sutura della base del
tumore e del parenchima.
Risultati
Intraoperatorio: Riconversioni = 0%. Perdite ematiche medie = in 25/28 pazienti (89,3%) minori o uguali
a 100 cc, in 3/28 (10,6%) sono state di 400cc. Non è stata necessaria nessuna trasfusione. Tempo
operatorio medio: 70minuti. Post Operatorio: Re-interventi = 0. Nessun sanguinamento maggiore che
richiedeva trasfusioni. Distensione addominale: 8/28 pazienti (28,5%). Degenza media = 5,1 giorni.
Anatomia patologica: 23 pazienti : carcinoma a cellule chiare, 20 di Grado 2, 3 di Grado 3. 2 pazienti :
angiomiolipoma, 2 : neoformazione cistica di tipo 3 di Bosniak con atipie , 1 paziente un adenoma
papillare . Margini: in 26 /28 pazienti (92,8%) erano negativi. 2/28 (7,2%) erano dubbi per infiltrazioni
focali. Dopo un follow-up medio di 24 mesi nessuna recidiva o progressione è stata documentata.
Discussione
Dai dati è emerso come il FLOSEAL in tutti in pazienti sia stato efficace sia nell’intraoperatorio che nel
post operatorio. In nessun caso si è dovuti ricorrere ad ulteriori procedure di emostasi o ad un
reintervento, nemmeno nei pazienti che hanno avuto un sanguinamento operatorio di 400cc (10,6%).
Nessuna procedura ha poi richiesto emotrasfusioni, segno che l’efficacia del FLOSEAL è reale e non vi
sono state anemizzazioni. Il basso numero di casi riportati è un limite dello studio, ma i risultati sono
molto incoraggianti.
Conclusioni
Durante le enucleazioni laparoscopiche di piccoli tumori renali il FLOSEAL come unica procedura
emostatica è efficace, semplice e sicuro senza necessità di ricorrere a clampaggi e suture.
36
P 37
IMPATTO DELLA NEFRECTOMIA PARZIALE ROBOT ASSISTITA SULLA FUNZIONE
RENALE A BREVE TERMINE: STUDIO SCINTIGRAFICO SU 32 PAZIENTI
S. Chiodini, L. Luciani, V. Vattovani, T. Cai, D. Tiscione, G. Malossini (Trento)
Scopo del lavoro
La nefrectomia parziale robot-assistita (RAPN) si sta imponendo come nuovo standard per il trattamento
delle masse renali. Obiettivo del nostro studio è valutare l’impatto precoce di questa procedura sulla
funzione renale tramite scintigrafia renale.
Materiali e metodi
Tutti i pazienti sottoposti a RAPN per masse renali cT1 tra giugno 2013 e maggio 2014 sono stati inclusi
prospettivamente nel nostro studio. Sono stati raccolti i dati riguardanti caratteristiche cliniche
preoperatorie (età, creatinina sierica (SCr), Padua score, lateralità della neoplasia), intra e postoperatorie
(tempo operatorio e di ischemia, perdite ematiche e complicanze postoperatorie). La funzione renale
espressa come tasso di filtrazione glomerulare (GFR) è stata determinata da una scintigrafia renale con
Technetium 99m-diethylenetriaminepentaacetic acid (Tc 99m-DTPA), eseguita su ogni paziente prima
dell’intervento e a un mese di distanza da esso.
Risultati
32 pazienti sono stati sottoposti a RAPN nell’intervallo di tempo stabilito. La dimensione mediana
tumorale è stata 4 cm (range 1.8-7cm). Le perdite ematiche, il tempo operatorio e quello di ischemia
median sono stati rispettivamente 200mL (range 50-900), 219 minuti (range 152-355), e 24 minuti (range
8-37). I livelli di creatinina sierica median pre e postoperatori sono stati rispettivamente 0,76 e 0,9
mg/mL. Le complicanze di grado III hanno incluso un sanguinamento postoperatorio che ha richiesto una
embolizzazione radiologica del vaso sanguinante e un urinoma che ha necessitato il posizionamento di
uno stent ureterale. Il GFR del rene operato, calcolato tramite scintigrafia renale è diminuito
significativamente da 51.7 ± 15.1 ml/min per 1.73 m2 preoperatorio a 40,12 ± 12.4 ml/min per 1.73 m2 1
mese dopo l’intervento (p =0.001) con una diminuzione del 22.4%. Allo stesso modo, il GFR
complessivo è risultato essere 103.2 ± 29.9 ml/min per 1.73 m2 preoperatorio e 92 ± 24.9 ml/min per 1.73
m2 1 mese dopo l’intervento (p =0.006), rispettivamente. All’analisi multivariata, solamente le
dimensioni tumorali (p=0.05) sono risultate collegate alla diminuzione del GFR del rene operato un mese
dopo l’intervento.
Discussione
.
Conclusioni
Attualmente la RAPN rappresenta una tecnica chirurgica minimamente invasiva, sicura e fattibile, con un
ridotto tasso di complicanze di alto grado anche in caso di grosse masse renali ad alto indice
nefrometrico. Ad ogni modo, l’impatto della RAPN sulla funzione renale, valutato tramite scintigrafia
renale, non è stato ancora pienamente indagato. I nostri dati mostrano un decremento del GFR del 22%
nel rene operato dopo RAPN, che regge bene il confronto con simili precedenti studi su nefrectomie
parziali open e laparoscopiche. Ciò è particolarmente vero, considerando la precoce valutazione
scintigrafica ad un mese dall’intervento e le dimensioni tumorali maggiori riscontrate. All’analisi
multivariata la dimensione della neoplasia è risultata essere fattore predittivo significativo della perdita di
funzione renale.
37
P 38
NEFRECTOMIA PARZIALE LAPAROSCOPICA NEL TRATTAMENTO CHIRURGICO DI
MASSE RENALI IN STADIO CLINICO T1: RISULTATI DI OLTRE 500 CASI IN UN CENTRO
DI LAPAROSCOPIA AVANZATA
F. Porpiglia, I. Morra, D. Amparore, R. Bertolo, G. Ottaviano, R. Aimar, C. Fiori (Orbassano)
Scopo del lavoro
Scopo dello studio è stato quello di valutare risultati perioperatori, patologici e funzionali precoci di una
casistica di pazienti affetti da tumori renali in stadio T1 sottoposti a nefrectomia parziale laparoscopica
(LPN).
Materiali e metodi
Nello studio sono stati analizzati retrospettivamente i dati di tutti i pazienti con masse renali sottoposti a
NPL tra il 06/00 e il 03/15. Un unico operatore ha eseguito tutte le procedure. Sono stati considerati
parametri demografici quali sesso, età, BMI e comorbilità (classificate con il Charlson Comorbidity
Index), parametri preoperatori quali lato, dimensioni e complessità chirurgica della lesione (classificata
secondo il PADUA score) e perioperatori quali perdite ematiche, complicanze intra e postoperatorie
(classificate mediante il sistema Clavien-Dindo) e giorni di degenza post-intervento. Tra i risultati
patologici sono stati valutati l’istotipo e il tasso di margini chirurgici positivi; I risultati funzionali hanno
confrontatoi livelli di creatinina ed eGFR perioperatori e alla dimissione dei pazienti.
Risultati
502 pazienti sono stati inclusi nello studio; Il 67.7% (340/502) è risultato di sesso maschile, l’età media è
stata pari a 61+12.7 anni, il BMI medio di 26.3+5.1 ed il CCI medio di 0.8+1.3. Il 51.4% delle masse
renali (258/502) è stato evidenziato a destra, con diametro medio delle lesioni pari a 3.62+1.86 cm e
PADUA score medio di 7.8+0.6. Nella casistica sono stati inclusi 26 pazienti monorene (5.2%). Rispetto
alle variabili intraoperatorie il tempo operatorio medio è risultato pari a 115.6+40.1 min, con 202.1+
224.6 ml di perdite ematiche medie. Il tempo di ischemia calda medio è stato pari a 21.9+12.0 min,
considerando un 30.6% (154/502) di procedure eseguite con tecnica clampless. Il tasso di complicanze
intraoperatorie è stato pari all’1.8% (9/502) mentre quello di postoperatorie pari al 9.3% (47/502), delle
quali soltanto 9 di grado Clavien >3. La degenza media è stata di 6+4 giorni. L’analisi patologica ha
evidenziato 94 lesioni benigne (18.7%) e 408 maligne (81.3%, di cui 245 carcinomi a cellule chiare e 106
papillari). Il tasso di margini positivi è stato pari al 2.7% (14/502). Lo studio della funzionalità renale non
ha evidenziato differenze tra pre-operatorio e postoperatorio: creatininemia:0.97+0.2 vs 1.07+0.4 (p=0.8);
GFR: 86.5+20.8 vs 80.0+21.9 (p=0.8).
Discussione
I risultati presentati, che analizzano una casistica di oltre 500 procedure, evidenziano come la NPL,
quando eseguita da operatori esperti, rappresenti il trattamento di scelta nella gestione conservativa della
massa renale; è infatti in grado di offrire ottimi risultati postoperatori e funzionali precoci, quali un tempo
di ischemia limitato (<25 minuti) e una riduzione della funzionalità renale trascurabile, con un tasso
minimo di complicanze e di margini chirurgici positivi.
Conclusioni
Nella nostra esperienza, la NPL risulta una tecnica sicura, fattibile ed efficace nella gestione di tumori
renali T1, con ottimi risultati postoperatori, funzionali ed oncologici.
38
P 39
QUALITà DELLA VITA IN 48 DONNE CON NEOVESCICA ILEALE ORTOTOPICA E
CONDOTTO ILEALE: STUDIO MULTICENTRICO TRA I SOPRAVVISSUTI A LUNGO
TERMINE.
S. Ciciliato, S. Siracusano, R. Talamini, L. Toffoli, F. Visalli, E. Belgrano, I. QoL (Trieste)
Scopo del lavoro
Le donne sottoposte a cistectomia radicale (CR) e derivazione urinaria vanno incontro a complicanze
precoci, tardive e vivono delle limitazioni nella loro qualità di vita (QoL) correlata. Attualmente ci sono
pochi studi in letteratura che hanno valutato il livello di disagio in sopravvissute a lungo termine. Scopo
del presente studio è stato quello di valutare comparativamente la QoL nel lungo periodo nelle donne
sottoposte a CR con derivazione urinaria con condotto ileale (CI) nei confronti di quelle con neovescica
ileale ortotopica (NIORT).
Materiali e metodi
Nel periodo di tempo compreso tra giugno 2007 e settembre 2013 abbiamo selezionato 48 donne con
tumore vescicale provenienti da 5 diversi centri urologici. In questo studio abbiamo valutato in maniera
retrospettiva la QoL in 33 donne con CI e 15 donne con NIORT. Tutte le pazienti non presentavano
recidiva del tumore e sono state attivamente sottoposte a follow-up. La QoL è stata valutata mediante la
somministrazione dei questionari validati BLM30 e QLQ-C30. Per ogni voce del questionario sono stati
calcolati i valori medi con derivazione standard. Il Wilcoxon rank test è stato utilizzato per verificare le
differenze nei due gruppi. La significatività statistica è stata raggiunta se p-value ≤0.05.
Risultati
L’età media delle pazienti con NIORT era 56 anni (intervallo 44-81) e 71 anni in quelle con CI (intervallo
52-86). Il periodo medio di follow up era 39 mesi (intervallo 16-120) in quelle con NIORT e 40 mesi
(intervallo 6-153) nelle 33 donne restanti con CI. I nostri dati hanno documentato che le donne con IC
hanno una migliore funzionalità fisica in confronto a quelle con NIORT (75.4±24.0 and 58.2±20.8;
p=0.008) e anche una migliore funzione sociale (80.3±23.7 and 60.0±23.4 ; p=0.01). Le donne con CI
presentano inoltre minori sintomi quali nausea e vomito rispetto alle pazienti con NIORT (2.5±7.4 and
12.2±16.0; p=0.008) ed hanno anche minori problematiche di tipo economico (10.1±17.6 and 31.1±36.7;
p=0.04).
Discussione
E’ necessario valutare nelle donne sottoposte a CR con CI o NIORT la QoL a lungo termine mediante
questionari validati al fine di individuare i domini critici e proporre alle pazienti la strategia terapeutica
migliore nel corso del followup.
Conclusioni
La QoL nelle donne con CI appare superiore rispetto a quelle con NIORT.
39
P 40
QUALITY OF LIFE ASSESSMENT WITH ORTHOTOPIC ILEAL NEOBLADDER
RECONSTRUCTION AFTER RADICAL CYSTECTOMY: RESULTS FROM A PROSPECTIVE
ITALIAN MULTICENTER OBSERVATIONAL STUDY
C. Imbimbo, V. Mirone, S. Siracusano, M. Niero, M. Cerruto, C. Lonardi, W. Artibani, P. Bassi, M.
Iafrate, M. Racioppi, R. Talamini, S. Ciciliato, L. Toffoli, F. Visalli, D. Massidda, C. D'Elia, G.
Cacciamani, D. De Marchi, T. Silvestri, M. Franco, E. Belgrano, P. Verze (Naples)
Scopo del lavoro
to assess health-related quality of life (HRQoL) in patients who had received radical cystectomy (RC)
with ileal orthotopic neobladder (IONB) reconstruction.
Materiali e metodi
a multicenter, cross-sectional analysis of 174 RC-IONB patients was performed. Patients completed the
following questionnaires: the European Organisation for Research and Treatment of Cancer (EORTC)
generic (QLQ-C30) and bladder cancer-specific instruments (QLQ-BLM30) and the IONB–Patient
Reported Outcome (IONB–PRO) questionnaire.
Risultati
Median age was 66 years (range 31-83) and 159/174 (91.4%) were male patients. Median follow-up
period was 37 months (range 3-247). According to EORTC QLQ-C30, male gender (p =0.008), age >65
years (p =0.002), 0-I pTNM stage (p= 0.005), follow-up period >60 months (p =0.03), presence of urinary
incontinence (p <0.0001), were the main factors significantly associated with a worsened quality of life.
According to EORTC QLQ-BLM30, a follow-up period < 24 months (p =0.0001), presence of urinary
incontinence (p <0.0001) were the main factors significantly associated with worsened urinary symptoms.
According to IONB-PRO domain score, a follow-up period > 60 months (p <0.0001) and the absence of
urinary incontinence (p <0.0001) were the factors predominantly associated with a higher level of
functioning in terms of relational, emotional life and fatigue.
Discussione
Our analysis shows that post-RC IONB patients have a mild to moderate impairment of their HRQoL
when investigated by means of generic, disease specific and IONB-PRO specific questionnaires. Age,
gender, length of follow-up and comorbidities may influence HRQoL and should be carefully considered
in pre- and post-operative patient counseling.
Conclusioni
This study shows that post-RC IONB patients have a mild to moderate impairment of their HRQoL when
investigated by means of generic, disease specific and IONB-PRO specific questionnaires.
40
P 41
QUALITà DELLA VITA IN 112 UOMINI E 33 DONNE PORTATORI DI UN CONDOTTO
ILEALE: STUDIO MULTICENTRICO TRA I SOPRAVVISSUTI A LUNGO TERMINE.
S. Siracusano, S. Ciciliato, R. Talamini, L. Toffoli, F. Visalli, E. Belgrano, I. QoL (Trieste)
Scopo del lavoro
I pazienti sottoposti a cistectomia radicale (CR) e derivazione urinaria vanno incontro a complicanze
precoci, tardive e a limitazioni nella loro qualità di vita in relazione al proprio stato di salute. Attualmente
ci sono pochi studi in letteratura che valutano il livello di disagio in sopravvissuti nel lungo termine.
Scopo del presente studio è stato quello di valutare la qualità della vita nei due sessi nel lungo periodo nei
pazienti portatori di condotto ileale (CI).
Materiali e metodi
Nel periodo di tempo compreso tra giugno 2007 e settembre 2013 sono stati selezionati 145 pazienti (112
uomini e 33 donne) con tumore vescicale infiltrante, sottoposti a CR con CI provenienti da 5 diversi
centri urologici universitari. Tutti i pazienti analizzati, non presentavano recidiva di malattia ed erano
sottoposti a regolare followup. I dati clinici, patologici e i successivi risultati clinici sono stati valutati in
maniera retrospettiva. La qualità dela vita (QoL) è stata valutata mediante i questionari validati BLM30 e
QLQ-C30. Per ogni item del questionario sono stati calcolati i valori medi con derivazione standard. Il
Wilcoxon rank test è stato utilizzato per verificare le differenze nei due sessi. La significatività statistica è
stata raggiunta se p-value era ≤0.05.
Risultati
L’età media degli uomini era 72 anni (intervallo:49-95) e 71 anni nelle donne (intervallo 52-86). Il
follow-up medio era di 34 mesi (intervallo 49-95) negli uomini e 40 mesi (intervallo 6-153) nelle 33
donne. I nostri dati hanno mostrato come le donne presentino maggiori problematiche nelle funzioni
cognitive rispetto agli uomini (77.3±27.9 and 87.8±18.6; p=0.04) come anche nella prospettive future di
vita (42.4±34.4 and 21.9±24.6; p=0.001). Gli uomini con CI invece hanno maggiori problematiche nella
funzionalità sessuale rispetto alle donne (23.3±24.5 and 7.0±20.3; p=0.001).
Discussione
E’ necessario valutare negli uomini e nelle donne sottoposti a CR con IC la loro QoL a lungo termine
mediante questionari validati quali BLM-30 e QLQ-C30 al fine di individuare i domini critici e proporre
al paziente la strategia terapeutica migliore che deve essere supportata con più attenzione nel corso del
follow-up.
Conclusioni
Il nostro studio, basato su un lungo periodo di follow-up, in uomini e donne sottoposti a CR con CI ha
mostrato un migliore funzionamento cognitivo e una visione più ottimistica del futuro negli uomini
rispetto alle donne mentre la funzione sessuale risulta invece peggiore negli uomini rispetto alle donne.
41
P 42
LONG-TERM QUALITY OF LIFE ASSESSMENT IN PATIENTS UNDERGOING ILEAL
CONDUIT URINARY DIVERSION AFTER RADICAL CYSTECTOMY: RESULTS FROM A
PROSPECTIVE ITALIAN MULTICENTER OBSERVATIONAL STUDY.
P. Verze, C. Imbimbo, V. Mirone, S. Siracusano, M. Niero, M. Cerruto, C. Leonardi, W. Artibani, P.
Bassi, M. Iafrate, M. Racioppi, R. Talamini, S. Ciciliato, L. Toffoli, F. Visalli, D. Massidda, C. D'Elia, G.
Cacciamani, D. De Marchi, T. Silvestri, R. La Rocca, E. Belgrano (Naples)
Scopo del lavoro
to assess through specific questionnaires health-related quality of life (HRQoL) in BCa patients who
received ileal conduit urinary diversion and to compare the results obtained at different follow-up (FU)
periods.
Materiali e metodi
we performed a multicenter, cross-sectional analysis of 145 RC-ileal conduit patients recruited at 5
different academic centers. Clinical and pathological data as well as clinical outcomes were
retrospectively analyzed. Patients completed the following questionnaires: EORTC-QLQ-C30 and
BLM30. Questionnaire results were analyzed in order to evaluate the HRQOL in patients with ileal
conduit at different times of follow-up [approximately quartiles (FUQ): 1 (1-18), 2 (19-36), 3 (37-72), 4
(≥73) months]. Mean values with standard deviations (±SD) were computed for all items. Wilcoxon rank
test was used to verify differences by comparing the short follow-up (1-18 months, first quartile) with
subsequent FUQ. Statistical significance was achieved if p-value was ≤0.05 (two-sides).
Risultati
Mean age was 72 years (49-95) and 112/145 (77.2%) were male patients. Mean follow-up period was
51.72 months. The numbers of patients for each quartile of follow-up were: 40, 35, 44, and 26, for 1-18,
19-36, 37-72 and ≥73 months of follow-up, respectively. Patients included in the FUQ 3 presented a
statistically significant higher score for physical functioning (p=0.04) while patients included in FUQ 4
presented a statistically significant lower cognitive functioning profile (p=0.05). No significant
differences between FUQ were detected in terms of symptomatology/physical problems.
Discussione
Our study, based on long-term follow-up in patients undergoing RC with ileal conduit urinary diversion,
shows that HRQoL is adequately maintained over time. An improvement in physical functioning is
detected in patients with an intermediate follow-up (37-72 months), while a deterioration of cognitive
functioning is observed with long-term follow-up (≥73 months).
Conclusioni
HRQoL is adequately maintained over time in patients undergoing RC with ileal conduit urinary
diversion
42
P 43
HEALTH-RELATED QUALITY OF LIFE IN ELDERLY PATIENTS RECEIVING ILEAL
CONDUIT OR ILEAL ORTHOTOPIC NEOBLADDER AFTER RADICAL CYSTECTOMY
WITH INVASIVE BLADDER CANCER
G. Cacciamani, M. Cerruto, C. D'Elia, D. De Marchi, S. Siracusano, M. Niero, C. Lonardi, M. Iafrate, P.
Bassi, E. Belgrano, C. Imbimbo, M. Racioppi, R. Talamini, S. Ciciliato, L. Toffoli, M. Rizzo, F. Visalli,
P. Verze, W. Artibani (Verona)
Aim of the study
The objective of this study was to evaluate the health-related quality of life (HR-QoL) in elderly patients
with invasive bladder cancer who received an ileal orthotopic neobladder (IONB) or an ileal conduit (IC)
diversion.
Materials and methods
Files from 77 patients, aged 75 or older (median age 77), who received an IC (n. 51) or an IONB (n. 26)
after radical cystectomy at 5 Italian institutions, were retrospective reviewed. HR-QoL was evaluated by
using the European Organisation for Research and Treatment of Cancer (EORTC) instruments quality of
life questionnaire C30 (QLQ-C30) and QLQ muscle-invasive bladder cancer module (QLQ-BLM).
Results
IC and IONB groups were comparable for all but one (gender) demographic and clinical variables.
Actually, in the IC group the number of females was significantly higher (12 versus 1, p=0.029). At a
mean follow-up of 60.91±42.19 months, mean scores in the IONB group were significantly better (higher
in functional items and lower in symptoms items) in the following domains: cognitive functioning (95.87
vs 81.05, p=0.008), sleep disturbances (22.54 vs 23.53, p=0.048), appetite loss (5.13 vs 18.95, p=0.033),
constipation (14 vs 42.48, p=0.001), and financial difficulties (1.28 vs 7.84, p=0.043). Considering only
male patients, HR-QoL showed significant more favourable outcomes only in two symptoms items
(constipation and appetite loss, p=0.001 and p=0.021, respectively).
Discussion
The results of our retrospective analysis suggest that, in terms of HR-QoL, IONB, when compared to IC,
can be a suitable diversion for elderly patients with better favourable score for some functional and
symptoms aspects. These results may be affected by gender.
Conclusions
IONB, when compared to IC, can be a suitable diversion for elderly patients with better favourable score
for some functional and symptoms aspects. .
43
P 44
HEALTH-RELATED QUALITY OF LIFE AFTER RADICAL CYSTECTOMY FOR BLADDER
CANCER IN PATIENTS WITH AN ILEAL CONDUIT OR ILEAL ORTHOTOPIC
NEOBLADDER DIVERSION: A COMPARATIVE PROPENSITY-SCORE MATCHED
ANALYSIS
C. D'Elia, M. Cerruto, G. Cacciamani, D. De Marchi, S. Siracusano, M. Niero, C. Lonardi, M. Iafrate, P.
Bassi, E. Belgrano, C. Imbimbo, M. Racioppi, R. Talamini, S. Ciciliato, L. Toffoli, M. Rizzo, F. Visalli,
P. Verze, W. Artibani (Verona)
Aim of the study
Bladder cancer (BC) is a disease which plays an important role in urological clinical practice. When a
radical cystectomy (RC) is indicated, the ideal urinary diversion after RC should be easy to prepare and
easy to handle, presenting few complications, low mortality and morbidity; moreover it should protect the
upper urinary tract function and should be well accepted by the patient, thereby ensuring the best HealthRelated Quality of Life (HR-QoL) as possible. The aim of this study is to compare HR-QoL domains with
two forms of urinary diversions, including ileal conduit (IC) and ileal orthotopic neobladder (IONB) in
patients with BC.
Materials and methods
This retrospective multicentre cohort study included 148 (115 males and 33 females; mean age
70.76±8.27 years) and171 (156 males and 15 females; mean age 64.33±9.38 years) patients who
underwent RC and urinary diversion with an IC and an IONB, respectively. Different domains of
patients’ HR-QoL were assessed postoperatively using the EORTC QLQ C-30 and the EORTC QLQ
BLM-30 as validated questionnaires. A comparative analysis using propensity-score matching was
performed with matching variables of age, gender, number of underlying diseases and pathologic T and N
stages, for comparison of HR-QoL between IC and IONB.
Results
In this series, at a mean follow-up of 48.35±39.21 months, in questions addressing physical functioning
(PF), emotional functioning (EF), cognitive functioning (CF), symptoms of fatigue (FA), dyspnoea (DY),
appetite loss (AP), constipation (CO) and abdominal bloating and flatulence (AB), patients with IONB
had a significant more favourable outcome (p=0.006, p= 0.023, p=0.000, p= 0.001, p= 0.007, p= 0.012,
p= 0.000, and p= 0.000, respectively).
Discussion
After propensity score matching, the better results of IONB in terms of HR-QoL were confirmed, adding
other two aspects in favour of IONB (pain and sleep disturbance, p= 0.007 and p=0.003, respectively).
Conclusions
Ileal orthotopic neobladder after radical cystectomy provides better results in many aspects of HR-QoL as
compared with ileal conduit diversion.
44
P 45
ANALISI DELLE COMPLICANZE DELLA CISTECTOMIA RADICALE NEI PAZIENTI
ANZIANI: UNO STUDIO COMPARATIVO
A. Battaglia, M. Allasia, E. Garzino, F. Soria, G. Melloni, A. Palazzetti, A. Bosio, P. Destefanis, P.
Gontero, B. Frea (Torino)
Scopo del lavoro
Lo scopo di questo studio è analizzare l’esperienza del Nostro Centro con le cistectomie radicali (CR) nei
pazienti anziani analizzando gli outcomes clinici e le complicazioni in gruppi di età differenti
Materiali e metodi
Un numero totale di 345 pazienti sottoposti a CR presso il Nostro Centro tra Dicembre 2006 e Marzo
2014 sono stati analizzati e comparati. Nessun criterio di esclusione è stato usato per la selezione dei
pazienti, includendo anche le stesse indicazioni alla CR (327 per tumori uroteliali, 14 per tumori invasivi
non di origine uroteliale, 4 per altre cause non cancro-correlate). Abbiamo diviso il nostro campione in 4
gruppi di età al tempo della CR: <60 anni (n=46), età 60-69 (n=94), età 70-79 (n=152) and età >79
(n=53). I campi di analisi sono stati: degenza ospedaliera, comorbidità, mortalità peri-operatoria,
outcomes clinici e le complicazioni divisi tra meno e più di 90 giorni dopo la CR. L’incidenza di comorbidità (Charlson Age Index, malattie cardiovascolari, respiratorie, renali e metaboliche) e
complicazioni (pielonefriti, delirium, polmoniti, motilità intestinale, anemia, perdite dell’anastomosi,
shock settico e fistole) sono state ottenute retrospettivamente e comparate. Le complicazioni sono state
categorizzate usando la classificazione di Clavien-Dindo. Il tempo medio di follow-up è stato di 21.3 mesi
(0-89)
Risultati
L’ospedalizzazione media è stata di 21 giorni (1-128). La mortalità peri-operatoria è stata del 2.3%. Il
tasso di ricorrenza di 24.6%. L’incidenza di ipertensione, dislipidemia e cardiopatia nei 4 gruppi di età è
significativamente differente. La più comune precoce complicanza è stata il sanguinamento, invece tra le
complicazioni tardive, le infezioni delle vie urinarie. Entrambi non sono statisticamente significative tra i
4 gruppi di età. La differenza tra le complicazioni precoci e tardive secondo i gruppi d’età non si sono
mostrate statisticamente significative. Nessuna differenza statisticamente significativa tra la degenza
ospedaliera e il numero di sacche trasfuse. Per l’analisi statistica abbiamo usato un software statistico
(Sofastats 1.4.3)
Discussione
In questo studio concludiamo che la cistectomia radicale è una procedura sicura e fattibile nei pazienti
sopra i 75 anni, con un tasso di mortalità e complicazioni non differente dai pazienti più giovani.
Conclusioni
Sulla base dei nostri risultati e delle nostra valutazioni l’età cronologica non rappresenta una
controindicazione alla cistectomia radicale.
45
P 46
COMPLICANZE RARE A LUNGO TERMINE IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A CISTECTOMIA
E CONFEZIONAMENTO DI VESCICA ILEALE PADOVANA (VIP). ESPERIENZA CLINICA
IN UN SINGOLO CENTRO (1987-2015).
A. Kungulli, M. Mancini, A. Calpista, F. Dal Moro, F. Zattoni (Padova)
Aim of the study
Questo lavoro riporta alcune complicanze rare a lungo termine dei neoserbatoi ileali ortotopici, con lo
scopo di evidenziare modalità cliniche inusuali di presentazione.
Materials and methods
Tutti i pazienti riportati sono stati trattati nel nostro reparto per quanto riguarda la complicanza del
neoserbatoio. I dati pregressi sono stati raccolti ed analizzati retrospettivamente. Il follow-up è aggiornato
al 2014 con visite ambulatoriali e con interviste telefoniche (follow up minimo: 6 mesi). Il materiale
iconografico originale è stato raccolto e riportato (fig.1 a,b).
Results
Dal 1987 al 2014 sono state confezionate nel nostro reparto 891 Vesciche Ileali Padovane (VIP), in
pazienti sottoposti a cistectomia radicale o semplice per neoplasia vescicale, o per altre cause (piccola
vescica, cistopatia interstiziale). 2 pazienti hanno presentato una fistola VIP-vaginale, trattata
chirurgicamente, con successo in un caso e recidiva nell’altro, anche dopo secondo intervento. 1 paziente
ha sviluppato a distanza di 9 anni, un liposarcoma di alto grado di 16 cm a partenza dal meso della
neovescica, asportato chirurgicamente, con preservazione della VIP, con successo. 1 paziente sottoposta a
cistectomia sovratrigonale e VIP per cistopatia interstiziale ha presentato, dopo 9 anni, una ripresa della
sintomatologia algica e dei disturbi minzionali di riempimento, mai del tutto scomparsi dopo l’intervento.
All’imaging preoperatorio la neovescica appariva regolare (fig 1b). La paziente è stata sottoposta ad
asportazione del collo vescicale e undiversion. L’esame istologico ha documentato cistopatia interstiziale
sul collo vescicale nativo. Altri casi hanno presentato: ripresa multifocale sull’uretra e sull’asse escretore
destro (trattato con nefroureterectomia destra e bonifica laser dell’uretra, con successo); linfangite
neoplastica uretrale e ritenzione acuta di urina, trattata con derivazione urinaria esterna e chemioterapia;
presentazione sulla parete vaginale anteriore di una massa dura di 2 cm. Una biopsia trans-vaginale ecoguidata ha dimostrato la presenza di materiale amorfo colloide (l’iniezione di colloide era sta eseguita 9
anni prima sull’anastomosi VIP-uretrale per incontinenza urinaria). La paziente, trattata
conservativamente, sta bene.
Discussion
I dati sulle complicanze rare a lungo termine delle neovesciche ileali ortotopiche sono scarsi. La VIP è
una tecnica originaria di ricostruzione ileale ortotopica della vescica, che, sebbene usata in diversi centri
in Italia, è raramente valutata per il numero e le caratteristiche cliniche e anatomo-patologiche delle
complicanze a lungo termine inusuali.
Conclusions
Le complicanze a lungo termine del neoserbatoio ileale ortotopico urinario sono suscettibili di
trattamento, con successo terapeutico, e possibilità di preservare la neovescica. E’ di notevole rilevanza
clinica riportare tali complicanze e le strategie di trattamento, per standardizzare il comportamento clinico
e garantire ai pazienti la preservazione della neovescica.
46
P 47
VALUTAZIONE VIDEOURODINAMICA IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A CISTECTOMIA
LAPAROSCOPICA E NEOVESCICA ILEALE CON TECNICA INTRACORPOREA:
RISULTATI A 240 GIORNI DI FOLLOW-UP.
G. PALLESCHI, A. PASTORE, A. FUSCHI, L. SILVESTRI, D. AUTIERI, Y. AL SALHI, A. LETO, A.
RIPOLI, A. CARBONE (Latina)
Scopo del lavoro
Descriviamo i risultati videourodinamici di pazienti sottoposti a cistectomia laparoscopica con
derivazione ileale ortotopica realizzata con tecnica intracorporea.
Materiali e metodi
La casistica comprende 30 maschi operati tra novembre 2010 e marzo 2014 aventi età media 67 anni
(range: 62-79), body mass index medio (BMI): 22.3 (range: 16 - 26.1), ASA score medio: 2.2 (range: 13). Tutti i pazienti, affetti da carcinoma uroteliale vescicale (T2 o T1G3 multifocale pluriricorrente), sono
stati sottoposti a cistectomia radicale con derivazione ileale ortotopica (neovescica ad "U") eseguita
mediante tecnica intracorporea. I risultati funzionali delle neovesciche sono stati valutati mediante
videourodinamica (VUDM) con elettromiografia perineale a 240 giorni dall'intervento.
Risultati
La VUDM ha documentato una capacità neovescicale media di 297 ml (range: 240 - 345). In 7/30
pazienti (23%)è stato osservato peristaltismo residuo, solo in 4/30 soggetti (13%) con ampiezza >30
cmH2O ed associato a perdita urinaria ad elevato riempimento (> 300 ml). Il residuo post-minzionale
medio è risultato 44 ml (range: 0-98 ml), mentre il flusso massimo 13.9 ml/s (range: 9.7-29.2). I tests
provocativi hanno documentato fuga urinaria da sforzo in 5/30 (16%), tuttavia ad elevato riempimento (>
320 ml) e per pressioni addominali > 60 cmH2O (Valsalva leak point pressure). La VUDM ha dimostrato
un'adeguata morfologia della neovescica in tutti i pazienti e reflusso vescico-ureterale monolaterale
incompleto passivo in 6 soggetti (23%). Tutti i pazienti hanno effettuato lo svuotamento vescicale
mediante torchio addominale; in 6/30 pazienti (20%) è stata evidenziata la persistenza di un pattern
pseudo-dissinergico.
Discussione
I pochi studi che descrivono le cistectomie laparoscopiche con ricostruzione neovescicale intracorporea
sono focalizzati sulla tecnica chirurgica ed i risultati oncologici. Tuttavia è essenziale, invece, eseguire
anche un adeguato controllo funzionale, allo scopo di prevenire o diagnosticare precocemente
complicanze a carico del basso ed alto apparato urinario e di comprendere le cause di alcune disfunzioni
postoperatorie, in particolare l'incontinenza urinaria. In passato la letteratura, in particolare quella italiana,
ha già dimostrato l'utilità della VUDM nel follow-up di pazienti con neovescica ileale ortotopica
confezionata con tecnica a cielo aperto. Sebbene questa indagine non possa divenire uno standard di
valutazione postoperatoria, riteniamo che, quantomeno nei primi casi di confezionamento neovescicale
con una tecnica innovativa, come è stato per noi in questa iniziale casistica di ricostruzione laparoscopica,
essa sia la migliore metodica atta a comprendere se la procedura si associ a buoni risultati funzionali o
necessiti di modificazioni mirate al miglioramento dell'outcome.
Conclusioni
Nella nostra esperienza, i risultati videourodinamici a 240 giorni documentano un soddisfacente outcome
funzionale delle neovesciche ileali ortotpiche realizzate con tecnica laparoscopica.
47
P 48
URETERO-CUTANEOSTOMIE (UCS) COME DIVERSIONE URINARIA DOPO
CISTECTOMIA RADICALE (CR) IN PAZIENTI ANZIANI ≥ DI 80 ANNI: ANALISI
RETROSPETTIVA DI UN SINGOLO CENTRO COMPARANDO UCS CON BRICKER
G. Peracchia, G. De Luca, M. Viola, A. Romano, S. Morselli, M. Brausi (Carpi)
Scopo del lavoro
La tipologia di diversione urinaria da effettuare dopo CR è stata sempre dibattuta. La maggioranza dei
centri urologici preferisce e supporta l’uso della Bricker per la migliore qualità di vita (nessun bisogno di
sostituzioni di stent ureterali) , minor frequenza di infezioni urinarie (IU) ed insufficienza renale. Però
raramente queste tecniche sono state confrontate nei pazienti di età ≥ 80 anni. L’obiettivo di questo studio
retrospettivo è stato di valutare l’incidenza delle complicanze in base alla classificazione di ClavienDindo,la mortalità , i tempi di degenza tra 2 gruppi di pazienti di età ≥ di 80 anni sottoposti a cistectomia
radicale per tumore vescicale nel nostro Istituto.
Materiali e metodi
105 pazienti di almeno 80 anni con tumore vescicale muscolo-invasivo o BCG resistente sono stati
sottoposti a cistectomia . 53/105 (50,5%) hanno avuto l’ UCS come diversione urinaria, mentre 38/105
(36,2%) sono stati sottoposti ad derivazione sec Bricker . 14/105 (13,3%) sono stati sottoposti a
neovescica ileale, ma sono esclusi da questo abstract. I criteri di selezione per l’ UCS erano: età avanzata,
pluricomorbilità, ASA score di IV e alto PS. Ai pazienti in buone condizione generali (PS 1-2) è stata
consigliata diversione urinaria sec Bricker o una neovescica ileale ortotopica.
Risultati
Età media: 83,1 anni per l’UCS e 81,1 per la diversione sec. Bricker. Rapporto maschi/femmine: 72/33.
ASA score : Bricker = II-III , UCS = III-IV. PS : 2-3 in Bricker; 3-4 nelle UCS. Stadiazione patologica:
T3-T4 : UCS = 73%, Bricker = 44%. Mortalità (nei primi 30 giorni) : UCS = 6.8 % Bricker = 4.2% (p=
0.1). Complicazioni mediche: (CM). Clavien II : sanguinamento post operatorio = 8%, scompenso
cardiaco congestizio = 2.4%, IU = 4.8%. delirium = 13%, polmoniti = 1.2%. Clavien III: insufficienza
renale acuta = 3.6%. CM per diversione: UCS = 65.5%, Bricker = 34.5% (p<0.001). Complicanze
Chirurgiche (CC). Clavien II : deiscenza della ferita = 9.1%, ileo prolungato = 16.2%, linfocele = 2.5%.
Complicazioni Clavien IV : fistola urinaria = 7.7%, fistola fecale = 5.1% . CC per diversione : UCS =
15.5% Bricker = 28.2% (p<0.01). Frequenza di reintervento per diversione : UCS = 0, Bricker = 12.8% (p
<0.01). Degenza media: UCS =12.6 giorni, Bricker = 14.5 giorni.
Discussione
La Cistectomia Radicale negli anziani è indicata, ma la tipologia di derivazione è cruciale
Conclusioni
La Cistectomia Radicale negli anziani è indicata, ma la tipologia di derivazione è cruciale. Anche se un
paziente con UCS è più anziano, con maggiore comorbilità e con uno stadio tumorale più avanzato ed un
rischio chirurgico maggiore (ASA III-IV vs II-III) si è osservata una significativa riduzione di
Complicanze Chirurgiche, re-interventi rispetto alla derivazione sec Bricker. Le Complicanze Mediche e
la mortalità erano più elevate nelle UCS per le maggiori comorbilità iniziali. L’UCS andrebbe rivaluta ed
usata in questi pazienti.
48
P 49
COME IDENTIFICARE I CANDIDATI A SORVEGLIANZA ATTIVA TRA I PAZIENTI CON
CARCINOMA DELLA PROSTATA A RISCHIO INTERMEDIO: SVILUPPO E VALIDAZIONE
DI UN NUOVO MODELLO PREDITTIVO
N. Passoni, G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, P. Dell'Oglio, M. Bianchi, W. Cazzaniga, V. Mirone,
R. Colombo, M. Picozzi, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
La prostatectomia radicale (PR) è associata a risultati eccellenti nei pazienti con carcinoma prostatico
(CaP) a rischio intermedio. Tuttavia, questo gruppo, rappresenta una categoria eterogenea. L’obiettivo del
nostro studio è di identificare i fattori predittivi di malattia patologicamente favorevole nei pazienti a
intermedio rischio.
Materiali e metodi
950 pazienti con CaP a intermedio rischio secondo D’Amico sono stati trattati con PR ± linfoadenectomia
presso un singolo centro tra il 2006 e 2014. La malattia patologicamente favorevole è stata definita come
la presenza di un Gleason patologico ≤6 e tumore organo-confinato. Il Gleason bioptico (≤6 vs. 3+4 vs.
4+3), la PSA density, la percentuale di prelievi positivi, lo stadio clinico, e il PSA sono stati inclusi in un
modello di regressione logistica per predire malattia patologicamente favorevole. I coefficienti di questo
modello sono stati utilizzati per sviluppare un nuovo nomogramma. L’area sotto la curva (AUC) ha
quantificato l’accuratezza predittiva del modello. Successivamente, il nomogramma è stato sottoposto a
validazione interna. Infine, la decision curve analyses (DCA) è stata usata per fornire una stima del
beneficio derivante dall’applicazione del nostro modello nella pratica clinica.
Risultati
L’età media era di 65.8 anni. 373 (39.3%), 440 (46.3%) e 137 (14.4%) pazienti avevano un Gleason
bioptico di ≤6, 3+4 e 4+3. La PSA density mediana e la percentuale di prelievi positivi erano 0.14
ng/ml/ml e 10.9%. 244 (25.7%) pazienti avevano malattia patologicamente favorevole. All’analisi
multivariata, i pazienti con Gleason score bioptico ≤6 avevano una maggior probabilità di malattia
patologicamente favorevole (Odds Ratio [OR]:10.25; P<0.001). In maniera simile, la PSA density
(OR:0.01; P<0.001) e la percentuale di prelievi positivi (OR:0.10; P<0.001) erano associate a una
maggiore probabilità di malattia prognosticamente favorevole. Il nomogramma ha mostrato un’AUC di
83.8%. Infine, la DCA ha mostrato che il nostro modello era in grado di migliorare le decisioni cliniche
nei pazienti con una probabilità di malattia patologicamente favorevole tra il 5 e l’80%.
Discussione
Un quarto dei pazienti con CaP a intermedio rischio, ha malattia patologicamente favorevole. Questi
individui potrebbero essere considerati per trattamenti alternativi, quali la sorveglianza attiva.
Conclusioni
Abbiamo sviluppato il primo nomogramma per l’identificazione dei pazienti con Cap a rischio intermedio
e con malattia patologicamente favorevole.
49
P 50
ANALISI DELL’OTTIMALE CAMPIONAMENTO BIOPTICO PROSTATICO PER
L’ARRUOLAMENTO DI PAZIENTI IN PROTOCOLLI DI SORVEGLIANZA ATTIVA PER
CARCINOMA PROSTATICO A BASSO RISCHIO.
E. Di Trapani, N. Suardi, G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, V. Cucchiara, P. Dell'Oglio, S.
Luzzago, V. Scattoni, V. Mirone, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
La sorveglianza attiva è un valido trattamento in pazienti con tumore prostatico a basso rischio. Tuttavia,
un significativo numero di pazienti esce dal protocollo di sorveglianza attiva in seguito al ricampionamento bioptico mentre più del 30% inizialmente candidati a sorveglianza attiva presenta una
malattia aggressiva misconosciuta. L’obiettivo di questo studio è definire uno schema bioptico più
dettagliato per aumentare l’accuratezza degli attuali criteri di sorveglianza attiva
Materiali e metodi
Abbiamo considerato 414 pazienti che hanno ricevuto intervento di prostatectomia radicale che, in
accordo con i criteri PRIAS (cT1T2a; PSA<10 ng/ml; PSA density <0.2; Gleason score <7; < 3 biopsie
positive), potrebbero essere stati candidati a sorveglianza attiva. Abbiamo analizzato l’esame istologico
definitivo di tali pazienti; pazienti con stadio pT3a/pT3b, pN+ e/o Gleason Score Patologico ≥8 sono
considerati portatori di malattia avversa. I pazienti sono stati stratificati in base al numero di biopsie che
hanno effettuato e abbiamo utilizzato una metodologia che permette di individuare il cut-off di prelievi
bioptici più accurato per ridurre la probabilità che un paziente abbia una malattia aggressiva
misconosciuta. Infine abbiamo eseguito analisi di regressione logistica multivariata per valutare
l’associazione tra il numero di prelievi bioptici e la presenza di malattia avversa all’esame istologico
definitivo. Le covariate sono l’età e il volume prostatico
Risultati
Dei 414 pazienti candidabili a sorveglianza attiva, 36 pazienti (8.7%) sono portatori di malattia avversa.
Nello specifico, 24 pazienti (5.8%) hanno una malattia con estensione extra-capsulare, 7 pazienti (1.7%)
hanno una malattia che si estende alle vescicole seminali, 9 pazienti (2.2%) hanno un Gleason patologico
≥8 e 8 pazienti (1.9%) hanno invasione linfonodale. Quando i pazienti vengono stratificati in base al
numero di prelievi bioptici, il cut-off di prelievi bioptici più accurato per ridurre la probabilità che un
paziente abbia una malattia aggressiva misconosciuta è di 14. La percentuale di malattia misconosciuta è
di 4.9% nei pazienti che ricevono 14 o più prelievi bioptici vs. 13.2% nei pazienti che ricevono meno di
14 prelievi bioptici (p=0.002). All’analisi di regressione logistica multivariata, il numero di prelievi
bioptici è un predittore indipendente di malattia avversa (OR 0.92; p=0.04). È degno di nota che il volume
prostatico non risulta essere predittore indipendente di malattia misconosciuta (p=0.3)
Discussione
Circa il 10% dei pazienti potenzialmente candidabili a sorveglianza attiva ha una malattia aggressiva ed
ha un rischio elevato di progressione. L’introduzione di schemi prostatici bioptici standardizzati con 14
prelievi riduce significativamente la percentuale di pazienti con malattia aggressiva
Conclusioni
Quando la sorveglianza attiva è considerata una opzione terapeutica, si dovrebbero effettuare almeno 14
prelievi bioptici per ridurre il rischio di avere un paziente con malattia aggressiva misconosciuta
50
P 51
POSSIAMO INCLUDERE NELLA SORVEGLIANZA ATTIVA PER NEOPLASIA
PROSTATICA, PAZIENTI CON CGS 3+4 IN UN UNICO PRELIEVO BIOPTICO? RISULTATI
A MEDIO TERMINE DI UN SINGOLO CENTRO DOPO REVISIONE ISTOLOGICA
SISTEMATICA DEI PRELIEVI BIOPTICI E DEI REPERTI OPERATORI
M. Borghesi, R. Schiavina, E. Brunocilla, M. Rossi, L. Bianchi, F. Chessa, F. Giunchi, V. Vagnoni, D.
Diazzi, H. Dababneh, C. Pultrone, B. Corcioni, A. Porreca, M. Fiorentino, G. Martorana (Bologna)
Scopo del lavoro
Abbiamo valutato se l’inclusione di pazienti affetti da carcinoma prostatico (Pca) e GS clinico (cGs)
=3+4 nel protocollo PRIAS, influenza i risultati patologici e abbiamo analizzato quali fattori siano
predittivi di outcomes patologici sfavorevoli.
Materiali e metodi
Di 2568 pazienti sottoposti a prostatectomia radicale presso il nostro istituto abbiamo selezionato 329
pazienti che avrebbero rispettato tutti i criteri del protocollo PRIAS eccetto cGs= 3+4 e almeno 10
prelievi bioptici. I vetrini bioptici sono stati revisionati da un unico uro-patologo, per selezionare solo i
frustoli che presentavo realmente cGS=3+3 e cGs=3+4 in un unico prelievo, in accordo con i criteri ISUP
2005. Abbiamo valutato il numero dei prelievi bioptici e il numero dei frustuli positivi per Pca, la
percentuale di coinvolgimento e il GS dei prelievi positivi, la presenza di HGPIN e ASAP, inoltre
abbiamo rideterminato le caratteristiche patologiche definitive (Gs, stadio, stato dei margini e i linfonodi).
Come end-point primario abbiamo valutato gli outcomes patologici sfavorevoli (presenza di malattia non
organo-confinata o GS ≥4+3).
Risultati
Sono stati analizzati 204 (7.9%) pazienti con età mediana di 65.8, PSA mediano di 5.7 ng/ml, PSAD
mediano di 0.11 ng/ml/cc e numero mediano di prelievi bioptici di 12; 10 (4.9%) avevano una malattia
localmente avanzata, 38 (18.6%) un GS ≥4+3 e 46 (22.5%) una malattia con caratteristiche sfavorevoli al
reperto operatorio definitivo. All’analisi uni e multivariata, la presenza di ASAP a carico dei prelievi
bioptici negativi e il basso numero di frustoli prelevati sono stati gli unici fattori associati alla presenza di
malattia con caratteristiche sfavorevoli. Il numero minimo di prelievi bioptici per predire la presenza di
malattia a caratteristiche sfavorevoli è risultato 14. Abbiamo raggruppato i 204 pazienti in tre classi di
rischio: gruppo 1 (n=83,40.7%) pazienti che non presentavano ASAP e con almeno 14 prelievi bioptici;
gruppo 2 (n=112,54.9%) pazienti con ASAP o con meno di 14 prelievi; gruppo 3 (n=9, 4.4%) pazienti
con ASAP e con meno di 14 prelievi. Il gruppo 2 e il gruppo 3 hanno rispettivamente un rischio maggiore
di 4.7 e 13.5 di presentare una malattia a caratteristiche sfavorevoli, rispetto al gruppo1 (p< 0.001).
Discussione
Nella popolazione considerata, dopo follow-up mediano di 73.5 mesi, la mortalità cancro-specifica era
nulla e 4 (2.0%) pazienti hanno sviluppato una recidiva biochimica. Tra i pazienti con Gs =3+3 e GS
=3+4 non ci sono state differenze statisticamente significative in termini di GS≥4+3, malattia localmente
avanzata, malattia con caratteristiche sfavorevoli e sopravvivenza libera da recidiva biochimica.
Conclusioni
L’inclusione dei pazienti con cGs 3+4 idonei alla SA non incrementa la percentuale di malattie a
caratteristiche sfavorevoli dopo prostatectomia radicale. Altri fattori, come il numero di prelievi bioptici e
la presenza di ASAP dovrebbero esser considerati con cautela nei pazienti idonei per la SA.
51
P 52
QUALE è LA DEFINIZIONE OTTIMALE DI MALATTIA CLINICAMENTE SIGNIFICATIVA
NEI PAZIENTI CANDIDATI A SORVEGLIANZA ATTIVA PER TUMORE PROSTATICO A
RISCHIO MOLTO BASSO? IMPLICAZIONI PER IL TRATTAMENTO RADICALE
G. Giannarini, G. Gandaglia, G. Ploussard, H. Isbarn, P. Sooriakumaran, C. Surcel, H. Van Der Poel, R.
Van Der Bergh, L. Salomon, V. Ficarra, N. Suardi, M. Picozzi, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti
(Udine)
Scopo del lavoro
E’ ancora ignota la modalità di riconoscimento di outcome patologico sfavorevole nei pazienti candidati a
Sorveglianza Attiva (SA) e trattati con prostatectomia radicale (PR). Tale informazione sarebbe cruciale
per definire correttamente la malattia clinicamente significativa, selezionando i pazienti per un
trattamento attivo dopo SA.
Materiali e metodi
Lo studio ha incluso 1,710 pazienti trattati con PR tra il 2000 e il 2013 presso tre centri europei. Tutti i
pazienti soddisfacevano i criteri di SA secondo lo studio PRIAS (malattia T1c/T2a; PSA ≤10ng/ml; PSA
density<0.2ng/ml/ml; Gleason score alla biopsia 3+3; e ≤2 prelievi bioptici). I pazienti sono stati
suddivisi in 3 gruppi a seconda delle caratteristiche patologiche: malattia organo-confinata, Gleason Score
patologico ≤6 e pN0 (Gruppo 1), malattia organo-confinata, Gleason score patologico 3+4, e pN0
(Gruppo 2), e malattia non-organo-confinata, Gleason Score patologico ≥4+3 o pN1 (Gruppo 3). Curve di
Kaplan-Meier sono state usate per stimare il tempo di ripresa biochimica di malattia (BCR). Analisi
multivariate e di regressione Cox hanno testato l’associazione tra le caratteristiche di malattia di ogni
gruppo e la BCR (definita come due aumenti consecutivi di PSA >0.2 ng/ml).
Risultati
L’età mediana era 63.9 anni. Complessivamente, 926 (54.2%), 653 (33.0%), e 220 (12.9%) pazienti sono
stati inclusi nel Gruppo 1,2 e 3. Il follow-up mediano era di 32.2 mesi. Il tasso di sopravvivenza libera da
RBC a 5 anni era del 94,2%. I pazienti inclusi nel Gruppo 3 hanno avuto un minor tasso di sopravvivenza
libera da RBC se comparati al Gruppo 1 (79.1 vs. 97.0%, P<0.001). Nonostante ciò, non è stata osservata
nessuna differenza statisticamente significativa per tasso di sopravvivenza libera da BCR a 5 anni tra i
pazienti inclusi nel Gruppo 1 vs. Gruppo 2 (97.0 vs. 94.7%, P=0.1). Questi risultati sono stati confermati
alle analisi di regressione multivariata, dove i pazienti inclusi nel Gruppo 3 avevano una probabilità di
BCR 6 volte superiore se comparati con quelli inclusi nel Gruppo 1 (P<0.001). Per contro, i pazienti
inclusi nel gruppo 2 non avevano un maggior rischio di RBC se comparati con pazienti con caratteristiche
più favorevoli (Gruppo 1; P=0.1).
Discussione
La malattia clinicamente significativa, in pazienti candidati a SA, dovrebbe esser definita come malattia
non-organo confinata e Gleason score patologico 8-10.
Conclusioni
La presenza di Gleason Score patologico 3+4, non deve essere considerata come un fattore di rischio per
BCR in pazienti candidabili a SA.
52
P 53
GLEASON SCORE 3+3=6 CAN STILL BE CONSIDERED AN AGGRESSIVE CANCER?
ANALYSIS OF A SINGLE CENTER EXPERIENCE.
D. Minardi, G. Milanese, L. Montesi, R. Mazzucchelli, V. Lacetera, G. Muzzonigro, R. Montironi
(Ancona)
Aim of the study
We performed a review of radical prostatectomy specimens, to evaluate disease free survival according to
prognostic Gleason grade grouping suggested Epstein.
Materials and methods
We considered 395 patients who underwent to open radical prostatectomy and pelvic lymph nodes
dissection. Follow-up visits after RP were scheduled according to a protocol. Pathological review of the
cases according to the update Gleason grading system was performed; prognostic and predictive features,
such as Gleason score, stage, surgical margin status and tumor volume were recorded.
Results
Mean patients’ age was 65.3 years (range 42-75); mean follow-up was 51.5 months (range 9-108). We
then considered subgroups of patients: Gleason score 3+3=6 (151 patients)[prognostic Gleason grade
group I], 3+4=7 (144 patients)[prognostic Gleason grade group II], 4+3=7 (60 patients)[prognostic
Gleason grade group III], 4+4=8, 5+3=8 and 3+5=8 (19 patients)[prognostic Gleason grade group IV] and
5+4=9, 4+5=9, 5+5=10 (21 patients)[prognostic Gleason grade group V]; we have observed that there is a
statistically significant difference in survival according to increasing Gleason score sum; we have also
observed that patients with a Gleason score 3+4=7 went better than those with Gleason score 4+3=7. We
focused our attention particularly on Gleason 3+3=6 patients; 25 patients were pT2a, 2 pT2b, 98 pT2c, 21
pT3a, 4 pT3b and 1 pT4; at a mean follow up of 48.5 months (range 24-67), 4 patients with Gleason score
6 [1 pT2cR0N0LVI0, 1 pT2cR1N0LVI0, 1 pT3aR0N0VLI0 and 1 pT3aR0N0VLI0] had biochemical
recurrence; in all of them it was possible to identify relapse at the residual pelvic lymph nodes and in
three out of four distant metastasis was observed during the follow-up; three of them are alive at a mean
follow up was 82 months; one died after 108 months. After review of the slides of all the patients who
were 3+3=6 Gleason score, we have observed that 3 of them had an higher Gleason grade than previously
diagnosed (3+4=7, prognostic grade grouping II), while in 1 case it was confirmed to be the same grade
(3+3=6, prognostic grade grouping I), that is the patient pT2cR1N0VLI0, i.e. the patient with residual
tumor at the surgical margins.
Discussion
The Gleason grading system approved by the International Society of Urological Pathology has made
some changes in the classic system in order to increase reproducibility; tumors previously graded as
Gleason score 6 in the classic system are often upgraded as Gleason score 7 tumors in the modified
system. To assign the cases depending on their Gleason score to one of five prognostic grade groups can
be useful since it should reflect more closely the behavior of the tumor.
Conclusions
Histopathological review showed that patients with metastases resulted to be upgraded to Gleason 3+4=7
prostate cancer; however, surgical margin status is important to determine disease free-survival in patients
with Gleason 6 cancer.
53
P 54
PERFORMANCE DEI FATTORI BIOPTICI NEL PREDIRE LA PRESENZA DI UNA
MALATTIA SFAVOREVOLE IN PAZIENTI CANDIDABILI PER SORVEGLIANZA ATTIVA
SECONDO I CRITERI PRIAS.
G. Russo, T. Castelli, V. Favilla, G. Reale, D. Urzì, S. Privitera, E. Fragalà, S. Cimino, G. Morgia
(Catania)
Scopo del lavoro
La sorveglianza attiva (AS) nel tumore prostatico sta guadagnando popolarità con l'intenzione di evitare o
posporre il trattamento definitivo in soggetti con tumore prostatico (PCa) a basso rischio o clinicamente
indolente. Negli ultimi anni, diversi fattori predittivi sono stati proposti con lo scopo di migliorare
l’accuratezza dei criteri di AS nel determinare una malattia indolente, come alcuni fattori bioptici, il PHI
o la risonanza magnetica multiparametrica. Lo scopo del seguente studio è stato quello di valutare il ruolo
di alcuni fattori bioptici, come la lunghezza massima tumorale (MCL), lunghezza tumorale cumulativa
(CCL), lunghezza cumulativa dei cores positivi (CLPC), la percentuale di tumore nei cores positivi,
aggiunti ai criteri PRIAS in pazienti sottoposti a prostatectomia radicale (RP), ma candidabili a
sorveglianza attiva (AS).
Materiali e metodi
Dal Gennaio 2002 al Dicembre 2007, 750 soggetti consecutivi sono stati sottoposti a RP. Abbiamo
identificato 147 (19.05 %) pazienti che erano candidabili ad AS in base a criteri PRIAS: clinico T1c o T2,
PSA di ≤ 10 ng/ml, Gleason bioptico ≤ 6, PSA-density < 0,2 ng/ml2 ed uno o due cores positivi.
Abbiamo calcolato l'accuratezza diagnostica dei pregressi fattori bioptici nel determinare la presenza di
malattia sfavorevole patologicamente confermata (stadio patologico ≥ pT3 e/o Gleason patologico ≥ 7).
Sono state eseguite le decision curve analysis (DCA).
Risultati
Di tutti i soggetti, 95 ( 66,43 %) pazienti avevano malattia favorevole mentre 48 (33.57%) avevano
malattia sfavorevole. All’analisi multivariata, l'inclusione di MCL (+31%; p<0.01), CCL (+31%; p<0.01),
CLPC (+17%; p<0.01) e CIPC (+26%; p<0.01) aumentava significativamente l'accuratezza del modello
PRIAS nel predire la presenza di malattia sfavorevole. Il guadagno dell’accuratezza con l’aggiunta dei
fattori bioptici variava dal 7% al 31%. La DCA mostrava che l'aggiunta di MCL, CCL, CLPC e CIPC
determinava un maggiore beneficio quando la probabilità del modello variava dal 15% al 50%.
L’aggiunta di uno dei fattori bioptici può essere applicata al costo di una mancata diagnosi di malattia
sfavorevole nel 16.83%.
Discussione
Una percentuale significativa di pazienti presenta un rischio di errata classificazione ai criteri di AS,
nonostante la loro inizialmente ammissibilità criteri PRIAS. L'aggiunta di alcuni fattori bioptici, come
MCL, CCL, CLPC e CIPC, nella pratica clinica ha il potenziale di aumentare in modo significativo la
capacità del modello PRIAS di individuare la presenza di malattia sfavorevole.
Conclusioni
I nostri risultati suggeriscono che l’aggiunta dei criteri bioptici al modello PRIAS ha il vantaggio di
aumentare l’abilità di diagnosticare una malattia sfavorevole
54
P 55
IL PHI ED IL PCA3 MIGLIORANO LA PERFORMANCE DEI CRITERI PRIAS ED EPSTEIN
NEL PREDIRE LA PRESENZA DI TUMORE PROSTATICO INSIGNIFICANTE IN PAZIENTI
CANDIDABILI A SORVEGLIANZA ATTIVA.
F. Cantiello, G. Russo, A. Cicione, A. Aliberti, S. Manno, S. Cimino, M. Ferro, O. De Cobelli, C. Magno,
G. Morgia, R. Damiano (Catanzaro)
Scopo del lavoro
Diversi studi sono stati condotti al fine di meglio identificare la presenza di tumore prostatico
insignificante (IPCa) in pazienti eleggibili a Sorveglianza Attiva (AS) riducendo in tal modo le
probabilità di errata classificazione. Scopo dello studio è stato quello di valutare le prestazioni del
Prostate Health Index (PHI) e del PCA3 aggiunti ai criteri PRIAS o Epstein nel predire la presenza di una
malattia patologicamente insignificante (IPCa) in pazienti sottoposti a prostatectomia radicale (RP), ma
candidabili a sorveglianza attiva (AS).
Materiali e metodi
Abbiamo condotto uno studio prospettico osservazionale in 188 pazienti consecutivamente trattati con RP
laparoscopica o robot -assistita, ma candidabili a AS secondo criteri Epstein o PRIAS. Il sangue ed i
campioni urinari sono stati raccolti prima della biopsia prostatica iniziale per le misurazioni
rispettivamente del PHI e del PCA3. Un’ analisi di regressione logistica multivariata e le decision curve
analysis (DCA) sono state effettuate per identificare le variabili potenzialmente predittive di IPCa.
Risultati
Uno stadio pT2 e pT3 sono stati trovati in 185 (98,4%) e 3 (1,6%) pazienti rispettivamente, IPCA in 115
(61,2%), Gleason patologico ≥ 7 in 19 (10,1%), estensione extra-capsulare in 16 (8.5%) pazienti ed un’
invasione delle vescicole seminali in 4 pazienti (2,1%). All’analisi multivariata l'inclusione del PCA3 e
del PHI aumentava significativamente l'accuratezza dei criteri di Epstein nel predire la presenza di IPCA,
+17% (p<0.05) con l'aggiunta del PCA3 (AUC=77,0; p < 0.05) e +32% con l'aggiunta del PHI
(AUC=0.92; p<0.01). L'inclusione del PCA3 e del PHI aumentava l’accuratezza del modello PRIAS del
27% con l'aggiunta di PCA3 (AUC=87,0; p < 0.05) e del 37% con l'aggiunta del PHI. I net-benefit
ottenuti con le DCA hanno dimostrato che l’aggiunta del PHI o del PCA3 migliorava la capacità
predittiva dei criteri Epstein o PRIAS, considerando una probabilità > 10 % per il PHI e > 20% per il
PCA3. Con una probabilità del 60 % (prevalenza dell’IPCa dello studio del 61,2%), si evitavano un
numero di 35 o 36 prostatectomie radicali necessarie ogni 100 uomini utilizzando il PHI aggiunto ai
criteri originali Epstein o PRIAS e di 31 o 30 ogni 100 uomini utilizzando il PCA3.
Discussione
I criteri Epstein e PRIAS possono essere migliorati dall’aggiunta del PCA3 o del PHI ottenendo un
beneficio clinico nel predire la presenza di tumore prostatico patologicamente insignificante. Inoltre, il
PHI presenta una migliore performance discriminativa rispetto al PCA3. Questi risultati possono essere
considerati nella pratica clinica durante l’approccio decisionale in pazienti candidabili per sorveglianza
attiva.
Conclusioni
In una stessa coorte di pazienti candidabili a sorveglianza attiva, l’aggiunta del PCA3 e del PHI migliora
la performance dei criteri Epstein o PRIAS nel predire la presenza di tumore prostatico patologicamente
insignificante.
55
P 56
RUOLO DELLA REBIOPSIA DI SATURAZIONE TRANSPERINEALE A 24 PRELIEVI
NELLA ELEGGIBILITà A SORVEGLIANZA ATTIVA DEI CANDIDATI CON MALATTIA A
BASSO RISCHIO DOPO BIOPSIA A 12 PRELIEVI
G. De Giorgi, G. Descloux, M. Abbinante, M. Gnech, M. Meneguzzi, M. Calandriello, S. Sioletic, V.
Ficarra (Udine)
Scopo del lavoro
Circa il 30% dei pazienti con carcinoma prostatico low risk dopo biopsia standard a 12 prelievi hanno una
neoplasia clinicamente significativa. Scopo di questo studio è valutare quale percentuale di pazienti
eleggibili a sorveglianza attiva dopo biopsia a 12 prelievi non lo è più dopo rebiopsia di saturazione
transperineale a 24 prelievi.
Materiali e metodi
Dal luglio 2013 al marzo 2015 40 pazienti con diagnosi di carcinoma prostatico low risk dopo biopsia
standard a 12 prelievi eleggibili a sorveglianza attiva sono stati sottoposti a rebiopsia prostatica di
saturazione transperineale a 24 prelievi entro 3 mesi dalla biopsia iniziale. Criteri per la sorveglianza
attiva presso il nostro Istituto sono: tPSA<10 ng/ml, cT1c, Gleason score ≤3+3, ≤2 core positivi e ≤50%
tumore/frustolo. Outcome dello studio: percentuale dei pazienti non più eleggibili a sorveglianza attiva
dopo biopsia transperineale di saturazione per incremento di Gleason score, numero di frustoli positivi ≥4
e percentuale tumore/frustolo ≥50%. Sono state registrate anche le complicanze post-biopsia di
saturazione. Tutti i pazienti non eleggibili a sorveglianza attiva sono stati sottoposti a prostatectomia
radicale per valutare stadio e grado definitivo di malattia.
Risultati
L’età mediana era 64 anni (IQR 60-71). Il PSA totale era 5.3 ng/ml (IQR 4.4-6.7). Il volume prostatico
era 45 cc (IQR 36-60). Dei 40 pazienti, 13 (33%) non sono risultati più eleggibili a sorveglianza attiva: 4
per progressione di Gleason score, 8 per aumento del numero di core positivi e 1 per aumento della
percentuale tumore/frustolo. Due/40 (5%) pazienti hanno avuto ritenzione urinaria, nessuno febbre. Dei
13 pazienti sottoposti a prostatectomia radicale, quelli con patologia sfavorevole, definita come stadio
>pT2 e Gleason score >6) sono stati 4 (31%).
Discussione
La misclassificazione dei candidati a sorveglianza attiva alla biopsia iniziale standard è un problema
emergente. Varie strategie esistono per mitigare questo fenomeno, come l’uso di nuovi biomarkers
(PCA3, PHI), l’imaging (MRI multiparametrica) e la rebiopsia di conferma. Non vi sono dati in
letteratura sul ruolo della rebiopsia transperineale di saturazione a 24 prelievi di conferma eseguita
precocemente dopo la prima diagnosi. Nella nostra esperienza, tale strumento ha permesso di escludere
dalla sorveglianza il 33% dei candidati. La maggior parte di questi pazienti aveva malattia intracapsulare
con Gleason score ≤6.
Conclusioni
La rebiopsia prostatica di saturazione transperineale a 24 prelievi permette di riclassificare 1/3 dei
pazienti con neoplasia low risk dopo biopsia standard a 12 prelievi eleggibili a sorveglianza attiva, senza
particolari rischi di complicanze.
56
P 57
AREE SOSPETTE PIRADS≤3 ALLA MP-MRI SUGGERISCONO NEOPLASIA PROSTATICA
CANDIDABILE A SORVEGLIANZA ATTIVA
P. Capogrosso, F. Dehò, A. Esposito, A. Coppola, M. Freschi, A. Salonia, F. Decobelli, F. Montorsi
(Milano)
Scopo del lavoro
Analizzare il ruolo delle MP-MRI nell’identificare i pazienti che potrebbero essere candidabili a
sorveglianza attiva (AS) per tumore della prostata (PCa) organo-confinato
Materiali e metodi
Sono stati analizzati dati completi di 74 pazienti presentatisi al nostro istituto per sospetto PCa, sia naïve
per biopsia prostatica che con storia di biopsie negative. Tutti hanno eseguito una MP-MRI 1.5 Tesla con
bobina endorettale. Il protocollo includeva sequenze T2W nei piani assiale, sagittale e coronale, sequenze
DWI e DCE nei piani assiali. Le immagini sono state valutate da due radiologi dedicati utilizzando lo
score PI-RADS, secondo le linee guida ESUR 2012. Una biopsia TRUS-guidata a 12 prelievi è stata
eseguita insieme alla biopsia mirata dell’area sospetta alla MRI (cognitive registration). Tutti i prelievi
sono stati analizzati dallo stesso uro-patologo dedicato. I pazienti sono stati stratificati secondo la loro
potenziale eleggibilità per AS (nel dettaglio, PSA ≤10 ng/ml; cT1c-cT2; Gleason score ≤6; PSA density
≤0.2 ng/ml/mL). Modelli di regressione logistica sono stati utilizzati per analizzare l’associazione tra le
variabili cliniche e la probabilità di avere una biopsia negativa o positiva per PCa candidabile ad AS.
Risultati
Il PSA totale medio era 6.2 (3.3) ng/mL. Globalmente, 69 (90.5%) pazienti erano cT1 alla DRE. Tra tutti,
47 (63.5%) pazienti erano naïve per precedente biopsia e 27 (39.1%) pazienti avevano una storia di
pregressa biopsia negativa. Alla MP-MRI, 23 (30.4%), 31 (42%), 16 (21.7%), 4 (5.8%) pazienti avevano
un’area sospetta con PI-RADS score di 2,3,4 e 5 rispettivamente. Di 74, 27 (37%) pazienti aveva una
biopsia positiva; tra questi, 9 (33.3%) era candidabile ad AS. Il riscontro MRI di PIRADS ≤3 era
significativamente più frequente tra i pazienti che avevano una biopsia negativa o positiva per tumore
candidabile ad AS, rispetto ai pazienti con biopsia positiva per PCa non candidabile ad AS [43 (87.8%) vs
10 (52.6%); x2=9.8, p<0.01]. Inoltre, una percentuale maggiore di pazienti nel terzile superiore per età
(>68 aa) aveva un PCa significativo candidabile a trattamento radicale [11 (47.8%) vs 5 (10.4%);
x2=12.4, p=0.00]. Alla multivariata, l'età [OR: 0.88; p=0.02] e la MP-MRI suggestiva per lesione
PIRADS≤3 [OR: 7.8; p<0.01] sono risultati predittori indipendenti di biopsia negativa o di tumore
suscettibile di AS, indipendentemente dal valore di PSA, dalla DRE e dall’avere una precedente biopsia
negativa.
Discussione
L’identificazione di pazienti con PCa indolente che potrebbero evitare un trattamento radicale risulta
tutt’ora complesso. In questo contesto, il ruolo della MP-MRI nell’identificazione del paziente con
tumore indolente, prima della biopsia prostatica, è attualmente sotto analisi.
Conclusioni
Questi dati mostrano che sino all’87% dei pazienti con alla MP- MRI avevano una biopsia negativa o un
PCa candidabile ad AS. Globalmente, i pazienti più giovani con area sospetta PIRADS≤3 avevano una
maggiore probabilità di non necessitare di trattamento radicale.
57
P 58
MULTIDISCIPLINARY MANAGEMENT OF PROSTATE CANCER PATIENTS: THE
PERSTEP DATA
T. Magnani, R. Labianca, S. Baier, V. Baldazzi, S. Barni, C. Barone, P. Bassi, U. Basso, V. Beatrici, L.
Bellardita, F. Bertolotto, E. Bombardieri, R. Bortolus, S. Bracarda, F. Bunkheila, E. Cagna, L. Cazzaniga,
G. Ceresoli, L. Corti, G. D'Agostino, L. Da Pozzo, M. De Angelis, A. Di Grazia, G. Facchini, F. Ferraù,
E. Fragalà, L. Fratino, G. Frezza, G. Gabrielloni, A. Garbeglio, E. Garibaldi, M. Giordano, C. Graiff, A.
Guttilla, R. Hurle, M. Kaelli, A. Lapini, L. Lastrucci, L. Livi, P. Lukas, G. Mantini, L. Marafioti, G.
Martorana, R. Mattioli, E. Micheli, G. Morgia, G. Muto, P. Muto, M. Orsatti, C. Ortega, S. Palazzo, S.
Perdonà, F. Pinto, V. Prati, G. Procopio, A. Pycha, L. Repetto, E. Sarti, G. Scarzello, R. Schiavina, G.
Schinzari, S. Stagni, V. Valentini, R. Valdagni, I. Vavassori, V. Vavassori, F. Ventura, S. Villa, E. Vitali,
V. Zagonel, T. Zani, F. Zattoni, P. Zucali, P. Gabriele, G. Conti (Milano)
Aim of the study
Besides promoting the cultural and organizational change to multidisciplinarity, PerSTEP project
supported by the Italian Society for Urologic Oncology (SIUrO) and the Board of Medical Oncology
Directors (CIPOMO) wanted to make a picture of the multidisciplinary activities performed by the
participating centers and start a discussion on the efficacy of the interdisciplinary collaboration in the
management of prostate cancer (PC) patients.
Materials and methods
The participating 23 centers were invited to collect and send the data of 3 months’ activity. Nineteen
joined the call and gathered information on: - patients with genito-urinary cancers managed with a
multidisciplinary approach - patients to whom the Multidisciplinary Team changed the stage - patients to
whom the Multidisciplinary Team changed the therapeutic and observational options - patients who had
received partial or incorrect information in previous consultations - patients who required psychological
support
Results
The patients with genito-urinary cancers managed with a multidisciplinary approach were 1420. PC
patients were 920. Fourteen centers reported that the multidisciplinary evaluation was effective in a better
definition of the stage (80 cases, 8.7%). Fifteen centers reported that the multidisciplinary approach led to
changing the therapeutic and observational options that patients had received before (153 cases, 12.5%).
Sixteen centers reported that patients had received partial or incorrect information in previous
consultations (197 cases, 21.4%). Ten centers reported that patients asked for psychological support after
the multidisciplinary evaluation (86 cases, 0.9%).
Discussion
Despite the limitations of this data collection, PerSTEP centers wanted to see if the interaction of
urologists, radiation oncologists and medical oncologists, supported by other specialists such as
pathologists, psychologists and imaging specialists, could prove effective in the management of PC
patients and confirm the theoretical assumption of the advantages of multidisciplinary working.
Conclusions
Further data on the way the centers work are needed to make a more detailed picture and to support these
preliminary interesting results. Further effort will be necessary to promote the cultural and organizational
change towards a multidisciplinary management of PC patients and overcome the barriers towards
multiprofessional team working effective for health professionals and patients. A special thank to
SANOFI for supporting the communication plan of PerSTEP
58
P 59
MRI-GUIDED TRANSURETHRAL ULTRASOUND ABLATION OF PROSTATE CANCER: 12MONTH PRIMARY OUTCOMES OF A PROSPECTIVE PHASE I CLINICAL TRIAL
M. Billia, S. Pahernik, J. Relle, M. Burtnyk, M. Röthke, J. Hafron, H. Schlemmer, J. Chin (Novara)
Aim of the study
MRI-guided transurethral ultrasound ablation (TULSA) is a novel minimally-invasive technology for
treatment of prostate cancer aiming to provide local disease control with low morbidity. The ultrasound
device generates conformal volume of thermal ablation, shaped precisely to the prostate using real-time
MRI thermometry feedback control. Aim of this prospective, multi-national phase I study is to determine
safety and feasibility of MRI-guided TULSA
Materials and methods
Thirty low-intermediate risk prostate cancer patients (pts) were enrolled: cT1c-T2a, N0, M0;
PSA≤10ng/ml; GS≤3+3 (3+4 in Canada only). Under general anesthesia, the ultrasound device (TULSAPRO, Profound Medical Inc) is positioned in the prostatic urethra with MRI guidance. Treatment
planning is performed under MRI visualization with therapeutic intent of conservative whole-gland
ablation, including 3 mm safety margins at periphery and apex. Ultrasound treatment is delivered under
closed-loop continuous MRI thermometry feedback control. Patients recover as outpatients Primary
endpoints are safety and feasibility, with follow-up to 12 months. Clinical monitoring is 5 years,
including serial PSA, TRUS biopsies, IPSS and IIEF
Results
No intraoperative complications were observed. Median (5th–95th percentile) treatment time was 36 (24–
54) min and prostate volume 44 (30–89) cc. Spatial control of ablation was ± 1.3 mm and contrastenhanced MRI confirmed the resulting conformal non-perfused volume. Complications (CTCAE v4)
included hematuria (14 pts G1; 2 pts G2), urinary tract infections (10 pts G2), acute retention (3pts G1; 4
pts G2; 1 pt G3), and epididymitis (1 pt G3) There were no rectal injuries. Median PSA decreased from
5.8 (2.8 – 8.9) ng/ml to 0.8 (0.1 – 3.2) ng/ml at 1 month (n=30) remaining stable to 0.7 (0.2 – 2.8) ng/ml
at 12 months (n=17). MRI and biopsy findings at 12 months show diminutive prostate volumes, with
average 45% fibrosis. Biopsies are positive in 55% of patients, though with average 62% reduction in
total biopsy core cancer length
Discussion
MRI-guidance enables accurate planning, real-time dosimetry and active control of ablation volume
Conclusions
Primary outcomes show that TULSA-PRO is safe and precise for prostate ablation, with well-tolerated
side-effect profile. Phase I data are sufficiently compelling to study TULSA-PRO in a larger efficacy
trial, with reduced safety margins
59
P 60
PROCEDURE CHIRURGICHE DI DIVERSA COMPLESSITA' PER MALATTIA DI LA
PEYRONIE CON DEFORMITA' DA MODERATE A SEVERE: RISULTATI E
SODDISFAZIONE A LUNGO TERMINE IN UN'ANALISI RETROSPETTIVA
MONOCENTRICA DI OLTRE 120 CASI
M. Preto, C. Ceruti, M. Timpano, O. Sedigh, M. Falcone, M. Lasagna, V. Comisso, M. Sibona, A.
Maurizi, B. Frea, L. Rolle (Torino)
Scopo del lavoro
Pazienti (pz) affetti da malattia di La Peyronie (PD) possono giovarsi di un trattamento chirurgico
protesico in caso di Deficit Erettile (DE) non responsiva, grave incurvamento o retrazione. Scopo del
lavoro è confrontare gli outcome dei vari approcci chirurgici su una ampia casistica monocentrica con
follow up a lungo termine.
Materiali e metodi
Sono stati analizzati dati di 127 pz (età media 64.5, SD 11.6) affetti da PD e DE sottoposti a chirurgia dal
2004 al 2013. 54pz (gruppo 1, incurvamento medio 47°) sono stati sottoposti a impianto protesico con o
senza modelling, 57pz (gruppo 2, incurvamento 67°) a chirurgia di placca di raddrizzamento, 16pz
(gruppo 3, incurvamento 37.5°, lunghezza media 8,23cm) a intervento di allungamento con sliding
technique. Valutazione preoperatoria: IPP-Questionnaire,IIEF,SEP. Valutazione postoperatoria: a 3,6 e 12
mesi visita,IIEF,EDITS,SEP2,SEP3 e domande "ad hoc" Statistica: T test, chi-square test(SAP) Protesi
impiantate: AMS 700 in 79 casi, protesi malleabile o AMS Spectra in 28 casi, Virilis in 20 casi.
Risultati
10 pz (7,8%) hanno riportato complicanze Clavien I (ematoma penieno, escara del glande); 1 pz è stato
sottoposto a revisione chirurgica per cedimento apicale a 1 anno. Nessun pz ha dimostrato incurvamento
recidivo. IPP-Q medio è sceso dal valore preoperatorio di 43.5 a 8.3 (p<0.05); IIEF è salito da 37.2 a 48,
57, 62 (a 3, 6, 12 mesi,p<0.05);EDITS è risultato 29, 36, 41 (a 3, 6, 12 mesi, p<0.05). In tabella alcune
variabili divise per i 3 tipi di intervento (analisi univariata) Variabile Unità Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 3
significatività Dolore VAS medio 3,4 4,5 4,5 ns post op. Ematom % 10 33 19 s Lunghezza cm 11,2 11,6
11,5 ns pene EDITS Punteggio 41 40 48 s medio SEP 2 % risposte 95 89 94 ns positive SEP3 " 74 76 94
ns Giudica 88 93 94 s soddisfacente la lunghezza? La qualità di 76 78 94 s vita in generale è migliorata?
Rifarebbe 73 64 94 s l'intervento? Miglioramento 25 23 35 s a 12 mesi Differenza media Miglioramento 34 -37 -32 ns IPP-Q
Discussione
1)La chirurgia protesica per PD è sicura ed efficace 2)I punteggi ai questionari migliorano nei mesi dopo
l’intervento: una corretta valutazione va fatta non prima di 12 mesi 3)Gli interventi più complessi,
riservati a pz con situazioni di grave incurvamento e retrazione,si dimostrano sicuri, efficaci e con grado
di soddisfazione addirittura maggiore degli interventi più semplici
Conclusioni
I diversi approcci chirurgici proposti per la PD si sono dimostrati sicuri ed efficaci nel trattare questa
condizione patologica con migliori risultati in termini di soddisfazione per i pazienti con quadri clinici di
partenza maggiormente complessi sostenuti dalla PD.
60
P 61
CARBOXYTHERAPY: NEW CONSERVATIVE APPROACH IN PEYRONIE'S DISEASE
F. Muzi, G. Delicato, D. D'Andria, G. Baffigo, A. Perla, S. Signore, F. Corvese, E. Tartaglia, G.
Montagna, G. Tati (Roma)
Aim of the study
Peyronie’s disease (PD) is an acquired disorder of tunica albuginea characterized by penis plaques of
fibrous tissue. Inflammatory cells produce oxygen radicals (ROS) initiating a chain of biochemical events
leading to fibroblast proliferation and collagen apposition.The principal protein involved is NF-kB.
Clinical studies have indicated that altered CO2 levels can impact upon inflammation progression. The
objective of the study is an initial practical demonstration that CO2 could realize sensibile reduction of
oxydative phenomena of ROS in PD with a consequent sensibile clinical improvement of symptoms.
Materials and methods
We have tried carboxytherapy, by using sovrapubic subcutaneous injections of sterile CO2 gas in 20
patients aged from 40 to 65, affected by PD. After the cycle of treatment of 10 weekly applications.
Results
We have observed in all patients a subjective reduction of penile deviation, an improvement of quality of
erections and a sensible reduction of plaque dimension, documented by ultrasound controls and IIEF
questionary before and after the end of cycle. Carboxytherapy has no side effects and its management is
very easy and well tolerated also with stability of results after 3 month follow up.
Discussion
Peyronie’s disease (PD) is an acquired disorder of tunica albuginea characterized by the formation of
plaques of fibrous tissue often associated to symptoms like erectile dysfunction (ED) and coital pain. The
inflammatory process is unknown, even if it is known that Activated inflammatory cells produce many
radicals of Oxygen (ROS), leading to fibroblast proliferation and collagen synthesis. Endothelian
dysfunction is responsible of inflammatory chain reaction in which an inflammatory protein, NF-kB
seems involved in ROS synthesis. Conservative treatments (laser, ultrasound, iono/iontophoresis) seem to
have poor therapeutic effects in PD. Clinical studies have indicated that altered CO2 levels can impact
upon disease progression. CO2 levels can be sensed by cells resulting in the initiation of pathophysiologic
responses with a sensibile reduction of oxydative phenomena (Bohr/Haldane). We should consider co2 as
a powerful antioxidant against endothelian dysfunction and oxydative stress. NF-kB is a target of CO2
antioxidant power.
Conclusions
Preliminary qualitative results could encourage an extended use of carboxytherapy in PD treatment may
be associated to other conservative methods
61
P 62
PUò LA TECAR (TRATTAMENTO ENERGETICO CAPACITIVO RESISTIVO) TERAPIA
AVERE UN EFFETTO TERAPEUTICO SULLA MALATTIA DI LA PEYRONIE? STUDIO DI
FASE 2, RANDOMIZZATO, IN SINGOLO CIECO, CON GRUPPO DI CONTROLLO SHAM SU
96 PAZIENTI: RAPIDA RIDUZIONE DEL DOLORE.
C. Pavone, N. Dispensa, G. Caruana, E. Napoli, F. D'Amato, S. Romeo (palermo)
Scopo del lavoro
Abbiamo avviato uno studio di fase 2 randomizzato in singolo cieco con gruppo di controllo sham per
valutare gli effetti terapeutici della TECAR terapia sulla malattia di La Peyronie (IPP).
Materiali e metodi
96 pazienti randomizzati in un rapporto 2:1 sono stati suddivisi in 2 gruppi (trattamento vs sham) e
sottoposti a 3 sedute di TECAR terapia in 3 giorni consecutivi. Prima del primo trattamento (V1) e ad 1
(FU1), 3 (FU3) e 9 (FU9) mesi dal termine del trattamento abbiamo valutato il dolore (spontaneo o in
erezione) tramite VAS (visual analogue scale), il grado di curvatura peniena misurando l’angolo di
curvatura peniena con un goniometro utilizzando l’autofotografia peniena e la capacità erettile (IIEF-5)
dei componenti di entrambi i gruppi.
Risultati
L’analisi statistica è stata effettuata con il test T-student. Una significatività statistica è stata assunta a un
p ≤ 0,05. Tutti i dati sono stati analizzati con software statistico SocialScienceStatistics. In nessun
soggetto di entrambi i gruppi si è ottenuta una riduzione della curvatura peniena statisticamente
significativa. Già al termine della sessione di trattamento, confermata poi a FU1, si è riscontrata una
riduzione di almeno 2 punti VAS (p < 0.01) del dolore in 37 (58 %) dei pazienti del gruppo trattato. Nel
gruppo sham, al contrario, la riduzione del dolore non ha mostrato alcuna validità scientifica (p 0.23). Nel
gruppo trattato rispetto al gruppo sham, abbiamo ottenuto un miglioramento del punteggio IIEF-5, seppur
non statisticamente significativo (p 0.06). I dati ottenuti a FU1, sono sovrapponibili a quelli ottenuti a
FU3 e a FU9, in entrambi i gruppi. La compliance è stata elevata: tutti i pazienti hanno portato a termine
il trattamento. Nessun paziente ha riportato eventi avversi.
Discussione
Scopo primario del nostro studio era quello di trovare una terapia efficace e scevra da effetti avversi per
l’IPP. La TECAR, metodica di facile esecuzione e ben tollerata dai pazienti, ha dato eccellenti risultati
per il trattamento di patologie fibrotiche del tessuto connettivo. Abbiamo utilizzato lo stesso protocollo
terapeutico utilizzato per la cura della malattia di Dupuytren. Dopo uno studio di fase 1 condotto al fine di
valutare la sicurezza e la tollerabilità del trattamento, abbiamo avviato uno studio di fase 2 randomizzato
a singolo cieco con gruppo sham per la valutazione dell’efficacia del trattamento. I risultati ottenuti hanno
evidenziato un’efficacia solamente nella riduzione del dolore. Questo potrebbe essere l’inizio di una
nuovo protocollo randomizzato TECAR vs antinfiammatorio relativamente alla riduzione del dolore.
Conclusioni
Questo è il primo studio randomizzato singolo cieco, con gruppo sham, che dimostra l'efficacia della
TECAR nel ridurre rapidamente il dolore nell’IPP. La facilità di esecuzione e la tollerabilità del
trattamento lo rendono un’attraente nuova opzione terapeutica per i pazienti affetti da IPP.
62
P 63
TRATTAMENTO DELL’IPP MEDIANTE AC. JALURONICO: DATI PRELIMINARI DI UNO
STUDIO MULTICENTRICO
L. LEPRI (PERUGIA)
Scopo del lavoro
Presentiamo il primo studio multicentrico prospettico non-randomizzato (studio pilota) riguardo l’utilizzo
dell’acido jaluronico nel trattamento della Malattia di La Peyronie. Come end-point primari sono stati
valutati la riduzione delle dimensioni della placca di fibrosi, del recurvatum e del quadro sintomatologico
complessivo.
Materiali e metodi
Da dicembre 2012 a Marzo 2014 abbiamo sottoposto 30 pazienti affetti da Malattia di La Peyronie ad
infiltrazioni intra-lesionali di ac. jaluronico (Sinovial® 0.8 % 16 mg/2ml - IBSA). Tutti i pazienti
presentavano sintomatologia dolorosa durante le erezioni ed almeno una placca era palpabile all’esame
obiettivo. Una lieve disfunzione erettile era presente in 10 pazienti (33% con IIEF score < 21). La
valutazione delle placche di fibrosi veniva effettuata mediante ecografia peniena in condizioni di
flaccidità e dopo farmaco-erezione. La condizione soggettiva del paziente veniva infine valutata mediante
VAS scale e questionario PGI-I
Risultati
Ad un follow-up medio di 12 mesi le dimensioni della placca risultavano significativamente ridotte nel
67% dei casi (p<0.001) e la curvatura era migliorata nel 55%. Solo in 3 casi c’è stata una progressione
della curvatura. I risultati dell’IIEF e della VAS scale sono migliorati significativamente dopo il
trattamento (p=0.001; p<0.0001). Il 76% dei pazienti ha comunque riportato un evidente miglioramento
soggettivo al questionario PGI-I.
Discussione
Il ruolo dei differenti presidi farmacologici nella Malattia di La Peyronie deve ancora essere determinato
Conclusioni
Questo studio dimostra come l’ac. jaluronico rappresenti oggi una valida alternativa nel trattamento
farmacologico iniettivo per il trattamento della Malattia di La Peyronie.
63
P 64
RISULTATI ESTETICI E FUNZIONALI E SODDISFAZIONE DEL PAZIENTE DOPO
CORPOROPLASTICA CON INCISIONE DI PLACCA ED INNESTO DI PERICARDIO
BOVINO
A. Benelli, M. Ennas, A. De Rose, T. Diemer, W. Weidner, G. Carmignani, A. Simonato (Genova)
Scopo del lavoro
Lo scopo del lavoro è determinare la soddisfazione a lungo termine di pazienti con malattia di La
Peyronie sottoposti a corporoplastica con incisione di placca secondo Egydio ed innesto di pericardio
bovino e studiare i fattori che ne influenzano i risultati
Materiali e metodi
Abbiamo selezionato 107 pazienti sottoposti fra il 2010 e il 2014 a corporoplastica. E’ stata eseguita una
valutazione preoperatoria standard dopo iniezione intracavernosa di 10 ug di Prostaglandina E1 con
studio oggettivo di: incurvamento, lunghezza del pene e sistema vascolare. L’intervento è stato proposto
ai pazienti con malattia stabile da almeno 6 mesi. Per valutare la soddisfazione è stato inviato a tutti un
questionario con nove domande su aspetti cosmetici e funzionali più una versione dell’indice
internazionale della funzione erettile (IIEF5). Abbiamo studiato con analisi multivariata l’influenza di
alcuni fattori sulla soddisfazione: età, severità della curvatura, utilizzo postoperatorio di un vacuum
device, terapia postoperatoria giornaliera con inibitori della fosfodiesterasi 5 (PDE5), IIEF5
postoperatorio, accorciamento del pene
Risultati
L’età media della popolazione è di 57.8 ± 8.4 anni. 85 pazienti (79%) presentavano una curvatura severa
(>60°) con singola deviazione dorsale. La curvatura media era 72.8°. In tutti i pazienti è stata
documentata intraoperatoriamente una risoluzione della curvatura con un angolo residuo <10°. Un totale
di 79 pazienti ha risposto al questionario ad un follow-up medio di 35 mesi. 59 pazienti (75%) sono
risultati soddisfatti. 23 pazienti hanno usato il vacuum e 35 il vacuum in combinazione con inibitori di
PDE5 con percentuali di soddisfazione del 65.2 e 80%. L’accorciamento penieno medio dopo chirurgia è
risultato 1.2 cm. Dopo analisi statistica abbiamo identificato come fattori predittivi positivi per la
soddisfazione l’uso postoperatorio di inibitori di PDE5 (p=0.044) e un elevato punteggio all’IIEF5
(p=0.005)
Discussione
La soddisfazione del paziente rimane l’obbiettivo principale del chirurgo dopo il trattamento di un difetto
estetico e funzionale che può fortemente influenzare la qualità di vita. L’uso di inibitori di PDE5 sembra
avere effetto positivo sulla soddisfazione; così come un elevato risultato all’IIEF5; l’accorciamento del
pene sembra essere invece ininfluente. I dati dimostrano che l’estetica non è un obbiettivo fondamentale
per i pazienti a condizione che l’aspetto funzionale venga mantenuto. Questo risultato è ragionevole se
consideriamo che ciò che maggiormente porta i pazienti alla nostra attenzione è la difficoltà nei rapporti
sessuali; la restituzione di una normale attività sessuale rimane l’aspettativa principale
Conclusioni
I nostri risultati dimostrano che l’incisione della placca secondo Egydio con innesto di pericardio bovino
ha buoni risultati funzionali ed estetici. Fondamentale per la soddisfazione postoperatoria è il
mantenimento della funzione erettile. L’accorciamento del pene sorprendentemente non sembra
influenzare la soddisfazione
64
P 65
SINGLE-CENTER EXPERIENCE WITH 27 CASES OF CONGENITAL CURVATURE
TREATED WITH MODIFIED TUNICA ALBUGINEA PLICATION (M-TAP) PROCEDURE : A
MID-TERM FOLLOW-UP.
M. Capece, G. Romeo, A. Ruffo, A. Russo, G. Celentano, F. Iacono (Napoli)
Aim of the study
Tunica albuginea plication (TAP) procedure is a surgical technique usually performed for patients
affected by Peyronie’s Disease. The aim of the study is to evaluate the outcome of the mid-term followup in patients affected by congenital curvature who underwent corporoplasty-straightening with modified
tunica albuginea plication (M-TAP) procedure.
Materials and methods
Between 2012 and 2013 , a total of 27 patients affected by congenital curvature underwent corporoplastystraightening surgery using M-TAP described by Levine. Differences of techniques were performed
depending on the type of curvature. We followed up the patients on all the correction of the curvature for
at least 2 years. The outcome we evaluated were : sexual function, penile shortening, penile sensation,
post-operative complications and long-term complications.
Results
Twenty-six out of 27 patients have 24 months follow-up. One patient dropped out of the study. Complete
correction of the curvature was obtained in 100% of the cases. All patients had a penile shortening ( from
0.5 to 1.3 cm), but all patients had good erectile function (IIEF-5 > 21 after 6 months and IIEF-5>23 after
2 years). Only one patient who had ventral curvature reported loss of glans sensitivity till 1 year after the
operation, but slowly recovered thereafter. 26 out of 27 patients had sexual intercourse during 2 years
follow-up gaining a good result.
Discussion
Corporoplasty using M-TAP to correct congenital curvature is a feasible and safe procedure whose good
results are maintained after 2 years follow-up. It is a procedure that can be applied to any type of
curvature, since previously is described to correct penile deformities due to Peyronie’s disease.
Conclusions
The M-TAP procedure appears to satisfy the goals of penile straightening for men with mild-to-moderate
deformity with minimal risk of surgically induced ED. In many center it's already the procedure of choice
for correction of Peyronie's Disease, but it definitely can be used also in congenital curvature deformities.
65
P 66
URETROPLASTICA “URETHRA-SPARING” NELLE STENOSI BULBARI STRETTE
TRAMITE AMPLIAMENTO SU DUE LATI CON INNESTO DORSALE DI CUTE
PREPUZIALE PIù INNESTO VENTRALE DI MUCOSA BUCCALE.
E. Palminteri , E. Berdondini , M. Florio , G. Cucchiarale , G. Milan , F. Valentino , G. Di Pierro , G.
Franco (Arezzo-Torino)
Scopo del lavoro
Riportiamo la nostra esperienza iniziale nel trattamento delle stenosi bulbari particolarmente strette
tramite ricostruzione “urethra-sparing” con ampliamento bilaterale del lume uretrale mediante innesto
dorsale di cute prepuziale (CP) più innesto ventrale di mucosa buccale (MB)
Materiali e metodi
Tra il 2006 ed il 2012, 26 pz affetti da stenosi bulbari strette (ampiezza del piatto uretrale residuo <3 mm)
sono stati sottoposti ad uretroplastica. Tramite un’uretrotomia ventrale, la ricostruzione uretrale su
entrambi i lati è stata effettuata evitando la sezione trasversale a tutto spessore dell'uretra ed ampliando il
piatto uretrale risparmiato con un innesto dorsale di CP più un innesto ventrale di MB. L'obiettivo
primario è stato il risultato urinario oggettivo, definito come assenza di recidiva della stenosi, senza
necessità di procedure postoperatorie, incluso le dilatazioni. La funzionilità sessuale postoperatori è stata
valutata tramite un questionario validato
Risultati
Il follow-up medio è stato 30.1 mesi (range: 12-79). La lunghezza media della stenosi è stata di 3.3 cm
(range: 1.5-6). La lunghezza media dell'innesto dorsale di CP e di quello ventrale di MB è risultata
rispettivamente 3.2 cm (range: 2-7) e 4.9 cm (range: 4-6). Su 26 casi, 23 (88.5%) sono stati i successi e 3
(11.5%) i fallimenti. Su 12 pz sessualmente attivi pre-operatoriamente, nessuno ha riportato
curvatura/accorciamento penieno, disfunzioni o insoddisfazione riguardo l'erezione dopo l’intervento;
l'attività sessuale è rimasta inalterata dopo la chirurgia
Discussione
Tradizionalmente, le stenosi dell’uretra bulbare brevi e/o obliteranti sono trattate tramite escissione della
stessa ed anastomosi termino-terminale, mentre quelle più lunghe e/o non-obliteranti sono trattate tramite
uretroplastica con l’ausilio di patch preferibilmente di MB. Tuttavia, poiché la tecnica anastomotica è in
grado di compromettere la funzione sessuale a causa della sezione e/o accorciamento uretrale, sono state
proposte nuove tecniche. Con questo proposito, abbiamo recentemente descritto una tecnica uretrasparing con l’impiego di un innesto di MB su entrambi i lati senza sezionare ed accorciare l'uretra al fine
di ottenere un adeguato ampliamento uretrale ed evitare complicazioni sessuali. Tuttavia, l'innesto di MB
prelevato può non essere sufficiente, costringendo così a prelevare un secondo innesto dalla guancia
controlaterale. Nel tentativo di ottenere un adeguato aumento uretrale senza il disagio di un prelievo
bilaterale, in questi casi abbiamo preferito utilizzare un innesto di MB ventrale e uno di CP dorsale
dimostrando come la tecnica sia efficace e senza effetti negativi sulla funzionalità sessuale
Conclusioni
Nelle stenosi bulbari strette l'uretroplastica di ampliamento bilaterale con innesto dorsale di CP più
innesto ventrale di MB fornisce un efficace ricostruzione semi-circonferenziale preservando il piatto
uretrale e senza impatto sulla funzione sessuale
66
P 67
ONCOLOGICAL OUTCOMES OF SALVAGE HIGH INTENSITY FOCUSED ULTRASOUND
OF RADIO-RECURRENT PROSTATE CANCER: RESULTS OF A PROSPECTIVE PHASE II
CLINICAL TRIAL
M. Billia, MD, K. Siddiqui, C. Goodman, J. Izawa, A. Al-Zharani, J. Chin (London Ontario, Canada)
Aim of the study
Salvage high intensity focused ultrasound (s-HIFU) is a potentially curative minimally invasive treatment
via ablation of radio-recurrent prostate cancer (rr-PCA). The aim of this phase II clinical trial was to
prospectively assess effectiveness, morbidity and oncological outcomes of s-HIFU on rr-PCa patients at a
tertiary referral center
Materials and methods
Men aged 40-85 with biopsy-proven non-metastatic rr-PCa underwent s-HIFU with Sonablate-500 system
and underwent 12-core TRUS biopsy(Bx) at 6 months. Demographics, histology, complications, PSAs,
IPSS, IIEF-5 and SF-36 scores were recorded. Treatment failure was identified by Bx positive for PCa
and/or biochemical failure, as per Phoenix criterion (PSA nadir+2ng/mL). Primary endpoint was
persistence of disease at 6 months Bx. Secondary endpoints included QoL, biochemical recurrence-free
(BRFS), metastasis-free (MFS), overall (OS) survivals and progression to ADT. Survival analysis was
carried out according to Kaplan-Meier. T-student and χ2 tests were used for continuous and grouped data,
respectively (SPSSv.17, p<0.05)
Results
Results: Seventy-eight men underwent 82 procedures with a median operative time of 135 min. Median
age, ASA score and age-adjusted Charlson comorbity index were 69 yr, 3 and 5, respectively. Prior to
HIFU, 17 men (21.7%) received ADT. At 6 months, of 71 men who underwent Bx, 24 (33.8%) had
residual disease. With a mean follow-up of 47.8 months, 48.7% of patients did not require additional
therapies, whereas 41 men (52.8%) have failed s-HIFU either due to residual disease at histology (24)
and/or to biochemical failure (17). ADT following s-HIFU was initiated in 21 patients (26.9%) at a
median of 11 months. Twenty-nine patients (37.2%) have been followed for >5 yr. Overall, 5 patients
(6.4%) died during follow-up from PCa (1) or other causes (4), and 4 (5.1%) are alive with bone
metastases. BRFS, MFS and OS at 5yr were 65.5%, 93% and 96.5% respectively. IPSS score
significantly increased (7.3vs11.7, p<0.001) while IIEF-5 score decreased (8.6vs5.4, p<0.001) at 6
months. No significant changes of SF-36 scores were observed (102.5vs101.6, p=0.53). There were 3
Clavien IIIb (recto-urethral fistulas, 3.8%) and 1 Clavien IVa (bladder rupture requiring laparotomy,
1.3%) events.
