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La sensibilità ambientale delle imprese
Paper presentato in occasione del convegno organizzato da Jmac Europe “Ambiente e
competitività dell’impresa - strumenti e casi di successo”, Milano, 3 maggio 2006
Introduzione – il progetto Rebus
Il presente documento riporta un’analisi delle pratiche di responsbilità ambientale
raccolte durante un più ampio progetto di ricerca, dal titolo REBUS - Relationship
between Business & Society, realizzato dall’ISTUD tra il 2002 e il 2004 con il
contributo finanziario dell’Unione Europea, e finalizzato a esplorare il concetto di
responsabilità sociale nelle grandi imprese europee.
La fase centrale della ricerca, la raccolta ed elaborazione dei dati sul campo, è consistita
nella realizzazione di 25 casi di studio in grandi imprese multinazionali operanti in
Italia, Germania, Francia e Svizzera.
Al termine della fase di selezione le imprese che hanno fatto parte del campione sono:
ABB Italia, Banca Popolare di Milano, BMW, Boheringer Ingelheim Italia S.p.A.,
Citigroup, COMPRABENE S.p.A., Cooperativa Regionale Migros Ticino Credit Suisse
Group, Datev, Granarolo, HVB Group, IKEA Italia, illycaffè, INA-Schaeffer,
Italcementi, MEDEF Isère, , Nürnberger Presse, Ortho-Clinical Diagnostics S.p.A.,
Pfleger, SABAF S.p.A., Salomon, Schurter, Siemens, STMicroelectronics, UniCredito
Italiano.
L'analisi nelle imprese è stata condotta attraverso la metodologia dello studio di caso
etnografico che ha previsto:
1.
l'analisi di documenti e altri artefatti materiali. Particolare attenzione è stata
dedicata ai documenti prodotti dall’organizzazione in merito alle pratiche e alle
strategie di CSR, come bilancio sociale, codici etici, resoconti di decisioni
importanti, dichiarazioni di intenti, mission statements, stampa interna, selezione
della stampa esterna fatta circolare ed eventualmente commentata, progetti di
iniziative, materiale sui programmi di formazione/aggiornamento dei membri.
2.
l'osservazione partecipante di incontri ed eventi particolari organizzati dalle
imprese oggetto della ricerca ed aventi ad oggetto la CSR o specifici progetti
all'interno del framework generale della CSR.
3.
l'intervista semi-strutturata al management delle aziende studiate. Scopo dell'analisi
attraverso la tecnica dell'intervista semi-strutturata è stato quello di produrre
informazioni rilevanti sulle dinamiche di costruzione materiale e insieme socioculturale della CSR da parte di questi soggetti, allorché sono “in azione” nelle e per
conto delle rispettive organizzazioni. Considerato che il contesto d'azione preso in
esame dalla ricerca è molto complesso, il numero di interviste condotte in ciascuna
organizzazione è stato ampio in senso sia orizzontale (rispetto alle eventuali unità
funzionali e linee di attività dell’impresa), che verticale (rispetto a livelli di
differente autorità gerarchica).
In particolare, gli attori intervistati durante la ricerca sono stati:
- il vertice organizzativo, ossia l’insieme dei soggetti che teoricamente hanno
maggiore discrezionalità e potere di indirizzo nell’ambito dei processi decisionali e
di coordinamento relativi a iniziative di CSR;
- responsabili di singole funzioni;
- responsabili della CSR, ove presenti;
- testimoni privilegiati degli impatti della CSR o altri attori ritenuti rilevanti per la
specificità del caso.
In ogni impresa sono stati intervistati 5/7 manager, a seconda delle caratteristiche
(dimensioni, ambiguità, ecc.) del setting studiato, per un totale complessivo di 150
interviste, che ha visto impegnato un team di 20 ricercatori.
Le pratiche di responsabilità ambientale
L’analisi delle pratiche di responsabilità ambientale delle imprese che hanno
rappresentato il campione del progetto Rebus a livello europeo mostra che la
sostenibilità è un ambito di grande interesse per le aziende cui corrispondono ingenti
sforzi, a livello di azioni, di investimenti e di comunicazione verso la comunità degli
stakeholder. In generale, questa è l'area più presente e a maggior intensità di
investimento tra tutte le aree in cui si articolano le politiche di Corporate Social
Responsibility, anche per effetto della maggiore presenza in questo ambito di norme e
regolamenti emanati a livello nazionale e internazionale da organismi pubblici e privati.