Discussion
The treatment of locally rr-PCa can still offer a chance of cure albeit at the increased cost of
complications, especially when salvage radical prostatectomy is concerned. Minimally-invasive energybased ablation modalities provide lower morbidity profile over surgery.
Conclusions
S-HIFU is a viable treatment option for rr-PCa even for men who are aged and with comorbidities,
providing relatively good local disease control.
67
P 68
LONG-TERM MORBIDITY AND ONCOLOGICAL OUTCOMES OF SALVAGE
CRYOTHERAPY OF RADIO-RECURRENT PROSTATE CANCER
M. Billia, MD, K. Siddiqui, C. Goodman, A. Williams, J. Chin (London Ontario, Canada)
Aim of the study
Locally radio-recurrent prostate cancer (rr-PCa) can offer a chance of cure albeit with potential
morbidities. Current salvage treatment options include radical surgery and minimally-invasive ablative
modalities such as HIFU and cryosurgery (s-cryo). Current data suggests that s-cryo can achieve diseasefree survival (DFS) rates up to 60% at 5yr. However, the majority of data is based on retrospective
analysis with midterm follow-up and there is still paucity of data on long-term outcomes. The aim of this
study was to analyze morbidity and oncological outcomes, with median follow-up 10 years, of s-cryo on
rr-PCa patients at an academic center
Materials and methods
From January 1995 to December 2004 a prospective phase II clinical rial on s-cryo was conducted. A
total of 187 patients with localized biopsy proven rr-PCa underwent s-cryo at our center. Two freeze-thaw
cycles of transperineal cryo were performed under TRUS guidance by a single surgeon. Patients’
preoperative, perioperative, and postoperative features were reviewed from a prospectively maintained
database. Complications were graded according to the Common Terminology Criteria for Adverse Events
(CTCAE) system v2.0. Recurrence was defined using the Phoenix definition (nadir + 2ng/ml) as well as
any radiologic, histologic, or clinical evidence of recurrent PCa. DFS was defined as the time period from
s-cryo to date of recurrence. Primary outcome was survival. Secondary outcomes included morbidity and
DFS. Statistical analysis was carried out using Kaplan-Meier method for survival and t-student and χ2
tests for continuous and grouped data, respectively (SPSSv.17, p<0.05).
Results
Of 187 patients, 176 (94%) had records available for follow-up. Mean age was 69.6±5.9 yr and mean presalvage PSA was 6.6±5.7 ng/ml. Mean follow-up was 123±55 mo. Fifty-three and 11 patients were
followed >10 and >15 yr respectively. Overall, 39 patients (20.9%) died during follow-up either due to
PCa (9) or other causes (30). DFS at 10 yr was 39%. Four patients (2.1%) developed recto-urethral fistula
(successfully repaired), and 13 patients (7%) had bladder neck contracture requiring urethrotomy. Acute
urinary retention requiring Foley catheter was observed in 40 cases (21.4%) and severe gross hematuria
requiring bladder washout was recorded in 21 (11.2%).
Discussion
Currently available evidence on s-cryo are mainly extrapolated from retrospective studies with a short
follow-up. There is still paucity o data on long-term outcomes assessed in a prospective manner.
Conclusions
S-cryo is a viable minimally invasive treatment option for rr-PCa. Reasonable long-term DFS with
acceptable morbidity can be achieved in a significant portion of patients with rr-PCa.
68
P 69
CRIOABLAZIONE FOCALE NEL TUMORE PROSTATICO LOCALIZZATO DOPO
FALLIMENTO RADIOTERAPICO PRIMARIO: STUDIO PILOTA.
P. Juarez, P. Castellan, F. Pisano, J. Palou, S. Esquena, A. Breda (Barcelona, Spain)
Scopo del lavoro
la scelta del trattamento nel tumore di prostata dopo fallimento della radioterapia rappresenta ancora una
sfida. In questo studio pilota prospettico abbiamo analizzato il possibile ruolo della crioablazione focale
nel trattamento delle recidive localizzate e limitate ad un solo lobo.
Materiali e metodi
Tra Gennaio 2012 e Giugno 2014, sono stati sottoposti a emi-crioablazione focale 14 pazienti con età >65
anni ed affetti da tumore prostatico monolaterale localizzato. Sono stati inclusi pazienti con risonanza
magnetica (MR) positiva monolaterale seguita da biopsia prostatica concorde, o MR negativa ma biopsia
positiva monolaterale (minimo 12 prelievi). Abbiamo inoltre considerato come criteri di inclusione la
presenza di un PSA<10ng/ml e l’assenza di estensione extraprostatica e/o metastasi. I pazienti sono stati
seguiti con un PSA ogni 3 mesi e una biopsia prostatica di protocollo a 6 mesi. I risultati oncologici e
funzionali sono stati analizzati.
Risultati
sono stati sottoposti a emi-crioablazione 14 pazienti con età media di 71 anni e PSA medio, al momento
della recidiva, di 5,2 ng/ml. 8 pazienti (57%) presentavano concordanza tra MR e biopsia mentre i restanti
6 avevano MR negativa ma biopsia positiva monolaterale. Non è stato posibile calcolare il Gleason Score
(GL) in 10/14 dei casi a causa degli artefatti da radiazioni, sebbene il 90% dei pazienti avesse un GL <8
prima della radioterapia. Un paziente presentava un singolo prelievo GL 6 e tre pazienti avevano una
ricorrenza monolaterale GL 7. Il follow-up medio è stato di 15 mesi con un PSA medio di 1,0 ng/ml e
nessuna ricorrenza biochimica ad oggi (secondo il criterio Phoenix). Nella biopsia di protocollo, un
paziente (7%) mostrava minima persistenza della malattia nello medesimo lobo trattato, con un PSA
stabile. E’ stata registrata assenza di complicanze intraoperatorie; sono state riportate due complicazioni
post-operatorie. 13 pazienti su 14 (93%) erano continenti dopo rimozione del catetere vescicale e 4/14
(28,5%) rimanevano potenti.
Discussione
il ruolo della emiablazione focale dopo fallimento radioterapico è ancora da definire. I dati in nostro
possesso evidenzano come la crioterapia possa considerarsi una procedura sicura che consente di ottenere
buoni risultati oncologici. La crioterapia inoltre può essere eseguita in regime di day surgery riducendo
quindi i costi relativi ad un eventuale ricovero.
Conclusioni
La crioterapia focale, nel contesto del trattamento di salvataggio del tumore prostatico, sembra essere
sicura in pazienti selezionati. I risultati oncologici sono incoraggianti ma necessitano di ulteriori indagini.
69
P 70
LINFOADENECTOMIA DI SALVATAGGIO PER RECIDIVA LINFONODALE DA TUMORE
PROSTATICO: QUALI PAZIENTI BENEFICIANO DI QUESTO APPROCCIO?
N. Suardi, G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, V. Cucchiara, P. Dell'Oglio, S. Luzzago, A. Gallina,
M. Picchio, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
La linfoadenectomia pelvica e retroperitoneale di salvataggio (sLND) potrebbe ritardare la recidiva
clinica e l'uso di terapie sistemiche in pazienti con progressione biochimica (BCR) e recidiva linfonodale
di tumore prostatico (PCa). L’obiettivo dello studio è individuare i candidati ottimali per questa modalità
di trattamento
Materiali e metodi
Tra il 2002 e il 2014, 119 pazienti sono stati sottoposti ad intervento chirurgico di linfoadenectomia di
salvataggio (sLND) per recidiva biochimica (BCR) dopo prostatectomia radicale. Tutti hanno eseguito
una PET/TC con colina con captazione del tracciante nei linfonodi pelvici e/o retroperitoneali. La risposta
biochimica (BR) al trattamento è stata definita con un PSA minore di 0,2 ng/ml dopo 40 giorni
dall’intervento. Per definire la recidiva clinica (CR) sono stati utilizzati gli esiti delle scintigrafie ossee
e/o PET/TC con colina effettuate dopo sLND. L’analisi di Kaplan-Meier ha valutato il tempo alla BCR e
alla CR dopo sLND. L’analisi di regressione multivariata ha identificato i pazienti a maggior rischio di
sviluppare una CR entro 2 anni dalla sLND
Risultati
Il follow-up dopo sLND è di 48,0 mesi. 37 pazienti (43%) hanno raggiunto una BR. Il tasso di
sopravvivenza senza BCR nei pazienti che hanno raggiunto una BR è del 48,8%. I tassi di sopravvivenza
cancro-specifica e di sopravvivenza senza CR a 5 anni sono rispettivamente dell’86,8 e del 28,6%. I tassi
di sopravvivenza senza CR a 5 anni dopo sLND sono del 50,2% nei pazienti con BR rispetto al 13,1% nei
pazienti in cui non è stata raggiunta una risposta biochimica (p <0.001). La recidiva clinica è stata rinviata
per 2 o più anni nel 53,2% dei pazienti. I pazienti che hanno sviluppato una CR entro 2 anni
dall’intervento hanno mostrato bassi tassi di sopravvivenza cancro specifica (CSM) a 5 anni rispetto a
coloro i quali non l’hanno sviluppata (70.8 vs 94.0%, rispettivamente; p = 0.03). L’analisi multivariata ha
evidenziato che un PSA maggiore di 4 ng/ml (OR: 3.65; p = 0.04) e la radioterapia dopo prostatectomia
radicale (OR: 6.69; p = 0.01) sono associati ad un rischio più elevato di recidiva clinica precoce. Tali
risultati sono stati ottenuti tenendo conto del sito di positività alla PET/TAC, del tempo di BCR dopo RP
e dello stadio linfonodale (pN) dopo la prostatectomia radicale
Discussione
Abbiamo studiato la più grande coorte di pazienti sottoposti a sLND per recidiva linfonodale di PCa, con
l’obiettivo di identificare i candidati ottimali per questa modalità di trattamento
Conclusioni
Una percentuale significativa di pazienti sottoposti ad intervento di salvataggio mostra una risposta
biochimica (BR) completa e circa la metà di loro non svilupperà una recidiva biochimica a 5 anni di
follow-up. La recidiva clinica è ritardata di 2 o più anni in circa il 50% dei pazienti. I pazienti con PSA
maggiore di 4 ng/ml, sottoposti a radioterapia adiuvante non traggono benefici da tale trattamento. Questi
individui potrebbero essere candidati ad altri approcci terapeutici sistemici
70
P 71
SOPRAVVIVENZA A LUNGO TERMINE DEI PAZIENTI TRATTATI CON
PROSTATECTOMIA RADICALE PER TUMORE DELLA PROSTATA CON METASTASI
LINFONODALI: UN’ANALISI DI SOPRAVVIVENZA CONDIZIONATA MULTIISTITUZIONALE
R. Koussa, M. Moschini, G. Gandaglia, N. Fossati, M. Bianchi, V. Cucchiara, P. Dell'Oglio, A. Gallina,
C. Cozzarini, N. Di Muzio, R. Karnes, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
Il tumore prostatico con metastasi linfonodali è sempre stato considerato una malattia sistemica. Tuttavia,
abbiamo ipotizzato che non tutti i pazienti abbiano una pessima prognosi a lungo termine. Per testare
questa ipotesi abbiamo analizzato la più grande serie di pazienti con linfonodi positivi con un lungo
follow-up
Materiali e metodi
Abbiamo valutato 1,947 pazienti con metastasi linfonodali trattati con prostatectomia radicale e
linfadenectomia estesa operati in due centri tra il 1986 e il 2013. Solo i pazienti operati prima del 1996
sono stati inclusi (n=597). Inizialmente abbiamo stimato il tempo alla recidiva biochimica, il tempo
all`insorgenza delle metastasi e il tempo alla morte per tumore della prostata con il sistema Kaplan Meier.
Successivamente, con la regressione di Cox abbiamo valutato il rischio di incorrere in recidive
biochimiche, metastasi e morte per tumore della prostata, quindi abbiamo svolto un’analisi di
sopravvivenza condizionale
Risultati
Il tempo mediano di follow up e` di 170 mesi. Il numero medio di linfonodi rimossi e positivi sono 15 e 2,
rispettivamente. A 10, 15 e 20 anni, i tassi di pazienti liberi da recidive biochimica, metastasi e di
mortalità da tumore della prostata sono 43.4, 37.9, e 33.2, 78.1, 69.4 e 63.9% e 84.0, 74.8 e 69.9%,
rispettivamente. All`analisi multivariata, il numero dei linfonodi positivi (Hazard Ratio [HR]: 1.3),
Gleason score 8-10 (HR 1.5), e radioterapia adiuvante (HR 0.7) sono predittori significativi di recidiva
biochimica (tutte p≤0.04). Il numero dei linfonodi positivi (HR 1.6), il tempo alla recidive biochimica
(HR 0.99) e la radioterapia adiuvante (HR:0.7) sono associati significativamente al rischio di sviluppare
metastasi (tutte p≤ 0.04). All`analisi multivariate predicendo la morte per tumore della prostata, i margini
positivi, il Gleason score 8-10, il tempo alla metastasi e la radioterapia adiuvante sono dei predittori
significativi (tutte p≤0.02). Tra gli uomini che sono sopravvissuti senza recidive biochimica per ≥5, ≥10,
e ≥15 anni dopo prostatectomia radicale, la possibilità di sopravvivere per altri 5 anni senza recidive
biochimica era di 75.8, 87.2 e 89.1%. I pazienti senza recidive biochimica di malattia, a 10, 15 e 20 anni il
tasso di recidive sono stati 54.8, 49.6 e 45.1%. tra i pazienti che non hanno sviluppato metastasi entro ≥5,
≥10 e ≥15 anni dopo recidiva biochimica, la probabilità di sopravvivere altri 5 anni senza metastasi erano
81.4, 90.4 e 91.7%. Nei pazienti con metastasi, a 5, 10 e 15 anni i tassi di mortalità cancro specifica erano
del 24.3, 13.0 e 10.8%. Tra i pazienti che sono sopravvissuti per ≥5 e ≥10 anni dopo metastasi, la
possibilità di sopravvivere per altri 5 anni era di 53.4 e 83.3%.
Discussione
Anche i pazienti con metastasi linfonodali per tumore della prostata possono avere una sopravvivenza a
lungo termine
Conclusioni
I pattern di recidiva e morte sono legati al tempo intercorso dopo la prostatectomia senza incorrere in
recidive
71
P 72
IL VALORE DEL PRIMO PSA POST-OPERATORIO DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE
è UNO DEI PRINCIPALI INDICATORI DI PROGRESSIONE E SOPRAVVIVENZA NEI
PAZIENTI CON METASTASI LINFONODALI.
A. Nini, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, M. Bianchi, P. Dell'oglio, S. Luzzago, V. Scattoni, C.
Doglioni, M. Freschi, R. Lucianò, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
E' stato dimostrato che l’outcome dei pazienti con invasione linfonodale (LNI) dopo prostatectomia
radicale (RP) per tumore della prostata (PCa) non è sempre infausto. Il numero dei linfonodi positivi è un
indicatore predittivo di sopravvivenza. Tuttavia, altri elementi possono influenzare l’outcome.Una
completa risposta biochimica(BR)subito dopo chirurgia, potrebbe dar conto del controllo sulla malattia.
L’obiettivo di questo studio è valutare il significato prognostico del primo PSA post-operatorio in pazienti
con LNI alla RP
Materiali e metodi
Abbiamo identificato 1,004 pazienti con LNI trattati con RP e linfoadenectomia pelvica estesa
(ePLND)per PCa in un singolo centro (1991-2013). Sono stati inclusi soltanto i pazienti con dati completi
del valore del PSA a 6 settimane dopo intervento(n=319). I pazienti sono stati suddivisi in base al valore
del PSA a 6 settimane dopo RP in due gruppi: i pazienti con BR (PSA<0.1 ng/ml) e i pazienti con PSA
post-operatorio non azzerato (PSA≥0.1 ng/ml). Le informazioni cliniche e patologiche, così come i dati di
follow up erano disponibili per tutti i pazienti. Abbiamo valutato i tassi di sopravvivenza libera da
metastasi (MFS) e di sopravvivenza tumore specifica (CSS) usando le curve di Kaplan Meier. Le analisi
di Coxunivariate e multivariate sono state impiegate per identificare gli indicatori di MFS e CSS. Le
covariate sono lo stadio patologico T (pT2 vs. pT3a vs. pT3b vs pT4), ilGleason score (6 vs. 7 vs 8-10), il
numero di linfonodi positivi rimossi, il margine chirurgico positivo e il PSA a 6 settimane dopo RP (<0.2
vs ≥ 0.2 ng/mL)
Risultati
84 pazienti (26.3%) non hanno raggiunto un valore di PSA a 6 settimane dopo chirurgia <0.1 ng/mL,
mentre 235 (73.7%) hanno dimostrato una completa BR. Il tempo medio di follow-up è 73 mesi; i tassi di
MFS e CSS a 5 anni dopo chirurgiasono 78.1 e 94.7%. Dopo stratificazione in base al PSA a 6 settimane
dopo RP, per i pazienti con BR la probabilità di MFS(91.2% vs. 40.9%; p<0.001) e CSS(97.4 vs. 83.1%;
p<0.001) a 5 anni dopo RP è maggiore rispetto ai pazienti senza BR. Alle analisi univariate, il PSA a 6
settimane è un indicatore di MFS e CSS (HR per PSA ≥0.1 vs. <0.1: 10.5 e 7.1, rispettivamente;tutte
p≤0.001). Questi risultati sono stati confermati alle analisi multivariate, dove solo ilPSA post-operatorio
non azzerato(PSA≥0.1 ng/ml a 6 settimane) e il numero di linfonodi positivi sono emersi come indicatori
di comparsa di metastasi e CSM (HR per comparsa di metastasi: 9.0 per PSA >0.1 ng/ml e 1.03 per il
numero di linfonodi positivi; HR per CSM: 7.0 per PSA >0.1 ng/ml e 1.03 per numero di linfonodi
positivi;tutte le p≤0.02)
Discussione
Nei pazienti con linfonodi positivi dopo RP, il PSA post-operatorio ha un importante valore prognostico e
dovrebbe essere considerato un indice di malattia sistemica o disseminata.
Conclusioni
I pazienti con PSA post-operatorio non azzerato dovrebbero esser indirizzati verso terapie di salvataggio
tempestive.
72
P 73
QUAL è IL VALORE DI PSA OTTIMALE PER UNA RADIOTERAPIA DI SALVATAGGIO
PRECOCE IN PAZIENTI AFFETTI DA RECIDIVA BIOCHIMICA DOPO
PROSTATECTOMIA RADICALE? STRATIFICAZIONE DEI PAZIENTI IN BASE ALLE
CARATTERISTICHE PATOLOGICHE DEL CARCINOMA PROSTATICO.
N. Fossati, J. Karnes, C. Cozzarini, C. Fiorino, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
La radioterapia precoce di salvataggio (eSRT) rappresenta un'opzione terapeutica per la recidiva
biochimica (BCR) di malattia dopo prostatectomia radicale. Tuttavia, il valore di antigene prostatico
specifico (PSA) ottimale al quale iniziare la eSRT non è ad oggi definito. In questo studio abbiamo
ipotizzato che l'associazione tra il valore di PSA al momento della eSRT ed il successivo controllo
oncologico dipenda dalle caratteristiche patologiche del carcinoma prostatico.
Materiali e metodi
Lo studio ha incluso 716 pazienti pN0 con PSA post-operatorio indosabile (<0.1 ng/ml), che hanno
sviluppato BCR dopo prostatectomia radicale. Tutti i pazienti hanno ricevuto una eSRT, definita come
l’irradiazione locale della loggia prostatica e delle vescicole seminali, effettuata ad un valore di PSA ≤0.5
ng/ml. La BCR dopo eSRT è stata definita come il riscontro consecutivo di due valori di PSA ≥0.2 ng/ml.
L’analisi multivariata di regressione secondo Cox è stata utilizzata per valutare l'associazione tra livello di
PSA pre-eSRT e BCR. Le covariate erano: lo stadio patologico (pT2c vs. pT3a vs. ≥pT3b, il grado di
Gleason, e lo stato dei margini chirurgici. Abbiamo utilizzato metodi Lowess per valutare la relazione tra
il livello di PSA pre-eSRT e il tasso di sopravvivenza libero da BCR a 5 anni dopo eSRT in base alle
caratteristiche patologiche del tumore.
Risultati
Il follow-up mediano dopo eSRT era di 47 mesi. Il tasso di sopravvivenza libero da BCR a 5 anni è stato
dell’ 81%. All'analisi multivariata, il livello di PSA pre-eSRT era associato con la probabilità di avere una
BCR dopo eSRT (hazard ratio [HR]: 4.89; p <0.0001). Inoltre, stadio patologico ≥pT3b (HR: 2.07; p =
0.007), grado di Gleason ≥8 (HR: 2.69; p=0,0002), e margini chirurgici negativi (HR: 2,50; p <0,0001),
sono stati identificati come fattori di rischio patologici, in quanto associati ad una maggiore probabilità di
svilluppare BCR. All'analisii Lowess, il rischio di BCR a 5 anni, aumenta del 3% per ogni incremento di
0.1ng/ml di valore di PSA. Tuttavia, quando i pazienti sono stati stratificati in base al numero di fattori di
rischio (≤1 vs. ≥2), l'effetto dell’aumento del PSA al momento della eSRT sul controllo del tumore era
più alto nei pazienti con malattia più aggressiva. In particolare, i pazienti con ≥2 fattori di rischio
patologici hanno mostrato un aumento del rischio di BCR a 5 anni pari al 10% per ogni 0.1ng/ml di
livello di PSA vs. 1,5% in pazienti con un singolo fattore di rischio (p <0.001).
Discussione
il controllo oncologico a seguito della eSRT dipende significativamente dal livello di PSA pretrattamento. Questo effetto è più importante nei pazienti con almeno due delle seguenti caratteristiche:
malattia ≥pT3b, grado di Gleason ≥8, e margini chirurgici negativi.
Conclusioni
In pazienti con malattia localmente avanzata e aggressiva, la radioterapia precoce di salvataggio deve
essere somministrata al primo segno di aumento PSA al fine di massimizzare il controllo della malattia.
73
P 74
IL NUMERO DI LINFONODI POSITIVI DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE E
LINFOADENECTOMIA PELVICA ESTESA RAPPRESENTA UN MARCATORE AFFIDABILE
DI MALATTIA SISTEMICA: IMPLICAZIONI PER IL MIGLIOR TRATTAMENTO POSTOPERATORIO.
A. Stabile, A. Nini, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, M. Bianchi, P. Dell'Oglio, S. Luzzago, C.
Doglioni, M. Freschi, R. Lucianò, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
Il numero dei linfonodi positivi rappresenta uno dei maggiori determinanti della sopravvivenza cancrospecifica (CSS) nei pazienti pN+ dopo prostatectomia radicale (RP). L’obiettivo di questo studio è di
valutare l’outcome oncologico dopo RP nei pazienti con alto numero di linfonodi coinvolti alla RP.
Materiali e metodi
Abbiamo considerato 1003 pazienti con tumore prostatico e linfonodi positivi (N+) sottoposti a RP e
linfoadenectomia pelvica estesa in un singolo centro (1991-2013). I pazienti sono stati stratificati in base
al numero di N+: basso (<5 N+) vs. alto volume di coinvolgimento linfonodale (≥5 N+). Abbiamo stimato
i tassi di ricorrenza biochimica (BCR), di sopravvivenza libera da metastasi (MFS) e di CSS usando le
curve di Kaplan Meier. Successivamente, le analisi di regressione di Cox sono state usate per identificare
gli indicatori di BCR, MFS e CSS nei pazienti con <5 e ≥5 N+. Le covariate sono stadio patologico,
Gleason Score, numero di N+, margine chirurgico (SM) e radioterapia adiuvante (aRT). Per i pazienti con
sviluppo di metastasi a distanza, il primo sito di ricorrenza è stato categorizzato come segue: ricorrenza
locale o linfonodale vs ossea vs viscerale. E’ stata poi espletata un’analisi sito per sito della
disseminazione metastatica in base al numero di N+.
Risultati
Il numero mediano di N+ era 2. 180 pazienti (17.9%) avevano ≥5 N+ alla RP. Il follow up medio era 79
mesi. In generale, i tassi di sopravvivenza libera da BCR, di MFS e di CSS a 5, 8 e 10 anni dopo RP
erano 69, 57.8 e 52.3% vs 81.3, 75.3 e 71.6% vs. 89.7, 83.4 e 79.6%, rispettivamente. I pazienti con ≥5
N+ avevano minore probabilità di sopravvivenza libera da BCR a 5 anni (45.9 vs. 74.7%), da MFS (65.6
vs. 84.3%) e da CSS (78.2 vs. 92.1%) se confrontati con i pazienti con <5 N+ (p<0.001). Quando si
considerano i pazienti con <5 N+, il GS e l’aRT sono emersi come fattori predittivi di BCR (p≤0.03), di
progressione metastatica (tutte le p≤0.02) e di CSM (tutte le p≤0.03). Al contrario, tra i pazienti con ≥5
N+ nessuna delle covariate è risultata correlata in modo significativo con gli outcome oncologici (tutte le
p≥0.1). Tra i 183 pazienti che hanno sviluppato metastasi, il tasso di recidive locali/pelviche, ossee e
viscerali erano 44.3, 42.1, e 13.7%, rispettivamente. Dopo stratificazione in base al numero dei N+,
nessuna differenza significativa è stata osservata nel tasso di ricorrenza pelvica/linfonodale e ossea (tutte
le p≥0.4). Al contrario, i pazienti con ≥5 N+ sviluppano con maggiore probabilità in modo significativo
metastasi viscerali se confrontati ai pazienti con < 5 N+ (22.9 vs. 10.4%, rispettivamente; p=0.03)
Discussione
Negli uomini con N+ alla RP, un elevato volume di invasione linfonodale predispone ad un risultato
oncologico infausto.
Conclusioni
Inoltre, i pazienti con ≥5 N+ sviluppano metastasi viscerali con maggiore probabilità come primo sito di
disseminazione, indicando così la presenza di una malattia sistemica al momento del trattamento
chirurgico
74
P 75
IL NUMERO DI LINFONODI RIMOSSI DURANTE PROSTATECTOMIA RADICALE
RAPPRESENTA UN POTENZIALE INDICE DI PERSISTENZA DI MALATTIA IN PAZIENTI
PN0 E RECIDIVA BIOCHIMICA PRECOCE.
S. Luzzago, M. Bianchi, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, P. Dell'Oglio, R. Bertini, A. Gallina, V.
Mirone, R. Damiano, F. Cantiello, F. Dehò, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
Pregressi studi hanno dimostrato il potenziale beneficio sui risultati oncologici di una linfoadenectomia
estesa (LND) in pazienti trattati con prostatectomia radicale(RP)per neoplasia prostatica(PCa). Lo scopo
di questo studio è stato di valutare l’impatto del numero di linfonodi rimossi durante RP sulla ripresa
biochimica (BCR) precoce in pazienti con linfonodi negativi all’esame istopatologico
Materiali e metodi
Sono stati valutati 8,580 pazienti trattati con RP per PCa tra il 1987 e il 2013. Sono stati esclusi dalle
analisi i pazienti che non sono stati sottoposti a linfoadenectomia, i pazienti con linfonodi positivi e
coloro che hanno ricevuto un trattamento adiuvante. Questa selezione ha portato a una popolazione finale
di 5,557 pazienti. La BCR precoce è stata definita come un valore del PSA ≥0.2 ng/mLentro i primi 6
mesi dopo RP. Sono state utilizzate analisi di regressione logistica uni- e multivariata per valutare
l’impatto del numero di linfonodi rimossi sulla BCR precoce. Le covariate erano lo stadio patologico, lo
score di Gleason patologico e i margini chirurgici.
Risultati
La maggior parte dei pazienti (n=4,746; 78%) avevano margini chirurgici negativi, uno score di Gleason
patologico ≤7 (n= 4,768, 75.8%) e malattia organo confinata(n=3,620; 61.1%). Il numero mediano di
linfonodi rimossi era15. in totale 95 (1.7%) pazienti hanno avuto una BCR entro 6 mesi dall’intervento.
Alle analisi multivariate, il numero di linfonodi rimossi è emerso come fattore predittivo di BCR
precoce.Specificatamente, aumentando il numero di linfonodi rimossi, la probabilità di avere BCR
precoce diminuiva in modo significativo(Odds Ratio [OR]: 0.91; p=0.01). I margini chirurgici positivi e
lo stadio patologico sono risultati significativamente associati a una BCR precoce (OR: 2.8 e 4.8,
rispettivamente; p=0.02)
Discussione
Il numero di linfonodi rimossi durante RP rappresenta un fattore predittivo di BCR precoce. Questo
suggerisce che nei pazienti con una persistenza biochimica di malattia dopo RP sottoposti a una
linfoadenectomia limitata, si possa ipotizzare una persistenza linfonodale di neoplasia prostatica. Tali dati
risultano fondamentali per pianificare il miglior trattamento di salvataggio in caso di BCR precoce
Conclusioni
Sebbene siano necessari ulteriori studi per convalidare i nostri risultati, una linfoadenectomia estesa
dovrebbe essere eseguita, quando indicato, in modo tale da evitare una possibile persistenza di malattia
75
P 76
RISULTATI ONCOLOGICI A LUNGO TERMINE DEI PAZIENTI TRATTATI CON
PROSTATECTOMIA RADICALE PER NEOPLASIA PROSTATICA A INTERMEDIO E ALTO
RISCHIO: RISULTATI DI UN’ANALISI DI SOPRAVVIVENZA CONDIZIONALE.
A. Larcher, M. Bianchi, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, P. Dell'Oglio, W. Cazzaniga, A. Gallina,
V. Mirone, R. Damiano, F. Cantiello, F. Dehò, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Italia)
Scopo del lavoro
La prognosi dei pazienti affetti da tumore prostatico (PCa) può variare in base al tempo trascorso senza
ripresa di malattia dopo prostatectomia radicale (RP). Questo effetto è noto come sopravvivenza
condizionale.Lo scopo dello studio è stato di valutare se l’effetto della sopravvivenza condizionale
potesse eliminare le differenze in termini di outcomes oncologici in pazienti trattati con RP per un PCa
aggressivo
Materiali e metodi
Sono stati esaminati i dati di 4300 pazienti trattati con RP tra il 1990 e il 2013 per PCa ad intermedio
(n=2780; 64.7%) ed alto rischio (n=1520; 35.3%). Sono state utilizzate le curve di Kaplan-Meier per
ottenere i tassi di sopravvivenza libera da ripresa biochimica di malattia (BCR), libera da metastasi (MFS)
e la sopravvivenza cancro-specifica (CSS). Stratificando in base alla classe di rischio pre-operatoria
(intermedio vs. alto rischio)sono stati calcolati i tassi di sopravvivenza condizionale libera da BCR, MFS
e la CSS. Per ciascuno degli outcomes citati, i tassi di sopravvivenza condizionale dei pazienti con
malattia a intermedio ed alto rischio, sono stati paragonati tra loro per ogni anno trascorso senza
progressione di malattia.
Risultati
Il follow-up mediano era di 61 mesi. I tassi di sopravvivenza libera da BCR, la MFS e la CSS a 5 e 10
anni dall’intervento erano rispettivamente dell’86.6vs. 74.7% e 72.5 vs. 56.3%, 98.1% vs. 95.9% e 86.9
vs. 79.6%, 99.4 vs. 97.8% e 93.6 vs. 84.8% per i pazienti con malattia ad intermedio ed alto rischio
(p<0.001). In coloro che non hanno avuto BCR per ≥1, ≥3, ≥5 anni dopo RP, la probabilità di
sopravvivere ulteriori 5 anni senza BCR per i pazienti con malattia ad intermedio ed alto rischio è
risultata essere dell’86 vs. 73.5%, 87.7 vs. 75% and 87 vs. 77.4% rispettivamente(tutte le p<0.001). Si è
osservata la scomparsa dell’impatto della classe di rischio sulla BCR dopo 8 anni di sopravvivenza libera
da BCR(85.5 vs. 82.8% per pazienti ad intermedio ed alto rischio; p=0.07). Nei pazienti che hanno
sviluppato BCR, la MFS a 5 anni dalla BCR era dell’87.9 vs. 51.4% per i pazienti ad intermedio ed alto
rischio (p<0.001). Nei pazienti sopravvissuti per ≥1, ≥2 e ≥3 anni senza sviluppare metastasi dopo BCR,
la probabilità di sopravvivere ulteriori 5 anni senza metastasi era del 95.7 vs. 66.9%, 95.0 vs. 73.0%, e
96.0 vs. 79.6%per pazienti con malattia ad intermedio ed alto rischio (tutte le p≤0.005). L’impatto della
classe di rischio sulla MFS risultava non significativa dopo 5 anni di MFS dopo BCR (96.0 vs. 93.7% per
pazienti ad intermedio ed alto rischio; p=0.3). Infine, in coloro che hanno sviluppato metastasi, la classe
di rischio pre-operatoria non aveva più alcun effetto sulla CSS (p=0.2)
Discussione
I pazienti con PCa ad alto rischio possono ottenere un controllo oncologico della malattia paragonabile a
quello di pazienti con PCa a rischio intermedio dopo 5 anni trascorsi senza progressione
Conclusioni
Nel momento in cui vengono riscontrate metastasi, l’effetto della classe di rischio pre-operatoria sulla
CSS scompare.
76
P 77
10-YEAR EXPERIENCE WITH ORAL ETHINYLESTRADIOL IN CASTRATION RESISTANT
PROSTATE CANCER
S. SALCICCIA, V. GENTILE, A. GENTILUCCI, S. CATTARINO, M. INNOCENZI, G. DERAMO, A.
SCIARRA (ROMA)
Aim of the study
To describe our 10-year experience with the use of oral ethinylestradiol in the treatment of metastatic
CRPC (mCRPC)cases.
Materials and methods
From February 2000 to April 2010, 116 cases with a metastatic CRPC were prospectively submitted to
oral ethinylestradiol monotherapy . Inclusion criteria were represented by : diagnosis of CRPC after
failure at least of two lines of androgen deprivation therapy;radiological evidence of metastases.
Exclusion criteria were represented by: symptomatic cases with an European Cooperative Oncology
Group (ECOG) score > 2; severe or uncontrolled cardiovascular diseases . At inclusion in the study, all
cases discontinued the previous androgen deprivation therapy and started oral ethinylestradiol at the daily
dose of 1 mg. Aspirin (100 mg/daily) was concomitantly given .
Results
The median ethinylestradiol therapy duration was 15.9 months (range 8 - 36 months), whereas the median
follow-up of patients was 28 months (range 13 - 36 month) . During ethinylestradiol therapy a conformed
PSA response was found in 79 cases (70.5%). The median time to PSA progression was 15.10 months
(95% C I 13.24 - 18.76 months). A toxicity that required treatment cessation was described in 26 cases
(23.2%) at a median time of 16 months (mainly thromboembolism ).
Discussion
At univariate analysis, tumor Gleason score, duration of previous androgen deprivation therapies,presence
of lymphnode metastases and number of bone metastases were significant (p<0.05) predictors of PSA
response during therapy. Multivariate analysis using the Cox model showed that tumor Gleason score,
duration of previous androgen deprivation therapies and concomitant presence of lymph-nodes metastases
were significant predictors of PSA response during ethinylestradiol treatment. In particular, cases with
absence of lymph-nodes progression, more than 4 years of previous androgen deprivation therapy and a
Gleason score ≤7(3+4) were more likely to have a PSA response.
Conclusions
In the present 10-year experience on mCRPC cases, the use of ethinylestradiol showed a PSA response in
a high percentage of cases. Possible cardiovascular toxicity can be managed through an accurate patient
selection , follow-up and a concomitant anticoagulation therapy.
77
P 78
PATTERN DI PRESCRIZIONE DELLA TERAPIA ORMONALE NEL TUMORE
PROSTATICO: UNO STUDIO ITALIANO MULTICENTRICO (CHOSING TREATMENT FOR
PROSTATE CANCER - CHOICE STUDY) (FONDAZIONE LUNA)
G. Morgia, G. Russo, A. Tubaro, R. Bortolus, D. Randone, P. Gabriele, F. Trippa, F. Zattoni, M. Porena,
V. Mirone, S. Serni, A. Del Nero, G. Lay, U. Ricardi, F. Rocco, C. Terrone, A. Pagliarulo, G. Ludovico,
G. Vespasiani, M. Brausi, C. Simeone, G. Novella, G. Carmignani, R. Leonardi, P. Pinnarò, U. De Paula,
R. Corvò, R. Tenaglia, S. Siracusano, G. Mantini, P. Gontero, G. Savoca, V. Ficarra (Catania)
Scopo del lavoro
La terapia ormonale (OT) per il Trattamento del tumore prostatico è stata da sempre utilizzata con
indicazioni diverse, spesso non conformi alle raccomandazioni delle Linee guida Internazionali, come
quelle dell'European Association of Urology (EAU). Lo Scopo di questo studio è stato quello di valutare i
pattern d’utilizzo dell’OT in pazienti con tumore prostatico e l'aderenza alle Linee guida EAU.
Materiali e metodi
Lo studio trasversale multicentrico Italiano CHOICE (CHOsIng treatment for prostate canCEr) è stato
condotto dal Dicembre 2010 al Gennaio 2012. Sono stati arruolati 1380 pazienti a cui è stata prescritta
terapia ormonale (rinnovo piano terapeutico o nuova prescrizione) per la presenza di tumore prostatico. Il
progetto ha coinvolto 9 centri di radioterapia e 21 centri di urologia. I pazienti sono stati classificati in
base al trattamento primario in prostatectomia radicale (PR), radioterapia (RT), RP + RT, OT come unico
trattamento. L’OT includeva l’orchiectomia bilaterale, LH-RH analoghi o gli anti-androg
Risultati
La coorte finale comprendeva 1075 pazienti con un'età media di 78,0 anni (IQR: 72-83) e PSA mediano
di 10,0 ng / ml (IQR: 10,0-35,0). La classificazione sec. D'Amico era a rischio basso in 222 (20.7%),
intermedio in 126 (11.7%) e alto in 727 pazienti (67.6%). Il gleason bioptico era ≤6 in 351 (32.7%), 7 (3
+ 4) in 238 (22,1%), 7 (4 + 3) in 204 (19.0%), 8-10 in 248 pazienti (23.1%). Dei pazienti arruolati, 267
(24,8 %) erano stati precedentemente trattati con PR, 132 (12,3%) con RT, 79 (7,3%) con PR + RT
adiuvante e 597 (55,5%) con OT primaria. I pazienti in OT primaria erano cN0 in 364 (61.0%) e cN1 in
192 (32.7%) (p<0.05); cM0 in 505 (84.6%) e cM1 in 51 (8.5%) dei casi (p <0.01). Nei pazienti sottoposti
ad OT primaria, la classe di rischio sec. D’Amico era bassa in 125 (20.9%), intermedia in 74 (12.4%) e
alta in 398 (66.7%). Tra tutti i pazienti trattati con OT primaria, a 305 (51.08%) è stata prescritta per la
prima volta una terapia ormonale al momento dell’arruolamento e tra questi 73 (23.9%) erano a rischio
basso sec. D’Amico, 36 (11.8%) erano a rischio intermedio e 196 (64.3%) erano a rischio alto. Il
dosaggio del testosterone era stato effettuato in soli 40 pazienti (3.72%). L'analisi di regressione logistica
multivariata aggiustato per fattori di confondimento ha dimostrato che le aree del centro Italia (OR: 2.86;
p<0.05) e del Sud Italia (OR: 2.65; p<0.05) erano associate con la presenza di OT discordante.
Discussione
Sono stati riscontrati livelli significativi di discordanza tra le linee guida EAU e la prescrizione dell’OT.
Al momento della prescrizione dell’OT nei pazienti naive, il 35.7% dei pazienti presentava un rischio
basso-intermedio sec. D’Amico, rivelando un’ inadeguatezza nella prescrizione dell’OT in accordo alle
linee guida
Conclusioni
La prescrizione dell’OT nei pazienti affetti da tumore prostatico rimane critica e spesso non conforme alle
linee guida internazionali
78
P 79
ADERENZA ALLE LINE GUIDA EAU PER L’USO DELLA TERAPIA ORMONALE NEL
TUMORE PROSTATICO: RISULTATI DALLO UNO STUDIO ITALIANO MULTICENTRICO
(CHOSING TREATMENT FOR PROSTATE CANCER - CHOICE STUDY) (FONDAZIONE
LUNA)
G. Morgia, G. Russo, A. Tubaro, R. Bortolus, D. Randone, P. Gabriele, F. Trippa, F. Zattoni, M. Porena,
V. Mirone, S. Serni, A. Del Nero, G. Lay, U. Ricardi, F. Rocco, C. Terrone, A. Pagliarulo, G. Ludovico,
G. Vespasiani, M. Brausi, C. Simeone, G. Novella, G. Carmignani, R. Leonardi, P. Pinnarà, U. De Paula,
R. Corvò, R. Tenaglia, S. Siracusano, G. Mantini, P. Gontero, G. Savoca, V. Ficarra (Catania)
Scopo del lavoro
La terapia ormonale (OT) nel tumore prostatico (PCa) è stata ampiamente utilizzata con in pazienti
metastatici. Tuttavia, esiste una crescente consapevolezza di overtreatment in situazioni dove l’utilizzo
dell’OT non è raccomandato. Lo scopo di questo studio trasversale è stato quello di valutare l'aderenza
alle linee guida EAU della prescrizione di OT in pazienti affetti da PCa
Materiali e metodi
Lo studio trasversale multicentrico Italiano CHOICE (CHOsIng treatment for prostate canCEr) è stato
condotto dal Dicembre 2010 al Gennaio 2012. Sono stati arruolati 1380 pazienti a cui è stata prescritta
terapia ormonale (rinnovo piano terapeutico o nuova prescrizione) per la presenza di tumore prostatico. Il
progetto ha coinvolto 9 centri di radioterapia e 21 centri di urologia. I criteri di inclusione erano: età ≥18
anni, precedente diagnosi di PCa e corrente OT. I pazienti sono stati classificati in base al trattamento
primario in prostatectomia radicale (PR), radioterapia (RT), PR + RT, OT come unico trattamento. La
Radioterapia comprendeva la terapia a fasci esterni e la brachiterapia. L’OT includeva l’orchiectomia
bilaterale, LH-RH analoghi o gli anti-androgeni. Sono state considerate tre aree geografiche: nord, centro
e sud Italia. Il trattamento ormonale è stato considerato discordante alle linee guida EAU (Gruppo A) e
concordante (Gruppo B). Il primo includeva tutti i pazienti che ricevevano l’OT come primo trattamento
ed il suo uso in aggiunta alla RT nel basso rischio. In aggiunta, l’OT data prima della PR è stata
considerata discordante, poiché nessun trial clinico ha dimostrato benefici
Risultati
La coorte finale comprendeva 1.075 pazienti con un'età media di 78,0 anni (IQR: 72-83) e PSA mediana
di 10,0 ng/ml (IQR: 10,0-35,0). Il Gruppo A comprendeva 285 pazienti (26,5%) e il Gruppo B 790
(73,5%). L’OT concordante è stata più frequentemente osservata nel Nord Italia (76,6%) rispetto al
Centro Italia (65,7%) e Sud-Italia (73,0%) (p< 0.05). Nel Gruppo A, 87 (30,5%) erano a basso rischio, 32
(11,2%) a rischio intermedio e 166 (58,2%) ad alto rischio. Nel Gruppo A, i pazienti avevano una
maggiore probabilità di ricevere un trattamento OT primario (57,5%) rispetto ad altri precedenti
trattamenti come la prostatectomia radicale (30,9%), radioterapia (6,7%) o prostatectomia radicale +
radioterapia (17,7%) (p<0.05). L'analisi di regressione logistica multivariata ha dimostrato che l’area del
centro Italia (OR: 2.86; p<0.05) e del Sud-Italia (OR: 2.65; p<0.05) erano associati ad un’OT discordante
Discussione
Una proporzione significativa di pazienti arruolati nello studio CHOICE ha ricevuto una terapia
discordante alle line guida EAU (26,5%) e più delle metà ha ricevuto un’OT come unico trattamento per
il tumore prostatico (57,5%).
Conclusioni
L’uso della terapia ormonale nel trattamento del tumore prostatico rimane un argomento critico e
l’aderenza alle linee guida EAU nel territorio Italiano rimane più bassa del previsto.
79
P 80
LA SEZIONE MONOLATERALE DELLA RETE RIMUOVE L’OSTRUZIONE E CONSERVA
LA CONTINENZA NELLE PAZIENTI CON OSTRUZIONE ALLO SVUOTAMENTO
VESCICALE DOPO SLING TRANSOTTURATORIO
D. biferi, D. castellani, V. galica, P. saldutto, G. giovanditti, C. cicconetti, A. valloni, A. piccirilli, G.
paradiso galatioto, C. vicentini (teramo)
Scopo del lavoro
Scopo del lavoro è stato quello di valutare i risultati della sezione unilaterale di della rete in donne con
ostruzione cervico-uretrale dopo posizionamento di sling medio-uretrale transotturatoria posizionata per
incontinenza urinaria da sforzo (IUS
Materiali e metodi
Tra gennaio 2005 e giugno 2013, 112 donne sono state sottoposte presso la nostra unità operativa al
posizionamento di sling transotturatorio Monarc® per IUS, posizionata tension-free. Le pazienti con
ostruzione cervico-uretrale persistente a sei settimane (diagnosticata con il nomogramma di Blaivas) sono
state sottoposte a sezione unilaterale della sling. Il lato da sezionar scelto è stato quello dalla parte
opposta in cui il flusso minzionale veniva deviato alla cistografia (figura 1). 9 pazienti sono state
sottoposte a sezione della sling e seguite fino ad un follow-up di un anno con esame obiettivo,
urinocoltura, uroflussometria, studio pressione flusso, misurazione ecografica del residuo postminzionale, valutazione dei sintomi utilizzando l’ American Urological Association Symptom index
Risultati
La procedura è stata eseguita in anestesia locale, con una durata media dell’intervento di 10,6± 2,5
minuti. Tutte le pazienti sono state in grado di mingere spontaneamente dopo la procedura e il residuo
post-minzionale è sceso da una media di 254±54,1ml a 73,5±19,1 ml. In tutte le pazienti i sintomi e i
parametri urodinamici sono migliorati. Solo una paziente ha perso la continenza all’ultimo follow-up ad
un anno. La cistografia post-operatoria eseguita a sei settimane ha evidenziato in tutte un normale flusso
urinario
Discussione
l’ostruzione cervico-uretrale post posizionamento di sling transotturatoria nella nostra popolazione
sembra essere legata ad un asimmetrico posizionamento della sling. la maggior parte delle pubblicazioni
presenti in letteratura riporta la sezione centrale della rete. Noi crediamo che la sezione laterale della sling
stessa, nel lato opposto a dove il flusso urinario è deviato, rispristina la simmetria della rete, rimuove
l’ostruzione e preserva la continenza urinaria nel 83.3% delle pazienti
Conclusioni
Questo studio dimostra che l’ostruzione cervico-uretrale femminile post-posizionamento di sling
transotturatoria viene rimossa con la semplice sezione unilaterale della rete, ripristinando la simmetria
della rete stessa e nel contempo preservando la continenza urinaria
80
P 81
THREE INCISIONS OR ONE INCISION: WHO WINS AT 5 YEARS? COMPARISON OF
OUTCOMES OF TRANS-OBTURATOR SLINGS AND SINGLE INCISION SLINGS IN A
SINGLE-CENTRE SURGICAL SERIES
M. Tutolo, D. De Ridder, F. Montorsi, A. Briganti, J. Deprest, F. Van Der Aa (Milano)
Aim of the study
To compare efficacy and safety of two commercially available single incision slings (SIS) and transobturator vaginal tapes (TOT), namely MiniArc™ and Monarc™ slings, and report the results at 5-yrs
follow-up.
Materials and methods
A retrospective-observational study of prospectively collected data was conducted on 381 consecutive
women with primary SUI in a single tertiary referral centre. Patients treated with MiniArc™ and
Monarc™ were compared. Data regarding intraoperative and post-operative outcomes were collected and
compared. Kaplan-Meier analyses assessed continence rate (CR), objective cure (OC) rate, de novo
overactive bladder symptoms (OAB), surgical failure (SF) and erosion free rates at 1, 3 and 5-yrs followup. The log-rank test was used to compare efficacy and complication between patients stratified according
to the type of surgery.
Results
Median follow up was 60 months. Of 381 patients, 215 (56%) were treated with Monarc™ slings and 166
(44%) with MiniArc™. The two groups were homogeneous in terms of pre-operative characteristics. At
5-yrs follow up, no difference was found in CR between Monarc™ and Miniarc™ patients (87% vs 89%;
p=0.41). Monarc™ showed better OAB free rates (97% vs 92%; p=0.012). No significant differences
have been found in terms of SF, erosion and OC rates.
Discussion
Our report confirms positive surgical-related outcomes and safety of MiniArc™ on the short-term followup. Furthermore it shows comparable subjective and objective outcomes between MiniArc™ and
Monarc™ slings at 5-years follow-up.
Conclusions
We demonstrated that the short-term results of MiniArc™, are maintained over time, defining the
comparability of the two slings at 5-yrs in terms of subjective and objective outcomes and complications.
81
P 82
MID- TO LONG-TERM RESULTS OF THE REMEEX SYSTEM FOR THE TREATMENT OF
FEMALE INCONTINENCE DUE TO INTRINSIC SPHINCTER DEFICIENCY: A
RETROSPECTIVE REVIEW OF THE FIRST FIFTY PATIENTS RUNNINGHEAD: THE
REMEEX SYSTEM FOR FEMALE INCONTINENCE
F. Gallo, P. Cortese, F. Visalli, C. Giberti (Savona)
Aim of the study
To retrospectively report our mid- to long-term results following suburethral tension adjustable sling
(Remeex system) implantation for stress urinary incontinence (SUI) due to intrinsic sphincter deficiency
(ISD).
Materials and methods
Fifty female patients with severe SUI due to “true” ISD, underwent Remeex system positioning between
May 2002 and March 2013 (mean follow-up 83.8 months). Before surgery, patients were evaluated by
physical examination, translabial ultrasonography, flexible cystoscopy, urodynamics, 1-hour pad test and
compilation of a quality-of-life questionnaire. Postoperatively, based on the physical examination and pad
test, patients were stratified into three groups: Cured: perfectly dry patients at stress test, pad weight 0-1
g; Improved: patients with mild to moderate incontinence, pad weight 2-50 g; Failed: unchanged or
worsened patients, pad weight >50 g.
Results
At the last follow-up visit, forty-five (90.0%) patients were cured, three (6.0%) were improved and two
(4.0%) had failed. The comparison between the 7- and 10-year outcomes, assessed among fifty and thirty
patients respectively, showed no significant difference of cure (90.0% and 86.8%), improvement (6.0%
and 6.6%) or failure (4.0% and 6.6%) rates between the two groups. Sling tension readjustment was
needed during follow-up in three patients (6%). Complications were represented by bacterial cystitis
(6%), de novo urgency (10%), persistent urinary retention (6%) and seroma formation (2%).
Discussion
Our 7-year results, assessed in 50 patients, showed excellent cure and overall improvement rates (90%
and 96%, respectively) which are consistent with the better 5-year outcomes reported to date using this
device13,21. In terms of quality of life, these clinical improvements were also supported by similar
remarkable satisfaction rates, due to the patient’s well-being for the regained health condition. The
comparison between the 7-year and 10-year outcomes showed no significant variation of the clinical
parameters at these time points confirming the durability of the Remeex procedure even during long-term
follow-up. This aspect has been confirmed by the incontinence-free survival curve which showed that
90% of patients remain continent during the follow-up.
Conclusions
Our results show the efficacy of the Remeex procedure in the treatment of SUI due to ISD. The
remarkable cure rate and the low morbidity confirm the effective role of this device in order to reach an
adequate sling tension as well as regaining the patient’s continence and minimizing the risk of
complications. These outcomes tended to be confirmed in the long-term follow-up which also highlighted
the durability of the Remeex technique.
82
P 83
OUTCOMES FUNZIONALI A LUNGO TERMINE DOPO SLING MEDIOURETRALE
TRANSOTTURATORIA (TOT) IN DONNE AFFETTE DA INCONTINENZA URINARIA
MISTA
F. Natale, E. Illiano, M. Bevacqua, J. Rossi de Vermandois, M. Di Biase, A. Carbone, G. Palleschi, A.
Maurizi, E. Costantini (Roma)
Scopo del lavoro
Lo studio ha l’obiettivo di valutare gli outcomes funzionali a lungo termine ed il grado di soddisfazione
nelle pazienti affette da incontinenza urinaria mista (IUM) con prevalenza da sforzo, sottoposte ad
intervento di sling medio-uretrale trans-otturatorio (TOT).
Materiali e metodi
Da aprile 2008 a dicembre 2011 86 pazienti affette da IUM prevalente da sforzo, precedentemente trattate
senza successo con antimuscarinici e fisiochinesiterapia, sono state sottoposte a TOT (Monarc®).
Valutazione prepoperatoria: anamnesi; esame obiettivo uroginecologico con Cough Stress Test (CST);
esame urodinamico. Follow up a 6, 12 mesi e poi annuale con: esame obiettivo con CST, 1-hour PAD
test, esame urodinamico (1°anno). Tutte le pazienti sono state valutate clinicamente ad un follow-up
mediano di 59 mesi (range 36-84 mesi) e sottoposte ai seguenti questionari: International Consultation on
Incontinence Questionnaire–Short Form (ICIQ-SF), Patient Global Impression of Improvement (PGI-I),
King’s Health questionnarie (KHQ). La correzione della IUS è stata valutata oggettivamente mediante
CST e 1-hour PAD test. Il tasso di cura soggettivo è stato valutato usando ICIQ-SF e PGI-I. La QoL è
stata valutata usando il KHQ. Analisi statistica: McNemar X2 test, t-test and Fisher exact test, t-test
(significatività p<0.05), modello di regressione logistica (CI.95%).Studio approvato dal comitato etico
locale.
Risultati
86 pazienti con IUM, età media 60±11.6 anni, BMI mediano 27 (range 19.6-29.7), parità mediana 2
(range 0-6) 64 pz in menopausa. Il follow-up mediano è di 59 mesi (range 36-84). Il tasso di successo
oggettivo per IUS è stato 83.7% (72 pz), quello soggettivo 87.2% (75 pz), confermato dal PGI 1 e 2
nell’82.7% (Tab. 1a). L’incontinenza da urgenza (IUU) scompare in 64 pz (74.4%). L’esame urodinamico
post-TOT mostra un aumento della pressione detrusoriale al flusso massimo (PdetQmax) (p=0.02) ed una
riduzione del Qmax (p=0.03) (Tab. 1b). Nessuna ostruzione urodinamica sulla base del nomogramma di
Blaivas e Groutz. Il KHQ migliora in tutti i domini. Alla regressione logistica univariata nessuna delle 6
variabili indipendenti analizzate (Tab.1c) è risultata fattore di rischio per il risultato post-operatorio.
Discussione
Dopo TOT c’è un miglioramento della IUS e della IUU nell’83.7% e 74.4% rispettivamente, confermato
dal PGI e dal KHQ. Non ci sono parametri urodinamici e clinici che correlano con l’outcome. In
considerazione del fatto che le pz erano state trattate senza successo con antimuscarinici prima
dell’intervento il dato sembrerebbe indicare che la MUI in questi casi sia il risultato di una disfunzione
uretrale e non detrusoriale.
Conclusioni
La TOT è efficace nelle pz con IUM non responsiva ai trattamenti conservativi. I risultati sono confermati
dagli alti score di gradimento delle pazienti. Occorrono studi con numeri maggiori per valutare quali
parametri preoperatori possano predire l’outcome chirurgico.
83
P 84
SLING MEDIOURETRALE RETROPUBICA E TRANSOTTURATORIA A CONFRONTO
NELLE PAZIENTI CON INCONTINENZA URINARIA MISTA NON RESPONSIVA A
TERAPIA CONSERVATIVA
F. Natale, M. Di Biase, M. Del Zingaro, A. Carbone, A. Pastore, C. La Penna, S. Cappello, M. Bevacqua,
E. Costantini (Roma)
Scopo del lavoro
Scopo di questo studio prospettico osservazionale è valutare e confrontare l'efficacia della sling mediouretrale retropubica (TVT) con quella transotturatoria (TOT) in donne con incontinenza urinaria mista
(IUM), valutando inoltre i sintomi da svuotamento(SS) post-op, i rapporti con l’iperattività detrusoriale
(DO) e la qualità di vita (QoL) delle pz.
Materiali e metodi
Lo studio include 141 pz, affette da IUM e sottoposte a sling medio uretrale tra il 2008 e 2013, rivalutate
ad un follow-up medio di 36 mesi. Tutte avevano eseguito, senza successo, terapie conservative come da
linee guida europee con anticolinergici e FKT. Valutazione pre-op: anamnesi; valutazione dei sintomi del
basso tratto urinario (sec. ICS); esame obiettivo e stress test; analisi delle urine ed urinocultura;
urodinamica; King’s Health Questionnaire. Follow-up ogni 3 mesi, questionari e uroflussometria con
residuo (RPM) ogni 6 mesi. Tasso di cura oggettivo definito sulla base di stress test e pad test negativi,
tasso di cura soggettivo come assenza di incontinenza da stress(IUS) o da urgenza(IUU) e nessun uso di
pannolini. Miglioramento soggettivo definito come "soddisfazione al trattamento chirurgico" e
diminuzione del 50% nell’uso di pannolini. Classificazione finale come asciutte o bagnate sulla base degli
outcomes soggettivi ed oggettivi e degli scores dei questionari. Analisi statistica: t-test, McNemar, X2 e
Wilcoxon test (p <0,05 statisticamente significativo).
Risultati
137 delle 141 pz arruolate sono state incluse (70 gruppo TVT, 67 gruppo TOT); 4 perse al follow-up. Fup medio 36 mesi (range 12-72). I due gruppi sono omogenei in termini di dati demografici e
clinici/anatomici, sintomi e parametri urodinamici (Tab.1). Nel gruppo TVT, sono risultate asciutte (per
IUS e IUU) 44 pz (62,9%): tasso di guarigione per IUS del 72,9% (p <0,0001) e per IUU è del 67,1%
(p<0,0001 ). I SS de novo sono comparsi in 12 pazienti (17,1%). Nel gruppo TOT, sono risultate asciutte
(per IUS e IUU) 48 pazienti (71,6%): tasso di cura per IUS del 82,1% (p <0,0001) e per IUU del 80,6%
(p<0,0001). SS de novo osservati in 2 pazienti (2,9%). Nessuna differenza statistica è stata trovata tra i
due gruppi complessivamente per incontinenza, IUS e IUU o SS. Nessun outcomes statisticamente
diverso tra i due gruppi emerge in pz con o senza DO pre-op. Nelle pz con DO pre-op non sono state
riscontrate differenze significative tra TVT e TOT nella correzione della IUS (p = 1.00); IUU (p = 0,60),
o SS (p = 0.35). La QoL, sulla base del King’s Health Questionnaire, migliora significativamente in
entrambi i gruppi.
Discussione
Nel trattamento della IUM, dopo fallimento delle terapie conservative, le alternative sono la TOT e la
TVT con risultati a medio-lungo termine inferiori alla IUS. Il tasso di successo e di SS de novo è inferiore
ma non significativo nella TVT rispetto alla TOT.
Conclusioni
Sia l'approccio retropubico che transotturatorio sono opzioni valide per il trattamento delle pz con IUM.
84
P 85
VALUTAZIONE DELLA FUNZIONE SESSUALE IN DONNE TRATTATE PER
INCONTINENZA URINARIA DA STRESS: TENSION FREE TRANSOBTURATOR
SUBURETHRAL TAPE (TVT-O) VS SINGLE INCISION SLING (SIS).
Y. Al Salhi, A. Pastore, G. Palleschi, S. Al Rawashdah, A. Ripoli, A. Fuschi, D. Autieri, A. Leto, L.
Silvestri, A. Carbone (Latina)
Scopo del lavoro
Valutare la qualità di vita (QoL) e la funzione sessuale in donne affette da incontinenza urinaria da sforzo
pura comparando gli outcomes della Tension free Suburethral Tape (TVT-O) e Single Incision Sling
(SIS).
Materiali e metodi
Sono state consecutivamente arruolate 48 pazienti affette da incontinenza urinaria da sforzo pura con
uretra normotonica e randomizzate in due gruppi di trattamento: TVT-O vs SIS. Entrambi i gruppi sono
risultati omogenei nella valutazione preoperatoria per età, BMI, comorbidità e gravidanze. Criteri di
esclusione sono l’incontinenza urinaria da urgenza, la vescica neurologica, la pregressa chirurgia per
incontinenza e disordini neurologici. La funzione sessuale femminile e la qualità di vita sono state
valutate nel preoperatorio e nel postoperatorio da un minimo di 3 mesi fino ad un massimo di 12 mesi,
mediante l’utilizzo del Female Sexual Function Index (FSFI) e dell’International Consultation on
Incontinence Questionnaire (ICIQ UI-SF) entrambi validati in lingua italiana.
Risultati
Da Dicembre 2013 a Gennaio 2015, 48 pazienti sono state arruolate e 42 hanno compilato entrambi i
questionari (21 per il gruppo TVT-O e 21 per il gruppo SIS). Il 90,4% delle pazienti sottoposte con
successo alla SIS, ha riportato una risoluzione completa (80,9%) o miglioramento (9,5%) della
incontinenza urinaria al follow-up. Nel gruppo della TVT-O è stato rilevato un recupero totale della
incontinenza nell’85,7 % ed un miglioramento nel 4,7%. Lo score del FSFI è incrementato
significativamente e comparabilmente in entrambi i gruppi (nel gruppo SIS è aumentato da 23.51 ± 3.78 a
27.42 ± 3.34; nel gruppo TVT-O è aumentato da 23.96 ± 5.56 a 28.09; p < 0.001). Una complicanza è
stata descritta nel gruppo TVT-O (erosione vaginale) ed una complicanza nel gruppo delle SIS (ritenzione
acuta di urine).
Discussione
Nel nostro studio entrambe le procedure hanno mostrato un alto tasso di guarigione senza riportare
complicanze maggiori. La funzione sessuale è migliorata con un incremento in tutti e sei i domini del
FSFI. Una casistica maggiore con un follow up più lungo sarà necessaria per stabilire quale tra le due
procedure possa essere superiore in termini di efficacia, sicurezza e qualità di vita correlata.
Conclusioni
La SIS e la TVT-O hanno riportato un grado di efficacia e sicurezza sovrapponibile nel migliorare la
qualità di vita correlata alla incontinenza urinaria. Analogamente, la funzione sessuale, indagata
attraverso il questionario FSFI, ha riportato un incremento sovrapponibile allo score. Infine, non sono
state rilevate differenze significative in termini di complicanze e risultati funzionali tra le due procedure.
85
P 86
OUTCOMES FUNZIONALI A LUNGO TERMINE IN PAZIENTI CON IPOCONTRATTILITA’
DETRUSORIALE ED INCONTINENZA URINARIA DA SFORZO O MISTA TRATTATE CON
SLING MEDIOURETRALE TRANSOTTURATORIA (TOT)
E. Costantini, E. Illiano, A. Giannantoni, C. La Penna, M. Gubiotti, A. Pastore, A. Carbone, A. Zucchi, F.
Natale (Perugia)
Scopo del lavoro
Scopo dello studio è valutare se la presenza di ipocontrattilità del detrusore (ID) pre-operatoria, in
pazienti con incontinenza urinaria da sforzo (IUS) o mista (IUM), influenzi l’outcome funzionale a lungo
termine dell’intervento di sling medio-uretrale trans-otturatorio (TOT).
Materiali e metodi
Da gennaio 2010 a dicembre 2012, 49 pz con IUS o IUM (maggiore componente da sforzo) associata ad
ID sono state sottoposte a TOT (Monarc®). Valutazione preop: anamnesi, esame obiettivo con Cough
Stress Test (CST), esame urodinamico, Urinary Distress Inventory Short Form (UDI-6), Incontinence
Impact Questionnaire – Short Form (IIQ-7). ID è stata calcolata utilizzando il PIP (Projected
Isovolumetric Pressure) (pressione detrusoriale al flusso massimo (Pdet Qmax) + (Qmax) – v.n. 30-75).
Follow up 3, 6, 12 mesi e poi annuale con: esame obiettivo con CST, esame urodinamico (1°anno),
International Consultation on Incontinence Questionnaire–Short Form (ICIQ-SF), Patient Global
Impression of Improvement (PGI), e King’s Health questionnarie (KHQ). La correzione della IUS è stata
valutata con CST e 1-hour PAD test, il tasso di cura soggettivo con ICIQ-SF e PGI-I. La QoL è stata
valutata usando il KHQ. Analisi statistica: X2 , t-test, Fisher exact test (p<0.05). Studio approvato dal
comitato etico locale.
Risultati
49 pz con IUS o IUM associata ad ID, età media 58.6±7.7 anni, BMI mediana 27.1 (18.2-38.4), parità
mediana 2 (0-4) sono state sottoposte a TOT. F-up mediano di 40 mesi (range 25-41). Nessuna
complicanza intraoperatoria. 4 pz (8.2%) hanno avuto 1 episodio di ritenzione urinaria (RU) post TOT
(RPM: > 100ml) trattata con 3 cateterismi intermittenti al giorno (3 pz per 48 ore, 1 per 4 giorni). Il tasso
di successo oggettivo per IUS è stato 85.7% (42 pz), quello soggettivo 81.5% (44 pz). I risultati del PGI
sono riportati in Tab.1a; i sintomi pre e post operatori in Tab.1b. I sintomi da riempimento (SR)
migliorano dopo TOT: urgenza e incontinenza da urgenza scompaiono in 16/26 (61.5%) e 15/23 (65.2%)
pz rispettivamente, e compaiono “de novo” in 3 e 2 pz. I SR persistenti migliorano con anti muscarinici
(12/15 pz). I sintomi da svuotamento (SS) non migliorano ma questo non influenza la QoL. Il KHQ
migliora in tutti i domini, anche nelle pz con SS persistenti. L’esame urodinamico post TOT non mostra
cambiamenti statisticamente significativi (Tab.1c). L’ID persiste nel 42.9% delle pz (PdetQmax <13
mmHg) nessuna pz è urodinamicamente ostruita sec. il nomogramma di Blaivas e Groutz.
Discussione
La TOT non influenza la fase di svuotamento vescicale nelle pz con ID pre-op. Dopo TOT il 57.1% delle
pz presenta una normale contrattilità del detrusore, probabilmente per l’aumentata resistenza uretrale
periferica e quindi del lavoro detrusoriale. Interessante è capire se il valore di Pdet Qmax<13 mmHg può
essere considerato un cut off, al di sotto del quale il detrusore non è capace di migliorare la performance.
Conclusioni
L’ID pre operatoria in pazienti con IU non influenza l’outcome della TOT.
86
P 87
SLING TOT: VARIAZIONE DEL GRADO DI SODDISFAZIONE AL FOLLOW UP A BREVE E
MEDIO TERMINE
M. Seveso, L. Castaldo, G. Taverna, R. Hurle, G. Giusti, N. Buffi, P. Casale, G. Lughezzani, A. Benetti,
G. Fiorini, L. Pasini, S. Zandegiacomo, S. Proietti, R. Peschechera, M. Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)
Scopo del lavoro
Il posizionamento di sling TOT rappresenta il gold standard nel trattamento dell’incontinenza urinaria da
sforzo femminile (SUI). Scopo di questo lavoro è la valutazione dei risultati funzionali, delle complicanze
e sopratutto del grado di soddisfazione da parte delle pazienti sottoposte a tale procedura, confrontando i
risultati al follow up a 1 anno e a 5 anni.
Materiali e metodi
Abbiamo valutato 55 pazienti sottoposte a posizionamento di sling TOT e per le quali era disponibile un
follow up di almeno 5 anni. Tutte le pazienti erano state studiate pre-operatoriamente con anamnesi,
esame obiettivo con cough stress test, International Consultation on Incontinence Questionnaire-Short
Form e valutazione urodinamica. Le pazienti sono state valutate successivamente al posizionamento della
sling TOT a 15 giorni, un mese, 6 mesi, un anno ed in seguito annualmente, per determinare il grado di
cura oggettivo e soggettivo mediante utilizzo di un Visual Analog Scale (VAS), esame pelvico,
registrazione dei disturbi minzionali ed eventuali complicanze. Abbiamo considerato le pazienti guarite se
cough stress test negativo, utilizzo di 0 assorbenti e nessuna necessità di nuovi trattamenti farmacologici o
chirurgici.
Risultati
La durata media dell’intervento è stata di 18 minuti, con perdite ematiche di 56 ml (20-150). Il follow up
medio è stato di 63 mesi (range 60-71). Non ci sono state complicanze intraoperatorie. Il catetere è stato
rimosso in prima giornata in tutte le pazienti ed è stato valutato il residuo post minzionale. Nel 91% dei
casi, le pazienti sono state dimesse dopo la prima giornata. Cause di più lunga degenza sono state:
iperpiressia (2/55) e residuo post minzionale superiore ai 150 cc (3/55). Al follow up ad un anno, il 92%
delle pazienti ha riportato uno VAS superiore all’80%, mentre a 5 anni solo il 69% (p value 0,001). Il
grado di cura soggettivo si è ridotto dall’84% dopo un anno al 62% a 5 anni. Ad un anno, l’85%
presentava una cura oggettiva mentre a 5 anni l’82% (p value 0,4). Le complicanze sono state classificato
in accordo alla classificazione di Clavien Dindo con 4 pazienti grado I, 6 con grado II, 3 con grado IIIa. 3
pazienti hanno lamentato una incontinenza urinaria da urgenza de novo, mentre il 30% ha lamentato la
persistenza dei disturbi urinari da urgenza. Ad 1 anno dall’intervento, la percentuale complessiva di
pazienti con incontinenza da urgenza era del 36% mentre a 5 anni è risultata del 48%. 2 pazienti hanno
necessitato di un nuovo intervento per recidiva della SUI.
Discussione
La sling TOT è una metodica sicura ed efficace per il trattamento dell’incontinenza urinaria da stress.
Conclusioni
I risultati a medio termine evidenziano però un peggioramento del grado di soddisfazione delle pazienti
per l’incidenza dell’urgenza minzionale/urge incontinence nonostante il mantenimento dei benefici
oggettivi.
87
P 88
ESTRIOLO INTRAVAGINALE A BASSO DOSAGGIO E RIABILITAZIONE DEL
PAVIMENTO PELVICO NELLE DONNE IN POST-MENOPAUSA CON INCONTINENZA
URINARIA DA SFORZO
G. Giovanditti, D. castellani, P. saldutto, V. galica, C. cicconeti, D. biferi, A. piccirilli, A. vallone, G.
paradiso galatioto, C. vicentini (teramo , italia )
Scopo del lavoro
Scopo del lavoro è stato quello di valutare l’uso di estriolo associato agli esercizi del pavimento pelvico,
all’elettrostimolazione e al biofeedback nell’incontinenza urinaria da sforzo (IUS)in donne in postmenopausa
Materiali e metodi
82 donne con IUS in post-menopausa sono state randomizzate in due gruppi tra giugno 2009 e giugno
2014. I criteri di inclusione sono stati: nessun trattamento chirurgico pregresso per IUS e/o prolasso urogenitale, assenza di incontinenza urinaria da urgenza, stadio ≤2 POP-Q system, assenza di insufficienza
epatica, assenza di neoplasie mammarie e/o uterine, assenza di pregressatrombosi venosa profonda, body
mass index≤ 30 kg/m2. La severità dell’incontinenza è stata graduata secondo O’Sullivan in lieve (4–20
g/24 hr), moderata (21–74 g/24 hr) e severa (>75 g/24 hr). Le pazienti con incontinenza severa sono state
escluse dallo studio. Il gruppo 1 ha ricevuto per 6 mesi l’associazione di esercizi del pavimento pelvico,
elettrostimolazione transvaginale e biofeedback. Il gruppo 2 lo stesso trattamento associato a 1 mg di
estriolo intravaginale una volta alla settimana per 4 settimane e quindi due ovuli alla settimana per 20
settimane. Le pazienti sono state valutate con esame obiettivo, esame urodinamico, pad test a 24 ore. la
IUS è stata valutata usando la versione ridotta dell’ICI questionnaire on urinary incontinence e la qualità
della vita usando la versione ridotta dell’Incontinence Impact Questionnaire.
Risultati
Due pazienti sono state perse al follow-up ed una è uscita volontariamente dallo studio. A 6 mesi la
perdita media di urina al pad test è scesa da 42,3±20,2 gr/die a 31,5±14,2 gr/die nel gruppo 1 e da
48,3±19,8 gr/die a 22,3±10,1 gr/die nel gruppo 2. I questionari sull’incontinenza hanno evidenziato un
miglioramento statisticamente significativo migliore nel gruppo 2 rispetto al gruppo 1.
Discussione
il basso apparato urinario femminile è sensibile agli estrogeni.Questo è supportato dall’evidenza che il
deficit estrogenico in post-menopausa causa cambiamenti atrofici non solo nei genitali, ma anche nel
basso apparto urinario. Questa atrofia può determinare sintomi minzionali (urgenza, frequenza,
incontinenza da sforzo) e infezioni del tratto urinario. I risultati del nostro studio evidenziano che
l’aggiunta dell’estriolo intravaginale ai classici trattamento conservativi di prima linea migliorano
l’incontinenza urinaria e la qualità della vita rispetto al gruppo non trattato con estrogeni. Questa efficacia
può essere spiegata con il miglioramento che l’estriolo apporta alla funzione del pavimento pelvico
ottenuta con gli esercizi e l’elettrostimolazione. Infatti l’effetto dell’estriolo nel fattore di “sofficità
uretrale”gioca un ruolo importante nell’efficienza di chiusura uretrale generata dal pavimento pelvico in
risposta agli incrementi di pressione addominale
Conclusioni
L’estriolo associato all’elettrostimolazione agli esercizi del pavimento pelvico e al biofeedback è un
trattamento conservativo efficace e sicuro in donne in post-menopausa con IUS
88
P 89
LA VALUTAZIONE URODINAMICA PRIMA DI ESEGUIRE UNA CORREZIONE
CHIRURGICA PER L’INCONTINENZA DA STRESS IN PAZIENTI DONNE: ANALISI DEI
COSTI IN ITALIA
E. Finazzi Agrò, G. Patruno, D. Del Fabbro, F. Petta, G. Vespasiani, M. Serati (Roma)
Scopo del lavoro
Il ruolo dell’esame urodinamico (UD) è stato recentemente messo in discussione: in particolare, pazienti
con incontinenza non complicata, da stress (IUS) o mista, sembrano mostrare gli stessi risultati postoperatori se esaminati con o senza UD. Recenti dati statunitensi mostrano un potenziale risparmio di circa
13-33 mln di $ se l’UD non fosse eseguito rispettivamente in una bassa o alta percentuale di pazienti non
complessi (PNC). Questo studio si propone di valutare i costi dell’UD prima della chirurgia per l’IUS in
Italia e il possibile risparmio escludendo questi esami nei PNC.
Materiali e metodi
I costi dell’UD sono stati calcolati considerando il massimo DRG previsto dal SSN per la prestazione di
cistomanometria, studio pressione-flusso e profilo di pressione uretrale. Il totale dei costi delle procedure
chirurgiche è stato calcolato dal database dei centri di uroginecologia e urologia del 2012. La percentuale
di pazienti considerati PNC sono stati estrapolati dalla letteratura. I costi sono stati calcolati come se ogni
paziente prima dell’intervento fosse sottoposto a UD con il massimo DRG. I costi sono stati calcolati in €
e in $ e il totale potenzialmente risparmiabile è stato riconsiderato in totale e per 1000 abitanti.
Risultati
Il massimo DRG per l’UD è di 206 € (223,07 $). Nel 2012 sono stati eseguite circa 10.000 procedure
chirurgiche per IUS. Il massimo rimborso totale per l’UD in questi pazienti è di 2.060.000 € (2.230.700
$). La percentuale di PNC in Italia è del 36%; quindi il risparmio teorico è di 741.600 € (802.441,20 $). Il
totale di interventi per IUS in Italia è 1/6000 abitanti (popolazione circa 60.000.000); negli US è 1/1215
abitanti (popolazione US: 316.000.000); il totale risparmiato per 1000 abitanti è di 13,72$ in Italia, negli
US tra 41,14 $ e 104,43$.
Discussione
Escludendo l’UD nei PNC prima della chirurgia per IUS si possono risparmiare un totale di 741.600 €
(802.441,12 $, 13,72$/1000 persone). Queste cifre sembrano considerabilmente più basse di quelle
stimate per gli US (13-33 mln $; 41,14-104,43 $/1000 abitanti). Le ragioni di questa differenza sono: un
numero più basso di interventi eseguiti in Italia (corretti per la popolazione totale); DRG per l’UD più
bassi; un numero più basso di PNC calcolato in letteratura (36 vs. 50%). Limiti dello studio: i costi sono
stati calcolati nell’ipotesi di omettere l’UD in tutti i PNC; non è stato considerato il privato. I punti di
forza sono: dati su % di PNC, interventi e rimborsi provenienti da database multicentrici e dati ufficiali
del SSN. Il totale risparmiabile in Italia sembra più basso che negli US, e forse poco rilevante rispetto ai
costi globali per l’incontinenza urinaria (300 mln di € l’ anno per gli ausili per l’incontinenza, secondo la
Federazione Italiana Incontinenti).
Conclusioni
I costi dell’UD sembrano moderati in Italia e più bassi rispetto a quelli riportati negli US; il risparmio
ottenuto dalla non esecuzione dell’UD nei PNC non sembra rilevante in confronto ai costi totali
dell’incontinenza urinaria.
89
P 90
L'AUMENTATA ESPRESSIONE DEL FATTORE AUTOCRINO DI MOTILITà (G6PI/AMF) SI
ASSOCIA CON UNA PROGNOSI PEGGIORE E PROMUOVE LA MIGRAZIONE
CELLULARE, L'INVASIONE E L'ANGIOGENESI NEL CARCINOMA RENALE A CELLULE
CHIARE
M. Rutigliano, G. Lucarelli, V. Galleggiante, A. Giglio, S. Palazzo, M. Campagna, C. Miacola, F.
Selvaggi, C. Bettocchi, P. Ditonno, M. Battaglia (Bari)
Scopo del lavoro
La Glucosio-6-fosfato isomerasi (G6PI) o fosfoglucosio isomerasi, rappresenta il secondo enzima
glicolitico nella via che porta all’interconversione del glucosio-6-fosfato in fruttosio-6-fosfato. Recenti
studi attribuiscono alla G6PI anche il ruolo di fattore autocrino di motilità (AMF). Quest'ultimo media i
suoi effetti biologici attraverso l’interazione con il recettore di membrana (AMFR/gp78). Il nostro studio
ha valutato il ruolo dell’interazione G6PI/AMFR nei processi di migrazione cellulare, invasione ed
angiogenesi nell'ambito del carcinoma renale a cellule chiare (ccRCC). Inoltre, è stato analizzato il
significato prognostico della G6PI nella sopravvivenza cancro specifica (CSS) e libera da malattia (PFS).
Materiali e metodi
Sono stati analizzati campioni di tessuto renale sano e tumorale provenienti da 120 pazienti sottoposti a
nefrectomia radicale per ccRCC. L’immunoistochimica (IHC) e l'immunofluorescenza (IF) sono state
impiegate per determinare la localizzazione e l’espressione delle proteine G6PI e AMFR all’interno del
tessuto paraffinato. Mentre, dal tessuto raccolto a fresco, sono state isolate le cellule epiteliali normali e
tumorali ed utilizzate per i test di migrazione, invasione cellulare ed angiogenesi in vivo mediante la
tecnica della membrana corioallantoidea (CAM).
Risultati
L'IHC ed IF hanno mostrato un aumento del segnale di G6PI e AMFR nelle cellule tumorali e la loro colocalizzazione sulla membrana plasmatica. Dai test in vivo ed in vitro è emerso che AMFR è implicato
nei processi di migrazione cellulare, invasione ed angiogenesi. Infine, le curve di Kaplan-Meier hanno
dimostrato una ridotta sopravvivenza nei pazienti con elevati livelli di G6PI (a 5 anni: CSS 57.6% vs
94.2%; PFS 52.9% vs 95.1%). All'analisi multivariata, la G6PI rappresenta un fattore prognostico avverso
indipendente per la CSS (HR=1.26; P=0.001), e la PFS (HR=1.16; P=0.01).
Discussione
L'enzima glicolitico G6PI/AMF e il suo recettore di superficie (AMFR), sono coinvolti nei processi di
migrazione cellulare, invasione e angiogenesi. Inoltre pazienti con elevati livelli di questo enzima
presentano una ridotta sopravvivenza cancro-specifica e una ridotta sopravvivvenza libera da
progressione rispetto ai pazienti con bassi livelli di espressione.
Conclusioni
I nostri risultati suggeriscono un coinvolgimento dell’interazione G6PI/AMFR nei processi di migrazione
cellulare, invasione ed angiogenesi nell'ambito del ccRCC. Inoltre, la G6PI rappresenta un fattore
prognostico indipendente per la CSS ed la PFS.
90
P 91
ANALISI DEL PROFILO METABOLOMICO DELLA GLICOLISI E DELLA VIA DEI
PENTOSO FOSFATI NEL CARCINOMA RENALE A CELLULE CHIARE
G. Lucarelli, V. Galleggiante, M. Rutigliano, A. Giglio, S. Palazzo, A. Vavallo, C. Miacola, M. Matera,
F. Selvaggi, C. Bettocchi, P. Ditonno, M. Battaglia (Bari)
Scopo del lavoro
In questo studio abbiamo analizzato il profilo metabolico della glicolisi e della via dei pentoso
fosfati(PPP) in cellule primarie ottenute da carcinoma renale a cellule chiare(ccRCC).Inoltre abbiamo
studiato la funzione di queste due vie metaboliche nel favorire la proliferazione e l’invasione
cellulare.Infine è stato analizzato il ruolo di alcuni enzimi chiave del metabolismo glicidico come
possibili fattori prognostici nella sopravvivenza cancro-specifica(CSS) e libera da malattia(PFS).
Materiali e metodi
Sono stati raccolti campioni di tessuto renale sano e tumorale da 60 pazienti sottoposti a nefrectomia
radicale per ccRCC.L’analisi metabolica è stata effettuata attraverso spettrometria di massa con
Cromatografia liquida (LC/MS) o Gas cromatografia (GC/MS).E' stata analizzata l’espressione degli
enzimi della glicolisi e della PPP. Sono state effettuate analisi di immunoistochimica per identificare la
localizzazione e l’espressione delle diverse proteine.Infine sono stati condotti saggi ELISA, test di vitalità
cellulare tramite conte cellulari ed MTT e saggi di immunofluorescenza per la produzione di radicali
liberi(ROS).
Risultati
Nel tessuto neoplastico è stato osservato un aumento dell’uptake e dell’utilizzo del glucosio come anche
un incremento dell’attività degli enzimi glicolitici(P<0.0001).Anche l’espressione degli enzimi della PPP
in particolare G6PDH(glucose-6-phosphate dehydrogenase) e TKT(Transketolase) risultava
aumentata(P<0.0001).Questi risultati, suggeriscono che nelle cellule tumorali esiste un shift del
metabolismo degli zuccheri verso la via PPP, con lo scopo di promuovere le reazioni anaboliche e di
mantenere l’omeostasi ossido-riduttiva intracellulare.In particolare abbiamo ipotizzato che la G6PDH
avesse un ruolo chiave sia nella proliferazione delle cellule tumorali renali che nella produzione di
NADPH. Questa ultima ipotesi è stata validata bloccando l’attività della G6PDH attraverso un inibitore
competitivo, la 6-aminonicotinamide(6-AN), e con la tecnologia dei siRNA.L’inibizione dell’enzima
nelle cellule tumorali, ha determinato una significativa diminuzione della vitalità cellulare(P=0.001), una
diminuzione dei livelli di NADPH(P=0.001) ed un incremento della produzione dei ROS(P=0.001). Il
dato traslazionale è stato validato attraverso curve di Kaplan-Meier per la CSS e PFS, che hanno
evidenziato come i pazienti con elevata espressione di G6PDH e TKT presentavano ridotte
sopravvivenze.
Discussione
Nel ccRCC esiste uno shift del metabolismo degli zuccheri verso la via PPP allo scopo di favorire i
processi anabolici e mantenere l'equilibrio redox intracellulare.
Conclusioni
I nostri dati suggeriscono che nel ccRCC il metabolismo degli zuccheri è reindirizzato verso la via PPP.
In particolare il flusso degli zuccheri attraverso la PPP, in associazione con la up-regolazione della
G6PDH, promuove sia reazioni anaboliche che di blocco della produzione dei ROS. Il blocco di questa
via metabolica potrebbe rappresentare un nuovo target terapeutico nel ccRCC.
91
P 92
L’ANALISI INTEGRATA DEL PROFILO METABOLOMICO E TRASCRITTOMICO
IDENTIFICA NUOVE PATHWAY MOLECOLARI E POTENZIALI TARGET TERAPEUTICI
NEL CARCINOMA RENALE A CELLULE CHIARE.
G. Lucarelli, V. Galleggiante, M. Rutigliano, A. Giglio, S. Palazzo, A. Vavallo, F. Giangrande, S. Forte,
O. Colamonico, F. Sebastiani, F. Selvaggi, C. Bettocchi, P. Ditonno, M. Battaglia (Bari)
Scopo del lavoro
La progressiva introduzione di tecnologie high-throughput ha portato ad una comprensione approfondita
dei meccanismi molecolari alla base dello sviluppo del cancro. L'analisi del metabolismo delle cellule
tumorali ha dimostrato come queste richiedano una grande quantità di diverse sostanze nutritive, al fine di
sostenere la loro elevata capacità proliferativa. In questo studio abbiamo analizzato il profilo metabolico
globale del carcinoma renale a cellule chiare (ccRCC), integrandolo attraverso metodiche di
bioinformatica con il profilo di espressione genica.
Materiali e metodi
Campioni di tessuto renale neoplastico (n=40) e nomale (n=20) sono stati raccolti da pazienti sottoposti a
nefrectomia radicale o parziale per ccRCC. L’analisi dei metaboliti è stata eseguita con cromatografialiquida/spettrometria di massa(LC/MS) o gas-cromatografia/spettrometria di massa(GC/MS). I metaboliti
sono stati successivamente classificati in base alle pathway metaboliche in cui sono coinvolti ed è stata
eseguita una “random forest classification” (RF) e “una principal component analysis” (PCA) sui dati.
Successivamente, attraverso l’utilizzo di “Cytoscape”, il profilo metabolomico globale è stato integrato
con quello trascrittomico proveniente di dati pubblicati nel Cancer Genome Atlas (TCGA).
Risultati
Sono stati dosati un totale di 516 metaboliti di cui 378 (73.2%) differentemente espressi tra tessuto
neoplastico e normale (187 sovraespressi;191 sottoespressi). L’applicazione delle analisi RF e PCA ha
permesso di evidenziare una chiara distinzione nel profilo metabolomico tra tessuto sano e patologico. In
particolare il ccRCC presenta una profonda perturbazione nel metabolismo del glucosio e della via dei
pentoso fosfati. Inoltre a causa dell’accelerata glicolisi, si evidenzia un’aumentata produzione di
intermedi del ciclo di Krebs (citrato e succinato) e l’attivazione della via glutaminolitica (elevati livelli di
glutamato e glutamina).Altre alterazioni coinvolgono il metabolismo degli aminoacidi e degli acidi grassi.
Infine l’integrazione dei dati di metabolomica con quelli relativi al profilo di espressione genica hanno
consentito di generare delle network bayesiane che hanno evidenziato il modo in cui i geni regolano le
attività metaboliche cellulari nel tumore.
Discussione
In questo studio viene definito per la prima volta il metaboloma del ccRCC. In particolare l’analisi del
profilo biochimico globale ha dimostrato una profonda alterazione delle vie metaboliche coinvolgenti il
metabolismo dei glicidi, dei lipidi e degli aminoacidi. Inoltre l’analisi integrata ha consentito di
comprendere in che modo un’alterata espressione genica si associa alle perturbazioni metaboliche nel
ccRCC.
Conclusioni
Il ccRCC è essenzialmente una malattia metabolica in cui le alterazioni delle vie di trasduzione del
segnale si associano a profonde perturbazioni del metabolismo cellulare.L’analisi di queste alterazioni
rappresenta la base per la scoperta di nuovi marcatori e l’identificazione di nuovi target terapeutici.
92
P 93
MODULAZIONE DEL METABOLISMO LIPIDICO E GLICIDICO IN COLTURE CELLULARI
PRIMARIE E CANCER STEM CELLS DI CCRCC: UN NUOVO APPROCCIO PER
L’IDENTIFICAZIONE DI TARGET TERAPEUTICI
C. Meregalli, S. Bombelli, B. Torsello, G. Bovo, P. Viganò, R. Perego, C. Bianchi, G. Strada (Monza)
Aim of the study
Nel carcinoma renale a cellule chiare (ccRCC) le cellule hanno citoplasma chiaro per l’abbondante
accumulo di lipidi e glicogeno. L’inattivazione bi-allelica del gene von Hippel -Lindau causa attivazione
costitutiva dei fattori inducibili dall’ipossia 1a e 2a che hanno un ruolo chiave nelle alterazioni del
metabolismo glicidico e lipidico responsabili del fenotipo “clear” nell’ccRCC. Inoltre l’analisi proteomica
e metabolomica di tessuti e urine di pazienti ccRCC ha evidenziato alterazioni grado-dipendenti. Anche
nell’ccRCC è stata dimostrata l’esistenza di un sottogruppo di cellule chiamate “cancer stem cells” (CSC)
responsabili del mantenimento della crescita tumorale e della chemioresistenza. Ad oggi non si hanno dati
sul metabolismo delle CSC e in particolare sulle CSC nell’ccRCC. Le CSC e le cellule dell’ccRCC
potrebbero differentemente utilizzare il metabolismo glicidico e lipidico in base al grado tumorale, e su
questo diverso comportamento metabolico potrebbero convergere potenziali interventi terapeutici. Scopo
del nostro lavoro è stato quello di valutare l’effetto dell’inibizione di vie metaboliche specifiche, in
particolare della glicolisi e della beta-ossidazione degli acidi grassi (FAO), sulla vitalità delle cellule di
ccRCC e sulla capacità di self-renewal delle CSC ottenute da tumori a diverso grado.
Materials and methods
Da campioni tessutali di ccRCC a diverso grado Fuhrman sono state allestite colture primarie di cellule
tumorali e di sfere tumorali clonali in sospensione arricchite in CSC. Entrambi i modelli cellulari sono
stati caratterizzati dal punto di vista fenotipico e molecolare, e sono stati coltivati, rispettivamente per 72
ore e 7 giorni, in terreni addizionati con 5 mM 2DG (inibitore della glicolisi) o con 50 uM Etomoxir
(inibitore della FAO). Al termine del trattamento la vitalità cellulare delle colture è stata valutata con
saggio MTT, mentre la capacità di self-renewal delle CSC è stata valutata misurando l’efficienza di
formazione delle sfere (SFE).
Results
Il saggio MTT ha evidenziato una diminuzione della vitalità cellulare solo nelle colture cellulari di tumori
di basso grado (G2) trattate con Etomoxir, e in quelle di alto grado (G3) trattate con 2DG. Solo le colture
di sfere tumorali ottenute da tumori di alto grado (G3) mostravano una significativa diminuzione della
SFE per effetto di Etomoxir e 2DG.
Discussion
I dati ottenuti, seppure preliminari, dimostrano quindi che le cellule dell’ccRCC dipendono
metabolicamente dalla FAO e dalla glicolisi in modo differente in base al grado, e che l’inibizione della
glicolisi e della FAO ha un effetto diverso e grado-dipendente sulla vitalità delle cellule di ccRCC e sulla
capacità di self-renewal delle relative CSC.
Conclusions
La comprensione degli aspetti metabolici delle cellule tumorali e delle CSC nell’ccRCC e delle
correlazioni con il grado tumorale faciliterà lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche personalizzate e
mirate verso le CSC.
93
P 94
L'ESPRESSIONE DEL GENE EGF-R NEL LIQUIDO DI LAVAGGIO VESCICALE: UNO
STUDIO DI FATTIBILITà
C. Scalici Gesolfo, V. Alonge, F. Di Maida, G. Tulone, A. Cangemi, S. Caruso, A. Russo, V. Serretta
(Palermo)
Scopo del lavoro
L' Epidermal Growth Factor (EGF) è un potente promotore della crescita tumorale. La sua concentrazione
è ridotta nelle urine dei pazienti affetti da tumore vescicale confermando il ruolo svolto dall' interazione
col proprio recettore (EGFR) nello sviluppo e nella progressione tumorale. L'EGFR è iperespresso nei
tumori invasivi e di alto grado. L'obiettivo del nostro studio è quello di valutare la fattibilità del dosaggio
dell'EGFR nel liquido di lavaggio vescicale nei pazienti affetti da tumori vescicali non muscolo invasivi
(NMIBC).
Materiali e metodi
Sono stati reclutati pazienti affetti da NMIBC sottoposti a chemioterapia endovescicale adiuvante e
controlli sani di età analoga. In uno studio preliminare, è stato selezionato il lavaggio vescicale piuttosto
che le urine per la loro variabilità la più facile contaminazione. Campioni di lavaggio vescicale sono stati
raccolti sia prima, durante e dopo la terapia endovescicale che durante il follow- up, centrifugati 2 volte a
1200 rpm per 10 minuti in una soluzione salina fredda tamponata coi fosfati ottenendo un pellet cellulare
conservato poi a -80 °C. L'espressione genica dell'EGFR è stata valutata isolando l’RNA tramite Real
Time- PCR e con il metodo della quantizzazione comparativa (ΔΔCt) utilizzando il controllo endogeno
18s per normalizzare il segnale relativo all’mRNA. Ogni reazione è stata allestita in triplice controllo. I
valori di espressione genica sono stati presentati come incremento o decremento in fold rispetto ai casi
controllo (valore pari a 1)
Risultati
Sono stati reclutati 32 pazienti e 13 controlli. In totale sono stati raccolti 52 campioni di lavaggio
vescicale. I pellet cellulari per l'espressione dell'EGFR sono stato ottenuti in 26 pazienti (81,2%), 22
maschi e 4 femmine, con un'età media di 71 anni (range:52-83) e in 10 controlli (76,9%). Rispettivamente
8, 16 e 2 pazienti presentavano dei tumori di stadio Ta, T1 e Tis; singoli in 7 e multipli in 17; primitivi in
11 e recidivi in 16. In 6 pazienti è stato diagnosticato un Tis concomitante. L'espressione media
dell'EGFR è risultata 2,4 fold comparata ai controlli (EGFR =1). Quattro pazienti (15%) presentavano alti
livelli di EGFR dopo TUR con una mediana di 4 fold . L'espressione dell'EGFR è aumentata in 9 pazienti
(34%) con una mediana di 4 fold (range: 2,5-8) ritornando entro il limite in 3 di essi dopo terapia
adiuvante.
Discussione
L'EGFR si localizza nello strato basale dell'urotelio. La sua attivazione promuove la crescita cellulare
bloccando l'apoptosi e inducendo la proliferazione, la motilità, l'adesione e la capacità d'invasione. Il
nostro studio suggerisce la fattibilità del dosaggio dell'EGFR nei NMIBC evitando la biopsia. É stato
tecnicamente possibile valutare l'espressione del gene EGFR dopo la TUR in più dell'80% dei pazienti e
nel 15% di essi è risultato up- regolato.
Conclusioni
L'EGFR potrebbe rappresentare non solo un importante marker prognostico ma anche un target per
terapie future.
94
P 95
AZIONE CHEMIO-PREVENTIVA E TRATTAMENTO DELLE LESIONI VESCICALI
RECIDIVANTI SUPERFICIALI: RISULTATI PRELIMINARI
F. MASTROENI, P. Pappa (MESSINA)
Scopo del lavoro
L’ obiettivo dello studio è di studiare l’evoluzione delle recidive delle neoplasie vescicali superficiali con
grading basso in pazienti di sesso maschile e femminile di età comprese fra i 50 e 80 anni con storia di
neoplasia vescicale primitiva e recidivante , sottoponendoli a terapia con un complesso a base di Acido
Ellagico e Annone Muricata immediatamente dopo l’asportazione endoscopica delle lesioni.
Materiali e metodi
Lo studio prevede il reclutamento di tre gruppi di pazienti in relazione alle tre diverse categorie •
GRUPPO A (basso rischio: lesione unica, Ta, G1, volume < 3 cm di diametro) • GRUPPO B (rischio
intermedio: multifocale, Ta-T1, G1-G2, volume > 3 cm di diametro) • GRUPPO C (alto rischio:
multifocale o con alto tasso di recidiva T1, G3, CIS) Tutti i pazienti sono stati sottoposti a terapia con
somministrazione del complesso di Acido Ellagico 16 mg ed Annona Muricata 100 mg/die per 6 mesi e
sottoposti a cistoscopia di follow-up dopo 6 mesi dall’asportazione della lesione primaria. E’ stata
valutata l’eventuale tempo di recidiva o assenza di lesioni.
Risultati
GRUPPO A: 30 pazienti eta’ media 67 anni, nessun paziente ha presentato a 6 mesi una recidiva locale
GRUPPO B: 30 pazienti eta’ media 68 anni, 3 pazienti (10%) hanno presentato una recidiva locale
inferiore al centimetro GRUPPO C: 20 pazienti età media 71 anni 6 pazienti (30%) hanno presentato una
recidiva di cui 4 pazienti (20%) multifocale di dimensioni inferiori a 5 mm e 2 pazienti (10%) monofocale
di dimensioni di circa 1 cm. Tutti i 20 pazienti di questo gruppo sono stati sottoposti a terapia
endocavitaria.
Discussione
Il carcinoma superficiale della vescica (Ta, Tis, T1), trattato con resezione endoscopica (TUR-BT),
presenta un alto, seppur variabile, rischio di recidiva (30-85%) (5). Tale rischio anche nei tumori a basso
grado è rispettivamente del 34%, 50% e 64% a 2, 5 e 10 anni (6). Anche se di non facile interpretazione, è
stata sottolineata l'importanza del fattore radicalità chirurgica. Tuttavia, generalmente i fattori prognostici
che definiscono il rischio di recidiva della malattia sono, in ordine di importanza: la multifocalità, il
tempo di insorgenza della prima recidiva, il volume della lesione, il grado ed infine lo stadio T. Il rischio
di progressione del carcinoma uroteliale superficiale, verso una forma più avanzata è subordinato agli
stessi fattori sopracitati, ma con un diverso ordine di importanza: grado, stadio T, multifocalità, frequenza
delle recidive e volume della neoplasia.
Conclusioni
Tutti i pazienti sono stati sottoposti a terapia con somministrazione del complesso di Acido Ellagico 16
mg ed Annona Muricata 100 mg/die per 6 mesi e sottoposti a cistoscopia di follow-up dopo 6 mesi
dall’asportazione della lesione primaria con una risposta positiva correlata ai dati della letteratura
95
P 96
POLIMORFISMO GENETICO COME FATTORE PREDITTIVO DI
UPGRADING/UPSTAGING NELLA NEOPLASIA PROSTATICA A BASSO RISCHIO: STUDIO
PROSPETTICO SU UNA SERIE CONSECUTIVA DI PAZIENTI SOTTOPOSTI A
PROSTATECTOMIA RADICALE
G. Costa, A. Guttilla, M. Mancini, P. Beltrami, G. Toffoli, C. Zanusso, R. Bortolus, F. Zattoni, F. Dal
Moro (Padova)
Scopo del lavoro
Scopo del lavoro e' stato valutare la correlazione tra l'espressione di polimorfismi di alcuni geni coinvolti
nella riparazione del DNA e la presenza di caratteristiche patologiche sfavorevoli (quali malattia
localmente avanzata e valori di Gleason score elevato) nei preparati istologici di un gruppo di pazienti
con tumore alla prostata a basso rischio sottoposto a prostatectomia radicale. I dati ottenuti dall’analisi di
tali correlazioni possono risultare utili nella creazione di un panel di fattori predittivi.
Materiali e metodi
Sono stati analizzati i dati clinico-strumentali e le caratteristiche patologiche di 45 soggetti con neoplasia
prostatica a classe di rischio bassa secondo D’Amico (cT1-cT2a, Gleason score < 6, PSA < 10 ng/ml) e
sottoposti a prostatectomia radicale. In particolare i parametri analizzati sono stati: eta', PSA, rapporto
PSA libero/totale, volume TRUS, numero di prelievi alla biopsia, numero di frustoli positivi, rapporto
massimo neoplasia frustolo. Si e' provveduto a raccogliere un campione di saliva da ogni singolo paziente
al fine di analizzare i polimorfismi genetici ricercati. Sui campioni ottenuti e' stata eseguita l’estrazione
del DNA e l'analisi dei polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs) hEXO1 Ex12+49T>C, hMSH6 556T>G
e XPD 23591A>G.
Risultati
Nel 55.7% dei casi si e' verificato un upgrading e nel 26.7% upstaging della malattia, confermando il
ruolo predittivo del PSA sia per l’upgrading (p = 0.0169), sia per l'upstaging (p = 0.0376), che per
upgrading associato ad upstaging (p = 0.0040). Inoltre l’eta' del paziente risulta essere fattore predittivo di
upgrading (p = 0.0045) e il volume prostatico alla TRUS di upstaging patologico (p = 0.0281). Infine, e'
stata riscontrata una correlazione con il numero di frustoli positivi alla biopsia diagnostica e upstaging
patologico (p = 0.0191) e upstaging/upgrading associati (p = 0.0349). Per quanto riguarda i risultati delle
analisi dei SNPs, sono emerse delle correlazioni potenzialmente interessanti, ma non statisticamente
significative dato l’esiguo numero di pazienti da cui e’ composto lo studio. La correlazione piu' forte e'
emersa tra upstaging e il polimorfismo XPD_23591A>G secondo il modello A dominante (p = 0.164).
Un'altra correlazione potenzialmente interessante e' stata verificata tra upgraging e polimorfismo
hEXO1_Ex12+49 – T>C secondo il modello dell’allele T dominante (p = 0.256).
Discussione
Il presente studio ha confermato come alcuni tra i parametri clinico-patologici piu' utilizzati siano
predittivi di upgrading e upstaging patologico (PSA in primis). L'analisi statistica ha evidenziato come i
polimorfismi non possiedano una capacita' predittiva tale da giustificare un loro impiego in modo
solitario, ma potrebbe risultare maggiormente significativo un loro utilizzo in associazione con altri
parametri clinico-patologici (in un panel predittivo).
Conclusioni
Questo studio aveva la finalita' di testare metodica e risultati ottenuti da questa fase 'pilota' ne autorizzano
la prosecuzione prospettica.
96
P 97
LA PERDITA D’ESPRESSIONE DI LKB1/STK11 è UN EVENTO PRECOCE NELLO
SVILUPPO DEL CARCINOMA PROSTATICO E PREDICE LA RISPOSTA TERAPEUTICA
AGLI INIBITORI DI P38α
V. Grossi, G. Lucarelli, G. Forte, A. Germani, M. Rutigliano, V. Galleggiante, S. Palazzo, P. Ditonno, N.
Resta, C. Simone, M. Battaglia (Bari)
Scopo del lavoro
Recentemente è stato dimostrato che topi knockout per il gene LKB1 sviluppano iperplasia atipica e
neoplasia prostatica intraepiteliale(PIN). Inoltre, l’iperespressione e iperattivazione della via di p38
nell’iperplasia prostatica benigna e soprattutto nel PCa, è stata associata ad una aumentata proliferazione
e sopravvivenza cellulare. In questo studio abbiamo valutato il ruolo di LKB1 nella carcinogenesi
prostatica e l’associazione tra l’attività della pathway di LKB1/AMPK e la via di p38, al fine
d’identificare nuovi target terapeutici.
Materiali e metodi
Abbiamo analizzato 130 prostate provenienti da pazienti sottoposti a prostatectomia radicale per
carcinoma prostatico (PCa). Sono stati allestiti tissue microarray (TMA), colture cellulari tumorali di
linea continua (PC3, DU145, LnCaP, VCap) e primarie derivanti da tessuto prostatico. Tali campioni
sono stati analizzati mediante Immunoblotting e real-time PCR. Infine, sono stati condotti esperimenti di
trasfezione e di analisi della proliferazione cellulare con metodica WST-1.
Risultati
L’espressione di LKB1 risultava significativamente ridotta nel tessuto tumorale rispetto al tessuto
normale e i livelli di questa proteina diminuivano progressivamente nel corso della carcinogenesi, con una
significativa riduzione nel HGPIN ed una completa perdita nel PCa. Per comprendere il ruolo di LKB1 e
p38 nel PCa, abbiamo utilizzato 2 linee cellulari, una wt per LKB1 (PC3) e l’altra con LKB1 mutato
(DU145); entrambe esprimevano p38α. Al test di proliferazione, le DU145 mostravano elevata attività di
p38 e bassa attività di AMPK, mentre le PC3 mostravano un andamento opposto. L’inibizione della p38α
induceva un marcato incremento di P-AMPK nelle PC3, ma non nelle DU145, a confermare il ruolo di
LKB1 come principale attivatore a monte della via di AMPK. La ricostituzione della funzione wt di
LKB1 nelle DU145, ripristinava l’attivazione di P-AMPK in risposta al blocco di p38α. L’inibizione di
p38 incideva sulla crescita cellulare, risultando citotossica nelle DU145 e citostatica nelle PC3. L’analisi
molecolare mostrava l’attivazione dell’apoptosi nelle DU145 e l’innesco della pathway autofagica nelle
PC3 trattate con gli inibitori di p38 (p38i). Il ripristino della funzione wt di LKB1 promuoveva la
resistenza a p38i riducendo l’apoptosi nelle DU145. In modo opposto, l'inibizione dell’autofagia o di
AMPK innescava l'apoptosi nelle PC3 trattate con p38i. Inoltre gli esperimenti condotti nelle colture di
cellule primarie derivate dai pazienti hanno dimostrato l’esistenza di una correlazione inversa tra i livelli
di LKB1 e la morte cellulare indotta da p38i.
Discussione
La disattivazione di LKB1 è un evento precoce nella carcinogenesi prostatica e predice la risposta
terapeutica agli inibitori di p38α
Conclusioni
LKB1 sembrerebbe un fattore chiave coinvolto nelle prime fasi della carcinogenesi prostatica e potrebbe
essere usato come marker predittivo di risposta terapeutica agli inibitori di p38 nei pazienti con PCa.
97
P 98
LA SUPERFICIE VASCOLARE MORFOMETRICA è MAGGIORE NEL TESSUTO
PROSTATICO NON NEOPLASTICO DA BIOPSIE CHE NEL CARCINOMA PROSTATICO
F. Grizzi, G. Taverna, P. Colombo, M. Seveso, G. Giusti, S. Proietti, G. Fiorini, P. Casale, G.
Lughezzani, N. Buffi, A. Benetti, S. Zandegiacomo, L. Castaldo, R. Hurle, L. Pasini, R. Peschechera, M.
Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)
Scopo del lavoro
Valutare la vascolarizzazione bidimensionale in campioni biotici di soggetti affetti da carcinoma
prostatico per mezzo di un sistema di analisi di immagine oggettiva computerizzata, e valutare eventuali
correlazioni tra i dati ed i parametri clinici e patologici attualmente in uso
Materiali e metodi
Sono state analizzate, mediante l’utilizzo di anticorpi CD34 e di un sistema digitalizzato di analisi di
immagine che quantificata automaticamente la superficie vascolare, 680 sezioni bioptiche corrispondenti
a 170 pazienti affetti da carcinoma prostatico di differente stadio e grado tutti successivamente sottoposti
a prostatectomia radicale presso lstituto Clinico Humanitas: 70 pazienti Gleason score 3 + 3, 50 pazienti
Gleason score 3 + 4 e 50 pazienti Gleason score ≥ 8). I dati digitalizzati ottenuti sono stati correlati con:
età, PSA, PSA free, Gleason score clinico e patologico, stadio clinico e patologico, e volume tumorale
Risultati
Il nostro studio evidenzia che in tutti e tre i gruppi analizzati il tessuto bioptico non tumorale risulta più
vascolarizzato di quello tumorale. Inoltre abbiamo evidenziato che la superficie vascolare tumorale non si
modifica all’aumentare del Gleason. Non sono state riscontrate correlazioni statisticamente significative
tra la superficie vascolare ed i diversi parametri predittivi analizzati
Discussione
Il valore di angiogenesi nel tumore della prostata è ancora dibattuto
Conclusioni
I nostri risultati evidenziano che la superficie vascolare frattale del tumore prostatico di stadio e grado
differenti risulta inferiore rispetto al tessuto non tumorale
98
P 99
LA COMPLESSITà NEOVASCOLARE BIDIMENSIONALE è SIGNIFICATIVAMENTE PIù
ALTA NEL TESSUTO NON TUMORALE CHE NEL CARCINOMA PROSTATICO A BASSO
RISCHIO
G. Taverna, F. Grizzi, P. Colombo, M. Seveso, G. Giusti, S. Proietti, G. Fiorini, G. Lughezzani, P.
Casale, N. Buffi, A. Benetti, S. Zandegiacomo, L. Castaldo, R. Hurle, L. Pasini, R. Peschechera, M.
Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)
Scopo del lavoro
Il cancro alla prostata Gleason Score 6 è uno degli attuali dilemmi in ambito urologico. Uno degli
obiettivi principali risulta l'identificazione di nuovi fattori predittivi più accurati allo scopo di meglio
selezionare le indicazioni terapeutiche in questo esteso e delicato gruppo di pazienti. In questo studio
retrospettivo abbiamo valutato per mezzo di un sistema di analisi di immagine computerizzata oggettiva e
riproducibile la complessità della neovascolarizzazione bidimensionale (2-D) in campioni prostatici
bioptici (neoplastici e non neoplastici) di soggetti affetti da carcinoma prostatico a basso rischio (GS 6,
PSA < 10 ng/ml e stadio clinico T1c) correlandoli con i parametri predittivi attualmente in uso.
Materiali e metodi
Abbiamo analizzato 280 sezioni bioptiche prostatiche corrispondenti ad una serie di 70 pazienti affetti da
carcinoma prostatico a basso rischio, successivamente sottoposti a prostatectomia radicale presso
l’Istituto Clinico Humanitas. Per ciascun campione biotico sono state eseguite due sezioni micrometriche
trattate con anticorpi CD34 e digitalizzate utilizzando un sistema di analisi dell'immagine che stima
automaticamente la dimensione frattale.
Risultati
Il nostro studio ha evidenziato che le biopsie senza riscontro tumorale hanno una vascolarizzazione
significativamente più alta rispetto a quelle tumorali. Nessuna correlazione è stata riscontrata tra la
superficie vascolare e frattale e i diversi parametri predittivi attualmente in uso clinico: età, PSA, PSA
free, stadio patologico, Gleason score, volume tumorale, invasione vascolare, invasione della capsula,
margini chirurgici, e recidiva biochimica.
Discussione
Il valore di angiogenesi nel tumore della prostata è ancora dibattuto.
Conclusioni
I nostri risultati suggeriscono che il cancro alla prostata a basso rischio è meno vascolarizzato del tessuto
non tumorale adiacente. Ulteriori studi sono necessari per comprendere se realmente l'angiogenesi può
essere un parametro utile e distintivo nel carcinoma prostatico a medio ed alto rischio.
99
P 100
ASSOCIAZIONE TRA DIETA MEDITERRANEA E LUTS IN SICILIA: STUDIO
OSSERVAZIONALE-TRASVERSALE.
S. Cimino, G. Russo, T. Castelli, D. Urzì, G. Reale, A. Corsaro, V. Favilla, G. Morgia (Catania)
Scopo del lavoro
Nonostante le linee guida suggeriscano l'utilità di modifiche dello stile di vita per la riduzione della
gravità dei LUTS, non vi sono ancora evidenze scientifiche circa la relazione tra dieta e LUTS-iperplasia
prostatica benigna (IPB) correlata. Questo studio si propone di valutare l'associazione tra l’aderenza alla
dieta mediterranea (Med-diet), LUTS-IPB correlati e la presenza di flogosi, in una coorte di pazienti
sottoposti a TURP.
Materiali e metodi
Per questo studio osservazionale trasversale, sono stati arruolati 172 pazienti consecutivi, affetti da
LUTS-IPB correlati, tra settembre 2012 e settembre 2014. I criteri di esclusione erano terapia con inibitori
delle PDE-5 e gli inibitori delle 5α-reduttasi, vescica neurologica, precedente chirurgia pelvica, tumori
urologici, ipogonadismo. I LUTS sono stati valutati attraverso l’International Prostate Symptom Score
(IPSS). L’aderenza alla Med-diet (punteggio Med-diet) è stata valutata utilizzando 11 componenti
principali di questa dieta (cereali integrali, frutta, verdura, patate, legumi, olio d'oliva, pesce, carne rossa,
pollame, prodotti caseari e alcool), assegnando il punteggio di 0, 1, 2, 3, 4, 5 quando il partecipante
segnalava un consumo del prodotto rispettivamente assente, raro, frequente, molto frequente, settimanale
o giornaliero. Il punteggio totale, è variabile da 0 a 55 come riportato da Panagiotakos et. al.
Risultati
L'età media era 67.0 anni (IQR: 61,0-71,25), l’IPSS medio era 17.0 (IQR: 13,0-24,0), il PSA medio è
stato di 5,46 ng / ml (IQR: 3,8-7,2), la media del volume prostatico è stato di 54,0 cc (IQR: 40,0-66,25),
la media del punteggio Med-diet era 31.0 (IQR: 27,75-34,25) e la media dell’aderenza alla Med-diet era
56,4% (IQR: 50,45-61,8). La sindrome metabolica (SM) era presente in 58 casi (33,7%), LUTS moderati
in 150 (87,2%), un punteggio Med-diet ≥31 a 100 (58,1%) e l’aderenza alla Med-diet ≥ 56,4% a 96
(55,8%). Settantadue pazienti sono stati sottoposti a TURP, come da indicazione secondo le linee guida
EAU. Tutti i campioni di prostata hanno rivelato la presenza di IPB, mentre in 46 casi (26,7%) è stata
associata la flogosi. I soggetti con aderenza alla Med-diet ≥ 56,4% presentavano un minor punteggio IPSS
(10,0 vs. 13,0; p <0,05), IPSS-storage (8.5 vs 12.0; p <0,05) e volume prostatico (50,0 vs. 55,5, p <0.05).
L'analisi di regressione logistica aggiustata per età, PSA, volume prostatico e SM mostra come
un’adesione alla Med-diet <56,4% rappresenti un fattore predittivo di LUTS moderati-gravi (OR: 7,53, p
<0.01) e di IPB associata a flogosi (OR: 2,29, p <0.05) aggiustata per età, volume prostatico e SM.
Discussione
Nella nostra coorte di pazienti provenienti dalla Sicilia, l'aderenza alla Med-diet risulta significativamente
correlata alla presenza di LUTS moderati-gravi e presenza di IPB associata a flogosi
Conclusioni
Questi risultati potrebbero essere utilizzati in modo oculato, per impostare alcuni cambiamenti dello stile
di vita al fine di ridurre i LUTS.
100
P 101
I LIVELLI DI EME-OSSIGENASI SONO INFLUENZATI DALLA SEVERITà DELLA
FLOGOSI IN PAZIENTI CON IPERPLASIA PROSTATICA BENIGNA.
D. Urzì, G. Russo, T. Castelli, G. Reale, S. Privitera, E. Fragalà, V. Favilla, L. Puzzo, R. Caltabiano, F.
Motta, L. Vanella, V. Sorrenti, S. Cimino, G. Morgia (Catania)
Scopo del lavoro
L'iperplasia prostatica benigna (IPB) ed i relativi sintomi del basso tratto urinario (LUTS) rappresentano
una malattia diffusa. La patogenesi ed i meccanismi patogenetici scoperti sono numerosi, ma non ben
compresi. Prove emergenti indicano che l'infiammazione prostatica può contribuire all’instaurarsi
dell’IPB. Infine, abbiamo recentemente dimostrato come la presenza di Sindrome Metabolica (SM) in
pazienti con IPB determini una riduzione dei livelli di eme-ossigenasi (HO), una proteina funzionale che
funge da anti-ossidante. Scopo del seguente studio è stato quello di indagare il rapporto tra livelli intraprostatici di HO ed il grado di flogosi in pazienti con IPB.
Materiali e metodi
Tra il gennaio 2012 ed il giugno 2013, 132 pazienti consecutivi sono stati sottoposti a resezione
transuretrale della prostata per la presenza di LUTS moderato-severi, secondari ad IPB. I campioni di
prostata sono stati esaminati per la valutazione dell’infiltrato infiammatorio, secondo il punteggio Irani e
suoi sub-scores (grade e aggressiveness), e per la misurazione dei livelli di HO-1 ed HO-2. I pazienti sono
stati valutati per la presenza di sindrome metabolica (SM) in accordo ai criteri dell’International Diabetes
Federation .
Risultati
Abbiamo osservato che i soggetti con SM esibivano un maggiore Score Irani (3,0 vs 2,0 ; p<0,05), Iranigrade (2,0 vs 1,0; p<0,05) e valori più basso di HO-1 (4.55 vs. 6.01; p<0.05) e HO-2 (0,81 vs, 2.66;
p<0.05). I pazienti con elevata infiammazione intra-prostatica (score Irani ≥4), presentavano livelli ridotti
di HO-1 (3.91 vs. 5.67; p<0,05) e HO-2 (1.06 vs 1.37; p<0,05). All'analisi di regressione logistica
multivariata, bassi livelli di HO-1 (OR=0.588; p<0.01), circonferenza della vita (OR=1.09; p<0.01),
trigliceridi (OR=1.013; p<0,05), basse HDL (OR=0,750; p<0.05) erano fattori predittivi di elevata
infiammazione intra-prostatica. Abbiamo anche trovato che la riduzione dell’HO- 1 (OR=0,598; p<0.01)
e la presenza di sindrome metabolica (OR=34,846; p<0.01) erano associati con un punteggio Irani
punteggio ≥4.
Discussione
Sindrome metabolica e la presenza di flogosi associata possono svolgere un ruolo chiave nella patogenesi
dell’IPB. Nel dettaglio, l’infiammazione intra-prostatica è inversamente associata con bassi livelli di HO1.
Conclusioni
I dati attuali potrebbero offrire nuovi contributi a comprendere meglio gli effetti negativi della sindrome
metabolica, anche negli uomini affetti da IPB e anche per quanto riguarda l'ipotesi di una manipolazione
del sistema HO nel migliorare o prevenire la progressione clinica dell’IPB.
101
P 102
LA PRESENZA DI STEATOSI EPATICA NON ALCOLICA è ASSOCIATA AD UNA
MAGGIORE SEVERITà DELL’INFILTRATO INFIAMMATORIO INTRA PROSTATICO IN
PAZIENTI AFFETTI DA IPERPLASIA PROSTATICA BENIGNA
G. Reale, G. Russo, T. Castelli, D. Urzì, S. Privitera, E. Fragalà, V. Favilla, S. Cimino, G. Morgia
(Catania)
Scopo del lavoro
È stato precedentemente dimostrato la presenza di una relazione tra la sindrome metabolica (SM),
iperplasia prostatica benigna (IPB) e infiammazione prostatica. Abbiamo recentemente dimostrato che
l’insulino resistenza (IR) e la presenza di steatosi epatica non alcolica (NAFLD) erano associati ad una
maggiore severità dei sintomi del basso tratto urinario (LUTS). In questo studio abbiamo voluto indagare
l'esistenza di un'associazione tra IR, NAFLD e infiammazione prostatica in pazienti sottoposti a resezione
transuretrale della prostata (TURP).
Materiali e metodi
Tra Gennaio 2012 e Giugno 2013, sono stati arruolati 129 pazienti consecutivi con IPSS ≥12, PSA < 4
ng/ml o PSA ≥4 ng/ml ma pregressa biopsia prostatica negativa, Qmax < 15 mL/sec, volume prostatico ≥
30 ml e ≤ 80 ml. Una condizione di IR è stata definita in presenza di un valore dell’homeostasis model
assessment (HOMA) superiore o uguale a 3. La presenza di NAFLD è stata definita in presenza di un
valore di Fatty Liver Index (FLI) superiore o uguale a 40 (specificità 72%, sensibilità 82%, AUC 81%). Il
protocollo è stato approvato dal comitato etico locale (ID: 578). Durante procedura di TURP sono stati
raccolti dei campioni di tessuto per la valutazione del grado di infiltrato infiammatorio secondo la
classificazione utilizzata da Irani et al. Il grado dello score infiammatorio (SI) è stata ottenuto
combinando tre diversi parametri istologici (grado ed aggressività), con un punteggio che può essere
compreso tra 0 e 6.
Risultati
La mediana dell’Homa-Index era 1.69 (IQR: 0.89-3.43), la mediana del FLI era 44.83 (IQR: 26.98-69.07)
e la mediana dell’SI era 3 (IQR: 2-4). Quarantadue pazienti (31.8%) avevano IR, 75 (56.8%) avevano
NAFLD, 75 (56.8%) avevano MS e 36 (27.3%) avevano un SI ≥4. I pazienti con SI ≥4 presentavano
livelli superiori di FLI (60.6 vs. 36.84; p<0.05) e di HOMA-index (2.41 vs. 1.56; p<0.05) rispetto ai
pazienti con SI <4. La regressione logaritmica ha dimostrato che per ogni aumento dell’FLI si è osservato
un incremento dello 0.44% dell’SI (p<0.01). Nessuna relazione invece tra Homa-index e SI. L’analisi di
regressione logistica multivariata, aggiustata per età, IPSS, volume prostatico, PSA, testosterone e SM, ha
dimostrato che la presenza di NAFLD risulta essere un fattore di rischio indipendente di SI ≥4 (OR: 2.84;
p<0.05).
Discussione
Abbiamo dimostrato che il FLI risulta associato ad un infiltrato infiammatorio prostatico più severo. In
particolar modo, per ogni aumento dell’FLI si è osservato un incremento dello 0.44% della severità
dell’infiltrato. Infine, la presenza di NAFLD aumento il rischio di avere un infiltrato infiammatorio
severo (SI ≥4).
Conclusioni
Questi risultati possono essere utili al fine di valutare nel dettaglio la possibile interazione tra steatosi
epatica e flogosi intra prostatica. La presenza di IR non è risultata giocare un ruolo fondamentale per il
riscontro di infiammazione prostatica.
102
P 103
ANALISI DEL RAPPORTO TRA IPERPLASIA PROSTATICA BENIGNA / SINTOMI DEL
BASSO TRATTO URINARIO E LIVELLO DI TESTOSTERONE SIERICO TOTALE
F. Presicce, C. De Nunzio, M. Bellangino, R. Lombardo, L. Lopes Mendes, F. Puccini, G. Tema, A.
Tubaro (Roma)
Scopo del lavoro
Vi è un crescente interesse per la possibile relazione tra i livelli sierici ormonali, i sintomi del basso tratto
urinario (LUTS) e iperplasia prostatica benigna (IPB). Tuttavia pochi studi, dei quali la maggiorparte
basati su una popolazione asiatica, hanno valutato queste associazioni. Scopo del nostro studio è quello di
valutare l'associazione tra livelli sierici di ormone e LUTS / BPE.
Materiali e metodi
Dal 2009 in poi, sono stati arruolati una serie consecutiva di pazienti con LUTS dovuti a BPE. I pazienti
sono stati valutati con il punteggio internazionale dei sintomi prostatici (IPSS), e con una valutazione
ecografica del volume prostatico. Sono stati inoltre misurati l’indice di massa corporea (BMI) e la
circonferenza vita. Sono stati raccolti campioni di sangue ee esaminati per: livelli di PSA, testosterone,
Sex Hormone Binding globuline, estradiolo 17-beta. L'associazione tra livelli sierici di ormoni e LUTS /
BPE è stata valutata, utilizzando l’analisi di regressione logistica e il test di correlazione di Spearman.
Risultati
sono stati arruolati 719 pazienti con età media di 67,2 ± 8 anni; una media di PSA 4.2 ± 3 ng / ml. Il BMI
medio era di 27,5 ± 10 k / m2; la circonferenza vita media era 101,2 ± 9,7 cm; il livello medio di
testosterone (TT) era di 4 ± 1,6 ng / ml; quello di SHBG era di 45 ± 18; quello di estradiolo 17-beta
(17BE) era 231 ± 12; la media del risultato dell’IPSS era di 10 ± 6.7; il volume prostatico medio era di 54
± 28 ml. 554 (77.1%) pazienti mostravano eugonadismo (TT> 3 ng / ml) con un IPSS> 7 in 334 (60%)
pazienti; 165 (22,9%) avevano un ipogonadismo (TT <3 ng / ml) con un IPSS> 7 in 101 (61%) pazienti (p
= 0,856). I pazienti affetti da ipogonadismo presentavano un più alto indice di massa corporea e una
circonferenza vita maggiore rispetto ai pazienti eugonadici (p = 0,001). 41/165 (24,8%) pazienti erano
obesi nel gruppo con ipogonadismo e 93/554 (16,7%) nel gruppo con eugonadismo (p = 0.022). Non è
stata osservata nessuna correlazione significativa tra i livelli sierici di ormone e IPSS o volume della
prostata. Utilizzando l’analisi statistica di regressione logistica, non è stata trovata nessuna differenza
significativa nello sviluppo e progressione di LUTS / BPE (volume prostatico e IPSS) tra i pazienti
eugonadici e i pazienti affetti da ipogonadismo maschile (OR: 1.015; CI: 0,654-1,576; p = 0,946 per
IPSS> 7 e OR 0,844. ; CI: 0,532-1,338; p = 0.470 per volume prostatico> 40 ml)
Discussione
In questo studio monocentrico, i livelli sierici di ormone non sono stati associati con LUTS o BPE. I
pazienti affetti da ipogonadismo non erano a più alto rischio di LUTS o BPE anche se erano obesi e di
conseguenza hanno presentato un più alto infiammazione prostatica.
Conclusioni
Ulteriori studi dovrebbero indagare più approfondimtamente il ruolo dei livelli sierici di ormoni nello
sviluppo e nella progressione di LUTS e BPE.
103
P 104
LO SPESSORE DETRUSORIALE è PREDITTIVO DI IPERATTIVITà DETRUSORIALE IN
PAZIENTI MASCHI SENZA EVIDENZA DI OSTRUZIONE PROSTATICA BENIGNA:
RISULTATI DI UNO STUDIO MULTICENTRICO DI COORTE.
R. Lombardo, C. De Nunzio, F. Presicce, M. Bellangino, F. Puccini, C. Pellegrino, S. Carter, C.
Leonardo, A. Tubaro (Roma)
Scopo del lavoro
Lo spessore detrusoriale è predittivo di iperattività detrusoriale in pazienti maschi senza evidenza di
ostruzione prostatica benigna: risultati di uno studio multicentrico di coorte.
Materiali e metodi
Da Gennaio 1996 a Dicembre 2000 è stato arruolato in modo prospettico ogni nuovo paziente con età
maggiore o uguale a 45 anni, con LUTS dovuti a iperplasia prostatica benigna, che si è presentato al
Charing Cross Hospital, Dipartimento di Urologia, Londra, United Kingdom e al Dipartimento di
Urologia dell'ospedale di Teramo, Università dell'Aquila, Italia.I pazienti sono stati sottoposti a esami
disagnostici di routine, studio urodinamico (cistomanometria) e misurazione ecografica dello spessore
detrusoriale (DWT).Per escludere il possibile effetto della ostruzione prostatica benigna sullo spessore
detrusoriale, i pazienti con classe di Schafer ≥ 2 sono stati esclusi dallo studio.L'area sotto la curva (AUC)
ha quantificato l'accuratezza predittiva (PA) del DWT nella diagnosi di DO.
Risultati
Sono stati arruolati 600 pazienti. Di questi, 196 pazienti (32.6 %) sono stati classificati come non ostruiti
(58 pazienti con classe di Schafer 0; 138 pazienti con classe di Schafer 1).L'età media della coorte era
66±11. La DO è stata osservata in 98 pazienti (50%). I pazienti con DO hanno riportato una maggiore
pressione detrusoriale al flusso massimo (pdetQmax) (35± 8 cmH2O vs 30 ± 8 cmH20; p= 0.04) e un
DWT più elevato (4.3 ± 1 mm vs 3.5 ± 0.7; p= 0.001) rispetto ai pazienti senza DO.L'IPSS, il Qmax, il
residuo post-minzionale, e il volume prostatico non hanno mostrato differenze statisticamente
significative tra i pazienti con e senza DWT.Nella regressione logistica binaria, il DWT si è dimostrato un
parametro predittivo per DO (OR: 2.17 per mm; CI: 1.4-3.1; p= 0.001). Il DWT ha presentato una AUC
di 0.705; CI 0.59-0.75 per la diagnosi di DO.
Discussione
Da questa analisi si evince che il DWT è in grado di prevedere la presenza di DO in pazienti con LUTS e
nessuna evidenza di BPO.
Conclusioni
Il nostro studio, sebbene il risultato debba essere confermato in un più ampio studio prospettico, ha
mostrato per la prima volta che il DWT, in pazienti di sesso maschile è legato non solo alla OCU, ma può
riflettere anche la presenza di DO.
104
P 105
STUDIO PRESSIONE-FLUSSO NEI PAZIENTI AFFETTI DA SINTOMI DEL BASSO TRATTO
URINARIO (LUTS) ED IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA (BPE): VALIDAZIONE
ESTERNA MULTICENTRICA DI UN NOMOGRAMMA CLINICO.
R. Lombardo, C. De Nunzio, F. Presicce, M. Gacci, M. Milanesi, A. Cocci, G. Giordano, M. Carini, A.
Tubaro (Roma)
Scopo del lavoro
Recentemente il gruppo Young Academic Urologist-BPH ha sviluppato un nomogramma clinico per la
predizione dell’ostruzione cervico-uretrale (OCU) nei pazienti affetti da sintomi del basso tratto urinario
(LUTS) ed ipertrofia prostatica benigna (BPE) (Figura 1). Lo scopo del nostro studio è la validazione
esterna del nomogramma YAU-BPH per la diagnosi di OCU nei pazienti affetti da LUTS/BPE.
Materiali e metodi
Sono stati arruolati una serie consecutiva di pazienti affetti da LUTS e BPE tra Gennaio 2013 e Settembre
2014 presso due centri italiani e sottoposti ad uno studio pressione-flusso standardizzato . Le variabili
valutate sono state l’IPSS, i valori di PSA, le dimensioni prostatiche, il volume della zona transazionale
(TZV), il flusso massimo (Qmax) ed il residuo post-minzionale (PVR). L’ostruzione prostatica benigna è
stata definita in presenza di una classe di Schaefer ≥ 3 allo studio pressione-flusso. I valori di Qmax e di
TZV sono stati tracciati sul nomogramma YAU-BPH per predire la presenza di BPO. L’analisi della
curva ROC è stata utilizzata per valutare il potere predittivo del nomogramma per la diagnosi finale di
BPO.
Risultati
Sono stati arruolati in maniera consecutiva 449 pazienti in totale. L’età media era di 65 anni (IQR: 60/72
anni), l’IPSS medio di 18 (IQR: 12/20), il BMI medio di 26 kg/m2 (IQR 24/28). Il volume prostatico
medio ed il volume della zona transizionale sono risultati essere rispettivamente di 60 cc (IQR: 40/100) e
30 cc (IQR 18-50), il Qmax medio di 8,7 ml/sec (IQR: 6,3/11,1). In 310 pazienti (69%) è stata riscontrata
una condizione di BPO (Schaefer ≥ 3) allo studio pressione-flusso. Il nuovo nomogramma YAU-BPH ha
mostrato una AUC di 0.76 ( 95% CI: 0.72-0.82) per la diagnosi di BPO. Al migliore valore di cut-off
dell’80 % (probabilità del nomogramma) la sensibilità è risultata essere di 0.74 , la specificità di 0.79, il
valore predittivo positivo di 89% ed il valore predittivo negativo del 56%.
Discussione
Nella nostra esperienza possiamo affermare che il nomogramma YAU-BPH ha mostrato una buona
accuratezza (AUC: 0.76) ed un eccellente valore predittivo positivo (PPV 89%).
Conclusioni
Sebbene ulteriori studi siano necessari per confermare i nostri risultati, l’implementazione del
nomogramma YAU-BPH nella nostra esperienza potrebbe ridurre il numero di studi pressione-flusso non
necessari.
105
P 106
CORRELAZIONE TRA L’AGGETTO PROSTATICO ENDOVESCICALE E L’EFFICACIA
DEL TRATTAMENTO CON ALFA-LITICI NEI PAZIENTI AFFETTI DA IPERTROFIA
PROSTATICA ASSOCIATA A LUTS
C. PERUGIA, R. MIANO, L. TOPAZIO, P. BOVE, G. VESPASIANI, E. FINAZZI AGRO' (ROMA)
Scopo del lavoro
Scopo del nostro studio è stato indagare l’efficacia della terapia alfalitica con Tamsulosina in relazione
alla presenza di un aggetto prostatico endovescicale (APE) in pazienti affetti da ipertrofia prostatica (IPB)
associata a sintomi del basso apparato urinario (LUTS).
Materiali e metodi
Sono stati considerati arruolabili pazienti affetti da IPB con VP≥30 ml (stimato mediante ecografia
prostatica trans-rettale (TRUS)), in trattamento alfalitico con Tamsulosina per LUTS. L’APE in relazione
alle dimensioni valutate mediante TRUS, è stato suddivso in 3 gradi: grado 1 APE<5 mm, grado 2 APE
≥5<10 mm, grado 3 APE≥10 mm. I pazienti sono stati arruolati presso un singolo centro in un anno,
valutati da un singolo operatore, e trattati con Tamsulosina 0,4 mg/die per dodici settimane. La
valutazione è stata eseguita mediante la compilazione di un questionario IPSS e l’esecuzione di una
uroflussometria prima e dopo il trattamento. Sono stati considerati responsivi al trattamento pazienti con
una riduzione del punteggio IPSS >3 punti dopo terapia. Al fine di valutare la correlazione tra il grado
APE e il successo terapeutico è stata eseguita una regressione logistica univariata. Una regressione
logistica multivariata è stata invece utilizzata per valutare la correlazione tra il grado APE ed il successo
terapeutico, corretta per gli altri fattori confondenti (VP, PSA, età, IPSS basale, Qmax basale). E’ stato
considerato statisticamente significativo un p value<0.05.
Risultati
Sono stati inclusi nello studio 142 pazienti. con un età media di 64±8,9; un VP di 50±18,4 ml; PSA medio
di 3,1±2,3 ng/ml; un punteggio IPSS medio di 18,8±4,6; e un Qmax di 10±2 ml/s. 12 pazienti sono stati
esclusi dallo studio per incompletezza dei dati. Dei rimanenti 130, 50 presentavano un APE di grado 1
(gruppo 1), 52 un APE di grado 2 (gruppo 2) e 28 un APE di grado 3 (gruppo3). Il successo terapeutico si
è ottenuto nel 82%, 38,5% e 7,1% dei pazienti rispettivamente del gruppo 1, gruppo2 e gruppo 3. Tali
differenze (gruppo 1 vs gruppo 2 – gruppo 2 vs gruppo 3) sono state statisticamente significative
(p<0.001 e p=0.008 rispettivamente). L’ odds ratio per ottenere un successo terapeutico è stato di 59 e 8.1
rispettivamente per il gruppo 1 ed il gruppo 2 in rapporto al gruppo 3. Anche nell’analisi multivariata la
correlazione tra il grado APE e il successo terapeutico rimane statisticamente significativa (gruppo 1 vs
2/3, p=0.000; gruppo 2 vs 3, p=0.009). In particolare VP sembra non influenzare questa correlazione.
Discussione
APE sembra essere significativamente ed inversamente correlato al successo terapeutico con alfalitici
(Tamsulosina), in pazienti affetti da IPB associata a LUTS. L’odds ratio del successo terapeutico con
alfalitici sembra essere 59 volte più alto nei pazienti con APE di basso grado rispetto ai pazienti con APE
di alto grado.
Conclusioni
A nostra conoscenza questo è il primo studio che mostri una correlazione negativa tra successo
terapeutico con alfalitici e grado APE, escludendo VP come fattore confondente.
106
P 107
EFFETTO DELLA TERAPIA CON DUTASTERIDE SULLO SPESSORE DETRUSORIALE IN
PAZIENTI CON IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA IN TERAPIA CON ALFA-LITICI:
UNO STUDIO PROSPETTICO IN UN SINGOLO CENTRO
F. Esperto, C. De Nunzio, F. Presicce, F. Puccini, M. Bellangino, R. Lombardo, A. Brassetti, A. Tubaro
(Roma)
Scopo del lavoro
Valutare in modo prospettico l'effetto del Dutasteride sui parametri clinici e sullo spessore detrusoriale in
pazienti con ipertrofia prostatica benigna (IPB).
Materiali e metodi
E stato condotto uno studio prospettico in pazienti arruolati in modo consecutivo con iperplasia prostatica
benigna che non erano soddisfatti della monoterapia con alfa-litici. I criteri di inclusione erano: volume
della prostata (PV) ≥ 30 ml e l'International Prostate Symptom Score (IPSS) ≥ 8 sotto somministrazione
di alfa-litici, senza agente anticolinergico. Al baseline e 24 settimane dopo la terapia aggiuntiva con
Dutasteride, abbiamo valutato l'IPSS, l'uroflussometria (Qmax), lo spessore detrusoriale (DWT), lo
spessore della parete vescicale (BWT), la protrusione intravescicale della prostata (IPP), il residuo postminzionale (PVR). È stata utilizzata l'ecografia sovrapubica per valutare BWT, IPP e DWT. L'ecografia
transrettale è stata utilizzata per valutare il volume della prostata.Il test non parametrico di Wilcoxon è
stato usato per l'analisi statistica.
Risultati
Sono stati arruolati 27 pazienti, con un'età mediana di 67 anni (IQR: 61/73) e un indice di massa corporea
mediana di 26 kg / m2 (IQR: 25 / 28.6). Il trattamento aggiuntivo con Dutasteride migliora
significativamente l'IPSS (da 14 (IQR: 11/20) a 7 (IQR: 3/11); p = 0.001)); IPSS da svuotamento da 10
(IQR: 7/12) a 5 (IQR: 3/9), p = 0,001); IPSS da riempimento da 5 (IQR: 3/9) a 1 (IQR: 0/4), p = 0,001);
flusso massimo da 8,8 ml / sec (IQR: 7.3 / 11) a 10,4 ml / sec (IQR: 8.4 / 13), p = 0,001; PVR da 70 ml
(IQR: 20/100) a 20 ml (IQR: 0/40). Dutasteride ha ridotto significativamente PV da 70 (IQR: 50/90) ml a
59 (IQR: 40/87) ml; p = 0,002). Il trattamento con Dutasteride ha anche significativamente ridotto DWT
da 2,5 mm (IQR: 1,8 / 4) a 1,6 mm (IQR: 1 / 2.4), p = 0,001; BWT da 4,9 mm (IQR: 3,5 / 7) a 2,9 mm
(IQR: 2.4 / 3.7), 0.001; IPP da 15 mm (IQR: 10.5 / 20.1) a 12,7 mm (IQR: 9.7 / 17), p = 0,015.
Discussione
Sebbene i nostri risultati debbano essere confermati in studi più ampi con un lungo follow-up, il nostro
studio ha dimostrato che il trattamento Dutasteride può migliorare sintomi delle basse vie urinarie così
come il DWT / BWT e IPP.
Conclusioni
La riduzione significativa del DWT / BWT potrebbe confermare l'eventuale effetto del trattamento con
Dutasteride nel ridurre l'ostruzione cervico-uretrale in pazienti con BPE.
107
P 108
PATIENT'S ADHERENCE ON PHARMACOLOGICAL THERAPY FOR BENIGN PROSTATIC
HYPERPLASIA (BPH)-ASSOCIATED LOWER URINARY TRACT SYMPTOMS (LUTS) IS
DIFFERENT: IS COMBINATION THERAPY BETTER THAN MONOTHERAPY?
L. Cindolo, F. Berardinelli, L. Pirozzi, P. Castellan, F. Neri, L. Schips (Vasto)
Scopo del lavoro
Background: To examine patient adherence to pharmacological therapy and its clinical consequences in
men with BPH-associated LUTS looking at the differences between drug classes.
Materiali e metodi
Methods: A retrospective, population-based cohort study, using prescription administrative database and
hospital discharge codes from a total of 1.5 million Italian men. Patients [greater than or equal to]40
years, administered alpha-blockers (AB) and 5alpha-reductase inhibitors (5ARIs), alone or in
combination (CT), for BPH-associated LUTS were analyzed. The 1-year and long term adherence
together with the analyses of hospitalization rates for BPH and BPH-related surgery were examined using
multivariable Cox proportional hazards regression model and Pearson chi square test.
Risultati
Results: Patients exposed to at least 6 months of therapy had a 1-year overall adherence of 29%
(monotherapy AB 35%, monotherapy 5ARI 18%, CT 9%). Patient adherence progressively declined to
15%, 8% and 3% for AB, 5ARI, and CT, respectively at the fifth year of follow up. Patients on CT had a
higher discontinuation rate along all the follow-up compared to those under monotherapy with ABs or
5ARIs (all p<0.0001). Moreover, CT was associated with a reduced risk of hospitalization for BPHrelated surgery (HR 0.94;p<0.0001) compared to AB monotherapy.
Discussione
.
Conclusioni
Conclusions: Adherence to pharmacological therapy of BPH-associated LUTS is low and varies
depending on drugs class. Patients under CT have a higher likelihood of discontinuing treatment for a
number of reasons that should be better investigated. Our study suggests that new strategies aiming to
increase patient's adherence to the prescribed treatment are necessary in order to prevent BPH
progression.
108
P 109
EVOLUTION: IL REGISTRO EUROPEO SULLA GESTIONE AMBULATORIALE DI
PAZIENTI CON SINTOMI DELLE BASSE VIE URINARIE ASSOCIATI A IPERTROFIA
PROSTATICA. RISULTATI SUL MIGLIORAMENTO DEI SINTOMI, PROGRESSIONE
DELLA MALATTIA E INTERRUZIONE DELLA TERAPIA. UN CONFRONTO
A. Tubaro, R. Berges, M. Speakman, A. de la Taille, L. Martinez-Pineiro, A. Patel, C. Caris, W. Witjes
(Roma)
Scopo del lavoro
Il registro aveva lo scopo di comprendere la gestione dei pazienti con sintomi delle basse vie urinarie
(LUTS) associate a ipertrofia prostatica (IPB) a livello di medicina generale e a livello specialistico in 5
paesi europei.
Materiali e metodi
Lo studio prevedeva di arruolare oltre 2000 pazienti con LUTS associati a IPB in ambulatori di medicina
generale e di urologia in 5 paesi europei. Un terzo dei pazienti arruolati dovevano essere pazienti “nuovi”
mai trattati (UM - untreated men) mentre 2/3 dei pazienti dovevano essere già in terapia (TD - treated
men). I diversi parametri del registro includevano: interruzione della terapia, miglioramento dei sintomi
(più di 2 punti di IPSS), progressione della malattia (più di 3 punti di IPSS), ritenzione urinaria, infezione
delle vie urinarie, insufficienza frenale, incontinenza urinaria.
Risultati
Sono stati arruolati 2175 pazienti, 575 pazienti UM e 1263 pazienti TM sono valutabili. Il 69% e il 64%
di UM e TM sono stati trattati con alfa-litici (AB), il 16% e il 5% con fitofarmaci, il 4% e 7% con
inibitori delle 5 alfa-reduttasi (5ARI), l’8% e il 17% con terapia combinata (AB + 5ARI), il 3% e il 7%
con altri farmaci. Sono state osservate differenze tra i diversi paesi. Nei pazienti UM, la percentuale di
abbandono della terapia è stata del 7% in Italia, del 12% in Spagna, del 17% in Germania, del 29% in
Francia e del 45% in UK. Nei pazienti UM la percentuale di abbandono della terapia era del 9% per
AB+5ARI, del 18% per fitoterapici, del 19% per 5ARI e del 20% per AB. Tra le ragioni principali
dell’abbandono della terapia nei pazienti UM la scarsa efficacia ha inciso per il 2% in quelli con
AL+5ARI, per un 6% nei pazienti 5ARI, per un 10% nei pazienti con AB, per il 15% in quelli con
fitoterapici. Il 70% dei pazienti UM dimostravano un miglioramento dei sintomi a 24 mesi. Nei pazienti
UM in terapia con fitoterapici c’è stato un miglioramento dei sintomi inferiore rispetto alle altre forme di
terapia. Il confronto tra i diversi paesi mostrava una simile percentuale di miglioramento dei sintomi
anche se in Spagna il miglioramento è risultato inferiore a quello osservato in Italia. Il 16% dei pazienti
UM e il 17% di quelli TM è andato in progressione a 24 mesi. La più alta percentuale di progressione si è
osservata in UK nonostante i parametri clinici all’arruolamento non fossero diversi da quelli degli altri
paesi.
Discussione
La terapia farmacologica dei sintomi legati all’IPB dimostra una efficacia parziale nel medio termine
anche in relazione al tipo di terapia farmacologica. L’aderenza alla terapia in questo registro è risultata
maggiore rispetto a quella descritta in letteratura.
Conclusioni
La terapia farmacologica dell’IPB è certamente efficace nel ridurre i sintomi anche se molti pazienti
rimangono sintomatici e oltre i 15% dei pazienti va in progressione.
109
P 110
IMPIEGO DELL'OCTREOTIDE NELLA PREVENZIONE DELLA LINFORREA E DEI
LINFOCELI DOPO LINFADENECTOMIA PELVICA PER PCA: UNO STUDIO
PROSPETTICO
V. Petrainas, A. Simonato, G. Carmignani (Genova)
Scopo del lavoro
La linfoadenectomia pelvica (PLND) in corso di prostatectomia radicale (RRP) per carcinoma prostatico
(PCa) è attualmente la procedura più affidabile e sicura per determinare lo stato linfonodale. La
complicanza più frequente e più insidiosa della PLND è la comparsa di linforrea (LR) che può essere
ulteriormente complicata dalla formazione di un linfocele pelvico sintomatico (LC). In letteratura
numerosi studi hanno dimostrato l'efficacia di Octreotide nel ridurre la LR. Scopo dello studio è stato
verificarne l’efficacia nella riduzione delle complicanze legate alla PLND in corso di RRP impostando
come endpoint la prevenzione dello sviluppo di LC (diretta conseguenza della LR) dopo PLND.
Materiali e metodi
Due gruppi di 50 pazienti sono stati randomizzati prospetticamente in doppio cieco dopo PLND. Nel
gruppo di studio è stato somministrato Octreotide 0,1 mg s.c. ogni 8 ore, dall’immediato post-operatorio
alla rimozione del drenaggio. Il gruppo Controllo consisteva in pazienti trattati esclusivamente con
PLND. I pazienti sono stati sottoposti ad ecografia pelvica nei giorni postoperatori 7 , 14 e 21 per rilevare
la presenza di LC sintomatici od asintomatici.
Risultati
Non è stata osservata nessuna differenza significativa tra i due gruppi riguardo alle caratteristiche cliniche
pre-operatorie e ai risultati chirurgici. Sono state osservate differenze statisticamente significative per
quanto riguarda la quantità totale di LR: 190,00mL ± 276,20 (5-1.925cc) nel gruppo trattato e 403,66mL
± 650,66 (10.0-2.760cc) nel gruppo Controllo (p=0,034); il risultato è confermato dalla permanenza
media del drenaggio risultata di 4,98 ± 2,97 giorni nel gruppo di controllo e 3,94 ± 1,99 giorni nel gruppo
trattato(p= 0,043). L'incidenza di LC era inferiore nel gruppo di studio, ma non statisticamente
significativo (p>0,05). Il numero medio di LC trattati e l' ospedalizzazione media (10,60±3,83 vs
11,02±4,82) tra il gruppo trattato ed il gruppo Controllo è risultato simile.
Discussione
L' esatto meccanismo di azione di Octreotide nel ridurre la LR non è ancora completamente chiaro, anche
se l'azione inibitoria della somatostatina sul flusso sanguigno splancnico, sul gradiente pressorio venoso
epatico e sull’assorbimento di trigliceridi sembra essere il più accreditato. Come descritto in letteratura,
nel nostro studio si è verificata una significativa riduzione della quantità di LR tra il gruppo trattato ed il
Controllo, ma non è stata osservata alcuna riduzione nello sviluppo di LC.
Conclusioni
Il trattamento con Octreotide dopo PLND riduce significativamente LR totale. I nostri risultati sono
concordi con la letteratura. Al contrario, l'uso di Octreotide e la sua sospensione al momento della
rimozione del drenaggio, non fornisce alcun vantaggio nell’evitare la formazione di LC, né benefici
clinici concreti. Ulteriori studi con diversi dosaggi e la prosecuzione della terapia con Octreotide, anche
dopo la rimozione del drenaggio, possono chiarire l'efficacia di questo agente sulla prevenzione LC dopo
PLND per PCa.
110
P 111
SCAPSA - SCORING ADHERENCE TO PROSTATIC SURGICAL AIMS: PROPOSTA PER UN
NUOVO STRUMENTO IN GRADO DI DETERMINARE IL SUCCESSO CHIRURGICO NELLA
PROSTATECTOMIA ROBOTICA QUANTIFICANDO LEARNING CURVE E ABILITA' DEL
CHIRURGO
F. Dal Moro, M. Gardiman (Padova)
Scopo del lavoro
Gli strumenti attualmente in uso (trifecta, pentafecta, etc.) per valutare gli outcomes dopo prostatectomia
radicale robotica (RARP) sono stati recentemente oggetto di numerose critiche. In questo lavoro viene
proposto un nuovo strumento (ScAPSA - Scoring Adherence to Prostatic Surgical Aims) per valutare e
quantificare l'abilita' chirurgica, considerando il successo chirurgico come la perfetta aderenza a un
corretto piano chirurgico preoperatorio, e non collegato solo all'outcome clinico.
Materiali e metodi
E' stato sviluppato un sistema di punteggio in 15 punti (Figura 1A) per definire e quantificare l'aderenza
al piano chirurgico e al contempo per valutare la learning curve e l'abilita' chirurgica. La specifica
strategia chirurgica (definita usando i sistemi predittivi attualmente disponibili, come per esempio le
Tabelle di Partin) e' stata confrontata con i rilievi anatomo-patologici sul pezzo operatorio per identificare
gli errori chirurgici. Il punteggio finale e' stato ottenuto aggiungendo anche le informazioni relative alle
complicanze intra- e post-operatorie (sec. Clavien-Dindo). Il risultato del punteggio varia da 0 (risultato
migliore, perfetta aderenza tra programma chirurgico e rilievi anatomo-patologici, senza complicanze
postoperatorie) e 15 (peggior risultato). Tenendo in considerazione il numero di casi ritenuti dalla
Letteratura necessari per completare una learning curve nella RARP, abbiamo deciso di analizzare
prospetticamente la serie consecutiva dei primi 25 casi di RARP eseguiti da un singolo chirurgo naive.
Risultati
L'analisi dei primi 25 casi consecutivi (learning curve iniziale) di RARP eseguiti da un singolo operatore
ha dimostrato come ScAPSA sia in grado di documentare perfettamente il miglioramento dell'abilita'
chirurgica e quindi di quantificare la learning curve (Figura 1B).
Discussione
ScAPSA puo' rappresentare un nuovo strumento utile non solo per descrivere oggettivamente la learning
curve delle RARP, ma anche per determinare e quantificare il tasso di successo chirurgico, permettendo ai
chirurghi di controllare gli errori chirurgici intraoperatori e monitorare la progressiva acquisizione
dell'abilita' chirurgica.
Conclusioni
Ulteriori studi sono necessari per confermare la validita' di ScAPSA ed eventualmente per ribilanciarne i
punteggi specifici.
111
P 112
CISTOSTOMIA SOVRAPUBICA VERSUS CATETERE VESCICALE IN PAZIENTI
SOTTOPOSTI A PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA ROBOT-ASSISTITA:
STUDIO PROSPETTICO DI CONFRONTO
A. Galfano, G. Petralia, S. Secco, D. Di Trapani, E. Strada, A. Bocciardi (Milano)
Scopo del lavoro
Uno dei principali motivi di dolore dopo prostatectomia radicale è la presenza del catetere vescicale (CV).
Con l’introduzione della laparoscopia e della robotica, inoltre, si è ridotta la degenza ospedaliera e i
pazienti vengono spesso dimessi prima della rimozione del CV, rendendo più complessa al paziente la
gestione domiciliare. Per ridurre il discomfort del paziente, è stato già proposto da Menon e collaboratori
di posizionare una cistostomia sovrapubica (CS) al posto del CV nei pazienti sottoposti a prostatectomia
radicale robotica (RARP). Scopo del lavoro è confrontare la gestione postoperatoria e il discomfort del
paziente con CV versus CS dopo prostatectomia radicale robotica (RARP).
Materiali e metodi
Da ottobre 2012 abbiamo iniziato a posizionare una CS (Foley 14 Ch a 2 vie) al posto del CV in tutti i
pazienti senza controindicazioni (pregressa neoplasia vescicale, obesità grave, pregressa chirurgia pelvica
con cicatrici sovrapubiche, anastomosi vescico-uretrale non a tenuta). Nei pazienti con controindicazioni
o non adeguatamente informati, è stato posizionato un CV Foley 18 Ch a 2 vie. Lo studio, prospettico,
comparativo, non randomizzato, è stato condotto tra gennaio 2013 e marzo 2014 e prevedeva la
compilazione alla rimozione del catetere, 7 giorni dopo l’intervento, di un questionario istituzionale VAS
riguardante il dolore post-chirurgico.
Risultati
Nel periodo in studio abbiamo sottoposto 241 pazienti a RARP; di questi, 189 hanno acconsentito a
partecipare (65 con CV, 124 con CS). L’età mediana è risultata 65 anni in entrambi i gruppi (p=0.431) Il
dolore postoperatorio complessivo mediano è risultato simile tra i 2 gruppi (CV 3 [IQR 1-5] vs CS 3 [IQR
1-4], p=0.461); il dolore correlato al drenaggio urinario è risultato minore nei pazienti con CS (CV 3
[IQR 1-4] versus CS 1 [IQR 0-3], p=0.001); il dolore correlato alla rimozione del drenaggio urinario è
risultato simile tra i due gruppi (CV 1 [IQR 0-2] versus CS 1 [IQR 0-3], p=0.151). 12 pazienti con CV
(18.2%) e 39 pazienti con CS (30.7%) hanno utilizzato mezzi di protezione mentre erano portatori del
drenaggio urinario (p=0.085). In entrambi i gruppi si sono verificati 2 accessi ambulatoriali postdimissione per problematiche correlate al catetere (CV: 1 per ostruzione, 1 per rimozione involontaria a
palloncino gonfio, esitata in stenosi dell’anastomosi; CS 2 per ostruzione). Al follow-up minimo di 12
mesi 1 paziente nel gruppo CV e 0 nel gruppo CS hanno avuto una stenosi dell’anastomosi.
Discussione
L’utilizzo della CS ha permesso una riduzione del dolore correlato al drenaggio urinario e mette al riparo
dal rischio di complicanze sull’anastomosi correlate alla dimissione precoce con CV in sede.
Conclusioni
Abbiamo dimostrato che la cistostomia sovrapubica è tollerata meglio del catetere vescicale nei pazienti
sottoposti a RARP. Questo non ha portato a un decorso complessivamente meno doloroso, ma il dato
andrà valutato su studi randomizzati di potenza adeguata.
112
P 113
RARP E RRP TECNICHE A CONFRONTO: DOLORE POSTOPERATORIO E OUTCOME
FUNZIONALI A BREVE TERMINE.
C. Capretti, L. Montesi, V. Lacetera, R. Raquban, M. Yehia, G. Muzzonigro (Ancona)
Scopo del lavoro
Valutazione del dolore e degli outcome funzionali postoperatori e a breve termine in pazienti sottoposti a
prostatectomia radicale robotica (RARP) e open a confronto.
Materiali e metodi
Sono stati sottoposti a studio prospettico i pazienti operati di prostatectomia radicale open e robotica fra il
dicembre 2013 e giugno 2014 eseguite dallo stesso operatore. I pazienti sono stati sottoposti in terza
giornata postoperatoria e in decima giornata ai questionari " numeric rates scale" (NRS) , a " Brief Pain
Inventory" (BPI) e alla mappa del dolore. Sono stati valutati gli outcome funzionali di canalizzazione a
feci e gas, mobilizzazione, utilizzo di farmaci antidolorifici nel postoperatorio.
Risultati
Sono stati inclusi nello studio 63 pazienti, 30 operati in tecnica robotica (RARP) e 33 in tecnica open
retropubica (PR). Età media è risultata 66 anni (69 aa open; 62 aa RARP) (DS± 8,1). In terza giornata
post operatoria il punteggio del dolore sulla scala NRS riferito dai pazienti operati con la tecnica open è
stato in media 5,28 (DS± 2,04), in tecnica robotica: 3,75 (DS ±2,31). In decima giornata il dolore era in
media di 2,19 (DS ± 1,56) per la tecnica open e 0,67 (DS±1,32) per la robotica. Esiste una correlazione
statisticamente significativa (p<0.001) fra il dolore postoperatorio in terza e decima giornata e la tecnica
utilizzata. Età, presenza di diabete, vasculopatie, neuropatie, assunzione di cardioaspirina non si sono
dimostrati correlati in maniera statisticamente significativa al dolore percepito. La tecnica robotica si
associa ad una riduzione statisticamente significativa (p=0.012) del dolore addominale profondo
postoperatorio (RR -0,32) e ad un aumento statisticamente significativo (p= 0,007) del dolore dorso spalle
(RR +0,34). In decima giornata risulta che la tecnica robotica si associa ad una riduzione statisticamente
significativa (p<0.001) del dolore addominale profondo (RR -0,46);la riduzione del dolore riferito alla
ferita (RR -0,25)non e' statisticamente significativo (p=0,053). Correlazione statisticamente significativa
(p<0,001) esiste tra l’utilizzo della tecnica robotica, la canalizzazione alle feci (RR -0,64) e la giornata
mobilizzazione (RR -0,57) post operatoria. Risulta significativa (p<0.01) la relazione fra la giornata di
mobilizzazione ed il dolore percepito (RR +0,49).
Discussione
La tecnica RARP riduce notevolmente il dolore percepito e la quantità' di antidolorifici assunti nel
postoperatorio con notevoli ripercussioni sulla QoL e una ripresa precoce nello svolgimento di attività
quotidiane. Diverse sono le localizzazioni del dolore: i pazienti sottoposti a chirurgia open hanno riferito
dolore addominale profondo, mentre i pazienti sottoposti a tecnica robot-assistita hanno riferito dolore
localizzato prevalentemente a dorso e spalle.
Conclusioni
La tecnica robotica si associa a un migliore risultato a livello di outcome funzionali postoperatori e a
breve termine. Inoltre essa è associata a una riduzione del dolore postoperatorio e a breve termine.
113
P 114
PROSTATECTOMIA RADICALE RETROPUBICA, LAPAROSCOPICA E ROBOTICA:
ANALISI DELLE COMPLICANZE IN UN SINGOLO CENTRO REGIONALE
L. Luciani, D. Mattevi, S. Chiodini, V. Vattovani, D. Tiscione , T. Cai, G. Malossini (Trento)
Scopo del lavoro
Pochi studi sulla superiorità di una tecnica di RP sull’altra in un singolo Centro sono stati pubblicati. Lo
scopo di questo studio è di confrontare il tasso di complicanze e i dati perioperatori della prostatectomia
radicale (RP) eseguita con tre differenti approcci chirurgici (radical retropubic prostatectomy (RRP),
laparoscopic radical prostatectomy (LRP) e robot-assisted radical prostatectomy (RARP) in un singolo
Centro regionale.
Materiali e metodi
Abbiamo effettuato un'analisi retrospettiva da un database prospettico che raccoglie i dati delle ultime 100
RP consecutive per ogni tecnica chirurgica eseguite fino a Dicembre 2014, presso l’Unita Operativa di
Urologia dell’Ospedale S. Chiara di Trento (100 RARP, 100 RRP, 100 LRP). Le complicanze sono state
classificate secondo la classificazione di Clavien-Dindo. I risultati della RARP sono stati confrontati
statisticamente verso quelli della RRP e della LRP.
Risultati
Dal Gennaio 2005 a Dicembre 2014 sono state eseguite 902 RP. Il gruppo RARP aveva età e PSA
significativamente inferiore rispetto al gruppo RRP (66 anni vs 72,6 anni e 9,5 ng/mL vs 13,28 ng/mL),
mentre non c’era differenza significativa rispetto alle LRP. Il volume prostatico era invece comparabile
nei 3 gruppi (44,5 cc vs 44,1 cc vs 52,9 cc p>0,05). I tempi operatori delle RARP si sono dimostrati
maggiori rispetto alle LRP e alle RRP (242’ vs 200,7 vs 139 p<0,01). La RARP è associata e ad una
inferiore perdita ematica intraoperatoria rispetto alla LRP e alla RRP (487cc vs 704,4 e 863
rispettivamente p<0,01); anche il tasso di trasfusioni postoperatorie è statisticamente inferiore nelle
RARP rispetto alle altre due tecniche (8% vs 21 % e vs 21% - p<0,01). La RARP è associata ad una
ospedalizzazione inferiore rispetto alla LRP e alla RRP (6,5 gg vs 8,5 e vs 10 rispettivamente p<0,01) Le
complicanze di tipo II sono state statisticamente inferiori nei Pazienti sottoposti a RARP rispetto a quelli
sottoposti a VLP e RRP (12 % vs 43 % e 47 % p <0,01); anche le complicanze Clavien III e IV sono state
inferiori nelle RARP rispetto alle VLP e alle RRP (1% vs 5 % vs 6 %, p>0,05). Il tasso di conversione si
è dimostrato statisticamente maggiore nelle VLP rispetto alle RARP (12% vs 1% p <0,01).
Discussione
I tempi operatori nelle RARP si sono dimostrati nettamente maggiori rispetto a quelli delle LRP e RRP, di
40’ e 100’ rispettivamente. Per contro, la RARP è associata a perdite intraoperatorie, tassi di trasfusione,
complicanze Clavien-Dindo grado II e tempi di ospedalizzazione statisticamente inferiori rispetto alla
VLP e alla RRP.
Conclusioni
I tempi operatori nelle RARP si sono dimostrati nettamente maggiori rispetto a quelli delle LRP e RRP, di
40’ e 100’ rispettivamente. Per contro, la RARP è associata a perdite intraoperatorie, tassi di trasfusione,
complicanze Clavien-Dindo grado II e tempi di ospedalizzazione statisticamente inferiori rispetto alla
VLP e alla RRP.
114
P 115
CAUSE NON CHIRURGICHE DI DISFUNZIONE ERETTILE DOPO PROSTATECTOMIA
RADICALE NERVE SPARING BILATERALE: RISULTATI DI UNO STUDIO
MONOCENTRICO
G. Saitta, G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, M. Bianchi, W. Cazzaniga, V. Scattoni, U. Capitanio,
A. Gallina, R. Colombo, R. Bertini, M. Picozzi, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
Il rischio di disfunzione erettile (DE) non è trascurabile nei pazienti trattati con prostatectomia radicale
nerve sparing bilaterale (PRNSB). Perfino in presenza di una chirurgia meticolosa ben svolta, altri fattori
possono condizionare un recupero ottimale della funzione erettile nel tempo. Lo studio è finalizzato a
stimare l’influenza di cause non chirurgiche connesse alla DE in uomini trattati con PRNSB.
Materiali e metodi
Sono stati valutati 716 pazienti con PCa trattati con PRNSB presso un singolo centro tra il 2008 e il 2013.
Tutti i pazienti avevano dati completi, inclusi un questionario di status depressivo preoperatorio valutato
dal Center for Epidemiologic Studies Depression (CESD) e una valutazione di FE preoperatoria stimata
con Index of Erectile Function-EF domain (IIEF-EF). La depressione è stata definita come un CESD≥16.
Il recupero della funzione erettile è stato definito come un IIEF-EF score ≥22. Analisi Kaplan-Meier
hanno stimato l’impatto dello stato funzionale preoperatorio, della depressione, e della radioterapia
adiuvante (RTa) sulla probabilità di recupero della FE. Modelli di regressione multivariata Cox sono stati
usati per testare l’impatto dell’IIEF-EF preoperatorio, della depressione e della RTa sul recupero della
FE, dopo aver aggiustato le analisi per età e comorbidità.
Risultati
L’età media era di 60.9 anni. Il follow-up mediano era di 48 mesi. Il tasso di recupero della FE a 3 anni
era del 60.1%. Pazienti con un IIEF-EF preoperatorio≥22 avevano maggiori tassi di recupero se
comparati con coloro che avevano IIEF-EF ≤10 (p<0.001). Similmente, pazienti con CESD <16 avevano
maggiori tassi di recupero se comparati con coloro che erano affetti da depressione (60.8 vs. 49.2%;
p=0.02). Infine, pazienti che hanno ricevuto RTa postoperatoria avevano tassi minori di FE se comparati
con coloro che non hanno ricevuto RTa (40.7 vs. 59.8%; p=0.01). Questi risultati sono stati confermati
alle analisi multivariate, dove IIEFEF preoperatorio (Hazard ratio [HR]: 1.05; p<0.001), depressione (HR:
0.81; p=0.04) e RTa (HR: 0.60;p=0.01) erano predittori significativi di recupero di FE dopo aver
aggiustato le analisi per età e comorbidità.
Discussione
Lo stato funzionale preoperatorio e la depressione dovrebbero essere sempre considerati durante il
counseling preoperatorio, quando vengono considerati i potenziali effetti collaterali a lungo termine della
PRNSB. Inoltre, RTa potrebbe avere un effetto dannoso sulla probabilità di recupero della FE dopo
chirurgia.
Conclusioni
Lo stato funzionale preoperatorio, la depressione e la RTa dovrebbero essere prese in considerazione
quando si considerano i potenziali benefici e effetti collaterali di un approccio chirurgico, anche se
eseguito meticolosamente.
115
P 116
RUOLO DEI FATTORI DI RISCHIO METABOLICI NEL RECUPERO FUNZIONALE DOPO
PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA: DATI PRELIMINARI DI UN SINGOLO
CENTRO
A. Sebastianelli, M. Gacci, C. Cini, M. Lanciotti, A. Mari, M. Salvi, P. Della Camera, J. Frizzi, P.
Spatafora, A. Minervini, M. Carini, S. Serni (Firenze)
Scopo del lavoro
La sindrome metabolica (MetS) è definita come la presenza di tre o più dei seguenti elementi: obesità,
ipertensione, dislipidemia (elevati livelli di trigliceridi o bassi livelli di colesterolo hdl) e alterata
regolazione glicemica. Nella letteratura recente un solo studio retrospettivo valuta il peso di un singolo
disordine metabolico aggiuntivo all’obesità nel recupero funzionale dopo prostatectomia robotica (Kwon
YS, Urol Oncol, 2014), senza l’ausilio di questionari specifici per la continenza e la potenza
postoperatorie. Scopo del nostro studio è la valutazione dell’impatto di più elementi della MetS sul
recupero della continenza e della potenza sessuale dopo prostatectomia robotica
Materiali e metodi
Abbiamo incluso prospetticamente 111 pazienti sottoposti a prostatectomia robotica per carcinoma
prostatico presso il nostro centro. I parametri MetS sono stati acquisiti durante la visita preoperatoria. Un
BMI >30kg/m2 è stato usato per definire l’obesità centrale in accordo con i criteri WHO 1998 e AACE
2003. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi: 1)pazienti con 0-1 fattore di MetS 2)pazienti con 2 o
più fattori. La continenza e la potenza sessuale pre e postoperatorie (a 1, 3, 6 e 12 mesi) sono state
indagate con la versione italiana validata del questionario UCLA-PCI (UF= Urinary Function, SF=
Sexual Function). Le differenze tra i due gruppi ai diversi periodi del follow up sono state analizzate
mediante test ANOVA e modelli di regressione logistica multivariata
Risultati
Riguardo la prevalenza dei singoli elementi della sindrome metabolica, 21 pazienti (18,9%) sono risultati
affetti da obesità, 62 (59,9%) da ipertensione, 21 (18,9%) da dislipidemia e 18 (16,2%) da diabete. In
totale 68/111 pazienti (61,2%) presentavano 0-1 parametro metabolico (gruppo 1) e 43 (38,7%) 2 o più
(gruppo 2). I due gruppi sono risultati sovrapponibili per quanto riguarda gli score (urinario e sessuale)
preoperatori rilevati con l’UCLA PCI. All’analisi multivariata, corretta per età e Charlson Comorbidity
Index preoperatorio, sono state riscontrate differenze significative tra i due gruppi riguardo lo score
dell’UCLA PCI per la funzione urinaria al follow up ad 1, 3 e 6 mesi postoperatori (p=0.051, p=0.054 e
p=0.014 rispettivamente). Anche lo score per la funzionalità sessuale a 12 mesi è risultato
significativamente migliore nel gruppo 1(p=0.029), considerando il sottogruppo di pazienti sottoposti a
prostatectomia nerve sparing (vedi immagine).
Discussione
I pazienti con almeno due parametri della sindrome metabolica hanno presentato una minor percentuale di
recupero della continenza al follow up dei primi mesi postoperatori ed un peggior recupero della funzione
sessuale al follow up di un anno
Conclusioni
Da questi risultati possiamo dedurre come la MetS sia un fattore di rischio per un peggior recupero
funzionale dopo prostatectomia robotica. Ulteriori studi prospettici saranno necessari per confermare i
risultati preliminari emersi dal nostro studio
116
P 117
RIABILITAZIONE DEL PAVIMENTO PELVICO (PFMT) POST PROSTATECTOMIA
RADICALE: RECUPERO PRECOCE DELLA CONTINENZA.
S. Alba, V. Altieri, V. Aiello, M. Genovese, P. Verze, A. Inferrera, V. Mirone, F. Greco (Rocca di Neto)
Scopo del lavoro
Valutare l’efficacia della riabilitazione del pavimento pelvico (PFMT) nel recupero precoce della
continenza e nella ripresa delle normali attività quotidiane in due gruppi di pazienti sottoposti a
prostatectomia radicale
Materiali e metodi
Sono stati analizzati i database prospetticamente compilati dei pazienti sottoposti a Prostatectomia
radicale, sottoposti a PFMT con fisioterapista dal giorno della rimozione del catetere vescicale (GR)
confrontati con pazienti non sottoposti a PFMT con fisioterapista (GNR). I pz del GR hanno eseguito la
PFMT con fisioterapista secondo il seguente schema: giornalmente per i primi 5 giorni,
bisettimanalmente per 2 settimane, successivamente in base alle indicazioni del fisioterapista. I pz del
GNR hanno eseguito comunque esercizi domiciliarmente secondo le raccomandazioni prescritte e
ricevute alla dimissione. Parametri analizzati: Continenza (0- 1 mini/ pad) a 2 settimane, 1 mese e 3 mesi,
QoL IPSS a 2 settimane, 1 e 3 mesi
Risultati
Dal Gennaio 2014 al febbraio 2015, 102 pazienti sono stati sottoposti a prostatectomia radicale
Videolaparoscopica, dei quali 56 hanno eseguito PFMT con fisioterapista (GR). Diciotto pazienti del GR
e 16 del GNR sono stati rispettivamente sottoposti a tecnica nerve sparing bilaterale. La percentuale di
pazienti continenti nel GR è del 25%, 45 % e 95% rispettivamente a 2 settimane, 1 mese e 3 mesi dalla
rimozione del catetere, mentre nel GNR è del 19%, 29% e 83% rispettivamente a 2 settimane, 1 mese e
tre mesi dalla rimozione del catetere. Le differenze osservate fra i due gruppi sono risultate
statisticamente significative a favore del GR a 1 mese ed a 3 mesi dalla rimozione del catetere vescicale.
Nei sottogruppi di pazienti sottoposti a chirurgia nerve sparing, le differenze osservate risultano
statisticamente significative a favore del GR a 3 mesi. Le differenze osservate in termini QoL nei due
gruppi sono risultate statisticamente significative in tutti i range di tempo considerati
Discussione
La PFMT con fisioterapista aumenta la compliance del paziente al recupero funzionale post
prostatectomia radicale e agisce da completamento alle tecniche di risparmio delle strutture deputate al
controllo della continenza
Conclusioni
La PFMT con fisioterapista consente il recupero precoce della continenza e il ritorno alle normali
abitudini quotidiane del paziente
117
P 118
VALUTAZIONE DELL’INDICAZIONE ALLA LINFOADENECTOMIA PELVICA IN CORSO
DI PROSTATECTOMIA RADICALE MINI-INVASIVA NEL RISCHIO INTERMEDIO:
CONFRONTO TRA NOMOGRAMMA DI BRIGANTI E MSKCC IN UNA CASISTICA
MULTICENTRICA
B. Rocco, E. De Lorenzis, A. Porreca, S. Crivellaro, F. Mistretta, C. Ceruti, A. Minervini, A. Antonelli,
M. Falsaperla, A. Celia, P. Parma, S. Zaramella, P. Bove (milano)
Scopo del lavoro
Ad oggi è acceso il dibattito se ci sia l’indicazione ad eseguire una linfoadenectomia pelvica (LP) in
pazienti classificati come intermedio rischio (IR) secondo la classificazione D’Amico. Lo scopo dello
studio è comparare le indicazioni alla LP date dai due nomogrammi più in uso, secondo Briganti e
secondo il Memorial Sloan-Kettering Cancer Center (MSKCC), in una popolazione omogenea di pazienti
classificati come IR.
Materiali e metodi
Da Dicembre 2009 a Febbraio 2013,1622 pazienti sono stati sottoposti a prostatectomia radicale miniinvasiva presso 11 centri urologici italiani. Sono stati retrospettivamente analizzati i dati stratificando i
pazienti secondo le classi di rischio di D’Amico e focalizzando l’attenzione sui pazienti a IR. Di questi
pazienti sono stati calcolati i nomogrammi per il rischio di invasione linfonodale (RIL) secondo Briganti e
MSKCC e comparate le variabili caratterizzanti ambedue i nomogrammi.
Risultati
Di 435 pazienti classificati come IR, 317 sono risultati valutabili per questo studio. Di questi, è stato
calcolato un RIL > 5% in 82 (25,9%) e in 125 (39,4%) rispettivamente per il nomogramma di Briganti e
per quello del MSKCC (p<0.001). Ottanta pazienti (25,2%) avevano un RIL > 5% per entrambi i
nomogrammi (Gruppo A), mentre 45 (14,2%) erano candidabili a LP secondo il nomogramma del
MSKCC, ma non secondo Briganti (Gruppo B). In questi due gruppi sono state comparate le variabili
caratterizzanti i nomogrammi. Tra i due gruppi non sono state rilevate differenze statistiche in termini di
età e PSA. Nel Gruppo A è stata riscontrata una prevalenza maggiore dei pazienti con GS 4+3 rispetto al
Gruppo B (41.2% vs 20%; p<0.001). Contrariamente, nel Gruppo B la maggior parte dei pazienti avevano
un GS 3+4 (60% vs. 41.2%; p<0.05). Nessuna differenza statistica è stata riportata tra i due gruppi in
termini di GS 3+3 (17.6% vs. 20%; p>0.05) . Nel Gruppo A la media di frustoli bioptici positivi è
risultata essere maggiore che nel Gruppo B (7.6 + 2.8 vs. 4.8 + 2.8; p<0.001). Nessuna differenza
statistica è stata calcolata in termini di stadio clinico (0.05).
Discussione
Attualmente i criteri di indicazione ad eseguire la LP non sono univoci. Nella nostra esperienza abbiamo
notato che presentare i dati sulla LP stratificandoli in classi D’Amico porta spesso ad una incongruenza
rispetto alla stratificazione di rischio data dai nomogrammi. Oltretutto, tra i diversi nomogrammi non vi è
omogeneità di risultati. Dal nostro studio emerge come i dati patologici (GS e numero di frustoli positivi)
pesino di più nell’indicazione ad eseguire la LP.
Conclusioni
Lo studio ha dimostrato come in pazienti affetti da patologia a IR una indicazione più stringente data dal
nomogramma del MSKCC rispetto a quella data dal Briganti. Si evince inoltre come la stratificazione dei
pazienti candidabili a LP, soprattutto se di IR, dovrebbe essere basata sulla probabilità di RIL piuttosto
che sulle classi d’Amico.
118
P 119
VALIDAZIONE DEL MODELLO DI TRAINING ERUS PER LA PROSTATECTOMIA
RADICALE ROBOTICA: STUDIO PILOTA II
G. Novara, S. La Falce, A. Volpe, K. Ahmed, P. Dasgupta, H. Van der Poel, A. Mottrie (Padova)
Scopo del lavoro
La Sezione europea di Urologia Robotica(ERUS) ha messo a punto un modello di training per la chirurgia
robot-assistita (RAS) articolato in 6 mesi.Lo scopo di questo studio è quello di validare il corso ad un
livello multi-istituzionale.
Materiali e metodi
Il corso includeva le seguenti fasi:(1)E-learning;(2) 4 settimane di assistenza al letto operatorio durante la
prostatectomia radicale robotica(RARP);(3)una settimana di training su simulazioni(realtà virtuale-VR,
modelli sintetici,animali;abilità non tecniche –NTS- in un contesto di simulazione full-immersion);e (4)
20 settimane di formazione modulare con la supervisione di un mentore per la RARP.Come prima cosa
sono state valutate le capacità di base pre-corso.Quindi,i partecipanti hanno completato il training in sala
operatoria.Per la valutazione delle capacità tecniche,sono stati utilizzati gli score del simulatore
chirurgico da Vinci(dVSS) per il training VR e lo score GEARS per la valutazione durante la formazione
virtuale dry lab con un modello sintetico di anastomosi vescico-uretrale.Le abilità non tecniche sono state
valutate con il Sistema di abilità non tecniche per i chirurghi (NOTSS) e attraverso la scala di abilità non
tecniche (NOTECH).Il video della RARP eseguita dai partecipanti al termine del training è stato valutato
usando uno score procedura-specifico da parte di due revisori blinded (scala 4-16, con uno score ≥10
indicante un livello di sicurezza).Le variabili continue sono riportate attraverso la mediana e il range
interquartile(IQR).Il test di Wilcoxon è stato usato per confrontare la distribuzione delle variabili
continue.Una p< 0.05 a due code è stata considerata statisticamente significativa.Tutti i test statistici sono
stati effettuati con il sistema SPSS versione 22.0(SPSS Inc, Chicago, IL, USA).
Risultati
17 partecipanti sono stati arruolati nel corso.L’esperienza di base media come assistente chirurgo al letto
operatorio era di 10 mesi(IQR 2-33 mesi).7 chirurghi (41%) avevano esperienza alla console (mediana 3
mesi;IQR 2-6) ed erano stati coinvolti in un numero mediano di 10 casi di RARP (IQR 1-15). 16 dei 17
partecipanti hanno completato il programma e sono stati coinvolti in un numero mediano di 59 RARPs
(IQR 20-86) durante il training.
Discussione
Lo score globale (di base vs. post-corso) e il tempo per completare gli esercizi con il dVSS sono
aumentati significativamente durante il training (tutte le p con valori ≤0.05),così come sono migliorate in
modo significativo le abilità tecniche, valutate con lo GEARS score sul modello sintetico di
anastomosi(valori di p < 0.05 in tutti i campi dello score) e le NTS, valutate usando gli score NOTSS e
NOTECHS.Alla valutazione del video della RARP finale, 14 dei 16 partecipanti (86%) hanno ottenuto un
punteggio medio >10 per tutte le fasi dell’intervento,usando uno score generico specifico.
Conclusioni
Il corso europeo di training di chirurgia urologica robotica di 6 mesi si è dimostrato valido ed efficace per
la formazione dei giovani urologi alle prime esperienze con la RARP.
119
P 120
QUALI SONO I FATTORI CHE INFLUENZANO LA PERFORMANCE DURANTE IL
TRAINING ROBOTICO? RISULTATI DEL PROGRAMMA EAU ROBOTIC UROLOGY
SECTION HOT-PROGRAM.
N. Fossati, A. Larcher, G. Gandaglia, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti, N. Buffi (Milano)
Scopo del lavoro
La chirurgia robotica ha avuto un’importante diffusione nell’ultimo decennio. Programmi di training
strutturati sono pertanto necessari, al fine di mantenere la sicurezza dei pazienti e al tempo stesso di
ottenere ottimi risultati chirurgici durante il processo di apprendimento (learning curve). Lo scopo di
questo studio è di identificare i fattori che influenzano la performance dei partecipanti durante il training
robotico.
Materiali e metodi
In questo studio prospettico e osservazionale, abbiamo incluso 110 partecipanti, reclutati in 4 precedenti
congressi europei nel periodo 2013-2014. In tutto, 851 esercizi di dry lab sono stati completati durante i
corsi. I dati dei partecipanti includevano età, sesso, grado (specializzando vs. specialista), precedente
esperienza laparoscopica, di assistenza al tavolo, e robotica. L’outcome valutato è stato il punteggio totale
realizzato dal partecipante durante l’esercizio. L’analisi di regressione lineare multivariata è stata
utilizzata per predire il punteggio totale. I predittori erano età, sesso, grado (specializzando vs.
specialista), precedente esperienza laparoscopica, di assistenza al tavolo, e robotica.
Risultati
L’età mediana era 34 anni (range inter-quartile [IQR]: 30, 40). La mediana (IQR) di esperienza
laparoscopica, di assistenza al tavolo, e di chirurgia robotica era di 30 (10, 90), 20 (10, 50), e 3 (2, 12),
rispettivamente. Il punteggio totale mediano degli esercizi è stato 501 (IQR: 320, 618). All’analisi di
regressione lineare multivariata, età del partecipante (coefficiente [coeff]: -5.16; 95% intervallo di
confidenza [CI]: -8.67, -1.65, p=0.004) era inversamente associata con la performance durante gli esercizi
di training. Al contrario, l’esperienza di chirurgia robotica era significativamente associata alla
performance (coeff: 1.43; 95% CI: 0.69, 2.18; p=0.0002). Utilizzando il metodo “Lowess” abbiamo
osservato una progressive riduzione del punteggio totale mediano al variare dell’età. In particolare, il
punteggio mediano scendeva da 550 a 350 quando l’età variava da 25 a 50.
Discussione
La performance durante il training robotico è influenzata in modo significativo e importante dall’età del
partecipante.
Conclusioni
I partecipanti più giovani raggiungono risultati migliori rispetto ai più anziani. L’età del partecipante deve
essere presa in considerazione nel momento in cui un programma di training robotico viene ad essere
intrapreso.
120
P 121
UTILITà DELLA CHIRURGIA IN DIRETTA COME METODO DI INSEGNAMENTO:
OPINIONE DI 100 UROLOGI PROVENIENTI DA TUTTO IL MONDO
E. De Lorenzis, G. Cozzi, F. Mistretta, P. Acquati, B. Rocco, V. Pansadoro (milano)
Scopo del lavoro
La chirurgia in diretta è considerata un metodo di insegnamento per la disseminazione delle conoscenze e
tecniche chirurgiche. Negli ultimi anni il numero di eventi con chirurgie in diretta è in crescente aumento.
Tuttavia numerose preoccupazioni sono state sollevate circa la sicurezza della chirurgia in diretta, a causa
del possibile aumentato rischio di complicanze ad essa legato. Scopo del presente lavoro è valutare le
opinioni e l’interesse degli Urologi in tema di chirurgia in diretta, con particolare riferimento al più
importante evento urologico internazionale di live surgery (Challenge in Laparoscopy and Robotics
meeting [CiLR]).
Materiali e metodi
E' stato condotto un sondaggio telematico coinvolgendo 100 Urologi provenienti da tutto il mondo. Ad
ogni partecipante è stato fornito un questionario composto da 7 domande a risposta multipla (allegato). Le
domande riguardavano l’esperienza clinica dell’Urologo, la partecipazione al Congresso CiLR e opinioni
riguardo la chirurgia in diretta.
Risultati
Il 41% dei partecipanti aveva un’età tra i 41-50 anni ed il 68% un’esperienza urologica maggiore di 10
anni. Il 32% non ha mai partecipato al CiLR, il 18% una volta e la metà più di una volta. Il 65% reputa i
contenuti del CiLR molto interessanti. L’ 84% ritiene che la chirurgia in diretta sia un utile strumento
d'insegnamento, mentre solo il 9% pensa che i video siano il miglior metodo di apprendimento. Per
quanto riguarda i rischi legati alla chirurgia in diretta, il 51% pensa che siano aumentati rispetto ad un
intervento eseguito in condizioni standard ed il 43% che siano invece equivalenti. Abbiamo infine
domandato se i partecipanti candiderebbero un loro paziente ad una chirurgia in diretta e l'80% ha
risposto favorevolmente.
Discussione
L'operare in diretta può sollevare molti dubbi per quanto riguarda i risvolti etici legati al paziente; per
questo l'argomento é sempre più oggetto di dibattito in tema di sicurezza e tutela dell’assistito. Tuttavia,
con la continua espansione delle innovazioni nel campo delle tecniche chirurgiche urologiche, l'interesse
e la richiesta delle chirurgie in diretta é sempre crescente.
Conclusioni
Con i limiti legati al tipo di studio, il nostro sondaggio ha dimostrato che la chirurgia in diretta é
considerata uno degli strumenti di educazione chirurgica più efficaci e richiesti. A fronte di un potenziale
aumentato rischio di complicanze, la stragrande maggioranza dei partecipanti al nostro sondaggio
candiderebbero un proprio paziente ad una procedura in diretta.
121
P 122
SUTURATRICE ENDOLUMINALE SEMIFLESSIBILE CON MATERIALE ASSORBIBILE :
DALL’ IDEAZIONE AL PROTOTIPO
W. White, D. Foss, M. LaDucher, G. Ciavotta, M. Scott, S. Crivellaro (Chicago, USA - Illinois)
Scopo del lavoro
Scopo del lavoro è realizzare un prototipo di suturatrice a materiale riassorbibile semiflessibile
utilizzabile per suture endoluminali, in particolare per il confezionamento di anastomosi uretro-vescicale
post prostatectomia radicale.
Materiali e metodi
Un gruppo di 3 studenti senior della facoltà di ingegneria supervisionato da un urologo esperto in tecniche
miniinvasive hanno sviluppato il progetto. Le caratteristiche del dispositivo dovevano essere 1) utilizzo
endoluminale 2) anastomosi waterproof 3) materiale di sutura riassorbibile 3) trauma minimo sul versante
vescicale 4) nessuna perdita di tessuto nel processo di sutura 5) parte monouso disassembabile dalla parte
pluriuso. Dopo una breve analisi della letteratura il concetto base del meccanismo è stato realizzato in
bozza ed il prototipo disegnato su autoCAD. La realizzazione del prototipo è al momento dell’ invio di
questo abstract in corso con stampante 3D.
Risultati
Meccanismo : Il meccanismo della macchina da cucire è stato riadattato e rivisitato per renderlo coerente
alle necessità del progetto a) l’ago retto con punta smontabile attraversa uretra e collo vescicale b) la
punta viene catturata dal dispositivo prossimalmente all’ anastomosi e il corpo dell’ ago rientra nel
dispositivo distalmente all’ interno del lume c) la testa del dispositivo ruota di 3° d) il corpo dell’ ago
aggancia nuovamente la punta prossimalmente e rientra nel dispositivo distalmente e) L’ ago attraversa
nuovamente uretra e collo vescicale f) il ciclo continua per tutta la superficie dell’ anastomosi. La testa
del dispositivo è dotata di un meccanismo ad apertura a farfalle per avvicinare il collo vescicale all’ uretra
e di un sistema di aspirazione per avvicinare I due lembi da anastomizzare. Il dispositivo nel suo insieme
è rappresentato in figura 1.
Discussione
Per ridurre l’ invasività degli interventi chirurgici, non solo urologici, nuove tecniche si stanno sempre
piu’ sviluppando, quali la notes (natural orifices trans endoluminal surgery) o la less (laparoendoscopic
single site surgery). Mentre dal punto di vista della visione la tecnologia è già pronta ad affrontare questa
sfida, mancano strumenti operativi utilizzabili. Questa suturatrice semiflessibile endoluminale potrebbe
garantire la possibilità di chiudere una soluzione di continuità dall’ interno dell’ organo durante chirurgia
notes o less.
Conclusioni
Il prototipo di suturatrice semiflessibile endoluminale rispetta tutte le caratteristiche ideali di un
dispositivo anastomotico. La successive fase di sperimentazione in wet lab verificherà l’ efficienza del
dispositivo.
122
P 123
CHIRURGIA ROBOTICA IN UROLOGIA PEDIATRICA: I NOSTRI PRIMI 40 CASI
A. Berrettini, D. Minoli, S. Vallasciani, B. Rocco, G. Manzoni (Milano)
Scopo del lavoro
LA chirurgia mini-invasiva si è ormai affermata come una risorsa strategica in urologia pediatrica e la
chirurgia laparoscopica robotico-assistita (RALS) ne è sicuramente uno degli aspetti più promettenti. Il
nostro scopo è quello di valutare la nostra iniziale esperienza di RALS.
Materiali e metodi
Dal luglio 2012 all'aprile 2014, abbiamo eseguito 40 procedure robotiche: 32 pieloplastiche (3 re-do: 2
per precedente pieloplastica “open”, 1 robotica), 3 reimpianti ureterale sec. Lich Gregoir, 1 cistoprostatectomia parziale per un rabdomiosarcoma, 1 nefrectomia + Mitrofanoff ureterale per vescica
neurologica, 1 TUU + Mitrofanoff ureterale per Sindrome di Hinman, 1 eminefrectomia ed 1 correzione
di seno urogenitale. L'età media è stata di 120 mesi (range 32-235)
Risultati
Una conversione a cielo aperto per la peculiare anatomia è stata necessaria solo in una pieloplastica,
all'inizio della nostra esperienza.La degenza ospedaliera media è stata di 3 giorni complessivi. Nessuna
complicanza maggiore precoce è stata osservata (Clavien >3)
Discussione
Nella nostra esperienza la RALS si è confermata una scelta efficace e fattibile, senza complicanze
maggiori. Nella maggior parte dei casi, la RALS è stata utilizzata per chirurgia ricostruttiva mentre in
quella demolitiva si è dimostrata meno vantaggiosa.
Conclusioni
L'eccellente outcome funzionale, la riduzione dei tempi di ospedalizzazione ed una bassa morbidità
sembrano essere gli aspetti più convincenti nell'ambito urologico pediatrico. I principali vantaggi si
apprezzano specialmente nella chirurgia ricostruttiva più complessa che l'urologia pediatrica si trova ad
affrontare. Successivamente alla nostra iniziale esperienza, è auspicabile uno studio prospettico
multicentrico a livello europeo per confermare i risultati clinici e per verificarne anche la sostenibilità
economica. Risulta evidente come per questa chirurgia sia indispensabile una centralizzazione in centri di
eccellenza.
123
P 124
PUNTURA LASER MULTIPLA (« WATERING CAN PUNCTURE ») DELL’URETEROCELE
IN ETA’ PEDIATRICA ED IN ETA’ ADULTA. ESPERIENZA PERSONALE.
G. Cretì, N. Sebastio, C. Latiano, M. Santodirocco, D. Palladino, D. Pugliese, P. Guacci, A. Cisternino
(San Giovanni Rotando)
Scopo del lavoro
Gli Autori, sulla base della selezione e revisione critica della propria casistica, presentano un’interessante
opzione terapeutica endoscopica laser- assistita da utilizzare in caso di ureterocele ( UTC) ectopico e
ortotopico mediante puntura multipla (“watering can puncture”) vs l’incisione sia per i casi precoci
dell’età pediatrica che per quelli più tardivi dell’età adulta, evidenziandone le peculiarità della tecnica
personale, il profilo di sicurezza e di efficacia di tale procedura endoscopica.
Materiali e metodi
Nell’ambito della propria casistica relativa a 51 pz. (M/F : 19/32) affetti da duplicità pielo-ureterale e da
anomalie associate, osservati dal 1996 al 2013 in età compresa fra 23 gg e 16 aa. (media di 3,6 aa.) e con
un follow-up medio di 6,2 aa., l’UTC è stato associato in 23 casi (45%) (14 ectopici e 9 ortotopici). Il
trattamento iniziale endoscopico dell’UTC è stato effettuato in 18 pz : a) Incisione endoscopica 12 pz ( 3
con Bugbee 3 Fr ; 9 Fibra laser (diodi, holmio); b) Puntura laser multipla 6 pz : (Ho-YAG laser, fibra da
365 millimicron, potenza 0.5W, 0.8 Hz).
Risultati
L’incisione endoscopica dell’UTC è risultata efficace (risoluzione o riduzione) nel 73.6% dei casi (8/14)
UTC ectopici (57,1%) ed in 8/9 UTC ortotopici (88.8%). Il RVU secondario è stato registrato in 8 casi
(34,7%). Gli ultimi 6 casi consecutivi di UTC (4 ectopici, 2 ortotopici) sono stati trattati con modifica di
tecnica consistente nella puntura multipla (“watering can puncture”) con laser ad olmio che ha prodotto la
soddisfacente decompressione della sacca ureterocelica e l’assenza di reflussi vescico-ureterali secondari.
Discussione
La gestione dell’ureterocele continua a suscitare vivo interesse ed un ampio dibattito in Letteratura per gli
aspetti controversi e tuttora irrisolti relativi ai criteri di scelta della più idonea, sicura, non invasiva ed
efficace opzione terapeutica attualmente disponibile. Se intorno alla decompressione endoscopica
dell’UTC sembra coagularsi il consenso generale come trattamento di prima scelta per la maggior parte
dei casi, rimane aperta la discussione sull’identificazione del gold standard endoscopico:
elettrocoagulazione, incisione con lama fredda, recente impiego della tecnologia laser. Quest’ultima
rappresenta una procedura mininvasiva, sicura, efficace; la disponibilità di piccole fibre la rende più
consona ed adeguata in età neonatale, più precisa ed accurata rispetto alle altre procedure endoscopiche,
vaporizza il tessuto trattato più che coagularlo riducendo il rischio di nuova chiusura, riduce la morbilità
per una chirurgia secondaria.
Conclusioni
Gli Autori, sulla base della personale esperienza, propongono il trattamento laser dell’UTC come prima
opzione terapeutica. L’introduzione della modifica di tecnica, quale la puntura multipla (“watering can
puncture”) vs l’incisione-laser sembra incidere positivamente sull’outcome con una minore incidenza di
reflussi vescico-ureterali de novo.
124
P 125
PIELOPLASTICA MINI-LAPAROSCOPICA VERSUS ROBOTIC LESS: RISULTATI
FUNZIONALI DOPO UN ANNO DI FOLLOW - UP
F. Cristian, C. Fiori, M. Cossu, D. Amparore, G. Cattaneo, M. Manfredi, N. Serra, G. Ottaviano, R.
Aimar, F. Mele, S. De Luca, R. Bertolo, E. Checcucci, R. Scarpa, F. Porpiglia (Orbassano, Italian)
Scopo del lavoro
Recentemente, la mini laparoscopia e la Laparoendoscopic Single Site Surgery (LESS) sono state
introdotte nel tentativo di ridurre ulteriormente l’invasività della pieloplastica laparoscopica. Lo scopo del
presente studio è confrontare i risultati della pieloplastica mini laparoscopica (mL-P) e LESS robot
assistita (rLESS-P): l’end-point principale è il confronto dei risultati funzionali; end point secondario è il
paragone fra i risultati perioperatori e risultati estetici delle due tecniche.
Materiali e metodi
Da 4/2009 al 6/2010, 12 pazienti (11 F, 1 M) con anomalia del giunto pielo-ureterale primitiva
confermata mediante TC e scintigrafia, età >18 anni, BMI <25 e anamnesi negativa per chirurgia
maggiore addominale sono stati arruolati. I pazienti sono stati sottoposti a mL-P (strumenti da 3mm)
secondo la tecnica di Anderson-Hynes. Con le medesime indicazioni cliniche, dal 2/2012 al 10/2013, 15
(8 M, 7 F) pazienti sono stati sottoposti a rLESS-P. La procedura è stata eseguita mediante monoporta in
silicone “single site” attraverso cui vengono introdotte porte curve e strumenti robot assistiti 5 mm
flessibili. Le variabili demografiche, peri-operatorie e la soddisfazione rispetto all’intervento e ai risultati
estetici dei due gruppi di pazienti sono stati valutati e confrontati. Il protocollo di follow up prevedeva
controllo clinico a tre mesi dall’intervento, ecografia a tre e sei mesi, scintigrafia renale a 12 mesi. I
parametri per determinare il successo della procedura sono stati: scomparsa della sintomatologia algica e
della dilatazione della via escretrice, T1/2 alla scintigrafia <20’.
Risultati
i due gruppi di pazienti erano comparabili in termini di età, BMI, ASA score. In 2/12 casi del gruppo mLP (16%) una porta da 3.5mm è stata sostituita con una porta standard, negli altri casi la procedura è stata
completata usando solo porte laparoscopiche da 3.5/3.9 mm. In 2/15 casi (13%) del gruppo rLESS-P è
stato necessario l’impiego di una porta 5 mm ancillare ed in un caso/15 (6%) è stata necessaria la
conversione ad intervento robotico tradizionale. In 4/15 casi (26%) è stato asportato un calcolo
endorenale mediante nefroscopio flessibile attraverso la monoporta;11/12 pazienti nel gruppo mL-P
(92%) presentavano T1/2 < 20’ alla scintigrafia, e tutti i pazienti sintomatici (8) presentavano regressione
della sintomatologia. Nel gruppo rLESS-P 14/15 pazienti (93%) presentavano T1/2 < 20’, e tutti i pazienti
sintomatici (10) riferivano regressione dei sintomi. Nessun paziente del gruppo mL-P ed uno del gruppo
rLESS-P presentava idronefrosi significativa a sei mesi dall’intervento. Non sono state registrate
differenze rispetto alle altre variabili analizzate.
Discussione
I risultati del nostro studio suggeriscono che la mL-P e la rLESS-P sono paragonabili in termini di
risultati funzionali dopo un follow up di un anno e consentono buoni risultati perioperatori ed eccellenti
risultati cosmetici.
Conclusioni
La mL-P e la rLESS-P rappresentano un passo verso una chirurgia (virtualmente) scarless.
125
P 126
ANALISI SISTEMATICA DELLE COMPLICANZE UROLOGICHE IN UNA CASISTICA DI
OLTRE 1000 TRAPIANTI RENALI
A. Di Domenico, A. Volpe, E. De Lorenzis, M. Quaglia, T. Cena, C. Musetti, P. De Angelis, L. Zegna, F.
Sogni, G. Ceratti, P. Stratta, C. Terrone (Novara)
Scopo del lavoro
Le complicanze urologiche (CU) dopo trapianto renale (TR) hanno un’incidenza che varia dal 2,5% al
20% in letteratura. Tali complicanze possono richiedere una correzione chirurgica e determinare una
ritardata ripresa funzionale ed eventualmente una perdita del rene. Scopo del nostro lavoro è stato
valutare retrospettivamente l’incidenza, la tipologia ed i fattori predittivi delle CU presso il nostro centro.
Materiali e metodi
Da novembre 1998 a giugno 2014 sono stati effettuati presso il nostro centro 1010 TR. Le caratteristiche
del donatore, del ricevente e del trapianto sono state raccolte in maniera prospettica in un database
dedicato. 910 TR sono stati singoli da donatore cadavere (90%), 50 doppi da donatore cadavere (5%) e 50
da donatore vivente (5%). I secondi e terzi trapianti sono stati rispettivamente 88 (8,7%) e 9 (0,9%). L’età
mediana dei donatori è stata 54 anni (IQR 42-66). Per quanto riguarda i riceventi, l’età mediana è stata 52
anni (IQR 42-61), il BMI mediano 23,7 kg/m2 (IQR 21,6-26,2), la diuresi residua mediana pre-TR 500 ml
(IQR 0-1000). In tutti i casi è stata eseguita un’ureterocistoneostomia sec. Lich Gregoire su stent ureterale
JJ. Lo stent ureterale è stato rimosso in media dopo 38 ± 14 giorni dal TR. Le CU prese in considerazione
sono state fistole urinose, ostruzioni del giunto pielo-ureterale, stenosi ureterali, linfoceli e problemi di
ferita chirurgica. I dati sono stati analizzati utilizzando il programma SAS 9.4. I fattori predittivi dello
sviluppo di CU sono stati indagati mediante analisi univariata e multivariata.
Risultati
Sono state riscontrate 258 CU in 222 pazienti (222/1010 [21,9%]). 34 pazienti hanno sviluppato due CU
ed un paziente tre CU. 150/258 complicanze (58,1%) sono risultate di terzo grado secondo la
classificazione di Clavien. In 2 casi (0,9%) si è dovuto procedere ad espianto del rene trapiantato. La
tipologia ed incidenza delle singole CU è riportata in tabella 1. Le fistole urinose sono risultate le
complicanze più precoci, diagnosticate in media 15 giorni (range 11-33) dopo il TR. 27 pazienti con CU
(12,2%) sono andati incontro ad un esaurimento funzionale del trapianto. Nessun paziente è deceduto
come conseguenza diretta delle CU. Il doppio trapianto, l’età del donatore ≥ 50 anni e il BMI del
ricevente sono risultati fattori predittivi indipendenti di CU all’analisi multivariata.
Discussione
Conclusioni
Nella nostra esperienza il tasso di CU dopo TR è sovrapponibile a quello riportato in letteratura. La
complicanza più frequente è risultata essere la stenosi della via escretrice, con maggiore incidenza a
livello dell’uretere terminale. L’espianto del rene trapiantato a causa di CU si è reso necessario in una
proporzione molto ridotta di casi. Una diagnosi precoce ed un adeguato trattamento endourologico o
chirurgico delle CU consente quindi di mantenere un’adeguata funzione dell’organo riducendo al minimo
i fallimenti del trapianto.
126
P 127
IL PRELIEVO DI RENE DA VIVENTE PER TRAPIANTO CON TECNICA MINI-INVASIVA:
STUDIO MULTICENTRICO ITALIANO
C. Terrone, A. Di Domenico, G. Bondonno, L. Zegna, B. Cavallone, M. Romani, D. Garrou, P. De
Angelis, J. Romagnoli, G. Spagnoletti, A. Giacomoni, L. De Carlis, M. Rostand, G. Pasquale, A. Bosio,
P. Ditonno, S. Impedovo, C. Beretta, A. Giussani, C. Socci, D. Parolini, U. Baccarani, G. Adani, M.
Frongia, A. Solinas, A. Volpe (Novara)
Scopo del lavoro
Il prelievo di rene da donatore vivente può essere effettuato con tecnica a cielo aperto o con tecnica miniinvasiva. Non esistono in letteratura studi sulla diffusione in Italia del prelievo di rene con mini-invasiva e
sui suoi risultati. Lo scopo di questo studio è stato quello di raccogliere dati sui centri ove si effettua la
tecnica mini-invasiva al fine di analizzare i risultati e di creare un registro ad hoc.
Materiali e metodi
è stato condotto uno studio osservazionale, di coorte, retrospettivo sui prelievi di rene da vivente con
tecnica mini-invasiva dal 10/2001 al 4/2014. Sono stati analizzati i seguenti parametri: numero di centri,
tipo di tecnica mini-invasiva utilizzata, durata dell’intervento, conversione “a cielo aperto”, numero di
trasfusioni effettuate, morbilità e mortalità peri-operatorie, durata della degenza. Una volta analizzati i
dati retrospettivi la raccolta dei dati è proseguita in modo prospettico.
Risultati
sono stati contattati 21 centri, ottenendo una risposta da 17 centri. Sono stati raccolti dati di 776 donatori.
L’età mediana dei donatori è risultata di 52 anni (21-76), il 62,9% è di sesso femminile, nel 58% dei casi
si tratta di consanguinei. Nel 29,5% dei casi era già stata eseguita precedente chirurgia addominale. Nel
68,5% dei casi è stato donato il rene sinistro e sono state riscontrate anomalie arteriose e venose nel 20%
e nel 7% dei casi rispettivamente. Nel 47,6% dei casi è stata usata una tecnica laparoscopica pura, nel
16% dei casi “hand-assisted”, nel 19% dei casi “mini open”, nell’ 7,1% dei casi una tecnica robotica. La
durata media dell’intervento è risultata di 223 minuti. Sono state registrate complicanze intra-operatorie
in 22 pazienti (2,8%), rispettivamente emoperitoneo (8), lesioni d’organo cavo (3), lesione splenica (2),
emorragia dell’ilo renale (1), i rimanenti per altre cause. Di questi 22 pazienti, 13 sono stati convertiti a a
cielo aperto. Le complicanze post-operatorie precoci (<30giorni) e quelle tardive (>30giorni) sono state
riassunte rispettivamente in tabella 1 e tabella 2. Per quanto riguarda la funzionalità renale, la media di
creatinina nel donatore a 30 giorni è stata di 1,1 mg/dl. Nel ricevente è stato registrato un rigetto acuto in
75 pazienti (9,6%), trombosi vasale in 12 pazienti (1,5%), fistola urinaria in 11 pazienti (1,4%), linforrea
in 51 pazienti (6,6%), decesso in 14 pazienti (1,8%). Per quanto riguarda il ricevente, la creatinina media
ad un anno è stata di 1,5 mg/dl. Ventinove pazienti sono rientrati nuovamente in dialisi.
Discussione
le tecniche mini-invasive dimostrano dei risultati favorevoli da un punto vista chirurgico e di complicanze
post-operatorie.
Conclusioni
in Italia un discreto numero di centri offre una tecnica mininvasiva e la laparoscopica risulta essere la
tecnica preferita. Tale approccio è sicuro e presenta bassa incidenza di complicanze, sovrapponibile
all’esperienza internazionale.
127
P 128
EARLY REPEATED URETEROSCOPY WITHIN 6-8 WEEKS AFTER A PRIMARY
ENDOSCOPIC TREATMENT IN PATIENTS WITH UPPER TRACT UROTHELIAL CELL
CARCINOMA - PRELIMINARY FINDINGS
L. Villa, J. Cloutier, J. Letendre, A. Ploumidis, A. Salonia, F. Montorsi, O. Traxer (MIlano)
Aim of the study
To evaluate the cancer detection rate (CDR) of an early repeated flexible ureteroscopy (2nd-look-URS)
and its impact on the conservative management of patients affected with upper urinary tract urothelial
carcinoma (UTUC).
Materials and methods
Clinical and surgical data from 41 patients with UTUC who underwent 2nd-look-URS within 60 days of
their 1st URS with concomitant laser tumour photoablation at a single tertiary care referral centre from
2009 to 2013 were retrospectively analyzed. Radical nephroureterectomy (RNU) was offered during
follow-up in case of local disease progression. Descriptive statistics tested the impact of 2nd-look-URS
outcomes on subsequent endoscopic evaluations. Kaplan-Meier curves assessed progression-free survival
(PFS) rates according to tumour grade at 1st URS and the presence of a tumour at 2nd-look-URS. Cox
regression analyses (CRA) identified predictors of PFS.
Results
CDR at 2nd-look-URS was 51.2%. CDRs at 3rd URS were 81.3% and 41.2% in patients with a positive
and a negative 2nd-look-URS, respectively (p=0.02). At a mean (median) follow-up of 34.6 (27.6)
months, PFS rates were 79% and 32% in patients with low- vs high-grade tumour at 1st URS and 88%
and 48% in patients with negative vs positive 2nd-look-URS, respectively (all p<0.01). Tumour grade at
1st URS and 2nd-look-URS outcomes achieved predictor status for PFS (HR=6.1, CI-95%=1.42-26.27
and HR=5.39, CI-95%=1.18-24.66, respectively, all p<0.03).
Discussion
Taken together, these findings allow us to imagine that an early repeated URS could be employed not
only to rapidly detect any possible tumour recurrence but also to characterize the aggressiveness of the
disease and to produce an adequate risk stratification of endoscopically treated UTUC patients. Indeed the
2nd-look status (negative vs. positive) affected the PFS rate in our cohort of patients as well as the tumour
grade at diagnosis. This could be of importance when the initial endoscopic biopsy does not contribute to
the diagnosis and characterisation of the disease.
Conclusions
2nd-look-URS-related CDR in conservatively-treated UTUC patients was 51.2%. 2nd-look-URS
outcomes affected the findings of both subsequent endoscopic evaluations and PFS. Further studies are
needed to confirm the benefits of this approach in terms of patient outcomes.
128
P 129
IL TRATTAMENTO ENDOUROLOGICO DELLE NEOPLASIE DELLA VIA ESCRETRICE.
NOSTRA ESPERIENZA DEGLI ULTIMI 5 ANNI
A. De Gobbi, P. Beltrami, L. Bettin, A. Guttilla, F. Zattoni, M. Iafrate, F. Dal Moro, F. Zattoni (Padova)
Scopo del lavoro
Lo studio riguarda la nostra esperienza del trattamento endourologico dei pazienti affetti da neoplasia
della via escretrice superiore valutando l’efficacia in termini di progressione e di recidiva di malattia
uroteliale.
Materiali e metodi
Dal dicembre 2009 al dicembre 2014 abbiamo valutato 38 pazienti (30 maschi e 8 femmine) di età media
di 69.3 anni, affetti da neoplasia della via escretrice superiore. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a
cistoscopia, lavaggio vescicale per esame citologico, raccolta delle urine dall’asse escretore per esame
citologico, ureteropielografia retrograda e ureteroscopia con strumento semirigido e flessibile, biopsia
della neoformazione con pinza o con cestello e completa fotocoagulazione con laser ad Olmio a bassa
potenza. In 16 casi si il trattamento è stato di necessità per la presenza di un singolo asse escretore (9
pazienti monorene chirurgico) o per neoplasia bilaterale sincrona (7casi). In 19 casi (50%) era presente
una concomitante neoplasia vescicale non muscolo-invasiva. Le procedure sono state tutte effettuate in
anestesia spinale o peridurale, con un tempo medio di 50 minuti per procedura.
Risultati
Sono state eseguite 170 procedure (87 in elezione, 47 nei pazienti monorene, 36 nei pazienti con
neoplasia uroteliale bilaterale) con una media di 4.5 procedure per paziente e 2.2 procedure per
paziente/anno. Non sono state registrate significative complicanze intra e postoperatorie. In 3 casi è
comparsa febbre dopo la procedura e in un caso di macroematuria che si è protratta per 5 giorni. In un
paziente si è verificata una stenosi ureterale che ha richiesto un reimpianto ureterale. Ventiquattro pazienti
(63%) hanno presentato una recidiva trattata conservativamente. Sei pazienti (15%) sono andati incontro
a progressione di malattia e quindi sottoposti a nefroureterectomia. Nessun paziente è deceduto a causa
della neoplasia. Il tempo mediano di recidiva è stato 5 mesi (range 1-60 mesi).
Discussione
Il trattamento endourologico delle neoplasie uroteliali della via escretrice superiore rappresenta
attualmente una opzione terapeutica sicura ed efficace. L’efficacia e la sicurezza di questa terapia è
dovuta al miglioramento della strumentazione che è avvenuto in questi ultimi anni e che ha permesso un
approccio delle neoplasie della via escretrice superiore sovrapponibile a quello indicato per le neoplasie
vescicali. Nella nostra esperienza la sopravvivenza è risultata pari al 100% sia nei pazienti sottoposti a
trattamento endourologico conservativo sia in quelli sottoposti a nefroureterectomia. Anche la differenza
delle mediane del tempo di recidiva nel gruppo trattato per necessità ed in quello trattato in elezione non è
risultata significativamente diversa.
Conclusioni
Il trattamento endourologico delle neoplasie della via escretrice superiore rappresenta un efficace
approccio terapeutico nei casi di necessità ed una valida alternativa alla nefroureterectomia in casi di
elezione, purché associato ad una stretta sorveglianza.
129
P 130
L’ETà QUALE FATTORE PREDITTIVO INDIPENDENTE DI RISCHIO DI RECIDIVA IN
PAZIENTI SOTTOPOSTI A NEFROURETERECTOMIA O URETERECTOMIA
SEGMENTARIA: STUDIO RETROSPETTIVO MULTICENTRICO
T. Silvestri, S. Siracusano, A. Lissiani, A. Simionato, R. Schiavina, S. Ciciliato, M. Gacci, P. Gontero, A.
Benelli, L. Toffoli, M. Ennas, F. Visalli, G. Di Cosmo, R. Talamini (Trieste)
Scopo del lavoro
La nefroureterectomia con pastiglia vescicale (NU) è considerata il gold standard per il trattamento del
carcinoma uroteliale dell’alta via escretrice non- metastatico (CUAVE). E’ stato valutato il ruolo dell’età
come fattore indipendente di rischio predittivo di sopravvivenza libera da recidiva (SLR) e la
sopravvivenza cancro-specifica (SCS) in pazienti con CUAVE sottoposti a NU o ureterectomia
segmentale (US)
Materiali e metodi
Sono stati valutati retrospettivamente 412 pazienti affetti da CUAVE dal 2001-2013 e sottoposti a NU ed
US in 5 centri accademici. 324/412 (79%) pazienti sono stati sottoposti NU mentre 88/412 (21%) sono
stati trattati con US. Le caratteristiche cliniche e patologiche sono state analizzate con riferimento all'età
(≤70 vs > 70 anni), al sesso, al tipo di intervento chirurgico (NU vs US ) , al pTNM (pT0 - pT2 vs pT3) ,
al grading (G0- G2 vs G3) e al riscontro della presenza di un carcinoma contestuale della vescica (Sì vs
No). L'analisi univariata e multivariata è stata eseguita per valutare le caratteristiche cliniche e
patologiche quali variabili predittive di SLR e SCS utilizzando il modello proporzionale di Cox (hazard
ratio, HR, e 95 % intervallo di confidenza, CI).
Risultati
Non sono state riscontrate differenze statisticamente significative tra i due tipi di intervento chirurgico
con riferimento al sesso maschile [73,5% (38/324) vs 78,4% (69/88), rispettivamente], all’età media [71,4
± 9,3 vs 69,6 ± SD 9.0 anni SD, rispettivamente], al follow-up medio [35,4 ± 28,7 vs 31,9 ± SD 31,7 mesi
SD, rispettivamente] e al numero di recidive [44,4% (144/324) vs 44,3% (39/88), rispettivamente]. Si
evidenzia una più alta percentuale di mortalità nel gruppo NU (28,1% - 91/324) vs il gruppo US (11,4% 10/88) (p = 0.001) e della percentuale di mortalità per causa specifica (14,8% vs 4,6%, rispettivamente,
per NU e SU, p = 0,01). All’analisi univariata e multivariata l’età, il pTNM stadio e la diagnosi di
neoplasia vescicale sincrona sono fattori di rischio predittivi di SLR. Il rischio di recidiva è stato per le
singole variabili come segue: età> 70 vs ≤70 anni: 1,49 (95% CI: 1,10-2,03), p = 0,01; per pT3 vs pT0pT2: 1.60 (95% CI: 1,18-2,18), p = 0,003; in presenza di un tumore della vescica sincrono (sì vs no): 1.94
(95% CI: 1,35-2,79), p = 0,003. All’analisi univariata, l’età, il tipo di intervento chirurgico, lo stadio e la
diagnosi sincrona di neoplasia vescicale sono variabili statisticamente significative e predittive per SCS
mentre solamente tre di loro rimangono statisticamente significative all'analisi multivariata
Discussione
L’età maggiore dei settanta anni rappresenta un fattore protettivo per la SLR e la SCS in questa categoria
di pazienti.
Conclusioni
I risultati indicano che la variabile età costituisce un fattore predittivo indipendente per la SLR e la SCS
in questi pazienti.
130
P 131
TERAPIA CONSERVATIVA CON LASER AL TULLIO DELLE NEOPLASIE DELL’ALTA
VIA URINARIA
G. Musi, O. Decobelli, C. Marenghi, S. Picozzi, D. Ratti, E. Finkelberg, S. Casellato, S. Nazzari, L.
Carmignani (Milano)
Scopo del lavoro
Il carcinoma uroteliale delle alte vie urinarie rappresenta il 5-10% di tutte le lesioni uroteliali. L’early
detection della malattia permette un approccio conservativo. Esiste una letteratura sul trattamento
endoscopico con laser ad Olmio, a diodi e con elettrocoagulazione. L’obiettivo del nostro studio è quello
di valutare se il trattamento endoscopico degli UTUC con laser a Tullio rappresenti una valida alternativa
alle altre strategie conservative.
Materiali e metodi
E’ stato condotto uno studio multicentrico retrospettivo dal Gennaio 2012 al Gennaio 2015 arruolando 18
pazienti affetti da neoplasia a basso rischio delle alte vie urinarie o ad alto rischio, solo se concomitavano
IRC, monorene chirurgico o funzionale o controindicazione anestesiologica a chirurgia maggiore.
Risultati
I pazienti sono stati sottoposti a biopsia e vaporizzazione delle lesioni per via retrograda o percutanea con
laser al Tullio. Non si sono verificate complicanze chirurgiche intraoperatorie, perioperatorie e
postoperatorie a breve e medio-lungo termine. La durata media del follow up è stata di 18 mesi (SD: 8.3
mesi; Mediana: 21 mesi). Un’unica paziente è stata sottoposta a nefroureterectomia per rifiuto della
paziente alla prosecuzione del follow-up, in esiti di vaporizzazione delle lesioni; tuttavia l’esame
istologico definitivo è stato classificato come pT0. Non si è riscontrata una progressione o diffusione di
malattia.
Discussione
Il laser al Tullio è dotato di un’elevata precisione grazie anche all’azione continua che esercita sui tessuti.
Garantisce una precisione ed una potenza adatte al trattamento di tali lesioni a livello ureterale. Molti
degli studi in letteratura riportano un uso combinato, nel corso dello stesso intervento, di più fonti di
energia: elettrocoagulazione monopolare, laser ad Olmio e laser a Diodi . A livello ureterale, il Tullio
assicura l’azione di questi diversi strumenti in un'unica macchina: con la medesima fibra laser è possibile
infatti eseguire enucleazione, vaporizzazione e coagulazione del letto di resezione. Ciò permette di
abbreviare i tempi operatori e di ridurre i costi. L’efficacia e l’efficienza del Tullio sono state evidenti non
solo al momento della vaporizzazione delle neoformazioni, ma anche in corso di follow-up.
Conclusioni
Alla luce dei risultati ottenuti, il laser al Tullio ha dimostrato elevata efficacia ed efficienza nel
trattamento mini-invasivo delle lesioni pieloureterali, con ottime capacità di vaporizzazione ed
emostatiche, in assenza di complicanze. Un follow-up a lungo termine è necessario.
131
P 132
TURBT DELL’URETERE INTRAMURALE: FATTORI PREDITTIVI DI STENOSI
SECONDARIA E SVILUPPO DI TUMORE DELL’ALTA VIA.
F. Pisano, P. Juarez del Dago, J. Gaya, J. Palou, F. Algaba, H. Villavicencio, O. Rodriguez Faba (Torino,
Itlia)
Scopo del lavoro
La diagnosi di carcinoma uroteliale dell’uretere intramurale mediante visualizzazione diretta delle papille
intrameatali durante una procedura endoscopica o durante la resezione di una lesion tumorale adiacente al
meato è un evento poco commune. Nel presente studio abbiamo analizzato l’incidenza di stenosi del
meato e tumore uroteliale dell’alta (UTUC) via in pazienti sottoposti a resezione transuretrale dell’uretere
intramurale, associata o meno a resezione di lesioni vescicali concomitanti.
Materiali e metodi
112 pazienti, 80.4% maschi, con un’età media di 69.3 anni ed un follow up medio di 56 mesi sono stati
sottoposti a resezione transuretrale della porzione intramurale dell’uretere. L’anatomia patologica ha
confermato una diagnosi di carcinoma uroteliale non muscolo invasivo (NMIBC): il 58% ed il 42% dei
casi si presentava in concomitanza di una lesion vescicale primitiva e recidiva rispettivamente. In tutti I
casi il tessuto resecato a livello meatale è stato inviato a parte all’anatomia patologica. I casi di tumore
muscolo invasivo sono stati esclusi dalle analisi. I pazienti con sospetto di persistenza di tumore
nell’uretere distale sono stati sottoposti ad ureteroscopia a 3-4 mesi dalla TURB. Un catetere ureterale a
tipo JJ è stato posizionato nei pazienti sottoposti a resezione estesa del trigono (32.1%). Il 22.3% ed il
75:9% dei pazienti sono stati successivamente trattati con instillazioni endovescicali di mitomicina e BCG
rispettivamente.
Risultati
All’analisi anatomopatologica il 64% dei casi era Ta, il 22.3% T1, il CIS è stato riscontrato nel 17% dei
casi. 17 pazienti (15.2%) hanno successivamente sviluppato tumore dell’alta via (65.4% nell’uretere
distale) e l’11.6% ha sviluppato una stenosi dell’uretere distale. La presenza del catetere ureterale non ha
influenzato la comparsa della stenosi (23% vs 33%, p 0.45). E’ stato riscontrato un rischio
significativamente aumentato di sviluppare UTUCvia correlate al grado della lesione: 30.3% e 37.5%
rispettivamente nei pazienti con G3 e CIS della vescica, 26.5% e 66.7% rispettivamente nei pazienti con
G3 e CIS dell’uretere distale (p=0.001). All’analisi multivariate la presenza di CS del meato è risultata un
fattore predittivo per lo sviluppo di tumore dell’alta via (p 0.003). Inoltre, sempre alla multivariate, I
tumori piu grandi di 3cm sono associati ad una maggior incidenza di stenosi secondaria del meato
(p:0.04)
Discussione
La presenza di NMIBC dell’uretere intramurale è un evento abbastanza raro e la sua gestione resta
tutt’ora oggetto di dibattito. I dati attualmente disponibili in letteratura non consentono di identificare
classi di rischio maggiormente soggette alla succesiva comparsa di stenosi meatale o UTUC.
Conclusioni
Nella nostra casistica la presenza di tumori >3cm si associa ad un maggiori rischio di stenosi secondaria
dell’uretere distale. Al contempo la presenza di CIS intramurale aumenta l’incidenza di UTUC. Queste
categorie di pazienti potrebbero quindi trarre beneficio da un follow up più stretto.
132
P 133
LITOTRISSIA EXTRACORPOREA (ESWL) NEL TRATTAMENTO DELLA CALCOLOSI
URETERALE INTRAMURALE: NOSTRA ESPERIENZA
F. Sommatino, O. Maugeri, F. Venzano, C. Ambruosi, G. Chiapello, D. Bernardi, M. Mediago, C.
Dadone, G. Oppezzi, E. Galletto, G. Arena (Cuneo)
Scopo del lavoro
valutare i risultati della litotrissia extracorporea eseguita in urgenza per calcoli ureterali intramurali
condizionanti coliche renali non complicate con ausilio di litotritore Piezolith 3000; lo studio è stato
ottenuto valutando lo stone free rate dei pazienti trattati.
Materiali e metodi
dal gennaio 2012 al Marzo 2015 abbiamo sottoposto a ESWL 78 pazienti affetti da calcolosi ureterale
intramurale non complicata da infezione, insufficienza renale o severa idronefrosi. Dimensione media del
calcolo 6,18 mm (range 4-10 mm). Il trattamento è stato eseguito in regime ambulatoriale ed in posizione
supina con puntamento esclusivamente ecografico. Il numero di colpi medio di 4900 con una potenza
variabile da 15 a 17 Hz. Il follow up è stato condotto mediante ecografia eseguita a circa 7-10 giorni di
distanza dal primo trattamento. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a terapia medica espulsiva (alpha
litico e cortisonico) concomitante.
Risultati
il tasso di stone free globale è stato dell’91,3% (su un totale di 3 trattamenti), 87% al primo trattamento.
undici pazienti (14,1%) sono stati poi sottoposti ad ureteroscopia operativa con estrazione agevole del
calcolo nonostante significativo edema del meato ureterale. Il trattamento ben tollerato non ha necessitato
somministrazione di analgesici e non sono state registrate complicanze.
Discussione
l’approccio ideale alla calcolosi ureterale intramurale rappresenta un argomento ampiamente discusso in
letteratura anche considerando come le linee guida della principali società scientifiche internazionali
considerino ESWL come trattamento di prima scelta nella calcolosi ureterale non complicata.
Conclusioni
Il nostro studio conferma la assoluta efficacia del trattamento ESWL nella gestione del calcolo
intramurale in associazione alla terapia espulsiva qualora questo sia individuabile ecograficamente.
133
P 134
MORTALITà E URETEROSCOPIA FLESSIBILE: ANALISI DI 6 CASI
L. Cindolo, P. Castellan, C. Scoffone, C. Cracco, A. Celia, A. Paccaduscio, L. Schips, S. Proietti, A.
Breda, G. Giusti (vasto)
Scopo del lavoro
grazie alle continue innovazioni nello strumentario chirurgico, la RIRS (Retrograde intrarenal surgery) è
diventata oggi una tecnica sempre più utilizzata sia nel trattamento della calcolosi che delle neoplasie
delle alte vie urinarie. Nonostante il suo profilo di grande e straordinaria sicurezza, in letteratura sono
descritte solo due casi di decesso dopo RIRS . Scopo di questo studio è identificare e descrivere casi di
mortalità occorsa dopo una RIRS.
Materiali e metodi
Durante il “Technology & Training in Endourology 2014” di Torino, sono stati arruolati endourologi
esperti ponendo come criterio di selezione l’aver effettuato >100 casi RIRS/anno negli ultimi 3 anni.
Successivamente, i chirurghi selezionati hanno revisionato la loro serie di RIRS, riportando ogni caso di
mortalità avvenuto. Quando è stato rilevato un evento mortale, sono stati analizzati i dati anamnestici, le
caratteristiche della patologia, la procedura chirurgica e le cause.
Risultati
Tra tutti i partecipanti, 11 urologi (età media: 48,6 anni±6.8) avevano la casistica chirurgica di RIRS
appropriata ed hanno partecipato allo studio. L'esperienza media del chirurgo in procedure di RIRS era
7,5 (SD 2,2) anni. Nel complesso sono stati retrospettivamente valutate circa 5700 procedure chirurgiche
con una media di 518 casi/chirurgo. Solo sei urologi hanno riportato 6 casi di mortalità (incidenza
0,001%). Cinque pazienti sono morti in seguito a complicazioni di tipo settico, uno per problemi
cardiologici; solo in due casi è stato riportato l’utilizzo di UAS (ureteral access sheat). La tabella 1
riassume il profilo clinico dei casi mortali
Discussione
questo studio multi istituzionale è il primo tentativo di mettere in evidenza come anche la RIRS,
nonostante il suo grande profilo di sicurezza per il paziente, nasconda un rischio di complicanze
potenzialmente fatali. Principalmente, nella popolazione chirurgica analizzata, l’evento avverso si è
riscontrato soprattutto in casi complessi, che presentavano una storia di infezioni del tratto urinario o
malattie neurologiche avanzate. Tutte le misure di sicurezza dovrebbero essere applicate in modo da
riconoscere e trattare subito le fasi iniziali di sepsi. Per ridurre al minimo le complicazioni settiche, vanno
rispettati i seguenti criteri: (1) operare solo pazienti con urine sterili, (2) cercare sempre di posizionare un
UAS, (3) irrigare con cautela mentre si controlla il deflusso continuo del UAS, (4) non superare le 2 ore
di procedura operatoria e (5) osservare attentamente i pazienti nelle prime 6 ore postoperatorie (90% di
questi casi si verificano entro 6 ore).
Conclusioni
Questo studio rivela che la presenza di complicanze fatali dopo RIRS è possibile. Anche rispettando gli
standard di cura, può accadere che i medici si trovino nella necessità di effettuare una ureterorenoscopia
flessibile non rispettando alcuni tra i criteri di sicurezza elencati e con un inevitabile aumento dei rischi.
Una migliore segnalazione dei casi e l'utilizzo di sistemi standardizzati sono auspicabili.
134
P 135
RIRS (RETROGRADE INTRARENAL SURGERY) NEL TRATTAMENTO DELLA
CALCOLOSI IN ETà PEDIATRICA. ESPERIENZA INIZIALE.
A. Berrettini, P. Acquati, D. Minoli, S. Vallasciani, F. Rocco, G. Manzoni (Milano)
Scopo del lavoro
La RIRS rappresenta un’eccellente metodica per il trattamento della calcolosi dell’alta via escretrice. I
risultati di tale metodica in età pre-pubere sono ancora limitati.
Materiali e metodi
Lo studio retrospettivo analizza la nostra esperienza iniziale in bambini con età inferiore a 13 anni,
sottoposti a RIRS per calcolosi renale da gennaio 2013 a marzo 2015. Sono stati analizzati: età, sesso e
peso dei pazienti, numero, dimensione e natura dei calcoli, tempo operatorio, tempo di degenza, stonefree rate, complicanze intra e perioperatorie.
Risultati
Abbiamo eseguito 19 procedure su 13 bambini (6 maschi e 7 femmine). Tre pazienti sono stati sottoposti
a RIRS bilaterale per calcolosi in entrambi i reni. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a posizionamento di
stent JJ preliminare (circa 4 settimane prima della RIRS). L'età media dei pazienti è risultata 6.7 anni
(range 9 mesi-13 anni) con un peso medio di 26.3 Kg (range 10-68). In 4 casi la RIRS è stata eseguita
come seconda scelta terapeutica: in 3 casi dopo ESWL infruttuosa e in un caso dopo pielolitotomia in
litiasi a stampo completo. La calcolosi renale multipla interessava il 42% dei pazienti. Nel 21% dei casi
abbiamo riscontrato la presenza contestuale di calcolosi ureterale trattata preventivamente con
ureterolitolapassi. La dimensione media delle formazioni litiasiche è risultata 15 mm (range 8-27). Il
tempo operatorio medio è stato di 113 minuti (range 75-135). La degenza media è risultata di 2.4 giorni
(range 1-4). L’analisi spettrofotometrica dei calcoli ha mostrato: cistina in 4 casi, ossalato di calcio in 5
casi, mista (carbonato e ossalato) in 4 casi. Dopo singola procedura abbiamo raggiunto un stone free rate
pari al 73.6% dei casi. In 3 casi si è resa necessaria una RIRS II look per bonifica incompleta al primo
trattamento e in 2 casi una ESWL di completamento. Non si sono registrate complicanze maggiori
intrarenali; in 4 casi abbiamo evidenziato minimo spandimento di mdc a fine procedura con risoluzione
spontanea a 24 ore (Clavien grado 1); in 2 casi comparsa di febbre peri-operatoria che ha richiesto terapia
antibiotica (Clavien grado 1); in un solo caso abbiamo riscontrato la formazione di un idrocalice iatrogeno
a 6 mesi dalla procedura risolto con chirurgia open (Clavien grado 3b).
Discussione
L'incidenza della calcolosi urinaria è in aumento nell’età pediatrica. L'obiettivo è la bonifica completa. Le
nuove frontiere dello strumentario endoscopico mininvasivo, il miglioramento delle fibre ottiche, il laser a
setting modulabile, le fibre di nuova generazione hanno reso la RIRS una metodica sicura e consigliabile
in pazienti pre-pubere.
Conclusioni
La RIRS può essere utilizzata con sicurezza nel trattamento dei calcoli renali nei bambini con età
inferiore ai 13 anni. In casi di calcolosi multipla o resistente ad ESWL, la RIRS potrebbe rappresentare
l’opzione di prima scelta. Il pre-stenting è mandatorio. I genitori devono essere informati circa la
probabilità di multiple procedure per ottenere lo “status di libera pietra”
135
P 136
IL TRATTAMENTO ENDOUROLOGICO DELLA CALCOLOSI URINARIA IN ETA’
PEDIATRICA. ESPERIENZA DI UN SINGOLO CENTRO
P. Beltrami, L. Bettin, A. Iannetti, A. Guttilla, M. Gnech, M. Castagnetti, F. Dal Moro, F. Zattoni
(Padova)
Scopo del lavoro
Il trattamento della calcolosi urinaria del bambino presenta molte differenze rispetto a quello dell’adulto,
tanto da considerare il paziente pediatrico un’entità diversa e non un “piccolo adulto”. Escludendo i casi
in cui è indicato un intervento chirurgico per correggere un’anomalia anatomica della via escretrice, la
scelta del trattamento più opportuno dipende dalla necessità di ottenere il migliore risultato in termine di
“stone free rate” con la minore invasività. In questo lavoro riportiamo la nostra esperienza nel trattamento
endourologico della calcolosi in età pediatrica.
Materiali e metodi
Dal 01/2010 al 12/2014 abbiamo sottoposto a trattamento endourologico 49 pazienti (27 maschi e 22
femmine) di età compresa tra 1 e 17 anni (media 9.8 anni) affetti da calcolosi urinaria. In 28 casi si
trattava di calcolosi renale, in 1 reno-ureterale, in 14 ureterale e in 8 vescicale. In 3 pazienti la calcolosi
era recidiva. Abbiamo eseguito complessivamente 70 procedure endourologiche: 16 litotrissie percutanee
(PCNL), 29 litotrissie renali per via retrograda (RIRS), 17 litotrissie per via ureteroscopica (URS), 8
litotrissie percutanee vescicali (PCNL-V). In 3 casi la manovra retrograda è risultata infruttuosa per la
mancata compiacenza dell’uretere allo strumento.
Risultati
In 46/49 pazienti è stata ottenuta la completa bonifica. Per la PCNL, in un solo caso è stata associata una
seduta di litotrissia extracorporea, in quanto la bonifica è stata incompleta per un guasto
dell’apparecchiatura laser che non ha consentito di frammentare un calcolo di 10 mm localizzato in un
calice medio. Una bambina è stata sottoposta a litotrissia per via retrograda 3 mesi dopo una litotrissia
percutanea per la presenza di un calcolo residuo/recidivo di 14 mm. Per quanto riguarda la RIRS, la
bonifica completa è stata ottenuta in 26 casi con una o più sedute. In 3 casi i pazienti sono ancora in corso
di follow-up ed eventuale ritrattamento. Le URS per calcolosi ureterale sono state tutte risolutive con
un’unica seduta. Nei 3 casi infruttuosi è stato posizionato uno stent ureterale tipo doppio J: 2 pazienti
sono stati sottoposti a RIRS/URS a distanza di 1 mese e uno a litotrissia extracorporea, tutte risolutive.
Segnaliamo un’unica complicanza maggiore rappresentata da pneumotorace in un caso di PCNL con
accesso attraverso i calici superiori.
Discussione
DISCUSSIONE L’approccio endourologico nel paziente in età pediatrica rappresenta un’opzione
terapeutica idonea per raggiungere la completa bonifica della calcolosi urinaria con il minor numero di
trattamenti. La disponibilità di strumentazione di piccolo calibro, consente di trattare, con un limitato
rischio, anche i pazienti pediatrici e di evitare ripetute sedute in anestesia e impiego di manovre
accessorie, richiesti per ottenere analoghi risultati con la litotrissia extracorporea.
Conclusioni
Riteniamo tuttavia che l’approccio endourologico della calcolosi in età pediatrica debba essere riservato a
centri con un elevato flusso di pazienti.
136
P 137
DO WE REALLY NEED TO WEAR PROPER EYE PROTECTION WHEN USING
HOLMIUM:YAG LASER DURING ENDOUROLOGICAL PROCEDURES? RESULTS FROM
AN EX-VIVO ANIMAL MODEL ON PIG EYES
L. Villa, J. Cloutier, E. Compérat, P. Kronemberg, F. Charlotte, A. Salonia, F. Montorsi, O. Traxer
(Milano)
Aim of the study
All the companies selling Holmium:YAG (Ho:YAG) laser machines and the European guidelines on laser
and technologies recommend all intra-operative personnel to wear proper eye protection to avoid any
corneal or retinal damage in case of accident. We conducted an ex-vivo animal study to evaluate the
effect of Ho:YAG laser on pig eyes and to test the protective action of different glasses in preventing eye
lesions in case of accident.
Materials and methods
We pointed the tip of a Ho:YAG laser fiber from different distances (0,3,5,8,10 and 20 cm, respectively)
towards the center of the pupil of the pig eye. The Ho:YAG laser was activated for one or five seconds at
three different settings (0.5J-20Hz, 1J-10Hz and 2J-10Hz, respectively). The experiment was repeated
using laser safety glasses and eyeglasses. A total of 78 pig eyes were used. The effects of the Ho:YAG
laser on pig eyes were assessed by histopathology. Comparable laser emission experiments were
performed on thermal paper at different distances using different pulse energies.
Results
Ho:YAG laser-induced corneal lesions were observed in unprotected eyes, ranging from superficial
burning lesions to full-thickness necrotic areas, and were directly related to pulse energy and time of
exposure and inversely related to the distance from the eye. When the laser was placed 5 cm or farther, no
corneal damage was observed regardless of the laser setting and the time of exposure. Similar
distance/energy level relationships were observed on thermal paper. No damage was observed to the lens
or the retina in any of the Ho-YAG laser-treated eyes, or in any of the eyes protected by laser safety and
eyeglasses.
Discussion
Taken together, the current data show that Ho:YAG laser emission can have detrimental effects on eyes
only at small distances (no more than 5 cm from the laser source) and that regular eyeglasses are just as
effective as laser safety glasses at protecting the eyes from these effects. However, since the current study
systematically investigates for the first time the interaction between the Ho:YAG laser and eye structures
in an ex-vivo animal model, further in-vivo studies are necessary to overcome the inability to evaluate the
response of living tissues in terms of inflammatory events or late apoptosis occurring after Ho:YAG laser
exposure, which were not able to be taken into consideration in the current study.
Conclusions
Ho:YAG lasers can cause damage especially when set to high energy, but only to the cornea, from close
distances (0-5cm) and in the absence of eye protection. Eyeglasses are equally effective in preventing
laser damage as laser safety glasses. Since the risk of eye injury is minimal, the need to wear laser safety
glasses when using the Ho:YAG laser should be left at the discretion of each surgeon.
137
P 138
IL NUOVO CONCETTO DI CAMICIA URETERALE NELLA URETERORENOSCOPIA
FLESSIBILE: “ONE WIRE FITS ALL”.
P. Castellan, F. Pisano, C. Scoffone, E. Liatsikos, T. Knoll, P. Oster, F. Millán, A. Breda (Barcelona,
Spain)
Scopo del lavoro
Le camicie ureterali (ureteral access sheaths-UAS) sono comunemente usate durante le procedure
chirurgiche di ureterorenoscopia flessibile (RIRS). La maggior parte delle UAS disponibili in commercio
sono concepite per essere utilizzate con due fili-guida. Il nostro obiettivo è stato di determinare l’utilità
della nuova camicia ureterale (Flexor Parallel™ Cook, Irland) che permette l’utilizzo di un unico filo che
funge sia da sicurezza che da guida per una procedura più rapida e conveniente.
Materiali e metodi
Tra Giugno e Settembre 2014, sono stati inclusi prospetticamente i pazienti sottoposti a RIRS in cinque
differenti centri europei. All’inizio di ogni procedura è stata tentata l’introduzione della camicia ureterale
12/14Fr Flexor Parallel™ ed è stata definita un successo quando è stato possibile inserirla in uretere senza
difficoltà e utilizzando un solo filo. Le indicazioni, il sesso e l’essere già portatori di stent sono stati
analizzati attraverso un’analisi statistica univariata e multivariata. Inoltre, la valutazione dei materiali,
dell’inserimento, della radiopacità, del rilascio del filo guida, del rivestimento idrofilico, dello
scivolamento del ureteroscopio e della ripetitività del movimento sono stati analizzati in una scala
soggettiva da molto buono a molto scarso.
Risultati
134 UAS sono stati utilizzati in 67 uomini e 67 donne. Il 50% (67) dei pazienti era già portatore di stent
ureterale. Il 90% delle RIRS è risultato terapeutico. La percentuale di successo dell’inserimento della
Flexor Parallel™è risultato del 90,2%. L’essere portatori di stent ureterali è risultato il solo fattore
predittivo indipendente per il successo dell’inserimento, mentre il sesso e le indicazioni non sembrano
influenzarlo. Nello specifico, il 98,5% dei pz pre-stentati ha avuto successo con il posizionamento del
UAS vs. l’82% dei pz non portatori di stent (p=0.001, 95% C.I.: 1.2). Ci sono stati due casi (1.4%) di
malfunzionamento della UAS che hanno richiesto l’utilizzo di una nuova camicia ureterale. La
valutazione dei materiali, dell’inserimento, della radiopacità, del rilascio del filo guida, del rivestimento
idrofilico, dello scivolamento del ureteroscopio e della ripetitività del movimento sono stati considerati
molto buoni in più del 80% dei casi. Inoltre non sono stati riportati casi di complicazioni intraoperatorie
nell’utilizzo del dispositivo.
Discussione
la possibilità di utilizzare una sola guida consente di accorciare i tempi operatori e allo stesso tempo di
ridurre i costi della procedura.
Conclusioni
Questo studio prospettico mostra una conclusione importante per il mondo delle RIRS: nell’era moderna,
l’utilizzo di due fili guida può essere sostituito da uno solo grazie al nuovo concetto di camicia ureterale.
138
P 139
SETTE ANNI DI ESPERIENZA DI LITROSSIA PERCUTANEA IN POSIZIONE SUPINA.
M. Aragona, J. Riepenhusen, K. Sayedahmed, C. Bischoff, M. Reichert, J. Ekrutt, R. Seibel, R. Olianas
(Lueneburg, Germania)
Scopo del lavoro
Valutazione della Nostra Esperienza di nefrolitotrissia percutanea in posizione supina.
Materiali e metodi
Valutazione retrospettiva di tutti i Pazienti sottoposti a nefrolitotrissia percutanea presso la nostra clinica
dal Gennaio 2008 al Febbraio 2015. Sono state analizzate variabili preoperatorie (grandezza e posizione
della calcolosi, BMI, precedenti chirurgie, comorbidità), perioperatorie (durata dell’ intervento, calo
emoglobina, durata della degenza ospedaliera, complicazioni) percentuale di successo, eventuali
trattamenti di completamento. In particolare e’ stata valutata la evoluzione dei risultati in termini di durata
dell’ intervento, complicanze e percentuale di bonifiche complete nell’ arco degli anni. Tutti i Pazienti
sono stati studiati preoperatoriamente con una Tac in Bianco per una precisa conoscenza della anatomia
della via escretrice da trattare. La procedura ampiamente descritta da altri autori prevede un approccio in
posizione supina litotomica con una inclinazione del fianco da trattare di circa 25° che consente l’accesso
alla via escretrice dal basso per via endoscopica e dal fianco per via percutanea.
Risultati
Dal Gennaio 2008 al Febraio 2015 abbiamo eseguito 257 nefrolitotrissie percutanee in posizione supina
in 220 Pazienti (uomini 125/ 95 donne). La percentuale di bofiche complete e stata del 77% (vei tabella).
In caso di bonifche non complete la bonifica completa e’ stata raggiunta con procedure adiuvanti
(Uretreoreoscopia o ESWL), solo nel 5 %. non e’ stato possibilie ottenere una bonifica completa della via
escretrice.
Discussione
Sebbene la litotrissia percutanea con approccio in posizione supina come descritto da Valdivia sia stata
descritta da tempo per molti anni e’ persistito uno scetticismo nei confronti di questo approccio. Solo
nell’ultimo decennio si e’ diffuso un certo consenso nell’ esecuzione della litorissia percutanea con questo
approccio soprattutto nel panorama urologico italiano. Tuttora esistono remore nell’ approccio in
posizione supina riguardanti la accessibilita’ alla via escretrice ed al rischio di complicanze soprattutto al
di fuori del panorama italiano. Presso il Nostro centro tutte le nefrolitotrissie percutanee cosi come le
nefrostomie derivative vengono eseguite in posizione supina. In questo lavoro riportiamo la Nostra
casistica dagli inizi ad oggi valutando in maniera critica le complicanze cosi come la evoluzione dei
risultati nell’arco degli anni. Non sono state osservate differenze significative in termini di percentuale di
bonifiche comete sebbene con l’aumentare dell’esperienza abbiamo osservato una riduzione dei tempi
operatori e dei tempi di degenza. In tutta la nostra casistitca non abbiamo osservato complicanze
maggiori.
Conclusioni
L’ approccio in posizione supina e’ un approccio sicuro che consente un buon accesso alla via escretrice
non solo dal fianco ma anche dal basso per via endoscopica. La posizione supina inoltre permette di
ridurre notevolmente i tempi ed i rischi anestesiologici legati alla posizione prona.
139
P 140
ORGAN SPARING SURGERY NELLE LESIONI TESTICOLARI: QUALI INDICAZIONI?
M. Ciletti, M. Ciletti, G. Simonelli, L. Misuraca, A. Maurizi, M. Tarsitano, A. Isidori, M. Ciccariello, E.
Santini, C. Leonardo, C. De Dominicis, G. Franco (Roma, socio)
Scopo del lavoro
Definire , sulla base della nostra esperienza, delle indicazioni aggiornate per l’impiego della
tumorectomia testicolare.
Materiali e metodi
Dal 2002 al 2014, sono stati osservati 138 casi di neoformazione testicolare. 94 di questi sono stati
sottoposti a orchifunicolectomia immediata, mentre i rimanenti 44 (età: 9-60 anni), oggetto del presente
studio, con lesioni inferiori ai 15 mm, ad approccio chirurgico graduale organ sparing mediante
tumorectomia testicolare. 30 di questi sono giunti alla nostra osservazione per infertilità e 14 per reperto
palpatorio/sintomatologia dolorosa. 4 pz erano monorchidi. All’ecografia presenza di nodulo/i
ipoecogeno/i (36 casi) o iperecogeno/i (8 casi), palpabile/i in 18 casi, delle dimensioni di 4-15 mm. In
tutti i pazienti i markers tumorali erano negativi. 10 interventi sono stati eseguiti con tecnica
microchirurgica (microscopio operatore o loops frontali) derivata dall’intervento di microtese per
infertilità e 34 con tecnica tradizionale, asportando in blocco il nodulo testicolare. In 10 di questi è stata
utilizzata l’ecografia intraoperatoria per localizzare la lesione. In 41 casi è stato eseguito l’esame
istologico estemporaneo della lesione asportata.
Risultati
La diagnosi istologica definitiva è stata di lesione maligna in 6 pazienti (13.6%) e di lesione benigna in 38
pazienti (86.4%). In particolare, in 25 leydigioma, in 3 iperplasia focale delle cellule del Leydig, in 4 cisti
dermoidi, in 5 sclerosi/fibrosi ialina, in 1 sertolioma, in 2 carcinoma embrionario, in 3 seminoma ed in 1
tumore a cellule germinali misto. 4 pz con esame istologico estemporaneo deponente per neoplasia
germinale sono stati sottoposti a contestuale orchifunicolectomia. Tutti gli altri pazienti con malattie
benigne sono ad oggi (follow-up 2-60 mesi) liberi da recidiva.
Discussione
In caso di lesioni testicolari inferiori a 10 mm non palpabili, o palpabili in pazienti monorchidi o con
lesione bilaterale, è consigliabile un approccio graduale conservativo con iniziale tumorectomia
testicolare.
Conclusioni
La nostra esperienza sembra dimostrare che nei pazienti infertili con lesioni non palpabili di piccole
dimensioni, riscontrati incidentalmente con ecografia, queste sono più frequentemente di natura benigna.
140
P 141
TRATTAMENTO DEL TUMORE A CELLULE DI LEYDIG: ORCHIECTOMIA RADICALE
VS TESTIS SPARING SURGERY
S. Picozzi, D. Vizziello, C. Marenghi, E. Finkelberg, D. Ratti, G. Bozzini, L. Carmignani (san donato
milanese)
Scopo del lavoro
Il tumore a cellule di Leydig (LCT) è il più comune tumore stromale e riguarda fino al 3% delle neoplasia
del testicolo. Tuttavia la gestione ottimale di questa patologia rimane controversa. Allo stato attuale il
gold standard è l’orchiectomia, ma recenti dati sulla Testis Sparing Surgery (TSS) in combinazione con la
Frozen Section Examination (FSE) intraoperatoria sembrano fornire risultati promettenti. Tuttavia
l’evidenza scientifica attuale si basa su poche serie di casi. L’obiettivo del nostro studio è stato quello di
valutare, attraverso una revisione sistematica, il ruolo della TSS nel trattamento del LCT.
Materiali e metodi
Gli studi esaminati sono stati selezionati attraverso la ricerca su database elettronici partendo dalla
bibilografia di articoli pubblicati. Sono stati considerati i lavori pubblicati tra Gennaio 1980 e Dicembre
2012 attraverso l’uso di PubMed/MEDLINE ed EMBASE. Da questi sono stati esclusi studi composti da
singoli case report, abstract e conference proceedings. In totale sono state analizzate 46 citazioni, di cui
13 studi rispettavano i criteri di selezione. Il totale dei pazienti inclusi negli studi esaminati ammonta a
247, di cui 145 sottoposti a orchiectomia radicale e 102 a TSS.
Risultati
Nei pazienti sottoposti a orchiectomia radicale, 7 studi riportano un follow up variabile tra 6 e 249 mesi
(media 80,05), mentre 10 studi riportano un follow up dei pazienti sottoposti a TSS che varia tra 6 e 192
mesi (media 64,09). Beta-HCG, alpha-feto-proteina o LDH sono risultate nella norma in tutti i pazientei.
5 casi (7,5%) risultavano avere livelli di testosterone superior rispetto ai limiti di norma, mentre 8
(12,3%) presentavano livelli inferiori rispetto a tale range. Su 96 pazienti è stata eseguita la FSE, con una
sensibilità del 87,5%. I casi in cui vi è stato un errore nella diagnosi sono stati: 3 casi di seminoma, 3
lesioni benigne, 1 caso di linfoma a grandi cellule B. In nessuno dei pazienti trattati con TSS si è assistito
a ripresa metastatica di malattia, solo in un caso vi è stata ripresa locale, mentre nel gruppo sottoposto ad
orchiectomia radicale 3 pazienti presentavano metastasi. Uno di questi aveva una lesione particolarmente
voluminosa (13,5 cm), mentre 2 avevano età avanzata.
Discussione
Nel LCT, in casi selezionati, la chirurgia radicale può non essere necessaria, mentre la TSS potrebbe
diventare la strategia d’elezione in questi pazienti. In considerazione della giovane età dei pazienti affetti
da questa patologia, con la TSS è possibile salvaguardarli dal rischio di ipogonadismo e di danno sulla
fertilità, considerando che circa il 30% si presentano alla diagnosi come infertili.
Conclusioni
I risultati sembrano confermare l’applicabilità della TSS nel trattamento d’elezione del LCT in tutti i
pazienti affetti da questa patologia, e non più solo in quelli che si presentano alla diagnosi come infertili o
con un solo testicolo.
141
P 142
PATTERN DI DISTRIBUZIONE ISTOLOGICA DEL PTTG (PITUITARY TRANSFORMING
TUMOUR GENE) E CORRELAZIONE CLINICA NEI TUMORI GERMINALI DEL
TESTICOLO.
G. Gulino, M. Antonucci, G. Palermo, S. Recupero, M. Stefanucci, M. Racioppi, P. Bassi (ROMA)
Scopo del lavoro
L'instabilità genomica è una caratteristica dei tumori a cellule germinali (GCT). Il pituitary-tumortransforming-gene 1 (PTTG1) è il principale effettore di segregazione dei cromosomi durante la mitosi e
protegge la cellula da aneuploidie. La sua espressione proteica è stata valutata mediante
immunoistochimica nei GCT. L’obiettivo è Valutare l’espressione del PTTG1 nei GCT e il suo pattern di
distribuzione subcellulare; inoltre valutare la sua funzione come possibile strumento diagnostico in questo
tipo di neoplasie.
Materiali e metodi
Sono stati esaminati campioni di tessuti testicolari di 83 pazienti sottoposti a orchiectomia per seminoma
(53), carcinoma embrionale (10), tumore del sacco vitellino (10) e teratoma (10). I campioni sono stati
fissati in formalina ed inclusi in paraffina di tessuti testicolari. L’immunocolorazione per il PTTG1 è stata
eseguita utilizzando coniglio anti-PTTG1 come anticorpo primario
Risultati
Nella neoplasia intratubulare a cellule germinali di tipo non classificato (IGCNU) solo alcune cellule
isolate risultavano essere positive per l’espressione di PTTG1, prevalente localizzate a livello del nucleo.
Nel seminoma invece l’espressione di PTTG1 era presente per le cellule dell’area perfierica del tumore
prevalentemente nel nucleo; mentre per le cellule localizzate nella zona centrale del tumore
prevalentemente nel citoplasma. Cellule che esprimevano il PTTG1 erano inoltre presenti nelle aree di
infiltrazione del seminoma. Al contrario, nelle cellule di carcinoma embrionale vi era un
immunoistochimica positiva diffusa, principalmente citoplasmatica. Invece non abbiamo osservato una
espressione di PTTG1 nel tumore del sacco vitellino e teratoma maturo
Discussione
Nel seminoma e IGCNU, PTTG1 ha mostrato un pattern caratteristico di distribuzione in diverse aree del
tumore, anche in relazione alla localizzazione subcellulare
Conclusioni
Ulteriori indagini sono necessarie per chiarire la funzione di PTTG1 nei GCT e le correlazioni cliniche
con l’aggressività tumorale a seconda dei diversi istotipi
142
P 143
PLASTICA URETRALE DOPO AMPUTAZIONE DEL GLANDE PER NEOPLASIA.
F. Portoghese, M. Romano, M. Scarcia, P. Rizzo, G. Cardo, F. Maselli, G. Pagliarulo, S. Martalò, S.
Cotrufo, G. Scalese, G. Ludovico (Acquaviva delle Fonti)
Scopo del lavoro
Il principale problema dopo amputazione del glande è preservare la parte residuale del pene dalla ripresa
di malattia, garantendo un aspetto estetico e funzionale accettabile. In questo studio descriviamo una
tecnica di ricostruzione del glande dopo amputazione per neoplasia utilizzando un flap uretrale
vascolarizzato.
Materiali e metodi
Da gennaio 2010 a ottobre 2014 sono stati sottoposti a questo tipo di ricostruzione 12 pazienti. L’tà media
dei pazienti era di 56 anni (48-72). La tecnica prevede l’amputazione del glande. Successiva
glanduloplastica con la mucosa uretrale spatulata e successiva eversione della stessa sui corpi cavernosi e
sutura con il margine prepuziale. E’ stato eseguito un esame estemporaneo dei margini della cute
prepuziale, dei corpi cavernosi e della parte terminale dell’uretra.
Risultati
Tutte le procedure sono state condotte in anestesia spinale loco regionale. La degenza media è stata di 2,4
gg. Il catetere è stato rimosso dopo 7 gg. Un paziente ha richiesto una revisione in anestesia locale per
parziale deiscenza. Non si sono verificate stenosi, né recidiva locali di malattia. La durata media della
procedura è stata di 35 minuti.
Discussione
La tecnica è riproducibile, con rare complicanze. Sicura dal punto di vista oncologico.
Conclusioni
Il lungo periodo di follow-up dei pazienti trattati assicura la qualità e sicurezza di questa metodica
chirurgica.
143
P 144
CHEMIOTERAPIA CONCOMITANTE ALLA RADIOTERAPIA IN PAZIENTI CON TUMORE
SQUAMOSO DEL PENE METASTATICO.
F. Zattoni, F. Zattoni, M. Moschini, R. Karnes (Rochester, MN USA, USA)
Scopo del lavoro
Il tumore del pene e’ una rata e aggressive neoplasia con prognosi sfavorevole quando metastatica. Ad
oggi, pochi e discordanti studi valutano il ruolo della chemioterapia (CHT) e radioterapia (EBRT)
adiuvante. In aggiunta a questo, non esistono dati che valutano il ruolo della CHT concomitante alla
EBRT per pazienti con tumore del pene metastatico a livello linfonodale. Obiettivo dello studio e’
valutare se la CHT concomitante alla EBRT può’ migliorare la cancer specific survival (CSM) in pazienti
con tumore del pene metastatico a livello linfonodale.
Materiali e metodi
Uno studio retrospettivo e’ stato condotto tra Febbraio 1995 e Febbraio 2015. Sono stati raccolti pazienti
con neoplasia peniena trattati con linfoadenectomia inguinale e pelvica. Entro 3 mesi dalla chirurgia, una
coorte di 11 pazienti con metastasi linfonodali da carcinoma squamoso del pene sono stati trattati con
CHT concomitante alla EBRT . I loro outcomes oncologici sono stati comparati con un gruppo di 12
pazienti metastatici che non hanno ricevuto nessuna CHT e EBRT (follow up group). Differenze nella
sopravvivenza tra i 2 gruppi sono state indagate attraverso una analisi della sopravvivenza con tecnica
Kaplan–Meier e una univariate Cox-proportional hazards model.
Risultati
Pazienti trattati con CHT concomitante alla EBRT hanno una sopravvivenza tumore specifica ad un anno
di 54.5% comparata al 57.1% del gruppo follow up (log-rank=0.68). All’ analisi univariate il numero di
nodi positive alla linfoadenectomia predice una peggiore prognosi (P>0.001). CHT concomitante alla
EBRT sono caratterizzate da 63.6% di complicanze che hanno richiesto l’ospedalizzazione in paragone al
16.6% del follow up group (p 0.02). Il gruppo trattato con terapia adiuvante ha sviluppato complicanze
locali nel 90% dei casi rispetto al 50% del gruppo di controllo (p 0.03). 34.7% di complicanze sistemiche
sono state presenti nel gruppo trattato con terapia adiuvante rispetto a nessuna complicanze del follow up
group (p >0.01)
Discussione
La CHT concomitante alla EBRT in pazienti con metastasi linfonodali da carcinoma squamoso del pene
ha un beneficio marginale nella CSM.
Conclusioni
ll nostro studio incoraggia ulteriori studi multicentrici.
144
P 145
TOTAL GLANS RESURFACING (TGR) PER IL TRATTAMENTO DEL CARCINOMA IN
SITU DEL GLANDE (CIS): TECNICA CHIRURGICA E RISULTATI PRELIMINARI
D. Dente, A. Salvaggio, A. Cafarelli, M. Dandrea, E. Cappa, A. Porreca (Abano Terme)
Scopo del lavoro
La gestione del carcinoma in situ del pene (CIS) è ancora controversa vista la percentuale relativamente
alta di recidive locali dopo chirurgia mininvasiva. L’obiettivo dello studio è quello di riportare i risultati
della nostra esperienza in merito al trattamento del CIS con tecnica del totale glans resurfacing (TGR)
Materiali e metodi
Tra settembre 2012 e gennaio 2015,11 pazienti sono stati sottoposti ad intervento di TGR per CIS
(diagnosticato con precedente biopsia del glande), definendo come indicazione alla tecnica la necessità di
agire su >50% del glande. Tutti i pazienti hanno avuto un follow-up clinico trimestrale per i primi 2 anni
e successivamente semestrale (alcuni di questi pazienti non hanno ancora terminato il follow-up dei primi
2 aa. Sono stati valutati la percentuale di margini positivi, recidiva e di progressione, oltre a risultato
estetico e soddisfazione del paziente. Tecnica chirurgica: Il glande viene suddiviso in 4 quadranti virtuali
e si procede alla rimozione dell’epitelio e del connettivo subepiteliale del glande e ricostruito mediante
split skin graft di coscia.
Risultati
Il follow-up medio è stato di 12 mesi (2-29). In nessuno dei casi sono state registrate delle complicanze
postoperatorie. L’esame istologico definitivo ha confermato la presenza di CIS con mergini chirurgici
negativi in 10 pazienti (90%) mentre in 1/11 (10%) è stata necessaria successiva glansectomia (con
ricostruzione mediante split skin graft) per malattia invasiva. In tutti i pazienti si è assistito un completo
attecchimento del graft con un eccellente risultato estetico a distanza.
Discussione
I pazienti che vengono sottoposto a questo trattamento devono essere ben informati che, nonostante in
circa il 28% dei casi è necessario un secondo intervento per sotto-stadiazione della malattia primaria, non
c’è compromissione del controllo oncologico della malattia stessa. La procedura infine, permette la
conservazione dell’aspetto estetico e della funzionalità del pene senza ad andare ad inficiare sui risultati
oncologici.
Conclusioni
La tecnica del glans resurfacing un trattamento sicuro, a basso rischio di recidiva ed efficace per il
trattamento primario del CIS.
145
P 146
TRATTAMENTO DEL LICHEN GENITALE CON POLIDESOSSIRIBONUCLEOTIDE
(PLACENTEX INTEGRO)
L. lepri (perugia)
Scopo del lavoro
In questo studio proponiamo l’utilizzo del Polidesossiribonucleotide (PDRN) nel trattamento del lichen
genitale maschile. Tale farmaco svolge 3 azioni fondamentali: stimolazione dei fibroblasti e dei fattori
costituenti la matrice dermica; favorisce il meccanismo di ’Salvage’del DNA; stimola il fattore di crescita
endoteliale (VEGF). L’effetto finale è lo stimolo alla rigenerazione cellulare che può essere utilizzato o
nella riparazione delle perdite di sostanza o, in caso di cute integra, nel miglioramento del trofismo
cutaneo
Materiali e metodi
Dal dicembre 2013 al dicembre 2014 abbiamo arruolato in questo studio pilota prospettico non
randomizzato 21 pazienti di età compresa tra 34 e 77 anni (media 56) affetti da Lichen Sclerosus del
glande e/o prepuzio. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a trattamento mediante infiltrazioni sottocutanee
locoregionali (pomfi) con PLACENTEX INTEGRO (polidesossiribonudeotide mg 5,625) eseguite
mediante una normale siringa da 5 ml ed ago da insulina o mesoterapia (27/30 Gauge). Tutti i pazienti
sono stati rivalutati alla fine del trattamento mediate esame obiettivo clinico, questionario DLQI e IIEF
pre- e post-trattamento. Inoltre ai pazienti veniva somministrato questionario PGI-I per una valutazione
soggettiva riguardo al trattamento
Risultati
Ad un follow-up medio di 6 mesi (3-14 mesi) tutti i pazienti riferivano un miglioramento soggettivo
caratterizzato da una maggiore elasticità del prepuzio e riduzione dei sintomi irritativi locali. La
valutazione statistica dei risultati ottenuti al DLQI hanno dimostrato chiaramente come ci sia stato un
netto miglioramento in termini di qualità di vita del paziente dopo il trattamento con una variazione media
dello score da 15 (5-30) a 4 (2-30) p<0.0001. Al contrario non c’è stata una variazione statisticamente
significativa in termini di funzione sessuale all’IIEF. Infine c’è stato un miglioramento soggettivo
caratterizzato da una maggiore elasticità del prepuzio e riduzione dei sintomi irritativi locali nell’80% dei
casi (questionario PGI-I)
Discussione
Non esistono allo stato attuale terapie standard per il trattamento del lichen genitale
Conclusioni
Il PDRN (placentex integro) può rappresentare una nuova realtà, anche se ulteriori studi con casistiche
più ampie saranno necessari per trarre conclusioni definitive.
146
P 147
WHICH IS THE BIOPSY PATHOLOGICAL PATTERN IN MEN WITH PCA3 SCORE
FLUCTUATIONS?
S. De Luca, R. Passera, S. Cappia, F. Mele, M. Manfredi, R. Bertolo, M. Poggio, E. Bollito, D. Randone,
G. Ottaviano, D. Amparore, R. Aimar, F. Porpiglia (Orbassano)
Aim of the study
very few data in literature reported a 20-30% fluctuation in repeated measures PCA3 score, but covering
only a limited 3-4 week time period. In a recent study, we demonstrated that, even if the PCA3 risk class
was unchanged in the majority of patients, there was a non-negligible subgroup (around 18% of patients)
having unpredictable fluctuation in PCA3 scores repeated measures; in particular, two thirds of them had
a PCA3 cross up from ≤35 to >35. The aim of this study was to evaluate prostate biopsy (Bx)
pathological patterns in men with upgraded and downgraded risk class in PCA3 score on time course and
with elevated serum prostate specific antigen (PSA) and/or positive digital rectal examination (DRE),
undergoing a repeat Bx.
Materials and methods
108 males of two Italian Institutions, undergone at least two PCA3 score assessments with upgraded and
downgraded PCA3 risk class, were selected. Comparison of PCA3 score either in patients with negative
re-Bx (normal parenchyma, benign prostatic hyperplasia BPH, chronic prostatitis, high-grade prostate
intraepithelial neoplasia HG-PIN, atypical small acinar prostate ASAP) or positive re-Bx was performed.
Patients characteristics were tested by the Fisher's exact test for categorical variables while, for
continuous ones, by the Mann-Whitney and Kruskal-Wallis (for independent measures) or the Wilcoxon
and Friedman tests (for repeated measures). The diagnostic accuracy of PCA3 score fluctuations in
predicting PCa at re-Bx was assessed by a receiver operating characteristic (ROC) analysis.
Results
the upgrading and downgrading rates for PCA3 score were 71.3% (77 pts) and 28.7% (31 pts),
respectively. Fluctuations in PCA3 score and possible risk class changes in all patients and in positive/
negative re-Bx patients are reported in the table. Among the 77 upgrading patients, the median PCA3
score upgrade was 24 (4-69), while among the 31 downgrading ones, the median PCA3 score downgrade
was -17 (-2/-55). Twenty-four patients out of 29 (82.7%) patients with prostate cancer (PCa) upgraded
their PCA3 score. No association was found among the PCA3 score cross-up/cross-down and age>65
years (p=0.975), family history for PCa (p=0.796), DRE (p=0.179), use of 5-alpha-reductase inhibitors
(p=0.793) and BPH/prostatitis/HG-PIN/ASAP diagnosis (p=0.428).
Discussion
The rate of PCa was clearly higher in PCA3 score upgraded patients, even if no robust cut-off for PCA3
score fluctuations was identified.
Conclusions
PCA3 score can be considered a stable over time marker in most cases; notably, up to 20% patients have
a clinically notable risk class change.
147
P 148
STORIA NATURALE DI HGPIN MULTIFOCALE E DI ASAP PROSTATICI: QUANDO LA
REBIOPSIA?
E. Dalmasso, M. Oderda, M. Agnello, M. Barale, M. Falcone, G. Marra, A. Palazzetti, M. Preto, L.
Daniele, D. Pacchioni, L. Delsedime, N. Nicolaiew, S. Joniau, A. de la Taille, P. Gontero (Torino)
Scopo del lavoro
HGPIN multifocale (neoplasia prostatica intraepiteliale di altro grado multificale, wHGPIN) e ASAP
(proliferazione microacinare atipica) sono considerate lesioni precancerose riscontrate frequentemente su
biopsia prostatica. Secondo i dati di letteratura, la possibilità di individuare un carcinoma prostatico (PCa)
su rebiopsia arriverebbe sino al 55% in caso di wHGPIN e al 34-60% in caso di ASAP. E’ quindi
consigliata l'esecuzione di una seconda biopsia precoce. La storia naturale di queste lesioni e il timing
corretto della rebiopsia non sono però perfettamente noti. Obiettivo di questo studio è stato di valutare la
storia naturale e il rischio a lungo termine di carcinoma prostatico in caso di wHGPIN e ASAP in uno
studio multicentrico su pazienti sottoposti a rebiopsia, per identificare la reale necessità e il timing
corretto della rebiopsia.
Materiali e metodi
Abbiamo condotto uno studio retrospettivo su 1012 pazienti sottoposti a biopsia prostatica tra il 2001 e il
2010, negativa per PCa ma positiva per HGPIN, wHGPIN e/o ASAP. Sono stati inclusi nello studio 802
pazienti (79,3%) sottoposti ad almeno 1 rebiopsia durante il follow-up (comprensivo di visita urologica
periodica con dosaggio del PSA ed esplorazione rettale). Tutti i vetrini sono stati sottoposti a revisione
istologica centralizzata.
Risultati
Il 62% (497/802) dei pazienti non ha sviluppato PCa a un follow-up medio di 6 anni. Il rischio cumulativo
di PCa è stato del 25% per HGPIN monofocale, 28% per wHGPIN, 36% per ASAP e 43% per ASAP
concomitante a HGPIN (ASAP+HGPIN). Il 50% delle diagnosi di PCa è occorso entro i primi 12 mesi,
l'80% entro 3 anni. In oltre il 90% dei casi, il PCa identificato alla rebiopsia era di basso grado (Gleason
≤7). Età, PSA e numero di biopsie iniziali non si sono dimostrati predittivi di successiva diagnosi di PCa.
La sopravvivenza libera da diagnosi di PCa a 24 mesi è stata del 80,5% per HGPIN monofocale, 78,9%
per wHGPIN, 74,1% per ASAP e 68,9% per ASAP+HGPIN. Nessuna differenza significativa è stata
individuata tra i gruppi di pazienti nei primi 12 mesi di follow-up (figura 1)
Discussione
ASAP e ASAP+HGPIN si sono dimostrati importanti fattori di rischio per la successiva diagnosi di PCa.
Non sono state osservate differenze significative nel rischio di sviluppo di PCa nei pazienti wHGPIN
rispetto a HGPIN monofocale, e quindi alla popolazione generale.
Conclusioni
La rebiopsia resta quindi raccomandata in caso di ASAP e ASAP+HGPIN, preferibilmente dopo i primi
12 mesi di follow-up. La scelta di una rebiopsia più precoce o di una rebiopsia dopo HGPIN dovrebbe
essere motivata da dati clinici come PSA e ER.
148
P 149
STORIA NATURALE DI HGPIN E ASAP
M. Barale, M. Agnello, M. Oderda, S. Giona, F. Pisano, L. Daniele, D. Pacchioni, L. Delsedime, P.
Dalmasso, N. Nicolaiew, A. De La Taille, B. Frea, H. Van Poppel, S. Joniau, P. Gontero (Torino)
Scopo del lavoro
Un numero significativo di pazienti con HGPIN (High Grade Prostatic Intraepithelial Neoplasia) e ASAP
(Atypical Small Acinar Proliferation) riceve, ad una rebiopsia, una diagnosi di adenocarcinoma
prostatico. Tuttavia, il rischio a lungo termine di sviluppare il carcinoma prostatico (PCa) in questa
categoria di pazienti è ancora incerto. Abbiamo valutato retrospettivamente la storia naturale di queste
lesioni precancerose prostatiche su un’ampia casistica multicentrica, e stabilito il rischio a lungo termine
di sviluppare un tumore.
Materiali e metodi
Abbiamo analizzato i dati di 1012 pazienti sottoposti ad una biopsia prostatica tra il 2001 e il 2010, con
diagnosi positiva per HGPIN e/o ASAP, in assenza di tumore. Tutti i pazienti sono stati seguiti nel tempo
con periodiche visite urologiche e misurazioni del PSA sierico. 802 pazienti (79,3%) sono stati sottoposti
ad almeno una rebiopsia nel tempo. Considerando che la diagnosi di HGPIN e ASAP è una diagnosi
fortemente operatore dipendente, tutti i campioni della biopsia prostatica di arruolamento sono stati
sottoposti a revisione anatomo-patologica, effettuata da tre esperti uropatologi. Il rischio di evoluzione a
tumore è stato stabilito valutando retrospettivamente le rebiopsie e i dati clinici (esplorazione rettale,
PSA) dell’ultimo follow up.
Risultati
Il 62% dei pazienti risulta libero da diagnosi clinica di malattia, nel periodo medio di osservazione di 6
anni. Il rischio cumulativo di ricevere una diagnosi di PCa è risultato essere, rispettivamente, del 25% per
HGPIN monofocale, del 28% per HGPIN multifocale, del 36% per ASAP e del 43% nei casi in cui ASAP
e HGPIN coesistessero al momento della diagnosi iniziale. Il 50% delle diagnosi di PCa è stata fatta entro
12 mesi, e l’80% entro 3 anni. In più del 91% dei casi, il tumore individuato ad una rebiopsia è un tumore
di basso grado (Gleason ≤7). L’età, i livelli sierici di PSA e il numero di prelievi bioptici effettuati alla
biopsia di arruolamento non risultano essere fattori predittivi di sviluppo di tumore in pazienti con lesioni
precancerose.
Discussione
La sopravvivenza libera da diagnosi clinica di malattia, ad un follow up di 24 mesi, risulta essere
dell’80,5% per HGPIN monofocale, del 78,9% per HGPIN multifocale, del 74,1% per ASAP e del 68,9%
per ASAP associata ad HGPIN (Immagine 1).
Conclusioni
Il riscontro di focolai di ASAP o di ASAP+HGPIN ad una biopsia prostatica rappresenta un importante
fattore di rischio per lo sviluppo di PCa entro l’anno. D’altra parte, più del 50% dei pazienti con lesioni
precancerose risulterà libero da diagnosi clinica di tumore a 5 anni.
149
P 150
UTILITà CLINICA DELL’ISOFORMA SIERICA DEL [-2] PROPSA (P2PSA) E DEI SUOI
DERIVATI (%P2PSA E PHI: PROSTATE HEALT INDEX) NEGLI UOMINI CON TPSA
>10NG/ML. INTRODUZIONE
R. Peschechera, G. Lughezzani, N. Buffi, G. Fiorini, M. Seveso, G. Taverna, P. Casale, G. Giusti, A.
Benetti, R. Peschechera, L. Castaldo, S. Zandegiacomo, R. Hurle, M. Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)
Scopo del lavoro
Con i derivati del PSA (free PSA [fPSA], percentuale del free PSA [%fPSA], PSA density e PSA
velocity), si cerca una più accurata diagnosi di ca prostatico (PCa). Di recente, una nuova isoforma sierica
del free [-2] proPSA ed il suo derivato PHI (Prostate Health Index) hanno dimostrato di essere più
accurati dei test standard (tPSA, %fPSA) nella diagnosi di PCa. Molti studi si sono concentrati sul PHI
nel range del tPSA compreso fra 2 e 10 (la zona grigia). Fin'ora, nessuno studio ha riguardato
l’accuratezza del PHI nei pazienti con PSA > 10. Scopo dello studio è verificare se il PHI è più accurato
del tPSA e del %fPSA anche nei pazienti con tPSA >10
Materiali e metodi
Questo studio è una valutazione caso-controllo di pazienti arruolati nel progetto Multicentrico Europeo
denominato PROMEtheus. Si tratta di pazienti biopsiate per sospetto PCa secondo tali criteri: età >45
anni con o senza un sospetto palpatorio alla esplorazione digito-rettale (DRE); già sottoposti o meno ad
biopsia con esito negativo per PSA >10. End-point primario: sensibilità, specificità ed accuratezza
diagnostica del p2PSA e dei sui derivati rispetto a tPSA, fPSA e la percentuale del fPSA rispetto al totale
(%fPSA). Abbiamo calcolato il numero di biopsie prostatiche che si sarebbero potute risparmiate se gli
index tests (%-2proPSA e PHI) fossero stati usati al momento di decidere o meno la biopsia. End point
secondario relazione fra index tests e caratteristiche patologiche alla biopsia. Le analisi statistiche sono
state complementate con analisi multivariata
Risultati
Su 1036 pazienti arruolati, 262 (25,3%) avevano un tPSA >10g/ml. PCa è stato riscontrato in 136 di
questi (51,9%), con le seguenti caratteristiche: 30 con Gleason Score (GS) di 6 (22,1%); 66 con GS di 7
(48,5%); 40 con GS di 8-10%. Nei modelli di regressione logistica bivariata, età (p<0,0001), volume
prostatico (p<0,0001) e PHI (p<0,0001) sono risultati predittori significativi di PCa alla biopsia. Al
contrario, tPSA, fPSA e %fPSA non sono risultati associati alla presenza di PCa (p>0,05 per tutti). Nei
modelli di regressione logistica multivariata, p2PSA, %p2PSA e PHI sono risultati fattori predittivi
indipendenti ed hanno incrementato l’accuratezza dei modelli in multivariata comprendenti età, volume
prostatico, tPSA, fPSA e %fPSA del 4%, 6,9%, e 6,7% rispettivamente (p<0,05). Con un PHI cut-off del
43,7%, un totale di 63 biopsie (50%) sarebbero state evitate, non facendo però diagnosi di PCa in 13 casi
(6 con GS:6; 6 con GS:7; 1 con GS:8). Nei pazienti con PCa, l’aggressività della malattia è risultata
correlata con p2PSA, %p2PSA e PHI. Tali variabili aumentano all’aumentare del Gleason Score (rho:
0,389, p<0,0001; rho: 0,428, p<0,0001; rho: 0,511, p<0,0001 rispettivamente)
Discussione
Il nostro è il primo studio sull’accuratezza del PHI nei pazienti con PSA >10
Conclusioni
PHI sembra più accurato del tPSA anche nei pazienti con sospetto PCa e PSA >10ng/ml e potrebbe
evitare biopsie non necessarie. Ulteriori studi serviranno per chiarirne l’ultilità clinica.
150
P 151
CONFRONTO TOPOGRAFICO TRA LA BIOPSIA PROSTATICA 24 PRELIEVI TRANSRETTALE E QUELLA TRANS-PERINEALE NELLA PREVISIONE DELL’ESTENSIONE
EXTRAPROSTATICA E DELLA LOCALIZZAZIONE APICALE DEL CARCINOMA
PROSTATICO.
L. Angelini, F. Dal Moro, L. Devigili, C. Valotto, F. Vianello, M. Mancini, M. Rugge, F. Zattoni
(Padova)
Scopo del lavoro
L'obiettivo di questo studio è stato confrontare il valore predittivo negativo (VPN) della tecnica
transrettale (TR) e transperineale (TP) per l’esecuzione della biopsia prostatica (BP) (TR x24 prelievi vs
TP x24) rispetto all'estensione extracapsulare (EPE) e alla localizzazione apicale del Carcinoma
Prostatico (CP).
Materiali e metodi
Abbiamo raccolto retrospettivamente i dati dei pazienti sottoposti a BP a 24 prelievi TP o TR,
successivamente sottoposti a prostatectomia radicale (PR) nel periodo 1/2010-6/2014 e analizzati dallo
stesso anatomopatologo di provata esperienza. Abbiamo confrontato la presenza di almeno un prelievo
positivo in un lobo con quella di EPE nello stesso lobo, la presenza di almeno un prelievo periferico (i 5
prelievi eseguiti lateralmente in ciascun lobo) positivo alla TR con quella di EPE nello stesso lobo e la
positività di almeno uno dei due prelievi apicali con la presenza CP all'apice dello stesso lobo.
Risultati
Sono stati raccolti i dati di 73 pazienti. Lo stadio patologico è stato pT2a in 19 (26%), pT2b in 3 (4%),
pT2c in 28 (38.3%), pT3a in 21 (28.8%), pT3b in 2 (2.7%); pN+ in 3 (4.1%) e pN0 in 70 (95.9%). Nel
gruppo TR sono risultati negativi 25 lobi, in 23 di questi (92%) era effettivamente assente EPE, in 67 lobi
i prelievi apicali sono stati negativi con 45 negativi all’esame definitivo (67.2%). Tra le TP sono risultati
negativi 19 lobi (41.3%), 15 di questi sono stati negativi per EPE (78.9%), i prelievi apicali sono stati
negativi in 37 lobi rispetto ai 23 negativi all’esame definitivo (62.2%). La differenza statistica tra le due
metodiche è risultata non significativa.
Discussione
Il VPN delle due tecniche bioptiche è stato favorevole per la TR rispetto alla TP (92% Vs 78.9%), senza
tuttavia raggiungere la significatività statistica. In entrambi i gruppi i risultati sono in linea con quelli
descritti in letteratura per la risonanza magnetica (72%-87.7%). Nella TR il VPN dei prelievi periferici
rimane elevato rispetto a quello dell’intero lobo (90.2% vs 92%), ma permette di candidare a risparmio
monolaterale dei fasci neurovascolari un 24% di pazienti in più e a un risparmio bilaterale un 8%. Il VPN
per l'interessamento degli apici appare sostanzialmente ridotto (67.2% e 62.2%).
Conclusioni
Nella nostra esperienza le BP TR e TP con 24 prelievi hanno un elevato VPN e possono essere utili nella
scelta dell'ampiezza del risparmio dei fasci neurovascolari durante la PR. La presenza di prelievi
periferici TR negativi permette di aggiungere il 24% dei pazienti all'indicazione di una tecnica nervesparing, pur mantenendo un elevato VPN. La negatività bioptica dei prelievi apicali non è sufficiente da
sola, a identificare la presenza di margini positivi a livello degli apici prostatici. Un maggior numero di
pazienti e l’eventuale associazione tra lateralità dei prelievi all’esame bioptico e variabili pre-operatorie
potrebbero aiutare a pianificare con maggior precisione la scelta della tecnica chirurgica per la PR.
151
P 152
DIAGNOSI BIOPTICA DEL CARCINOMA PROSTATICO. CONFRONTO TRA PERCORSO
DIAGNOSTICO STANDARD VS PERCORSO DIAGNOSTICO BASATO SU MRI E FUSION
BIOPSY: RISULTATI PRELIMINARI DI UNO STUDIO PROSPETTICO RANDOMIZZATO
F. Porpiglia, M. Manfredi, F. Mele, F. Russo, D. Gned, A. De Pascale, S. Cirillo, G. Cattaneo, R. Aimar,
E. Checcucci, M. Cossu, C. Fiori (Orbassano)
Scopo del lavoro
Nel sospetto di carcinoma prostatico (CaP) il paziente viene sottoposto a biopsia prostatica con multipli
prelievi seguendo uno schema prestabilito (standard biopsy - SB). Molti di questi prelievi sono inutili e
svelano tumori “indolenti”. Grazie all’introduzione della risonanza magnetica prostatica multiparametrica
(MRI) è possibile eseguire biopsie mirate con tecnica di fusione tra immagini di risonanza ed ecografiche
basata sull’utilizzo di un software dedicato (fusion biopsy - FB), con l’intento di ridurre il numero di
prelievi bioptici, aumentandone la performance. Obiettivo primario di tale studio randomizzato,
prospettico, monocentrico, a due bracci, è stato valutare l’efficacia di un percorso diagnostico basato sulla
MRI e sulla FB, confrontandolo con il percorso diagnostico standard.
Materiali e metodi
I pazienti naïve con indicazione a biopsia prostatica per sospetto di carcinoma prostatico (PSA < 15 ng/ml
e DRE negativa) sono stati randomizzati, dopo approvazione del Comitato Etico ospedaliero e mediante
apposita query su www.randomization.com, in due bracci: braccio A (sottoposti a MRI) e braccio B (non
sottoposti a MRI). Il protocollo MRI prevedeva: immagini T1-w e T2-w, studi di diffusione, studi
dinamici con contrasto. Le lesioni sono state classificate secondo lo score PIRADS. I pazienti sono quindi
stati sottoposti a biopsia come segue: - braccio A con mp-MRI positiva (PIRADS score >3): prelievi
mirati mediante FB (almeno 3 prelievi per lesione) utilizzando il software dedicato BioJet (DK
Technologies). - braccio A con mp-MRI negativa o lesione di basso sospetto (PIRADS score <3) e
braccio B: SB TRUS-guidata con approccio transrettale a 12 prelievi. È stato definito non clinicamente
significativo (NCS) il riscontro di CaP con GS <6 in <2 prelievi, in accordo ai criteri di Epstein.
Risultati
Nel periodo 11/2014-03/2015 sono stati arruolati 80 pazienti. L’età mediana era 63 (48-75) anni, il PSA
medio era 6.8 (+3.71) ng/ml. Le caratteristiche demografiche dei pazienti nei due bracci e nei sottogruppi
del braccio A erano comparabili. Nella tabella 1 si riportano i risultati preliminari ottenuti.
Discussione
Con l’introduzione della MRI e recentemente della FB, nel panorama urologico stiamo assistendo ad
un’evoluzione del percorso diagnostico del CaP. Mediante lo studio in corso abbiamo voluto testare la
fattibilità, la sicurezza e l’efficacia di questo nuovo percorso diagnostico e confrontarlo con quello
correntemente in uso. Nella casistica in studio la detection rate della FB è stata significativamente
maggiore rispetto al gruppo SB con un numero medio di prelievi sensibilmente minore. Tali risultati sono
ancor più rilevanti valutando i CaP NCS, pur non raggiungendo la significatività statistica. Nei pazienti
del braccio A sottoposti a SB, la probabilità di riscontrare un CaP è stata minima.
Conclusioni
Nonostante sia necessario ampliare la casistica, il percorso diagnostico basato sulla MRI e sulla tecnica di
FB sembra essere più sicuro ed efficace rispetto allo standard.
152
P 153
MRI/TRUS FUSION BIOPSY E MIGLIORAMENTO DELLA PERFORMANCE DELLA
DIAGNOSI BIOPTICA DI CARCINOMA PROSTATICO: RISULTATI A UN ANNO
F. Porpiglia, M. Manfredi, M. Cossu, F. Mele, S. De Luca, G. Cattaneo, D. Amparore, E. Checcucci, R.
Aimar, E. Bollito, F. Russo, A. De Pascale, D. Gned, S. Cirillo, C. Fiori (Orbassano )
Scopo del lavoro
Una diagnosi più accurata e sicura ed una stadiazione più affidabile del carcinoma prostatico (CaP) sono
essenziali per eseguire il miglior trattamento per ogni singolo paziente. Lo sviluppo di biopsie mirate, tra
cui la fusion biopsy (FB), in cui i prelievi sono guidati grazie a un software in grado di co-registrare
immagini di risonanza magnetica multiparametrica (MRI) e TRUS, ha ottenuto risultati incoraggianti
nella diagnosi di CaP clinicamente significativi (CS). Scopo del nostro studio è stato quello di riportare i
risultati ad un anno dalla acquisizione della FB nella pratica clinica di routine del nostro centro.
Materiali e metodi
I pazienti con sospetto di CaP e presenza di una o più aree sospette alla MRI sono stati arruolati in questo
studio prospettico (05/2014-04/2015). Il protocollo MRI prevedeva: immagini T1/T2-w, studi di
diffusione, studi dinamici con contrasto, classificazione PIRADS delle lesioni. Tutti i pazienti sono stati
sottoposti a FB utilizzando il sistema Biojet® (D&K Technologies), effettuando >3 prelievi per lesione
sospetta. Nei pazienti naïve è stato aggiunto un mapping standard (MS) transrettale a 12 prese. Sono stati
registrati tutti i dati relativi agli outcomes radiologici e anatomopatologici e le complicanze. I CaP sono
stati considerati CS secondo i criteri di Epstein.
Risultati
La popolazione in studio consisteva in 187 pazienti. I dati di popolazione sono riportati in tabella 1. La
diagnosi di CaP è stata ottenuta nel 52,3% dei pazienti, dei quali il 79,9% aveva un CaP CS. Il Gleason
Score (GS) bioptico è stato: GS 6 nell’21,1%, GS 7(3+4) nel 50%, GS 7(4+3) nel 27,9%, GS>8 nel 1,1%
dei casi. Valutando i soli risultati della FB, detection rate di CaP è stata pari al 50,9%, di cui 73% CaP
CS, mentre la detection rate per le lesioni classificate come PIRADS>3 alla MRI è stato del 70,1%. Tra i
pazienti naïve, in 5 pazienti (2.7%) è stata fatta diagnosi di CaP con MS e non FB (CaP non CS). Infine,
45 pazienti con diagnosi di CaP mediante FB (24.1%) sono stati sottoposti a prostatectomia radicale. La
concordanza tra GS bioptico e patologico in questi pazienti è stato pari al 98,6%. Per quanto riguarda le
complicanze, abbiamo registrato un tasso pari al 12,5% di ematuria lieve e due casi (1,1%, pazienti
sottoposti a FB + MS) di UTI febbrile che hanno reso necessario il ricovero.
Discussione
La nostra casistica, che vede ugualmente rappresentati sia pazienti naïve e sottoposti a pregresse biopsie
sia diversi approcci bioptici (transrettale e transperineale) sembra giustificare l’utilizzo della nuova
metodica di FB in conseguenza della elevata detection rate, soprattutto nei CaP CS. Il MS non sembra
aggiungere informazioni utili alla diagnosi di CaP, in accordo con la Letteratura più recente.
Conclusioni
L’approccio mediante FB sembra garantire un’elevata detection rate di CaP CS con un ragionevole tasso
di complicanze. Inoltre, permette l'ottenimento di campioni bioptici rappresentativi del GS patologico.
153
P 154
LA DETECTION RATE DEL TUMORE PROSTATICO DELLE BIOPSIE DI FUSIONE
ESEGUITE CON SISTEMA KOELIS: LA NOSTRA ESPERIENZA
M. Oderda, R. Faletti, G. Battisti, A. Bonazzi, E. Dalmasso, M. Falcone, G. Marra, A. Palazzetti, M.
Preto, A. Zitella, G. Gandini, B. Frea, P. Gontero (Torino)
Scopo del lavoro
Le biopsie prostatiche mirate con fusione di immagini di risonanza magnetica multiparametrica (mpMRI)
ed ecografia transrettale (TRUS) potrebbero aumentare la detection rate del tumore prostatico stimata
attorno al 33% per le biopsie standard con protocollo esteso. Il sistema Koelis è un sistema di fusione
elastica in tempo reale con una precisione di 3 cm, dimostrata su simulatore. Scopo del nostro studio è di
valutare la detection rate di tumore prostatico (CDR) delle biopsie mirate con Koelis, e la correlazione tra
parametri di mpMRI e tumore prostatico.
Materiali e metodi
Da Aprile 2014 a Marzo 2015, abbiamo incluso in studio pazienti consecutivi, con sospetto clinico di
tumore prostatico e lesione sospetta alla mpMRI, che hanno eseguito biopsia di fusione con Koelis. La
mpMRI è stata interpretata da due radiologi esperti che hanno attribuito uno score PI-RADS (Prostate
Imaging-Reporting and Data System) a ciascuna lesione. Le biopsie mirate sono state eseguite sui targets,
mentre le biopsie random sono state eseguite in numero variabile a seconda del caso clinico.
Risultati
Un totale di 25 pazienti è stato incluso in studio, con età media di 66 anni (SD 6.3) e PSA medio di 7 (SD
10.3). La figura mostra la localizzazione delle lesioni in base al nostro schema di 17 regioni. Le
dimensioni medie del target mpMRI erano 8.9 mm (SD 3.6), con un PI-RADS score mediano di 4 (3-5) e
ADC mediano di 0.8 (0.4-0.9). Tre (12%) pazienti avevano più di un target sospetto alla mpMRI. Cinque
(20%) pazienti avevano eseguito una pregressa sessione negativa di biopsie. Nel complesso, la CDR è
stata 52%. In un paziente negativo per tumore prostatico il target ha avuto diagnosi di ASAP. La
maggioranza dei tumori diagnosticati alla biopsia erano di basso grado (n= 11, 84.6%) e basso rischio (n=
9, 69.2%). Le lesioni con PI-RADS 3 e 4-5 hanno una probabilità del 25% e 40% di essere tumore
prostatico, rispettivamente. Non è stata dimostrata alcuna correlazione significativa tra ADC e tumore
prostatico o Gleason score.
Discussione
In base alla nostra iniziale esperienza, possiamo confermare una aumentata detection rate delle biopsie
mirate con sistema Koelis rispetto alle biopsie standard, come già suggerito in letteratura. Non si può
individuare, invece, una soglia precisa di ADC da correlare con la presenza di tumore prostatico,
nonostante sia stato suggerito un trend per lesioni con ADC più basso di 0.9.
Conclusioni
La detection rate delle biopsie mirate con Koelis supera il 50%. Il rischio di tumore prostatico è
particolarmente alto per lesioni con PI-RADS 4-5; non è stato dimostrato il ruolo dell'ADC come singolo
fattore predittivo.
154
P 155
DATI PRELIMINARI SU STUDIO PILOTA : 9.4 T RISONANZA MAGNETICA
ELASTOGRAFICA DEL TUMORE PROSTATICO EX-VIVO
H. Wadhwa, G. Ciavotta, S. Kearney, D. Zumba, T. Nimeh, C. Luciano, D. Klatt, T. Royston, S.
Crivellare (Chicago, USA - Illinois)
Scopo del lavoro
L'utilizzo della risonanza magnetica (RM) nella diagnosi del carcinoma prostatico può fornire
informazioni preziose, ma la limitata sensibilità e la specificità dei protocolli MRI di routine nel
rilevamento e il grado stratificazione del cancro della prostata lascia spazio per l'innovazione. La
risonanza magnetica elastografica (RME) ha il potenziale di fornire dati quantitativi e delle immagini che
mostrano le dimensioni, l'ubicazione, la fase e le proprietà viscoelastiche dei tumori, che possono essere
collegati alla loro malignità. In questo studio abbiamo valutato l'efficacia della MRE ex vivo della
prostata per identificare lesioni cancerose.
Materiali e metodi
Utilizzando un campo magnetico ultra-alto, 9.4 T e uno scanner ad alta risoluzione sono state ottenute le
immagini della rigidità della prostata ex vivo con onde di taglio ad alta frequenza, non rilevabili negli
scanner clinici. Il campione è stato studiato subito dopo la rimozione chirurgica con prostatectomia
radicale robot-assistita. Una sequenza di impulsi spin echo modificata è stata usata per codificare
simultaneamente lo spostamento d’onda in tutte e tre le direzioni cartesiane. Onde di taglio sono state
indotte nella prostata con un tubo cilindrico, in cui la prostata è stata perfettamente adattata, collegata ad
un attuatore piezoelettrico (P-840.1, Physik Instrumente GmbH & Co., Karlsruhe, Germania) ed azionato
assialmente creando radialmente onde convergenti di taglio nella prostata. Ogni imagine prostatica è stata
suddivisa in 12 aree (base anteriore e posteriore, media anteriore e posterior e apice anetriore e
posteriore). Le immagini sono state interpretate da un operatore indipendente e confrontate con la
localizzazione del tumore descritta nel referto anatomo patologico.
Risultati
Nella figura 1 un esempio di alcune immagini ottenute, dove le zone in rosso sono quelle di maggior
consistenza (> 2.5 Kpa) e di sospetta natura neoplastica e una ricostruzione tridimensionale di una delle
prostate. I dati preliminari di confronto con il referto di anatomia patologica sono al momento della
stesura di questo abstract disponibili su 3 casi con risultati riassunti nella tabella 1. Sensibilità :
VP/(VP+FN) = 10/(10+0) = 100% Specificità : VN/(VN+FP) = 23/(23+3) = 88%
Discussione
nn
Conclusioni
Con i limiti del ridotto campione, il confronto con i risultati patologici dimostra una sensibilità e una
specificità promettenti. Numerosità di campioni maggiore ci permetterà di confermare o meno questi dati
preliminari e di approfondire eventuali associazioni con aggressività biologica o altre variabili.
155
P 156
BIOPSIA PROSTATICA STEREOTASSICA TRANSPERINEALE: RISULTATI PRELIMINARI
A. Del Grasso, C. Dattilo, M. Mencarini, A. Macchiarella, F. Di Loro, M. Spurio, F. Rubino, F. Blefari
(Prato)
Scopo del lavoro
La biopsia prostatica stereotassica transperineale è una tecnica in cui immagini RM vengono fuse con
immagini TRUS real time per effettuare prelievi mirati di aree sospette per neoplasia alla RM, sfruttando i
vantaggi di ogni singola metodica. Scopo dello studio è confrontare l'efficacia rate della biopsia prostatica
stereotassica trans perineale con la tradizionale biopsia TRUS guidata.
Materiali e metodi
Tra dicembre 2014 e febbraio 2015 abbiamo sottoposto a biopsia stereotassica transperineale 10 pz con
sospetto biochimico di carcinoma prostatico; età media 60,4 anni (46-74) PSA medio 7,6 (4,2-11,7)
volume prostatico medio 71 ml (40-110). Tutti i pazienti erano stati già sottoposti a biopsia TRUS guidata
(9 pz 1 mapping, 1 pz 2 mapping). Prima del prelievo è stata effettuata una RM multiparametrica.
L'elaborazione e la sovrapposizione delle immagini RM ed ecografiche è stata effettuata con software
Watson. I prelievi Sono stati effettuati prelievi transperineali con ago 18G introdotto attraverso una
griglia forata posta sul perineo. Il software sovrappone le immagini e indica ad ogni prelievo il foro in cui
deve essere inserito l’ago. Ogni procedura, durata media 70 minuti, è stata eseguita in posizione
litotomica ed anestesia subaracnoidea. La sera prima sono stati somministrati levofloxacina 1 cpr e fleet
evacuativo. Sono stati effettuati per ogni paziente una media di 24,1 prelievi (range 24-33).
Risultati
7 biopsie (70%) sono risultate positive per ETP. Tutti i pazienti avevano una RM positiva per lesione
sospetta. Nei pazienti con adenocarcinoma l’85% dei prelievi effettuati nelle zone sospette sono risultati
positivi. 3 pz presentavano un GS 4+4, 2 pz GS 4+3, 1 pz GS 3+4 e 1 pz GS 3+3. 2 pz (20%) hanno
presentato ritenzione urinaria acuta, 3 pz (30%) ematuria risoltasi spontaneamente entro 2 giorni. Nessun
caso di IVU o ematoma perineale. Tutti i pazienti hanno riferito emospermia.
Discussione
La tecnica si è dimostrata superiore nell’ individuazione del carcinoma prostatico (70% di positività)
rispetto ai tradizionali mapping bioptici ecoguidati (nel nostro centro 440 mapping positivi su 1275
effettuati dal 2008 ad oggi con un cancer detection rate del 34,5%). Sono da definire i criteri di inclusione
per selezionare i pazienti da sottoporre alla metodica: va effettuata a tutti i pazienti con E.R. negativa ed
aumento del PSA? E' da riservare esclusivamente ai re-mapping? Quali pz potranno trarre beneficio da
una diagnosi precoce in termini di sopravvivenza e qualità di vita?
Conclusioni
Al momento i costi dell' apparecchiatura e dell’ ospedalizzazione del pz ne impongono un utilizzo
limitato. Questa metodica può inoltre essere utilizzata per effettuare terapie focali (HIFU, crioterapia,
brachiterapia), per effettuare il follow-up delle lesioni trattate e per condurre una sorveglianza attiva. Al
momento la tecnica non è in grado di rilevare lesioni < 3 mm e non può essere eseguita in pz portatori di
protesi non compatibili con la RM, di pace maker o defibrillatori cardiaci.
156
P 157
RECIDIVA LOCALE DOPO CISTECTOMIA RADICALE: FATTORI PREDITTIVI E
SOPRAVVIVENZA
A. Antonelli, S. Belotti, S. Zamboni, C. Simeone (Brescia)
Scopo del lavoro
L'incidenza delle recidive locali (RL) dopo cistectomia radicale è compresa tra 5-15%. L’obiettivo è
valutare quali siano i fattori predittivi di questo evento.
Materiali e metodi
Consultazione retrospettiva di un database istutizionale che raccoglie dal 2001 i dati di tutti i pazienti
sottoposti a cistectomia radicale. I controlli di follow up comprendono la valutazione clinica del paziente,
gli esami ematochimici, la citologia urinaria, la citologia da lavaggio uretrale (nei pazienti con
derivazione urinaria esterna), TC torace-addome a 3/6 mesi e quindi ogni anno, Rx torace ed ecografia
addome ogni 6 mesi. Per il presente studio sono stati indagati i possibili fattori predittivi di RL attraverso
un’analisi di regressione logistica binaria.
Risultati
Su 432 pazienti seguiti per un tempo medio/mediano di follow up di 32.9/21.5 mesi (range 0-156), è stata
rilevata una RL in 63 di questi (prevalenza 14.5%), dopo un intervallo medio/mediano di 18.2/12 mesi
(range 1-84) dalla cistectomia; per 40 pazienti la RL era associata ad una metastasi a distanza; il sito della
RL è stato lo scavo pelvico in 34 pazienti, i linfonodi pelvici in 18, mentre in 11 casi erano coinvolte più
sedi; non si è osservata una differenza statisticamente significativa nel tasso di RL in base al tipo di
derivazione urinaria eseguita (neovescica ortotopica nel 14.2%, ureterocutaneostomia nel 15.8%,
condotto ileale 21.1%, p=0.244). L'unico fattore significativamente correlato al rischio di RL è stato lo
stadio patologico 3-4 vs 1-2 (p=0.010, HR 1.939, 95% CI 1.176-3.198); l'età, il sesso, l'abitudine al fumo,
la presenza di idronefrosi preoperatoria, la neoplasia primaria o recidiva, la mono/multifocalità della
neoplasia, l'esecuzione di una trasfusione intraoperatoria, la presenza di un CIS , un altro istotipo
associato, l'invasione linfonodale o perineurale, la linfoadenectomia e sue estensioni (non dei linfonodi),
lo stato linfonodale, lo stato dei margini chirurgici e la presenza di complicanze post-operatorie non si
sono dimostrati fattori predittivi. Il trattamento della RL in 19 casi è stato una radioterapia, in 18 una
chemioterapia, in 6 un trattamento combinato, mentre in 20 pazienti le condizioni non hanno permesso
alcuna terapia. All’ultimo follow up il 50% dei pazienti è deceduto e tale percentuale aumenta al 86% nei
casi con metastasi a distanza associata alla RL.
Discussione
La RL dopo cistectomia radicale colpisce il 15% dei pazienti circa, di cui il 50 % presenta già metastasi a
distanza; la diagnosi avviene mediamente nei primi due anni di follow up; la prognosi è scadente, ma
migliore nei casi senza metastasi a distanza. L’unico predittore di RL è stato lo stadio patologico locale
avanzato.
Conclusioni
I pazienti con stadio locale avanzato presentano un rischio aumentato di RL, spesso diagnosticata in modo
tardivo. E’ proponibile suggerire per tali casi protocolli di terapia complementare.
157
P 158
RECIDIVA DOPO CISTECTOMIA RADICALE: DESCRIZIONE DELLE SEDI ED IMPATTO
SULLA SOPRAVVIVENZA SEDE SPECIFICA
M. Moschini, S. Luzzago, G. Gandaglia, P. Capogrosso, A. Gallina, N. Suardi, V. Cucchiara, A. Briganti,
F. Montorsi, A. Salonia, R. Colombo (Milano)
Aim of the study
I pazienti trattati con cistectomia radicale per tumore della vescica hanno un alto rischio di sviluppare
recidiva durante il follow up. Purtroppo però, i patterns di recidiva di tumore e il loro significato clinico
rimangono poco studiati in letteratura. Il nostro obbiettivo è quello di analizzare una serie di un singolo
centro per analizzare i vari patterns di recidiva dopo cistectomia e studiarne l'associazione con gli
outcomes oncologici.
Materials and methods
Durante gli anni 1992-2002, un database raccolto prospetticamente è stato analizzato per i pazienti con
tumore vescicale non metastatico. Le recidive cliniche sono state categorizzate come: locali, linfonodali,
scheletriche o viscerali. In aggiunta alla analisi descrittive, curve di Kaplan Meier e Regressioni di cox
uni e multivariate sono state create per predire la recidiva e per quantificare quanto questa impatta sulla
sopravvivenza.
Results
I dati di 1,253 uomini con tumore della vescica alla cistectomia sono stati analizzati con 7 anni di follow
up mediano. Il tasso di recidiva a 5 anni è stato del 45% (95%CI: 41%–49). Le sedi di recidiva sono: 76
locali (16%), 95 linfonodali(20%), 116 scheletriche (24%) e 195 viscerali (40%). Predittori significativi
alla multivariata di recidiva sono lo stadio patologico T e N, la positività dei margini chirurgici e
l'invasione linfovascolare. La sopravvivenza mediana dopo recidiva è di 18 mesi. All'analisi multivariata,
lo stadio patologico T3 (Hazard ratio [HR]: 1.74), T4 (HR: 1.57), il tempo tra la cistectomia e la recidiva
recurrence (HR: 0.95) e le recidive scheletriche (HR: 2.47) o viscerali (HR: 1.81) sono associate
indipendentemente ad un rischio superiore di morire per tumore vescicale (p<0.05).
Discussion
Le recidive dopo cistectomia radicale per tumore vescicale sono un gruppo eterogeneo in termini di
tempo, sede e speranza di sopravvivenza dopo recidiva.
Conclusions
Abbiamo trovato come l'impatto delle recidive dopo cistectomie cambia significativamente in base al tipo
di recidiva e alle caratteristiche del tumore durante la cistectomia. In base a questi risultati, i pazienti
dovrebbero essere stratificati per garantire un follow up e delle strategie terapeutiche personalizzate.
158
P 159
A NOMOGRAM PREDICTING THE IMPACT OF NEOADJUVANT CISPLATINUM-BASED
CHEMOTHERAPY ON CANCER-SPECIFIC SURVIVAL IN PATIENTS ELIGIBLE FOR
RADICAL CYSTECTOMY FOR HIGH-RISK BLADDER-CANCER.
E. di trapani, R. Sanchez-Salas, L. Rocchini, M. Moschini, G. Gandaglia, D. Lizee, E. Barret, F. Rozet,
M. Galiano, R. Colombo, A. Briganti, F. Montorsi, X. Cathelineau (milan)
Scopo del lavoro
Radical cystectomy (RC) and pelvic lymph node dissection (PLND) remains the gold standard for muscle
invasive (MIBC) and high-risk non-muscle invasive bladder cancer (NMIBC). Despite the increasing
number of studies confirming the importance of neoadjuvant chemotherapy in patients addressed to RC,
its association remains controversial. The aim of our study was to asses the efficacy of neoadjuvant
chemotherapy in a large cohort of patients underwent RC for bladder cancer in a multistitutional
retrospective study
Materiali e metodi
We selected 608 consecutive patients underwent RC and PLND in two European high volume referral
centers between 2007 and 2013. Complete preoperative data as age, sex, ASA score and T stage at
TURBT were collected. Kaplan-Meier curves were used to assess time to cancer specific and overall
survival and univariable (UVA) and multivariable (MVA) Cox regression analyses to address predictors
of cancer specific survival (CSS) and overall survival (OS). Finally a Cox regression coefficient-based
nomogram was developed.
Risultati
The mean follow up was 20 months (range 1-24 months). Mean age at surgery was 67 yrs (median 67
yrs). Our population was consisted mainly of patients with a pT2 disease (79,6%). ASA score was 18,1%,
53%, 26% and 2,9% from 1 to 4 respectively. Overall 14% of patients had preoperative neoadjuvant
chemotherapy with MVAC while 86% of patients underwent radical cystectomy without any pre-surgical
treatment. At UVA neoadjuvant chemotherapy did not have effect on OM-free survival (p=0.19) while it
was associated with a better CSM-free survival (p=0.035). This finding was confirmed at MVA after
adjusting for other confounders (p= 0.043; OR 0.44). Based on variables, a nomogram was developed to
predict the 60 months CSM-free rate in the overall patient population. This model showed an accuracy of
72.6% and favorable calibration characteristics.
Discussione
Neoadjuvant Cisplatinum-based chemotherapy is associated with better survival in patients with high-risk
bladder cancer. This treatment should be suggested in an outpatient evaluation according with clinical
informations.
Conclusioni
We developed the first nomogram predicting the impact of Cisplatinum-based chemotherapy on CSS in
patients with high-risk bladder cancer eligible to radical cystectomyaccording with clinical informatons.
159
P 160
NEOADJUVANT CISPLATINUM-BASED CHEMOTHERAPY DOES NOT IMPACT
PERIOPERATIVE MORBIDITY IN PATIENTS UNDERWENT RADICAL CYSTECTOMY
FOR BLADDER CANCER
E. di trapani, R. Sanchez-Salas, L. Rocchini, M. Moschini, N. Suardi, D. Lizee, E. Barret, F. Rozet, M.
Galiano, R. Colombo, A. Briganti, F. Montorsi, X. Cathelineau (milan)
Aim of the study
Despite evidences suggest that Cisplatinum-based neoadjuvant chemotherapy improves cancer specific
free survival in patients candidates to radical cystectomy (RC) for invasive bladder cancer, some
urologists still remain skeptical. Proven the benefit on survival, the aim of our study was to verify if this
therapy might have any impact on perioperative morbidity.
Materials and methods
A total number of 768 patients underwent RC for bladder cancer between 2007 and 2013 was selected for
our study. Overall 93 patients received 4 cycles of cysplatinum based chemotherapy before surgery. We
collected complete demographic and perioperative data including age, t stage at TURBT, final pT stage,
kind of surgery, ASA score, number of nodes removed, number of positive nodes, pre- and post-operative
blood tests (Hb, WBC, PLT, serum creatinine), Clavien-Dindo classification for complications. T-tests
and Chi-square analyses were used to evaluate the differences between the groups. Univariable (UVA)
and multivariable (MVA) logistic regression analyses were developed to address predictors of
perioperative complications.
Results
No differences have been found both in pre-operative and post-operative blood tests assessment (all
p>0.1) avoiding the suspect of post chemo myelodysplastic syndromes. The intraoperative blood loss was
higher in patients who didn’t receive neoadjuvant chemotherapy (mean 1.200 vs 740 cc; p<0.001).
Despite this finding the number of transfusions was similar between groups (p=0.77) as well as the
hospital stay (p=0.8) and the overall complication rate was not significant at the MVA logistic regression
analysis (p=0.74). Even after analyzing our cohort according with Clavien-Dindo classification no
differences have been found between groups (p=0.11).
Discussion
Despite the benefits on survival, Cisplatinum-based neoadjuvant chemotherapy remains underused
reporting an adherence rate lower than 20%. Many urologists indeed believe this treatment can be linked
with ah higher risk of preioperative morbidity.
Conclusions
Our data demonstrated that Cisplatinum-based neoadjuvant chemotherapy is a safe procedure not linked
with perioperative morbidity. These findings, together with survival ones, should encourage urologists to
propose preoperative treatment to their patients.
160
P 161
CISTECTOMIA RADICALE ROBOT-ASSISTITA NEGLI OTTUAGENARI
S. La Falce, G. Novara, R. De Groote, N. Geurts, Z. Dovey, P. Schatteman, G. De Nayer, P. Carpentier,
A. Mottrie (Padova)
Scopo del lavoro
Valutare la prevalenza delle complicanze peri e post- operatorie nei pazienti con più di 80 anni sottoposti
a cistectomia radicale robot-assistita(RARC).
Materiali e metodi
Sono stati raccolti in modo retrospettivo i dati relativi a 155 pazienti consecutivi sottoposti a RARC per
carcinoma uroteliale della vescica muscolo-invasivo o non muscolo-invasivo ad alto rischio dal Luglio
2003 al Maggio 2008. Tutti gli interventi sono stati eseguiti da due chirurghi presso l’ Ospedale OLV ad
Aalst. La derivazione è stata confezionata in modo intra o extra-corporeo, a seconda delle preferenze del
chirurgo. Le complicanze sono state classificate secondo il sistema di classificazione Clavien-Dindo. Per
le analisi univariate e multivariate sono stati utilizzati il chi quadrato di Person, il test Mann-Whitney U e
la regressione logistica, come appropriati. E’ stata considerata statisticamente significativa una p < 0.05 a
due code. Tutti i test statistici sono stati eseguiti con il programma SPSS versione 22.0 (SPSS Inc,
Chicago, IL, USA).
Risultati
Dei 155 pazienti consecutivi, 22 (14,2%) pazienti avevano 80 anni o più con un’ età media dei paziente al
momento dell’intervento chirurgico di 82.5±2.5 anni. Gli ottuagenari non differivano in maniera
significativa dai pazienti più giovani per ASA-score (p= 0.584) e per l’indice di comorbidità di Charlson
(p=0.491). I pazienti più anziani avevano un grado patologico di tumore significativamente più alto
(32.1% di pT3-4 nei pazienti più giovani vs. il 59.1% di pT3-4 dei pazienti più anziani; p=0.029). La
prevalenza delle complicanze di qualsiasi grado (53.3% nei pazienti più giovani vs. 63% nei pazienti più
anziani; p=0.408) e di alto grado (21.3% nei pazienti più giovani vs. 18.1% nei pazienti più anziani;
p=0.821) era simili in entrambi i gruppi, indipendentemente dall’età. La percentuale di reintervento era
del 7,8% e 14,3% rispettivamente nei pazienti di età < 80 e ≥ a 80 anni (p=0.614). Tra i pazienti di età
superiore o uguale a 80 anni non è stata osservata mortalità peri-operatoria mente 2 tra i pazienti di età
inferiore a 80 anni sono morti a 90 giorni dopo l’intervento (p=0.776).
Discussione
Nelle nostre serie di pazienti, la prevalenza delle complicanze di qualsiasi grado e di alto grado, la
percentuale di reintervento e la mortalità perioperatoria sono risultate simili sia nei pazienti di età
inferiore che superiore a 80 anni.
Conclusioni
La RARC può essere eseguita in modo sicuro anche in pazienti anziani selezionati se praticata da
chirurghi esperti.
161
P 162
PREVALENZA DELLE COMPLICANZE POSTOPERATORIE DOPO CISTECTOMIA
RADICALE ROBOT-ASSISTITA CON DERIVAZIONE URINARIA EXTRACORPOREA O
INTRACORPOREA: L’ ESPERIENZA DELL’OSPEDALE OLV DI AALST
S. La Falce, G. Novara, R. De Groote, N. Geurts, Z. Dovey, M. Pokorny, P. Schatteman, G. De Nayer, P.
Carpentier, A. Mottrie (Padova)
Scopo del lavoro
Valutare la prevalenza delle complicanze post-operatorie a 90 giorni in pazienti sottoposti a cistectomia
radicale robot-assistita (RARC) con confezionamento di derivazioni urinarie intra o extracorporee.
Materiali e metodi
Sono stati raccolti retrospettivamente i dati di 155 pz sottoposti a RARC per carcinoma uroteliale della
vescica muscolo-invasivo o ad alto rischio non muscolo-invasivo dal Luglio 2003 al Maggio 2008.Gli
interventi sono stati eseguiti da due chirurghi presso l’ospedale OLV di Aalst.E’ stata confezionata una
derivazione intra o extra-corporea, a seconda delle preferenze del chirurgo.Le complicanze sono state
classificate secondo il Sistema Clavien-Dindo.Per le analisi monovariata e multivariate sono stati
utilizzati il Chi quadrato di Pearson,il test Mann-Whitney U e la regressione logistica.E’ stata considerata
statisticamente significativa una p< 0.05 a due code.Tutti i test statistici sono stati eseguiti con il
programma SPSS versione 22.0 (SPSS Inc, Chicago, IL, USA).
Risultati
105 pz (68%) e 50 pz (32%) hanno ricevuto rispettivamente una derivazione extracorporea (gruppo 1) e
intracorporea (gruppo 2).Il condotto ileale rappresentava il tipo prevalente di derivazione in entrambi i
gruppi (87% e 82% nel gruppo 1 e 2, rispettivamente).I due gruppi erano comparabili per la maggior parte
delle variabili preoperatorie,tranne che per la percentuale di malattia cN + che si è visto essere molto più
alta nel gruppo 1 (10% vs 0%, p = 0.018).Considerando i parametri intraoperatori,il tempo medio
operatorio era sovrapponibile nei 2 gruppi (325 vs 332 min; p=0.886), mentre le perdite di sangue stimate
erano leggermente inferiori nel gruppo 2 (350 vs 200 ml; p=0.006).Le percentuali di tutte le complicanze
erano del 56% nel gruppo 1 e del 52% nel gruppo 2 (p = 0.628).Sono state registrate complicanze di
grado da 1 a 5 nel gruppo 1, secondo le seguenti percentuali rispettivamente:10.5%, 29.5%, 6.7%, 7.6%, e
1.9% dei casi.Al contrario,nel gruppo 2 le complicanze sono state rispettivamente il 12%, 20%, 12%, 8%
e 0% dei casi.
Discussione
Nell’analisi multivariata,solo l’indice di comorbidità di Charlson è risultato correlato a complicanze di
qualsiasi grado (odd ratio [OR] 1.3; p=0.045),mentre la tecnica chirurgica utilizzata per la derivazione
urinaria non è risultata correlata (OR 0,5; p = 0,360),dopo aver corretto per l'effetto delle altre variabili
preoperatorie. Analogamente,solo l’età è risultata un fattore predittivo indipendente per complicanze di
alto grado (OR 0.978; p<0.001).Considerando i fattori predittivi di complicanze di alto grado
separatamente nei due gruppi,solo l’età (OR 0.933; p = 0.001) e lo stadio clinico T (OR 3.6; p = 0.049)
sono risultati predittori di complicanze maggiori nei pz del gruppo 1,mentre nel gruppo 2 è risultato
predittivo solo lo stadio clinico T (OR 1.6; p<0.001).
Conclusioni
Nelle serie analizzata è stata dimostrata una simile percentuale di complicanze perioperatorie in pazienti
sottoposti a RARC sia con derivazione urinaria extracorporea che intracorporea.
162
P 163
FOLLOW-UP ONCOLOGICO E FUNZIONALE A LUNGO TERMINE NEI PAZIENTI
SOTTOPOSTI A CISTECTOMIA RADICALE CAPSULE-SEMINAL SPARING (CRCSS)
L. Toffoli, S. Siracusano, R. Colombo, S. Ciciliato, T. Silvestri, M. Brausi (Trieste)
Scopo del lavoro
La cistectomia radicale con risparmio della capsula prostatica e delle vie seminali (CRCSS) è volta a
preservare la funzione erettile grazie al risparmio dell’innervazione autonomica specifica. Lo scopo dello
studio è stato quello di valutare i risultati oncologici e funzionali a lungo termine dopo CRCSS .
Materiali e metodi
Sono stati valutati retrospettivamente 56 pazienti sottoposti dal 2000 al 2013 a CRCSS e
confezionamento di neo-vescica ortotopica. Il follow-up ha previsto in tutti i pazienti un esame obiettivo,
la citologia urinaria , esami ematochimici e PSA e l’esecuzione di una TC addomino pelvica. I risultati
funzionali sono stati valutati nel corso delle visite con la somministrazione dell’ IIEF e con la valutazione
della sintomatologia urinaria. I pazienti sono stati considerati continenti quando non utilizzavano pads e
non riferivano episodi di incontinenza , e sessualmente potenti quando la funzione erettile consentiva
l’attività sessuale . E’ stata eseguita l'analisi univariata e multivariata per valutare le caratteristiche
cliniche e patologiche come predittori di recidiva di malattia e causa di mortalità specifica ( hazard ratio ,
HR , e il 95 % intervallo di confidenza , CI )
Risultati
L'età media dei pazienti e’ di 57,3 ( ± 9,9 ) anni . Lo stadio patologico pT0 è presente in 16 (28,6 %) casi ,
pT1 in 14 (25,0 %) casi , pT2 in 12 (15.0 %) casi, pT3 in 6 (14,3 %) pazienti e CIS in 10 (14,3 % )
pazienti . Dopo un follow-up mediano di 65,8 mesi (range 8,2-168,4 ) 12 pazienti (21,4 % ) presentano
diagnosi di recidiva di malattia . In particolare tre pazienti (5,3 %) hanno sviluppato una recidiva locale, 6
pazienti (10,7 %) hanno mostrato una recidiva a carico dell’alta via escretrice, mentre a 5 (8,9 %)
presentano metastasi a distanza. All’ultimo follow-up 7/56 pazienti ( 12,5 %) sono morti per la malattia
cancro-specifica . All'analisi multivariata il CIS e’ un fattore predittivo indipendente di recidiva di
malattia ( HR 14,2 , 95% CI 1,56-130,9 : p≤0.02) e causa di mortalità specifica ( HR 21,17 , 95% CI 1,33335,9 : p≤0.03 ). La percentuale di continenza diurna e notturna è rispettivamente dell’ 84,9 % e 63,0 %
mentre la funzione erettile è stata conservata nel 75,0 % dei pazienti
Discussione
La CRCSS permette di ottenere soddisfacenti risultati funzionali a lungo termine mentre dal punto di vista
oncologico una particolare cautela deve essere posta nell’indicare questo intervento in presenza di un CIS
.
Conclusioni
E’ necessaria un’attenta e severa selezione preoperatoria dei pazienti candidati all’intervento di CRCSS in
conformità con i principi di controllo oncologico della malattia.
163
P 164
90-DAY MORTALITY AFTER RADICAL CYSTECTOMY FOR BLADDER CANCER
C. D'Elia, V. Schweiger, T. Processali, W. Artibani, M. Cerruto (Verona)
Aim of the study
Radical cystectomy represents the gold stadard treatment in muscle invasive bladder cancer and is one of
the most challenging procedures in urologic surgery. This procedure is associated with significant
perioverative morbidity and mortality, ranging respectively from 20 to 64%, and from 0.3 to 5.7%. The
considerable interindividual variability of perioperative mortality has led to the development of several
models of individual perioperative mortality prediction for patients undergoing radical cystectomy. The
aim of our study was to evaluate the predictive accuracy of the nomograms of Isbarn and Aziz and the
identification of perioperative mortality risk factors in a series of patients undergoing radical cystectomy
for muscle invasive bladder cancer at our institution.
Materials and methods
We retrospectively reviewed data regarding 145 consecutive patients who underwent radical cystectomy
and urinary diversion for urothelial bladder cancer at our Institute between 2002 and 2012. The following
preoperative variables such as age at intervention, gender, BMI, operative volume, Charlson comorbidity
index, presence of carcinoma in situ (CIS) to endoscopic resection bladder (TURV), ASA score, clinical
stage according to the TNM and 90-day mortality were collected and analyzed. The Isbarn and Aziz
nomograms were, moreover, applied to our cohort.
Results
Median age at radical cystectomy was 68 years and 85% of patients were male, with a median BMI of 26
(IQR 25-27). The more represented ASA score was 2, whereas the most frequent Charlson score
(62.76%) was 0. Median in hospital stay was 15 days, with a range between 7 and 35 days. Median
follow-up was 26 months (IQR 11-45); five deaths were registered within 90 days (3.4%). Applying the
nomograms of Aziz and Isbarn to our patients, we obtained an average mortality risk <10% and 2.4%
respectively. At multivariate analysis, no variable was independently related to perioperative mortality
risk. Evaluating the ROC curves, the Aziz nomogram showed the highest predictive accuracy, while ASA
score was found to be the single variable with the highest accuracy in predicting 90 days mortality.
Discussion
In our series, at the multivariate analysis, none of the variables resulted as a independent risk factor for 90
days mortality, but only ASA score seemed to has a trend in this sense. Our serie was collected
retrospectively and is small in numbers, and so it has few events, that makes a multivariate analisys
unreliable.
Conclusions
In our series, 90-day mortality ater radical cystectomy was 3.4% (5/145 patients). On univariate analysis,
only Charlson comorbidity index (ref. 0-2; p 0.019; 0.013), ASA score (p 0.004) and the ICC age adjusted
(0.022) were indipendent risk factors of 90 days perioperative mortality, whereas, at multivariate analysis,
no variable was independently related to mortality risk. The Aziz nomogram presents the higher accuracy
in predicting 90-day mortality of patients undergoing radical cystectomy.
164
P 165
LA CISTECTOMIA RADICALE NELL’ANZIANO CONSIDERAZIONI SULLA NOSTRA
ESPERIENZA
F. Venzano, C. Ambruosi, O. Maugeri, C. Dadone, M. Mediago, D. Bernardi, G. Oppezzi, E. Galletto, G.
Arena (Cuneo)
Scopo del lavoro
Cistectomia radicale è il trattamento standard nella malattia muscolo-invasiva e nella malattia ad alto
rischio. Considerando che l'aspettativa di vita è in aumento e l'incidenza della neoplasia vescicale
aumenta con l'età, si incontrano con maggiore frequenza pazienti con età maggiore di 75 anni a cui dover
proporre la cistectomia radicale. Scopo del lavoro è valutare retrospettivamente la sopravvivenza dei
pazienti di età inferiore a 75 aa sottoposti a cistectomia radicale confrontandola con quelli di età > di 75
aa.
Materiali e metodi
Da marzo 1999 a marzo 2009 abbiamo eseguito 258 cistectomie radicali(198 neovesciche ileali
ortotopiche e 60 Bricker, 95 pazienti con età > di 75 aa (gruppo 1) e 163 con età < di 75 aa (gruppo 2).
L’età media è stata di 79.6 aa (75-88) per il gruppo 1 e 65.7 (42-74) per il gruppo 2. Follow-up medio 62
mesi aa (range1 -193). Abbiamo confrontato, degenza, mortalità nel primo mese e a 2, 3 e 5 aa
Risultati
La degenza media è stata di 21.2 gg (8-71), 21 nel gruppo 1 e 20.5 nel gruppo 2. Cinque pazienti sono
deceduti durante la degenza nel primo mese (3 del gruppo 1 e 2 del gruppo 2). Il tasso di mortalità totale è
stato del 56.9 % (147 deceduti) La sopravvivenza media è stata di 75 mesi (1-193), 68 nel gruppo 1 (1186) e 80 nel gruppo 2 (1-193). La sopravvivenza a 2 aa è stata raggiunta da 181 pz (71.3%), 64 nel
gruppo 1 (67.4%) e 117 nel gruppo 2 (71.8%) La sopravvivenza a 3 aa è stata raggiunta da 169 pz
(65.5%), 62 nel gruppo 1 (65.2%) e 107 nel gruppo 2 (65.6%) La sopravvivenza a 5 aa è stata raggiunta
da 146 pz (56.6%), 50 nel gruppo 1 (52.6%) e 96 nel gruppo 2 (58.9%)
Discussione
Non abbiamo evidenziato differenze significative tra i due gruppi in termini sopravvivenza a 2, 3 e 5 aa.
La degenza media è stata simile nei due gruppi.
Conclusioni
La cistectomia radicale nei pazienti ultrasettantacinquenni è poco eseguita. L’indicazione alla cistectomia
viene spesso procrastinata. Nella nostra esperienza la cistectomia radicale in pazienti anziani fornisce un
buon controllo locale della malattia con sopravvivenza accettabile.
165
P 166
INCIDENZA E PREDITTORI DI RIAMMISSIONE A 30 GIORNI IN PAZIENTI TRATTATI
CON CISTECTOMIA RADICALE
R. Colombo, M. Moschini, S. Luzzago, G. Gandaglia, P. Capogrosso, V. Cucchiara, A. Gallina, N.
Suardi, V. Serretta, V. Altieri, R. Damiano, A. Briganti, A. Salonia, F. Montorsi (Milano)
Aim of the study
Studi precedenti hanno dimostrato che il tasso di riammissione dopo cistectomia radicale sono molto
elevati, tuttavia al momento nessun lavoro con dati Europei è mai stato pubblicato.
Materials and methods
In totale, 1,090 patienti con tumore della vescica trattati con cistectomia radicale in un unico centro tra
Gennaio 2002 e Agosto 2012 sono stati inclusi. L'analisi logistic regression è stata usata per testare
l'associazione tra le covariate disponibili e la riammissione in ospedale a 30 giorni. I giorni di degenza
sono stati quindi dicotomizzati in modo da trovare il cut-off con la più alta possibilità di predire la
riammissione a 30 giorni.
Results
La degenza media è stata di 19 giorni (mediana 16) e il tasso di riammissione a 30 giorni è stato del 12%.
Le cause più frequenti di riammissione a 30 giorni sono: ileo (11%), linfocele (8.3%), infezione di ferita
(7.5%) e febbre (9%). All'analisi logistica multivariata, l'età (Odds ratio [OR 1.02; p=0.04) e i giorni di
degenza (OR: 0.94; p<0.01) sono associati alla possibilità di riammissione a 30 giorni. Considerando i
migliori predittori in termini di giorni di degenza solo i pazienti con più di 70 beneficiano di più giorni di
degenza per ridurre le possibilità di riammissione a 30 giorni (p<0.003).
Discussion
In questa prima serie europea sulla riammissione a 30 giorni dopo cistectomia, i nostri dati mostrano che
anche con un tasso relativamente alto di giorni di degenza, la riammissione a 30 giorni resta un evento
non eliminabile.
Conclusions
Tuttavia, i pazienti con più di 70 beneficiano di una prolungata degenza che si è dimostrata essere
protettiva verso successivi nuovi ricoveri entro 30 giorni dalla dimissione.
166
P 167
MALATTIA DI PARKINSON E DISFUNZIONE SESSUALE
M. Gubbiotti, J. Rossi de Vermandois, A. Boni, A. Conte, A. Berardelli, A. Giannantoni (Perugia)
Scopo del lavoro
Mentre è ben nota la prevalenza delle disfunzioni del basso tratto urinario (LUTS) nei pazienti con
malattia di Parkinson (MP), dati epidemiologici sull’incidenza delle disfunzioni sessuali (DS) in tale
patologia sono piuttosto limitati. Obiettivo dello studio è stato valutare l’incidenza della DS in pazienti
con MP e le eventuali correlazioni esistenti tra DS, LUTS, ansia e depressione.
Materiali e metodi
21 uomini e 13 donne affetti da MP, sono stati sottoposti ad una valutazione neurologica mediante la
scala di Hoehn e Yahr e a valutazione urologica comprendente diario minzionale di 3 giorni consecutivi e
a valutazione della DS e dello stato psicologico (ansia e depressione) mediante la somministrazione dei
seguenti questionari standardizzati: Incontinence Quality of Life (I-QoL), Female Sexual Function Index
(FSFI), International Index of Erectile Function (IIEF), Hamilton Anxiety Scale (HAM-A) and Hamilton
Depression Scale (HAM-D). Sono state prese in considerazione anche le terapie farmacologiche
impiegate dai pazienti.
Risultati
L’età media dei pazienti era 74.7 ± 8.7 anni; la durata media di malattia era10.3 ± 6.6 anni Il valore medio
della scala di Hoehn -Yahr era 3 ± 0. La Tabella 1 mostra i sintomi urinari presentati dai pazienti. Sei
donne e 13 uomini riferivano di non essere sessualmente attivi. Il valore medio della HAM-D era 17 ±
8.04 e 31 pazienti presentavano uno stato depressivo (Tabella 2). Lo score medio della HAM-A era 18.1
± 8.3 e 19 pazienti mostravano una condizione di ansia. La terapia farmacologica per la MP era eseguita
da 31 pazienti, e 32 venivano trattati per i LUTS. Farmaci antidepressivi erano assunti da 20 pazienti (in 4
casi con terapie di combinazione). La frequenza della nicturia aumenta con l’aumentare dell’età
(p>0.001). Nelle donne, lo score totale del questionario FSFI si riduce con l’aumentare dell’età (p> 0.01)
e il desiderio, l’eccitazione, la lubrificazione e l’orgasmo correlano positivamente con il dolore durante il
rapporto sessuale (p>0.002). Sia negli uomini che nelle donne la presenza di DS correla con la gravità
dello stadio clinico di malattia, come evidenziato nella scala Hoehn -Yahr (p<0.05).
Discussione
Il nostro studio conferma un’elevata frequenza di LUTS, DS, depressione ed ansia in pazienti con MP. Un
risultato mai osservato prima è il riscontro nei nostri pazienti di una correlazione significativa tra dolore
durante il rapporto e alterazioni della sfera sessuale (desiderio, eccitazione ed orgasmo). Alterazioni del
tono-trofismo genitale tipiche in donne di età avanzata potrebbero spiegare tale risultato. Tuttavia, le
modificazioni dopaminergiche cerebrali indotte dalla MP, che modulano l’attività sessuale, potrebbero
essere alla base di tali disfunzioni. Lo stadio della malattia neurologica è un altro fattore importante per la
presenza e la gravità della DS.
Conclusioni
Un’elevata percentuale di pazienti con MP mostra DS, LUTS ed alterazioni dello stato psicologico. La
DS correla significativamente con l’età e con lo stadio clinico di malattia.
167
P 168
LA NICTURIA HA UN IMPATTO NEGATIVO SULLA SFERA SESSUALE - RISULTATI DA
UNO STUDIO CROSS-SECTIONAL
E. Ventimiglia, L. Boeri, G. Castagna, P. Capogrosso, A. Serino, A. Pecoraro, M. Paciotti, A. Stabile, R.
Damiano, A. Briganti, F. Montorsi, A. Salonia (Milano)
Scopo del lavoro
Stabilire la prevalenza e l’impatto della nocturia [valutata in base alla domanda 7 del questionario IPSS]
sulla funzionalità della sfera sessuale in una corte di uomini che ricerchino prima assistenza medica per
una qualunque disfunzione sessuale (SD).
Materiali e metodi
Abbiamo raccolto e analizzato i dati clinici di 544 pazienti consecutive rivoltisi alla nostra attenzione per
una qualunque SD. Le comorbidità sono state rilevate e categorizzate secondo il Charlson Comorbidity
Index (CCI). Tutti i pazienti hanno compilato il questionario IIEF. Per quanto riguarda il questionario
IPSS, i pazienti sono stati ritenuti sintomatici per ogni singola categoria di LUTS qualora il punteggio alla
s A, et al. Eur Urol 2009). Analisi di statistica
descrittiva e modelli di regressione lineare hanno testato l’associazione tra nicturia e disfunzionalità della
sfera sessuale.
Risultati
L’età media (DS) riscontrata era 51.62 (13.43) (range 18-79). 383 (70.4%) pazienti erano affetti da
nicturia. La nicturia è stata riscontrata in (70%), 59 (15.4%), 72 (18.8%) and 61 (15.9%) pazienti con
rispettivamente disfunzione erettile (ED), eiaculazione precoce (EP), disturbo da ridotto desiderio
sessuale (LSD/I) e malattia di La Peyronie rispettivamente. I pazienti con nicturia erano più anziani
(p<0.002), avevano un tasso maggiore di comorbidità (p<0.001), erano più frequentemente fumatori
(p<0.004) e con un tasso maggiore di ED e LSD/I rispetto ai pazienti senza nicturia. Il modello di
regressione lineare multivariata, la severità della nicturia è risultata predittore indipendente di ridotto
punteggio al dominio desiderio sessuale e al dominio soddisfazione complessiva dell’IIEF (tutte le
p<0.05).
Discussione
Uno specifico impatto della nicturia si osserva sui domini del deisderio sessuale e sulla soddisfazione
complessiva.
Conclusioni
I nostri risultati suggeriscono come la nicturia impatti negativamente sulla sfera sessuale.
168
P 169
CONFRONTO DELLA FUNZIONE SESSUALE IN PAZIENTI SOTTOPOSTE AD
INTERVENTO DI RICOVERSIONE DEI CARATTERI SESSUALI IN SENSO ANDROGINOIDE MEDIANTE DUE DIFFERENTI TECNICHE CHIRURGICHE
F. Vedovo, G. Liguori, N. Pavan, G. Chiapparrone , P. Umari, M. Rizzo, F. Barbone , C. Trombetta
(Trieste)
Scopo del lavoro
Studi clinici su donne biologicamente determinate hanno evidenziato che l'anorgasmia è più spesso
associata a clitoridi di piccole dimensioni, siti ad una distanza maggiore dalla cavità vaginale. Obiettivo di
questo studio è stato quello di paragonare la funzione sessuale in pazienti sottoposte ad intervento di
riconversione dei caratteri sessuali (RCS) in senso andro-ginoide (A-G) utilizzando la tecnica del bottone
clitorideo posto a livello pubico (BCP) o la neoclitoridoplastica secondo Petrović (NCP). La NCP è una
tecnica che prevede l'inserimento del gettone neoclitorideo nell’ambito di una Y di mucosa uretrale sita
tra le piccole labbra, quindi anatomicamente più adiacente alla cavità neovaginale.
Materiali e metodi
Previo colloquio telefonico, è stata inviata per via telematica la versione italiana validata del questionario
FSFI (Female Sexual Function Index) a 40 pazienti sottoposte ad intervento di RCS in senso A-G tra
2004-2014 scelte con modalità random; 20 pazienti operate secondo la tecnica BCP e 20 sottoposte a
NCP. In queste pazienti sono state considerate età attuale e quella al momento dell’intervento, fattori
socio-demografici, comorbidità, stile di vita, orientamento ed abitudini sessuali. Sono stati utililizzati il
test parametrico T di Student per l’analisi delle variabili normalmente distribuite ed il test di Wilcoxon
per quelle non normalmente distribuite. Test del Chi-Quadro per la valutazione delle variabili categoriali.
Analisi eseguita mediante software SAS 9.3.
Risultati
Delle 40 pazienti che hanno accettato di prendere parte allo Studio, 22 hanno completato il questionario
FSFI: 11 pazienti sottoposte a (NCP) e 11 operate con la tecnica BCP. Non sono state riscontrate
differenze significative tra i due gruppi ad eccezione dell’età all’epoca dell’intervento (NCP 33.5 vs BCP
43.5; p=0.02). I risultati hanno evidenziato un valore medio di FSFI Total Score di 25.81 gruppo NCP vs
18.62 gruppo BCP. Valore medio di FSFI Total Score: gruppo BCP 9.16 single, 22.15 non-single; gruppo
NCP 26.03 single, 25.56 non-single.
Discussione
Pazienti sottoposte a NCP hanno raggiunto FSFI Total Score maggiori rispetto a quelle operate con la
precedente tecnica (p< 0.05). La relazione stabile con un partner influenza maggiormente la soddisfazione
sessuale del gruppo sottoposto a BCP rispetto alle pazienti dell'altro gruppo. L’FSFI non ha ottenuto
risultati statisticamente significativi nella valutazione della lubrificazione e dispareunia.
Conclusioni
Da questo studio è emerso che, anche nei soggetti sottoposti a RCS, la localizzazione del neoclitoride
potrebbe essere considerata un parametro per valutare la funzione sessuale e che una riduzione della
distanza tra neovagina e neoclitoride è associata ad una maggior soddisfazione sessuale. Riteniamo possa
essere utile stilare un questionario ad hoc per la valutazione della funzione sessuale delle pazienti
sottoposte a RCS.
169
P 170
CALCIFICAZIONI PROSTATICHE ED EIACULAZIONE PRECOCE: QUALE RUOLO E
QUALI EVIDENZE?
I. Tamanini, T. Cai, D. Tiscione, P. Verze, N. Mondaini, C. Iole, F. Tessarolo, A. Palmieri, G. Malossini,
V. Mirone, R. Bartoletti (Trento)
Scopo del lavoro
La correlazione tra calcificazioni prostatiche e sintomi sessuali nei pazienti affetti da sintomatologia
simil-prostatica non è ancora stata stabilita. Scopo di questo studio è stato quello di determinare le
caratteristiche morfologiche, microbiologiche e patologici di calcificazioni della prostata in pazienti con
sintomi del basso tratto urinario e valutare il ruolo delle calcificazioni prostatiche nella genesi dei sintomi
sessuali di questi pazienti.
Materiali e metodi
Dal novembre 2012 al marzo 2013, 58 pazienti afferenti alla stessa Unità di Urologia ed affetti da sintomi
del basso tratto urinario, con o senza evidenza ecografica per calcificazioni della prostata, sono stati
arruolati in questo studio prospettico di coorte. Al momento dell'arruolamento, tutti i pazienti sottoposti a
valutazioni cliniche e microbiologiche per valutare la presenza di biofilm batterico. Inoltre, è stata
valutata la presenza di linfociti nello sperma attraverso la citometria di flusso. Le calcificazioni
prostatiche sono state raccolte ed analizzate con il microscopio a scansione elettronica da tutti i pazienti
che erano stati sottoposti a biopsia prostatica. Ad ogni paziente è stato somministrato il questionario:
PEDT, IPSS, IIEF-15. Tutti i pazienti sono stati suddivisi in due gruppi, in relazione o meno alla presenza
di calcificazioni prostatiche: Gruppo A: pazienti con calcificazioni, Gruppo B: pazienti senza
calcificazioni.
Risultati
56 pazienti sono stati analizzati (età media 56,7). Due sono stati esclusi per mancanza di dati. 21 pazienti
arruolati nel Gruppo A, mentre 35 nel Gruppo B. I questionari erano: Gruppo A - IPSS 16.5±1.2; Gruppo
B - IPSS 18.1±0.9; Gruppo A - IIEF-15 27.3±2.1; Gruppo B - IIEF-15 28.1±0.7; Gruppo A: PEDT
3.1±2.2; Gruppo B: PEDT 16±1.7. Il volume prostatico medio è stato di 45,3 cc (in tutti i pazienti). Nel
gruppo A 13 su 21 (61.9%) ha mostrato risultati positivi in analisi micorbiological mentre nel Gruppo B 6
su 17 (35.2%) (p <0,003). Nel gruppo A i pazienti hanno mostrato una più alta prevalenza di linfociti nel
liquido seminale rispetto Gruppo B (p<0.001). Inoltre, nel gruppo A prevalenza di produttori fortemente
biofilm era superiore nel gruppo B (p <0,003). L'analisi al microscopio a scansione elettronica ha
dimostrato che le calcificazioni prostatiche mostravano una struttura tri-dimensionale e morfologica
molto simile alle biofilm batterici in vitro (forte produzione di materia extracellulare con stratificazione
batterica).
Discussione
Il presente studio dimostra che le calcificazioni prostatiche rivestono un ruolo ben preciso nei pazienti
affetti da sintomatologia del basso apparato urinario e sessuale, in particolare per quanto riguarda
l’eiaculazione precoce.
Conclusioni
In conclusione il ruolo delle calcificazioni prostatiche deve ancora oggi essere valutato in maniera
approfondita per capirne, non solo la genesi, ma anche l'impatto sulla sintomatologia.
170
P 171
L’EIACULAZIONE PRECOCE DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE è UN FATTORE DI
RISCHIO NEGATIVO SOTTOVALUTATO NEL RECUPERO DELLA FUNZIONE
ERETTILE?
S. Chiodini, D. Tiscione, T. Cai, L. Luciani, A. Scardigli, I. Tamanini, P. Verze, A. Palmieri, V. Mirone,
G. Malossini (Trento)
Scopo del lavoro
E’ noto come una delle complicanze più comuni dopo intervento di prostatectomia radicale sia data dalla
disfunzione erettile; tuttavia molto spesso sembra che questi Pazienti presentino anche un altro problema
legato alla sfera sessuale, ovvero l’Eiaculazione Precoce (EP). Obiettivo del nostro lavoro è stato quello
di valutare quanto il problema EP possa ostacolare il recupero della funzione erettile in Pazienti sottoposti
ad intervento di prostatectomia radicale.
Materiali e metodi
Abbiamo considerato 54 Pazienti con funzione sessuale normale, valutata mediante la somministrazione
di test di autovalutazione (IIEF-5; PEDT), e sottoposti ad intervento di prostatectomia radicale
videolaparoscopica o robotica con tecnica nerve-sparing (NS) mono- o bi-laterale. E’ stata quindi
rivalutata la funzione sessuale di tutti i Pazienti dopo l’intervento chirurgico, mediante la
somministrazione dei medesimi test a distanza di 12 mesi.
Risultati
L’età media dei 54 pazienti è risultata 56,25 anni (range 50-66). L’IIEF-5 ed il PEDT pre-operatori sono
risultati nella norma in tutti e 54 i pazienti, rispettivamente ≥ 22 e ≤ 8. 15 pazienti sono stati sottoposti a
prostatectomia radicale videolaparoscopica e 39 a prostatectomia radicale robotica; 18 e 36 pazienti
rispettivamente con tecnica NS mono- e bi-laterale. 28 pazienti (52%) riportavano un PEDT ≥ 9; mentre
in 32 pazienti (59%) l’IIEF-5 è risultato ≤ 11. Di questi 32 pazienti, da una sub-analisi dell’IIEF-5,
l’impatto maggiore è stato dato dalla domanda n°5, dove 22 pazienti (69%) hanno risposto di aver
provato piacere poche volte o meno a causa dell’EP.
Discussione
Il presente studio dimostra come Pazienti con funzione sessuale normale, sottoposti ad intervento di
prostatectomia radicale, possano sviluppare una problematica aggiuntiva alla disfunzione erettile che è
data dall’EP e come quest’ultima possa peggiorare notevolmente il recupero della funzione erettile e
quindi impattare negativamente sulla qualità di vita del paziente stesso.
Conclusioni
La problematica EP nei pazienti sottoposti a prostatectomia radicale deve essere considerata un fattore
aggravante il recupero della funzionalità sessuale in questi pazienti e come tale deve essere indagata.
171
P 172
THE COMBINATION OF DAPOXETINE AND BEHAVIOURAL TREATMENT PROVIDES
BETTER RESULTS THAN DAPOXETINE ALONE IN THE MANAGEMENT OF PATIENTS
WITH LIFELONG PREMATURE EJACULATION.
P. Verze, L. Cormio, P. Massenio , R. La Rocca, L. Venturino, G. Carrieri, V. Mirone (Naples)
Scopo del lavoro
It is not known whether the efficacy of dapoxetine, the only drug approved for the on-demand treatment
of premature ejaculation (PE), can be increased by the addition of sexual behavioural treatment (SBTx).
Aim: To test the hypothesis that combined dapoxetine and SBTx provides better result than dapoxetine
alone in the management of patient with lifelong PE.
Materiali e metodi
after a 4-wk run-in period, 50 patients with lifelong PE entered a 24-wk, open-label, prospective study
with a 1:1 assignment. 25 patients (Group A) received on-demand dapoxetine 30 mg alone, remaining 25
patients (Group B) combined on-demand dapoxetine 30 mg and SBTx. The CONSORT 2010 statement
was adhered to where possible. the intra-ejaculatory latency time (IELT), the premature ejaculation
diagnostic tool (PEDT) score and the treatment-emergent adverse events (TEAEs) were analysed.
Risultati
mean age was 34.16y in Group A and 34.44y in Group B. From baseline to 4-, 12- and 24- wk evaluation,
both Groups experienced a significant (p<0.0001) increase in mean IELT and decrease in mean PEDT
score, but patients in Group A showed a significantly lower increase in mean IELT (85.0; 84.8; 130.7;
160.0 vs. 92.0; 137.9; 232.7; 370.7 sec respectively; p<0.0001,) and a significantly lower decrease in
mean PEDT score (20.4; 18.16; 15.88; 14.68 vs. 19.56; 16.0; 11.96; 7.92 respectively; p<0.0001) than
those in Group B. At 24-wk evaluation, no patient in Group A reached a PEDT score ≤8 (absence of PE)
as opposed to 80% of patients in Group B. There was no difference between Groups in TEAEs rate (16%
vs. 16%; p=1.00). Limitations included the absence of a Group receiving SBTx alone or Group crossover.
Discussione
combined dapoxetine and SBTx provides better result than dapoxetine alone in the management of patient
with lifelong PE.
Conclusioni
combined dapoxetine and SBTx proved to be more effective than dapoxetine alone in treating patients
with lifelong PE, up to restoring a normal ejaculatory function in most of them.
172
P 173
I SINTOMI MINZIONALI DELLA FASE OSTRUTTIVA IMPATTANO SULLA
FUNZIONALITà EIACULATORIA – RISULTATI DA UNO STUDIO PSICOMETRICO
CONDOTTO SU UOMINI CON EIACULAZIONE PRECOCE
G. La Croce, E. Ventimiglia, P. Capogrosso, L. Boeri, A. Stabile, A. Serino, G. Castagna, A. Briganti, F.
Montorsi, A. Salonia (Milano)
Scopo del lavoro
Valutare la correlazione tra sintomi minzionali (LUTS) ostruttivi vs irritativi e la funzionalità eiaculatoria
in uomini con eiaculazione precoce (PE).
Materiali e metodi
Sono stati raccolti e analizzati dati clinici e sociodemografici da più di 192 pazienti che hanno ricercato
prima assistenza medica per PE. Le comorbidità sono state classificate secondo il Charlson Comorbidity
Index (CCI). Tutti i pazienti hanno completato i questionari International Prostatic Symptoms Score
(IPSS), Premature Ejaculation Diagnostic Tool (PEDT) e Male Sexual Health Questionnaire nella sua
componente riguardante la funzionalità eiaculatoria (MSHQ-EJ). I pazienti sono stati categorizzati a
seconda del punteggio al PEDT (PEDT <11 vs ≥11). Modelli di regressione logistica e lineare hanno
testato l’associazione tra presenza/severità dei LUTS e funzionalità eiaculatoria.
Risultati
I punteggi medi (mediani) al PEDT, MSHQ, IPSS-totale, IPSS-ostruttivi e IPSS-irritativi sono stati
rispettivamente 12.5 (12), 30.9 (34), 9.0 (8), 4.6 (3) e 4.5 (4). Complessivamente, 123 (64.1%) pazienti
avevano un PEDT≥11. I punteggi IPSS-totale, IPSS-ostruttivi, and IPSS-irritativi erano
significativamente più alti nei pazienti con PEDT≥11 (tutte le p≤0.02); nessuna differenza è stata
osservata per quanto riguarda età, BMI, CCI e punteggio MSHQ-EJ. Alla regressione logistica
multivariata solo il punteggio IPSS-irritativi ha raggiunto lo status di predittore indipendente (OR 1.13;
p=0.02) di PEDT≥11 dopo aver tenuto conto delle differenze esistenti in termini di età, CCI e punteggio
IPSS-irritativi. In modo simile, alla regressione lineare multivariata il punteggio IPSS-ostruttivi ha
raggiunto lo status di predittore indipendente (Beta:-0.46, p<0.001) per il punteggio MSHQ-EJ, sempre
dopo aver normalizzato per età, CCI e IPSS-irritativi.
Discussione
E’ noto come i LUTS impattino in modo negativo sulla funzionalità eiaculatoria; questo studio crosssectional evidenzia come un ruolo più importante possa essere ricoperto dai LUTS ostruttivi.
Conclusioni
I LUTS ostruttivi agiscono negativamente sulla funzionalità eiaculatoria.
173
P 174
EFFETTI SULLA DISFUNZIONE ERETTILE DELL'ASSOCIAZIONE DI DIALLIL
TIOSULFINATO, NUCIFERINA E DIOSGENINA IN PAZIENTI PRETRATTATI CON
INIBITORI DELLA 5 FOSFODIESTERASI ONCE A DAY. STUDIO RANDOMIZZATO
VERSUS PLACEBO SINGOLO CIECO
G. SCADUTO, G. DARICELLO, C. PAVONE (PALERMO)
Scopo del lavoro
DIMOSTRARE L'EFFICACIA DEL PRODOTTO DI ASSOCIAZIONE, A BASE DI DIALLILTIOSULFINATO, NUCIFERINA E DIOSGENINA, IN SOGGETTI AFFETTI DA DISFUNZIONE
ERETTILE NEL MANTENIMENTO DELLA RISPOSTA POSITIVA, IN TERMINI DI
MIGLIORAMENTO DELLO SCORE DELL'IIEF-5 (INTERNATIONAL INDEX OF ERECTILE
FUNCTION) DOPO PERIODO DI TERAPIA CON TADALAFIL 5 MG GIORNALIERO PER TRE
MESI.
Materiali e metodi
SONO STATI SELEZIONATI 120 PAZIENTI AFFETTI DA DISFUNZIONE ERETTILE
MODERATA E SEVERA SECONDO LO SCORE DEL QUESTIONARIO IIEF-5 DI ETA'
COMPRESA TRA 50 E 65 ANNI (ETA' MEDIA DI 56,7) E SOTTOPOSTI A TERAPIA
GIORNALIERA CON TADALAFIL 5 MG:UNA COMPRESSA PER TRE MESI. AL TERMINE DEL
TRIMESTRE I PAZIENTI SONO STATI RIVALUTATI MEDIANTE NUOVA COMPILAZIONE
DEL QUESTIONARIO IIEF-5. I 90 PAZIENTI RISULTATI RESPONDERS ALLA TERAPIA SONO
STATI CAMPIONATI PER RANDOMIZZAZIONE SEMPLICE(CRITERIO DELLA ESTRAZIONE)
E SUDDIVISI EQUAMENTE IN DUE GRUPPI OMOGENEI. I NON RESPONDERS (30
PAZIENTI)SONO STATI AVVIATI AD ALTRA TERAPIA. IL GRUPPO A DEI RESPONDERS E'
STATO TRATTATO CON L'ASSOCIAZIONE DI DIALLIL-TIOSULFINATO 20 MG, NUCIFERINA
137,5 MG, DIOSGENINA 45 MG: UNA COMPRESSA A GIORNI ALTERNI PER TRE MESI. AI
PAZIENTI RESPONDERS DEL GRUPPO B VENIVA SOMMINISTRATO PLACEBO. ENTRAMBI I
GRUPPI SONO STATI SOTTOPOSTI A FOLLOW-UP PER TRE MESI. AL TERMINE DEL
FOLLOW-UP E' STATA CONSEGNATA ULTERIORE COPIA DEL QUESTIONARIO IIEF5.
Risultati
NEL GRUPPO A SI E' AVUTO UN MANTENIMENTO DELLA RISPOSTA POSITIVA NELL'80%
DEI CASI (36 PAZIENTI), CON UNA STABILIZZAZIONE DEL DEFICIT ERETTILE NELLA
CATEGORIA LIEVE-MODERATA SECONDO LO SCORE DELL'IIEF-5. NEL GRUPPO B,
INVECE, E' STATO RISCONTRATO UN PEGGIORAMENTO NEL 60% DEI CASI (27 PAZIENTI)
CON UN SCORE SOVRAPPONIBILE AL PERIODO DI RECLUTAMENTO PRE-TADALAFIL. IL
TEST DEL X2 CHE HA MESSO A CONFRONTO LA PROPORZIONE DI RISULTATI TRA I DUE
GRUPPI HA DATO ESITO A 15,000 CON UNA p=0,0001. LA MISURA DLìELL'ASSOCIAZIONE
DETERMINA UN RISCHIO RELATIVO PARI A 2 (i.c. 1,36-2,94).
Discussione
L'IMPIEGO DELLA TERAPIA ASSOCIATIVA CONDIALLIL- TIOSULFINATO, NUCIFERINA E
DIOSGENINA SI E' DIMOSTRATO CAPACE DI RADDOPPIARE LA PROBABILITA' DI MANTENERE IL
PAZIENTE AFFETTO DA DEFICIT ERETTILE NELLA CATEGORIA DI SCORE IIEF-5 RAGGIUNTA IN
PRECEDENZA IN CONFRONTO ALLA STESSA POPOLAZIONE TRATTATA CON SOLO PLACEBO
DOPO TERAPIA CON TADALAFIL.
Conclusioni
L'ASSOCIAZIONE DEI TRE PRICIPI ATTIVI NELLA DISFUNZIONE ERETTILE RAPPRESENTA UN VALIDO SUPPORTO NEL
FOLLOW-UP DEL PAZIENTE TRATTATO CON TADALAFIL ONCE A DAY GARANTENDOGLI NEL TEMPO IL
MANTENIMENTO DELLA PERFORMANCE SESSUALE.
174
P 175
GOOGLE TRENDS AS THE NEW BIG BROTHER OF THE WEB SEARCH IN THE FIELD OF
MEDICINE
F. Montebelli, F. Dal Moro (Padova)
Aim of the study
Milioni di persone usano internet tutti i giorni per ottenere informazioni su patologie e terapie. Google
Trends è uno strumento di Google Inc. che mostra quanto spesso viene immesso un particolare termine di
ricerca rispetto al volume totale di ricerca in tutto il mondo. Noi abbiamo analizzato il trend di ricerca dei
principali inibitori della fosfodiesterasi tipo 5 (PDE5), usati nel trattamento della disfunzione erettile.
Materials and methods
Dal Gennaio 2004 al Marzo 2015 abbiamo considerato tutte le ricerche sul web per i termini Sildenafil,
Tadalafil, Vardenafil e Avanafil, principali inibitori della PDE5 attualmente usati nel mondo. Il grafico
principale ha in ascisse il tempo e in ordinate la frequenza con cui un termine viene cercato rispetto al
numero totale di ricerche, globalmente. I dati sono normalizzati e presentati su una scala da 0 a 100. Se i
dati non sono sufficienti, viene visualizzato 0. L'altezza della barra rappresenta la media di tutti i punti sul
grafico per quel termine di ricerca. Altri due grafici mostrano dove quel termine è più cercato nel mondo
e le ricerche correlate.
Results
La media per Sildenafil è 63 con valori in progressiva riduzione. Su Google esistono 34.100.000 risultati
per il termine Sildenafil e 146.000.000 per Viagra, ricercati maggiormente a Cuba, in Germania e Kenya.
La media per Tadalafil è 24 con valori in progressiva riduzione. Su Google esistono 26.200.000 risultati
per il termine Tadalafil e 106.000.000 per Cialis, ricercati maggiormente in Turchia, Italia, USA e
Canada. La media per Vardenafil è 9 con valori in progressiva riduzione. Su Google esistono 10.800.000
risultati per il termine Vardenafil e 61.000.000 per Levitra, ricercati maggiormente in Bulgaria, Italia e
Turchia. La media per Avanafil è 0 con valori in progressivo aumento. Su Google esistono 480.000
risultati per il termine Avanafil e 133.000 per Spedra e 473.000 per Stendra, ricercati maggiormente in
Italia, Francia e USA. Inoltre le principali ricerche correlate sono per tutti “acquisto” e “acquisto online”.
Discussion
I primi tre farmaci sono conosciuti da oltre 10 anni, al contrario dell’Avanafil che è un nuovo inibitore
della PDE5 approvato per la disfunzione erettile il 27 Aprile 2012 dalla FDA e il 21 Giugno 2013 dalla
EMA. Si denota che gli inibitori della PDE5 di vecchia generazione risultano ancora essere maggiormente
conosciuti e ricercati ma, il nuovo farmaco, l’Avanafil, è l’unico ad avere un trend in crescita.
Complessivamente, i termini sono più ricercati in Italia, Turchia e USA. Inoltre risulta evidente l’elevato
interesse all’acquisto online.
Conclusions
Gli inibitori della PDE5 di vecchia generazione risultano ancora essere maggiormente conosciuti e
ricercati ma, il nuovo farmaco, l’Avanafil, è l’unico ad avere un trend in crescita. Inoltre risulta evidente
l’elevato interesse all’acquisto online.
175
P 176
CORRELAZIONE FRA SPESSORE INTIMA-MEDIA DELL’ARTERIA CAVERNOSA E
RISPOSTA ALL’ALPROSTADIL INTRACAVERNOSO (ICI-TEST) IN CORSO DI
ECOCOLORDOPPLER PENIENO DINAMICO
V. Favilla, S. Privitera, G. Russo, T. Castelli, E. Fragalà, S. Cimino, G. Morgia (Catania)
Scopo del lavoro
Sebbene una scarsa risposta all’alprostadil intracavernoso (ICI-test) correli alla presenza di
ipogonadismo, sindrome metabolica e fattori di rischio cardiovascolare, poco indagata è la correlazione
fra spessore intima-media dell’arteria cavernosa e ICI-test. L’obiettivo del nostro studio è stato quello di
valutare, in pazienti affetti da deficit erettile (DE), se lo spessore intima-medio dell’arteria cavernosa
rappresenti un fattore predittivo di scarsa risposta all’ICI-test in corso di ecocolordoppler penieno
dinamico (ECD).
Materiali e metodi
Abbiamo valutato lo spessore intima–media dell’arteria cavenosa in 98 pazienti con DE, sottoposti ad
ECD previa somministrazione di 10 mcg di alprostadil. Sono stati esclusi dallo studio: soggetti
ipogonadici (n=14), sottoposti a chirurgia pelvica (n=52), radioterapia (n=10) o in trattamento ormonale
(n=5). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a valutazione clinica completa, assetto glico-metabolico,
valutazione ormonale, questionario IIEF-5. La risposta all’ICI-test è stata valutata mediante Erection
Hardness Score (EHS) con un punteggio compreso da 1 (= non risposta) a 4 (= erezione completa).
Risultati
L’età media dei pazienti era di 58 anni (range interquartile [IQR]: 53-65), il valore medio del testosterone
di 6.3 ng/ml (IQR: 3.5-8.2) e di IIEF-5 di 15 (IQR: 9-18). 44 pazienti (44.9%) presentavano una scarsa
risposta all’alprostadil (EHS ≤2). Lo spessore intima-media dell’arteria cavernosa mediano era di 0.45
mm (IQR: 0.4-0.5). La regressione lineare, aggiustata per età, BMI e parametri metabolici, ha dimostrato
che un basso IIEF-5 (r= -0.395; p=0.28), un elevato colesterolo totale (r= 0.43; p=0.003) e ridotti valori di
HDL (r= -0.15; p<0.05) erano associati con un maggiore spessore intima-media dell’a. cavernosa.
Nessuna correlazione statisticamente significativa è stata riscontrata tra lo spessore intima-media dell’a.
cavernosa e ICI-test. La circonferenza vita è risultata l’unico fattore predittivo di scarsa risposta
all’alprostadil (EHS ≤2) (OR= 1.06; p=0.02).
Discussione
I nostri risultati dimostrano che lo spessore intima-media dell’arteria cavernosa, sebbene correli alla
presenza di fattori di rischio glico-metabolici e severità del deficit erettile, non rappresenta un fattore
predittivo di scarsa risposta all’alprostadil intracavernoso.
Conclusioni
La misurazione di tale parametro non dovrebbe essere presa in considerazione in corso di ecocolordoppler
penieno dinamico
176
P 177
TAILORING DEL PAZIENTE CON DISFUNZIONE ERETTILE- LE CARATTERISTICHE
CLINICHE DI BASE SONO DI FONDAMENTALE IMPORTANZA PER PREDIRRE UN BUON
SUCCESSO TERAPEUTICO
G. La Croce, P. Capogrosso, E. Ventimiglia, A. Serino, L. Boeri, G. Castagna, A. Stabile, R. Scano, R.
Damiano, F. Montorsi, A. Salonia (Milano)
Scopo del lavoro
L’obiettivo dello studio era di trovare il farmaco più adatto per il primo approccio al paziente con
disfunzione erettile (DE) di nuova insorgenza.
Materiali e metodi
Sono stati analizzati dati complete degli ultimi 126 pazienti consecutive naïve per PDE5is. L’IIEF è stato
completato al baseline ed al follow-up minimo di 3 mesi. Per analizzare le potenziali differenze in termini
di successo terapeutico, i pazienti sono stati stratificati in tre differenti gruppi a seconda delle loro
caratteristiche cliniche di base: Gruppo 1 [età < 42 aa; IIEF-EF ≥26; Charlson Comorbidity Index
(CCI)=0]; Gruppo 2 (età 43-56 aa, o IIEF-EF 11-25, o CCI=1); Gruppo 3 (età ≥57 aa, o IIEF-EF ≤10, o
CCI>1). Modelli di regressione logistica sono stati utilizzati per testare l’associazione tra le caratteristiche
di vase dei pazienti e l’eventuale successo terapeutico valutato tramite i criteri di Yang.
Risultati
L’età media (SD) della coorte era di 45.5 (15.6) aa; range 21-80; terzili 42; 43-56; e, >56 aa.
Globalmente, sildenafil (100 mg), tadalafil (sia OaD che 20 mg prn), o vardenafil (10 mg ODT) sono stati
prescritti in 17 (13.5%), 69 (54.8%), e 40 (31.7%) pazienti, rispettivamente. Dopo 3 mesi, 76 (60.3%)
pazienti erano “responder”, 12 (9.5%) erano “partial-responder”, e 38 (30.2%) erano “non-responder” al
primo PDE5i prescritto, secondo i criteri di Yang. La percentuale dei “responder” non era differente tra i
diversi PDE5is. Settantasei (60.3%),12 (9.5%) e 38 (30.2%) pazienti appartenevano al Gruppo 1,2 e 3 a
seconda delle loro caratteristiche di base. Alla MVA solo il Gruppo 1 è risultato essere predittore
indipendente di risposta completa ai PDE5is (OR 0.5; p=0.03). Al contrario, nè il Gruppo 2 nè il Gruppo
3 delle caratteristiche cliniche di base sono risultate associate alla risposta completa ai PDE5is. Il tipo di
PDE5i non è risultato associato in modo indipendente al successo terapeutico.
Discussione
I PDE5is sono considerati la prima linea terapeutica per la DE di nuova insorgenza. Tuttavia tra il 30 ed il
40% di pazienti con DE di eziologia mista non ha una risposta significativa alla massima dose di PDE5i.
Numerosi studi hanno analizzato la preferenza del paziente tra le diverse molecole; tuttavia i dati di
comparazione d’efficacia tra i diversi PDE5is sono limitati, rendendo difficile per lo specialista la scelta
del miglior farmaco da prescrivere
Conclusioni
Questa analisi mostra che un terzo dei pazienti trattati con il primo PDE5i per DE di nuova insorgenza è
“non responder”. Migliori sono le caratteristiche cliniche di partenza, maggiore è la probabilità di risposta
completa, indipendentemente dal tipo di molecola prescritta.
177
P 178
RECUPERO DELLA FUNZIONALITà ERETTILE DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE
NERVE-SPARING PER CARCINOMA PROSTATICO: IL RITORNO ALLA FUNZIONALITà
PRE-OPERATORIA è SUFFICIENTE PER GARANTIRE LA COMPLETA SODDISFAZIONE
DEL PAZIENTE?
A. Larcher, M. Bianchi, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, P. Dell'Oglio, W. Cazzaniga, F. Dehò, V.
Mirone, F. Cantiello, R. Damiano, F. Dehò, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
Negli anni sono state proposte svariate definizioni sul recupero della funzione erettile (EF) dopo
prostatectomia radicale nerve-sparing (NSRP) basate sui risultati ottenuti tramite l’International Index of
ErectileFunction (IIEF). Questo studio valuta la soddisfazione del paziente dopo NSRP in base al
recupero di una EF identica a quella pre-operatoria
Materiali e metodi
Sono stati valutati 784 pazienti trattati con NSRP che hanno compilato il questionario IIEF sia nel pre-che
nel post-operatorio. La gravità della disfunzione erettile (ED) è stata classificata in base al risultato
ottenuto all’IIEF-EF: nessuna disfunzione(26-30), lieve(22-25), da lieve a moderata(17-21), moderata(1116), e severa(6-10).Il ritorno all’IIEF-EFbasale è stata definito come il ritorno alla stessa categoria di ED
pre-operatoria durante i primi 3 anni di follow-up dopo NSRP. I pazienti sono stati definiti come
soddisfatti se il loro punteggio nel dominio IIEF-soddisfazione generale è risultato pari a 9-10.Sono state
utilizzate analisi di regressione di Cox uni-e multivariate(MVA) per predire il ritorno ai valori basali di
IIEF-EF nel post-operatorio.Le covariate comprendevano età, BMI, comorbidità, uso di terapie adiuvanti,
nerve-sparing(unilaterale vs. bilaterale) e tecnica chirurgica. Le analisi sono state ripetute per predire la
soddisfazione del paziente sia nella popolazione generale, sia in coloro che abbiano raggiunto o meno il
valore basale di EF
Risultati
172(21.9%), 51(6.5%), 53(6.8%), 125(15.9%), e 383(48.9%) pazienti avevano un valore IIEF-EFpreoperatorio pari a 6-10, 11-16, 17-21, 22-25, e ≥26 rispettivamente. La soddisfazione generale nel preoperatorio è stata riscontrata in 251 pazienti(32.0%),mentre nel post-operatorio in 143(18.2%).445
(56.8%) pazienti sono riusciti a recuperare il valore IIEF-EF basale dopo NSRP.Tuttavia solo il 57.3% di
questi si è ritenuto soddisfatto.Alla MVA, gli unici fattori associati con il recupero dell’IIEF-EF basale
sono risultati l’essere stato sottoposto a NSRP bilaterale ed il non aver ricevuto alcuna terapia
adiuvante(p≤0.04).I pazienti che sono riusciti a ritornare al valore IIEF-EF basale sono risultati più
soddisfatti(p<0.001).Il tempo al ritorno all’IIEF-EF basale è risultato associato alla soddisfazione
generale (p<0.001).Solamente la presenza di un valore IIEF-EF basale di 22-25 e 26-30 è risultato
associato alla soddisfazione post-operatoria nei pazienti in grado di ritornare al valore pre-operatorio di
IIEF-EF dopo NSRP (all p<0.001).Inoltre, un tempo inferiore per il raggiungimento del massimo valore
IIEF-EF post-operatorio era associato alla soddisfazione del paziente(all p≤0.002)
Discussione
Dopo NSRP, il ritorno al punteggio IIEF-EF pre-operatorio non è sufficiente per ottenere la soddisfazione
del paziente.I pazienti con un valore IIEF-EF pre-operatorio ≥22 sono riusciti a ritornare al valore basale
e si sono considerati soddisfatti
Conclusioni
Tali risultati andrebbero tenuti in considerazione durante il counseling pre-operatorio dei pazienti
candidati a NSRP
178
P 179
TADALAFIL ASSUNTO UNA VOLTA AL GIORNO RIDUCE SIGNIFICATIVAMENTE LA
PERDITA DI LUNGHEZZA DEL PENE NEI PAZIENTI SOTTOPOSTI A PROSTATECTOMIA
RADICALE NERVE-SPARING (NSRP) BILATERALE: RISULTATI DI UNO STUDIO
CONTROLLATO RANDOMIZZATO
P. Hammerer, G. Brock, F. Montorsi, P. Costa, N. Shah, J. Martinez Jabaloyas, G. Ludovico, C.
Henneges, K. Hamidi, A. Rossi, H. Büttner, J. Mulhall (Braunschweig, Germania)
Scopo del lavoro
Si riportano i dati relativi alla lunghezza del pene non in erezione (SPL), provenienti da uno studio
multicentrico di valutazione dell’efficacia del trattamento con tadalafil (TAD) post-nsRP.
Materiali e metodi
Pazienti di età ≤68 anni con normale funzionalità erettile (FE) preoperatoria, sottoposti a intervento di
nsRP per tumore della prostata localizzato, sono stati randomizzati a ricevere, per un periodo di 9 mesi
successivo all’intervento, un trattamento in doppio cieco e “double dummy” (DBT) con TAD 5 mg una
volta al giorno (OaD), TAD 20 mg al bisogno (PRN) o placebo (PLC), seguito da 6 settimane di wash-out
senza farmaco (DFW) e 3 mesi di trattamento in aperto una volta al giorno (OLT). Le misure di outcome
secondario includevano la variazione della SPL dal basale (nsRP) al termine dei 9 mesi di DBT (analisi
della covarianza pre-specificata), le risposte alle domande 1 e 3 del questionario Sexual Encounter Profile
(SEP) e il questionario Standardized Morning Erection Question (SMEQ; test di Cochrane-MantelHaenszel).
Risultati
423 pazienti sono stati randomizzati a ricevere i trattamenti OaD (N=139), PRN (N=143) e PLC (N=141).
Una maggiore conservazione della SPL è stata osservata con il trattamento OaD rispetto a PLC al termine
del DBT (differenza media [IC 95%] di OaD vs PLC, 4,1 [0,4-7,8] mm, p=0,032). Non è stata osservata
alcuna differenza media significativa (p >0,05) per PRN vs PLC. La tumescenza peniena (SEP 1), quale
segno iniziale di recupero della FE, era significativamente migliore rispetto al PLC al termine di DBT e al
termine di OLT solo per i pazienti randomizzati al trattamento OaD. Anche la capacità di avere rapporti
sessuali (SEP 3) è migliorata in modo significativo per i pazienti in trattamento OaD rispetto al placebo al
termine del DBT.
Discussione
La distribuzione delle risposte al questionario SMEQ è risultata diversa al termine di DBT (p=0,045), con
il 34,2% dei pazienti OaD, il 50,0% dei pazienti PRN e il 56,5% dei pazienti PLC che hanno riferito
l’assenza delle erezioni mattutine. Al termine del periodo DFW, le risposte SEP di OaD e PLC non erano
significativamente diverse dal punto di vista statistico.
Conclusioni
Un avviamento tempestivo del trattamento con TAD OaD può evitare la perdita di lunghezza del pene e
contribuire alla protezione dalle modifiche strutturali dei corpi cavernosi successive a un intervento di
nsRP.
179
P 180
LA CRIOTERAPIA PERCUTANEA NEL TUMORE DEL RENE: VALUTAZIONE
DELL’EFFICACIA DEL TRATTAMENTO MEDIANTE ECOGRAFIA CON MDC ( CEUS )
S. Ciciliato, S. Siracusano, M. Bertolotto, F. Cacciato, M. Cazzagon, T. Silvestri, L. Toffoli, F. Visalli, F.
Stacul (Trieste)
Scopo del lavoro
Valutare l'accuratezza diagnostica dell’ecografia con mdc (CEUS) nella diagnosi precoce del residuo
tumorale dopo crioablazione.
Materiali e metodi
Sono stati valutati 26 pazienti per complessivi 31 tumori del rene (20 uomini, 6 donne) con età media di
69 anni (intervallo 52-81 anni) sottoposti a crioablazione percutanea nel periodo compreso tra agosto
2011 e luglio 2013. Tutte le neoplasie sono state trattate con crioablazione TC guidata. I pazienti hanno
eseguito il CEUS prima del trattamento, 1 giorno dopo la crioablazione (follow-up precoce), 1 mese dopo
e 3 mesi dopo il trattamento. Coloro che presentavano persistenza della lesione vascolarizzata al followup precoce con il CEUS sono stati sottoposti a ulteriore controllo CEUS ad 1 mese e a 3 mesi dopo la
crioablazione. Il follow-up ha previsto in tutti i casi l’esecuzione di una RMN/TC ogni 6 mesi dopo la
procedura di crioablazione per i primi due anni e successivamente una volta all’anno per i primi 5 anni.
Risultati
La dimensione media del tumore era 19.7 mm (intervallo 6-37 mm). 1 paziente non ha eseguito il
followup. 25 pazienti con 30 tumori renali sono stati seguiti per almeno 6 mesi e tutti sono stati sottoposti
al controllo mediante CEUS. 21 pazienti hanno eseguito l’RMN e 4 con controindicazione ad eseguire
RMN sono stati sottoposti a TC. Il followup medio è stato di 15 mesi (intervallo 6-24 mesi). La CEUS
eseguita 1 giorno dopo la crioablazione ha documentato l’assenza di lesioni vascolarizzate residue in
24/30 casi. Minimo e lieve enhancement perilesionale è stato riscontrato in 4 casi con progressiva
scomparsa durante il follow-up. In 1 caso di tumore cistico di IV tipo erano visibili 2 vegetazioni
intralesionali (rispettivamente di 1 e 2 cm) che presentavano ancora vascolarizzazione residua al controllo
CEUS precoce e persistenza di questo durante il successivo followup e pertanto in questo caso sono stati
classificati come persistenza di malattia. Infine 2 lesioni presentavano vascolarizzazione residua al
controllo CEUS precoce, ma la CEUS ripetuta a distanza di 1 settimana e di 1 mese dopo il trattamento ha
dimostrato la loro progressiva devascolarizzazione.
Discussione
E’ necessario prestare attenzione nell’interpretazione della persistenza di vascolarizzazione nel follow-up
precoce con CEUS. In questo contesto il CEUS ha permesso di differenziare il successo immediato
dell’ablazione dall’eventualità di un successo più tardivo o dalla persistenza della malattia
Conclusioni
Il CEUS può considerarsi un’affidabile metodica di complemento alla TC e RNM per la diagnosi precoce
di una persistenza di malattia dopo crioablazione.
180
P 181
TRATTAMENTO CRIOABLATIVO PERCUTANEO VS LAPAROSCOPICO NEL
MANAGEMENT DELLE MASSE RENALI T1: UNO STUDIO ITALIANO MULTICENTRICO
B. de Concilio, C. Cicero, A. Casarin, G. Zeccolini, S. Siracusano, M. Bertolotto, F. Visalli, F. Laganà, A.
Pinzani, P. Pellegrini, L. Balestrieri, M. Urbani, G. Carbognin, G. Casarrubea, R. Vezzaro, D. Barbisan,
M. Ciaccia, F. Merlo, G. Artuso, F. Zattoni, A. Celia (Bassano del Grappa)
Scopo del lavoro
Scopo del nostro studio è la valutazione a breve e medio termine dell’autcome oncologico della LCA
(crioablazione laparoscopica) e PCA (crioablazione percutanea) nei tumori renali (cT1)
Materiali e metodi
Nel nostro studio prospettico multicentrico sono stati reclutati 158 pazienti: 22 sottoposti a LCA e 136 a
PCA. Abbiamo utilizzato il PADUA Score per la classificazione preoperatoria delle masse renali. Il
follow-up è stato eseguito con imaging (CT, MRI o CEUS), dosaggio della creatinina sierica ed eGFR. La
recurrence-free survival (RFS) è stata definita come assenza di recidiva locale al follow-up radiologico.
Risultati
Il follow-up medio è stato di 27.7 (±21.6) mesi per la LCA e di 13.2 (±11.8) per la PCA. La RFS non ha
dimostrato sostanziali differenze tra i 2 gruppi (90% a 24 mesi per la LCA e 86% per la PCA). 8 pazienti
hanno sviluppato una recidiva locale senza differenza statisticamente significativa tra i 2 gruppi. Il
treatment success rate è del 90% (follow up medio di 28 mesi) per la LCA e del 95% per la PCA (followup medio di 13 mesi). Delle 133 biopsie eseguite, l’86% nella LCA e il 75% nella PCA hanno dimostrato
caratteristiche di malignità. Il tasso di complicanze postoperatorie (Clavien-Dindo >1) è di 13.6% per la
LCA e di 2.2% pr la PCA e nessun trattamento ha richiesto una conversione open. Soltanto 1 paziente nel
gruppo della PCA ha richiesto un reintervento eseguito con embolizzazione selettiva. Entrambi i gruppi
hanno una creatininemia postoperatoria comparabile e l’eGFR è rimasto stabile. In accordo con l'AKI
Score soltanto il 5% dei pazienti ha sviluppato una compromissione acuta e transitoria della funzionalità
reanle (AKI Stage 1). All’analisi univariata e multivariata i predittori di Recurrence Disease includono un
PADUA Score ≥ 8 (HR = 9.99) e una ASA risk ≥ 4 (HR = 11.23). I limiti del nostro studio includono un
breve follow-up ed un outcomes oncologico basato esclusivamente sull’imaging
Discussione
Sia la PCA che la LCA si sono sono dimostrate valide alternative nei pazienti affetti da neoplasia renale
(cT1) dimostrando un outcome oncologico similare. La RFS stimata a 24 mesi è approssimativamente
dell’86% per entrambi. I pazienti sottoposti a PCA hanno avuto un tempo di ospedalizzazione
significativamente minore rispetto al gruppo della LCA verosimilmente dovuto a minori problemi
anestesiologici e ad una minima incisione cutanea. La percentuale di complicanze è risultata minore nel
trattamento percutaneo (2.2% vs 13.6%). Infine la preservazione della funzionalià renale in entrambi in
gruppi permette di considerarli sicuri in quei pazienti ad elevato rischio di sviluppare un’IRC
Conclusioni
Abbiamo evidenziato come la PCA, nonostante un minor follow-up, se comparato alla LCA sia una
tecnica sicura e una valida alternativa per la gestione dei tumori renali (cT1) in quei pazienti che non sono
candidabili ad una chirurgia convenzionale mantenendo sia un ottimo outcome oncologico che un
accettabile tasso di complicanze
181
P 182
LA NEFRECTOMIA PARZIALE MINIINVASIVA E LA CRIOABLAZIONE
LAPAROSCOPICA NEL TRATTAMENTO DELLE NEOPLASIE RENALI PRIMITIVE DI
PICCOLE DIMENSIONI
N. Buffi, G. Fiorini, G. Lughezzani, P. Casale, R. Hurle, M. Seveso, G. Taverna, G. Giusti, A. Benetti, L.
Pasini, R. Peschechera, S. Zandegiacomo, L. Castaldo, M. Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)
Scopo del lavoro
La nefrectomia parziale mini-invasiva (MIPN) e la crioablazione laparoscopica renale (LRC) sono
tecniche sempre più usate nel trattamento delle piccole neoplasie renali. Scopo di questo lavoro è
paragonarne i risultati perioperatori, oncologici e funzionali
Materiali e metodi
Abbiamo arruolato consecutivamente 372 pazienti con diagnosi di neoplasia primitiva renale di piccole
dimensioni, trattata con MIPN o LRC in un singolo Centro. Modelli di regressione statistica sono stati
usati per valutare l’impatto del trattamento scelto (MIPN vs LRC) sui risultati perioperatori. I dati sono
stati corretti per età alla chirurgia, ASA score (1 vs. 2 vs. 3) e dimensioni della massa renale, aggiungendo
l’eGFR preoperatorio come covariata, laddove la variabile dipendente era il eGFR postoperatorio
Risultati
206 pazienti (55%) sono stati sottoposti a MIPN, mentre 166 (45%) sono stati trattati con LRC.
All’analisi multivariata, il tasso di complicanze postoperatorio è risultato significativamente minore per la
MIPN che per la LRC (20% vs 28%; adjusted difference: -1%; p=0.02). La regressione di Cox non ha
dimostrato una significativa associazione di ciascuno dei trattamenti con la sopravvivenza libera da
malattia (Hazard ratio: 1.06; 95% CI: 0.45, 2.52; p=0.9) che, a 5 anni dal trattamento, è risultata del 92%
nei pazienti sottoposti a MIPN e del 93% in quelli sottoposti a LRC. All’analisi multivariata (regressione
lineare), la LRC, rispetto alla MIPN, è risultata associata significativamente con un più alto eGFR a 6
mesi (Coefficient: 4.68; 95% CI: 0.06, 9.30; p=0.047). Nessuna associazione è stata invece trovata fra
tipo di trattamento e eGFR a 3 anni dalla chirurgia (Coefficient: -2.36; 95% CI: 7.55, 2.83; p=0.4)
Discussione
La nefrectomia parziale mini-invasiva (MIPN) e la crioablazione laparoscopica renale (LRC) sono
tecniche sempre più usate nel trattamento delle piccole neoplasie renali
Conclusioni
MIPN e LRC garantiscono un adeguato controllo di malattia oltre che una funzione renale comparabile al
follow-up a medio termine. Entrambe le tecniche possono essere quindi adoperate con sicurezza nel
trattamento delle piccole masse renali
182
P 183
LA MINILAPAROSCOPIA NELLA CHIRURGIA RENALE E SURRENALE: STUDIO
MULTICENTRICO PROSPETTIVO.
P. Castellan, F. Pisano, J. Álvarez Ossorio, J. Amón Sesmero , J. Bellido, E. Ramos, D. Rengifo, J. Peña,
J. Palou, A. Breda (Barcelona, Spain)
Scopo del lavoro
La Mini-laparoscopica (ML) è una tecnica che ha dimostrato ottimi risultati estetici pur mantenendo la
sicurezza di un approccio laparoscopico standard. Scopo dello studio è determinare il ruolo della ML
nella chirurgia renale e surrenale in una serie multicentrica prospettica contemporanea, identificando i
fattori predittivi per le complicanze.
Materiali e metodi
Da luglio 2013 a dicembre 2014, 110 pazienti, provenienti da 6 centri spagnoli, sono stati arruolati nello
studio di ML in chirurgia renale e surrenale. E’ stato utilizzato un database comune e i dati sono stati
raccolti in modo prospettico. E’ stato definito come approccio standard l’utilizzo di 3/4 trocars da 3 mm,
con un ottica e strumenti da 3 mm (Karl Storz® Tuttlingen, Germany). E’ stato utilizzato un ulteriore
trocar da 10-12 mm per poter inserire strumenti più grandi, così come per il mantenimento di un buon
pneumoperitoneo. Abbiamo valutato come end point primario l’incidenza delle complicanze. Inoltre, i
pazienti sono stati invitati a compilare questionari con scala analogica visiva per il dolore (VAS-P) e per
la soddisfazione del risultato estetico (PSAQ).
Risultati
I pazienti presentavano età media di 58 ± 14 anni, con un indice di massa corporea medio (BMI) di 25,3 ±
3,6 kg/m2. Il punteggio medio ASA era II e il 32% (n=35) dei pazienti ha avuto un precedente intervento
chirurgico. Sono state eseguite complessivamente 59 nefrectomie, 20 nefrectomie parziali, 9
nenefroureterectomie, 13 pieloplastiche, 3 pielolitotomie e 6 adrenalectomie. Undici (10%) procedure
hanno richiesto l’aggiunta di un’ulteriore porta da 5-10 mm; un caso (0,9%) è stato convertito a 5 mm e
un altro caso (0,9%) a chirurgia aperta. Il tempo operatorio medio complessivo è stato di 180 ± 64 min.
Su 20 nefrectomie parziali un solo paziente ha presentato margini positivi (5%), con diagnosi istologica
finale di oncocitoma. Dodici parziali renali sono state clampless e 8 con tempo medio di ischemia di
14±7min. L’incidenza delle complicanze intra e post operatorie è stata rispettivamente del 5% e dell'8%
(Clavien II-IV). La degenza media è stata di 5±2,3 giorni. I punteggi bassi dei questionari VAS-P e PSAQ
hanno riportato soddisfazione nel controllo del dolore e ottimi risultati estetici. Età, BMI, il punteggio
ASA, dimensioni del tumore e il tipo di intervento chirurgico non sono risultati fattori predittivi di
complicanze.
Discussione
Questo studio rappresenta la più ampia serie di chirurgia ML renale e surrenale attualmente analizzata.
Nello scenario della chirugia mininvasiva, grazie ai continui miglioramenti nello strumentario
laparoscopico, la ML si sta rivelando sempre più una procedura in grado di garantire ottimi risultati
estetici, basso tasso di complicanze e tempi di degenza brevi.
Conclusioni
Nonostante un tempo operatorio mediamente più lungo che nella laparoscopia standard, i risultati clinici e
la sicurezza della procedura non risultano compromessi. Si confermano gli ottimi risultati della ML nel
controllo del dolore e nei risultati estetici.
183
P 184
LA PRESENZA DI UNA MASSA RENALE PUò DETERMINARE ASIMMETRIE DEL
CONTRIBUTO FUNZIONALE DEGLI EMUNTORI?
C. Fiori, D. Amparore, R. Bertolo, G. Cattaneo, E. Checcucci, F. Porpiglia (Orbassano)
Scopo del lavoro
Scopo dello studio è valutare se la presenza e le caratteristiche di crescita della neoformazione renale
siano correlate ad asimmetrie del contributo funzionale degli emuntori.
Materiali e metodi
Abbiamo rivisto retrospettivamente il nostro database (mantenuto prospetticamente) relativo alla
chirurgia conservativa renale ed estratto i dati di pazienti sottoposti a nefrectomia parziale laparoscopica
(LPN) o robotica (RAPN) dal 11/2011 al 3/2015 e sottoposti preoperatoriamente a scintigrafia renale
sequenziale per la valutazione di split renal function (SRF) ed effective renal plasma flow (eRPF) del rene
sano ed affetto da neoplasia, separatamente. Per gli scopi di questo studio sono stati esclusi i pazienti
monorene, con lesioni multiple e con IRC di grado moderato-grave (eGFR <60 ml/min*1.73m2). Sono
state quindi riviste le caratteristiche della neoplasia potenzialmente in grado di modificare la ripartizione
funzionale globale dei due emuntori, ovvero stadio clinico e pattern di crescita. Analisi dei dati. E’ stata
dapprima confrontata la funzionalità renale dei reni affetti da neoplasia con quella dei reni controlaterali. I
dati funzionali dei pazienti (rene sano vs rene con neoplasia) sono stati successivamente stratificati per
gruppi in base a stadio clinico (cT1 a vs cT1b) e pattern di crescita (>50 % esofitico vs <50% o
totalmente endofitico). L’analisi è stata condotta mediante t test di Student e test di Kruskal Wallis. I
valori d significatività sono stati fissati per p<0.05.
Risultati
171 pazienti sono stati inclusi nello studio., il diametro medio delle lesioni misurato mediante TC è
risultato pari a 37.3+18.4 cm, 71/171 lesioni erano in stadio > T1a e 101/171 masse presentavano pattern
di crescita prevalentemente endofitico. Confrontando i parametri scintigrafici della casistica considerati
complessivamente, la SRF è risultata pari a 50.3+6.9% e 49.7+6.9%, mentre l’eRPF pari a 174.7+53.3
ml/min e 171.9+40.2 ml/min nel rene sano ed affetto rispettivamente, senza evidenza di differenze
statisticamente significative (p=0.4 e p=0.6). All’analisi eseguita su dati stratificati in sottogruppi, la sola
SRF dell’emuntore con neoplasia in stadio > T1a è risultata significativamente inferiore rispetto alla SRF
del rene controlaterale (48.8+6.7% vs 51.1+6.7% rispettivamente, p=0.05).
Discussione
La neoplasia renale passibile di trattamento conservativo non sembra influenzare in modo significativo la
simmetria del contributo funzionale degli emuntori. Questo equilibrio sembra essere alterato dalle sole
lesioni >4cm.
Conclusioni
I dati ricavati dalla nostra esperienza suggeriscono che la piccola massa renale, indipendentemente dal
suo pattern di crescita, non altera la funzione renale globale che rimane equamente distribuita tra i due
emuntori.
184
P 185
LA NEFRECTOMIA PARZIALE NEL TRATTAMENTO DI MASSE RENALI T1B CLINICHE
(>4 CM): STUDIO MULTICENTRICO COMPARATIVO TRA APPROCCIO OPEN,
LAPAROSCOPICO E ROBOT-ASSISITITO. (STUDIO RECORD)
S. Serni, A. Mari, R. Bertolo, A. Antonelli, G. Bianchi, F. Fidanza, C. Fiori, M. Furlan, I. Gianassi, G.
Morgia, G. Novara, F. Porpiglia, B. Rocco, B. Rovereto, F. Sessa, C. Simeone, A. Volpe, M. Carini, A.
Minervini (Firenze)
Scopo del lavoro
Lo scopo dello studio è confrontare i risultati perioperatori di pazienti sottoposti a nefrectomia parziale
open (OPN), laparoscopica (LPN) e robotica (RAPN) in masse renali cT1b e valutare in questa classe di
pazienti i fattori predittivi del raggiungimento del Trifecta.
Materiali e metodi
Sono stati selezionati dallo studio prospettico multicentrico italiano RECORd, i dati di 285 pazienti con
masse renali cT1b, sottoposti a OPN (n=133), LPN (n=57) o RAPN (n=95). I centri sono stati suddivisi in
basso ed alto volume in base alla soglia di 50 interventi per anno. Sono state effettuate un’analisi
descrittiva, comparativa tra approcci chirurgici ed una multivariata per identificare i fattori predittivi del
raggiungimento del Trifecta.
Risultati
I tre gruppi sono risultati comparabili per BMI, emoglobina, creatinina ed eGFR preoperatorio, diametro
clinico e pattern di crescita tumorale. I pazienti con ECOG score ≥1 erano maggiormente rappresentati
nel gruppo OPN (30,8%), rispetto al gruppo LPN (24,6%) (p=0,38) e a quello RAPN (11,6%) (p=0,04).
Le procedure LPN e RAPN sono state effettuate più frequentemente in centri ad alto volume
(rispettivamente nel 93% e 100% dei casi). Le procedure RAPN hanno mostrato perdite ematiche
intraoperatorie mediane significativamente minori (150; IQR: 100-200 cc) rispetto alle OPN (200; 100300; p=0,01) e alle LPN (200; 100-200; p=0,04). Il Trifecta è stato raggiunto, rispettivamente, nel 62,4%,
63,2% e 69,5% delle OPN, LPN e RAPN (p=NS). Le procedure senza clampaggio sono risultate più
numerose nelle LPN (33,3%) rispetto alle OPN (19,5%; p=0,04) e alle RAPN (13,7%; p=0,004). Il tempo
d’ischemia mediano è risultato significativamente più corto nelle OPN (16, IQR: 14-20 min) rispetto alle
LPN (24, 20-29; p<0,0001) e alle RAPN (18, 15-24; p=0,004). Il tempo d’ischemia delle RAPN era
significativamente minore di quello delle LPN (p<0,0001). Le RAPN rispetto alle OPN presentavano un
tasso minore di complicanze intraoperatorie (1,1% e 6,0% rispettivamente; p=0,05) e postoperatorie
(rispettivamente 2,1% e 12,8% per le complicanze mediche (p=0,04), ed 8,4% e 17,3% per le chirurgiche
(p=0,04)). I margini positivi delle LPN (1,9%) e RAPN (2,5%) hanno mostrato un tasso di margini
chirurgici positivi più basso rispetto alle OPN (6,8%) (p=NS). All’analisi multivariata, il pattern di
crescita esofitico (OR1,80; CI1,04-3,12; p=0,03), i centri ad alto volume (OR1,96; CI0,94-4,07; p0,001) e
le basse perdite ematiche intraoperatorie (OR0,99; CI0,98-0,99; p=0,001), sono risultati fattori predittivi
significativi per il raggiungimento del Trifecta.
Discussione
La chirurgia conservativa renale risulta una procedura sicura per il trattamento delle masse renali T1b
cliniche. La RAPN risulta una procedura con tempi d’ischemia e perdite ematiche significativamente
minori ed un maggior raggiungimento del Trifecta rispetto alla LPN.
Conclusioni
I tumori renali T1b clinici e sottoponibili a chirurgia conservativa renale possono essere trattati attraverso
procedura LPN o RAPN in centri ad alto volume.
185
P 186
ENUCLEAZIONE SEMPLICE PER IL TRATTAMENTO DI TUMORI RENALI AD ALTA
COMPLESSITà CHIRURGICA: RISULTATI PERIOPERATORI, ONCOLOGICI E
FUNZIONALI.
G. Vittori, R. Campi, A. Mari, J. Frizzi, T. Jaeger, A. Chindemi, R. Fantechi, A. Cocci, A. Lapini, M.
Gacci, S. Serni, A. Minervini, M. Carini (Firenze)
Scopo del lavoro
La chirurgia conservativa renale (CCR) è il gold standard per il trattamento dei tumori renali cT1a e, se
tecnicamente fattibile, cT1b. Nonostante le attuali evidenze ne supportino l’utilizzo anche in caso di
tumori renali complessi, non esistono dati definitivi sugli outcomes oncologici e funzionali a medio-lungo
termine. Lo scopo dello studio è analizzare i risultati perioperatori e gli outcomes oncologici e funzionali
a lungo termine dell’enucleazione semplice (ES) per tumori renali altamente complessi in un centro ad
alto volume.
Materiali e metodi
I dati di 510 pazienti trattati con ES tra luglio 2006 e agosto 2013 sono stati raccolti in modo prospettico e
analizzati retrospettivamente per selezionare i pazienti con tumori renali ad alta complessità chirurgica
(PADUA score 10-13, Figura 1). Lo stato di sopravvivenza e gli outcomes funzionali sono stati raccolti al
follow-up. La probabilità di sopravvivenza è stata stimata con il metodo di Kaplan-Meier.
Risultati
96 pazienti sono stati inclusi nello studio. Di questi, 76 (79%) sono stati trattati con approccio open e 20
(21%) con approccio robotico. Il diametro tumorale mediano è stato di 4,8 cm (IQR 3-10). Il PADUA
score è risultato 10, 11, 12 e 13 rispettivamente nel 57%,29%,12% e 2% dei tumori. Il 20% dei pazienti
era affetto da insufficienza renale cronica di stadio ≥3 prima dell’intervento. Il clampaggio del peduncolo
renale è stato effettuato nel 99% dei pazienti, con un tempo di ischemia calda media di 19,2 ± 5,7 minuti.
Il tempo operatorio medio è stato di 126 minuti, la perdita ematica stimata media di 200 cc e la durata
media di ospedalizzazione di 6 giorni. Complicanze postoperatorie sono state registrate nel 26% dei
pazienti (2 % Clavien 1, 15 % Clavien 2, 8 % Clavien 3 e 1% Clavien 4). In 3 casi (3,6%) i margini
chirurgici sono risultati positivi. Il Trifecta è stato raggiunto nel 56% dei pazienti. Il follow up medio è
stato di 54±26 mesi (range 14-96). I tassi di sopravvivenza cancro-specifica, libera da recidiva e globale a
5 anni sono stati rispettivamente 96%, 91% e 88%. La VFG stimata mediana (IQR) preoperatoria, al 3°
giorno postoperatorio, a un mese post-operatorio e al follow-up è risultata rispettivamente 79 (64-97), 68
(51-82), 76 (56-88), and 66 (50-81) ml/min/1,73m2 (Figure 2).
Discussione
Il nostro studio ha dimostrato che la tecnica di ES ottiene, anche per tumori renali ad alta complessità
chirurgica, risultati perioperatori, oncologici e funzionali ottimali a lungo termine. Sviluppando il piano di
clivaggio anatomico naturale tra pseudocapsula peritumorale e parenchima sano, l’ES permette di
ottenere la massima preservazione del parenchima renale garantendo efficacia oncologica e basso rischio
di complicanze chirurgiche.
Conclusioni
Gli ottimi risultati a lungo termine suggeriscono che l’ES, eseguita con approccio sia open che robotico,
rappresenta una tecnica sicura e efficace per il trattamento di tumori renali altamente complessi,
allargando le indicazioni della CCR in accordo alle più recenti linee guida europee.
186
P 187
L’EFFETTO DELLA NEPHRON SPARING SURGERY NEL RITARDARE LA COMPARSA DI
INSUFFICIENZA RENALE TERMINALE POST CHIRURGICA
U. Capitanio, C. Terrone, A. Antonelli, A. Minervini, F. Porpiglia, A. Volpe, F. Deho', M. Furlan, A.
Briganti, S. Serni, C. Simeone, F. Montorsi, R. Bertini (milano)
Scopo del lavoro
Obiettivo dello studio è di stabilire la prevalenza e i predittori di insufficienza renale terminale (IRT) post
chirurgica (nefrectomia radicale vs nephron sparing surgery), tenendo conto delle caratteristiche cliniche,
delle comorbidità e del rischio cardiovascolare di ciascun paziente.
Materiali e metodi
Studio multi-instituzionale condotto tra cinque centri di riferimento terziario comprendente 2029 pazienti
con una massa renale classificabile come T1a-T1b. I pazienti sono stati sottoposti a nefrectomia radicale
(RN, n=693, 34.2%) o a nephron sparing surgery (NSS, n=1336, 65.8%); tutti i pazienti avevano un tasso
presunto di filtrazione glomerulare (eGFR) preoperatorio nella norma (definito come
eGFR≥60ml/min/1.73m2 preoperatorio). Modelli di regressione univariata e multivariata secondo Cox
sono stati utilizzati per predire il rischio di IRT (definito come eGFR<15ml/min/1.73m2 postoperatorio).
Il modello, per tener conto delle differenze cliniche presenti tra i vari pazienti, include come covariate
l’età, il eGFR preoperaotrio, le dimensioni del tumore valutate preoperatoriamente, la presenza di
ipertensione arteriosa (classificata come assente vs presente vs controllata dalla terapia medica) e diabete,
il Charlson Comorbidity Index (CCI) basale, il BMI, e il fatto che i pazienti fossero o meno fumatori.
Risultati
Il eGFR mediano riscontrato è stato di 90ml/min/1.73m2 (IQR 79-99). La mediana di età e dimensione
del tumore era rispettivamente di 61 anni (IQR 52-69) e 3.5 cm (IQR 2.5-5). Complessivamente, il 10.0%
vs. 18.2% vs. 21.3% dei pazienti aveva una diagnosi di diabete, ipertensione non controllata e controllata
dalla terapia medica. Il tasso di IRT post chirurgica riscontrato a 5, 10, e 15 anni è stato rispettivamente
del 1.6%, 2.6% e 2.6% per le NSS e del 2.1%, 2.7% e 5.1% per quanto riguarda le RN (p=0.5). All’analisi
multivariata, dopo aver tenuto conto dei parametri sopra elencati, i pazienti con ipertensione non
controllata dalla terapia medica (HR 4.2, p=0.02) e coloro con più di due comorbidità (HR 8.5, p=0.009)
hanno dimostrato un rischio significativamente più alto di sviluppare IRT. I pazienti sottoposti a NSS
sembrano avere lo stesso rischio di sviluppare IRT rispetto a coloro sottoposti a RN (HR 1.04, p=0.9).
Tuttavia, l’intervallo di tempo mediano tra l’intervento e lo sviluppo di IRT era significativamente più
alto nei pazienti trattati con NSS rispetto a coloro sottoposti a RN (85 vs. 43 mesi, p-value bootstrapped
=0.04).
Discussione
In una recente subanalisi di 514 pazienti inclusi nel trial randomizzato dell’EORTC 30904, l’incidenza di
IRT era praticamente la stessa tra pazienti trattati con NSS o RN. In modo simile, nella nostra casistica
circa il 2% dei pazienti con un eGFR preoperatorio nella norma svilupperà IRT, con una apparente
assenza di differenza tra NSS e RN.
Conclusioni
La NSS ha dimostrato un effetto significativo nel ritardare lo sviluppo di IRT rispetto alla RN.
187
P 188
VALUTAZIONE DEGLI OUTCOMES FUNZIONALI DOPO NEFRECTOMIA PARZIALE
LAPAROSCOPICA: CONFRONTO TRA TECNICA CLAMPLESS E CLAMPAGGIO
DELL’ARTERIA RENALE MEDIANTE SCINTIGRAFIA RENALE SEQUENZIALE
C. Fiori, R. Bertolo, D. Amparore, G. Cattaneo, G. Ottaviano, I. Morra, F. Porpiglia (Orbassano)
Scopo del lavoro
Esaminare, con l’ausilio della scintigrafia renale dinamica, le differenze in termini di funzione renale
postoperatoria tra nefrectomie parziali laparoscopiche eseguite con tecnica clampless (cl-NPL) e con
clampaggio standard dell’arteria renale (st-NPL). Obiettivo secondario è stato quello di identificare quali
fattori potessero essere predittori di peggiori outcomes funzionali postoperatori dopo cl-NPL.
Materiali e metodi
Tra il 12/11 e il 12/14 sono stati arruolati in questo studio 185 pazienti con diagnosi di massa renale
candidabili a NPL. Tutti sono stati sottoposti a studio della funzione renale basale, mediante valutazione
dei livelli di creatinina, eGFR, e di parametri scintigrafici quali split renal function (SRF) e ERPF
(estimated renal plasma flow), escludendo i casi di monorene. I 172 pazienti rimanenti sono dunque stati
suddivisi in due gruppi in base al tipo di procedura effettuata: il gruppo A, con 86 pazienti sottoposti a stNPL, ed il Gruppo B, con 86 pazienti sottoposti a cl-NPL. Sono state valutate per ogni gruppo le variabili
demografiche, perioperatorie e patologiche. La valutazione funzionale è stata completata, oltre che con il
dosaggio di creatinina sierica ed eGFR, con i parametri scintigrafici (SRF e ERPF) a 3 mesi dalla
procedura, per determinare la percentuale di perdita di funzione selettiva del rene operato. È stata dunque
effettuata un’analisi multivariata sul gruppo B, per valutare se e quali fattori, ad esclusione del danno da
ischemia, potessero influenzare l’outcome funzionale postoperatorio.
Risultati
Non sono state individuate differenze significative tra gruppo A e B per tutte le variabili considerate, ad
eccezione del tempo di ischemia calda, pari a 19.6+7.3 min nel Gruppo A e a 0 min nel B (p< 0.001) e
delle perdite ematiche (214.7+221.7 e 252.3+224.3 ml nei gruppi A e B rispettivamente, p=0.01). La
percentuale di riduzione di funzione del rene operato, valutata alla scintigrafia, non è risultata
significativamente differente tra i due gruppi, con riduzioni del 6.4+1.1% e del 9.2+1.3% per la SRF
(p=0.236) e del 11.3+22.6% e 21.4+17.6% per l’ERPF (p=0.081), rispettivamente nel gruppo B e nel
Gruppo A. L’analisi multivariata nel gruppo B ha evidenziato che bassi valori di SRF ed ERPF si
correlano con peggiori risultati funzionali postoperatori.
Discussione
Dall’analisi emerge come non vi sia differenza in termini di perdita di funzione renale postoperatoria tra
cl-NPL e st-NPL, soprattutto se vengono mantenuti tempi di ischemia < 25 min. Tra i fattori che
influenzano i risultati funzionali postoperatori, eliminando il fattore ischemia, emerge la scarsa funzione
renale basale: va pertanto tenuta in considerazione nella scelta del tipo di approccio chirurgico da
utilizzare.
Conclusioni
La funzione renale in esiti di NPL risente di valori basali ridotti e di tempi di ischemia prolungati. La
valutazione preoperatoria dei parametri funzionali permette pertanto di scegliere il tipo di intervento più
adatto al singolo caso.
188
P 189
IL NUOVO INSUFFLATORE AIRSEAL (SURGIQUEST). VALUTAZIONE DI EFFICACIA E
SICUREZZA RISPETTO ALL’INSUFFLATORE STANDARD IN 100 NEFRECTOMIE
PARZIALI CONSECUTIVE.
L. Topazio, D. Autieri, S. Khorrami, V. Giommoni, T. Verdacchi, M. De Angelis, F. Annino (Roma)
Scopo del lavoro
L’AirSeal® (SurgiQuest) è un sistema di accesso integrato per chirurgia robotica e laparoscopica, che
mediante l’utilizzo di un trocar valveless è in grado di creare una pressione di insufflazione. Questo
device risponde immediatamente anche al minino cambio di pressione intra-addominale ed è in grado di
mantenere uno pneumoperitoneo stabile con aspirazione costante. Questo è uno studio comparativo,
prospettico non randomizzato teso a valutare la sicurezza e l’efficacia del sistema AirSeal (SurgiQuest)
rispetto al sistema di insufflazione classico durante l’intervento di nefrectomia parziale robotica (daVinci
SI) in condizione di pneumoperitoneo stabile a 12 mmHg.
Materiali e metodi
Questo studio rappresenta l’estensione di un precedente lavoro pilota eseguito su un campione esiguo di
interventi. Due coorti di pazienti consecutive [Gruppo A = 50 pazienti sottoposti a nefrectomia parziale
robotica con insufflatore standard; Gruppo B = 50 pazienti operati con AirSeal] sono state
prospettivamente incluse nello studio tra Ottobre 2012 e Aprile 2015 e valutati per tempo di warm
ischemia, durata globale dell’intervento, perdite di sangue e sviluppo di Insufficienza Renale Acuta postoperatoria. Il t-test è stato usato per l’analisi statistica dei dati ottenuti.
Risultati
I due gruppi di pazienti (come valutabile nella Tabella 1) erano paragonabili per quanto riguarda
caratteristiche epidemiologiche, punteggio R.E.N.A.L., comorbidità e TNM. Le differenze tra i due
gruppi per quanto riguarda il tempo operatorio (p=0,01) ed il tempo di warm ischemia (p< 0,001) sono
risultate statisticamente significative a favore del gruppo AirSeal mentre l’incidenza di Insufficienza
Renale Acuta post-operatoria (p=0.76) e le perdite di sangue (p=0.186) sono risultate minori nel gruppo
Airseal anche se la differenza non assume significatività statistica (Tabella 1).
Discussione
La nostra impressione è che l’uso del sistema AirSeal permetta al chirurgo una migliore visibilità del
campo operatorio e porti quindi a migliorare la performance chirurgica. Le nostre sensazioni sono
sostenute dai dati ottenuti che mostrano migliori outcomes dei pazienti nel gruppo AirSeal in termini di
tempistica operatoria, tempo di warm ischemia e perdite ematiche. Il sistema AirSeal mantiene lo
pneumoperitoneo costantemente stabile, riducendo quindi il sanguinamento venoso anche durante
l’aspirazione e permettendo una resezione più pulita e facilitando il declampaggio precoce del peduncolo
renale. È inoltre importante notare come tra i due gruppi di Pazienti vi sia una sostanziale differenza di
interventi con zero ischemia (Gruppo A=4; Gruppo B=17).
Conclusioni
Il nostro lavoro studio rappresenta il primo studio comparativo tra il sistema di insufflazione classico ed il
nuovo sistema AirSeal. I nostri risultati sono molto incoraggianti sia in termini di dati intra-operatori che
in termini di complicanze post-operatorie. Naturalmente per confermare tali dati saranno necessari futuri
studi randomizzati e su coorti di pazienti molto più ampie.
Conclusioni
Il nostro lavoro studio rappresenta il primo studio comparativo tra il sistema di insufflazione classico ed il
nuovo sistema AirSeal. I nostri risultati sono molto incoraggianti sia in termini di dati intra-operatori che
189
in termini di complicanze post-operatorie. Naturalmente per confermare tali dati saranno necessari futuri
studi randomizzati e su coorti di pazienti molto più ampie.
Conclusioni
Il nostro lavoro studio rappresenta il primo studio comparativo tra il sistema di insufflazione classico ed il
nuovo sistema AirSeal. I nostri risultati sono molto incoraggianti sia in termini di dati intra-operatori che
in termini di complicanze post-operatorie. Naturalmente per confermare tali dati saranno necessari futuri
studi randomizzati e su coorti di pazienti molto più ampie.
190
P 190
VALIDAZIONE E ANALISI COMPARATIVA DEGLI INDICI NEFROMETRICI PADUA,
RENAL, C-INDEX E DAP COME PREDITTORI DEGLI OUTCOMES PERIOPERATORI E
FUNZIONALI DOPO NEFRECTOMIA PARZIALE ROBOTICA
G. Vittori, R. Campi, J. Vignoli, S. Lucarini, A. Tuccio, A. Mari, A. Cocci, M. Gacci, I. Menchi, S. Serni,
M. Carini, A. Minervini (Firenze)
Scopo del lavoro
Gli score nefrometrici descrivono in modo standardizzato le caratteristiche anatomiche salienti dei tumori
renali informando il chirurgo sulla complessità di ogni nefrectomia parziale per una data massa renale.
Diversi score nefrometrici sono stati proposti in letteratura e correlati con variabili chirurgiche e
perioperatorie. Tuttavia, il ruolo dei vari score disponibili nel predire gli outcomes dopo nefrectomia
parziale robotica non è stato ancora definitivamente chiarito. Lo scopo del presente studio è validare 4
score nefrometrici (PADUA, RENAL, C-Index e DAP) per l’ enucleazione semplice endoscopica robotassistita (ERASE), analizzandone la correlazione con gli outcomes perioperatori e funzionali.
Materiali e metodi
I dati di 135 pazienti con tumore renale localizzato trattati con ERASE tra gennaio 2011 e Agosto 2013
presso il nostro centro sono stati raccolti prospetticamente. Dopo aver retrospettivamente esaminato
immagini TC e dati nefrometrici, 115 pazienti sono stati inclusi nello studio. La correlazione di ogni score
nefrometrico con gli outcomes perioperatori e funzionali, inclusa la valutazione del Trifecta, è stata
analizzata all’analisi univariata. Il coefficiente di Spearman è stato usato per confrontare il valore
predittivo dei vari score con quello del solo diametro tumorale.
Risultati
I dati clinico-patologici della casistica sono mostrati in Tabella 1, le analisi di correlazione in Tabella 2.
Gli score RENAL, PADUA e C-Index sono risultati significativamente correlati con: tasso di
complicanze perioperatorie, perdite ematiche stimate (EBL), durata di ospedalizzazione (LOH) e
outcomes del Trifecta. E’ stata dimostrata una correlazione statisticamente significativa tra gli indici DAP
e C-Index e riduzione post-operatoria della velocità di filtrazione glomerulare stimata (VFGs). Nessun
indice nefrometrico esaminato è risultato significativamente correlato con dati anatomopatologici come
tasso di margini chirurgici positivi, istotipo e grado nucleare. Il test di Spearman ha mostrato più alti
coefficienti di correlazione per gli indici RENAL e PADUA riguardo a tempo operatorio, EBL e LOH e
per il C-index riguardo al tempo di ischemia calda.
Discussione
Il nostro studio ha dimostrato che gli indici nefrometrici PADUA, RENAL e C-Index sono
significativamente associati agli outcomes chirurgici e perioperatori dopo ERASE. Tuttavia, solo il CIndex è risultato significativamente correlato agli outcomes funzionali post-operatori. Al contrario,
l’indice DAP non ha predetto i risultati perioperatori dopo ERASE in modo più accurato del solo
diametro clinico, con l’eccezione di una forte correlazione con la perdita di funzione renale postoperatoria.
Conclusioni
Il nostro studio ha validato gli score PADUA, RENAL e C-Index per l’ERASE. Il DAP score non è
invece risultato predittore degli outcomes chirurgici e perioperatori. Inoltre, fra gli indici nefrometrici
considerati, solo il C-Index e il DAP hanno dimostrato di predire in modo significativo gli outcomes
funzionali dopo ERASE.
191
P 191
VALUTAZIONE PROSPETTICA DEL PERINEPHRIC FAT SURFACE DENSITY (PNFSD)
COME PREDITTORE DI COMPLESSITà CHIRURGICA E OUTCOMES PERIOPERATORI
DOPO NEFRECTOMIA PARZIALE ROBOT-ASSISTITA.
R. Campi, G. Vittori, J. Vignoli, A. Mari, S. Lucarini, L. Fedeli, L. Mazzoni, E. Torre, S. Serni, I.
Menchi, M. Carini, A. Minervini (Firenze)
Scopo del lavoro
La dissezione del tessuto adiposo perirenale (TAP) rappresenta uno step chirurgico critico durante la
nefrectomia parziale robotica (NPR). Tuttavia, non esistono strumenti standardizzati per valutare il
potenziale contributo del TAP alla complessità chirurgica dell’intervento. Lo scopo del presente studio è
valutare il Perinephric Fat Surface Density (PnFSD) come predittore di complessità chirurgica e outcomes
perioperatori dopo NPR e correlarlo al grado di fibrosi del TAP all’esame istologico.
Materiali e metodi
I dati di 46 pazienti sottoposti a NPR presso il nostro centro sono stati raccolti in modo prospettico tra
maggio e settembre 2014. Nella scansione assiale TC in fase arteriosa centrata sull’ilo renale, due
uroradiologi dedicati hanno calcolato in cieco il valore del PnFSD con uno specifico software (Fig. 1). A
livello della stessa scansione TC, sono stati poi misurati lo spessore medio (SM) e il grado di striature
(GS) del TAP. La complessità chirurgica di dissezione (CCD) del TAP è stata giudicata soggettivamente
dal chirurgo (Fig. 2). Infine, un campione di TAP, lontano dal tumore, è stato inviato all’analisi
istopatologica per la valutazione del grado di fibrosi (GF) mediante colorazione di Mallory-Azan (Fig. 3).
Il test U di Mann-Whitney e il coefficiente di correlazione di Spearman sono stati usati per valutare la
correlazione tra PnFSD e variabili radiologiche (SM e GS), istologiche (GF) e indici di complessità
chirurgica.
Risultati
All’analisi univariata, il PnFSD è risultato significativamente correlato con: età alla chirurgia (p=0,045),
sesso maschile (p=0,005), SM (p=0,031) e GS (p<0,001) del TAP e indici di complessità chirurgica
(tempo di consolle (p=0,012), perdite ematiche stimate (p=0,026), tasso di complicazioni chirurgiche
(p=0,049) e tempo medio di degenza (p=0,029)). E’ stato inoltre evidenziato un trend di correlazione tra
PnFSD e BMI (p=0,076). Non è stata dimostrata alcuna correlazione statisticamente significativa tra
PnFSD e caratteristiche anatomo-patologiche del tumore, tasso di margini chirurgici positivi, tempo di
ischemia, giudizio sulla CCD e GF all’analisi istologica.
Discussione
Il nostro studio ha dimostrato che il PnFSD predice significativamente complessità chirurgica e outcomes
perioperatori dopo NPR. Il PnFSD rappresenta quindi un utile parametro per costruire nuovi score o
nomogrammi preoperatori che predicano complessità chirurgica e outcomes della NPR e che includano,
oltre alle caratteristiche anatomiche del tumore, anche una valutazione standardizzata del TAP. La
variabilità nel campionamento del TAP durante l’intervento e la mancanza di sistemi standardizzati per la
valutazione di CCD e GF rappresentano i principali limiti dello studio.
Conclusioni
Il PnFSD contribuisce a predire la complessità chirurgica e gli outcomes perioperatori della NPR. Studi
prospettici sono necessari per confermare i nostri risultati in più ampie casistiche e per valutare la sua
correlazione con variabili cliniche e istologiche associate al TAP “ad alto grado di fibrosi”.
192
P 192
L’EVOLUZIONE DELLA STORIA NATURALE DELLA NEOPLASIA RENALE
BILATERALE: ANALISI RETROSPETTIVA DELLA NOSTRA ESPERIENZA
TRENTENNALE
A. Antonelli, M. Sodano, M. Furlan, S. Belotti, A. Cozzoli, T. Zanotelli, C. Simeone (Brescia)
Scopo del lavoro
La neoplasia renale parenchimale può raramente presentarsi bilaterale fin dalla diagnosi (bRCC). In
questi casi un intervento conservativo spinto, almeno per uno dei due reni, rappresenta un’indicazione
imperativa, al fine di evitare la dialisi. Durante l’ultima decade la diffusione delle tecniche di imaging ha
portato ad un progressivo downstaging delle neoplasie renali, mediamente diagnosticate di dimensioni
minori ed in pazienti asintomatici. Negli ultimi 10 anni infine l’indicazione elettiva a procedere ad un
intervento di nefrectomia parziale in pazienti con rene adelfo sano è stato estesa a neoplasie fino a 7 cm.
Lo scopo di questo studio è quello di valutare come siano cambiate nel corso degli anni le caratteristiche e
le opzioni terapeutiche per le bRCC.
Materiali e metodi
Valutazione retrospettiva di un database istituzionale mantenuto prospetticamente, che raccoglie i dati di
tutti i pazienti sottoposti ad intervento chirurgico per neoplasia renale, dal 1983 ad oggi. Per questo studio
sono stati raccolti i dati dei pazienti con bRCC alla diagnosi (bRCC sincrono). I pazienti sono stati
suddivisi in due gruppi, il primo con bRCC diagnosticata fino al 2005, il secondo dal 2005 ad oggi. Sono
state comparate tra i due gruppi le caratteristiche dei pazienti, delle neoplasie e la tipologia di trattamento.
Risultati
Nel nostro database sono raccolti i dati di 2297 pazienti operati dal 1983 ad oggi. Di questi 46 si sono
presentati con bRCC (prevalenza 2%). Nella tabella 1 sono presentate le caratteristiche dei pazienti,
dividendoli tra primo (fino al 2005) e secondo periodo (dal 2005 ad oggi). Negli ultimi 30 anni
l’incidenza di bRCC non è cambiata. Tuttavia i pazienti nell’ultima decade sono mediamente più anziani
e con maggiori comorbilità, più spesso asintomatici; le caratteristiche delle neoplasie sono
sostanzialmente sovrapponibili, anche se si nota un trend nella diminuzione del diametro alla diagnosi;
infine c’è una significativa percentuale di pazienti che ora vengono sottoposti ad un intervento di
nefrectomia parziale bilaterale con una procedura in due tempi.
Discussione
/
Conclusioni
Le caratteristiche delle bRCC non sono cambiate nel corso del tempo; tuttavia la diffusione della
nefrectomia parziale per trattamenti in elezione ha portato ad un incremento nella percentuale dei pazienti
sottoposti ad un intervento conservativo bilaterale.
193
P 193
RISCHIO DI INVASIONE LINFONODALE E PROGRESSIONE A CARICO DEI LINFONODI
NEL CARCINOMA A CELLULE RENALI A BASSO RISCHIO E ORGANO CONFINATO: è
TEMPO DI ABBANDONARE LA LINFOADENECTOMIA?
U. Capitanio, E. Ventimiglia, A. Larcher, P. Capogrosso, R. Luciano', M. Freschi, C. Carenzi, A.
Briganti, A. Nini, R. Matloob, F. Deho', A. Salonia, F. Montorsi, R. Bertini (milano)
Scopo del lavoro
Il trial randomizzato condotto dall’EORTC ha dimostrato come i pazienti con carcinoma a cellule renali a
basso rischio abbiano un basso tasso di metastasi linfonodali e nessun beneficio in termini di
sopravvivenza qualora venga effettuata una linfoadenectomia. Sebbene dal punto di vista clinico siano
pazienti a basso rischio, è plausibile che un sottogruppo di questi possa celare una malattia con una
tropismo particolare per i linfonodi e che pertanto possa essere meritevole di una linfoadenectomia.
Materiali e metodi
La presenza di invasione linfonodale (LNI) e/o progressione linfonodale durante il follow-up sono stati
valutati congiuntamente. La progressione è stata definita come il riscontro clinico di una linfoadenopatia
di nuova insorgenza (>10mm) nel retroperitoneo associata a progressione sistemica e/o con un riscontro
istologico. Analisi con modelli di regressione e di tipo cubic spline sono state condotte per descrivere le
caratteristiche cliniche e patologiche dei pazienti con riscontro di LNI o di progressione (includendo età,
BMI, dimensioni del tumore, stadio T del TNM; livelli di albumina, LDH, linfociti, monociti, calcio,
creatinina, emoglobina e piastrine).
Risultati
Gli stadi clinici cT1a, cT1b, cT2a and cT2b sono stati riscontrati rispettivamente in 1010 (50.2%), 686
(34.1%), 233 (11.6%) e 81 (4.0%) pazienti. La linfoadenectomia è stata eseguita in 640 (36.3) pazienti. In
228 pazienti (11.3%) si è riscontrato un upstaging ≥pT3a. In 245 (12.2%) vs. 1151 (57.3%) vs. 306
(15.2%) vs. 24 (1.2%) pazienti è stato riscontrato un grado secondo Fuhrman rispettivamente pari a 1 vs.
2 vs. 3 vs. 4. Solo in 14 casi è stata riscontrata LNI al momento dell’intervento chiurgico. Durante il
follow-up, 23 (1.1%) pazienti hanno avuto una progressione a livello dei linfonodi. Complessivamente,
36 (1.8%) pazienti hanno avuto una localizzazione linfonodale di malattia o al momento della chirurgia o
durante il follow-up. La frequenza di entrambi questi eventi aumentava al crescere dello stadio clinico
(0.6% vs. 1.9% vs. 3.9% vs. 9.9% rispettivamente per cT1a vs. cT1b vs. cT2a vs. cT2b; p<0.001). La
dimensione del tumore valutata preoperativamente correlava linearmente con il rischio di
LNI/progressione a livello dei linfonodi (OR 1.27 95%CI 1.16-1.38, p<0.001). Anche per quanto riguarda
il grado secondo Fuhrman, all’aumentare del grado aumentava la frequenza di entrambi gli eventi
analizzati (0% vs. 0.4% vs. 1.6% vs. 4.2% vs. 16.7% rispettivamente per benigno vs. G1 vs. G2 vs. G3
vs. G4; p<0.001).
Discussione
LNI e la progressione a carico dei linfonodi sono eventi piuttosto rari (<2%) in pazienti con una massa
renale classificabile come a basso rischio (T1-T2 N0 M0) e candidati a chirurgia.
Conclusioni
La dimensione del tumore valutata preoperativamente è il predittore più informativo di LNI/progressione
a carico dei linfonodi, sebbene desiderabile identificare marker biologici più accurati nel predire i pazienti
che potrebbero trarre beneficio da una eventuale linfoadenectomia.
194
P 194
RENAL CELL CARCINOMA WITH TUMOR THROMBUS INTO THE INFERIOR VENA
CAVA: SURGICAL PROGNOSTIC FACTORS AND IMPACT ON ONCOLOGICAL
OUTCOMES IN A SINGLE INSTITUTION EXPERIENCE
A. Battaglia, M. Allasia, A. Palazzetti, F. Soria, F. Marson, S. Chiesa, G. Melloni, G. Bonomessi, E.
Dalmasso, S. Munegato, A. Bosio, P. Destefanis, C. Terrone, P. Gontero, B. Frea (Turin)
Aim of the study
Radical surgery represents the only chance of long-term survival for patients with renal cell carcinoma
(RCC) and venous tumor thrombus (TT) extension. Analyzing several aspects of venous structures
involvement by RCC and surgical choices dictated by venous extension of the TT, our objective was to
define if different surgical choices can impact not only on complications risk but also on the oncologic
outcomes
Materials and methods
We examined surgical techniques and follow-up of all patients with TT RCC, underwent radical
nephrectomy and thrombus extraction at our center from 1983 to 2013. Kaplan–Meier analysis was used
to determine survivals and overall survival was analyzed based on the Charlson Comorbidity Index (CCI),
tumor extent, typing, grading and staging, Novick Staging System, TT caval wall invasion, and surgical
choices: approach, duration, intraoperative blood losses, thrombectomy techniques, inferior vena cava
(IVC) wall resection, radicalism of TT removal and postoperative complications
Results
A total of 200 patients underwent radical nephrectomy with thrombectomy, of whom 72 had distant
metastases and 81 had tumor spread to the regional lymph nodes; 39 patients had CCI ≥4; Fuhrman grade
was 1 to 4 in 5, 70, 96 and 17 patients, respectively. The TT was level 0 in 121 (60,5%), level I in 22
(11%), level II in 18 (9%), level III in 31 (15,5%) and level IV in 8 (4%). Involvement and resection of
IVC wall was found in 26 cases. The commonest surgical approach was median laparotomy, whereas 7 of
the stage IV patients required combined sternotomy with circulatory bypass. In 135 patients (67,53%)
surgeons chose cavotomy, while in 65 (32,47%) they preferred manually “milking” of the TT; in 146
patients (73,7%) we obtain a total thrombus removal. 91 patients required intra-operative transfusions
(median 4 units). The intra-operative complication rate was 21,12% and the post-operative 37,7%.
pN0M0 and low Fuhrman grade tumor had significantly higher median survival than those with
metastatic and high Fuhrman grade disease. Patients underwent radical thrombectomy had significantly
higher median survival than those with partial thrombus excision. The other aspects of the surgery of the
RCC with IVC TT do not have a statistically significant impact on cancer specific survival
Discussion
Analyzing the results of our single institution experience we saw that while the role of classic anatomical
and clinic prognostic factors (tumor extent, staging and grading, and patient’s performance status) has
been confirmed by our study, those that could be suggested as surgical prognostic factors don’t impact on
oncological outcomes of the disease. Only radicalism on thrombus removal can prolong survival
Conclusions
On the surgical treatment of the intravenous TT in RCC the most important and the only statistical
significant prognostic factor is the complete removal of the neoplasm and the thrombus
195
P 195
LO STATO DEL TRAINING IN UROLOGIA FUNZIONALE IN ITALIA: RISULTATI DI UNA
SURVEY SUGLI SPECIALIZZANDI ITALIANI
F. Esperto, G. Patruno, D. Bianchi, G. Vespasiani, C. De Nunzio, A. Tubaro, E. Finazzi Agrò (Roma)
Scopo del lavoro
Il valore dell’urologia funzionale (UF) rappresenta circa il 20% del totale dei DRG urologici. Nonostante
ciò, per diverse ragioni, altri ambiti dell’Urologia sembrano essere predominanti nel training e
l’insegnamento dell’UF potrebbe non essere adeguato. L’obiettivo di questo studio è valutare lo stato del
training in UF in Italia.
Materiali e metodi
Gli Specializzandi in Urologia (SU) italiani sono stati invitati a compilare un questionario anonimo
attraverso Surveymonkey.com. Gli SU hanno fornito informazioni generali quali il sesso e l’anno di
specializzazione frequentato. Sono stati indagati diversi aspetti dell’insegnamento dell’UF quali ore di
teoria e pratica, il numero di studi urodinamici eseguito senza supervisione, la percentuale e il tipo
d’interventi chirurgici di UF eseguiti nel proprio centro, i bisogni in materia si formazione in UF.
Risultati
102 su 430 (23,7%) hanno risposto. 68 (66,6%) erano uomini e 34 (33,4%) erano donne. 39 erano iscritti
al I o al II, 42 al III o IV e 21 al V anno. 92 (90,2%) hanno riferito la presenza di un’unità di UF (UUF)
nel proprio centro. Rispettivamente il 90,2% e il 50% hanno risposto che la percentuale di lezioni
dedicate all’ UF era inferiore al 25% e 10% del totale. Nel 86,3% dei casi l’UF costituisce circa il 10%
del programma e nel 55,1%, è circa il 5%, ma mai più del 20%. I LUTS maschili rappresentano per il
92.2% il maggior campo d’interesse per le UUF, mentre alla neurourologia e all’uroginecologia sono
dedicate meno del 15 % delle ore per il 70,6 % e il 51 % dei partecipanti, rispettivamente. La percentuale
di interventi per incontinenza è meno del 10% del totale per l’ 83,3% dei partecipanti. In tabella la
percentuale dei diversi tipi di chirurgia per incontinenza. Il 67,6% dei partecipanti ha riferito di aver
eseguito meno di 10 esami urodinamici senza supervisione. L’89,2% vorrebbe approfondire la
conoscenza dell’ UF; il 78,4% ha convenuto sulla necessità di una formazione post-specialistica sui vari
aspetti dell’UF.
Discussione
La percentuale dei partecipanti (23,7%) è più alta della media di risposta riportato da surveymonkey.
Sebbene la maggior parte dei centri di formazione abbia un’UUF (92,15%), il tempo dedicato
all’insegnamento sembra insufficiente alla maggior parte degli SU. La neurourologia e l’uroginecologia
sono poco trattate, maggiore attenzione è rivolta ai LUTS maschili. L'attività chirurgica va di pari passo:
l’83,3% riporta come la percentuale di interventi di UF sia inferiore al 10% del totale. La maggioranza
(67,6%) degli SU ha effettuato meno di 10 esami urodinamici senza supervisione. Le ragioni di questa
formazione insufficiente sono molteplici, quali ad esempio l’organizzazione dei centri, i bassi DRG e lo
scarso appeal chirurgico. Nonostante ciò, la maggior parte degli SU vorrebbe approfondire la formazione
in Urologia funzionale, anche attraverso fellowship
Conclusioni
Il quadro descritto nella nostra indagine suggerisce la necessità di migliorare i nostri programmi di
formazione specialistica nell’ambito dell’UF.
196
P 196
SISTEMA DI IRRIGAZIONE TRANSANALE PERISTEEN PER IL TRATTAMENTO DELLA
DISFUNZIONE INTESTINALE NEUROPATICA E DEL DOLORE ADDOMINALE
A. Ripoli, G. Palleschi, A. Pastore, A. Fuschi, A. Leto, Y. Al Salhi, D. Autieri, L. Silvestri, A. Carbone
(Latina)
Scopo del lavoro
L’irrigazione retrograda del colon (TAI) è ideata per assistere l’evacuazione delle feci dall’intestino
tramite introduzione di acqua nel colon attraverso l’ano.I pazienti affetti da lesioni del midollo spinale
soffrono spesso di disfunzioni intestinali che si manifestano con stipsi ed incontinenza fecale con la
frequente concomitanza di dolore addominale cronico che ne limita la vita sociale.Lo scopo di questo
studio è valutare se l'uso della TAI per la stitichezza neuropatica possa migliorare i sintomi correlati al
dolore addominale cronico.
Materiali e metodi
Abbiamo arruolato tra luglio 2013 e novembre 2014 in modo prospettico 20 pazienti adulti(età
media=48.6 aa,range:30-65aa) affetti da lesione del midollo spinale, disfunzione intestinale neuropatica,
vescica neurologica ed infezioni urinarie ricorrenti. Tali soggetti sono giunti presso il nostro centro per il
trattamento con Peristeen TAI.E’ stato somministrato il questionario validato Neurogenic Bowel
Dysfunction(NBD)score,per valutare l’impatto delle disfunzioni intestinali sulla qualità di vita. Il dolore
addominale è stato valutato con Scala Analogica Visiva(VAS, 0 = nessun disagio, 10 = grave disagio).Un
esame completo delle urine con coltura è stato effettuato al tempo 0(arruolamento)ed a 3 mesi di followup. I questionari sono stati somministrati pre e post trattamento. I pazienti, dopo addestramento, hanno
effettuato il trattamento ogni giorno per 10 giorni,poi a giorni alterni.
Risultati
Il tempo di utilizzo del Peristeen TAI è stato di 10 mesi e la durata media del follow-up di circa 3
mesi.Tutti i pazienti hanno avuto un sostanziale miglioramento in termini di costipazione cronica e di
dolore addominale con miglioramento della qualità di vita.A 3 mesi di follow-up vi è stata una
significativa riduzione della batteriuria, con coltura negativa in tutti i soggetti arruolati.I punteggi della
VAS prima del trattamento avevano un valore medio di 7,64±0,29,mentre nel post-trattamento di
3,64±0,29; i risultati dell’NBD prima del trattamento avevano un valore medio di 23,28±3,14 e nel posttrattamento di 1,92±0,76.
Discussione
Le lesioni del midollo spinale influenzano la motilità del colon-retto,i tempi di transito e svuotamento
intestinale,con conseguente stipsi,dolori addominali,incontinenza fecale,o una combinazione di
entrambi.Peristeen TAI consente di ottenere un’evacuazione regolare attraverso somministrazione di
acqua nel colon.I risultati di questa esperienza confermano l'efficacia di TAI nel migliorare l’evacuazione
associata ad una riduzione statisticamente significativa dei punteggi VAS relativi al dolore addominale
cronico.
Conclusioni
Peristeen TAI è un sistema di gestione intestinale sicuro ed efficace che migliora la funzione intestinale e
la qualità di vita in pazienti affetti da stitichezza neuropatica cronica.Il dolore addominale, valutato
attraverso VAS,diminuisce significativamente con piena soddisfazione dei pazienti.Le infezioni urinarie
correlate,inoltre,sono scomparse in tutti i casi.
197
P 197
VALIDAZIONE IN LINGUA ITALIANA DEL QUESTIONARIO PUF PER LA VALUTAZIONE
DEL DOLORE PELVICO CRONICO
M. Filocamo, F. Natale, E. Andretta, S. Maruccia, E. Costantini, G. Mariotti, V. Ales, F. Quadrini, S.
Fornia, M. Sommariva, E. Frumenzio, V. Lami, D. Villari (Savigliano)
Scopo del lavoro
Scopo dello studio è sviluppare l’adattamento italiano del questionario “Pelvic Pain and
Urgency/Frequency (PUF) Patient Symptom Scale” ed eseguire la validazione linguistica e di contenuto.
Materiali e metodi
Il PUF è stato tradotto dall’inglese in Italiano da 2 traduttori indipendenti, le traduzioni sono state
successivamente adattate, un gruppo di esperti ha esaminato la traduzione valutandone l’accuratezza per
la validità di contenuto. Un terzo traduttore, madrelingua Inglese, ha eseguito la back-translation per
l’equivalenza all’originale. La versione finale è stata somministrata a pazienti affetti da Cistite
Interstiziale Pain Bladder Syndrome (IC/PBS) e a un campione di volontari sani. Sono stati raccolti
prospettivamente i dati sui LUTS (frequenza, nicturia, urgenza, disuria, e dolore pelvico). Tutti i pazienti
hanno eseguito esame urine (colturali e citologici), ecografia, cistoscopia e idrodistensione. Pazienti e
volontari sani hanno risposto al PUF 2 volte a distanza di 2 settimane. La ripetibilità è stata analizzata
confrontando i 2 questionari. Abbiamo calcolato il coefficiente di consistenza interna per ogni item e per
lo score tot, l’affidabilità è stata calcolata con il test Cronbach’s alpha. La ripetibilità è stata calcolata con
l’indice di correlazione di Pearson’s. La capacità di discriminare i sintomi è stata calcolata con il test U di
Mann-Whitney confrontando le risposte dei pazienti e dei volontari sani.
Risultati
65 volontari sani e 61 paz affetti da CI/PBS con associati LUTS hanno concluso lo studio. I volontari
erano 20 maschi e 45 donne età media 35 anni (range 19-50). La media dello score tot (± standard
deviation [SD]) era 2.2 ± 2.5 (score dei sintomi: media 1.7 ± 1.3; score dei disturbi: media 0.7 ± 2.1). I
pazienti, 8 erano maschi e 53 femmine, età media 54 (range 33-75). La media (± SD) dello score tot era
24.30 ± 7.4 (score dei sintomi: 15.35 ± 4.7; score dei disturbi: 8.9 ± 2.8). Il coefficiente di ripetibilità per
tutti e tre gli score era 0.853, 0.864, and 0.855, (P<0.001). Il Cronbach’s alpha era 0.974. Il test U di
Mann-Whitney ha rivelato una significativa differenza tra lo score dei volontari e quello dei pazienti
(P<0.001). Lo score del PUF correlava bene con la presenza dei LUTS: urgenza (54 pz, 90%, p=0.002),
frequenza (57 pz, 95%, p=0.009), nicturia (52 pz, 87,5%, p<0.001), disuria (61 pz, 100%, p=0.002),
dolore pelvico (61 pz, 100%, p<0.001). I più alti score di PUF sono stati trovati nei pazienti con
glomerulazioni di terzo grado e con la minore capacità vescicale (P=0.024; P=0.001).
Discussione
I nostri risultati dimostrano che lo score della versione italiana del PUF correla bene con la severità dei
sintomi, ha una buona ripetibilità ed un elevato indice di affidabilità e di concordanza.
Conclusioni
La versione italiana del PUF è un test valido e ripetibile nella valutazione dei pazienti affetti da IC/PBS.
198
P 198
MODIFICAZIONI FUNZIONALI VESCICALI DOPO RADIOTERAPIA PROSTATICA:
RISCONTRI URODINAMICI A BREVE E MEDIO TERMINE (2 - 18 - 48 MESI)
M. Pastorello, M. Romano, A. Porcaro, L. Corradi, R. Ballario, G. Caleffi, A. Molinari, G. Campo, S.
Cavalleri (Negrar)
Scopo del lavoro
Nessuna investigazione urofunzionale è stata sinora condotta sulle conseguenze della Radioterapia a fasci
esterni (EBRT), opzione terapeutica diffusamente adottata nel trattamento del cancro prostatico (CaP)
confinato T1c-T2c No Mo. Si presenta il primo studio prospettico volto a valutare e quantificare le
modificazioni dei patterns minzionali indotte dalla EBRT al 2°, 18° e 48° mese dal trattamento.
Materiali e metodi
Da Sett 2009 a Dic 2010, 60 pazienti (paz) con CaP furono trattati con EBRT a 4 campi (76-78 Gy in 3839 sedute). Età media: 74,7 a (58,6–78,7). Volume medio prostatico: 39 mL (22-61). Previo consenso
informato, i paz fuono valutati 2 mesi prima, 2, 18 e 48 mesi dopo EBRT con: a) Questionario IPSS; b)
Diario minzionale (DM) per 3 giorni [con volume minzionale medio (mVM), episodi di urge incontinence
(UUI)]; c) Esame Urodinamico (UD) in singolo Laboratorio, secondo parametri ICS, con capacità
cistometrica (MCC), compliance vescicale (CV), iperattività detrusoriale (DO), Bladder Outlet
Obstructon (BOOI), flusso massimo (Qmax), medio (Qmean) e residuo postminzione (PVR).
Risultati
Dei 60 paz arruolati, 51 (85%) hanno completato lo studio al 18° mese e 46 (76,7%) al 48°mese. 2 mesi
prima di EBRT [60 pts]: a) IPSS: 7; b) DM: 6 minz/die (range: 4-7) con mVM: 330 ml (range: 210-405);
1 UUI/die; c) UD valori medi: MCC: 380 ml (range: 188-450), normale CV (NC) in 55 paz; no DO; in 53
paz BOOI: 15,6 (range: 10,8–19,3) e in 7 paz BOOI >20 (media 24,7); Qmax: 14,7 ml/s, Qmean: 9,9 ml/s
e PVR: 44ml. 2 mesi dopo EBRT [56 pts] : a) IPSS: 11; b) DM: 9 minz/die (5-14) con mVM: 240 ml
(160-350): UUI in 3 paz (1-2 UUI /die): 6 paz con Sindr urgenza-frequenza (UFS); c) UD: MCC: 278 ml
(155-380); NC in 50/56 paz; 5 paz con ridotta CV (LC); DO in 3 casi; in 46 paz BOOI medio: 17,7; in 10
paz >20 (media: 29,2); Qmax: 12,9 ml/s, Qmean: 8,3 ml/s e PVR: 63 ml. 18 mesi dopo EBRT [51 pts]: a)
IPSS: 10; b) DM: 8 minz/die (5-11) con mVM: 290 ml (170-410); UUI in 1 paz (1-2 /die) e 1 paz con
UFS; c) UD: MCC: 350 ml (145-430); NC in 47/51paz; DO in 1 paz; in 45 paz BOOI medio: 17,9 e in 6
>20 (27,5); Qmax: 13,6 ml/s, Qmean: 8,5 ml/s e PVR: 59ml. 48 mesi dopo EBRT [46 pts]: a) IPSS: 11;
b) DM: 9 minz/die (5-12) con mVM: 260 ml (150-370); UUI in 2 paz (1-2 /die) e 1 paz con UFS; c) UD:
MCC: 330 ml (140-400); NC in 39/46 paz; DO in 3; in 38 paz BOOI medio: 18,1 e in 8 >20 (29,5);
Qmax: 11,8 ml/s, Qmean: 7,3 ml/s e PVR: 77ml.
Discussione
Lo studio rivela significativo impatto della EBRT sul ciclo minzionale, sia nel riempimento che nello
svuotamento. Le rilevanti alterazioni registrate al 2° mese, con peggioramento dell’IPSS (+57%), legate a
riduzione della CV (MCC: -26,8%) e a incremento del BOOI (+18,5%) si riducono al 18° mese, con un
IPSS a 10 (+42%) e un MCC di 350 ml ; ma permane nel tempo (a 4 anni) un globale peggioramento
della frequenza minzionale (+35%) e del quadro ostruttivo (+27%).
Conclusioni
La EBRT interferisce persistentemente sulla funzione detrusoriale e sulle resistenze uretrali.
199
P 199
EFFICACIA DELLA "LAPAROSCOPIC SLEEVE GASTRECTOMY" SUI SINTOMI DI
VESCICA IPERATTIVA IN PAZIENTI CON OBESITà PATOLOGICA: STUDIO
PROSPETTICO
G. PALLESCHI, A. PASTORE, L. SILVESTRI, A. RIPOLI, A. LETO, D. AUTIERI, A. FUSCHI, Y.
AL SALHI, A. CARBONE (LATINA)
Scopo del lavoro
Valutare la prevalenza di sintomi di vescica iperattiva (OAB) in pazienti con obesità patologica ed
osservarne la variazione dopo Gastrectomia Parziale Verticale Laparoscopica (GPVL).
Materiali e metodi
Abbiamo reclutato 120 pazienti(gruppo A: 60 donne, 60 uomini)tra il settembre 2011 e dicembre 2012.
Criteri di inclusione: obesità patologica(BMI > 40 kg/m2), età ≥18 e ≤60 anni, idoneità a chirurgia
laparoscopica. Criteri di esclusione: infezione urinaria, creatinina >1.5 mg/dL, pregressa chirurgia
ginecologica o pelvica, precedenti o concomitanti neoplasie, reperti patologici all'ecografia renale e
pelvica, residuo post-minzionale significativo(≥100 mL), flusso massimo all'uroflussometria <15 mL/sec,
sintomi o evidenza obiettiva di incontinenza urinaria da sforzo, prolasso genitale, pregresse patologie
ostetriche, pregressa chirurgia bariatirca, malattie neurologiche, assunzione di farmaci con azione
anticolinergica, o con azione sul sistema nervoso centrale o sull'apparato urinario. I pazienti hanno
compilato un diario minzionale trigiornaliero ed il questionario OAB-q SF 1 settimana prima e 180 giorni
dopo GPVL. Sulla base degli stessi criteri di inclusione ed esclusione è stata selezionata una popolazione
di controllo, rappresentata da 120 pazienti (60 uomini, 60 donne) con obesità patologica in lista di attesa
per GPVL ma non ancora operati(gruppo B). La valutazione statistica preliminare ha confrontato la
distribuzione dell' età, peso e comorbidità dei 2 gruppi; quindi, sono stati valutati i seguenti parametri:
punteggio all'OAB-q SF, numero delle minzioni / 24 ore, episodi di urgenza / 24 ore, episodi di
incontinenza urinaria da urgenza / 24 ore, volume medio di svuotamento per minzione, assunzione di
liquidi / 24 ore, minzioni notturne. Le variabili categoriche sono state esaminate con il test χ2, mentre il
test di Student è stato impiegato per le variabili continue.
Risultati
I due gruppi sono risultati confrontabili per distribuzione di età, peso e comorbidità. I sintomi di OAB
sono stati diagnosticati in 21 pazienti del gruppo A(35%) e 17 del gruppo B (28%). 180 giorni dopo
GPVL (TABELLA 1), i pazienti del gruppo A hanno avuto un significativo calo del BMI ed una
variazione migliorativa statisticamente significativa di tutti i parametri del diario minzionale e del
punteggio all'OAB-q SF, i quali sono rimasti invece invariati nei pazienti del gruppo B.
Discussione
La Letteratura riporta un'associazione tra obesità patologica e sintomi delle basse vie urinarie, tuttavia
focalizzando l'attenzione sull'incontinenza urinaria ed il prolasso genitale, senza fornire specifici dati sui
sintomi di OAB. Questo studio prospettico dimostra che invece tali sintomi sono prevalenti nella
popolazione obesa e che migliorano significativamente grazie alla riduzione del peso corporeo, in questo
caso ottenuta con GPVL.
Conclusioni
La significativa riduzione del BMI indotta dalla GPVL in pazienti con obesità patologica si associa ad
una significativa riduzione dei sintomi di OAB.
200
P 200
LE DISFUNZIONI UROLOGICHE NELLE DONNE GIOVANI: UN’EREDITà
DELL’INFANZIA? PARTE I
E. Costantini, E. Illiano, V. Mirone, R. Balsamo, F. Natale, S. Marucci, D. Maglia, A. Carbone, M.
Bevacqua, M. Prestipino, E. Fragalà, M. Filocamo, D. Villari, V. Bini, A. Appignani (Perugia)
Scopo del lavoro
Scopo dello studio: valutare se le disfunzioni urologiche in età pediatrica possano correlarsi a disturbi
urologici nelle donne di età <40 anni, per identificare possibili fattori di rischio ed eventuali strategie di
prevenzione.
Materiali e metodi
Studio multicentrico (9 centri) caso-controllo, registrato su ClinicalTrials.gov, condotto da aprile 2013 a
gennaio 2015. E’ stato somministrato a donne sane [gruppo A] e a donne afferite agli ambulatori urologici
per qualsiasi indicazione [gruppo B] un questionario a 77 items, diviso in 2 parti: la 1° valuta l’età
pediatrica; la 2° la storia urologica, intestinale e sessuale da adulte. Criteri di inclusione: donne di 18-40
anni, sane e con sintomi urologici. Criteri di esclusione: diabete, patologie neurologiche, forme
infiammatorie pelviche, ≥2 parti vaginali, assunzione di diuretici e droghe. Verranno qui analizzati:
sintomi da riempimento (SR), sintomi da svuotamento (SS), enuresi e incontinenza urinaria (IU). Analisi
statistica: Mann-Whitney U e X2 test (P<0.05).
Risultati
Arruolate 194 donne (94 gruppo A;100 gruppo B). I 2 gruppi sono statisticamente omogenei per
caratteristiche demografiche. La Fig.1 (a,b,c) mostra la % di sintomi urinari nei gruppi. I SS nell’infanzia
correlano ai SS nell’età adulta nel 71.4% (p<0.001). Il 65% delle bambine con minzioni in più tempi e il
44.6% che utilizza il torchio addominale, svilupperanno SS da adulte (p<0.001). I SR nell’infanzia
correlano ai SR in età adulta nell’83.9% (p<0.004). Il 33.9% delle bambine che urinavano <4 volte/die, il
51.9% con 4–7 minzioni/die e l’ 87.5% con >7 minzioni/die presenteranno SS (p<0.001). La nicturia (N)
nell’infanzia correla con una maggiore frequenza minzionale (FM) diurna dell’adulto (p<0.05)). Non
correla FM da bambina con infezioni urinarie (IVU) e IU nell’adulto. Il 60.7% delle bambine con urgenza
minzionale (UM) svilupperà UM moderata in età adulta e il 23.2% UM severa (p<0.004). Il 29.8% delle
bambine con UM svilupperà IU da urgenza (IUU) da adulte (p<0.002). Il 53.9% delle bambine con IU,
presenterà IU da adulte (p<0.001): 42.8% da stress, 14.2 % IUU, 42.8% mista [IUM]. Solo il 23.5% delle
bambine continenti avrà IU da adulte (p<0.001). Le bambine con enuresi notturna (EN) non presentano in
modo significativo pollachiuria associata e non presentano correlazioni con disturbi dell’adulto.
Discussione
I SS e SR nelle bambine sono correlati a disfunzione urologiche dell’adulto. L’aumento della FM ed i SS
nelle bambine correlano con i SS da adulte (71.4%) mentre i SR correlano tra infanzia ed età adulta nel
83.9%, in particolare urgenza, pollachiuria e IUU. Le donne che da bambine avevano IU svilupperanno
più frequentemente IU da adulte, mentre L’EN non correla con le disfunzioni dell’età adulta.
Conclusioni
I disturbi urologici pediatrici possono essere predittivi di disturbi dell’adulto. E’ quindi necessario che
l’urologo pediatra accompagni con un corretto iter diagnostico e terapeutico, nonché di prevenzione,
queste bambine nel loro passaggio all’età adulta.
201
P 201
LUTS SECONDARI A TERAPIA ENDOCAVITARIA PER NEOPLASIA VESCICALE NON
MUSCOLO-INVASVIA: IL TRATTAMENTO CON ACIDO IALURONICO
E. Finotto, M. Bragadina, L. Cristinelli, S. Belotti, A. Moroni, C. Simeone (Brescia)
Scopo del lavoro
La terapia topica è la strategia più frequentemente utilizzata per ridurre l'incidenza di recidiva e la
probabilità di progressione in pazienti affetti da neoplasia vescicale non muscolo invasiva (NMIBC) ma
queste non risultano scevre da effetti collaterali e i più frequenti sono i disturbi irritativi minzionali. I
trattamenti con antibiotici o antinfiammatori sono spesso efficaci ma esiste un certo numero di cistiti
chimiche refrattarie o resistenti ai trattamenti standard. Lo scopo del lavoro è valutare l’efficacia del
trattamento topico con acido ialuronico (Ialuril ®) in questi pazienti e il confronto tra questa e la terapia
di secondo livello con anticolinergici.
Materiali e metodi
Sono stati selezionati 49 pazienti trattati con terapia endovescicale per NMIBC che hanno sviluppato
disturbi irritativi minzionali resistenti o persistenti dopo 7 giorni di terapia standard (NRS≥4; ICIQ ≥10). I
primi 22 pazienti sono stati avviati a terapia topica con acido ialuronico (2 somministrazioni
endocavitarie a distanza di 7 giorni, tempo minimo di contatto di 20 minuti), mentre i rimanenti 27 sono
stati avviati a terapia di secondo livello con anticolinergici (Solifenacina Succinato 5mg per 3 gg quindi
Solifenacina Succinato 10mg 1 cp die). Il primo campione era composto da 11 maschi (età media 69) ed
11 femmine (età media 70). Di questi, 6 trattati con epirubicina (4M, 2F) e 16 con BCG (7M, 9F). L'ICIQ
medio al tempo 0 era 14, l'NRS medio era 6.45. Il gruppo di controllo era composto da 16 maschi (età
media 68,5) e 11 femmine (età media 71) di cui 9 trattati con epirubicina (5M e 4F) e 18 con BCG (11M e
7F). L'ICIQ medio era 11,15 e il NRS 5,78. A tutti i pazienti sono stati somministrati i questionari ICIQLUTS e NRS a 24 ore, a 7, 8, 14 e 44 giorni dall’inizio della terapia sintomatica.
Risultati
Al confronto dei dati si evidenzia una correlazione statisticamente significativa tra la somministrazione di
acido ialuronico e il miglioramento sintomatologico valutato tramite questionari ICIQ e NRS e altresì tra
l'assenza della terapia ialuronica e il peggioramento dei disturbi (fig 2). Vi è una correlazione
statisticamente significativa (p<0,01) tra l’andamento dei punteggi ICIQ e NRS nel tempo e il farmaco
assunto (acido ialuronico vs anticolinergico).
Discussione
Valutando l’andamento dei punteggi ICIQ e NRS nei pazienti trattati con Ialuril® si nota una netta
riduzione della sintomatologia già dopo la prima instillazione e come il miglioramento si consolidi già
dalla seconda somministrazione di sostanza mentre tali risultati non sono altrettanto buoni con terapia
anticolinergica.
Conclusioni
L’efficacia dimostrata dall’acido ialuronico nel ridurre la sintomatologia irritativa minzionale e nel
mantenerla ridotta nel tempo apre una nuova possibilità al trattamento delle cistiti chimiche abatteriche
secondarie a terapia endocavitaria.
202
P 202
EFFICACIA CLINICA DELLA NEUROMODULAZIONE DEL NERVO TIBIALE
POSTERIORE (PTNS) NEL TRATTAMENTO DELL'IPOCONTRATTILITA' NON
NEUROGENA
G. MIRABILE, B. GENTILE, P. TARICIOTTI, L. ALBANESI, G. RIZZO, P. ALIJANI, G. VINCENTI,
R. GIULIANELLI (ROMA)
Scopo del lavoro
L’obiettivo del nostro studio è valutare l’efficacia e la sicurezza di un ciclo di neuromodulazione del
nervo tibiale posteriore prima del trattamento disostruttivo in pazienti affetti da ipocontrattilità non
neurogena con una capacità e sensibilità vescicale preservate
Materiali e metodi
Abbiamo trattato 19 pazienti maschi , età media 67 anni (52-78). 9 pz avevano un catetere a permanenza
da un massimo di 3 mesi e un minimo di 3 settimane, con almeno 2 tentativi infruttuosi di rimozione. 1 pz
eseguiva autocatetrismi intermittenti. Tutti pazienti non aveva trovato beneficio dalla terapia
farmacologica. Tutti i pz allo studio urodinamico presentavano Qmax < 10 ml/sec, e iuna P det al Q max
o durante il tentativo minzionale < = a 30 cmH20 con una media di P det 18 cmH20 (10-30 cmH20). Tutti
compilarono IPSS e Qol prima e dopo l’intervento. Tutti i pazienti vennero sottoposti ad un ciclo di
almeno 20 sedute di PTNS, 2 o 3 volte a settimana. Lo studio urodinamico era ripetuto alla fine della serie
valutando il Q max, la P det al Q max o durante il tentativo minzionale, la capacità cistomanometrica e il
residuo post-minzioanle.
Risultati
IPSS e QoL score dei pazienti senza catetere a permanenza era generalmente superiore ma non
statisticamente significativo. In 14 pazienti lo studio urodinamico post-PTNS dimostrava una P det al Q
max media di 36 cm H20 allo studio pressione /flusso ( 32-44 cmH20). In 5 pz abbiamo registarto un
miglioramneto della pressione detrusoriale nonostante inferiore a 30cmH20. In tutti i casi, dopo un ciclo
di PTNS, i pazienti erano sottoposti ad un trattamento chirurgico disostruttivo (endoscopico o open). Solo
2 pazineti con P det < a 30 cmH20 , dopo il trattamento chirurgico vennero addestrati per l’autocatetrismo
per l’elevato residuo post-operatorio.
Discussione
L’ipocontrattilità detrusoriale è definita come una riduzione della forza di contrazione con un prolungato
e/o incompleto svuotamento vescicale. La diagnosi è esclusivamente basata sullo studio urodinamico
invasivo. I potenziali fattori di rischio sono: l’età, il diabete, malattie neurogene, cardiovascolari, cause
ostruttive o psicologiche. Le biopsie del detrusore umano rivelano degenerazione assonale, perdita di
tessuto muscolare e fibrosi in caso di ipocontrattilità detrusoriale. L’efficacia di un trattamento chirurgico
disotruttivo è ancora controversa, anche per la difficoltà di valutare il grado di ostruzione vescicale.
Conclusioni
La PTNS è una procedura semplice, indolore, facile. L’uso dell’elettrodo a superficie può essere d’aiuto
anche per il trattamento domiciliare. Sembra essere in grado di migliorare la contrattilità detrusoriale, in
vista di un intervento chirurgico disostrutticìvo, in pazineti affetti da ipocontrattilità non neurogena
203
P 203
RECOVERY OF URINARY CONTINENCE AFTER RADICAL PROSTATECTOMY USIGN
EARLY VERSUS LATE PELVIC FLOOR ELECTRICAL STIMULATION AND
BIOFEEDBACK ASSOCIATED TREATMENT
M. INNOCENZI, G. MARIOTTI, S. CATTARINO, A. GENTILUCCI, S. SALCICCIA, A. FASULO,
M. VON HELAND, V. GENTILE, A. SCIARRA (ROMA)
Aim of the study
To compare the early versus late use of pelvic floor electrical stimulation (FES) plus biofeedback (BF) in
terms of time to recovery and rate of continence after radical prostatectomy (RP).
Materials and methods
Between April 2007 and April 2012 a total of 120 patients who underwent RP were prospectively
included in the study.In group 1 (60 cases) we included patients who presented an urinary leakage weight
for 24 hours equal or more than 50 gm, 14 days after catheter removal. In group 2 (60 cases) we included
who continued to present an urinary leakage weight for 24 hours equal or more than 50 gm, 12 months
after surgery.In both groups patients were prospectively submitted to the same program of BF + FES.
Results
Mean leakage weight became significantly lower (p<0.002) in group 1 than in group 2 starting from visit
1 (2 weeks) through visit 7 (24 weeks). However,a significant difference (p<0.05) between the two
groups in terms of percentage of continent patients was achieved only at 2 weeks (Group 1=20%; Group
2 = 0%) and 4 weeks (Group 1 =66.7%; Group 2 =46.7%) .The objective continence rate 6 months after
the beginning of treatment was 96.7% in group 1 and 91.7% in group 2.
Discussion
In all other intervals, although the percentage of continent cases was always higher in group 1 than in
group 2 , differences did not reached significance (p>0.05). Results on ICS-male questionnaire on
incontinence at the different intervals are described (supplementary tabe 2). In both groups only prostate
volume was significantly and independently associated with the time of continence achievement
(Univariate and multivariate regression analysis p =0.0001) . In particular, higher was prostate
volume,longer were times to continence recovery using BF+FES treatment.
Conclusions
In our experience, the treatment with BF and FES has a significant positive impact on the recovery of
urinary continence independently to the time in which it is used (early versus delayed) . This protocol
might represent a noninvasive method for all patients undergoing RP ,also in a 12- month interval from
surgery.
204
P 204
STUDIO DEL RIFLESSO H IN PAZIENTI CON DISFUNZIONI VESCICALI DOVUTE A
SCLEROSI MULTIPLA
J. Rossi de Vermandois, M. Gubbiotti, S. Proietti, A. Conte, A. Berardelli, A. Giannantoni (Perugia)
Scopo del lavoro
Studi neurofisiologici hanno mostrato che nei soggetti sani la trasmissione afferente vescicale (fibre Aδ e
C) modula l’eccitabilità dei motoneuroni spinali, come provato dalla misurazione del riflesso H dal
muscolo soleo, la cui ampiezza diminuisce alla massima capacità cistometrica (MCC) nel corso
dell’esame urodinamico(EUD). Mentre esistono alcune informazioni sul comportamento del riflesso H
nei pazienti con malattia di Parkinson e lesioni del midollo spinale, non ci sono studi in pazienti con
iperattività detrusoriale (ID) dovuta a Sclerosi Multipla (SM). Outcomes dello studio sono stati:
investigare con la rilevazione del riflesso H in corso di EUD, se la disfunzione vescicale nella SM
dipenda da lesioni sovrapontine o spinali e quali siano i meccanismi alla base dell’effetto della tossina
botulinica A intradetrusoriale(Bont/A) sulla ID nella SM.
Materiali e metodi
Sono stati studiati 25 pazienti affetti da SM, con ID e vescica iperattiva (OAB)refrattaria. 18 soggetti sani
hanno agito da gruppo controllo. La valutazione preliminare comprendeva: esame obiettivo neurologico
ed urologico, diario minzionale di 3 giorni consecutivi ed EUD con la simultanea registrazione del
riflesso H, rilevato alla stimolazione del nervo tibiale destro. Successivamente i pazienti sono stati
sottoposti ad infiltrazione intradetrusoriale di BoNT/A 100 U. Le indagini cliniche basali sono state
ripetute nei pazienti con SM ad 1 mese dal trattamento.
Risultati
All’EUD basale, il valore medio del volume delle contrazioni detrusoriali non inibite e la pDdetmax di
tali contrazioni erano rispettivamente 161 ± 45 ml e 33 ± 12 cm H2O. La CCM media era pari a 267 ± 39
ml. Un mese dopo il trattamento, si osservava un significativo miglioramento di tutti i parametri clinici ed
urodinamici. Nei soggetti sani non si rilevavano alterazioni urodinamiche. Il riflesso H risultava
significativamente inibito nei soggetti sani alla MCC (p <0.001), mentre rimaneva pressoché invariato
nelle pazienti con SM (p = 0.71).
Discussione
A differenza dei soggetti sani dove il riflesso H diminuisce alla MCC, nei pazienti con SM e ID il riflesso
H rimane sostanzialmente immodificato. Come aspettato, in tali pazienti la BoNT/A migliorava
significativamente i sintomi urinari e la ID, ma non induceva effetti significativi sul riflesso H.
Probabilmente, nonostante l’elevato carico lesionale soprapontino dei nostri pazienti, le lesioni del
midollo spinale sono responsabili in prima istanza della disfunzione vescico-sfinterica in pazienti con
SM. In aggiunta, la modulazione della sensazione vescicale nel corso del riempimento da parte della
neurotossina, supporta l’ipotesi di una modulazione vescicale afferente a partenza dal muscolo detrusore.
Conclusioni
L’infiltrazione intradetrusoriale di BoNT/A migliora i sintomi urinari e le disfunzioni uro dinamiche in
pazienti con SM, ma non ne modifica l’eccitabilità dei motoneuroni spinali.
205
P 205
ONABOTULINUMTOXIN-A NEL TRATTAMENTO DI IPERATTIVITA’ E DISSINERGIA
DELLA VESCICA NEUROLOGICA DA LESIONE MIDOLLARE. STUDIO COMPARATIVO
PROSPETTICO RANDOMIZZATO TRA DIFFERENTI DOSAGGI.
M. Pastorello, M. Menarini, L. Corradi, R. Ballario, G. Caleffi, A. Molinari, G. Campo, S. Cavalleri
(Negrar)
Scopo del lavoro
La iniezione di tossina botulinica nelle pareti vescicali dei pazienti (paz) con lesione midollare, in
presenza di iperattività–dissinergia non responsiva ad altre terapie, costituisce da circa 13 anni
trattamento efficace, condotto con dosaggi e diluizioni variabili. Lo studio Dignity NCT00311376
(Ginsberg J Urol 2012) ha equiparato per efficacia sulla vescica neurologica il dosaggio di 200UI a quello
di 300UI di OnabotulinumToxin A (BoNT-A). Scopo primario del presente lavoro: valutare la persistenza
nel tempo del trattamento con BOnTA nei due diversi dosaggi su paz con vescica iperattiva-dissinergica
(NDO) da lesione midollare traumatica (SCI), mediante studio prospettico comparativo.
Materiali e metodi
Da Febbr 2012 a Febbr 2015, 64 pazienti (paz) con NDO da SCI C4-T9 sono stati arruolati e
randomizzati 1:1 in due braccia di trattamento con BoNT-A, a ricevere rispettivamente 200 (gruppo A) o
300UI (gruppo B). La popolazione, con SCI non inferiore a 2 anni, presentava età media di 43 a (16-69),
48 maschi e 16 femmine, tutti in cateterismo intermittente (CIC) e tutti con episodi di incontinenza (UI).
Tutti già trattati con antimuscarinici, 23 già con pregresse iniezioni di BoNT-A, antecedenti almeno 14
mesi l’accrual nello studio. In entrambi i gruppi BoNT-A è stata endoscopicamente iniettata nelle pareti
vescicali in 30ml di diluizione fisiologica, in 30 ponfi diffusi, escluso il trigono. Valutazione delle
risposte mediante: Esame Urodinamico (sec parametri ICS) al tempo 0 e dopo 6 mesi, con valutazione
capacità cistometrica (MCC) e massima pressione detrusoriale alla prima contrazione non inibita(MDP al
1°IDC); Diario minzionale (DM) con registrazione n°CIC e n°episodi di UI; Controllo ambulatoriale ogni
3 mesi con es urine e urinocoltura. Ritrattamento (2°ciclo) dopo riduzione efficacia oltre il 50%, dopo
almeno 6 mesi dal primo.
Risultati
Dei 64 paz arruolati, 23 per ciascun braccio, dopo 3 aa 21 (91,3%) hanno completato lo studio nel gruppo
A e 20 (87%) nel gruppo B. Risultati del primo (1) e secondo (2) ciclo. Al 3°mese: episodi UI: 1)-69%,
2)-67% nel gruppo A; 1)-73%, 2)-75% nel gruppo B. Al 6° mese: episodi UI: 1)-71%, 2)-74% nel gruppo
A; 1)-74%, 2)-72% nel gruppo B. UD: MCC: 1)+59%, 2)+62% nel gruppo A; 1)+64%, 2) +67% nel
gruppo B. MDP al 1°IDC: 1)-38%, 2)-36% nel gruppo A; 1)-41%, 2)-43% nel gruppo B. Al 9°mese:
episodi UI: 1)-55%, 2)-58% nel gruppo A; 1)-74%, 2) -77% nel gruppo B; al 12°mese: episodi di UI: 1)36%, 2)-43% nel gruppo A; 1)-62%, 2)-68% nel gruppo B.
Discussione
I dati emersi dallo studio evidenziano una maggiore persistenza dell’effetto terapeutico nel gruppo B,
trattato con BoNT-A a 300UI, rispetto alla popolazione del gruppo A, ove già al 9° mese ricompare NDO
sintomatica. Non si sono invece registrate significative differenze di efficacia tra i due gruppi sino al 6
mese.
Conclusioni
Nei pazienti con SCI, BoNT-A a 300UI consente un controllo della NDO maggiormente protratto rispetto
al dosaggio con 200UI.
206
P 206
SONO ADEGUATI I RIMBORSI DELLE INFILTRAZIONI VESCICALI CON TOSSINA
BOTULINICA ?
E. Andretta, S. Benzone, A. Ascione, M. Golfetto, G. Artuso (Dolo)
Scopo del lavoro
Valutare i costi delle “infiltrazioni vescicali con OnabotulinumtoxinA” (ITox) e l’adeguatezza dei
rimborsi del Sistema Sanitario Nazionale.
Materiali e metodi
Tale indagine è stata condotta nell’ultimo trimestre del 2013 in un singolo ospedale. Sono stati distinti i
costi complessivi (materiali di consumo, farmaco, personale e costi generali/comuni) per l’incontinenza
urinaria da urgenza da vescica neurologica (NDO) - codice patologia 59655/59654 - e da vescica
iperattiva idiopatica (OAB) - codice patologia 78831/78863 -. Tali costi sono poi stati confrontati con i
rimborsi previsti dal tariffario regionale in caso di prestazione ambulatoriale, in day hospital ed in regime
di ricovero.
Risultati
Il costo medio di ITox è risultato di 694 € per NDO e di 469 € per la OAB, ripartiti come indicato nella
tabella 1. Il rimborso previsto dal tariffario ambulatoriale regionale, escluso il costo del farmaco, è di 143
€. Se ITox vengono eseguite con ricovero del paziente, il rimborso previsto per il DRG chirurgico 309 è
di 2369 € mentre nel caso dei DRG medici 326 e 332 il rimborso varia dai 200 € del Day Hospital ai 948
€ del ricovero ordinario (previsto per le situazioni più complesse). Pertanto con le attuali tariffe se ITox
non vengono praticate in regime di ricovero vi è un saldo negativo medio per singola prestazione di 494/551 € per la NDO e di -269/426 per la OAB.
Discussione
ITox hanno un maggior costo medio di circa 225 € nella NDO rispetto alla OAB, dovuto ai costi del
maggior numero di infermieri coinvolti e del dosaggio doppio di tossina botulinica A (peraltro nella OAB
i costi potrebbero essere ulteriormente ridotti eseguendo la procedura al di fuori della sala operatoria).
Nella maggior parte dei casi la procedura di ITox ben si presta all’esecuzione ambulatoriale - nella nostra
esperienza è la modalità preferibile di gestione anche dei pazienti neurologici dal 2^ trattamento in poi ma gli attuali rimborsi non ne coprono i costi se non in regime di ricovero, ricovero che riteniamo
sovradimensionato nonché sgradito alla maggioranza dei pazienti.
Conclusioni
Il setting ambulatoriale è ideale per l’esecuzione delle ITox, nonchè economicamente vantaggioso per il
Sistema Sanitario Regionale. Purtroppo al momento attuale l’esecuzione di tale procedura in regime
ambulatoriale non è economicamente sostenibile. Si auspica pertanto la creazione di una tariffa specifica
per ITox in setting ambulatoriale anche laddove si consideri che tale intervento andrebbe incoraggiato per
le ulteriori ed importanti ricadute economiche legate sia al ridotto consumo di presidi per l’incontinenza
che alla riduzione della frequenza di infezioni urinarie.
207
P 207
TRATTAMENTO RIPETUTO CON MULTIPLE INFILTRAZIONI INTRADETRUSORIALI DI
ONABOTULINUMTOSSINA A IN PAZIENTI AFFETTI DA VESCICA IPERATTIVA
REFRATTARIA: RISULTATI A LUNGO TERMINE.
M. Gubbiotti, J. Rossi de Vermandois, S. Proietti, L. Durante, E. Costantini, A. Giannantoni (Perugia)
Aim of the study
Studi precedenti hanno confermato l’efficacia e la sicurezza di una singola infiltrazione di
Onabotulinumtoxin- A (Onabot/A) nel trattamento della vescica iperattiva (OAB) refrattaria, ma pochi
sono i dati sull’efficacia di ripetizione infiltrazioni. Scopo dello studio è stato valutare l’efficacia, la
sicurezza e la compliance a lungo termine di trattamenti ripetuti con Onabot/A in pazienti con OAB
refrattaria.
Materials and methods
Da Gennatio 2001, 64 pazienti affetti da OAB sono stati ripetutamente trattati con infiltrazioni
intradetrusoriali di Onabot/A. Alla valutazione basale i pazienti sono stati sottoposti a compilazione del
diario minzionale di 3 giorni consecutivi, esame urine ed urinocoltura, uroflussimetria con valutazione del
residuo post- minzionale (RPM) e VAS sull’impatto dei sintomi urinari sulla qualità della vita (QoL). I
pazienti sono stati sottoposti a multiple infiltrazioni di 100 U di Onabot/A, sulla base della richiesta/
bisogno del paziente, a distanza di almeno 12 settimane dal precedente trattamento. Follow- up: a 15
giorni, 1, 3, 6 e 12 mesi dopo il trattamento i pazienti sono stati sottoposti alle stesse indagini basali,
valutando anche la necessità di eseguire cateterismi intermittenti di svuotamento (IC).
Results
59 pazienti erano donne e 5 uomini. L’età media alla prima infiltrazione era 54.4±5.6. Riportiamo i dati
clinici relativi alla valutazione basale e all’ultimo follow- up. 31 pazienti sono stati sottoposti a 2
infiltrazioni, 18 a 3, 10 a 4, 2 a 5, 1 a 7 e 2 a 10. Il numero medio di infiltrazioni per ogni paziente è stato
di 3.01±1.6. L’intervallo medio tra due infiltrazioni consecutive è stato di 7.2±2.1 mesi. I risultati clinici
sono riportati nella Tabella. All’ultimo follow up. il valore medio della VAS sulla QoL era 9.1±0.5. Tale
miglioramento è stato mantenuto in tutti i pazienti nel corso del tempo. Un RPM >200 ml si è osservato in
4 pazienti, non necessitando comunque l’esecuzione di IC. Il valore medio delle infezioni urinarie/anno
per singolo paziente è stato 4.1±1.6. Non sono stati riscontrati effetti avversi di tipo grave.
Discussion
Recentemente, la riscontrata efficacia e la tollerabilità del trattamento con Onabot/A nei pazienti affetti da
OAB ha consentito la sua inclusione nell’algoritmo terapeutico di tale condizione. I nostri risultati
dimostrano che il trattamento ripetuto con la neurotossina è efficace e sicuro nel controllo dell’OAB
anche nel lungo termine.
Conclusions
Il nostro lavoro è uno degli studi longitudinali più lunghi nel follow- up del trattamento dell’OAB. I nostri
risultati dimostrano che la ripetizione di infiltrazioni con Onabot/A è in grado di ridurre i sintomi
dell’OAB e di migliorare la QoL in tali pazienti, con un tasso di complicanze minore rispetto a quello
riportato da altri studi.
208
P 208
INFILTRAZIONI INTRADETRUSORIALI DI ONABOTULINUMTOXINA IN PAZIENTI
AFFETTI DA SINDROME DELLA VESCICA IPERATTIVA: BEST- PRACTICE
MANAGEMENT
J. Rossi de Vermandois, M. Gubbiotti, M. Bevacqua, E. Illiano, E. Costantini, A. Giannantoni (Perugia)
Aim of the study
L’obiettivo dello studio è stata la valutazione dei diversi protocolli di trattamento con infiltrazione
intradetrusoriale di Onabotulinumtossina A in pazienti affetti da vescica iperattiva (OAB) refrattaria ai
comuni anticolinergici.
Materials and methods
87 pazienti di entrambi i sessi, di età superiore a 18 anni, affetti da OAB con o senza incontinenza
urinaria, sono stati trattati con infiltrazioni intradetrusoriali di Onabot/A in regime di ricovero o in regime
ambulatoriale. E’ stata valutata la durata della degenza ospedaliera e della permanenza in ambulatorio per
l’espletamento della procedura, la frequenza della cateterizzazione post-infiltrazione, delle complicanze
pre e post- operatorie e il grado di soddisfazione al trattamento (VAS al trattamento). I pazienti sono stati
valutati prima e 15 giorni dopo il trattamento mediante compilazione del diario minzionale di 3 giorni
consecutivi, uroflussometria con valutazione del residuo post- minzionale (RPM) e VAS sull’impatto dei
sintomi urinari sulla qualità della vita (QoL).
Results
Riportiamo i risultati di 64 pazienti (59 donne e 5 uomini) sottoposti ad almeno due infiltrazioni
consecutive di Onabot/A. 21 pazienti sono stati trattati in regime di ricovero ordinario e sottoposti ad
infiltrazione con l’uso di anestesia generale; 43 pazienti sono stati trattati in regime ambulatoriale con
anestesia locale. Nei pazienti trattati in regime di ricovero, la durata media di degenza e di
cateterizzazione è stata rispettivamente 39.4±12.6 e 37.8±10.6 ore; i punteggi medi della VAS alla
soddisfazione al trattamento e della VAS sull’impatto dei sintomi urinari sulla QoL sono stati 6.3±1.1 e
8.2±1.3. Il valore medio del RPM è stato 74.3±15.2 ml. La frequenza di infezioni urinarie (IVU), valutata
nei sei mesi successivi al trattamento, è stata 2.4±1.6. Nei pazienti trattati ambulatorialmente, la durata
media di cateterizzazione, di permanenza in ambulatorio e la frequenza media di IVU sono state inferiori
a quelle dei pazienti trattati in regime di ricovero. In questo gruppo di pazienti, i valori medi della VAS al
trattamento e della VAS sulla QoL sono stati …..rispettivamente.
Discussion
ll nostro studio dimostra che l’infiltrazione intradetrusoriale di Onabot/A è una procedura semplice
eseguibile in regime ambulatoriale con l'uso di anestesia locale. La frequenza di IVU successiva al
trattamento è risultata bassa rispetto ad altri studi. In nessun paziente è stato necessario ricorrere al
cateterismo intermittente. Tali risultati possono essere dovuti all'impiego di una bassa dose di Onabot/A
sin dall'inizio del trattamento.
Conclusions
L’infiltrazione intradetrusoriale di Onabot/A in pazienti affetti da OAB refrattaria è una semplice e
ripetibile procedura, eseguibile in ambulatorio mediante anestesia locale. Rare sono le complicanze intra e
post- operatorie. Tali risultati sono dovuti all’acquisizione di una maggiore esperienza nel tempo insieme
con la disponibilità di un centro urologico dedicato a questa tipologia di pazienti.
209
P 209
IL MIGLIORAMENTO DELL’INCONTINENZA DA URGENZA IN PAZIENTI CON VESCICA
IPERATTIVA TRATTATI CON TOSSINA BOTULINICA A SI MANTIENE NEL TEMPO:
RISULTATI A 3.5 ANNI.
A. Tubaro, D. de Ridder, V. Nitti, D. Sussman, P. Sand, K. Sievert, S. Radomsky, C. James, A. Magyar,
C. Chapple (Roma)
Scopo del lavoro
Presentiamo i risultati finali di uno studio di estensione volto a valutare i risultati a medio termine (3.5
anni) del trattamento con tossina botulinica A (Onabot/A) in pazienti con incontinenza urinaria da
urgenza e sindrome della vescica iperattiva (OAB).
Materiali e metodi
I pazienti che avevano completato qualsiasi dei due studi di fase III per la registrazione della tossina
Onabot/A erano eleggibili per lo studio di estensione di 3 anni nel quale sarebbero stati effettuati
trattamenti multipli con Onabot/A alle dosi di 100 U. I dati sono stati analizzati nella popolazione
generale dei pazienti (829 pz) e nei diversi gruppi che hanno ricevuto 1 (n=105), 2 (n=118), 3 (n=117), 4
(n=83), 5 (n=46), o 6 (n=33) trattamenti alla dose di 100 U durante lo studio (502 pazienti).
Risultati
Il 51.7% dei 829 pazienti arruolati hanno completato lo studio. La percentuale di interruzione a seguito di
effetti collaterali o mancanza di efficacia è risultata bassa (5.1 e 5.7% rispettivamente); le altre ragioni di
abbandono dello studio non sono risultate essere legate al trattamento. La riduzione media degli episodi di
incontinenza urinaria da urgenza/giorno, misurata alla 12a settimana (end-point primario) è risultata
consistente nei diversi gruppi che hanno ricevuto da 1 a 6 trattamenti. Una parte importante dei pazienti
(70.0 - 93.5%), nei diversi gruppi, ha riferito un miglioramento o un grande miglioramento utilizzando la
Treatment Benefit Scale, valutata anch’essa alla 12a settimana (endpoint comprimario). La mediana del
tempo al ritrattamento è risultata essere inferiore a 6 mesi nel 34.2% dei casi, tra 6 e 12 mesi nel 37.2% e
maggiore di 12 mesi nel 28.5% dei pazienti. L’evento avverso più comune è stato l’infezione delle vie
urinarie, non si è verificata alcuna modificazione della sicurezza del trattamento nel tempo.
Discussione
I risultati del trattamento a lungo-termine con la tossina Onabot/A dimostrano una consistente riduzione
degli episodi di incontinenza urinaria da urgenza in pazienti con OAB. Una elevata percentuale dei
pazienti hanno riferito un miglioramento dopo ciascun trattamento senza che emergessero nuovi eventi
avversi.
Conclusioni
La tossina Onabot/A è efficace e ben tollerata nel trattamento a lungo termine dell’incontinenza urinaria
da urgenza in pazienti con OAB.
210
P 210
TRATTAMENTO DELLE COMPLICANZE DOPO IMPIANTO DI PROTESI PROACT® PER
INCONTINENZA URINARIA DA SFORZO MASCHILE: STUDIO RETROSPETTIVO SU 252
IMPIANTI IN UN SINGOLO CENTRO
M. Abbinante, B. Grossetti, G. Giannarini, G. Descloux, S. Praturlon, V. Ficarra (Udine)
Scopo del lavoro
Valutare il tipo di trattamento delle complicanze dopo impianto di protesi ProACT® per incontinenza
urinaria da sforzo dopo prostatectomia radicale (PR) e i suoi risultati.
Materiali e metodi
Dal 11/2005 al 06/2013 sono stati eseguiti nel nostro centro 252 impianti di protesi ProACT® in 179
pazienti con incontinenza urinaria da sforzo dopo PR. Il posizionamento è stato effettuato fino al 11/2009
con guida fluoroscopica (n=157) e successivamente con guida ecografica transrettale (n=95). Il 20% dei
pazienti sottoposti al posizionamento con tecnica fluoroscopica, era stato in precedenza radiotrattato. Il
14% dei pazienti sottoposti al posizionamento con tecnica ecografica, era stato in precedenza
radiotrattato. Outcomes dello studio sono tasso di complicanze, tipo di trattamento e suoi risultati.
Risultati
In 72/157 (46%) impianti con guida fluoroscopica, e in 29/95 (31%) impianti con guida ecografica si è
verificata almeno una complicanza. In 17 (11%) casi con guida fluoroscopico si è verificata infezione, in
28 (18%) rottura e in 27 (17%) erosione della protesi. In 5 (5%) casi con guida ecografico si è verificata
infezione, in 14 (15%) rottura e in 10 (11%) erosione della protesi. Il tasso di reintervento è stato 39% nel
primo gruppo e 27% nel secondo. Il trattamento dell’infezione e della rottura della protesi è stata la sua
rimozione (166/252, 66%). Tale procedura è stata eseguita con un intervento ambulatoriale in anestesia
locale nel 56% dei casi. Nel 10% dei casi si è reso necessario un intervento in anestesia spinale per
difficoltà nell’isolamento della protesi a causa del processo flogistico o per sua rottura durante la
procedura di asportazione. In 70/252 (28%) casi è stato necessario un reintervento per la rimozione della
protesi a causa di erosione uretrale o vescicale. Il trattamento è stato conservativo in tutti questi pazienti
con posizionamento di catetere vescicale ed epicistostomia per 8 settimane con controllo
uretrocistoscopico a 4 settimane, alla rimozione della protesi e 3 mesi dopo. In tutti i casi si è ottenuta una
completa riepitelizzazione della breccia senza ulteriori trattamenti. Un paziente ha sviluppato una stenosi
serrata dell’anastomosi vescico-uretrale a circa 4 mesi dalla rimozione del catetere vescicale e
dell’epicistostomia, trattata con incisione endoscopica.
Discussione
La valutazione a lungo termine dei risultati della tecnica mininvasiva di impianto dei ProACT® ha
dimostrato un alto tasso di complicanze (40%), con la necessità di ricorso ad un reintervento nella
maggioranza dei casi (34%). Sebbene l’erosione della protesi rappresenti a tutt’oggi la complicanza più
temibile, i nostri risultati a breve termine mostrano un buon esito del trattamento conservativo. È
necessario, però, un adeguato follow-up per valutare lo stato locale dei tessuti a distanza.
Conclusioni
L’elevato tasso di complicanze e di reintervento non sembra giustificare l’impianto delle protesi
ProACT® per il trattamento dell’incontinenza urinaria da sforzo maschile dopo PR.
211
P 211
OUTCOMES DEL SISTEMA PRO-ACT NELLA CURA DELL'INCONTINENZA URINARIA
DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE
S. Belotti, A. Moroni, I. Mittino, C. Palumbo, L. Cristinelli, A. Antonelli, C. Simeone (Brescia)
Scopo del lavoro
L’incontinenza urinaria dopo prostatectomia radicale rimane una temuta complicanza, che pur con diversa
gravità ed in percentuale molto variabile può interessare sino al 40% dei pazienti operati. Scopo del
lavoro è analizzare la nostra esperienza nell’utilizzo del dispositivo proACT (Adjustable Continence
Therapy).
Materiali e metodi
Nel nostro istituto negli ultimi 9 anni 41 pazienti sono stati sottoposti ad impianto di dispositivo Pro ACT
per incontinenza da stress post-prostatectomia radicale. L’incontinenza è stata valutata in base al numero
dei pannolini e classificata come: lieve, moderata e severa. In totale sono state effettuate in anestesia
spinale 55 procedure, prevalentemente con guida radiologica. Il tempo medio dell’intervento è stato di 45
min. Successivamente i paziente sono stati sottoposti a riempimenti mensili con 0.5 od 1 cc di soluzione
fisiologica e mdc.
Risultati
In complesso, esclusi i riempimenti in corso, consideriamo un totale di 52 impianti, con un follow up
medio di 33 mesi (range 2 – 89). 27 impianti sono stati rimossi in anestesia locale: 10(37%) per rottura
spontanea di cui 6 bilaterali e 4 monolaterali, 9(33%) per mancato beneficio, 7(26%) per migrazione del
dispositivo in uretra di cui un paziente radiotrattato, 1(4%) per infezione in sede di impianto in corso di
terapia endocavitaria con BCG per neoplasia vescicale. 11(52%) di questi pazienti sono stati
successivamente sottoposti a reimpianto del dispositivo e sul secondo reimpianto si sono verificati 2
dislocazioni, 2 rotture e in 1 caso malfunzionamento del dispositivo.In 3 pazienti si è deciso di procedere
ad un terzo reimpianto, ottenendo un nuovo insuccesso il 2 casi.
Discussione
Il 42% dei pazienti ha avuto beneficio pressoché completo, il 31% beneficio parziale, mentre nel 27% dei
casi c’è stato un fallimento terapeutico. Dei 5 impianti eseguiti in pazienti radiotrattati in 2 casi c’è stato
un miglioramento clinico, mentre in 2 di questi pazienti è in programma il posizionamento di sling
antincontinenza. La nostra percentuale di successo dei dispositivi Pro-ACT risulta in accordo con la
letteratura.
Conclusioni
La nostra esperienza segnala una percentuale importante di rotture spontanee a distanza media di 23 mesi
(range 1 – 70). Questo tipo di complicanza a distanza di tempo, soprattutto nel caso di successo
terapeutico rappresenta un importante fallimento per un dispositivo protesico, vissuto drammaticamente
dal paziente, soprattutto perché con un riposizionamento del dispositivo non sempre si ottiene un
completo beneficio terapeutico.
212
P 212
TRATTAMENTO DELL’INCONTINENZA URINARIA DA SFORZO MASCHILE MEDIANTE
SLING TRANSOTTURATORIA TILOOP MALE®
E. Sacco, R. Bientinesi, S. Recupero, F. Pinto, M. Racioppi, A. Totaro, P. Bassi (Roma)
Scopo del lavoro
Riportare i risultati a medio termine su efficacia e sicurezza di una nuova sling per l’incontinenza da
sforzo post-chirurgica maschile.
Materiali e metodi
Studio prospettico monocentrico. Dal 11/2012 al 01/2015, 25 pazienti affetti da incontinenza urinaria da
sforzo dopo prostatectomia radicale (21) o dopo TURP (4) sono stati sottoposti a impianto di sling
transotturatoria con tecnica inside-out sec. DeLeval. La sling utilizzata è la TiLoop Male® (pfmmedical,
Köln, Germany), una mesh a due braccia, in polipropilene rivestita di titanio per migliorarne la
biocompatibilità. I pazienti sono stati valutati preoperatoriamente e a 3-6-12 mesi postoperatori con
uroflussometria, numero di pannolini/die (PPD), studio urodinamico (preoperatorio), International
Consultation on Incontinence Questionnaire–Short Form (ICIQ-SF) e Patient Global Impression of
Improvement (PGI-I; score 1-7), grado di soddisfazione(si/no). La guarigione è stata definita come zero
PPD o impiego di un assorbente di sicurezza, mentre una riduzione di almeno il 50% del numero di
pannolini è stata considerata come miglioramento.
Risultati
Ventitre pazienti (92%) sono stati valutati escludendo due (pregressa prostatectomia radicale) persi al
follow-up. Preoperatoriamente, 11 (48%) e 12 (52%) pazienti usavano due o da tre a cinque PPD,
rispettivamente. Due pazienti erano precedentemente radiotrattati. Dopo un follow-up mediano di 12 mesi
(4-26 mesi), 14 (61%) pazienti risultano guariti, 5 (22%) risultano migliorati e 4 (17%) non hanno
riportato beneficio (pazienti con uso di 4-5 pads/die, due radiotrattati). Lo score medio del ICIQ-SF si è
migliorato da 17,3 nel preoperatorio a 7,6 nel postoperatorio (p<0.01), mentre il QoL score (domanda 5) e
migliorato da 8,8 a 3,2 (p<0.01). Al PGI-I, 19 (82,6%) pazienti hanno riferito un miglioramento.
Diciassette (74%) pazienti si sono dichiarati soddisfatti. Il Qmax e il residuo postminzionale sono risultati
statisticamente invariati. Le complicanze sono state lievi (Clavien- Dindo grade I), nessun paziente ha
presentato ritenzione urinaria postoperatoria e la complicanza più frequente è stata il dolore perineale
(43%) risoltosi entro massimo 3 mesi dall’intervento.
Discussione
I risultati preliminari della sling transotturatoria TiLoop Male® sono soddisfacenti e sovrapponibili a
quelli riportati in letteratura per sling simili di tipo fisso, in una casistica con incontinenza di grado
prevalentemente moderato-severo. Gli insuccessi hanno riguardato pazienti con incontinenza severa o
radiotrattati, pertanto una migliore selezione dei pazienti potrebbe ulteriormente migliorare i risultati.
Conclusioni
La sling transotturatoria TiLoop Male® risulta efficace soprattutto in pazienti con incontinenza lievemoderata e la tecnica inside-out impiegata risulta sicura. Studi prospettici su casistiche di maggiore
numerosità sono necessari per confermare questi risultati.
213
P 213
ARGUS-T DEVICE NEL TRATTAMENTO NELL’INCONTINENZA URINARIA MASCHILE:
RISULTATI A BREVE TERMINE IN 182 PAZIENTI
S. Siracusano, A. Kugler, M. Favro, C. Tallarigo, F. Visalli, S. Ciciliato, M. Saccomanni, L. Toffoli, T.
Silvestri, G. Di Cosmo, R. Talamini (Trieste)
Scopo del lavoro
E’ noto che il 5-48% dei pazienti sottoposti a prostatectomia radicale è affetto da insufficienza sfinterica
con incontinenza urinaria da sforzo (IUS). Lo sfintere urinario artificiale è considerato il trattamento gold
standard per questo tipo di patologia. Dati recenti apparsi in letteratura riportano che nei pazienti con IUS
di piccola e media entità il posizionamento dello sling sottouretrale consente un recupero soddisfacente
della continenza urinaria in un buon numero dei casi. Lo scopo di questo studio è di valutare i risultati a
breve termine dei pazienti trattati con dispositivi ARGUS-T.
Materiali e metodi
Dal Giugno 2008 al Marzo 2013, 161 pazienti affetti da IUS post-prostatectomia radicale e 21 pazienti
affetti da IUS post-TURP sono stati sottoposti a posizionamento del dispositivo ARGUS-T. La
popolazione in studio è stata suddivisa in base al grado di incontinenza: lieve (1-2 pad/die), moderata (3-5
pad/die) e grave (>5 pad/die). E’ stato considerato come risultato soddisfacente il miglioramento o la
risoluzione dell’incontinenza urinaria rispetto alla condizione di partenza. 21/182 pazienti (11.5%) erano
affetti da IUS lieve, 96/182 pazienti (52.7%) erano affetti da IUS moderata e 65/182 pazienti (35.7%)
erano affetti da IUS grave. 49/182 pazienti (26.9%) erano stati precedentemente sottoposti a radioterapia
adiuvante. Per ogni paziente è stata valutata la qualità di vita mediante l’impiego di questionari specifici
(VAS score scale/ QoL score scale) ed è stato quantificato il numero di pad impiegati giornalmente prima
e dopo il posizionamento di ARGUS-T.
Risultati
L'età media dei pazienti era di 71 anni (range 50-86 anni) mentre il follow-up medio è stato di 22 mesi (159 mesi). Nel nostro studio la continenza è apparsa soddisfacente in 157/182 pazienti (86.2%) mentre nel
sottogruppo di pazienti con pregressa radioterapia adiuvante hanno ottenuto risultati soddisfacenti 37/49
pazienti (75.5%). L’analisi statistica ha dimostrato differenze significative per quanto riguardava il
numero di pad impiegati giornalmente prima e dopo la procedura di posizionamento dello sling (p
<0.0001). Analoga significatività statistica è stata riscontrata per quanto concerne il miglioramento della
QoL secondo quanto indicato dagli appositi questionari specifici (p <0.0001).
Discussione
Le procedure di sling risultano più semplici e meno invasive rispetto all’impiego dello sfintere urinario
artificiale. In particolare l'uso dell’approccio trans-otturatorio sembra essere più sicuro e di più facile
applicazione rispetto all'approccio per via retropubica, con una minore incidenza di complicanze
intraoperatorie. Al momento questo studio è il primo a presentare i risultati a breve termine, per quanto
riguarda il dispositivo ARGUS-T.
Conclusioni
ARGUS-T sembra essere un device sicuro ed il suo utilizzo sembra essere indicato nei pazienti con
incontinenza lieve e moderata.
214
P 214
RISULTATI DELL’IMPIANTO DI SFINTERE URINARIO ARTIFICIALE CON DOPPIA
CUFFIA COME INTERVENTO PRIMARIO O SECONDARIO NEI CASI DI INCONTINENZA
URINARIA SEVERA.
M. Aragona, K. Sayedahmed, C. Bischoff, M. Reichert, J. Ekrutt, B. Kaftan, R. Olianas (Lueneburg,
Germania)
Scopo del lavoro
L’ Impianto di sfintere Artificiale AMS 800® in pazienti con incontinenza urinaria severa rappresenta il
gold standard per il trattamento della incontinenza urinaria severa. Nel nostro lavoro abbiamo valutato i
risultati dei sistemi impiantati con doppia cuffia come soluzione iniziale o come soluzione di salvataggio
in caso di incontinenza recidiva.
Materiali e metodi
Valutazione retrospettiva delle variabili pre e post-operatorie di tutti i Pazienti sottoposti ad impianto di
sfgointere artficiale con doppia cuffia presso la nostra clinica. In particolare sono state prese in
considerazione le complicanze e il tasso di successo (continenza) come endpoint del Nostro Studio.
Risultati
L’eta’ media era pari a 67 anni (43-86 anni). In 49 casi (63,6%) l# impianto di una doppia cuffia e’
costituiva il trattamento inziale, in 38 casi (49,4%) l’impianto di una doppica cuffia veniva adottato
compe terapia secondaria per la recidiva o persistenza di incontienza in pazienti precedentemente
sottoposti ad impianto di sfintere urinario artfiiciale con singola cuffia. Nei pazienti inizialmente trattatti
con doppia cuffia il 79,6 % (39 Pazienti) presentava una storia di Radioterapia per carcinoma della
prostata. Il Follow-Up medio e’ pari a 44,6 Mesi (8-86). Nell’ arco del follow up abbiamo osservato
complicazioni nel 19,5% die pazienti: Erosioni Uretrali 4 casi (5,2%), atrofia tissutale 7 casi (9,1%),
complicazioni meccaniche del sistema 4 casi (5,2%). Non sono state osservate infezioni primarie del
sistema protesico. 9 dei suddetti Pazienti sono stati sottopposti a revisione chirurgica con successo (60%).
Risultati della continenza: 77,9% dei pazienti necessitano 0-1 Pad/die, 22,1% necessitano piu’ di 1
pad/die. L’ 80,5% die Pazienti (62) si riferisce soddisfatto del proprio grado di continenza e riferiscono un
netto miglioramento della qualita’ di vita in seguito all’intervento chirurgico.
Discussione
Nel nostro centro l ‚impanto di una doppia cuffia e’ la scelta d’elezione per pazienti con incontinenza
severa e pregressa storia di radioterapia o incontinenza recidiva dopo precedente impianto protesico con
singola cuffia. In letteratura alcuni lavori riposrtano un maggior tasso di complicazioni meccaniche
dovuto all’innesto di una seconda cuffia. Nella nostra esperienza abbiamo osservato buoni risultati sia
funzionali cosi come in termini di complicanze. Un follow up piu’ lungo potra’ confermare la validita’ di
questo approccio.
Conclusioni
Nella nostra esperienza l’impianto di una doppia cuffia per i casi di incontinenza urinaria severa in caso di
precedente radioterapia cosi come in casi di incontienza recidiva costituisce una valida opzione
terapeutica.
215
P 215
IMPIANTO PROTESI PENIENA TRICOMPONENTE CON ACCESSO INFRAPUBICO MINIINVASIVO IN PAZIENTI CON DISFUNZIONE ERETTILE: VALUTAZIONE
DELL’EFFICACIA, DEL GRADO DI SODDISFAZIONE E DELLE COMPLICANZE.
G. Busetto, G. Antonini, E. De Berardinis, R. Giovannone, P. Vicini, V. Gentile, P. Perito (Roma)
Scopo del lavoro
La disfunzione erettile (DE), la seconda più comune disfunzione sessuale maschile, ha un importante
impatto sulla sessualità e sulla qualità di vita dell’uomo oltre ad influenzare anche la vita sessuale del
partner femminile. La DE è di solito correlata a malattie cardiovascolari o a una causa iatrogena come la
chirurgia pelvica. Molteplici terapie non-chirurgiche sono state sperimentate con risultati controversi,
mentre il trattamento chirurgico ha raggiunto elevati livelli di soddisfazione da parte dei pazienti.
Materiali e metodi
L’obiettivo del nostro studio è stato quello di valutare l’outcome e le complicanze correlati ad impianto
protesico in pazienti affetti da DE non responders alla terapia medica convenzionale o che, con tale
terapia, riferivano effetti collaterali. Sono stati selezionati 180 pazienti affetti da DE. La popolazione di
pazienti è stata divisa in due gruppi: 84 pazienti affetti da diabete mellito e sindrome metabolica (Gruppo
A) e 96 pazienti con DE successiva ad intervento di prostatectomia radicale laparoscopica per carcinoma
della prostata (Gruppo B). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a primo impianto di protesi peniena
tricomponente con accesso infrapubico mini-invasivo. Durante i 12 mesi di follow-up abbiamo osservato
3 (1.67%) espianti per infezione, 1 (0.56%) erosione uretrale, 1 (0.56%) estrusione protesica, mentre non
sono state osservate complicanze intraoperatorie.
Risultati
Il Mean Index of Erectile Function-5 (IIEF-5) score era di 8.2 ± 4.0, dopo l’intervento (12 mesi dopo) è
stato invece di 20.6 ± 2.7. Il miglioramento dopo l’impianto protesico è significativo in entrambi i gruppi
senza una differenza statisticamente significativa tra i due gruppi stessi (p value 0.65). Il Mean Erectile
Dysfunction Inventory of Treatment Satisfaction (EDITS) score 12 mesi dopo è stato di 72.2 ± 20.7 e non
ci sono state differenze statisticamente significative tra il Gruppo A e il B (p value 0.55).
Discussione
L’impianto di protesi peniena tricomponente per il trattamento della DE è un approccio terapeutico sicuro
ed efficace con elevato grado di soddisfazione sia del paziente che della partner. La tecnica chirurgica
dovrebbe essere mini-invasiva con l’utilizzo di materiali di ultima generazione per diminuire le comuni
complicanze (infezioni e rotture meccaniche).
Conclusioni
La DE non-responders alle terapie farmacologiche e iniettive può essere trattata con l'impianto di una
protesi tricomponente con accesso mininvasivo con ottimi risultati sia in termini funzionali che di qualità
di vita.
216
P 216
IMPIANTO ETEROTOPICO DEL SERBATOIO IN CHIRURGIA PROTESICA PENIENA:
L’ECCEZIONE CHE SOSTITUIRÀ LA REGOLA?
L. PUCCI, M. CARRINO, F. CHIANCONE, G. BATTAGLIA, C. MECCARIELLO, M. FEDELINI, R.
GIANNELLA, P. FEDELINI (NAPOLI)
Scopo del lavoro
IL TRADIZIONALE POSIZIONAMENTO DEL SERBATOIO DI UNA PROTESI PENIENA
TRICOMPONENTE NELLO SPAZIO DEL RETZIUS PUÒ RISULTARE DIFFICILE E DANNOSO
NEI PAZIENTI SOTTOPOSTI A PRECEDENTE CHIRURGIA PELVICA. SONO STATE
DESCRITTE NUMEROSE MANOVRE PER EVITARE LO SPAZIO RETROPUBICO.
DESCRIVIAMO LA NOSTRA ESPERIENZA PRELIMINARE NELL’IMPIANTO ETEROTOPICO
DEL SERBATOIO UTILIZZANDO UNA SINGOLA INCISIONE TRANS-SCROTALE.
Materiali e metodi
DA MAGGIO 2012 A LUGLIO 2014, 60 PAZIENTI SONO STATI SOTTOPOSTI AD IMPIANTO DI
PROTESI TRICOMPONENTE AMS 700 CON SERBATOIO CONCEAL PRESSO LA NOSTRA
STRUTTURA. DI QUESTI PAZIENTI, VENTI SONO STATI SOTTOPOSTI AD IMPIANTO
SOTTOMUSCOLARE ATTRAVERSO UN TUNNEL ATTRAVERSO L’ANELLO INGUINALE
ESTERNO IN UNO SPAZIO POTENZIALE TRA LA FASCIA TRASVERSALIS E I MUSCOLI
RETTI DELL’ADDOME UTILIZZANDO UN CLAMP DI CHIRURGIA TORACICA. L’ETÀ MEDIA
DEI PAZIENTI ERA 65 ANNI CON UN INDICE DI MASSA CORPOREA DI 27,5. IL 45% DEI
PAZIENTI ERANO AFFETTI DA DISFUNZIONE ERETTILE POST-PROSTATECTOMIA
RADICALE. AL SESTO MESE OGNI PAZIENTE È STATO SOTTOPOSTO A VISITA
ANDROLOGICA E QUESTIONARIO DI MOREI.
Risultati
L’IMPIANTO SOTTOMUSCOLARE È STATO POSSIBILE IN TUTTI I PAZIENTI SENZA
COMPLICANZE O NECESSITÀ DI CONTROINCISIONI ADDOMINALI. IL TEMPO
OPERATORIO È RISULTATO SOVRAPPONIBILE [65 MINUTI PER L’IMPIANTO NEL RETZIUS
E 70 MINUTI PER L’IMPIANTO SOTTOMUSCOLARE (P=0,09)]. UN PAZIENTE DI ENTRAMBI I
GRUPPI HA RIPORTATO UN EMATOMA SCROTALE. AL SESTO MESE. IL 90% (18/20) DEI
PAZIENTI NON PALPAVANO IL SERBATOIO E NON AVEVANO ALCUN “DISCONFORT”. UN
PAZIENTE PRESENTAVA UN SERBATOIO PALPABILE MA HA RIFIUTATO IL RE-IMPIANTO.
UN PAZIENTE È STATO SOTTOPOSTO A RE-IMPIANTO A CASA DI UN IMPORTANTE
GONFIORE ADDOMINALE CORRELATO AD UN IMPIANTO SOTTOCUTANEO DEL
SERBATOIO PER ERRORE DI TECNICA. IL BMI NON SI CORRELA CON LA PALPABILITÀ
DEL SERBATOIO [P=0,40].
Discussione
SOSTENIAMO CHE QUESTA TECNICA RAPPRSENTA UN’IMPORTANTE PROGRESSO IN
CHIRURGIA PROTESICA IN PARTICOLARE QUANDO L’IMPIANTO TRADIZIONALE DEL
SERBATOIO È DIFFICILE E PERICOLOSO. LA TECNICA RISULTA SEMPLICE E
RIPRODUCIBILE. IL LIMITE DEL NOSTRO STUDIO È L’ESIGUITÀ DEL CAMPIONE E L’USO
DI QUESTIONARI NON VALIDATI. L’IMPIANTO SOTTO-MUSCOLARE PREVIENE INOLTRE I
RISCHI DI LESIONI VESCICALI, INTESTINALI E VASCOLARI NON SOLO NEI PAZIENTI CON
PREGRESSA CHIRURGIA PELVICA.
Conclusioni
IL POSIZIONAMENTO "SUBMUSCOLARE ALTO" DEL SERBATOIO DI UNA PROTESI
217
PENIENA TRICOMPONENTE UTILIZZANDO UNA SINGOLA INCISIONE TRANSCROTALE È
UNA TECNICA SICURA E RIPRODUCIBILE CHE EVITA LA LABORIOSA E PROFONDA
DISSEZIONE DELLO SPAZIO RETROPUBICO NEI PAZIENTI SOTTOPOSTI A PRECEDENTE
CHIRURGIA PELVICA. POTRÀ QUESTA TECNICA SOSTITUIRE IN FUTURO LA TECNICA
TRADIZIONALE IN TUTTI I PAZIENTI?
218
P 217
LE COMPLICANZE MECCANICHE ED INFETTIVE IN 530 PROTESI PENIENE
IMPIANTATE IN ITALIA DALLO STESSO SPECIALISTAD. Pozza, M. Pozza, C. Pozza, M. Musy (roma)
Scopo del lavoro
In una serie di 530 pazienti sottoposti, per varie patologie, ad impianto protesico penieno vengono
analizzati i casi di complicanze di tipo meccanico protesico, infettivo e chirurgico che spesso complicano
questa specifica chirurgia.
Materiali e metodi
Dal 1984 al 2014 sono stati sottoposti ad impianto protesico endocavernoso 530 pazienti ,di età compresa
tra i 18 ed i 86 anni, che si erano rivolti allo Studio di Andrologia e di Chirurgia Andrologica di Roma
perché affetti da Deficit Erettile o patologie dei corpi cavernosi. Tutti i pazienti sono stati sottoposti alle
indagini abituali (ormoni, ecografie, ecocolordoppler in tutti i pz; Rigiscan, TAC, RMN, Cistoscopia,
esami neurologici in casi selezionati) per definire una diagnosi etiopatogenetica del DE. Dal 1984
abbiamo prescritto terapie ormonali e farmacologiche; dal 1987 abbiamo proposto ed utilizzato (680 pz)
le Iniezioni Intracavernose di farmaci Vasoattivi (PGE1, Papaverina, Fentolamina, Miscele); dal 1997
(2480 pz) abbiamo proposto l’utilizzo dei 5PDHEi. Un gruppo di 530 pz che non rispondevano
adeguatamente a tali modalità terapeutiche o che non le accettavano, hanno optato per la soluzione
protesica peniena. Nel nostro centro privato il fattore “costo” ha sempre rappresentato un elemento
rilevante di accettazione e per questo motivo abbiamo piantato sistemi protesici di varie tipologie e
marche nella ricerca di un contenimento dei costi affrontati dal paziente
Risultati
Tutti i pazienti sono stati seguiti ed operati dallo stesso specialista (DP) dopo una preparazione antibiotica
con Ciprofloxacina, Ceftriaxone , Gentamicina. Abbiamo impiantato 378 protesi semirigide e malleabili
(104 Eurogest, 72 Mentor Acuform, 99 Silmed, 35 Subrini, 28 SSDA-GIS, 22 Jonas, 20 Duraphase, 14
Omniphase, 12 Small Carrion) e 142 Protesi Idrauliche (30 Mentor Alpha, 26 Ams700CX, 22 Mentor
MarkII, 22 Mentor Titan, 18 AMS 700Ultrex, 10 AMSHydroflex, 8 AMSDynaflex, 3 AMSAmbicor, 3
AMS700LGX)) Gli interventi sono stati effettuati in strutture private con anestesia generale (primi 30
casi), Spinale (dal 1987), Locale con Sedazione (56 casi). Abbiamo registrato 8 (2,1%) casi di rottura
delle protesi semirigide o malleabili, 5 (1,3%)casi di malposizionamento dei cilindri. Tra le 142 protesi
idrauliche abbiamo avuto 14 (78%) casi di rottura delle protesi mono-componenti, 23 (18.5%) casi di
rottura dei sistemi idraulici (tubicini, connessioni, pompa). Tra le protesi 700Ultrex abbiamo avuto 3 casi
(15%) di aneurismi dei cilindri endovernosi, 1 rottura-malfunzionamento della pompa scrotale in Mentor
Titan. Sono stati registrati 38 casi di infezioni (7,6%) con espianto di 2 protesi malleabili (0,5%) e di 2
(1,4%)protesi idrauliche.
Discussione
La chirurgia protesica peniena appare essere ancora gravata da un non trascurabile tasso di complicanze
meccaniche ed infettive. Ma il tasso di gratificazione appare elevato da parte dei pazienti
Conclusioni
I risultati della chirurgia protesica consentono di proporre tale soluzioni ai pazienti affetti da DE di
qualsiasi età.
219
P 218
[-2]PROPSA AND ULTRASENSITIVE PSA TIME SERIES IN THE FIRST SIX MONTHS
FROM RADICAL PROSTATECTOMY IN HIGH RISK PROSTATE CANCER: A
PRELIMINARY REPORT
S. De Luca, R. Passera, A. Sottile, C. Fiori, M. Manfredi, R. Bertolo, F. Mele, R. Scarpa, D. Amparore,
G. Cattaneo, G. Ottaviano, R. Aimar, F. Porpiglia (Orbassano)
Aim of the study
[-2]proPSA and its derivatives improve the accuracy of PSA in predicting a positive biopsy. The aim of
this study was to investigate the fluctuations over time for [-2]proPSA vs. ultrasensitive PSA and their
possible clinical/pathological determinants, in the first six months from radical prostatectomy
Materials and methods
: a prospective cohort of 102 patients, undergone to radical prostatectomy for high risk prostate cancer
(pT3/pT4 and/or positive margins), was enrolled. [-2]proPSA and ultrasensitive PSA were measured at 1,
3 and 6 months after surgery. The trends over time and their modifications by clinical and pathological
covariates were estimated using the mixed-effects linear mode.
Results
the two main risk factors for ultrasensitive PSA fluctuations were PSA at diagnosis>8 ng/ml (p=0.001)
and pN1 staging (p=0.021); while for [-2]proPSA ones was pN1 staging only (p=0.030). From month 1 to
3, ultrasensitive PSA and [-2]proPSA increased in 43 and 83 men, respectively. From month 3 to 6, the
same biomarkers increased in 84 and 93 patients. Thirty patients had a decreasing ultrasensitive PSA in
the first three months while their [-2]proPSA increased in even 27 cases. In this same subgroup, from
month 3 to 6 PSA increased in 23 subjects, while [-2]proPSA in 28 one.
Discussion
Our results demonstrate, for the first time, that [-2]proPSA increase is earlier (at least by 3 months) and
greater comparing to that of ultrasensitive PSA, in a pathological high-risk prostate cancer population.
Conclusions
[-2]proPSA could be helpful in the post-surgical setting for his potential role in prostate cancer
biochemical recurrence evaluation.
220
P 219
SENSIBILITà DEL [-2]PROPSA COME SURROGATO ULTRASENSIBILE PER UNA
PRECOCE DETERMINAZIONE DELLA RIPRESA BIOCHIMICA DI MALATTIA DOPO
PROSTATECTOMIA RADICALE: STUDIO DI COORTE OSSERVAZIONALE
PROSPETTICO
R. Peschechera, N. Buffi, G. Lughezzani, G. Fiorini, P. Casale, G. Taverna, M. Seveso, R. Hurle, G.
Giusti, A. Benetti, L. Pasini, L. Castaldo, S. Zandegiacomo, M. Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)
Scopo del lavoro
Sebbene la prostatectomia radicale offra un ottimo controllo del carcinoma prostatico, perfino in uomini
appropriatamente selezionati, un terzo dei malati presenterà una ripresa di malattia definita da un aumento
del valore del PSA sopra 0.2 ng/ml (BCR). A sua volta circa un terzo di questa popolazione non
svilupperà mai una malattia clinicamente significativa. La sensibilità per la identificazione della BCR è
direttamente proporzionale alla sensibilità analitica che con il PSA viene espressa in ng/ml. Il [-2]proPSA
è dosato in pg/ml e potrebbe essere mille volte più sensibile del PSA totale. Lo scopo infatti di questo
valore è di verificare l’ipotesi che il [-2]proPSA è più accurato del PSA nell’individuazione precoce di
una BCR
Materiali e metodi
Si tratta di uno studio di coorte osservazione prospettico che arruola pazienti sottoposti ad intervento di
prostatectomia radicale per una neoplasia prostatica organo confinata (pT2-3/N0). Questi pazienti
venivano seguiti con un programma di follow-up biochimico: 3-6-12 mesi dopo l’intervento e
successivamente ogni 6 mesi. L’obiettivo primario era quello di verificare se il [-2]proPSA anticipa
l’aumento sierico del PSA. Obiettivo secondario verificare se sia possibile identificare delle categorie di
pazienti che possano maggiormente beneficiare di un marcatore più sensibile del PSA. L’analisi statistica
veniva complimentata dalle curve Kaplan-Meier, dal test di McNemar per lpanalisi delle frequenze. Per
queste analisi venivano considerati i seguenti cut-off 0.8 pg/ml per il [-2]proPSA e 0.2 ng/ml per il PSA
Risultati
Sono stati arruolati prospetticamente 134 malati con un follow-up mediano di 22 mesi. 22 malati (16.5%)
svilupparono una BCR. Di questi, 18 avevano un [-2]proPSA 0.8 pg/ml, ma in 4 malati l’aumento del
PSA non si associava ad un aumento del [-2]proPSA. Dei 18 pazienti con BCR e aumento del [2]proPSA, 5 presentarono un aumento sincrono, mentre in 13 pazienti l’aumento del [-2]proPSA
anticipava l’aumento del PSA. Il tempo medio di tale anticipo era stimato in 11.5 mesi. Considerando il
tempo medio alla ripresa di malattia avevamo 15.8 mesi (95%CI: 13.2-18.4) per il [-2]proPSA e 33.9
mesi per il PSA (95%CI: 31.9-36) (p<0.001). I pazienti con pT3-GS > 3+4 e R1 sembravano le categorie
che maggiormente potevano beneficiare di questo biomarcatore più sensibile
Discussione
Il [-2]proPSA è una molecola ampiamente studiatoaper la sua potenziale utilità nella diagnosi e nella
prognosi del PCa
Conclusioni
Nel nostro studio, il [-2]proPSA sembra capace di anticipare la BCR definita dal PSA di circa un anno.
Questo dato necessita di ulteriori verifiche attraverso studi multicentrici con maggiore numerosità del
campione
221
P 220
ACCURATEZZA PROGNOSTICA DEL PHI (PROSTATE HEALTH INDEX) E DEL PCA3
(URINARY PROSTATE CANCER ANTIGEN 3) NEL PREDIRE GLI ASPETTI PATOLOGICI
DI MALATTIA DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE
F. Cantiello, G. Russo, A. Cicione, A. Aliberti, S. Manno, S. Cimino, M. Ferro, O. De Cobelli, S.
Perdonà, G. Morgia, R. Damiano (Catanzaro)
Scopo del lavoro
Lo scopo del lavoro è stato quello di comparare l’accuratezza prognostica del PHI ( Prostate Health
Index) e del PCA3 ( Urinary Prostate Cancer Antigen 3) nel predire gli aspetti patologici finali di malattia
in una stessa coorte di pazienti sottoposti a Prostatectomia Radicale (RP).
Materiali e metodi
Abbiamo valutato 156 pazienti con cancro della prostata (CaP) clinicamente localizzato e sottoposti a RP.
I campioni di sangue e di urine sono stati prelevati prima dell’iniziale biopsia prostatica al fine di
misurare i valori del PHI e del PCA3 rispettivamente. Un’analisi di regressione logistica univariata e
multivariata è stata eseguita per determinare le variabili potenzialmente predittive di volume tumorale
(TV) >0.5 ml, GS patologico ≥ 7, CaP patologicamente significativo (PCSPCa), estensione extracapsulare (ECE) ed invasione delle vescicole seminali (SVI).
Risultati
All’analisi multivariata, l’inclusione del PHI significativamente aumentava l’accuratezza di un modello
base, che includeva età, tPSA, fPSA, percentuale di cores positivi, stadio clinico, volume prostatico,
indice di massa corporea e GS bioptico, nel predire tutti gli outcomes dello studio. In particolare, per
predire un TV>0.5 ml, l’aggiunta del PHI al modello base significativamente aumentava l’accuratezza
predittiva del 7.9% (p<0.05), mentre il PCA3 non si accompagnava ad un significativo aumento. Sia il
PHI che il PCA3 significativamente aumentavano l’accuratezza del modello base nel predire l’ECE ( per
entrambi p<0.01), mentre solo il PHI significativamente migliorava la capacità del modello base nel
predire l’SVI con un guadagno del 3.6% ( p<0.05). Infine, in un sub-coorte di pazienti con GS≤6, il PHI
migliorava del 7.6% l’accuratezza del modello base nel predire un CaP patologicamente significativo e
del 5.9% nel predire un GS patologico ≥7. Per entrambi questi outcomes, il PCA3 non incrementava il
potere predittivo.
Discussione
In questo studio, abbiamo comparato, in una stessa coorte di pazienti sottoposti a RP, l’accuratezza del
PHI e del PCA3 nel predire le caratteristiche patologiche finali del CaP. I nostri risultati suggeriscono che
il PHI discrimina meglio rispetto al PCA3 la presenza di un CaP più aggressivo ed esteso all’esame
patologico definitivo. Pertanto, potrebbe essere un utile strumento per stratificare i pazienti a rischio CaP
patologicamente significativo/insignificante ed essere utilizzato durante l’approccio decisionale
preoperativo.
Conclusioni
In una stessa coorte di pazienti sottoposti a RP, il PHI ha una migliore abilità rispetto al PCA3 nel predire
la presenza di un CaP più aggressivo ed esteso all’esame patologico finale.
222
P 221
CAN WE PREDICT THE PROSTATIC CAPSULAR INVASION WITH PREOPERATIVE MPMRI?
C. Fiori, M. Manfredi, F. Mele, F. Russo, D. Regge, M. Papotti, E. Bollito, D. Amparore, G. Cattaneo, R.
Aimar, R. Bertolo, S. De Luca, F. Porpiglia (Orbassano)
Aim of the study
Prostate multiparametric MRI provides precise identification of focal areas and local staging of prostate
cancer (PCa). Particularly, mp-MRI is able to demonstrate extracapsular extension and seminal vesicle
invasion, which have significant implications for patient management. However, surgeons would like to
have information about prostatic capsular invasion (PCI) to chose the most appropriate surgical technique
for each patient during radical prostatectomy (RP): standard, partial, or minimal nerve sparing. In
pathologic setting, Wheeler et al. proposed a detailed classification of levels of PCI that provides valuable
prognostic information. Aim of our study was to evaluate the ability of mp-MRI in identifying PCI by
comparing its results with those obtained with pathological analysis.
Materials and methods
The study included 350 consecutive patients with PCa who underwent preoperative MRI before RP.
Patients underwent MRI performing a conventional study with T1-w, T2-w and diffusion sequences
acquired after administration of contrast medium. MRI were performed in three reference centers with the
same characteristics of equipment and experience of radiologists. Both for MRI and pathological analysis
the location and extent of each cancer was identified, and detailed tumor maps were prepared for each
case. The level of PCI for each lesion was defined as Level 0 (L0) Tumor confined to prostatic stroma
within the boundary of normal prostatic acini; L1: confined to stroma, but outside the boundary of normal
prostatic acini, L2: confined to the prostate in a layer more fibrous than muscular (capsule); L3F: outside
the prostate to a depth of less than one high-power field on no more than two separate sections; L3E: any
tumor more than L3F, as reported by Wheeler. The level of PCI on mp-MRI was defined as L0 or L1
(taken together): tumor to more than 10 mm from the capsule without signs of alteration of that; L2: little
margin of contact with the capsule (less than 15 mm) or when prostate margin is redundant or retracted;
L3F: any mild irregularities of the fibrous capsule to outward extension; L3E: asymmetry of the
neurovascular bundles and obliteration of recto-prostatic angle, direct evidence of abnormal tissue in the
periprostatic adipose tissue, generally associated with disruption of the fibrous capsule.
Results
The pathological report revealed: 93 pT2a-b; 161 pT2c; 58 pT3a and 38 pT3b stage prostate cancer,
overall number of tumor lesion was 639. Mp-MRI correctly identified 201/226 (88.9%), 165/182
(90.6%), 71/78 (91.0%) and 26/29 (89.7%) lesions classified by pathological analysis as L0-1, L2, L3F
and L3E, respectively. Cohen's kappa coefficient was 0.909.
Discussion
MRI was able to correctly identify a significant number of tumor lesions and the level of PCI was
predicted with almost perfect agreement with pathological analysis.
Conclusions
On the basis of these results we think that mp-MRI is basic piece in the mosaic of the RP’s tailoring.
223
P 222
ASSOCIAZIONE TRA SINDROME METABOLICA E TUMORE DELLA PROSTATA IN
STADIO AVANZATO IN PAZIENTI TRATTATI CON PROSTATECTOMIA RADICALE.
C. De Nunzio, G. Simone, M. Bellangino, R. Papalia, R. Mastroianni, D. Collura, A. Brassetti, G. Muto,
M. Gallucci, A. Tubaro (Roma)
Scopo del lavoro
Con il termine sindrome metabolica (MetS) descriviamo la combinazione di diverse anomalie
metaboliche, tra cui l’obesità centrale, la dislipidemia, l’ipertensione, l’insulino-resistenza e l’intolleranza
al glucosio. Una relazione tra cancro della prostata (PCa) e sindrome metabolica è stata recentemente
evidenziata in studi di coorte in pazienti sottoposti a biopsia prostatica. Lo scopo del nostro studio è stato
quello di indagare in modo prospettico l'associazione tra la sindrome metabolica e il cancro della prostata
in stadio avanzato in una serie di pazienti sottoposti a prostatectomia radicale (RP).
Materiali e metodi
A partire dal 2012, sono stati arruolati ed inseriti in un database prospettico, 349 uomini sottoposti a RP
per PCa, in tre centri in Italia. Sono stati misurati prima dell’intervento l’Indice di massa corporea (BMI)
e la circonferenza vita. Campioni di sangue sono stati testati per: PSA totale, glicemia (misurata a
digiuno), trigliceridi e HDL. È stata misurata anche la pressione sanguigna preoperatoria. Abbiamo
valutato l'associazione tra sindrome metabolica, definita secondo l’Adult Treatment Panel III (ATPIII), la
fase di PCa (fase avanzata definita pT≥3) e il grado (alto grado definito come punteggio di Gleason ≥ 4 +
3) tramite un’analisi di regressione logistica.
Risultati
L'età media era di 66 anni (IQR: 61-69), il livello medio di PSA preoperatorio testato era 7 ng/ml (IQR:
5-10). La mediana del valore di BMI è stata di 26,1 kg / m2 (IQR: 24-29) con 56 (16%) obesi (BMI ≥30 k
/ m2) tra i pazienti e 87 (25%) con caratteristiche cliniche della sindrome metabolica. Alla valutazione
patologica, il PCa considerato in stadio localmente avanzato era presente in 126 pazienti (36%), il
coinvolgimento linfonodale (pN1) in 19 pazienti (5,4%) e la malattia di alto grado in 145 (41,5%). La
sindrome metabolica è risultata significativamente associata con lo stadio avanzato di PCa (45/87, 51% vs
81/262, il 31%; p = 0.008), i linfonodi positivi (9/87: 10%, vs 10/262, 4%; p = 0,028) e l’alto grado di
PCA (47/87: 54% vs 98/262, 37%; p = 0.001). All'analisi multivariata, i livelli di PSA preoperatorio e la
diagnosi di sindrome metabolica erano predittori indipendenti di PCa in stadio avanzato. Tabella 1
Discussione
Per primi in questo studio multicentrico, abbiamo evidenziato una forte associazione tra sindrome
metabolica e PCa in stadio avanzato.
Conclusioni
Anche se i meccanismi molecolari devono ancora essere compresi, ipotizziamo un ruolo dei fattori
metabolici nei meccanismi coinvolti nel differenziamento e nella progressione del PCa.
224
P 223
L’ANALISI INTRAOPERATORIA DELLE FROZEN SECTION PER AUMENTARE IL
NUMERO DI PROCEDURE “NERVE SPARING” SENZA COMPROMETTERE LA
RADICALITà ONCOLOGICA: RISULTATI DA UNA POPOLAZIONE DI PAZIENTI
SOTTOPOSTI A PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA.
G. Lughezzani, N. Buffi, G. Fiorini, P. Casale, G. Taverna, M. Seveso, R. Hurle, G. Giusti, R.
Peschechera, L. Castaldo, A. Benetti, L. Pasini, S. Zandegiacomo, M. Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)
Scopo del lavoro
Efficacia e benefici clinici dell’analisi intra-operatoria delle frozen-section (IFS)in corso di
prostatectomia robotica non sono ancora stati chiariti. In questo studio, ipotizziamo che l’IFS sia
associato ad una maggiore probabilità di eseguire una procedura nerve sparing (NS), migliorando i
risultati funzionali senza compromettere il controllo di malattia
Materiali e metodi
Abbiamo incluso nel nostro studio 1830 pazienti trattati con prostatectomia radicale robotica (RARP) fra
il 2006 ed il 2014 presso 2 Centri terziari di riferimento. I pazienti sono stati suddivisi in 2 gruppi a
seconda dell’IFS status: IFS eseguito (IFS+) vs non eseguito (IFS-). In aggiunta, sono stati stratificati
secondo la classificazione di rischio di D’Amico. Sono stati valutali i seguenti eventi: I) esecuzione di una
NS RARP bilaterale II) recidiva biochimica di malattia (BCR) definita come un valore postoperatorio di
PSA >0,2ng/ml ed in incremento III) recupero della continenza urinaria (UC) definito come un periodo
>24 ore libero da presidii anti incontinenza IV) recupero dell’erezione (EF), definito come indice
internazionale di funzione erattile postoperatorio (IIEF)-EF >22. Tale dato è stato valutato solo per quei
pazienti con IIEF-EF preoperatorio >22, se disponibili i dati nel postoperatorio (n: 624). Abbiamo
adoperato un’analisi di regressione logistica multivariata per valutare l’associazione fra IFS (IFS+ vs IFS)
e la probabilità di essere sottoposti a NS-RARP bilaterale. Le variabili considerate sono: età del paziente,
PSA density, categoria di rischio sec D’Amico. Il metodo di Kaplan-Meier è stato usato per valutare le
differenze di BCR, UC e EF secondo l’IFS (IFS+ vs IFS-)
Risultati
L'IFS è stato eseguito in 918 pazienti (50%). La percentuale di NS-RARP è stata significativamente più
alta se IFS+ rispetto ad IFS – (87% vs 72%; p<0,001). Dopo stratificazione sec i gruppi di rischio di
D’Amico, il tasso di NS-RARP (IFS+ vs IFS-) è risultato: 90% vs 88% nel basso rischio; 89% vs 69% nel
rischio intermedio; 62% vs 32% nell’alto rischio (in ogni caso, p<0,001). All’analisi di regressione
logistica, IFS rappresenta il più importante predittore di procedure NS bilaterali (OR: 6,2; 95% CI: 3,012,8; p<0,001). Non è stata osservata differenza in termini di BCR e recupero di UC fra i pazienti IFS+ ed
IFS-, anche dopo stratificazione nei gruppi di rischio (p>0,07). Al contrario, il recupero della EF a 2 anni
è stato del 61% nei pazienti IFS+ vs 61% nei pazienti IFS-(p: 0,04). La significatività statistica di questo
dato è molto più marcata se valutata sui soli pazienti a rischio intermedio (67% vs 43%; p: 0,001)
Discussione
I pazienti con analisi delle IFS hanno una probabilità 6 volte maggiore di essere sottoposti a tecnica NS
bilaterale ed un recupero della funzione erettile significativamente più alto.
Conclusioni
L’analisi delle IFS migliora il recupero della funzione erettile senza inficiare sulla radicalità oncologica,
soprattutto nei pazienti a rischio intermedio.
225
P 224
EVOLUZIONE DELLE CARATTERISTICHE CLINICHE, PATOLOGICHE, E DELLA
PRATICA CLINICA NEI PAZIENTI AFFETTI DA CARCINOMA PROSTATICO AD ALTO
RISCHIO: RISULTATI DI UNO STUDIO MONOCENTRICO NEGLI ULTIMI DUE DECENNI.
N. Passoni, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, A. Larcher, U. Capitanio, W. Cazzaniga, C.
Cozzarini, N. Di Muzio, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
Il fenotipo del tumore prostatico è cambiato nel corso degli anni grazie soprattutto all’introduzione dello
screening del PSA. L'obiettivo di questo studio è stato quello di valutare l’evoluzione delle caratteristiche
del tumore prostatico ad alto rischio negli ultimi due decenni, e la conseguente evoluzione nei risultati
oncologici.
Materiali e metodi
Abbiamo incuso 1.033 pazienti ad alto rischio, che presentavano almeno uno dei seguenti fattori di
rischio: PSA>20 ng/ml, e/o stadio clinico ≥T3, e/o grado bioptico di Gleason ≥8. I pazienti sono stati
trattati con prostatectomia radicale e linfoadenectomia pelvica estesa in un unico centro tra il 1990 e il
2013. Abbiamo esaminato i trend di variazione delle caratteristiche cliniche e patologiche. L'analisi di
regressione multivariata secondo Cox è stata utilizzata per testare la relazione tra l'anno dell’intervento
chirurgico e i risultati oncologici, valutati come recidiva biochimica di malattia (valore di PSA postopertorio ≥0.2 ng/ml) e metastasi a distanza. Le covariate erano: l'età al momento dell'intervento, il PSA,
il grado di Gleason, lo stadio patologico, lo status dei margini chirurgici, e l’invasione linfonodale.
Risultati
Il numero totale di prostatectomie eseguite annualmente in pazienti ad alto rischio sono aumentate nel
corso dello studio, da 5 procedure nel 1990 a più di 100 procedure nel 2013. Abbiamo osservato inoltre
una diminuzione nel tempo della percentuale di pazienti ad alto rischio con un livello di PSA
preoperatorio> 20 ng/ml (odds ratio [OR]: 0.64; p <0.001) o con stadio clinico cT3 (OR: 0.90; p = 0.07).
Al contrario abbiamo riscontrato una tendenza opposta per il Gleason bioptico ≥8 (OR: 1.65; p <0.001).
Abbiamo osservato inoltre, un notevole aumento del numero medio di linfonodi rimossi durante
l’intervento chirurgico (coefficiente: 2.01; p <0.001), il che è stato associato con un aumentato tasso di
invasione linfonodale (OR: 1,12; p = 0,08). Alle analisi di regressione multivariata di Cox, l’anno
dell’intervento chirurgico è stato associato ad un ridotto rischio di recidiva biochimica (hazard ratio (HR):
0.96; p = 0.01) e di metastasi a distanza (HR: 0,91; p = 0,042).
Discussione
I miglioramenti delle strategie diagnostiche negli ultimi due decenni hanno portato ad un aumento delle
diagnosi di tumori localizzati e una diminuzione dei tumori ad alto rischio. Tuttavia, la percentuale di
Gleason score elevati alla biopsia è aumentata, probabilmente a causa dei miglioramenti nell’attribuzione
dello score di Gleason.
Conclusioni
La prostatectomia radicale associata alla linfoadenectomia pelvica estesa ha mostrato un miglioramento
nel controllo del tumore prostatico nel corso del tempo. Le variazioni nel fenotipo dei tumori ad alto
rischio nonché i migliori risultati della chirurgia devono essere considerati al fine di una gestione ottimale
della popolazione dei pazienti ad alto rischio.
226
P 225
ANALISI DETTAGLIATA SULL’ASSOCIAZIONE TRA L’USO POSTOPERATORIO DI
INIBITORI DELLA FOSFODIESTERASI DI TIPO 5 E IL RISCHIO DI RICORRENZA
BIOCHIMICA DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE
A. Gallina, G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, V. Cucchiara, N. Suardi, V. Mirone, R. Damiano, F.
Cantiello, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
Uno studio recente ha affermato l’effetto dannoso degli inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5 (PDE5I)
sulla ricorrenza biochimica (RBC) dopo prostatectomia radicale (PR) in pazienti con tumore prostatico
(PCa). Nonostante ciò, non sono stati resi disponibili dati dettagliati riguardo la modalità di
somministrazione. Lo scopo di questo studio è stato quello di testare l’associazione tra l’uso di PDE5I, lo
schema di terapia di PDE5I, il numero di pillole di PDE5I prese e la RBC
Materiali e metodi
Lo studio ha incluso 3,545 trattati con PR nerve sparing bilaterale per PCa con linfonodi negativi tra il
2005 e il 2014. I pazienti sono stati categorizzati a seconda dell’uso di PDE5I entro 3 anni dopo la
chirurgia: al bisogno (n=422), schemi riabilitativi (n=280), e no PDE5I (n=2,843). La riabilitazione
peniena è stata definita come assunzione giornaliera di PDE5I per un periodo di 3 mesi. Curve di KaplanMeier hanno raffigurato l’associazione tra la terapia con PDE5I e RBC (definita come 2 PSA ≥0.2 ng/ml
consecutivi). Modelli di regressione multivariata Cox (MVA) hanno testato l’associazione tra PDE5I e
RBC. Le stesse analisi sono state ripetute usando il numero di pillole di PDE5I assunte da ogni paziente
(sia al bisogno, sia come riabilitazione, n= 702) nei primi 36 mesi dopo chirurgia. Il numero di pillole è
stato testato sia come variabile continua che categorica (ossia: 0 vs. 1-21 vs. 22-45vs. >45 pillole)
Risultati
Complessivamente, 702 (19.8%) pazienti hanno ricevuto terapia con PDE5I. Tra i pazienti in terapia con
PDE5I, il numero mediano di pillole è stato 21. Pazienti riceventi PDE5I avevano un maggior tasso di
malattia organo confinata (86.4 vs.83.1%, p=0.03) e somma di Gleason patologico 6 (47.8% vs. 40.1%,
p<0.001) ma nessuna differenza in termini di margini chirurgici positivi (p=0.2). Alle analisi di KaplanMeier, non è stata registrata nessuna differenza tra i pazienti riceventi PDE5I e quelli che non hanno
ricevuto alcun farmaco in termini di sopravvivenza libera di RBC a 5 anni (88.7 vs. 91.2%; p=0.5).
Nessuna differenza è stata registrata tra pazienti riceventi PDE5I al bisogno vs. in schemi riabilitativi
(87.0 vs. 91.2%; p=0.1). Infine, nessuna associazione tra il numero di pillole di PDE5I e la RBC è stata
individuata (90.1 vs. 93.3 vs. 93.1 vs. 87.6% per pazienti che assumevano 0 vs.12-1vs. 22-45vs. >45
pillole; p=0.7). Alla MVA, l’uso di PDE5I non era associate con RBC (p=0.2). Inoltre, né lo schema di
somministrazione di PDE5I (ossia, al bisogno vs. quotidiano; p=0.4), né il numero di pillole di PDE5I
prese (tutti p≥0.6) ha dimostrato un valore predittivo indipendente per RBC
Discussione
Le nostre analisi hanno mostrato che l’uso di PDE5I non è associato con RBC dopo PR realizzata per
tumore prostatico clinicamente localizzato
Conclusioni
Aspettando ulteriori studi, ai pazienti non dovrebbe essere negata la possibilità di un trattamento con
PDE5I dopo PR
227
P 226
L’ IMPORTANZA DEL PSA NEL PREDIRE L’OUTCOME DOPO PROSTATECTOMIA
RADICALE CAMBIA CON L’ETà ALLA DIAGNOSI: IL RUOLO CHIAVE è NEI PAZIENTI
GIOVANI
S. Luzzago, G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, M. Bianchi, P. Dell'Oglio, W. Cazzaniga, V.
Scattoni, V. Mirone, R. Damiano, F. Cantiello, M. Picozzi, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
L’età alla diagnosi potrebbe influenzare le caratteristiche di malattia in pazienti con carcinoma Prostatico
(CaP). Abbiamo ipotizzato che l’accuratezza del PSA nell’identificare pazienti ad alto rischio di PCa
sfavorevole e recidiva biochimica (BCR) dopo prostatectomia radicale (PR), possa essere maggiore in
pazienti più giovani.
Materiali e metodi
Complessivamente sono stati inclusi 4,796 pazienti con PCa localizzato e trattato con PR e dissezione
linfonodale tra il 1991 e il 2014 presso un singolo centro. I pazienti sono stati stratificati a seconda
dell’età: <60, 60-70, e >70 anni. Malattia sfavorevole è stata definita come non-organo-confinata e/o
invasione linfonodale e/o Gleason Score patologico 8-10. BCR è stata definita come due valori di PSA
≥0.2ng/ml consecutivi. Il metodo dell’area sotto la curva (AUC) ha quantificato l’abilità discriminativa
del PSA nel predire la malattia sfavorevole e la BCR a seconda dell’età. Queste analisi sono state ripetute
dopo aver stratificato i pazienti secondo i gruppi di rischio di D’Amico, in modo da minimizzare l’effetto
di potenziali fattori confondenti. Infine, abbiamo misurato quanto l’inclusione del PSA aumenti
l’accuratezza diagnostica dei modelli multivariati basati sullo stadio clinico e sul Gleason alla biopsia,
dopo stratificazione secondo l’età.
Risultati
: L’età media era di 64.4 anni. Complessivamente, 277 (26.6%), 2,387 (49.8%), e 1,132 (23.6%) pazienti
avevano <60, 60-70, e >70 anni. Il PSA mediano era di 6.8 ng/ml. Complessivamente 1,520 (31.7%),
2,166 (45.2%), e 1,110 (23.1%) pazienti avevano rispettivamente malattia a basso, intermedio e alto
rischio. Il follow-up mediano era di 48 mesi. Complessivamente il tasso di sopravvivenza libero da RBC
a 5 anni era dell’84.7%. L’AUC del PSA nel predire malattia sfavorevole e RBC è stata
considerevolmente maggiore per pazienti di età <60 se comparati con quelli >70 anni (AUC: 73.2 vs. 67.2
vs. 66.8 e 68.8 vs. 66.3 vs. 61.5 per pazienti di <60, 60-70,e >70 anni, rispettivamente; tutti P<0.001).
Questi risultati sono stati confermati dopo aver stratificato i pazienti a seconda dei gruppi di rischio di
D’Amico (tutti P≤0.03). Infine, l’inclusione del PSA aumenta notevolmente l’accuratezza del modello di
base di predizione di malattia sfavorevole in pazienti giovani (81.4 vs. 77.5, P=0.04). Nonostante ciò,
questo non è stato osservato nella popolazione anziana (75.9 vs. 73.1, P=0.2).
Discussione
: L’accuratezza predittiva del PSA nell’identificare la malattia sfavorevole all’esame patologico finale e la
RBC varia a seconda dell’età. I nostri risultati evidenziano l’importanza del PSA nel predire l’aggressività
della malattia ed il rischio di ricorrenza in pazienti giovani.
Conclusioni
Il PSA nei pazienti giovani potrebbe avere una maggiore abilità nel predire i risultati oncologici
postoperatori quando viene diagnosticato il PCa.
228
P 227
SOPRAVVIVENZA A LUNGO TERMINE DI PAZIENTI GIOVANI CON TUMORE DELLA
PROSTATA AD ALTO RISCHIO TRATTATI CON PROSTATECTOMIA RADICALE:
RISULTATI DI UN’ANALISI MULTICENTRICA DI SOPRAVVIVENZA CONDIZIONALE.
M. Bianchi, G. Gandaglia, R. Karnes, S. Joniau, M. Spahn, P. Gontero, L. Tosco, R. Sanchez Salas, X.
Cathelineau, B. Kneitz, F. Chun, P. Karakiewicz, M. Graefen, P. Chłosta, G. Marchioro , D. Frohneberg,
H. Van Poppel , A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
Nei pazienti con lunga aspettativa di vita e con tumore alla prostata (PCa) ad alto rischio, il rischio di
morire di PCa non è trascurabile e cambia a seconda del tempo trascorso dall’intervento. Lo studio valuta
i modelli di sopravvivenza a lungo termine di pazienti giovani trattati con prostatectomia radicale (RP)
per PCa ad alto rischio
Materiali e metodi
Abbiamo valutato 7650 pazienti trattati in 14 centri di cura terziari tra il 1987 e il 2013 con RP per PCa ad
alto rischio definito da almeno una delle seguenti caratteristiche: PSA>20, cT3 o superiore, Gleason
bioptico 8-10. Solo i pazienti di età inferiore ai 60 anni sono stati inclusi (n=612). Abbiamo stimato i tassi
di sopravvivenza cancro-specifica (CSM) e il tasso di sopravvivenza globale (OCM) utilizzando il
metodo di Kaplan-Meier. Abbiamo utilizzato analisi di competing risk univariate e multivariate per
identificare predittori di CSM e altre cause di mortalità. Le covariate erano: età alla RP, comorbidità,
anno della RP, Gleason score (GS; 6 vs 7 vs 810), PSM, LNI, stadio pT (pT2 vs. pT3a vs pT3bpT4) e RT
adiuvante. Abbiamo utilizzato il competing risk con la regressione di Poisson per valutare CSM e OCM a
5 e 10 anni dopo la RP. Le analisi sono state ripetute per valutare la sopravvivenza di ulteriori 5 anni in
pazienti sopravvissuti 5, 8 e 10 anni dopo RP
Risultati
L'età media alla diagnosi è di 56 anni. Il follow-up medio è di 90 mesi. 57 (9,3%) e 37 (6,0%) pazienti
sono deceduti per CSM e OCM, rispettivamente. Nella coorte, i tassi di CSS a 5, 10 e 15 anni sono stati
93.9, 87.0 e 82.2. I tassi di OS a 5, 10, e 15 anni, sono stati 91.0, 82.1 e 69.6. All’analisi di competingrisks per predire la CSM, dopo aver corretto per le altre cause, l’anno di chirurgia, il GS, il pT, lo stato
SM e LNI sono emersi come predittori di morte per PCa (p≤0.02). Al contrario, nessuna delle covariate è
associata con OCM (all p≥0.1). Nella popolazione generale, le rates a 5 e a 10 anni di CSM e OCM erano
rispettivamente 5.9 e il 12% vs. 3 e il 5.4%. Tra i sopravvissuti a 5 e a 8 anni dopo l'intervento chirurgico,
la probabilità di morire per PCa entro i successivi 5 anni ha prevalso su quella di morire per una causa
generale. In particolare, la CSM e l’OCM a 5 anni per i pazienti sopravvissuti 5 e 8 anni dopo RP sono
stati rispettivamente 7,3 e il 6,7% rispetto al 2,6 e 5,8%. Al contrario, ai 10 anni di sopravvivenza dopo la
RP, l’ OCM diventa la principale causa di morte nel corso dei successivi 5 anni (9,9 contro 5,3 per CSM)
Discussione
Nei pazienti giovani con PCa ad alto rischio, il PCa rappresenta la principale causa di morte nei primi 10
anni dopo la RP. Anche se non abbiamo identificato predittori di OCM alle MVA, la mortalità non
correlata al PCa diventa la principale causa di morte dopo 10 anni di sopravvivenza
Conclusioni
I pazienti giovani con PCa ad alto rischio devono essere rigorosamente controllati per i primi 10 anni
dopo la RP con una rivalutazione del profilo di comorbidità a 10 anni dalla RP per stratificare la prognosi
del paziente
229
P 228
RISULTATI A LUNGO TERMINE DI PAZIENTI CON TUMORE PROSTATICO AD ALTO
RISCHIO TRATTATI CON PROSTATECTOMIA RADICALE CON O SENZA
TRATTAMENTI ADIUVANTI. RISULTATI DA UN’ANALISI MULTIISTITUZIONALE DI
RISCHIO COMPETITIVO
M. Bianchi, G. Gandaglia, R. Karnes, S. Joniau, M. Spahn , P. Gontero, R. Sanchez Salas, X.
Cathelineau, B. Kneitz, F. Chun, P. Karakiewicz, M. Graefen, G. Marchioro, D. Frohneberg, H. Van
Poppel , A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
Studi precedenti hanno dimostrato che i risultati oncologici dei pazienti con carcinoma della prostata ad
alto rischio (HRPCa) sono eterogenei. Joniau et al. ha dimostrato che HRPCa con la prognosi peggiore
dopo l'intervento(very HRPCa) hanno Gleason bioptico 8-10 e almeno un altro fattore. Abbiamo
ipotizzato che i risultati chirurgici,anche in questi pazienti, variano sensibilmente in base alle
caratteristiche del paziente. Ciò consentirebbe la selezione dei very HRPCa candidabili a prostatectomia
radicale(RP)
Materiali e metodi
Abbiamo valutato 7.650 HRPCa trattati con RP in 14 centri tra il 1987 e il 2013 con almeno una delle
seguenti caratteristiche: PSA>20ng/ml, cT34, Gleason bioptico 8-10. Sono stati inclusi solo pazienti con
prognosi sfavorevole(Gleason bioptico 8-10 e con almeno un altro fattore di rischio)con i dati clinici e il
follow-up completo (n=415).Abbiamo stimato la sopravvivenza globale(OS) e la sopravvivenza cancrospecifica (CSS) con il metodo Kaplan Meier. Abbiamo utilizzato analisi di regressione di rischio
competitivo univariate e multivariateper identificare i predittori di mortalità cancro-specifica (CSM) e di
altre cause di mortalità (OCM). Le covariate erano: comorbidità, età, pT, margini chirurgici (SM),
Gleason score (GS, 6-7 contro 8-10), invasione dei linfonodi (LNI) e trattamento adiuvante. Per valutare
la CSM a 10 anni, e itassi di OCM, abbiamo utilizzato la regressione di Poisson per l’analisi di
competing-risks. I pazienti sono stati stratificati in 6 categorie a seconda dell'età alla RP(<60, 60-69 e
≥70) e delle comorbidità.
Risultati
Il follow-up medio era di 146 mesi.312(75,2%) pazienti hanno ricevuto trattamenti adiuvanti. A 5, 10 e
15 anni i tassi di OS e CCS erano 76.1,55.7 e 44,5% vs 84.2,70.5 e, 70,5% rispettivamente. 59(14,2%)
pazienti sono deceduti a causa del PCa, mentre 47 pazienti(11,3%) sono deceduti per alter cause.
All’analisi univariata, lo stadio patologico ([HR]: 4.6), LNI (HR 2.5), GS (HR 3.1), e SM (HR 4.4) erano
predittori significativi di CSM (p≤0.03). Alle analisi multivariate, solo SM è rimasto associato con CSM
(HR 3.02; p≤0.006). Quando OCM era l'endpoint, l'età del paziente (HR 1.06) e comorbidità (HR 2.2)
erano fattori predittivi alle analisi multivariate (p≤0.02). Dopo stratificazione dei pazienti in diverse
categorie di età e comorbidità, il tasso di CSM a 10 anni è stato più alto in pazienti giovani e in salute
(43,2%). Il PCa è la principale causa di morte in quasi tutte le categorie, eccetto per i pazienti di età ≥70
con comorbidità, dove OCM era la causa più frequente di morte (OCM e CSM a 10 anni: 39,7 vs 19,0%)
Discussione
: I risultati a lungo termine dei very HRPCa trattati con RP con o senza terapia adiuvante sono accettabili.
Il PCa è il maggiore determinante della mortalità in ciascun gruppo, con l'eccezione degli anziani con
comorbidità.
Conclusioni
Questi risultati dovrebbero essere utilizzati per selezionare il candidato adatto per il trattamento
multimodale tra gli uomini a più alto rischio di progressione e morte per PCa
230
P 229
ACCURATEZZA DIAGNOSTICA DI 18F-FACBC PET/CT VS 11C-COLINA PET/CT NEI
PAZIENTI CON RECIDIVA BIOCHIMICA DOPO TRATTAMENTO RADICALE PER
CARCINOMA PROSTATICO: STUDIO PROSPETTICO SU 100 PAZIENTI.
C. Pultrone, L. Bianchi, E. Brunocilla, M. Borghesi, L. Zanoni, C. Nanni, C. Fonti, S. Fanti, G.
Martorana, R. Schiavina (Bologna)
Scopo del lavoro
Confrontare l’accuratezza diagnostica della PET/CT con 18F-FACBC e con 11C-Colina nella
ristadiazione locale e sistemica di pazienti affetti da carcinoma prostatico con recidiva biochimica (BCR)
dopo trattamento radicale.
Materiali e metodi
In questo studio prospettico sono stati arruolati 100 pazienti con BCR dei quali 11 sono stati esclusi per
drop out. Ogni paziente è stato sottoposto a PET/CT con 11C-colina e PET/CT con 18F-FACBC , previa
sospensione dell’ eventuale terapia ormonale. Su 89 pazienti inclusi abbiamo analizzato sensibilità,
specificità, valore predittivo positivo (VPP), valore predittivo negativo (VPN) e accuratezza per entrambi
i traccianti, considerando il follow up urologico (trend del PSA, altre indagini radiologiche, e confronto
con l’analisi istologica in alcuni pazienti) come standard di riferimento .
Risultati
L’età mediana dei pazienti era di 69 anni (IQR: 55-83), il PSA mediano al momento della recidiva
biochimica era di 1,48 ng/ml (IQR: 0,20-20,72), PSA doubling-time mediano era di 3.9 mesi (0.4-120.2),
PSA Velocity mediana di 2 ng/ml/yr (0-49,2). Dopo prostatectomia radicale 26 pazienti non hanno
ricevuto né radioterapia (RT) né ormonoterapia (HT), 23 pazienti solo HT, 12 solo RT e 28 RT+HT. La
sensibilità globale è risultata pari al 32% per 11C-colina e al 37% per 18F-FACBC; con specificità del
40% vs 37%; accuratezza del 33% vs 38%; VPP 90% vs 97%; VPN 3% vs 4%. Stratificando i pazienti
per valore di PSA la percentuale di VP è risultata superiore con FACBC rispetto alla colina (per PSA <1
ng/ml VP: 21% vs 14%; per valori di PSA compresi tra 1 e 2 ng/mL VP: 29% con entrambi i traccianti;
per PSA tra 2 e 3 ng/mL VP: 45% vs 36%;per valori di PSA ≥3 VP: 59% vs 50%).
Discussione
Le convenzionali indagini radiologiche sono inappropriate per localizzare la sede della recidiva in
pazienti affetti da carcinoma prostatico già sottoposti a trattamento radicale. Negli ultimi anni la PET con
11C-colina ha dimostrato un’accuratezza diagnostica migliore rispetto all’imaging tradizionale. Il nostro
gruppo ha già studiato il nuovo radiotracciante 18F-FACBC che ha dimostrato una migliore detection rate
rispetto alla 11C-colina. L’utilizzo di questo nuovo radiotracciante risulta vantaggioso anche per la sua
minore escrezione nelle vie urinarie (minor rischio di falsi positivi) e per l’emivita più lunga che consente
l’uso anche in Centri non dotati di ciclotrone. In questo studio abbiamo voluto analizzare anche l’efficacia
clinica di questo nuovo radiotracciante confrontandolo con la 11C-colina in termini di accuratezza
diagnostica, sensibilità e specificità.
Conclusioni
I nostri risultati preliminari confermano l’equivalenza della 18F-FACBC PET/CT rispetto alla 11C-colina
PET/CT nella ristadiazione delle recidive da Pca, tuttavia con un tasso di VP superiore per il FACB
rispetto alla colina anche per bassi valori di PSA.
231
P 230
IS 11C-CHOLINE PET/CT ACCURATE FOR THE DETECTION OF NODAL RELAPSES OF
PROSTATE CANCER AFTER BIOCHEMICAL RECURRENCE? A MULTICENTRIC STUDY
BASED ON SALVAGE LYMPHADENECTOMY RESULTS
M. Oderda, A. Palazzetti , G. Melloni, M. Falcone, E. Dalmasso, M. Preto, F. Zattoni, R. Karnes, S.
Joniau, B. Frea, P. Gontero (Torino)
Aim of the study
11C-choline positron emission tomography (PET)/CT scan can be used for restaging PCa patients with
biochemical recurrence (BCR) after initial radical treatment with curative intent, with a sensitivity
ranging between 38% and 98%. Only a few reports focused on the correlation between PET/CT scan and
lymph node (LN) relapse at pathological examination in patients who underwent pelvic and/or
retroperitoneal LN dissection. We performed a multicentric, retrospective study on the accuracy of 11Ccholine PET/CT scan for the detection of LN relapses after BCR in patients undergoing salvage
lymphadenectomy.
Materials and methods
Clinical data of 106 patients with BCR of PCa after radical treatment (radical prostatectomy, N=102,
external beam radiotherapy, N=3, brachitherapy, N=2) were included in the study; all patients underwent
staging with 11C-choline PET/CT and successive salvage lymphadenectomy. The PET/CT results were
compared to the histological findings and analyzed in terms of sensitivity, sensibility and accuracy,
stratified into three main anatomical regions (pelvic region A: internal iliac, obturatory, and external iliac;
pelvic region B: presacral and common iliac; retroperitoneal region: up to the renal vessels). Univariate
and multivariate analyses analyses tested the relationship between PET/CT results and LN invasion.
Results
Mean age of patients at sLND was 65 years (47-81), with a mean PSA of 3.16 (SD 5.03). Overall
sensitivity, specificity, NPV, PPV and accuracy of PET/CT were 61.6%, 79.3, 66.3%, 75.7% and 70.2%,
respectively. Stratifying by anatomical region, sensitivity was higher (75.5%) for pelvic region A, at the
cost of low specificity (69.8%); on the contrary, retroperitoneal region had the highest specificity (94.7%)
but low sensitivity (58.3%) (figure 1). Regression analyses confirmed a good discrimination accuracy of
70.4% for PET/CT, which improved with the increase of the number of dissected nodes and the PSA-DT
<12 months (model accuracy 73.7%).
Discussion
PET/CT is a valid tool for restaging BCR patients, confirming recent findings published in the literature.
However, its accuracy in the detection of nodal relapses is still questioned, due to non neglibile rates of
false positives and especially false negatives. Thus, a precise template on the basis of PET/CT alone
cannot be found at the moment. PSA doubling time (DT) must be considered when asking for a PET/CT.
Conclusions
The ability of PET/CT in restaging BCR patients is hampered by significant false positive and, more
alarmingly, false negative rates. Independent predictors of positive scan are PSA DT and the number of
dissected nodes at sLND, which should follow an extended, predefined template regardless of PET/CT
results.
232
P 231
VALUTAZIONE PROSPETTICA DEI RISULTATI PERI-OPERATORI E FUNZIONALI
DELLA COLPOSACROPESSIA ROBOTICA
E. Mearini, K. Ioannidou, E. Lepri, F. D'Amico, A. Boni, G. Cochetti (Perugia)
Scopo del lavoro
Presentiamo l’analisi prospettica dei risultati peri-operatori e funzionali della colposacropessia (CSP)
robotica con o senza preservazione uterina, eseguita secondo la nostra tecnica originale che prevede
l’impiego di una mesh in polipropilene modellata a “d” invertita; le dimensioni della protesi vengono
regolate in base all’entità del difetto vaginale anteriore e posteriore da correggere.
Materiali e metodi
20 pazienti affette da prolasso urogenitale superiore o uguale al III° secondo la classificazione di Baden
Walker sono state arruolate prospetticamente da Settembre 2012 ad Ottobre 2014 e sottoposte a CSP
robotica con o senza preservazione uterina. L’inquadramento diagnostico prevedeva l’anamnesi, l’esame
obiettivo uroginecologico, l’esame urodinamico, l’ecografia addominale e lo studio ecografico dinamico
della statica pelvica. Tutte le pazienti sono state rivalutate clinicamente ad 1, 3, 6 e 12 mesi dopo
l’intervento e sottoposte ad ecografia della statica pelvica a 12 mesi. Gli outcome perioperatori e
funzionali sono stati analizzati in maniera prospettica. La qualità di vita e l’attività sessuale prima e dopo
CSP sono state valutate attraverso rispettivamente il Pelvic Organ Prolapse/Incontinence Sexual
Questionnaire (PISQ-IR) e il Pelvic Floor Impact Questionnaire-short form7 (PFIQ-7), in lingua italiana,
che sono stati somministrati prima dell’intervento e ad ogni rivalutazione clinica di follow-up.
Risultati
Le caratteristiche demografiche e i risultati perioperatori sono riassunti in Tabella1. Non si sono verificate
complicanze peri- o post-operatorie. Ad un follow-up medio di 22,5 mesi (range 6-37), non si sono
verificate esposizioni del mesh, mentre si sono riscontrate 5 recidive, tutte di grado I e clinicamente non
significative, in pazienti con cistocele preoperatorio di IV°. Tre pazienti presentavano incontinenza
urinaria da sforzo preoperatoria: in due casi si è risolta mentre in uno è solo migliorata con necessità di un
pad/die. L’attività sessuale è migliorata in 6/20 casi (30%), invariata nelle altre.
Discussione
La CSP è il gold standard per il trattamento del prolasso degli organi pelvici mono o
multicompartimentali. L’approccio robotico consente una efficace solidarizzazione tra parete vaginale e
mesh con posizionamento di suture non ischemizzanti che riducono il rischio di esposizione del mesh. La
tridimensionalità della visione riduce le microlesioni della parete vaginale anch’esse condizione
predisponente all’esposizione che, nella nostra esperienza con tale tecnica, non si è mai verificata. Il
miglioramento dell’attività sessuale è da riferirsi al trattamento del prolasso urogenitale ottenuto con
minima alterazione dell’asse e della lunghezza vaginale, anche grazie alla geometria della mesh.
Conclusioni
L’utilizzo di una mesh di dimensioni sovrapponibili a quelle del difetto fasciale vaginale ed una adeguata
solidarizzazione ottenuta grazie ai vantaggi tecnici forniti dalla chirurgia robotica, rappresentano una
soluzione chirurgica sicura ed efficace.
233
P 232
COLPOSACROPESSIA ADDOMINALE CON PRESERVAZIONE DELL’ UTERO: RISULTATI
A LUNGO TERMINE
A. Zucchi, M. Bevacqua, E. Illiano, M. Di Biase, V. Bini, F. Quadrini, E. Salvini, E. Costantini (Perugia)
Scopo del lavoro
L’ Isterocolposacropessia (ICS) è uno degli approcci chirurgici al prolasso uterovaginale (PUV) severo.
Questo studio valuta gli outcomes anatomici e funzionali a lungo termine (f-up minimo di 4 anni) dopo
ICS per via addominale (ICSA).
Materiali e metodi
Da dicembre 1996 e maggio 2013 64 pz con PUV (II-IV stadio) sono state sottoposte ad ICSA, di queste
sono state incluse 60 con f-up minimo di 4 anni. Valutazione pre-op: anamnesi, valutazione sintomi
urinari e sessuali, incontinenza urinaria (IU), esame obiettivo (POPq system), uroflussometria (UF) con
RPM, urodinamica, ecografia transperineale, Urinary Distress Inventory Short Form (UDI6),
Incontinence Impact Questionnaire–Short Form (IIQ7), Female Sexual Function Index questionnaire
(FSFI). Follow-up ad 1, 3, 6, 12 mesi e poi annuale con: esame obiettivo, valutazione sintomi urinari e
sessuali, UF + RPM, Patient Global Impression of Improvement (PGI) UDI6, IIQ7 e FSFI a 1 e 2 anni.
Outcomes valutati: anatomici, funzionali, sintomatologici, percezione globale del trattamento da parte
delle pz. Analisi statistica: Mann-Whitney e X2 test. Studio approvato dal comitato etico locale
Risultati
Valutate 60 pz: età media 59,6±11 anni, BMI medio 24.7±4, parità mediana 2 (range 1- 5), follow-up
mediano di 60 mesi (range 48-132). Tasso di successo anatomico: 100% per il prolasso apicale; 72,4% e
76,4% per compartimento anteriore e posteriore (recidive
Discussione
Gli outcomes confermano l’efficacia della ICSA nel trattamento del PUV. Il tasso di successo anatomico
è dimostrato dalle basse persistenze di recidive, asintomatiche e stabili nel tempo. I sintomi urinari, IUU e
IUS migliorano significativamente. I risultati sono confermati dall’alto score del PGI.
Conclusioni
Lo studio conferma gli ottimi outcomes funzionali e anatomici a lungo termine del ICSA.
234
P 233
COLPOSACROPESSIA ADDOMINALE: CAMBIANO I RISULTATI A LUNGO TERMINE?
L. Mearini, E. Illiano, D. Maglia, A. Pietropaolo, P. Guiggi, V. Bini, M. Di Biase, M. Bevacqua, E.
Costantini (Perugia)
Scopo del lavoro
La colposacropessia (CS) è il gold standard nel trattamento del prolasso della volta vaginale (PVV) con
alti tassi di successo a breve e medio termine. Questo studio valuta gli outcomes anatomici e funzionali
della CS addominale (CSA) a lungo termine.
Materiali e metodi
Da giugno 1996 a gennaio 2013 71 pz sottoposte a CSA per PVV, di queste incluse 67 pz con f-up
minimo di 4 anni. Valutazione pre-op: anamnesi, valutazione sintomi urinari e sessuali, incontinenza
urinaria (IU), esame obiettivo (POPq system), uroflow (UF) +RPM, urodinamica, ecografia
transperineale, Urinary Distress Inventory SF (UDI6), Incontinence Impact Questionnaire SF (IIQ7),
Female Sexual Function Index questionnaire (FSFI). Follow up a 1, 3, 6, 12 mesi e poi annuale con esame
obiettivo, valutazione sintomi urinari e sessuali, UF+RPM, Patient Global Impression of Improvement
(PGII), UDI6, IIQ7 e FSFI (1° e 2° anno). Outcomes valutati: anatomici, sintomatologici, funzionali,
percezione globale del trattamento. Analisi statistica: Mann-Whitney e X2 test. Studio approvato dal
comitato etico locale.
Risultati
67 pz con PVV (stadio III-IV), età media 65.6± 8.2 anni, BMI medio 26.4±3.5, parità mediana 2 (range 14) e f-up mediano di 60 mesi (range 48-144). Tasso di successo anatomico: 100% per prolasso apicale,
74.6% e 69.4% per prolasso anteriore/posteriore (recidiva
Discussione
La CSA è una tecnica valida per il trattamento del PVV, con alto tasso di successo anatomico (basso
numero di persistenze, tutte asintomatiche, stadio<2 e stabili nel tempo), funzionale e sintomatologico.
SR, SS e IUU migliorano significativamente. La IUS persistente o de novo necessita di trattamento solo
nel 29.1% dei casi. Outcomes confermati dal significativo miglioramento degli scores IIQ7, UDI6, FSFI e
dall’alto tasso di gradimento delle pz.
Conclusioni
La CSA è un trattamento eccellente per il trattamento del PVV con risultati duraturi nel tempo,
giustificando l’attuale trend in aumento dell’utilizzo della CS con approcci video o robot-assistiti.
235
P 234
LA NOSTRA ESPERIENZA NELLA RIPARAZIONE DEL PROLASSO ANTERIORE E/O
APICALE DI 3 E 4 GRADO CON IL KIT ELEVATE®: FOLLOW-UP A 2 ANNI
C. cicconetti, D. castellani, V. galica, P. saldutto, D. biferi, A. valloni, A. piccirilli, G. giovanditti, G.
paradiso galatioto, C. vicentini (teramo)
Scopo del lavoro
Scopo del lavoro è stato quello di valutare i risultati a medio termine della mesh Elevate® nella
correzione del prolasso anteriore e/o apicale di 3 e 4 grado
Materiali e metodi
Questo è uno studio retrospettivo monocentrico, singolo operatore, su 56 donne con prolasso uro-genitale
di 3 e 4 grado secondo la stadiazione POP-Q, sottoposte a posizionamento di kit Elevate® anteriore.
L’endpoint primario dello studio è stato la correzzione anatomica del prolasso; il successo è stato definite
come stadio POP-Q ≤1 e stadio 2 asintomatico. L’endpoint secondario è stata il miglioramento dei
sintomi minzionali, vaginali e sessuali, utilizzando tre questionari validati: l’International Consultation on
Incontinence questionnaire on urinary incontinence (ICIQ-UI) short form, International Consultation on
Incontinence questionnaire on vaginal symptoms (ICIQ-VS) e il prolapse-quality of life questionnaire (PQOL
Risultati
La procedura è stata eseguita in anestesia spinale, con una durata media dell’intervento di 47.3 (± 8)
minuti. Non sono state riportate lesioni rettali, né vescicali. Ci sono state 3 esposizioni della rete (5.3%). I
risultati anatomici sono stati ottimi, con una sola recidiva a 6 mesi (1,8%), 4 ad un anno (7,1%) e 6 a 2
anni (10,7%). Miglioramenti statisticamente significativi sono stati evidenziati nei questionari ICIQ-VS e
P-QOL. Nella tabella 1 si può vedere la popolazione in studio. nella tabella 2 i risultati
Discussione
il prolasso uro-genitale è diventato uno dei maggiori problema di salute, perché può interessare il 50%
delle donne con più di 50 anni. Infatti è stato riportato che il rischio di essere sottoposte a correzione
chirurgica per prolasso e/o incontinenza urinaria all’età di 80’ anni è pari al 19%. I risultati del nostro
studio evidenziano come questa tecnica mininvasiva di riparazione risulta essere un’ottima alternativa alla
crescente diffusione della colposacropessi laparoscopica e robotica
Conclusioni
Il kit Elevate® anteriore è un trattamento competitivo mini-invasivo e sicuro con buoni risultati
funzionali e anatomici a medio termine
236
P 235
RIPARAZIONE TRANSVAGINALE “UTERUS-SPARING” DEL PROLASSO DEGLI ORGANI
PELVICI (POP) DI GRADO ELEVATO CON PROTESI ORIGINALE IN POLIPROPILENE:
RISULTATI ANATOMICI, FUNZIONALI E DELLA QUALITà DI VITA (QOL).
G. Nicita, M. Milanesi, F. Natale, A. Cocci, A. Mari, O. Saleh, T. Jaeger, V. Li Marzi (firenze)
Scopo del lavoro
Dal 2005 utilizziamo una rete unica, originale, in polipropilene per correggere i difetti anteriore e apicale
con un intervento per via vaginale, conservando l’utero (Fig.A). Questo studio prospettico valuta
l'efficacia della nostra tecnica in termini di sicurezza, correzione anatomica, risoluzione dei sintomi e
impatto sulla qualità di vita (Qol).
Materiali e metodi
Dal maggio 2008 al dicembre 2013 abbiamo arruolato pazienti (pz) con POP anteriore e apicale di alto
grado (Punto Ba e punto C stadio POP-Q >2).Valutazione preoperatoria: anamnesi, esame pelvico, stress
test, urodinamica, King’s Health QoL.Tecnica chirurgica: Colpotomia longitudinale pareti vaginali
anteriore e posteriore (Fig.B). La mesh è posta nello spazio anteriore ove sostiene il cistocele ed è
ancorata mediante passaggio transotturatorio delle ali anteriori. Quindi si passa la metà posteriore della
rete (Fig.C) nello spazio posteriore creando un tunnel su entrambi i lati della cervice. Le due metà
posteriori sono riunite dietro la cervice con 2 punti di sutura e utero ed enterocele sono così sostenuti
dalla rete. Le alette posteriori sono fissate bilateralmente ai legamenti sacrospinosi (Fig.D). Nelle pazienti
affette da incontinenza urinaria da sforzo occulta è stata posizionata una minisling. Abbiamo definito cura
anatomica: punti Ba e C stadio <2. Abbiamo confrontato i risultati pre- e postoperatori mediante: paired ttest, McNemar Chi squared test, Mann-Whitney test considerando p<0.05 statisticamente significativa.
Risultati
Abbiamo arruolato 66 pz con POP alto grado di cui 21 con incontinenza da sforzo occulta. Età media
69,5±7,8; parità media 2 (IQR 1-2).Tutte in menopausa. Body Mass Index (BMI) medio 24,9±5.2.
Nessuna pregressa chirurgia pelvica. Durata media intervento: 82±20 min. Nessuna complicanza
intraoperatoria. Rimozione catetere: II giornata post-op. Degenza media:3 giorni. Complicanze post-op
(Clavien I/II) 4 pz (6%):1 ematoma pelvico,1 incontinenza da urgenza de novo (antimuscarinici),1
ritenzione (auto-cateterismo 14 gg),1 erosione tardiva (rimozione della rete esposta). Follow-up medio
45,8±15,1 mesi. Correzione anatomica POP anteriore (punto Ba stadio < 2) 60 pz (90,9%, p<0.0001) e
apicale (punto C stadio < 2) 61 pz (92,4%, p < 0.0001). Nessun re-intervento. LUTS: miglioramento
significativo dei sintomi di riempimento: preop.28 pz(42.4%); postop.12 pz (18.2%, p<0.0001), di
svuotamento: preop.15 pz ( 22.7%); postop.3 pz ( 4.5%, p<0.0001) e dei sintomi correlati al POP:
preop.64 pz (96,9%); postop. 2 pz (3,03%, p<0.0001). Nessuna IUS postop. Significativo miglioramento
Qol.
Discussione
Questi risultati sono dovuti: 1 alla posizione della mesh, 2 ai punti ancoraggio solidi (transotturatorio e
sacrospinoso) 3 alla forma della rete che circonda il collo dell'utero e lo riporta in posizione anatomica.
Conclusioni
La nostra tecnica è di facile esecuzione, sicura, dà una notevole correzione anatomica anteriore (90,9%)
ed apicale (92,4%) e migliora significativamente i sintomi urinari e del prolasso e la QoL.
237
P 236
URETEROCISTONEOSTOMIA LAPAROSCOPICA PER ENDOMETRIOSI PELVICA
PROFONDA A COINVOLGIMENTO URETERALE: RISULTATI SU 84 CASI CONSECUTIVI.
G. Caleffi, S. Scarperi, A. Molinari, M. Pastorello, M. Ceccaroni, S. Cavalleri (Negrar)
Scopo del lavoro
Obiettivo del presente lavoro: studiare l'efficacia clinica e funzionale dell'ureterocistoneostomia
laparoscopica in pazienti con endometriosi pelvica profonda a coinvolgimento ureterale.
Materiali e metodi
Sono stati analizzati retrospettivamente i dati di tutte le pazienti affette da endometriosi pelvica profonda
trattate chirurgicamente con exeresi radicale e sottoposte ad ureterocistoneostomia (UCNS) laparoscopica
da Gennaio 2009 a Novembre 2014. L’indicazione ad UCNS è stata data in presenza dei seguenti criteri
di inclusione: idronefrosi di grado medio-severo con evidenza all’Uro-TC di stenosi ureterale;
impossibilità alla semplice ureterolisi intra-operatoria; ischemia ureterale conseguente a lisi peri-ureterale.
Il protocollo post-operatorio prevedeva una cistografia di controllo in VII° giornata e la rimozione dello
stent ureterale a 60 giorni dall’intervento. Il follow up è stato eseguito mediante una visita ambulatoriale a
3 e 6 mesi e successivamente a cadenza annuale, sempre con ecografia addome completo.
Risultati
Sono state incluse nello studio 84 pazienti su un totale di 5835 sottoposte a chirurgia laparoscopica per
endometriosi; in tutte (100%) la diagnosi di endometriosi è stata confermata istologicamente (49,5%
intrinseca, 50,5% estrinseca) e l'eradicazione è risultata completa. Il tempo medio di esecuzione
dell'UCNS è stato di 102,5 minuti. Nel 66% delle pazienti (56 casi) è stato eseguito un “bladder-psoas
hitch” contestuale. Il 95,2% delle cistografie (80 casi) è risultato negativo per spandimenti; in 4 casi
(4,8%) si è reso necessario mantenere il catetere vescicale per 14 giorni. Follow up medio: 16,6 mesi (160). Il tasso di stenosi ureterale recidiva è stato del 1,1% (1 caso). In 8 casi (9,5%) si è riscontrata una
lieve idroureteronefrosi, monitorata con ecografia a cadenza trimestrale o semestrale.
Discussione
L’approccio chirurgico ottimale nel trattamento dell’endometriosi ureterale non è ancora standardizzato,
principalmente a causa degli scarsi dati disponibili in letteratura. La presente casistica risulta essere la più
numerosa a nostra conoscenza riguardante l'UCNS laparoscopica nelle pazienti con endometriosi pelvica
profonda. I dati dimostrano un tempo medio di esecuzione relativamente contenuto con un'ottima
efficacia in termini clinici e funzionali.
Conclusioni
L'ureterocistoneostomia laparoscopica in pazienti affette da endometriosi pelvica profonda a
localizzazione ureterale è tecnica sicura ed efficace, secondo i dati emersi dalla presente esperienza.
238
P 237
FOLLOW-UP A LUNGO TERMINE DI PAZIENTI SOTTOPOSTE A REIMPIANTO
URETERALE CON TECNICA PSOAS-HITCH PER ENDOMETRIOSI
L. carmignani, C. Marenghi, C. Signorini, E. Finkelberg, S. Picozzi, B. Bracco, P. Vercellini (san donato
milanese)
Scopo del lavoro
l’obiettivo di questo studio è la valutazione dell'incidenza di recidive urologiche di stenosi ureterale in
pazienti sottoposte a ureteroneocistostomia (UNC) con tecnica psoas-hitch per endometriosi e la
preservazione della funzionalità renale nel lungo periodo. In pazienti che dopo l'intervento hanno avuto
una gravidanza, è stata stimata l'incidenza di complicanze legata a tale evento.
Materiali e metodi
Sono state incluse nello studio pazienti che hanno eseguito UNC con tecnica psoas-hitch per endometriosi
condizionante stenosi terminale dell'uretere. Sono stati raccolti dati pre, intra e postoperatori.
Risultati
dal 2006 al 2014, 30 pazienti sono state incluse nello studio. 30 pazienti hanno raggiunto un follow-up di
almeno 6 mesi, 25 di almeno 1 anno e 21 di almeno 5 anni. Il follow-up medio è di 67.97 mesi (range 7112). 22 donne presentavano una stenosi ureterale sinistra, 4 a destra e 4 bilaterale. La differenza della
sintomatologia ginecologica e urologica nel pre-reimpianto rispetto a 6 mesi è migliorata di un valore
statisticamente significativo (p < 0.01). Tra 6 mesi, 1 anno e 5 anni tale differenza non è significativa (p >
0.01) e quindi si è avuto un miglioramento stabile della sintomatologia. In un solo caso è stata eseguita
una nefrectomia per rene grinzo, funzionalmente escluso. Una sola paziente è andata incontro a
complicanze post-operatorie con necessità di un secondo intervento per emorragia pelvica. In nessun caso
si è osservata una recidiva di stenosi nel follow-up. 10 pazienti hanno eseguito una scintigrafia renale
sequenziale sia prima che dopo l'intervento con un miglioramento medio del filtrato glomerulare dal lato
del reimpianto del 3% e un filtrato medio del 40%. Dopo l’intervento hanno concepito 2 pazienti, di cui 1
spontaneamente e 1 con FIVET. Entrambe le pazienti sono state sottoposte a taglio cesareo e non si sono
verificate complicanze né ostetriche né uro-ginecologiche.
Discussione
il trattamento dell’idronefrosi e della perdita di funzionalità renale legata alla patologia benigna
rappresentata dall’endometriosi riveste particolare importanza in queste giovani donne.
Conclusioni
L' UNC con tecnica psoas-hitch risulta essere sicuro per la conservazione della funzionalità renale e dà
buoni risultati a lungo termine. In pazienti che hanno portato a termine una gravidanza, né in fase di
stimolazione né al momento del parto si sono verificate complicanze.
239
P 238
TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLA FISTOLA VESCICO-VAGINALE: ANALISI
RETROSPETTIVA SU 105 CASI (1979-2013)
M. Mancini, M. Righetto, F. Vianello, F. Dal Moro, F. Zattoni (Padova)
Scopo del lavoro
La fistola vescico-vaginale (FVV) e' un'evento urologico raro e complesso. La chiusura della FVV può
essere ottenuta con approccio addominale, soprattutto in casi complessi o recidivi. Questo approccio, è
stato usato come approccio di scelta nel nostro reparto negli ultimi 34 anni. Abbiamo analizzato
retrospettivamente questa esperienza, allo scopo di evidenziare i punti-chiave per il successo terapeutico.
Materiali e metodi
105 pazienti con FVV sono state operate per via addominale (1979-2013). Il follow-up è stato aggiornato
(f-u minimo: 16 mesi). I dati sono stati raccolti e analizzati retrospettivamente. E’ stata condotta un'analisi
statistica, utilizzando il software SAS versione 9.4.
Risultati
Eziologia:75/105 (71%) post-isterectomia (7 con radioterapia), 18/105: dopo altra chirurgia (totale fistole
post-chirurgiche:89%). 6/105(6%):eziologia non chirurgica (2 radioterapia, 4 parto vaginale).
6/105(6%):causa non definita. 96/105(91%): FFV isolata, 5(5%) fistole vescico-rettali, 2(2%) FVVureterali, 2(2%) fistole neovescico-vaginali. 33/105(31%): già sottoposte a precedenti tentativi di chiusura
in altri Centri(23:1 tentativo, 9 pazienti:2, 1 paziente:3). 88/105(84%): approccio extraperitoneale
transvescicale, 17/105(16%): transperitoneale (1: robot-assistito). In 16 di questi: procedure aggiuntive:
enterocistoplastica di ampliamento(6), 2 ovariectomie, 1 cistectomia sovratrigonale sec. Goodwin, 1
trans-uretero-ureterostomia. In 6 pazienti (6%):derivazione urinaria come primo intervento. Successo nel
trattamento: 94% (escludendo dai successi le derivazioni urinarie). 6 pazienti sono recidivate: 2
successivamente riparate per via vaginale, 2 con iniezione endoscopica di collagene (1 fallita e rioperata
per via addominale con graft omentale), 1 derivata (uretero-sigmoido-cutaneostomia) e 1 rifiuta altri
interventi. Il follow-up:79/105(75%), medio 17.3±8.4 anni. 76/79:asciutte, 2 lieve incontinenza, e 1 con
FVV persistente (declina ulteriori cure). E’ stata evidenziata un’associazione statisticamente significativa
tra la larghezza e lunghezza della fistola (p=0.018). Nessuna associazione tra successo chirurgico e
eziologia, o tipo di approccio (extra o transperitoneale), o precedenti tentativi di chiusura.
Discussione
I dati riportati in letteratura sul trattamento del FVV sono scarsi e difficilmente comparabili, per basso
numero e mancanza di standardizzazione. La distribuzione geografica mondiale si divide in paesi più
ricchi (eziologia ginecologica) e paesi più poveri (eziologia ostetrica), con sottostima dell’incidenza reale.
Questo studio riporta una delle più vaste esperienze nei paesi industrializzati.
Conclusioni
L’approccio addominale per il trattamento della FVV, porta ad alte percentuali di successo. La
standardizzazione della tecnica operatoria e l’identificazione di strategie corrette per la gestione clinica,
basate sull’esperienza, sono cruciali. Le nuove tecnologie laparoscopiche o robotiche possono ridurre
l’invasività dell’approccio addominale e il discomfort delle pazienti.
240
P 239
TRATTAMENTO LAPAROSCOPICO E ROBOTICO DELLE FISTOLE VESCICO VAGINALI,
RISULTATI DI UNO STUDIO MULTICENTRICO RETROSPETTIVO
P. Parma, A. Antonelli, P. Bove, A. Celia, M. Falsaperla, S. Zaramella, A. Porreca (Mantova)
Scopo del lavoro
La chirurgia laparoscopica e robotica presentano indubbi vantaggi in termini di mini invasività, in ambito
urologico sono diventate il trattamento di scelta di molte patologie neoplastiche, funzionali e
malformative; scopo dello studio è valutare la morbilità e l’efficacia di queste tecniche nella correzione
delle fistole vescico vaginali di varia eziologia
Materiali e metodi
sono stati raccolti retrospettivamente i dati di pazienti affette da fistola vescico vaginale trattate per via
laparoscopica o robot- assistita in 7 centri urologici italiani. Le variabili analizzate sono state: età delle
pazienti, BMI, sede ed eziologia delle fistole vescico vaginali, tempo operatorio, degenza ospedaliera e
tempo di permanenza del catetere vescicale, le complicanze secondo classificazione di Clavien, e
l’efficacia nel trattamento
Risultati
Tra Gennaio 2009 e Marzo 2014, 24 pazienti sono state operate per correzione laparoscopica o robotica di
fistola vescico vaginale. L’ età media pari a 49.5 anni (range 25-65), l’eziologia è stata iatrogena post
isterectomia in tutti i casi. La sede della fistola era trigonale nel 8%, parete posteriore nel 92% dei casi. Il
diametro medio delle fistole pari a 1,16 cm (range 0,5- 2). In tutte le 24 pazienti la correzione è avvenuta
tramite una cistotomia posteriore con separazione della parete posteriore vescicale da quella anteriore
vaginale. Tutti gli interventi sono stati eseguiti con approccio trans-peritoneale (18 per via laparoscopica,
6 per via laparoscopica Robot-assistita), 2 pazienti avevano una fistola ureterale associata, ed e’ stato
eseguito un reimpianto ureterale intraoperatorio con bladder psoach hitch.In 16/24 casi è stato interposto
tra vescica e vagina un flap di omento. In 3 casi un flap di peritoneo posteriore. Non sono state registrate
conversioni a chirurgia open, il tempo operatorio medio è stato di 206 minuti (range 120-300). Perdite
ematiche medie pari a 117 ml. Non si sono avute complicanze superiori a Clavien 1. La degenza media è
stata di 6,8 gg (range 5-15), il tempo medio di permanenza del catetere vescicale 12.5 gg (range 7-15). Ad
un follow up medio di 20 mesi, 24 pazienti (100%) sono libere da recidive
Discussione
La chirurgia laparoscopica e robotica delle fistole vescico vaginali rappresenta un intervento alternativo
alla tecnica open e transvaginale. E’ indicata nel caso di fistole posteriori, di diametro superiore al cm con
eventuale necessità di reimpianto ureterale. In mani esperte presenta un basso rischio di conversione e di
complicanze. Nella nostra serie il tasso di recidiva è stato nullo. I tempi chirurgici sono stati relativamente
lunghi risentendo dell’esiguo numero di casi trattati per singolo centro, ed alla necessità di eseguire un
reimpianto ureterale in alcuni casi.
Conclusioni
Anche con i limiti di uno studio retrospettivo i nostri dati dimostrano che la laparoscopia e la robotica
sono un trattamento promettente delle fistole vescico vaginali, in termini di complicanze ed efficacia
241
P 240
L’EFFICACIA DELL’INTERVENTO DISOSTRUTTIVO IN PAZIENTI CON
IPOCONTRATTILITA’ DETRUSORIALE NON NEUROGENA.
G. MIRABILE, L. ALBANESI, B. GENTILE, P. ALIJANI, G. RIZZO, G. VINCENTI, P. TARICIOTTI,
R. GIULIANELLI (ROMA)
Scopo del lavoro
L’obiettivo del nostro studio è valutare l’efficacia dell’intervento disostruttivo in pazienti con diagnosi
urodinamica di ipocontrattilità detrusoriale.
Materiali e metodi
Dal settembre 2012 a luglio 2014, 52 pz affetti da ipocontrattilità detrusoriale (definite come Q max < 10
ml/sec, e P det tra 10-30 cmH20) erano candidati all’intervento chirurgico disostruttivo. Laa valutazione
pre-operatoria includeva l’esplorazione digito-rettale (DRE), dosaggio del PSA, ecografia prostatica
trans-rettale per stabilire le dimensioni della prostata e l’esame urodinamico. Tutti i pz compilano i
questionari IPSS e QoL. Tutti i pz erano controllati ad un mese, ed ogni 3 mesi per il primo anno dopo
l’intervento, poi ogni sei mesi. La valutazione post-operatoria includeva il PSA, esame urine,
uroflussimetria con valutazione del residuo post-minzionale. The pre-operative assessments included
digital rectal examination (DRE), prostate specific antigen (PSA) testing, transrectal ultrasound of the
prostate to establish prostate size and urodinamics study. All patients compiled IPSS and QoL
questionnairies. Patients were followed at one month and every three months for the first year after
surgery and than every 6 months. Evaluation included PSA testing, urinocolture and uroflowmetry with
postvoiding residual.
Risultati
L’età media dei pazienti era di 72 anni (50-82 anni), la media del PSA 2,2 ng/ml (0,5-3,5 ng/ml), volume
prostatico medio 42 ml (23-85 ml). 48 pz con un volume prostatico inferiore a 80 ml erano sottoposti ad
intervento endoscpico TUR-P bipolare. 4 pz avevano con una prostata > 80 ml sono stati sottoposti ad
intervento chirurgico open (adenomectomia transvesciccale). Follow-up medio era di 12 mesi (3-28
mesi). 12 pz erano portatori di catetere vescicale a permanenza da 2 a 5 mesi prma dell’intervento. Dopo
l’intervento disostruttivo endoscopico I pazienti avevano un valore all’ IPSS e al QoL statisticamente
migliore prispetto a prima. Dopo un mese tutti i pz presentavano minzione spontanea. Nonostante la
minzione spontanea, 6 dei pazienti precedentemente portatori di catetere vescicale a permanenza,furono
addestrati per autocateterismo intermittente a causa di un residuo patologico. Le complicanze peri e postoperatorie erano sovrapponibili a quelle della popolazione generale, eccetto per il rischio di
cateterizzazione nel primo mese dopo l’intervento (25%). TAB.1
Discussione
La gestione del trattamento dei pazienti affetti da ipocontrattilità detrusoriale non neurogena è una
discussione aperta. Una terapia medica efficace non esiste ancora, mentre l’opzioe di un cateterismo a
permanenza o intermittente non è ben accettata dal paziente poichè influenza negativamente la qualità di
vita e per le complicanze a lungo termine.
Conclusioni
L’intervento disostruttivo endoscopico o open, nonostante le opinioni discordanti in letteratura, è nella
nostra esperienza un trattamento efficace che dovrebbe essere sempre proposto al paziente affetto da
ipocontrattilità detrusoriale.
242
P 241
VI SONO DIFFERENZE NELL’OUTCOME DELLA RESEZIONE PROSTATICA
TRANSURETRALE (TURP) IN PAZIENTI CON O SENZA RITENZIONE URINARIA?
G. Bondonno, P. De Angelis, B. Cavallone, D. Garrou, S. Zaramella, M. Favro, A. Volpe, C. Terrone
(Novara)
Scopo del lavoro
Valutare i risultati della TURP in pazienti che abbiano avuto almeno un episodio di ritenzione urinaria o
portatori di catetere vescicale vs pazienti che non hanno mai manifestato episodi di ritenzione urinaria
acuta
Materiali e metodi
Sono stati considerati retrospettivamente tutti i pazienti sottoposti a TURP per IPB nel biennio 20132014. Sono stati esclusi i pazienti che avessero riportato una diagnosi incidentale di adenocarcinoma
prostatico, di tumore vescicale alla cistoscopia preliminare o con storia di stenosi uretrale. Sono stati
individuati i pazienti giunti all’intervento con catetere vescicale o con indicazione alla disostruzione per
ritenzione urinaria (gruppo A). Si è individuato un gruppo numericamente confrontabile di pazienti
consecutivi sottoposti a TURP in assenza di ritenzione urinaria (gruppo B). Tutti i pazienti sono stati
rivalutati ambulatorialmente con flussometria a 6 mesi dall’intervento. Il Mann-Whitney U test è stato
impiegato per comparare e correlare le variabili continue con distribuzione non parametrica. Il t test è
stato utilizzato per comparare le variabili con distribuzione parametrica. L’analisi statistica è stata
condotta mediante software XlsStatistics
Risultati
Sono stati valutati 94 pazienti, suddivisi in 47 del gruppo A e 47 del gruppo B. Per i dettagli circa età,
comorbilità, terapia medica per IPB, studio preoperatorio con flussimetria e urodinamica, valori di PSA
preintervento e dimensioni dell'adenoma si veda la tabella 1. La valutazione ecografica vescicale ha
mostrato alterazioni in 27 casi (ispessimento parietale, diverticoli) nel gruppo A e in 20 casi (ispessimento
parietale) nel gruppo B. Il tempo operatorio medio è stato di 79 ± 33 minuti per il gruppo A e 63 ± 27
minuti per il gruppo B (p=0,01). Il tempo medio di cateterizzazione post-operatorio è stato di 3,6 ± 3
giorni per il gruppo A e 3,6 ± 3,5 giorni per il gruppo B (p=0,4). Le complicanze post-operatorie sono
state 8 nel gruppo A e 7 nel gruppo B. La flussimetria eseguita a 6 mesi dall'intervento ha evidenziato per
il gruppo A un Qmax medio di 19,9 ± 4 ml/s e per il gruppo B un Qmax medio di 25,8 ± 5 ml/s
(p=0,0009), con residuo post-minzionale in tutti i casi assente
Discussione
Nella nostra esperienza i pazienti che giungono all’intervento con catetere vescicale o con ritenzioni
pregresse risultano essere più anziani e con maggiori comorbidità. In tali pazienti l’intervento
disostruttivo ha consentito di riprendere la minzione e di migliorare significativamente il flusso rispetto al
preoperatorio, con svuotamento completo della vescica. Tuttavia, il flusso massimo post operatorio è
risultato significativamente inferiore rispetto a quello dei pazienti senza catetere prima dell’intervento o
con anamnesi negativa per ritenzione urinaria
Conclusioni
La TURP è efficace anche nei pazienti con ritenzione urinaria anche se in termini flussimetrici i risultati
sono migliori nei pazienti in assenza di ritenzione preoperatoria
243
P 242
ENUCLEAZIONE TRANSURETRALE BIPOLARE MEDIANTE BOTTON TURIS (B-TUEP)
PER IL TRATTAMENTO DELL’OSTRUZIONE CERVICO – URETRALE SECONDARIO A
IPERPLASIA PROSTATICA BENIGNA. NOSTRA ESPERIENZA.
P. Tariciotti, L. Albanesi, B. Gentile, G. Mirabile, G. Rizzo, G. Vincenti, P. Alijani, R. Giulianelli (Roma)
Scopo del lavoro
Valutare la sicurezza e l'efficacia dell’ enucleazione Transuretrale dell’adenoma prostatico mediante
Botton turis bipolare (B-TUEP) per il trattamento dell’ ostruzione cervico-uretrale secondario a iperplasia
prostatica benigna.
Materiali e metodi
Tra luglio 2011- marzo 2012 lo stesso operatore ha eseguito 50 B-TUEP. Gli esami valutati nel pre e post
operatorio includevano: dosaggio PSA, IPSS,IIEF-5,QOL, Uroflussometria con studio del residuo post
minzionale(RPM) e l’ecografia prostatica trans rettale.Intraoperatoriamente,abbiamo valutato il tempo
chirurgico per eseguire la B-TUEP (enucleazione e il tempo di resezione). Perioperatoriamente abbiamo
valutato: dosaggio dell’Hb, tempo di cistoclisi, tempo di cateterizzazione, episodi di ritenzione urinaria
acuta, tempo di ospedalizzazione, necessità di nuovo ricovero o di nuovo trattamento endoscopico.
Risultati
A tre mesi dall'intervento 82% dei pazienti ha presentato un miglioramento significativo di Qmax (p
<0,001). Dopo 6 e 12 mesi, il 80% e 83,3% dei pazienti, rispettivamente, hanno mantenuto il
miglioramento significativo (p <0,001). Rispetto agli endpoint secondari: anche IPSS, QOL,IIEF-5 e
RPM , hanno avuto un miglioramento statisticamente significativo rispetto ai valori basali. Non abbiamo
osservato un miglioramento statisticamente significativo rispetto ai valori di emoglobina prima e dopo
l'intervento chirurgico. Il tempo di cistoclisi è stato > 24 h <36h per circa il 80% dei pazienti, in un caso è
stato necessario una revisione chirurgica dell’emostasi.Il tempo di ospedalizzazione dopo l'intervento
chirurgico è stato meno di 48 ore in 88% dei casi. Il 6% dei pazienti ha richiesto un nuovo ricovero per
ematuria e altri 2 pazienti, dopo sei mesi, per sclerosi del collo vescicale, sono stati trattati con TUIP.
Discussione
In letteratura non sono presenti lavori riguardo gli endpoint primari e secondari di questa nuova tecnica
che può risultare una valida alternativa alle tecniche innovative oggi in uso per il trattamento
dell'ostruzione cervico uretrale secondaria a iperplasia prostatica benigna.
Conclusioni
L’enucleazione Transuretrale dell’adenoma prostatico mediante Botton turis bipolare (B-TUEP) con
Gyrus PK è una tecnica rapida e sicura e mostra risultati ottimali intra e post operatori.
244
P 243
LA ENUCLEAZIONE CON LASER AD OLMIO DELL’ADENOMA PROSTATICO (HOLEP):
NOSTRA ESPERIENZA CON LA CURVA DI APPRENDIMENTO E SVILUPPO DELLA
TECNICA EN-BLOC NO-TOUCH
C. Cracco, M. Mendoza Sotelo, C. Scoffone (Torino)
Scopo del lavoro
L’enucleazione con laser ad olmio dell’adenoma prostatico (HoLEP) è una opzione terapeutica sicura ed
efficace per il trattamento della iperplasia prostatica benigna. Ciononostante la HoLEP non è diffusa
come meriterebbe, essendo considerata difficile da eseguire e da imparare. In questo lavoro presentiamo
la nostra esperienza (2011-2014) con questa tecnica, descrivendo la curva di apprendimento presso il
nostro centro prima della tecnica classica di Gilling, poi di quella da noi sviluppata, la cosiddetta en-bloc
no-touch HoLEP.
Materiali e metodi
Da 01/2011 a 12/2014 193 pazienti sono stati sottoposti a HoLEP presso la nostra S.C. Tra gli strumenti
utilizzati: resettore a flusso continuo 26F Storz con operativa laser, ottica 12°, fibra laser end-firing da
550 micron. Il laser ad olmio 100W Versapulse (Lumenis, setting 2J/50 Hz) è stato adoperato in quasi
tutti i casi tranne 3 (120W, setting 2J/30 Hz/long pulse length). Per la morcellazione è stato usato il
morcellatore meccanico Versacut (Lumenis) con un nefroscopio rigido Storz 26F. I pazienti sono stati
analizzati anno per anno. Età, tempo operatorio totale, tempo ed efficienza dell’enucleazione, tempo della
morcellazione, energia impiegata, peso dell’adenoma, durata del ricovero e complicanze sono stati
registrati. I dati sono stati sottoposti ad analisi statistica descrittiva.
Risultati
La nostra curva di apprendimento ha visto un anno di esperienza iniziale con la tecnica tradizionale di
Gilling (n=19), e il successivo progressivo sviluppo della en-bloc no-touch HoLEP dal 2012 (n=34) al
2013 (n=79) al 2014 (n=60). Passare da 1-2 HoLEP/mese a >7/mese ha permesso un apprendimento più
veloce ed efficace. Con l’esperienza e la personalizzazione della tecnica step-by-step si sono accorciati i
valori medi di tempo operatorio totale (da 88 a 59 minuti) e di enucleazione (da 60 a 32 minuti), è
migliorata l’efficienza dell’enucleazione (da 0.7 a 1.8 g/minuto) ed è diminuita l’energia media erogata
(da 156 a 85 kJ), nonostante un maggiore peso medio degli adenomi trattati (da 43.5 a 58 g).
Discussione
Meno energia erogata a livello di capsula prostatica durante l’enucleazione grazie all’approccio no-touch
(laserizzazione dei tralci di connessione tra adenoma e capsula a breve distanza dopo aver trovato il piano
giusto e iniziato il distacco con l’azione meccanica dell’endoscopio) implica minor rischio di
sintomatologia minzionale postoperatoria della fase di svuotamento. Il tempo di morcellazione è più
morcellatore-dipendente che operatore-dipendente, oltre che essere influenzato dalla composizione del
tessuto adenomatoso.
Conclusioni
La en-bloc no-touch HoLEP è sicura ed efficace, e sembra più facile da eseguire ed imparare.
245
P 244
EFFICIENZA DELLA HOLEP EN-BLOC NO-TOUCH NEL TRATTAMENTO DEGLI
ADENOMI PROSTATICI GRANDI E PICCOLI: 4 ANNI DI ESPERIENZA SU 201
PROCEDURE CONSECUTIVE
C. cracco, R. Russo, C. Scoffone (Torino)
Scopo del lavoro
L’enucleazione con laser ad olmio dell’adenoma prostatico (HoLEP) è una opzione terapeutica sicura ed
efficace per il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna (IPB), utilizzabile in prostate sia grandi sia
medio-piccole. Nel corso della curva di apprendimento la classica HoLEP a tre lobi di Gilling è stata
progressivamente modificata, e il risultato finale è la cosiddetta HoLEP en-bloc no-touch. Presentiamo in
questo lavoro la nostra esperienza di 4 anni con questa nuova tecnica, praticata su 201 pazienti con
adenomi prostatici da 10 a 290 grammi di peso.
Materiali e metodi
Da 09/2010 a 12/2014 201 pazienti sono stati sottoposti alla HoLEP en-bloc no-touch presso la nostra
S.C. Tra gli strumenti utilizzati: resettore a flusso continuo 26F Storz con operativa laser, ottica 12°, fibra
laser end-firing da 550 micron. Il laser ad olmio 100W Versapulse (Lumenis, setting 2J/50 Hz) è stato
adoperato in quasi tutti i casi tranne 3 (120W, setting 2J/30 Hz/long pulse length). Per la morcellazione è
stato usato il morcellatore meccanico Versacut (Lumenis) con un nefroscopio rigido Storz 26F. Età,
tempo operatorio totale, tempo ed efficienza dell’enucleazione, tempo della morcellazione, energia
impiegata, peso dell’adenoma, durata del ricovero e complicanze sono stati registrati. I dati sono stati
analizzati con il 2-sample t-test di Student e i coefficienti di correlazione di Pearson sono stati calcolati.
Risultati
Gli adenomi prostatici rimossi sono stati suddivisi in piccoli (<30 g, n=63), medi (30-80 g, n=106) e
grandi (>80 g, n= 32). L’età media è risultata sovrapponibile in tutti i gruppi (range 51-87 anni). E’ stata
osservata una forte correlazione fra peso dell’adenoma e tempo operatorio totale, di enucleazione ed
energia impiegata (un po’ più vantaggiosi per gli adenomi grandi), tempo di morcellazione. L’efficienza
dell’enucleazione (in media 1.8 g/min) tende a crescere con il peso dell’adenoma (da 1 g/min per gli
adenomi piccoli, a 1.6 per quelli medi a 2.2 per quelli grandi). Non si sono verificate complicanze
intraoperatorie maggiori; 6 pazienti (6%) hanno avuto sanguinamento postoperatorio che ha richiesto
revisione emostatica endoscopica; ci sono state 7 riapplicazioni di catetere vescicale dopo la rimozione
(4%); 1 paziente (0.5%) soffre di incontinenza urinaria a lungo termine.
Discussione
La HoLEP è considerata una tecnica difficile da apprendere, per cui non è diffusa come meriterebbe data
la sua mini invasività ed efficacia. Lo sviluppo della variante tecnica di cui si presentano i risultati sembra
rendere più veloce e sicuro il suo apprendimento, con risultati soddisfacenti dal punto di vista clinico e
funzionale.
Conclusioni
La en-bloc no-touch HoLEP è sicura ed efficace per trattare adenomi prostatici di ogni dimensione. E’
particolarmente efficiente nel trattamento degli adenomi di peso >80 g, rappresentando una valida
alternativa miniinvasiva alla adenomectomia prostatica a cielo aperto, ed è competitiva con la TURP per
il trattamento di adenomi di medie e piccole dimensioni.
246
P 245
PROSTATECTOMIA ROBOTICA VERSUS LAPAROSCOPICA: RISULTATI DI UNO STUDIO
PROSPETTICO RANDOMIZZATO DOPO UN FOLLOW-UP DI 4 ANNI
C. Fiori, C. Fiori, I. MOrra, M. Manfredi, F. Mele, R. Bertolo, G. Cattaneo, M. Poggio, F. Ragni, D.
Amparore, E. Checcucci, R. Aimar, S. De Luca, F. Porpiglia (Orbassano)
Scopo del lavoro
I risultati della prostatectomia robot assistita (RARP) rispetto alla prostatectomia laparoscopica standard
(LRP) sono stati raramente investigati mediante studi randomizzati. In un precedente lavoro abbiamo
riportato i dati di uno studio prospettico randomizzato in cui abbiamo paragonato i risultati perioperatori e
funzionali (con un follow-up limitato ad un anno) di RARP vs LRP. Scopo del presente lavoro è
presentare i dati del medesimo studio dopo un follow-up di 4 anni.
Materiali e metodi
Dal gennaio 2010 al gennaio 2011, 120 pazienti con età compresa fra 40 e 75 anni carcinoma prostatico
organo confinato (cT1-2, N0, M0) a cui veniva proposto l’approccio chirurgico sono stati arruolati e
randomizzati in due gruppi: gruppo RARP e gruppo LRP. Tutte le procedure sono state eseguite con
approccio transperitoneale anterogrado da un singolo operatore. La continenza (definita come uso di 0-1
pad/die per sicurezza) e la potenza (definita per pazienti con IIEF5>17 con o senza l’ausilio di 5PDE-i)
sono state registrate dopo 1, 2, 3 e 4 anni (yrs) dalla chirurgia. Le percentuali di pazienti che hanno
presentato recidiva biochimica di malattia e sono stati sottoposti a radio/ormonoterapia sono state
registrate e confrontate. L’analisi statistica è stata eseguita mediante Student’s t-test, Mann-Whitney test,
Chi-Square test, Pearson Chi square test e multivariata.
Risultati
I due gruppi (RARP = 60 pts e LRP=60 pts) erano sovrapponibili in termini di variabili demografiche e
oncologiche. La percentuale di continenza a un anno era pari a 95% e 83.3% rispettivamente nel gruppo
RARP e LRP (p<0.05). Tali percentuali non presentavano variazioni significative 2, 3 e 4 anni dopo la
chirurgia. (p>0.05 1yr vs 2, 3 e 4yrs in entrambe i gruppi). Tra i pazienti trattati con tecniche nervesparing (35 in entrambe i gruppi), la ripresa della potenza si è registrata nell’ 80% e nel 54.2% dei casi
rispettivamente (p<0.05). Tali percentuali sono progressivamente cresciute fino a raggiungere l’88.5 % e
il 62.8% rispettivamente (p<0.05) senza che tale aumento raggiungesse la significatività statistica rispetto
al dato a un anno. L’analisi multivariata ha confermato che l’approccio chirurgico è fattore prognostico
indipendente per il recupero della continenza. Complessivamente 12 pazienti nel gruppo RARP e 11 nel
gruppo LRP sono stati sottoposti a radio/ormonoterapia (p>0.05).
Discussione
Pochi studi in letteratura hanno paragonato RARP e LRP in modo prospettico. I risultati di questo studio
confermano i dati ricavati dal nostro precedente lavoro con follow-up ad un anno e sottolineano che la
prostatectomia robotica consente risultati funzionali (sia in termini di continenza sia in termini di potenza)
stabili e migliori rispetto alla LRP.
Conclusioni
la RARP consente risultati funzionali migliori rispetto alla LRP anche nel follow-up di medio termine.
247
P 246
PROSTATECTOMIA ROBOTICA VERSUS BRACHITERAPIA NEL TRATTAMENTO DEL
TUMORE PROSTATICO A BASSO RISCHIO: STUDIO PROSPETTICO RANDOMIZZATO
F. Gallo, E. Gastaldi, M. Schenone, G. Ninotta, P. Cortese, C. Giberti (Savona)
Scopo del lavoro
La prostatectomia radicale (RP) e la brachiterapia (BT) sono due consolidate opzioni di trattamento del
tumore prostatico a basso rischio. Nessuno studio randomizzato ha paragonato la BT e la prostatectomia
robotica (RALP) che rappresenta, ad oggi, la più innovativa tecnica di RP. Basandoci su questi aspetti, il
nostro obiettivo è paragonare i risultati oncologici e funzionali dopo BT e RALP.
Materiali e metodi
Criteri di inclusione: pazienti affetti da tumore prostatico a basso rischio, volume prostatico ≤ 50 g,
normale funzione urinaria (IPSS ≤ 7; mean flow rate ≥ 10 mL/sec) ed erettiva (IIEF > 17). 200 pazienti
sono stati randomizzati per sottoporsi a RALP nerve sparing bilaterale o BT. Il follow-up consisteva
nell’esame clinico, valutazione del PSA, compilazione dei questionari IPSS, EPIC e IIEF-5 a 1, 3, 6 e 12
mesi dall’intervento; ogni 6 mesi per i successivi 2 anni e quindi annualmente. Riportiamo i risultati
relativi alla comparazione tra tasso di recidiva biochimica, funzione urinaria e tasso di potenza durante i
primi due anni di follow-up tra i due gruppi di pazienti.
Risultati
2/100 e 3/100 pazienti del gruppo RALP e BT sono stati persi al follow-up, rispettivamente. Inoltre, 2
ulteriori pazienti del gruppo RALP sono stati esclusi dalla valutazione dei risultati in quanto sottoposti a
radioterapia adiuvante per il riscontro di una malattia extracapsulare (pT3b) all’esame istologico
definitivo. Complessivamente 96/100 e 97/100 pazienti del gruppo RALP e BT sono risultati valutabili
rispettivamente.
Discussione
Riguardo ai risultati oncologici, una recidiva biochimica è stata riportata in 2/96 e in 3/97 pazienti
corrispondendo ad un tasso di sopravvivenza libera da malattia biochimica del 98% e 97% nel gruppo
RALP e BT, rispettivamente. Riguardo alla funzione urinaria, valori di IPSS significativamente più
elevati sono stati riscontrati nel gruppo BT (13.2 ± 7.3 - 6.3 ± 4.8) rispetto al gruppo RALP (5.6 ± 6.0 –
2.9 ± 2.3). Al contrario, i tassi di continenza sono risultati significativamente migliori nel gruppo BT
(98.9%) rispetto al gruppo RALP (91.8- 93.8%). Riguardo alla funzione erettiva, valori di IIEF-5
significativamente più elevati sono stati registrati nel gruppo RALP (16.7 ± 6.7 – 19.4 ± 7.9) rispetto al
gruppo BT (14.1 ± 8.7 – 16.2 ± 8.0) durante il follow-up.
Conclusioni
Nonostante alcune limitazioni relative ai risultati oncologici, i nostri risultati tendono a confermare un
simile tasso di sopravvivenza libera da recidiva biochimica dopo RALP o BT nei primi due anni di
follow-up. Riguardo alla funzione urinaria, i pazienti sottoposti a BT hanno riportato un tasso di disturbi
irritativi minzionali significativamente maggiore ma una miglior continenza rispetto ai pazienti sottoposti
a RALP. Riguardo alla funzione erettiva, i pazienti sottoposti a RALP hanno riportato un recupero della
potenza sessuale significativamente migliore rispetto ai pazienti sottoposti a BT.
248
P 247
PROSTATECTOMIA RADICALE IN PAZIENTI CON TUMORE DELLA PROSTATA
CLINICAMENTE LOCALIZZATO: RISULTATI DI UN SINGOLO CENTRO A 20 ANNI DI
FOLLOW-UP
G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, M. Bianchi, P. Dell'Oglio, W. Cazzaniga, R. Bertini, P. Rigatti, F.
Cantiello, M. Picozzi, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
Diversi studi hanno riportato eccellenti risultati riguardo la prostatectomia radicale (PR) in pazienti con
carcinoma prostatico (CaP) clinicamente localizzato. Tuttavia, i risultati a lungo termine sono tuttora poco
descritti. L’obiettivo del nostro studio è valutare i risultati oncologici in pazienti affetti da CaP a lungo
termine.
Materiali e metodi
Lo studio ha incluso 529 pazienti trattati con PR tra il 1985 e il 1994. Le curve di sopravvivenza di
Kaplan-Meier sono state utilizzate per calcolare le percentuali di recidiva biochimica (BCR), recidiva
clinica (RC) e mortalità cancro-specifica (CSM). Analisi di sopravvivenza condizionata sono state
utilizzate per la BCR. Analisi di competing-risks sono state utilizzate per valutare le percentuali di CSM e
mortalità da altre cause (OCM) a 20 anni. Analisi multivariate di competing-risks sono state usate per
calcolare i fattori predittivi di CSM dopo aver considerato il rischio di OCM. Abbiamo valutato l’impatto
dell’intervallo trascorso dalla chirurgia alla BCR sul rischio di CSM. Infine, abbiamo valutato il rischio di
CSM nei pazienti con possibilità di sviluppare BCR dopo 10 anni di follow-up.
Risultati
Il follow-up mediano era di 188 mesi. Le percentuali di sopravvivenza libera da BCR, RC e CSM a 20
anni erano 55.1, 71.6, and 78.2%. L’intervallo tra PR e BCR era di 86 mesi. Le percentuali di
sopravvivenza libera da BCR a 5 anni aumentano all’aumentare dell’intervallo di tempo passato dalla
chirurgia. L’intervallo mediano tra BCR e CSM era di 79 mesi. La percentuale di CSM aumentava
secondo la classificazione di rischio di D’Amico e l’età (da 3.3 a 30.9% per i pazienti con malattia a basso
rischio <65 anni vs. alto rischio ≥65 anni). Al contrario, le percentuali di OCM erano maggiori nei
pazienti più anziani con malattia a basso rischio se comparati ai giovani con malattia più aggressiva (79.2
vs. 16.6%). Il Gleason score patologico, l’invasione linfonodale, e l’invasione delle vescicole seminali
sono stati dimostrati essere associati al rischio di CSM (tutti P≤0.04). L’intervallo tra chirurgia e BCR era
un fattore predittivo di CSM (P=0.001), dove i pazienti che avevano una recidiva tardiva erano a ridotto
rischio di CSM se comparati a quelli che avevano una recidiva immediatamente dopo PR. Tuttavia, i
pazienti che avevano BCR dopo 10 anni dalla chirurgia (n=37; 6.9%) erano a rischio aumentato di CSM
se comparati a colori i quali erano liberi da BCR, anche dopo aver aggiustato per il rischio di OCM
(P=0.01).
Discussione
La PR è associata a eccellenti risultati oncologici a lungo termine. L’età e la classificazione del rischio
secondo D’Amico rappresentano i principali fattori predittivi di sopravvivenza a lungo termine. I pazienti
che hanno BCR precoce sono ad aumentato rischio di CSM, tuttavia una percentuale significativa di
pazienti ha BCR tardiva.
Conclusioni
A lungo termine i pazienti con BCR tardiva hanno un rischio aumentato di CSM.
249
P 248
SOPRAVVIVENZA CANCRO SPECIFICA NEI PAZIENTI SOTTOPOSTI A
PROSTATECTOMIA RADICALE E MALATTIA AGGRESSIVA ALL’ESAME ISTOLOGICO
DEFINITIVO.
V. Vagnoni, R. Schiavina, C. Pultrone, M. Borghesi, H. Dababneh, M. Garofalo, F. Manferrari, M.
Marini, M. Giampaoli, A. Porreca, E. Brunocilla, G. Martorana (Bologna)
Scopo del lavoro
Valutare la sopravvivenza cancro-specifica dopo prostatectomia radicale (PR) attraverso la combinazione
dei fattori di rischio sfavorevoli malattia correlati.
Materiali e metodi
Nel periodo compreso tra novembre 1995 e aprile 2015, 2886 pazienti sono stati sottoposti a
prostatectomia radicale (open/ laparoscopica/robotica). Dopo aver escluso i pazienti sottoposti a
neoadiuvante, i pazienti Nx, e i pazienti con follow-up incompleto, sono stati valutati 615 pazienti con
almeno un fattore di malattia a prognosi sfavorevole (MPS) tra i seguenti: PSA preoperatorio ≥ 20 ng/ml,
Gleason score (GS) patologico 8-10 e malattia non-organo confinata allo specimen chirurgico
(interessamento delle vescicole seminali e/o margini chirurgici positivi e/o interessamento linfonodale).
Abbiamo valutato la sopravvivenza cancro-specifica (CSS) ed eseguito analisi uni- e multivariate.
Risultati
L’età media è risultata di 65.6 ± 6.2 anni (mediana 66.4, range 44-78); il follow-up medio è risultato
67.6±45.7 mesi; la sopravvivenza cancro-specifica (CSS) a 5 e 10 anni è risultata del 94.0% e del 86.2%,
rispettivamente. Sono stati identificati 128 pazienti (20.8%) con interessamento linfonodale (N1). In
analisi univariata, il numero di fattori di MPS, l'età alla diagnosi, il PSA preoperatorio (<20 vs ≥20
ng/ml), il GS patologico (<8 vs 8-10), lo stadio patologico (
Discussione
Non tutti i pazienti che presentano uno o più fattori di MPS hanno la stessa prognosi dopo prostatectomia.
Il numero di fattori di rischio di MPS risulta correlato alla CSS e globale in maniera significativa e
indipendente.
Conclusioni
La nuova classificazione che considera il numero di MPS dovrebbe essere presa in considerazione per
valutare la prognosi e la terapia adiuvante dopo prostatectomia nei pazienti ad alto rischio di progressione
e di morte cancro-specifica.
250
P 249
PROSTATECTOMIA RADICALE A CIELO APERTO ANTEROGRADA VS. RETROGRADA
PER ETP PROSTATA IN CASI AD ALTO RISCHIO: ANALISI DEI MARGINI CHIRURGICI
IN SETTECENTO PAZIENTI TRATTATI IN CENTRI DI RIFERIMENTO TERZIARI
C. Cini, M. Gacci, A. Mari, A. Sebastianelli, M. Salvi, M. Lanciotti, A. Minervini, M. Borghesi, G.
Martorana, E. Brunocilla, M. Carini, S. Serni, R. Schiavina (Firenze)
Scopo del lavoro
Il carcinoma prostatico ad alto rischio presenta una storia naturale più aggressiva ed un maggior rischio di
margini chirurgici positivi (R+) a parità di esperienza del chirurgo. Scopo dello studio è valutare l’impatto
delle caratteristiche preoperatorie del paziente, della neoplasia e della tecnica chirurgica in termini di
margini chirurgici positivi (R+) in una serie prospettica di pazienti consecutivamente arruolati in due
centri di riferimento
Materiali e metodi
Abbiamo analizzato i dati di pazienti con carcinoma prostatico ad alto rischio (secondo la classificazione
di D'Amico) sottoposti a prostatectomia radicale anterograda o retrograda in due centri di riferimento
terziario. Gli interventi sono stati eseguiti da operatori con oltre 100 procedure all’attivo. La positività dei
margini (R¬+) è stata definita come la presenza di cellule neoplastiche a livello del margine inchiostrato
all’analisi istopatologica del pezzo operatorio. Sono stati analizzati dati preoperatori (età, BMI, volume
prostatico, stadio clinico, PSA) e dati relativi alla biopsia (Gleason primario e Gleason score, n° frustoli
tot, positivi e % frustoli positivi). Il test Anova è stato utilizzato per l’analisi univariata: i dati significativi
sono stati inclusi in un’analisi di regressione logistica binaria
Risultati
Da un database di 3333 pazienti ne abbiamo selezionati 706 con carcinoma prostatico ad alto rischio:
439/706 (62.1%) R- e 267 (37,8%) R+. Per il 77,1% dei pazienti R+ (206/267) è stata valutata la
molteplicità e l’estensione dei margini positivi. I margini chirurgici sono risultati positivi in 43/230
(18,6%) prostatectomie radicali anterograde e in 224/476 (47,1%) retrograde. Margini positivi multipli
sono stati evidenziati in 20/40 (50,0%) prostatectomie anterograde vs. 55/166 (33,1%) retrograde.
Analizzando questi dati con la regressione logistica binaria per i margini (positivi vs. negativi) abbiamo
rilevato come i pazienti con PSA>20 ng/mL (p=0,038, OR:1.620, 95% CI: 1.027-2.556), > 4 prelievi
bioptici positivi (p<0,001, OR: 3.208, 95% CI:2.026-5.079), sottoposti a RP retrograda (p<0,001,
OR:3.719, 95% CI:1.821-7.596) presentavano un rischio maggiore di R+ rispetto a quelli con PSA
≤20ng/mL, ≤4 prelievi positivi, sottoposti a RP anterograda. Alla regressione logistica binaria per R+
(multipli vs. singoli) il Gleason score bioptico (GSB) >6 è stato associato ad un maggior rischio di R+
multipli rispetto ad un GSB< 6 (p=0,018, OR:0379, 95% CI:0.170-0.846), mentre non sono emerse
differenze significative tra le due tecniche chirurgiche
Discussione
I pazienti affetti da carcinoma prostatico ad alto rischio richiedono un intervento chirurgico impegnativo
eseguito da operatori esperti. Nella nostra casistica più di un terzo dei pazienti ha presentato R+ all’analisi
istopatologica del pezzo operatorio
Conclusioni
La tecnica anterograda sembra più sicura, riducendo il rischio complessivo di R+. Tuttavia la presenza di
R+ multipli è correlata principalmente alla presenza di un elevato Gleason Score bioptico
251
P 250
SOPRAVVIVENZA A LUNGO TERMINE DEI PAZIENTI CON INVASIONE DELLE
VESCICOLE SEMINALI ALLA PROSTATECTOMIA RADICALE: IMPORTANZA DI UN
APPROCCIO MULTIMODALE
R. Koussa, M. Moschini, G. Gandaglia, N. Fossati, A. Gallina, U. Capitanio, M. Bianchi, V. Cucchiara,
C. Cozzarini, N. Di Muzio, R. Karnes, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
L`invasione delle vescicole seminali(SVI)dopo prostatectomia radicale(RP) per tumore della prostata
(PCa) è un predittore di scarsa sopravvivenza.Storicamente,questi pazienti sono stati considerati affetti da
una rapida progressione di malattia,specialmente in presenza di un concomitante alto grado e/o presenza
di metastasi linfonodali.Abbiamo osservato la sopravvivenza a lungo termine di una serie di pazienti con
SVI ipotizzando la necessità di ottimizzare il controllo locale di malattia usando un approccio
multimodale
Materiali e metodi
3,279 pazienti con PCa e SVI sono stati trattati con RP in due centri tra gennaio 1990 e dicembre 2013.
Curve di Kaplan Meier sono state disegnate per analizzare il tempo alla recidiva biochimica, morte cancro
specifica e morte per tutte le cause. Inoltre, analisi di Cox univariate e multivariate hanno testato la
relazione tra il coinvolgimento locale di malattia includendo la positività dei margini chirurgici(PSM) e il
Gleason score(GS) con la recidiva biochimica di malattia(BCR),la morte per tumore della prostata e la
morte per tutte le cause.I modelli sono stati aggiustati considerando età,anno alla chirurgia, stadio
linfonodale,numero dei linfonodi positivi,margini chirurgici,radioterapia adiuvante e ospedale di
appartenenza
Risultati
L`età media alla chirurgia era di 65 anni(mediana:66).Il GS era di 2-6 in 510 (16%) pazienti, 7 in
1,425(43%) e 8-10 in 1,150 (35%). In totale, 1,241(37.8%) pazienti avevano metastasi linfonodali e
713(21.7%) hanno ricevuto radioterapia adiuvante.Con un follow-up medio di 148 mesi,419
pazienti(12.8%) sono morti di PCa, 1,183 di ogni causa e 1,713 hanno sviluppato recidive biochimica. In
totale, i tassi di pazienti liberi da recidive a 8, 10 e 15 anni sono del 40%, 36% e 30% rispettivamente,
mentre i tassi di mortalità a 8, 10 e 15 anni sono del 89%, 86% e 79%, rispettivamente. In totale, 1,605
(48.9%) dei pazienti hanno PSM dopo RP. La presenza di PSM è un forte predittore di BCR(HR:1.54,
p<0.001), morte per PCa(Hazard ratio(HR):1.32, p=0.01) e morte per tutte le cause(HR: 1.18,
p=0.01).Allo stesso modo, altri fattori predittivi di morte per PCa sono stati: GS 8-10(HR:4.59),numero di
linfonodi positivi(HR:1.02),anno alla chirurgia (HR: 0.97),ospedale di appartenenza(HR: 0.16) e
radioterapia adiuvante(HR:0.73; tutti p <0.03).I pazienti che hanno ricevuto radioterapia adiuvante hanno
un tasso 1.4 volte superiore di morire di PCa se comparato a chi non ha ricevuto questo trattamento
Discussione
Nella serie più grande in letteratura su pazienti con SVI,abbiamo trovato che la prognosi a lungo termine
non è invariabilmente scarsa.Inoltre,lo stato locale della malattia è stato dimostrato essere un
determinante per stabilire la sopravvivenza in questi pazienti.Per ottimizzare il controllo locale della
patologia,la radioterapia adiuvante ha mostrato un effetto benefico a lungo termine
Conclusioni
Questi risultati dovrebbero essere tenuti in considerazione quando si pianifica un ottimale approccio
terapeutico in questa categoria di pazienti
252
P 251
IMPATTO DELL’ESTENSIONE DELLA LINFADENECTOMIA SULLA SOPRAVVIVENZA
NEI PAZIENTI CON TUMORE PROSTATICO LOCALMENTE AVANZATO TRATTATI CON
PROSTATECTOMIA RADICALE
E. Zaffuto, M. Moschini, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Bianchi, A. Gallina, S. Luzzago, C. Cozzarini, N.
Di Muzio, R. Montironi, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
L`effetto terapeutico della linfadenectomia pelvica durante prostatectomia per tumore prostatico è ancora
in discussione. Recentemente, alcune serie suggeriscono un ruolo potenziale della linfadenectomia sulla
sopravvivenza negli uomini con metastasi linfonodali. Considerando l`alto rischio di trovare metastasi
linfonodali evidenti o occulte nei pazienti con patologia localmente avanzata, abbiamo valutato il
potenziale beneficio di una più estesa linfadenectomia in questo gruppo di pazienti
Materiali e metodi
Il nostro lavoro include 2,673 pazienti con stadio patologico pT3a/b trattati con prostatectomia radicale
presso un unico centro tra il gennaio 1985 e l`Agosto 2013. Curve di Kaplan Meier sono state disegnate
predicendo la sopravvivenza a 8 e 10 anni. Regressioni di Coxunivariate e multivariate hanno testato la
relazione tra il numero di linfonodi rimossi e la sopravvivenza cancro specifica dopo aver aggiustato per
tutte le variabili disponibili. Queste variabili includono: età, Gleason patologico, margini chirurgici,
numero dei linfonodi positivi, radioterapia adiuvante, ormonoterapia adiuvante e anno della chirurgia
Risultati
L`età media dei pazienti era di 66anni (mediana:66.3), il numero medio di linfonodi rimossi era 17
(mediana: 16). Il follow-up medio e mediano era di 80e 72 mesi. 1,363 (51%) e 1,310 (49%) pazienti
hanno patologia pT3a e pT3b, rispettivamente.Metastasi linfonodali sono state trovate in 917 (34.3%)
pazienti. La sopravvivenza a 8 e 10 anni considerando la mortalità cancro specifica e per tutte le cause era
di 91.4 e 88.5% e 82.1 e 76.1%. All`analisi multivariata, il numero dei linfonodi rimossi predice
indipendentemente tassi ridotti di mortalità cancro specifica (Hazard Ratio [HR]: 0.96; p=0.04). Altri
predittori di mortalità cancro specifica erano il numero di linfonodi positivi (HR: 1.05), l`età` (HR: 1.06),
il Gleason 8-10 (HR: 3.77) e la radioterapia adiuvante (HR: 0.93) (tutti p <0.04).Quando abbiamo
considerate la predizione della mortalità per tutte le cause, l`età` (HR: 105, p=0.001), il Gleason
patologico (HR: 2.11, p=0.03) e l`anno alla chirurgia (HR0.92, p=0.001) sono stati trovati come predittori
significativi
Discussione
Nei pazienti con stadio patologico pT3, la rimozione di un più alto numero di linfonodi durante
prostatectomia radicale è associata a un miglioramento del tasso di sopravvivenza cancro specifica
Conclusioni
Questo sembra supportare indirettamente il ruolo di una linfadenectomia estesa in questo gruppo di
pazienti per migliorare la sopravvivenza nei pazienti che pre-operativamente hanno un significative
rischio di avere patologia localmente avanzata. Studi futuri sono necessari per validare questi risultati.
253
P 252
ASSOCIAZIONE TRA FUMO DI SIGARETTA, RISCHIO DI MALATTIA CLINICAMENTE
SIGNIFICATIVA E RECIDIVA BIOCHIMICA IN PAZIENTI TRATTATI CON
PROSTATECTOMIA RADICALE PER CARCINOMA PROSTATICO
W. Cazzaniga, G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, M. Bianchi, R. Colombo, R. Bertini, V. Mirone,
R. Damiano, F. Cantiello, F. Dehò, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
L'associazione tra fumo di sigaretta e carcinoma prostatico (CaP), la sua aggressività e il rischio di
progressione di malattia dopo prostatectomia radicale è ancora dibattuta. Lo scopo del nostro studio è
stato quello di valutare l'associazione tra il fumo di sigaretta e il rischio di malattia sfavorevole oltre che
di recidiva biochimica (BCR).
Materiali e metodi
Sono stati identificati 6.028 pazienti con CaP trattati con prostatectomia radicale tra Gennaio 1998 e
Agosto 2014. Sono state eseguite analisi di regressione logistica multivariata per verificare l'associazione
tra stato di fumatore (mai fumato vs. attuali fumatori vs. ex fumatori definiti come pazienti che smettono
di fumare almeno 6 mesi prima della chirurgia) e le caratteristiche della malattia. Abbiamo poi valutato
come endpoints l’invasione delle vescicole seminali, lo score di Gleason 8-10, l’invasione linfonodale e i
margini chirurgici positivi. Curve di Kaplan Meier hanno analizzato l'associazione tra stato di fumatore e
BCR (definita come due aumenti consecutivi del valore di PSA>=0.2ng/ml). Infine, dopo l'eliminazione
di fattori confondenti, analisi di Cox multivariate hanno testato l'associazione tra fumo e rischio di
recidiva biochimica.
Risultati
L'età media dei pazienti era 64,6 anni. Il follow up era di 45 mesi. I fumatori sono risultati a maggior
rischio di invasione delle vescicole seminali (odds ratio [OR]: 1.27; P = 0.04), di Gleason 8-10 (OR: 1.49;
P = 0.01), di invasione linfonodale (OR: 1.47; P <0.01), e di margini chirurgici positivi(OR: 1.23; P =
0.03) rispetto a coloro che non avevano mai fumato. Allo stesso modo, i fumatori erano a più alto rischio
di invasione linfonodale (OR: 1.36; p = 0.03) rispetto agli ex fumatori. Gli ex fumatori non avevano un
rischio aumentato di avere una malattia con caratteristiche prognostiche sfavorevoli rispetto a chi non
aveva mai fumato (P≥0.07). I fumatori attuali avevano tassi di sopravvivenza libera da BCR
significativamente più bassi rispetto a chi non aveva mai fumato ed anche rispetto agli ex fumatori (61.0
vs. 73.0 vs 70.5, p = 0.04). All’analisi multivariata, i fumatori sono risultati essere a maggior rischio di
BCR dopo l'intervento chirurgico rispetto sia ai non fumatori che agli ex fumatori in due modelli diversi
che tengono conto sia di covariate preoperatorie (hazard ratio [HR]:1.26; p=0.03) che postoperatorie
(HR:1.14; p=0.04).
Discussione
Il fumo ha un impatto significativo sul rischio di avere una malattia sfavorevole all’analisi istopatolgica
finale e sul rischio di BCR nei pazienti con CaP clinicamente localizzato.
Conclusioni
Non fumare potrebbe prevenire caratteristiche sfavorevoli del tumore prostatico come molte altre
patologie legate al tabacco.
254
P 253
RECIDIVA BIOCHIMICA DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE: CHI è A RISCHIO DI
MORIRE DI TUMORE PROSTATICO?
N. Suardi, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, V. Cucchiara, A. Gallina, P. Dell'Oglio, C. Cozzarini,
N. Di Muzio, F. Cantiello, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
Tra i pazienti sottoposti a prostatectomia radicale (RP) che sviluppano una recidiva biochimica (BCR),
solo una minoranza di loro morirà di tumore prostatico. Abbiamo cercato di sviluppare un nuovo
strumento atto ad identificare i pazienti con BCR dopo intervento chirurgico a più alto rischio di mortalità
cancro-specifica (CSM).
Materiali e metodi
AAbbiamo identificato 757 pazienti trattati con prostatectomia radicale tra il 1987 e il 2014 che hanno
sviluppato BCR durante il follow-up. Di tutti i pazienti sono stati valutati i dati clinici, patologici e del
follow-up. L’analisi di regressione multivariata di Cox ha identificato i predittori di CSM dopo BCR dopo
aver aggiustato l’analisi per le caratteristiche patologiche del tumore, il tempo trascorso dalla chirurgia
alla BCR, l'età in cui è avvenuta la BCR e la Charlson Comorbidity Index (CCI). I coefficienti dell’analisi
di regressione di Cox sono stati utilizzati per sviluppare un nomogramma per predire la CSM. La capacità
di discriminazione del nomogramma è stata quantificata con l'indice di concordanza di Harrell e con il
metodo del diagramma di taratura. Inoltre, 200 campioni sono stati utilizzati per la convalida interna. La
decision curve analyses (DCA) ha fornito una stima del beneficio netto ottenuto con questo modello.
Risultati
L'età media alla BCR è di 68,8 anni. Il tempo mediano di BCR dopo l’intervento chirurgico è di 44,4 mesi
e il follow-up dopo la RP di 88 mesi. Dopo BCR, 75 pazienti (9,9%) sono morti di tumore prostatico
mentre 40 (5,3%) sono morti per altre cause. I tassi di sopravvivenza a 5 e 10 anni dopo BCR sono del
76,2 e del 65,6%. I tassi di sopravvivenza cancro-specifica (CSM) a 5 e 10 anni sono dell’82,6 e del
75,2%. All’analisi di regressione multivariata di Cox, la malattia non-organo confinata (hazard ratio
[HR]: 5.68; p= 0.01), un punteggio di Gleason compreso tra 8 e 10 (HR: 1.89; p= 0.001) e l’invasione
linfonodale (HR: 4.24; p <0,001) sono stati identificati come i predittori di CSM. L’età del paziente al
momento della BCR rappresenta un fattore predittivo aggiuntivo di CSM (HR: 1.03; p = 0.03). Abbiamo
successivamente incluso queste covariate in un nomogramma per predire la CSM dopo BCR. Questo
strumento ha ottenuto un c-index dell’83,2% alla validazione interna. La DCA ha mostrato che il nostro
nomogramma ha migliorato il beneficio clinico netto nei pazienti con un rischio di CSM dopo BCR tra il
5 ed il 50%.
Discussione
Il rischio di morire per neoplasia prostatica non è uguale in tutti i pazienti che sviluppano BCR. Poter
identificare i pazienti a maggior rischio di CSM permetterebbe un miglior utilizzo di terapie di
salvataggio più tempestive ed aggressive.
Conclusioni
Tra tutti pazienti che hanno sviluppato una BCR dopo prostatectomia radicale solo 1 su 4 morirà di
tumore prostatico. Abbiamo sviluppato e validato internamente uno strumento utile per selezionare quei
pazienti con recidiva clinicamente significativa che hanno una probabilità più elevata di morire di tumore
prostatico.
255
P 254
FATTORI PREDITTIVI E RISULTATI ONCOLOGICI IN PAZIENTI CON PSA
COSTANTEMENTE ELEVATO DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA.
ESPERIENZA MONOCENTRICA DI UN SINGOLO CHIRURGO.
B. Rocco, K. Anup, E. De Lorenzis, F. Mistretta, S. Samavedi, R. Coelho, K. Palmer, V. Patel (Milano)
Scopo del lavoro
I pazienti con PSA elevato dopo prostatectomia radicale robotica (RARP) hanno un maggior rischio di
recidiva biochimica (BCR) e di progressione di malattia. Scopo dello studio è stato valutare quali fattori
fossero associati a PSA elevato e BCR in pazienti sottoposti a RARP.
Materiali e metodi
La popolazione è costituita da 5300 pazienti affetti da tumore prostatico localizzato sottoposti a RARP da
un singolo operatore da Gennaio 2008 a Luglio 2014. All’interno della popolazione sono stati identificati
162 pazienti con PSA costantemente elevato (gruppo A), definendo livelli elevati di PSA ≥ 0.1 ng/ml a 6
settimane dall’intervento, comparandoli con un gruppo di coorte con PSA indosabile, (gruppo B, PSA
<0.1 ng/ml). Sono state eseguite analisi di regressione logistica multivariata e univariata per valutare se ci
fosse un’associazione significativa fra variabili pre-intra-operatorie e patologiche ed il PSA
costantemente elevato. All’interno del gruppo A è stato inoltre indagato se ci fosse un’associazione tra
BCR e le diverse variabili considerate
Risultati
All’analisi multivariata solamente i seguenti parametri erano associati in modo statisticamente
significativo alla presenza di PSA elevato dopo RARP: stadiazione clinica (p=0.01), Gleason Score
preoperatorio (p=0.001), stadiazione patologica (p=0.001); estensione extraprostatica (ECE) (p=0.01),
positività linfonodale (p=0.001), margini chirurgici positivi (PSM) (p=0.02), Gleason Score
postoperatorio (p=0.01). Il follow up medio è stato di 38.1 mesi. La BCR è stata significativamente
maggiore nel gruppo A rispetto al gruppo B ( 45.1% vs 7.9%; p<0.05). Il tempo medio di BCR è stato
significativamente minore nel gruppo A che nel gruppo B (rispettivamente 3.9 mesi vs 21.1 mesi;
p=0.01). All’analisi di regressione logistica multivariata nel gruppo A, il Gleason Score post operatorio, i
PSM e la salita del PSA post RARP erano significativamente associati alla BCR (p<0.001).
Discussione
Nei pazienti sottoposti a RARP, fattori associati all’aggressività della malattia (PSA preoperatorio
elevato, GS ≥8; stage ≥T3, PSM e ECE) sono risultati predittivi della persistenza di PSA. Questi pazienti
con valori di PSA persistenti dopo RARP è più facile che presentino una BCR prima dei pazienti con
PSA indosabile dopo RARP. Tuttavia, nella nostra casistica, una parte significativa di pazienti con PSA
persistente (54.9%) non hanno presentato una BCR. Questi pazienti sono caratterizzati dalla presenza di
alcuni parametri favorevoli (discesa del PSA post RARP >0.05; Gleason score post operatorio <8; PSM
<3 mm).
Conclusioni
Alcuni pazienti con PSA persistente dopo RARP possono non sviluppare BCR. In questa sottocategoria
di pazienti potrebbero essere evitate terapie adiuvanti. La conoscenza dei parametri favorevoli potrebbe
rivestire un ruolo durante il counseling preoperatorio riguardo i risultati oncologici.
256
P 255
IMPORTANZA DEL VOLUME TUMORALE PER IDENTIFICARE PAZIENTI CON
METASTASI LINFONODALI AD ALTO RISCHIO DI PROGRESSIONE E MORTALITà
DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE.
A. Stabile, A. Nini, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, M. Bianchi, P. Dell'Oglio, S. Luzzago, C.
Doglioni, M. Freschi, R. Lucianò, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
Il valore prognostico del volume tumorale nel tumore prostatico con metastasi linfonodali e` ancora non
chiaro. Questo studio ha l’obiettivo di testare l`abilità del volume tumorale nel predire la progressione di
malattia nei pazienti affetti da tumore prostatico con invasione linfonodale.
Materiali e metodi
Abbiamo identificato 1,004 pazienti trattati con prostatectomia radicale e linfadenectomia pelvica per
tumore prostatico tra il 1991 e il 2013. Solo i pazienti con dati disponibili per quanto riguarda il volume
tumorale sono stati inclusi (n=344). Il volume tumorale è stato calcolato tramite ispezione visiva, in
accordo con le linee guida del College of American Pathologists. Le curve di Kaplan Meier sono state
utilizzate per valutare la recidiva biochimica (BCR) e l`insorgenza di metastasi. Le analisi di Cox
multivariate hanno testato l`impatto del volume tumorale sul rischio di sviluppare recidiva biochimica e
ricorrenza clinica. Le covariate incluse sono: stadio patologico, Gleason score, numero dei linfonodi
positivi, margini chirurgici positivi e radioterapia adiuvante. La stessa analisi è stata ripetuta dopo aver
stratificato i pazienti in base al numero di linfonodi positivi (<2 vs. ≥ 3).
Risultati
Il valore mediano di volume tumorale era 10.6 ml. La mediana di linfonodi rimossi era 21 mentre il
numero mediano di linfonodi positivi era 2. 128 (37.2%) pazienti hanno ≥3 linfonodi positivi. Il followup mediano era 41 mesi e i tassi di sopravvivenza liberi da recidive biochimica a 1, 3 e 5 anni erano di
88.4, 76.7 e 61.4% contro 90.9, 85.3 e 77.6%. All`analisi multivariata, il volume tumorale era associato
significativamente alla BCR (HR 1.03) e alla possibilità di sviluppare metastasi (Hazard ratio [HR]: 1.03;
tutte p≤0.001). Il numero dei linfonodi positivi (HR: 1.02) e la somministrazione di radioterapia adiuvante
(HR: 0.4) sono predittori di BCR e di recidiva clinica (p≤0.005). Quando abbiamo testato questi parametri
in accordo con l`estensione della patologia linfonodale, il volume tumorale era l`unico predittore di BCR
(HR: 1.04) e di metastasi (HR: 1.05; tutte p≤0.001) nei pazienti con <2 linfonodi positivi. Al contrario,
nessuna associazione è stata trovata per i pazienti con più di 2 linfonodi positivi (tutte le p ≥0.1). In
questo gruppo, soltanto la radioterapia adiuvante era associata alla BCR e allo sviluppo di metastasi
(entrambi HR=0.3; tutte p≤0.001).
Discussione
Il volume tumorale rappresenta il più forte fattore predittivo di progressione tumorale negli uomini con
metastasi linfonodali e basso grado di invasione linfonodale alla linfadenectomia estesa.
Conclusioni
Questi dati dovrebbero essere tenuti in considerazione nella selezione dei pazienti con basso volume
linfonodale che potrebbero necessitare di un approccio multimodale. Ulteriori studi con popolazioni più
numerose sono necessari per valutare nel corretto modo l`effetto del volume tumorale sulla
sopravvivenza.
257
P 256
LA PET/TC CON [11C]COLINA PREDICE LA SOPRAVVIVENZA IN PAZIENTI CON
TUMORE PROSTATICO HORMONE NAïVE AFFETTI DA RECIDIVA BIOCHIMICA DOPO
PROSTATECTOMIA RADICALE
A. Gallina, M. Picchio, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, V. Cucchiara, N. Suardi, M. Bianchi, C.
Cozzarini, N. Di Muzio, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
La PET/TC con Colina radiomarcata ha dimostrato utilià nel ristadiare pazienti con tumore prostatico
(PCa) che sviluppano ricorrenza biochimica (RBC). Lo scopo di questo studio è stato di stimare l’abilità
prognostica della PET/TC con [11C]Colina sulla sopravvivenza di pazienti con PCa hormone naïve e con
RBC dopo prostatectomia radicale (PR)
Materiali e metodi
Questo studio ha incluso 302 pazienti con PCa hormone naïve trattati con PR e sottoposti a PET/TC con
[11C]colina dal 2004 al 2007 per RBC (PSA>0.2 ng/mL). Nessun paziente ha ricevuto alcuna forma di
terapia ormonale prima della ricorrenza. Analisi di regressione di Cox hanno stimato l’associazione tra i
risultati della PET/TC con [11C]Colina e la sopravvivenza specifica del PCa tenendo conto degli effetti
delle variabili clinico-patologiche. I coefficienti delle covariate inclusi nelle analisi di regressione di Cox
sono stati utilizzati per sviluppare un nuovo nomogramma
Risultati
Il PSA mediano alla metodica di imaging è stato di 1.02ng/mL. Il follow up mediano è stato di 7.2 anni.
La PET/TC con [11C]colina è risultata positiva in 101 di 302 pazienti (33%). Il tempo mediano di
sopravvivenza specifica del PCa dopo PR è stato di 14.9 anni (95% CI, 9.7–20.1 anni) nei pazienti con
PET/TC con [11C]Colina positiva. La sopravvivenza mediana non è stata considerata nei pazienti con
PET/TC con [11C]Colina negativa. Il tasso di sopravvivenza specifica per PCa a 15 anni è stato del
42.4% (95% CI, 31.7%–53.1%) nei pazienti con PET/TC con [11C]Colina positiva e del 95.5% (95% CI,
93.5%–97.5%) nei pazienti con PET/TC con [11C]Colina negativa. Alle analisi multivariate, la PET/TC
con [11C]Colina (Hazard Ratio [HR]:6.36, 95% CI, 2.14-18.94,P<0.001) e il Gleason Score>7 (HR:3.11,
95% CI, 1.11-8.66,P=0.03) hanno predetto la sopravvivenza specifica per PCa. Un nomogramma validato
internamente ha predetto la probabilità di sopravvivenza specifica per PCa a 10 anni con l’accuratezza
dell’80%
Discussione
La positività della PET/TC con [11C]Colina dopo fallimento biochimico predice la sopravvivenza
specifica per PCa in pazienti hormone naïve
Conclusioni
Questi risultati supportano il ruolo della PET/TC con [11C]Colina nella ristadiazione del PCa per scopi
prognostici e nella guida all’individuazione del trattamento ottimale individualizzato di salvataggio
258
P 257
TERAPIA ANTIAGGREGANTE E TECNICA ENDOSCOPICA LASER AL TULLIO PER IL
TRATTAMENTO DELL’IPERTROFIA PROSTATICA: STUDIO CASO-CONTROLLO IN
PAZIENTI IN TERAPIA ANTIAGGREGANTE SOTTOPOSTI A THUVEP
S. Casellato, S. Picozzi, A. Macchi, R. Stubinski, C. Marenghi, S. Nazzari, D. Ratti, L. Carmignani (san
donato milanese)
Scopo del lavoro
Con il progressivo invecchiamento della popolazione la prevalenza di patologie vascolari, così come
quella dell'ipertrofia prostatica benigna, è in aumento. Negli ultimi anni il trattamento disostruttivo
prostatico laser sta emergendo come alternativa alla resezione transuretrale di prostata (TURP). Lo scopo
di questo studio è di valutare il decorso clinico dei pazienti in terapia anti-aggregante che sono stati
sottoposti ad enuclevaporizzazione della prostata mediante laser al tullio (ThuVEP).
Materiali e metodi
A partire da Settembre 2011 abbiamo iniziato uno studio prospettico sui pazienti sottoposti a ThuVEP.
Tutti i partecipanti allo studio sono stati sottoposti a terapia chirurgica endoscopica laser per sindrome
ostruttiva da IPB e sintomi del basso tratto urinario. Questo studio confronta gli obiettivi chirurgici di 76
pazienti sottoposti a ThuVEP eseguite in pazienti in terapia anti-aggregante e 76 ThuVEP eseguite in
pazienti che non sono mai stati trattati con terapia antiaggregante prima dell'intervento.
Risultati
Il gruppo dei casi include 74 pazienti in monoterapia antiaggregante con ASA 100 - 300 mg e 2 in
Ticlopidina. Non si è osservata nessuna differenza significativa nella durata dell'intervento. Un test di
confronto tra i due gruppi non è risultato statisticamente significativo riguardo alla riduzione della
concentrazione di emoglobina. Una terapia trasfusionale è stata richiesta in un solo caso tra il gruppo dei
pazienti in terapia antiaggregante, in nessun caso tra i pazienti del gruppo controllo. In nessun caso si
sono verificate complicanze cardiologiche (infarto acuto del miocardio, angina, insufficienza cardiaca e
shock ipovolemico). Un solo paziente nel gruppo dei casi è stato sottoposto ad un secondo intervento per
il controllo dell'emostasi. Durante il periodo dello studio un caso di ematuria si è verificato a due
settimane in ciascuno dei due gruppi ed è stato trattato in modo conservativo. Non si sono verificati
ulteriori sanguinamenti o eventi cardiaci.
Discussione
La ThuVEP rappresenta una delle metodiche laser più promettenti grazie alla sua versatilità, alla breve
curva di apprendimento e alla efficacia dimostrata.
Conclusioni
In questo studio viene dimostrato per la prima volta che pazienti sottoposti a ThuVEP, che hanno
proseguito la terapia antiaggregante, non hanno presentato un aumento significativo dell'incidenza di
morbilità associata a sanguinamenti perioperatori rispetto a pazienti che non hanno mai assunto terapia
antiaggregante.
259
P 258
LA VAPOENUCLEAZIONE DI PROSTATA CON GREEN LIGHT HPS RIDUCE I SINTOMI
IRRITATIVI POST OPERATORI. CONFRONTO CON LA VAPORIZZAZIONE CON GREEN
LIGHT HPS.
S. Alba, V. Altieri, V. Aiello, M. Genovese, P. Verze, A. Inferrera , V. Mirone, F. Greco (Rocca di Neto)
Scopo del lavoro
Confrontare la sintomatologia irritativa post operatoria in due gruppo di pazienti sottoposti a chirurgia
disostruttiva del tratto cervico uretrale con Green Laser HPS
Materiali e metodi
Sono stati analizzati i database prospetticamente compilati dei pazienti sottoposti a Vaporizzazione
standard (PVP) e Vaporizzazione anatomica prostatica (VAP). Criteri di esclusione: utilizzo di
antimuscarinici, IVU con urinocoltura positiva. Entrambi i gruppi sono stati trattati con terapia antibiotica
profilattica, antinfiammatoria e antiedemigena per 7 giorni successivi l’intervento. Parametri analizzati:
Tempo chirurgico, Energia erogata, Qmax a tre mesi, IPSS a 1-3 mesi, VAS scale a post operatorio (P.O.)
– 1 mese per la valutazione della sintomatologia irritativa post operatoria, Indice di qualità della vita a 3
mesi (QdV), tempo di cateterizzazione, Q max a tre mesi
Risultati
Dal Settembre 2014 all’ aprile 2015, 96 pazienti di età media 67 anni, sono stati sottoposti a chirurgia
disostruttiva cervico uretrale con Green Light HPS, 50 a PVP e 46 a VAP. Volume prostatico medio 63
cc. I valori medi dei parametri considerati sono stati i seguenti (PVP vs VAP): 1) Tempo vaporizzazione:
24 vs 32 minuti. 2) Energia erogata 243.000 J vs 319.000 J 3) IPSS 1 mese 11 vs 8 4) IPSS a 3 mesi 5 vs
3. 5) VAS P.O. 4 vs 2 6) VAS 1 mese 3 vs 1 7) QdV 1 vs 0 8) Cateterizzazione 1,7 vs 1,4 giorni 9) Q max
20 ml/s vs 26 ml/s Le differenze osservate fra i due gruppi nei parametri dell’energia erogata, tempo di
chirurgia, Q max, IPSS e VAS ad 1 mese sono risultate statisticamente significative a favore del gruppo
VAP
Discussione
La Vaporizzazione anatomica, risparmiando una quota di energia laser diretta sulla capsula prostatica
rispetto alla vaporizzazione standard, riduce la sintomatologia irritativa post operatoria e risulta
emodinamicamente più efficace. Tuttavia a 3 mesi dall’intervento chirurgico i risultati risultano
sovrapponibili nei due gruppi osservati
Conclusioni
La Vaporizzazione anatomica di prostata riduce la sintomatologia irritativa post operatoria rispetto alla
vaporizzazione standard
260
P 259
EMBOLIZZAZIONE DELLE ARTERIE PROSTATICHE PER PAZIENTI PORTATORI DI
CATETERE VESCICALE A DIMORA NON CANDIDABILI A PROCEDURE CHIRURGICHE
O ENDOSCOPICHE: UN NUOVO TRATTAMENTO?
S. Secco, F. Barbosa, D. Di Trapani, C. Migliorisi, R. Vercelli, M. Nichelatti, A. Rampoldi, A. Galfano,
A. Bocciardi (Milano)
Scopo del lavoro
Lo scopo del presente studio è di valutare l'efficacia e la sicurezza della embolizzazione delle arterie
prostatiche (PAE, prostatic artery embolization) in pazienti portatori di catetere vescicale (CV) a dimora,
considerati non trattabili chirurgicamente o endoscopicamente.
Materiali e metodi
Studio prospettico, valutati i pazienti trattati con PAE dal novembre 2013 all'agosto 2014. Criteri di
inclusione: età>50 anni, non candidabilità anestesiologica a trattamenti endoscopici o chirurgici, CV a
dimora per disturbi minzionali, terapia medica in corso (a-litici o 5ARI) senza beneficio. Criteri di
esclusione: presenza di tumore vescicale o tumore prostatico. Dopo valutazione del paziente da parte di
un team multidisciplinare (urologi e radiologi interventisti) veniva posta l'indicazione alla PAE.
L'embolizzazione superselettiva della prostata è stata eseguita in accordo alla tecnica ‘‘PErFecTED’’
descritta da Carnevale. Il successo tecnico era definito quando l'embolizzazione selettiva delle arterie
prostatiche era bilaterale. Il follow up prevedeva RM o TC addome inferiore e uroflussometria a 3 e 6
mesi dopo la procedura e rivalutazione.
Risultati
Abbiamo eseguito una PAE in 18 pazienti (età media 77, range 58-89). Tutti i pazienti sono stati dimessi
il giorno successivo alla PAE. Non ci sono state complicanze intra o peri-procedura. Abbiamo ottenuto un
successo tecnico in 16 pazienti (88%); una immediata embolizzazione bilaterale è stata possibile in 15
pazienti. Una embolizzazione monolaterale è stata invece eseguita per problemi anatomici. Il follow up
medio è stato di 6.4 mesi (range 4.5-11.6). Cinque pazienti (27.7%) hanno lamentato bruciore uretrale 48
ore dopo la procedura; 2 (11.1%) ha sviluppato una infezione del tratto urinario nel primo mese dalla
rimozione del catetere, 4 (22.2%) hanno avuto un episodio di ritenzione urinaria al primo tentativo di
rimozione del CV, trattato con posizionamento di nuovo catetere, definitivamente rimosso dopo 15 giorni.
Un successo clinico è stato ottenuto in 17 pazienti (94.4%). Il catetere è stato rimosso 17 giorni dopo la
PAE (range 15-31 days). Il volume medio della prostata prima della procedura era di 80.18 cc (range 34165 cc). Dopo la PAE (immagini disponibili di 10 pazienti) il volume prostatico era di 62.53 cc (range38123), riduzione risultata statisticamente signficativa (p=0.0078). Anche il valore del PSA si è ridotto in
modo significativo dopo la procedura (passando da una media di 2.25 a 0.89 ng/ml, p=0.0156).
Discussione
La collaborazione con i radiologi interventistici può offrire a pazienti gravati anche da un CV a dimora un
trattamento mini-invasivo per la rimozione di quest’ultimo.
Conclusioni
Il nostro studio, seppure preliminare, ha dimostrato la fattibilità, la sicurezza e l’efficacia della PAE nel
trattamento di pazienti con multiple comorbilità e CV a dimora, non candidabili a chirurgia o
endoscopica, in cui la terapia medica è risultata inefficace.
261
P 260
EMBOLIZZAZIONE ARTERIOSA PROSTATICA VS. ADENOMECTOMIA PROSTATICA
TRANSVESCICALE: UN’ANALISI MATCHED-PAIRED DEGLI OUTCOME FUNZIONALI E
DELLE COMPLICANZE DOPO 1 ANNO DI FOLLOW-UP
S. Cimino, G. Russo, S. Privitera, D. Kurbatov, S. Sansalone, C. Salamone, L. Fiorino, G. Morgia
(Catania)
Scopo del lavoro
Il trattamento chirurgico dell’Ostruzione Cervico-Uretrale (OCU), secondaria ad iperplasia prostatica
benigna (IPB) per volumi prostatici ≥ 80 cc sta radicalmente cambiando dalla convenzionale
adenomectomia transvescicale (ATV) a terapie chirurgiche mini-invasive, come l’HoLEP o più
recentemente come l’embolizzazione arteriosa prostatica (PAE). Sulla base di queste premesse, abbiamo
condotto un’analisi match-paired degli outcome funzionali e delle complicanze dopo 1 anno di follow-up
in pazienti sottoposti ad ATV o PAE.
Materiali e metodi
Dal Gennaio 2006 al Gennaio 2013, abbiamo raccolto prospetticamente i dati di 287 pazienti consecutivi
affetti da OCU secondaria ad IPB. Abbiamo effettuato un confronto 1:1 utilizzando le variabili età, BMI,
PSA, volume della prostata (PV), picco di flusso (PF), residuo post -minzionale (RPM) ed IPSS,
includendo 80 pazienti sottoposti ad ATV ed 80 sottoposti a PAE. La tecnica di PAE è stata effettuata
come già riportato da Kurbatov D et al. Gli End-point primari dello studio riguardavano il confronto di
IPSS , IIEF-5, PF, RPM e IPSS - QoL dopo 1 anno di follow-up. Gli End-point secondari riguardavano il
confronto dell’emoglobina (Hb) post-operatoria, la durata della cateterizzazione, la durata del ricovero e
le complicanze (Clavien-Dindo classification).
Risultati
Il confronto match-paired ha dimostrato valori più bassi di IPSS (5,0 vs. 9,0 ; p < 0,05 ), RPM (0,0 vs
20,0 ; p < 0,05 ), PSA (0,89 vs 2,1 ; p < 0,05 ), IPSS - QoL (0,0 vs. 3,0 ; p < 0.05 ) PF (23.82 vs. 16.89;
p<0.01) ed IIEF - 5 (14,0 vs 15,0 ; p < 0,05 ) dopo un anno di follow-up per il gruppo trattato con ATV.
Tra gli end-point secondari, abbiamo riscontrato più alti valori di Hb (mg/dl) post-operatoria (14.4 vs
11.0; p < 0,05 ) e valori più bassi di ospedalizzazione (giorni) ( 2,0 vs. 9,0; p < 0,05 ) e cateterizzazione
(giorni) (0,0 vs. 7,0; p < 0,05 ) per il gruppo trattato con PAE. La regressione logistica multivariata,
aggiustata per le variabili pre e peri -operatorie, ha dimostrato che la tecnica PAE era significativamente
associata a persistenza di sintomi (IPSS ≥ 8) (OR : 12.44 [ 95% CI : 5,5-12,89 ] ; p < 0,05) e di bassi PF
(PF ≤ 15 ml/s (OR : 4,95 [95 % CI : 1,73-14,15 ] ; p < 0,05 ) ad 1 anno dal trattamento. Sono state
riscontrate 25 (31.25%) complicanze nel gruppo ATV e 7 (8.75%) nel gruppo PAE (p<0.05).
Discussione
La PAE è tecnica mini-invasiva associata ad una più bassa durata di cateterizzazione, ospedalizzazione e
minor complicanze se paragonate all’ATV. Tuttavia, essa è associata a persistenza di sintomi (IPSS ≥ 8 )
e di bassi PF (PF ≤ 15 ml/s) rispetto all’ATV.
Conclusioni
Sulla base dei nostri risultati, è possibile proporre la tecnica PAE in pazienti molto selezionati, con
elevate comorbidità o in coloro che vogliono preservare la funzione sessuale ed eiaculatoria.
262
P 261
RISULTATI PERIOPERATORI, ONCOLOGICI, FUNZIONALI E COMPLICANZE IN
PAZIENTI SOTTOPOSTI A PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOT-ASSISTITA:
ESPERIENZA DI 6 ANNI IN UN CENTRO A BASSO VOLUME CHIRURGICO.
G. Di Pierro, P. Grande, H. Danuser, A. Mattei (Roma, Lucerna, Italia; Svizzera)
Scopo del lavoro
Riportiamo i risultati perioperatori, oncologici, funzionali e le complicanze in pazienti sottoposti a
Prostatectomia Radicale Robot-Assistita (RARP) presso il nostro centro a basso volume chirurgico (60
RARP/anno).
Materiali e metodi
Da Novembre 2008 a Aprile 2015, 400 pazienti sono stati trattati con RARP per carcinoma prostatico
organo-confinato da un singolo chirurgo(AM) esperto in chirurgia open e laparoscopica. I dati clinici e
patologici sono stati raccolti in modo prospettico. Le complicanze sono state classificate secondo il
Sistema di Clavien modificato. La recidiva biochimica(BCR) è stata definita come due valori consecutivi
del PSA ≥0.2 ng/mL. La continenza urinaria e la potenza erettile sono state valutate mediante questionari
validati (ICSmaleSF e IIEF, rispettivamente). Solo i pazienti potenti prima dell’intervento, sottoposti a
RARP nerve-sparing e che non hanno richiesto alcuna terapia adiuvante(RT e/o ADT) sono stati valutati
per il recupero della potenza. I pazienti sono stati valutati a 3 e 12 mesi dopo l’intervento, poi
annualmente.
Risultati
Il follow-up medio è stato di 36 mesi(IQR: 12-48). L'età media(±SD)è stata 64(±5.61) anni, il BMI
26.9(±3.74) kg/m2 ed il PSA preoperatorio 11.2(±11.3) ng/mL. L'esame istologico definitivo ha mostrato
uno stadio pT2 in 290(72%), pT3 in 108 (27%), e pT4 in 2(1%) pazienti, rispettivamente. Margini
chiurgici positivi(PSM) sono stati riscontrati nel 14%(57/400) dei casi, ed in particolare nel 9.8% dei
pT2(29/290). La mediana dei linfonodi rimossi è stata 17(IQR: 13-22) e l' 86.2% dei pazienti è risultato
libero da metastasi linfonodali. Una o piu complicanze sono state riscontrate nel 29.1%(117/400) dei casi.
Le complicanze minori (grado 1-2 sec. Clavien) sono state le piu frequenti ed osservate
nell'21.5%(86/400) dei pazienti. I casi di BCR sono stati 77/366(21%), con insorgenza mediana al 12
mese post-operatorio(IQR: 3-18); l'88% si è verificato entro 2 anni e il 97% entro 4. Un follow-up
completo per i risultati funzionali è disponibile per 370/400(92.5%) pazienti. Di questi, 364/370(98%)
presentano completa continenza urinaria, con un tempo mediano di recupero di 60 giorni(IQR:3-90). Nei
179/370(48%) pazienti potenti prima dell'intervento un recupero dell'erezione è stato osservato in
122/179(68%), con un tempo mediano di recupero di 90 giorni(IQR:90-240).
Discussione
La RARP è oggi una procedura diffusa in tutto il mondo. I risultati della RARP in centri di riferimento
con elevato volume chirugico sono ampiamente descritti in letteratura, ma vi è scarsità di informazioni sui
risultati in centri con basso volume operatorio. Il nostro lavoro dimostra come i risultati relativi alla
RARP durante i nostri primi 6 anni di esperienza siano paragonabili a quelli documentati in serie
provenienti da centri ad elevato volume chirurgico.
Conclusioni
Se eseguita da un chirurgo esperto, la RARP offre risultati soddisfacenti in termini di sicurezza della
procedura, radicalità oncologica e ripresa funzionale anche in un centro a basso volume chirurgico.
263
P 262
RISULTATI FUNZIONALI DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA IN
PAZIENTI GIOVANI (≤ 55 ANNI) AFFETTI DA CARCINOMA PROSTATICO. E’ LA
CHIRURGIA PERFETTA NEI CANDIDATI IDEALI?
P. Casale, N. Buffi, G. Lughezzani, G. Fiorini, G. Giusti, G. Taverna, M. Sevesp, R. Hurle, R.
Peschechera, A. Benetti, S. Zandegiacomo, L. Pasini, L. Castaldo, M. Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)
Scopo del lavoro
La migliore strategia per trattare giovani pazienti con diagnosi di carcinoma prostatico deve garantire il
controllo oncologico senza compromettere i risultati funzionali. Scopo di questo studio è valutare i
risultati della prostatectomia radicale robotica (RARP)su giovani pazienti.
Materiali e metodi
Abbiamo arruolato 297 pazienti di età ≤55 anni con carcinoma prostatico clinicamente localizzato, tutti
preoperatoriamente continenti e potenti (baseline IIEF-EF >21) e trattati con RARP nerve sparing
bilaterale fra novembre 2007 e febbraio 2014. Il recupero della continenza urinaria (UC) è stato definito
come non necessità di assorbenti. Il recupero della potenza come IIEF-EF>21 nel postoperatorio. La
recidiva biochimica (BCR) è stata stabilita per valori di PSA >0,2ng/ml ed in incremento. L’analisi
statistica di Kaplan-Meier è stata usata per valutare la sopravvivenza libera da malattia ed il recupero
postoperatorio di continenza e potenza. Modelli di regressione statistica (Cox) sono stati adattati per
individuare i fattori predittori del recupero di continenza e potenza dopo aver stabilito volume prostatico,
BMI ed indice di comobidità di Charlson. IPSS (International Prostate Symptom Score) ed IIEF-EF
preoperatori sono stati aggiunti come covariate nella valutazione dell’outcome continenza e Potenza,
rispettivamente. Tutte le analisi sono state ripetute dopo stratificazione dei pazienti in gruppi di rischio
secondo la classificazione di D’Amico.
Risultati
L’età media dei pazienti era di 51.7 anni (38-55). 178 (60%) e 119 (40%) pazienti avevano una malattia a
rischio basso ed intermedio. L’EF preoperatorio era ≥26 in 220 (74.1%) e 21-25 in 77 (25.9%). Margini
positivi sono stati riscontrati in 25 casi (8,4%). A 5 anni dall’intervento, il tasso di sopravvivenza libero
da recidiva biochimica di malattia era dell’87% e, più nello specifico, del 87% e del 88% nei pazienti a
rischio basso ed intermedio, rispettivamente (p:0,5). Il tasso di recupero della continenza a 1 e 2 anni è
stato del 84,2 e del 92%, rispettivamente. Il recupero della continenza è risultato del 65,5% ad un anno e
del 77,5% a due anni. Non sono state rilevate differenze significative nel recupero di continenza e potenza
a 2 anni fra i pazienti a rischio basso ed intermedio (p>0,6). All’analisi multivariata, il volume prostatico
e l’IPSS sono risultati associati col recupero della continenza dopo chirurgia (HR:1.02; 95% CI:1.001.04; p=0.01 e HR:0.49; 0.25-0.96; p=0.03, rispettivamente). L’ IIEF-EF preoperatorio è risultato l’unico
fattore indipendente di recupero della Potenza dopo chirurgia (HR:2.12; 1.16-3.88; p=0.01)
Discussione
Per pazienti a basso rischio, la possibilità di effetti collaterali legati al trattamento, soprattutto in termini
di completo recupero della potenza, vanno prese in considerazione strategie conservative come la
Sorveglianza Attiva
Conclusioni
La RARP consente un eccellente controllo di malattia e ottimi outcome funzionali in giovani pazienti con
rischio basso ed intermedio per carcinoma prostatico.
264
P 263
RECUPERO FUNZIONALE DOPO INTERVENTO DI PROSTATECTOMIA RADICALE
ROBOT-ASSISTITA IN PAZIENTI GIOVANI CON TUMORE PROSTATICO: LA
CHIRURGIA RAPPRESENTA IL TRATTAMENTO IDEALE?
G. Lista, N. Fossati, G. Gandaglia, P. Dell'Oglio, N. Suardi, N. Buffi, G. Lughezzani, A. Larcher, A.
Salonia, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
Il trattamento ideale nei pazienti giovani con tumore prostatico non dovrebbe compromettere il recupero
funzionale. L’obiettivo di questo studio è di valutare il recupero funzionale di pazienti giovani trattati con
prostatectomia radicale robot-assistita (RARP) in un singolo centro per valutare la “performance” della
RARP tra i migliori candidati
Materiali e metodi
Abbiamo identificato 297 pazienti di età ≤55 anni con tumore prostatico, sottoposti ad intervento di
RARP nerve-sparing bilaterale tra il 2007 e il 2014. Tutti i pazienti erano preoperatoriamente continenti
(no pannolini nelle 24 ore) e potenti (indice internazionale della funzione erettile -IIEF- ≥22). Il recupero
postoperatorio della continenza è stato definito come assenza di utilizzo di pannolini nelle 24 ore. Il
recupero della funzione erettile è stata definita come IIEF ≥22. La recidiva biochimica di malattia (BCR)
è definita come almeno due valori di PSA ≥0.2 ng/mL. Curve di Kaplan Meier sono state utilizzate per
valutare la sopravvivenza libera da BCR ed il recupero della continenza e dell’erezione postoperatoria nel
tempo. Analisi di Cox multivariate hanno valutato i predittori indipendenti di recupero della continenza e
della potenza. L’indice internazionale dei sintomi prostatici (IPSS) e l’IIEF sono stati considerati come
covariate quando abbiamo valutato rispettivamente i predittori indipendenti di recupero della continenza e
della potenza. Abbiamo ripetuto le stesse analisi dopo aver stratificato i pazienti in base alla
classificazione di rischio di D’Amico
Risultati
L’età media è di 51.7 anni. 178(60%) pazienti hanno una malattia a basso rischio e 119(40%) hanno una
malattia a rischio intermedio. 220(74.1%) hanno un IIEF preoperatorio≥26, mentre 77(25.9%) hanno un
IIEF preoperatorio tra 21 e 25. 25(8.4%) pazienti hanno un margine chirurgico positivo. La sopravvivenza
libera da BCR a 5 anni è di 87% in tutta la popolazione,di 87% nei pazienti con malattia a basso rischio e
di 88% in quelli con malattia a rischio intermedio(p=0.5). 84.2% e 92% dei pazienti recupera la
continenza ad 1 e 2 anni. 65.5% e 77.5% dei pazienti recupera la potenza ad 1 e 2 anni. Non abbiamo
osservato una differenza significativa nel recupero della continenza e dell’erezione a 2 anni tra i pazienti
con malattia a basso e intermedio rischio (all p>0.6). All’analisi multivariata di Cox, il volume prostatico
e l’IPSS sono predittori indipendenti di recupero della continenza (HR:1.02, 95% CI:1.00-1.04, p=0.01;
HR:0.49, 0.25-0.96, p=0.03, rispettivamente). L’unico predittore indipendente di recupero della potenza è
l’IIEF preoperatorio (HR:2.12; 1.16-3.88; p=0.01
Discussione
La RARP garantisce eccellenti risultati oncologici e funzionali nei pazienti giovani con malattia a rischio
basso ed intermedio. Tuttavia vi sono effetti collaterali, soprattutto in termini di recupero dell’erezione
Conclusioni
Pertanto, anche nei candidati ottimali, strategie conservative come la sorveglianza attiva dovrebbero
essere consigliate nei pazienti con malattia a basso rischio
265
P 264
CONFRONTO TRA PROSTATECTOMIA RADICALE NERVE-SPARING BILATERALE
EFFETTUATA CON TECNICA ROBOTICA ANTEROGRADA ED OPEN ANTEROGRADA:
RISULTATI DI UN SINGOLO CENTRO AD ALTO VOLUME CHIRURGICO.
M. Gacci, A. Mari, C. Cini, M. Lanciotti, L. Masieri, A. Minervini, T. Chini, P. Della Camera, J. Frizzi,
P. Spatafora, M. Carini, S. Serni (Firenze)
Scopo del lavoro
Nelle ultime decadi molti centri di riferimento per il trattamento del tumore di prostata sono passati dalla
tecnica della prostatectomia robotica retrograda a cielo aperto alla prostatectomia radicale anterograda
robot-assistita (RARP). Nel nostro istituto abbiamo sempre praticato esclusivamente l’approccio
anterogrado per la prostatectomia radicale: prima a cielo aperto ed attualmente con assistenza robotica.
L’obiettivo del presente studio è di comparare i risultati, raccolti in maniera prospettica, della
prostatectomia radicale anterograda open (OARP) e della RARP, entrambi eseguiti con tecnica nervesparing bilaterale presso il nostro centro di riferimento terziario.
Materiali e metodi
Abbiamo selezionato 421 pazienti trattati con prostatectomia radicale nerve–sparing bilaterale nel nostro
centro con stadio clinico T1c-T2, PSA totale ≤ 10 ng/ml, Gleason Score bioptico ≤ 3+4, con un punteggio
preoperatorio IIEF > o = di 22. E’ stato effettuato un confronto tra OARP (n=136) e RARP (n=285) dei
risultati perioperatori e di follow up.
Risultati
I pazienti presentavano caratteristiche preoperatorie equivalenti. I pazienti sottoposti a RARP
presentavano un tempo operatorio mediano più lungo (180 vs 130 min, p = 0.01), con minor perdita di
sangue (200 vs 650 ml, p< 0.001), minor degenza (4 rispetto a 6 giorni, p=0.01), tempo di
cateterizzazione ridotto (8 vs 15 giorni, p< 0.001) ed un tasso di complicanze chirurgiche
significativamente minore (4.6% vs 10.3%, p 0.02) rispetto al gruppo OARP. La continenza urinaria (≤1
pad/die) è stata raggiunta nel 99.3% degli uomini trattati con RARP e nel 97.9% di quelli trattati con
OARP (p=0.307), mentre il recupero della funzionalità erettile (IIEF-5≥17) è stato raggiunto nel 96.4%
delle RALP e nel 70.6% delle OARP. Nei pazienti sottoposti a RARP il recupero della continenza
urinaria è stato significativamente maggiore i primi 3 mesi di follow-up, mentre per il recupero della
funzionalità erettile lo è stato per i primi 6 mesi. (vedi immagine, *p<0.05).
Discussione
I nostri dati confermano che la RARP è una tecnica chirurgica sicura, con perdite di sangue trascurabili,
limitato tempo di degenza postoperatoria e riduzione del tempo di cateterizzazione. Inoltre il recupero
della continenza urinaria e della funzionalità erettile è raggiunto più rapidamente nei pazienti sottoposti a
RARP rispetto a quelli sottoposti a OARP.
Conclusioni
Nel nostro studio è stata riportata per la prima volta in letteratura l’esperienza prostatectomia anterograda
effettuata con approccio open e robotico in un singolo centro ad alto volume.
266
P 265
CONFRONTO DEI RISULTATI ONCOLOGICI E DELLE COMPLICANZE
PERIOPERATORIE TRA PROSTATECTOMIA OPEN E ROBOTICA: MATCHED PAIR
ANALYSIS SU MILLE PROCEDURE ANTEROGRADE EFFETTUATE IN UN SINGOLO
CENTRO AD ALTO VOLUME.
C. Cini, M. Gacci, A. Mari, M. Lanciotti, L. Masieri, A. Minervini, T. Chini, P. Della Camera, J. Frizzi,
P. Spatafora, M. Carini, S. Serni (Firenze)
Scopo del lavoro
Solo pochi centri urologici di riferimento per il trattamento del tumore di prostata hanno una casistica di
prostatectomie anterograde, realizzate dagli stessi chirurghi, con approccio sia open (OARP) sia robotico
(RARP). Lo scopo del nostro lavoro è di confrontare i risultati oncologici e le complicanze perioperatorie
tra OARP e RARP realizzate in un singolo centro di grandi dimensioni, in una popolazione di pazienti
con tumore di prostata a basso rischio.
Materiali e metodi
Abbiamo escluso dalla nostro studio 950 OARP effettuate prima del 2002 per mancanza di dati e le prime
100 RARP effettuate, perché considerate come curva di apprendimento. Abbiamo dunque esaminato 632
OARP e 400 RARP praticate dagli stessi chirurghi dal 2002 al 2013. Sono stati inclusi solo uomini con
stadio T1 clinico, PSA ≤ 10 ng/ml e Gleason bioptico di 3+3 o 3+4. E’ stata eseguita una matched pair
analysis con una selezione di 300 pazienti per ciascun gruppo omogenei per età, BMI, Charlson score,
ASA score, Gleason score, PSA totale e rapporto prelievi positivi/totali bioptici. E’ stato quindi effettuato
un confronto delle complicanze perioperatorie, dei margini chirurgici positivi e della ripresa biochimica
di malattia.
Risultati
Entrambi i gruppi di pazienti hanno presentato dati preoperatori simili; allo stesso modo lo sono lo stadio
patologico, la penetrazione della capsula ed il Gleason score patologico sono risultati sovrapponibili. Una
maggior percentuale di procedure radicali (non nerve-sparing) è stata praticata nelle OARP rispetto alle
RARP (28.7% vs 4.7%, p<0.001). Le RARP presentavano una significativa riduzione di : 1) perdite
ematiche stimate (200 vs. 860 ml, p < 0.001), 2) complicanze di tipo Clevien 3 (1.3% vs. 4.7%, p=0.02),
3) degenza ospedaliera mediana (4 vs. 6 giorni, p= 0.01). I pazienti sottoposti a RARP presentavano un
tasso significativamente più alto di margini chirurgici positivi rispetto a quelli trattati con OARP (20.7 %
contro 12.0%, p<0.001), mentre la positività bilaterale dei margini era uguale in entrambi i gruppi (12
casi, 33% per entrambi i gruppi). Tutti i pazienti avevano la stessa percentuale di ripresa di malattia
(4.3%) senza significativa differenza nel tempo mediano di comparsa della recidiva biochimica (11 vs. 12
mesi per OARP e RARP rispettivamente) nonostante la OARP avesse un follow-up medio più lungo
rispetto a quello della RARP.
Discussione
La RARP ha dimostrato di offrire un minor sanguinamento, minor numero di casi di complicanze Clavien
3 e comporta una più corta degenza ospedaliera rispetto alle OARP. La presenza di margini chirurgici
positivi è maggiore nelle RARP, ma la presenza di margini positivi multipli e la ripresa di malattia
biochimica sembrano essere analoghe nelle due procedure.
Conclusioni
La RARP sembra essere una procedura sicura con minor tasso di complicanze. Sono auspicabili nuove
future analisi per confermare la sicurezza oncologica della procedura.
267
P 266
COMPARAZIONE DEI RISULTATI ONCOLOGICI E FUNZIONALI DELLA
PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA E OPEN NEI PAZIENTI CON MALATTIA A
INTERMEDIO E ALTO RISCHIO. ANALISI DI UN SINGOLO CENTRO.
G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, M. Bianchi, P. Dell'Oglio, R. Damiano, W. Cazzaniga, N. Suardi,
F. Dehò, M. Picozzi, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
Pochi studi hanno comparato i risultati perioperatori, funzionali e oncologici tra i pazienti con malattia a
intermedio e alto rischio trattati con prostatectomia radicale per carcinoma prostatico (CaP). L’ipotesi del
nostro studio è che i vantaggi tecnici associati alle tecniche mini-invasive possano portare a migliori
risultati complessivi.
Materiali e metodi
Sono stati identificati 1,975 pazienti con CaP a intermedio e alto rischio secondo la classificazione di
D’Amico, trattati con prostatectomia radicale presso il nostro centro tra il 2008 e il 2014. Il recupero della
funzione erettile è stato definito come un dominio dell’International Index of Erectile Function EF (IIEFEF) ≥22. Il recupero della continenza urinaria è stato definito come l’assenza di pannolini durante le 24
ore. Analisi logistiche multivariate e regressioni di Cox sono state usate per valutare l’impatto della
prostatectomia robotica sui risultati perioperatori e funzionali. Analisi multivariate di Cox sono state usate
per valutare l’impatto della prostatectomia robotica sul rischio di recidiva biochimica (BCR, definita
come 2 rialzi consecutivi del PSA ≥0.2ng/ml) nei pazienti con malattia ad alto rischio. Abbiamo ripetuto
le nostre analisi dopo propensity-score matching per ridurre l’effetto di possibili bias di selezione.
Risultati
L’età mediana alla chirurgia era di 64.8 anni. Il follow-up mediano era di 27 mesi. 1,162 (58.8%) and 813
(41.2%) pazienti sono stati trattati rispettivamente con chirurgia open e robotica. I pazienti trattati con
chirurgia robotica avevano minori perdite ematiche (250 vs. 800 ml, P<0.001), trasfusioni (4.6 vs. 14.8%,
P<0.001), e durata dell’ospedalizzazione (6 vs. 8 giorni, P<0.001). Nessuna differenza è stata osservata
nella percentuale di pazienti con complicanze gravi (Clavien III-V: 5.1 vs. 6.2%, P=0.2). Nelle analisi di
regressione logistica, la chirurgia robotica era associata a un minor rischio di trasfusioni e
ospedalizzazione prolungata (P<0.001). I pazienti trattati con chirurgia robotica avevano maggiori
percentuali di recupero della continenza urinaria (81.1 vs. 68.8%; P<0.001) e funzione erettile (66.3 vs.
49.5%; P=0.01) a 3 anni. All’analisi multivariata di Cox, la chirurgia robotica era associata a maggiori
probabilità di recupero della continenza (P<0.001) e funzione erettile (P=0.02). Quando abbiamo
considerato i pazienti ad alto rischio, nessuna differenza è stata osservata tra chirurgia robotica e open nel
rischio di BCR a 3 anni (P=0.6). Questo dato è stato confermato all’analisi multivariata e dopo
propensity-score matching (P>0.05).
Discussione
La chirurgia robotica è associata a migliori risultati perioperatori e funzionali nei pazienti a intermedio e
alto rischio. I risultati oncologici a breve termine sono comparabili tra le due tecniche.
Conclusioni
I benefici potenziali della chirurgia robotica devono essere rivalutati a un follow-up più lungo.
268
P 267
LA PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA E’ ASSOCIATA AD UN PIU’ RAPIDO E
MAGGIORE RECUPERO DALLA CLIMACTURIA
P. Capogrosso, A. Serino, G. La Croce, E. Ventimiglia, L. Boeri, A. Pecoraro, M. Paciotti, G. Gandaglia,
A. Briganti, R. Damiano, F. Montorsi, A. Salonia (Milano)
Scopo del lavoro
L’obiettivo dello studio era di analizzare la percentuale ed i fattori predittivi di climacturia nei pazienti
sottoposti a prostatectomia radicale retropubica (RRP) o robot-assistita (RARP) per tumore della prostata
(PCa) organo-confinato
Materiali e metodi
Sono stati analizzati dati completi di 666 pazienti con normale attività sessuale pre-operatoria sottoposti
ad RRP vs RALP. I pazienti sono stati invitati a completare un questionario di 28-item volti ad analizzare
la funzione sessuale (in particolare, funzione orgasmica; climacturia; sensazione di eiaculazione; dolore
all’orgasmo; caratteristiche morfometriche del pene). I pazienti hanno completato l’IIEF e l’ International
Consultation on Incontinence Questionnaire (ICIQ-SF). Le differenze in termini di tempo di recupero
dalla climacturia sono state analizzate tramite l’utilizzo del test dei ranghi logaritmici.
Risultati
I dati delle RRP [n=313 (47%); media (SD) età: 62.2 (6.5) aa; range: 44-76] e delle RARP [n=353;
(53%); 62.0 (6.8) aa; range: 39-78] sono stati analizzati. Globalmente, 226 (33.9%) pazienti hanno riferito
climacturia ad un follow-up medio di 46-mesi; nessuna differenza in termini di percentuale di pazienti
con climacturia è stata osservata tra i pazienti RRP [108/313 (34.5%)] e RARP [118/353 (33.4%)].
Nessuna differenza in termini di volume di urine perse per orgasmo tra i pazienti RRP e RARP è stata
riscontrata [nel dettaglio, <5ml: 92 (82.9%) vs 104 (85.2%); <10ml: 15 (13.5%) vs 14 (11.5%); >10ml<50ml: 3 (2.7%) vs 3 (2.5%); e, >50ml: 1 (0.9%) vs 1 (0.8%), rispettivamente]. Globalmente, 127 (41%)
hanno recuperato un IIEF-EF≥22 dopo RRP vs 183 (59%) pazienti dopo RARP (x2 9.1; p=0.003). Al
contrario, al follow-up medio, il recupero della continenza urinaria non è risultato differente tra i due
gruppi [RRP vs RARP: 222 (67.1%) vs 261 (73.7%); x2 3.6; p=0.06]. All’analisi dei ranghi logaritmici la
tecnica RARP (HR: 2.8; p<0.001) il recupero della continenza urinaria (HR: 1.35; p=0.04) ed il recupero
dell’IIEF-EF≥22 (HR: 1.73; p<0.001) sono stati associati ad un più rapido recupero dalla climacturia.
Discussione
Numerose disfunzioni sessuali associate alla RP, diverse dalla disfunzione erettile (ED), sono state
descritte. Data l’assenza di strumenti standardizzati, l’esatta incidenza di climacturia dopo RP è
sconosciuta, con intervalli del 20-93% a seconda delle differenti coorti pubblicate. Diversi studi hanno
comparato l’outcome funzionale associato ad RRP vs RARP. Tuttavia, le differenze tra RRP e RARP in
termini di disfunzioni sessuali diverse dalla ED non sono mai state analizzate.
Conclusioni
Questi dati mostrano che un terzo dei pazienti sottoposti ad RP lamenta climacturia. Il recupero dalla
climacturia è maggiore e più rapido dopo RARP rispetto ad RRP e nei pazienti che recuperano una
soddisfacente funzione erettile e continenza urinaria.
269
P 268
RUOLO DEL BMI SULLA CONTINENZA URINARIA NEI PAZIENTI SOTTOPOSTI A RARP
EXTRA-PERITONEALE
A. Boni, G. Cochetti, E. Lepri, E. Cottini, E. Mearini (Perugia)
Scopo del lavoro
Valutare l’impatto del Body Mass Index (BMI) sulla continenza immediata (24 ore dopo la rimozione del
catetere vescicale) e a 1 e a 6 mesi in pazienti (pz) sottoposti a Prostatectomia Radicale Extra-peritoneale
Robotica (PRER) per carcinoma prostatico localizzato a basso rischio (PCa-BR)
Materiali e metodi
Abbiamo analizzato retrospettivamente i dati di 200 pz sottoposti a PRER Tra Ottobre 2011 e Novembre
2014 con un follow-up minimo di 6 mesi. Tutti gli interventi sono stati eseguiti da un unico chirurgo
(E.M.) con conservazione del Velo di Afrodite a 360° e conseguente massimizzazione della lunghezza
uretrale, senza alcuna ricostruzione muscolo-fasciale. I pz sono stati suddivisi in 3 gruppi, 60 nel gruppo 1
con BMI <22, 65 pz nel gruppo 2 con 22 < BMI < 30 e 75 nel gruppo 3 con BMI > 30. Non vi erano
differenze significative riguardo le caratteristiche pre-operatorie (Tabella 1). Abbiamo valutato la
continenza urinaria 24 ore dopo la rimozione del catetere, a 1 e a 6 mesi dall’intervento. Continenti erano
definiti i pz pad-free, incontinenti quelli che usavano > 1 pad/die. La riabilitazione del pavimento pelvico
(RPP) veniva eseguita da tutti i pazienti incontinenti alla rimozione del catetere, senza ausili
farmacologici
Risultati
La tabella 2 mostra i risultati della continenza urinaria nei tre gruppi. I tempi medi di esecuzione
dell’anastomosi uretro-vescicale, utilizzando sempre 2 semicontinue con Quill®, sono stati: 18,6 min per
il gruppo 1, 21,6 min per il gruppo 2 e 23,1 min per il gruppo 3. Il tempo di cateterizzazione medio è stato
omogeneo nei tre gruppi: 7,8, 7,6 ed 8,4 giorni rispettivamente. Abbiamo rilevato una differenza
statisticamente significativa (p<0,001) nel confronto tra il gruppo 1 e 3 rispetto al 2, quest’ultimo con
risultati migliori sia in termini di continenza immediata, che precoce. Seppure il gruppo 3 abbia risultati
assoluti inferiori, a 6 mesi nessuna differenza appare nel confronto tra i gruppi
Discussione
A dispetto di molti studi che valutano i fattori predittori di incontinenza urinaria a più di 3 mesi
dall’intervento, pochi ne hanno valutato l’impatto sulla continenza ad 1 mese e su quella alla rimozione
del catetere. Con l’avvento della robotica è possibile una sempre maggiore conservazione delle strutture
muscolo-fasciali deputate alla continenza. Le caratteristiche dei pz, tra cui il BMI, costituiscano un fattore
favorente il recupero della continenza urinaria
Conclusioni
Nella nostra esperienza i pz normopeso hanno una maggiore possibilità di continenza immediata e
precoce, suggerendo un possibile ruolo delle caratteristiche intrinseche dei pz su tale risultato funzionale
270
P 269
LA LINFOADENECTOMIA PELVICA IN CORSO DI PROSTATECTOMIA RADICALE MINIINVASIVA NEL RISCHIO INTERMEDIO: ADERENZA ALLE INDICAZIONI DETTATE DAI
NOMOGRAMMI IN UNA CASISTICA MULTICENTRICA
F. Mistretta, E. De Lorenzis, A. Porreca, A. Celia, A. Antonelli, M. Falsaperla, C. Ceruti, A. Minervini, P.
Parma, S. Zaramella, S. Crivellaro, B. Rocco (Milano)
Scopo del lavoro
L’indicazione ad eseguire una linfoadenectomia pelvica (LP) estesa in pazienti classificati come
intermedio rischio (IR) secondo la classificazione D’Amico non è ad oggi univoca. Lo scopo dello studio
è verificare se la pratica clinica odierna sia in linea con le indicazioni alla LP date dai due nomogrammi
più in uso, secondo Briganti e secondo il Memorial Sloan-Kettering Cancer Center (MSKCC), in una
popolazione di pazienti classificati come IR.
Materiali e metodi
Da Dicembre 2009 a Febbraio 2013,1622 pazienti sono stati sottoposti a prostatectomia radicale miniinvasiva in 11 centri urologici italiani. Sono stati retrospettivamente analizzati i dati stratificando i
pazienti secondo le classi D’Amico e focalizzando l’attenzione sui pazienti a IR. Di questi pazienti sono
stati calcolati i nomogrammi per il rischio di invasione linfonodale (RIL) secondo Briganti e MSKCC.
Sono state inoltre comparate le variabili caratterizzanti i nomogrammi confrontandole tra pazienti
sottoposti (Gruppo A) e non a LP (Gruppo B).
Risultati
303 pazienti a IR sono risultati valutabili per lo studio. Di questi, è stato calcolato un RIL > 5% in 81
(26,7%) e in 120 (39,6%) rispettivamente per il nomogramma di Briganti e per quello del MSKCC
(p<0.001). In 137 pazienti (45,2%) è stata eseguita la LP, mentre non è stata eseguita in 166 (54,8%). Nel
Gruppo A sono stati riscontrati un’età media minore e un valore di PSA medio maggiore rispetto al
Gruppo B (età: 65.4 + 6.2 vs. 70 + 4.2, p<0.001; PSA: 8.9 + 4.7 vs. 5.8 + 3.1, p<0.001). Nel Gruppo A è
stata osservata una prevalenza maggiore di pazienti con GS 7 rispetto al Gruppo B (GS 3+4: 52.6% vs
33.7%, p<0.001; GS 4+3: 19.7% vs 10.3%, p<0.05). Contrariamente, nel Gruppo B la maggior parte dei
pazienti avevano un GS 3+3 (56% vs. 27.7%; p<0.001). Nel Gruppo B la media di frustoli bioptici
positivi è risultata maggiore che nel Gruppo A (7 + 2.8 vs. 5.5 + 3.6; p<0.001). Nel Gruppo A è stata
riportata una prevalenza maggiore degli stadi clinici
Discussione
Attualmente i criteri che suggeriscono di eseguire la LP non sono univoci e vi è disomogeneità nelle
indicazioni tra i vari centri. Dalla nostra analisi emerge come la LP sia stata eseguita in una percentuale
maggiore di pazienti rispetto a quella consigliata dai nomogrammi. Le variabili che sembrerebbero
implicate nella scelta della LP sono PSA e GS, mentre una maggiore età sembrerebbe far propendere per
la non esecuzione della LP, verosimilmente per la maggior complessità dell’intervento.
Conclusioni
Ad oggi, l’indicazione ad eseguire la LP nei pazienti a IR sembrerebbe dettata più dall’esperienza clinica
basata sulle caratteristiche patologiche della malattia che dai nomogrammi. Dal nostro studio si evince
inoltre come la stratificazione dei pazienti candidabili a LP, soprattutto se di IR, dovrebbe essere basata
sulla probabilità di RIL piuttosto che sulle classi d’Amico.
271
P 270
L’ANALISI INTRAOPERATORIA DELLE FROZEN SECTION RIDUCE IL TASSO DI
MARGINI CHIRURGICI POSITIVI NEL CARCINOMA PROSTATICO A RISCHIO
INTERMEDIO: RISULTATI DA UNA POPOLAZIONE DI PAZIENTI SOTTOPOSTI A
PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA.
G. Lughezzani, N. Buffi, G. Fiorini, P. Casale, R. Hurle, G. Giusti, M. Seveso, G. Taverna, A. Benetti, R.
Peschechera, S. Zandegiacomo, S. Proietti, L. Castaldo, L. Pasini, M. Lazzeri, G. Guazzoni (Rozzano)
Scopo del lavoro
Indagare il ruolo dell’analisi delle frozen section intraoperatorie (IFS) nel ridurre il numero di margini
chirurgici positivi (PSMs) in pazienti sottoposti a prostatectomia radicale robotica
Materiali e metodi
Abbiamo raccolto prospetticamente i dati di 918 pazienti con carcinoma prostatico (PCa) clinicamente
localizzato, trattato con prostatectomia radicale robotica (RARP) e sottoposti ad analisi delle IFS fra il
2007 ed il 2014. L’analisi è stata eseguita da parte di un unico Anatomopatologo, valutando i margini
chinati della prostata (base, apice, parete postero-laterale).La positività delle IFS è stata definita dalla
presenza di almeno una ghiandola interessata da malattia sui margini. In caso di positività, il fascio
vascolo-nervoso ipsilaterale o comunque il tessuto adiacente sono stati asportati ed inviati per es
definitivo
Risultati
Per 460 pazienti (50%), 415 (45%) e 43 (4,7%) è stata fatta diagnosi di PCa, rispettivamente a basso,
intermedio ed alto rischio. Una nerve sparing monolaterale e bilaterale è stata eseguita, rispettivamente, in
91 (10%) ed 802 casi (87%), mentre in 25 pazienti (3%) si è proceduto a prostatectomia extra fasciale. In
72 pazienti (7,8%), secondo esito dell’analisi delle IFS, è stato modificato intraoperatoriamente il piano
dei margini. PSMs sono stati riscontrati in 202 pazienti (22%), localizzati in apice (52/202; 26%), parete
laterale (94/202; 47%), base prostatica (31/202; 15%) e siti multipli (24/202; 12%). Margini positivi sono
stati riscontrati in 136 (18%) e 65 (41%) pazienti con stadio patologico pT2 e pT3 (p<0,001),
rispettivamente. Inoltre, margini positivi sono stati osservati in in 44 (13%), 133 (26%) e 13 (41%)
pazienti con Gleason Score 6, 7 e ≥8, rispettivamente (p<0,001). PSMs all’esame istologico definitivo
sono stati riscontrati in 105 casi (11%), risultando in una riduzione dell’11% del tasso di PSMs. Dopo
stratificazione secondo gruppi di rischio, la percentuale di margini positivi è scesa dal 20 al 9,1% nel
basso rischio; dal 24 al 14% nel rischio intermedio; dal 28 al 14% nell’alto rischio. Complessivamente, la
percentuale di margini positivi che poteva essere convertita in negatività è stata del 14% (121), mentre nel
7,8% dei pazienti (71) la positività è stata confermata. Il tasso di falsa negatività della IFS (riscontro di
interessamento dei margini all’es ist definitivo con margini intraoperatori negativi) è stato del 3,6% (33).
All’es definitivo, neoplasia del campione secondariamente resecato è stata riscontrata nel 22% dei casi
(45%): in 18 (20%), 26 (26%) ed 1 (8,3%) dei pazienti con malattia a basso, intermedio ed alto rischio,
rispettivamente (p: 0,19)
Discussione
L'importanza dell'analisi intraoperatoria delle frozen section è ormai ampiamente riconosciuta.
Conclusioni
L’analisi delle frozen section è uno strumento affidabile per ridurre il tasso di PSMs all’es istologico
definitivo, soprattutto nei pazienti con intermedio ed alto rischio. Ulteriori studi sono necessari per
valutarne l’impatto sull’outcome oncologico.
272
P 271
ASSOCIAZIONE TRA UTILIZZO DI FROZEN SECTIONS INTRAOPERATORIE E MARGINI
CHIRURGICI DOPO PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOT-ASSISTITA: UTILITà
DELL’ESAME ESTEMPORANEO.
G. Lista, G. Gandaglia, N. Fossati, P. Dell'Oglio, G. Lughezzani, N. Buffi, A. Larcher, N. Suardi, C.
Doglioni, M. Freschi, A. Salonia, G. Guazzoni, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
L’obiettivo di questo studio è valutare il ruolo della procedura intraoperatoria di frozen section(FS)nel
ridurre la percentuale di margini chirurgici positivi(PSM)nei pazienti trattati con prostatectomia radicale
robot-assistita(RARP
Materiali e metodi
Abbiamo valutato 918 pazienti con tumore prostatico trattati presso un singolo centro tra il 2007 e il
2014. L’analisi delle FS è stata eseguita da un singolo anatomopatologo esperto, che ha analizzato l’apice,
la base e i margini postero-laterali della prostata, chinati. La FS è definita positiva se è presente almeno
una cellula neoplastica a livello della superficie chinata del campione di prostata esaminato. In caso di FS
positiva,il bundle neurovascolare omolaterale o il tessuto localizzato a livello del PSM veniva rimosso e
inviato come secondo campione per analisi istologica definitiva
Risultati
460 pazienti(50%) hanno una malattia a basso, 415(45%) intermedio e 43(4.7%) a rischio alto. 91(10%) e
802(87%) hanno ricevuto un intervento di RARP nerve-sparing monolaterale e bilaterale, rispettivamente.
Mentre 25(3%) hanno ricevuto intervento di RARP extrafasciale. In base all’esito della FS,72
pazienti(7.8%) non hanno ricevuto la nerve-sparing come stabilito preoperatoriamente.In 201
pazienti(22%), è stata identificata una FS positiva localizzata all’apice in 52(26%) casi, al margine
laterale in 94(47%), alla base in 31(15%) e in siti multipli in 24(12%). Una FS positiva è stata identificata
in 136(18%) con stadio patologico pT2 e in 65(41%)con stadio patologico pT3(p<0.001). Inoltre una FS
positiva è stata identificata in 44 pazienti(13%) con Gleason Score patologico (GS) 6, in 133(26%) con
GS 7 e in 13(41%) con GS≥8(p<0.001). 105(11%) avevano un PSM all’esame istologico definitivo.
Conseguentemente, c’è una riduzione dell’11% dei margini positivi. Dopo aver stratificato i pazienti in
base alla classificazione di rischio di D’Amico, la percentuale di PSM diminuisce dal 20 al 9.1% nei
pazienti a basso, dal 24 al 14% nei pazienti ad intermedio, dal 28 al 14% nei pazienti ad rischio alto. La
percentuale di pazienti con FS positiva che ha un esame istologico definitivo negativo è di
14%(n=121);mentre in 7.8%(n=71) l’esame istologico definitivo rimane positivo per infiltrazione
neoplastica. La percentuale di falsi negativi (definiti come pazienti che hanno un PSM all’esame
istologico definitivo ma con una FS negativa) è del 3.6% (n=33). All’esame istologico definitivo,sono
state identificate cellule neoplastiche nel secondo campione inviato all’anatomopatologo, in 22% dei
pazienti (n=45); nello specifico 18(20%) con malattia a basso rischio, 26 (26%) con malattia a rischio
intermedio ed 1 (8.3%) con malattia ad alto rischio (p=0.2)
Discussione
L’analisi di FS è uno strumento affidabile che può essere usato durante RARP per ridurre la percentuale
di PSM all’esame istologico definitivo, soprattutto nei pazienti con tumore prostatico ad intermedio-alto
rischio
Conclusioni
Sono necessari studi ulteriori che valutino l’impatto delle FS sull’outcome oncologico
273
P 272
VALUTAZIONE SISTEMATICA COMPARATIVA DELLE CARATTERISTICHE DEI
MARGINI CHIRURGICI NELLA PROSTATECTOMIA RADICALE OPEN E ROBOTASSISTITA: QUALI DIFFERENZE?
V. Cucchiara, G. Gandaglia, N. Fossati, M. Moschini, P. Dell'Oglio, M. Bianchi, W. Cazzaniga, V.
Mirone, R. Damiano, N. Suardi, F. Dehò, E. Farina, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
Il nostro studio è volto a valutare il numero, l’estensione e la posizione dei margini chirurgici positivi
(PSM) nei pazienti trattati con le due tecniche chirurgiche: prostatectomia radicale open vs. robotica.
Materiali e metodi
Abbiamo analizzato 4.368 pazienti con carcinoma prostatico sottoposti a un intervento di prostatectomia
radicale tra il 2005 e il 2014. 984 pazienti (22.5%) avevano margini positivi all’esame patologico dopo
l’intervento chirurgico. Abbiamo analizzato le caratteristiche dei margini includendo: la focalità (1
rispetto a ≥2), la lunghezza (mm) ed il sito (posteriore, postero-laterali, apice e collo vescicale). Il t-test ed
il test di Mann-Whitney sono stati utilizzati per confrontare le differenze statistiche tra le mediane e le
proporzioni calcolate sia per le variabili continue che per quelle categoriali. Le nostre analisi sono state
ripetute in pazienti con tumore prostatico ad alto rischio (n = 349). Infine, abbiamo eseguito delle subanalisi nei pazienti operati da un singolo chirurgo con un alto volume chirurgico (n = 138).
Risultati
203 (20.6) pazienti avevano una malattia a basso rischio, 432 (43,9) pazienti ad intermedio rischio mentre
349 (35.5) pazienti avevano una malattia ad alto rischio. 737 (74,9%) pazienti sono stati trattati con
tecnica a cielo aperto mentre 247 pazienti (25,1) sono stati trattati con tecnica robotica. Non è stata
osservata alcuna differenza statisticamente significativa tra le due tecniche chirurgiche per quanto
riguarda la percentuale di margini chirurgici positivi multifocali (≥2) (43,2 vs 35,9%; p = 0.7) o per
quanto concerne la loro misura (lunghezza media: 3.0 vs 2.6 mm; p = 0,6). Tuttavia, la proporzione di
pazienti con margini positivi situati all'apice è stata maggiore per la tecnica robotica (30,2 vs 22,8%; p
<0.001). Al contrario, i pazienti trattati con la tecnica tradizionale, avevano tassi più elevati di PSM
laterali rispetto alla tecnica robotica (56,3 vs. 41,0; p<0.001). Questi risultati sono stati confermati in
pazienti con malattia ad alto rischio, dove la percentuale di PSM situati all'apice è stata maggiore nella
tecnica robotica (34,3 vs. 20,4; P <0.001). D'altra parte, la focalità e l’estensione del PSM non differivano
tra i due approcci chirurgici nei pazienti ad alto rischio (p≥0.3). Infine, risultati simili sono stati ottenuti
quando la nostra analisi è stata svolta esclusivamente sui pazienti trattati da un singolo chirurgo.
Discussione
La tecnica robotica fornisce i medesimi risultati rispetto alla tecnica a cielo aperto per quanto riguarda
l’estensione ed il numero di PSM anche nei pazienti con malattia più aggressiva. La posizione del PSM si
differenzia tra ORP e RARP. Infatti, la percentuale di PSM situati all'apice è più elevata nei pazienti
sottoposti a RARP.
Conclusioni
I chirurghi dovrebbero ottimizzare la loro tecnica al fine di minimizzare il rischio di PSM a secondo
dell'approccio chirurgico utilizzato.
274
P 273
QUANTO INCIDE LA TECNICA CHIRURGICA SUL RISCHIO DI MARGINI POSITIVI NEI
PAZIENTI CON CARCINOMA PROSTATICO CLINICAMENTE LOCALIZZATO? ANALISI
DI UN SINGOLO CENTRO.
E. Di Trapani, N. Suardi, N. Fossati, G. Gandaglia, M. Moschini, P. Dell'Oglio, V. Cucchiara, V.
Scattoni, A. Salonia, F. Montorsi, A. Briganti (Milano)
Scopo del lavoro
La prostatectomia radicale robot-assistita (RARP) potrebbe migliorare la percentuale di margini chirurgici
positivi (PSM) rispetto all'approccio a cielo aperto (ORP). Tuttavia, i risultati provenienti dalla letteratura
sono basati su dati multi-istituzionali con grande variabilità non solo nell’approccio chirurgico, ma anche
per quanto riguarda l’analisi patologica. Abbiamo valutato il tasso di PSM tra RARP e ORP, su una
coorte di pazienti trattati in un unico centro di cura di terzo livello con tecnica chirurgica ed esame
istopatologico standardizzati
Materiali e metodi
Lo studio ha incluso 6932 pazienti sottoposti a ORP (n=4995; 72,1%) o RARP (n=1936; 27,9%) tra il
1999 e il 2014. I pazienti sono stati stratificati in base ai gruppi di rischio D'Amico. I PSM sono stati
definiti in base alla presenza di cellule tumorali sul margine chinato. Abbiamo analizzato il tasso di PSM
in base all'approccio chirurgico utilizzato ed alla categoria di rischio. La percentuale di PSM è stata
valutata tra i pazienti operati da due chirurghi esperti (con più di 200 interventi effettuati) che
abitualmente eseguono sia RARP che ORP. Il test del chi-quadro è stato utilizzato per quantificare le
differenze nel tasso di PSM tra RARP e ORP. Le analisi di regressione logistica multivariata hanno
valutato l'impatto della tecnica sul rischio di PSM. Le covariate incluse nell’analisi sono: gruppo di
rischio, procedura di nerve sparing, aggressività del tumore e volume della prostata
Risultati
1494 pazienti hanno avuto uno o più PSM con un tasso di PSM del 21%. PSM sono stati rilevati in 1144
(22,9%) e 309 (16,0%) pazienti trattati rispettivamente con ORP e RARP (p <0.001). Il tasso di PSM è
stato di 13,8, 22 e 27,5% nei pazienti a basso, medio ed alto rischio. Quando i pazienti sono stati
stratificati in base ai gruppi di rischio preoperatori, la tecnica RARP ha mostrato, in maniera
statisticamente significativa, minori tassi di PSM nei bassi rischio (11,5 vs 15,2%, p=0,01) così come nei
pazienti a rischio intermedio (18,9 vs 23,3%, p=0,01). Il vero vantaggio della RARP è però stato
osservato nei pazienti ad alto rischio, dove il tasso di PSM è stato del 19,5% nella tecnica robotica
rispetto al 29,6% della tecnica chirurgica tradizionale (p<0.001). Quando le analisi sono state effettuate
nella coorte di pazienti operati da due chirurghi esperti, la RARP ha mostrato un tasso significativamente
inferiore di PSM solo nei pazienti ad alto rischio (19,3 vs 26,7%, p=0,04), mentre nei pazienti a basso o
intermedio rischio non è stato osservato alcun beneficio (p=0,14 e p=0,17, rispettivamente). All’analisi
multivariata, è risultato evidente come la chirurgia robotica rappresenti un predittore indipendente di
minori margini chirurgici positivi rispetto alla ORP (OR =0.79; p<0.001).
Discussione
La RARP porta ad una significativa riduzione dei margini chirurgici positivi in tutte le categorie di
rischio.
Conclusioni
Tuttavia, il vantaggio della RARP risulta essere ancor più evidente nei pazienti con malattia ad alto
rischio.
275
P 274
PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOT-ASSISTITA IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A
PREGRESSA CHIRURGIA ADDOMINALE: RISULTATI PERIOPERATORI, ONCOLOGICI,
FUNZIONALI E COMPLICANZE NELL’ESPERIENZA DI UN SINGOLO CHIRURGO.
G. Di Pierro, P. Grande, H. Danuser, A. Mattei (Roma)
Scopo del lavoro
Valutare l’impatto della pregressa chirurgia addominale sui risultati oncologici e funzionali, e le
complicanze in pazienti sottoposti a Prostatectomia Radicale Robot-Assistita (RARP)
Materiali e metodi
Dal Novembre 2008 all’Ottobre 2012, 233 pazienti consecutivi sono stati sottoposti a RARP per
adenocarcinoma prostatico organo-confinato da parte di un singolo chirurgo(AM) presso il Luzerner
Kantonsspital. I dati sono stati raccolti in modo prospettico. Le complicanze sono state classificate
secondo il Sistema di Clavien modificato. La recidiva biochimica(BCR) è stata definita come due valori
consecutivi del PSA ≥0.2 ng/mL. La continenza urinaria e la potenza erettile sono state valutate mediante
questionari validati(ICSmaleSF e IIEF, rispettivamente). I pazienti sono stati valutati a 3 e 12 mesi dopo
l’intervento, poi annualmente. I pazienti con e senza pregressa chirurgia addominale sono stati confrontati
eseguendo una regressione logistica mediante Wilcoxon rank sum test, Wald Chi squared test e Fisher's
exact test. La significatività statistica è definita come p≤0.05
Risultati
Dei 233 pazienti, 49 (21%) erano stati sottoposti a chirurgia addominale (Gruppo 1) e 184 (79%) a nessun
intervento (Gruppo 2). I due gruppi sono risultati sovrapponibili per tutte le variabili preparatorie. Il
follow-up minimo è stato di 2 anni. Non vi è stata alcuna differenza fra i due gruppi riguardo al tempo
operatorio medio(276 vs 272 min; p=0.734), numero di linfonodi asportati(16 vs 17; p=0.543),
percentuale di RARP nerve-sparing(75% vs 67%; p=0.071), durata media della degenza(8 vs 7.7 d;
p=0.598), rimozione del catetere vescicale in 5° giornata post-operatoria(98% vs 96%; p=0.653) e stadio
patologico del tumore. La percentuale di margini positivi per i gruppi 1 e 2 è stata del 24% e
14%(p=0.041). I due gruppi hanno mostrato simili tassi di complicanze(44% vs 41%; p=0.539). Il tasso di
sopravvivenza libero da BCR per i gruppi 1 e 2 è stato dell’84%(41/49) e dell’89%(164/184) (p=0.073). Il
tasso di continenza urinaria osservato è del 100%(49/49) e del 93%(171/184) (p=0.062), mentre un
recupero della funzione erettile è stato osservato nel 65%(18/28) e nel 62% (62/100) (p=0.672),
rispettivamente
Discussione
Grazie alla crescente esperienza con la RARP e la sua comprovata efficacia, casi sempre più complessi,
come pazienti con pregressa chirurgia prostatica, sono oggi eseguiti con questo approccio. A tal riguardo,
i risultati del nostro lavoro dimostrano come la RARP risulti un intervento eseguibile in modo sicuro
anche in pazienti con pregressa chirurgia addominale. Infatti, non è stato osservato nè un incremento del
tasso di complicanze nè alcun effetto negativo sui risultati funzionali
Conclusioni
La RARP è in grado di offrire risultati soddisfacenti in termini sia di sicurezza della procedura che ripresa
funzionale anche in pazienti con pregressa chirurgia addominale. In ogni caso, un follow-up a lungo
termine risulta necessario al fine di trarre conclusioni definitive riguardo ai risultati oncologici
276
P 275
PROSTATECTOMIA RADICALE ROBOTICA CON APPROCCIO RETZIUS-SPARING IN
PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO RENALE.
S. Secco, A. Galfano, D. Di Trapani, G. Petralia, E. Strada, A. Bocciardi (Milano)
Scopo del lavoro
Il trapianto renale (TR) è il trattamento di scelta per pazienti con insufficienza renale allo stadio finale. Il
tumore prostatico (pCA, prostatic cancer) rappresenta la neoplasia genito-urinario più comune nei maschi
sottoposti a trapianto. La prostatectomia radicale (open, laparoscopica, o con approccio robotico) è stata
in passato eseguita nei pazienti sottoposti a TR e già descritta. Questa chirurgia può però essere difficile e
possibilmente complicata per la presenza di aderenze. Particolare attenzione è necessaria per evitare danni
del graft, dell'anastomosi dell'uretere o uretero-vescicale. Modifiche tecniche sono state descritte per
ridurre le complicanze chirurgiche (posizionamento di cateteri ureterali, modifica nel posizionamento
delle porte, …). L'obiettivo del nostro studio e di riportare la nostra esperienza di prostatectomia radicale
robotica con approccio Retzius-Sparing (RS-RARP) nel trattamento del pCA localizzato in pazienti
sottoposti a TR.
Materiali e metodi
Pazienti sottoposti a RS-RARP per pCA fra il settembre 2010 e il dicembre 2014. Analizzati i dati
demografici, dati peri e post-operatori, le complicanze e l’outcome oncologico.
Risultati
Sette pazienti sono stati trattati con RS-RARP dopo TR; 1 di questi era un paziente trattato con TR
bilaterale. Il valore mediano del PSA era 11,6 (range 4-189) ng/ml; la classificazione di rischio sec.
D'Amico era 1 in 2 , 2 in 2 and 3 in 2 pazienti, rispettivamente. Il tempo operatorio medio alla console è
stato di 99 (range 80-120) min; la linfadenectomia bilaterale è stata eseguita in 3 pazienti, monolaterale in
1 (per la presenza del graft a livello dell’arteria iliaca esterna). Le perdite ematiche medie sono state pari a
150 (range 50-300) mL. Tutti I pazienti sono stati dimessi in 3 giornata post-operatoria (POD, postoperative day), senza modifiche nella creatininemia o nella GFR salvo 1 in cui abbiamo rilevato una
complicanza di grado IV sec Clavien-Dindo (sepsi, nuovo ricovero in 12 POD). Il catetere è stato rimosso
in 7 POD. L’esame istologico finale è stato pT2c Nx in 3, pT2c N0 in 2, pT3a N0 in 1 and pT3b N1 in 1
patiente, rispettivamente. Dopo un follow up di 15 mesi, 2 pazienti sono stati trattati con una radioterapia
adiuvante. Tutti i pazienti (eccetto 1 che ha eseguito una radioterapia adiuvante e terapia ormonale) sono
risultati continenti. 2 pazienti che erano potenti prima dell’intervento lo sono risultati anche in seguito,
con l’utilizzo di i-PDE5 on demand.
Discussione
L’intervento di prostatectomia radicale può spesso essere offerto come trattamento in pazienti con TR.
L’approcchio chirurgico può però risultare difficile. La tecnica RS-RARP, grazie ad un differente accesso
rispetto alle tradizionali tecniche, sembra essere la più idonea non richiedendo neppure modifiche
tecniche nella sua esecuzione.
Conclusioni
La nostra serie dimostra come l’approccio RS-RARP sia fattibile, sicuro, e garantisca eccellenti risultati
funzionali ed oncologici nei pazienti affetti da pCA precedentemente sottoposti a TR.
277
P 276
VALUTAZIONE DEI DIVERSI DEVICES PER DISSEZIONE DELL’APICE PROSTATICO IN
CORSO DI PROSTATECTOMIA RADICALE LAPAROSCOPICA: RECUPERO PRECOCE
DELLA CONTINENZA URIANRIA E RISULTATI ONCOLOGICI
A. Leto, A. Pastore, G. Palleschi, L. Silvestri, A. Fuschi, A. Ripoli, Y. Al salhi, D. Autieri, V. Petrozza,
A. Carbone (Latina)
Scopo del lavoro
Il trattamento dei pazienti con carcinoma prostatico è evoluto notevolmente nel corso degli ultimi dieci
anni, soprattutto in termini di minimizzazione degli impatti negativi sulla funzione erettile e continenza
urinaria. Nuovi dispositivi chirurgici, come dissettori e bisturi emostatici, consentono una precisa
definizione del campo chirurgico con dissezione più fine e conseguente miglioramento dei risultati
oncologici e funzionali. Le forbici monopolari (MS), i bisturi ad ultrasuoni (US) e a radiofrequenze (RF)
sono i dissettori più largamente utilizzati in corso di prostatectomia radicale laparoscopica (LRP).
Nonostante l'uso diffuso di questi strumenti, pochi studi hanno confrontato questi dispositivi in termini
oncologici e funzionali. Scopo dello studio è valutare in modo prospettico l'impatto di bisturi MS, RF, e
US sullo stato oncologico dell'apice, sul recupero della continenza urinaria nei pazienti sottoposti a LRP
extraperitoneale.
Materiali e metodi
Tra settembre 2009 e aprile 2013 sono stati complessivamente arruolati 150 uomini affetti da carcinoma
prostatico localizzato.I pazienti sono stati randomizzati in: gruppo A (RF; n = 50), gruppo B (US; n = 50),
o il gruppo C (MS; n = 50). Tutti gli interventi sono stati eseguiti per via extraperitoneale con tecnica
nervesparing bilaterale (intrafasciale),come originariamente descritta da Stolzenburg. Dopo l'intervento
abbiamo valutato i giorni di cateterizzazione, la presenza di margini positivi a livello dell'apice prostatico
ed il recupero della continenza urinaria. Quest'ultimo è stato valutato a 90 e 180 giorni dopo la LRP
utilizzando il questionario autosomministrato ICIQ-UI-SF.
Risultati
Non sono state osservate differenze significative in termini di: tempi operatori (p=0,9433),perdita di
sangue (p=0,9681)e degenza post-operatoria (p=0,9257).Analogamente alla positività dei margini
chirurgici,non sono state riportate differenze significative in termini di positività a livello dell’apice
prostatico(p=0.3965).Inoltre, non sono state osservate differenze in termini funzionali,come riportato dai
punteggi ICIQ a 3(p = 0.7456) e 6 (p = 0,1782)mesi dopo l’intervento chirurgico.
Discussione
I tassi di incidenza di incontinenza urinaria dopo prostatectomia radicale variano notevolmente dal 2,5
all'87% e differiscono notevolmente a seconda della durata del follow-up e la tecnica chirurgica utilizzata.
Nonostante il largo impiego di utilizzo dei diversi devices per dissezione/emostasi nella LRP nessuno
studio aveva confrontato tali scalpelli in termini di recupero della continenza urinaria. Abbiamo
dimostrato l'assenza di differenze statisticamente significative tra i vari devices sia dal punto funzionale
(continenza urinaria) che oncologico (margine apicale positivo).
Conclusioni
Il nostro studio rappresenta la prima valutazione del recupero della continenza rispetto ai diversi
dispositivi utilizzati per la dissezione dell'apice prostatico nella LRP. I risultati oncologici, funzionali ed
operatori non hanno dimostrato differenze significative.
278