La formalizzazione delle politiche ambientali è piuttosto diffusa, mentre estremamente
variabili sono l'intensità e il modo con cui ogni azienda affronta e gestisce il proprio
rapporto con l'ambiente. In ciascuna azienda è infatti possibile trovare artefatti formali
quali: linee guida interne, che definiscono gli obiettivi aziendali nel campo della
responsabilità verso l’ambiente; vere e proprie politiche ambientali definite a livello di
gruppo; mission statements ispirati alla problematica ambientale; codici di
autoregolamentazione; sistemi di certificazione e adozione di direttive e standard
internazionali.
Abbastanza costante è invece il riferimento ad alcuni ricorrenti ambiti di azione quali:
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La protezione del clima attraverso il controllo delle emissioni di anidride carbonica;
Il contenimento dell'utilizzo di energia, risorse idriche e materie prime (anche
secondo piani di riduzione progressiva);
La riduzione e il riciclaggio degli imballaggi;
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Laddove i siti produttivi sono a maggiore esposizione critica, l'implementazione di
piani per la sicurezza della comunità circostante;
La riduzione dell’impatto visivo;
Il riciclo e smaltimento dei rifiuti;
La riduzione degli sprechi;
Incentivi a programmi di car sharing dei dipendenti;
Il miglioramento dell’impatto logistico;
Lo sviluppo di prodotti a basso impatto ambientale.
In generale si può affermare che gran parte della sensibilità e degli investimenti delle
imprese si rivolgono alla riduzione dell'impatto che il processo produttivo nel suo
complesso esercita sull'ambiente, assumendo in tal modo un atteggiamento , per così
dire, "riparativo", mentre in misura minore si ritrovano casi in cui è lo sviluppo
prodotto in sé o, addirittura, lo stesso modello di business ad essere ispirato alla
risoluzione della problematica ambientale.
Alcune aree critiche emergenti nelle politiche ambientali di molte aziende sono la
gestione dei fornitori e il trasporto merci. Il grado di importanza che tali aspetti
rivestono varia in funzione del core business dell’impresa, nonché del suo ambito di
azione a livello geografico.
La gestione dei fornitori è particolarmente critica per le imprese che operano in Paesi in
via di sviluppo, che non hanno vincoli stringenti a livello nazionale per ciò che concerne
la normativa ambientale. Per ridurre i rischi in questo campo, sono molte le aziende
dotate di codici di condotta per i fornitori, che ne definiscono standard accettabili circa
l’impatto ambientale. Molto spesso, le aziende non si limitano a emettere codici di
condotta cui i fornitori devono adeguarsi, ma definiscono insieme ad essi piani di
adeguamento incrementali con un supporto sia finanziario per l’ammodernamento delle
strutture produttive, sia in termini di formazione alle risorse umane coinvolte nei
processi. Laddove non vi sono situazioni critiche nella gestione dei fornitori, si riscontra
comunque una tendenza generale ad effettuare audit ai fornitori e ad incoraggiarli ad
essere certificati ISO 14001 e/o emas. In generale, la certificazione dei fornitori è
diventato un criterio fondamentale che guida la selezione dei fornitori da parte delle
aziende.
Il trasporto merci rappresenta una preoccupazione e una consapevolezza di molti, anche
se non emergono approcci particolarmente innovativi alla risoluzione del problema.
Alcune aziende stanno cercando di ridurre il più possibile i trasporti su strada a favore
di quelli ferroviari e navali. E’ possibile citare alcune azioni concrete in questo ambito,
come la costituzione da parte di Ikea di IKEA Rail AB, una compagnia con il compito
di trovare e aumentare la capacità ferroviaria a disposizione di IKEA. E' interessante in
questo caso la contraddizione, al momento non risolta, tra il modello stesso di business
proposto da IKEA (che prevede la localizzazione dei magazzini nelle vicinanze di
importanti svincoli atostradali e in cui i clienti si sostituiscono all’azienda nel trasporto
delle merci dal magazzino a casa) e la ricerca di soluzioni che riducano l’impatto del
traffico automobilistico.
Migros sta lavorando sul trasporto combinato rotaia-strada, laddove il solo trasporto su
rotaia non è possibile. Ad esempio, la merce destinata alla Svizzera Italiana è dapprima
instradata su gomma, dopodiché caricata sui treni per l’attraversamento delle Alpi.
Contigui a questo tipo di azioni, anche se di impatto più contenuto, sono i piani di car
sharing e mobility plan su cui alcune aziende stanno investendo.
L'enfasi sulle tematiche ambientali produce anche un impatto organizzativo di entità
diversa a seconda del grado di formalizzazione delle politiche ambientali. Le scelte
delle aziende in questo ambito possono passare da un presidio molto leggero alla
definizione di una vera e propria struttura organizzativa responsabile delle strategie e
delle attività in campo ambientale. In generale, un alto impatto organizzativo
corrisponde ad un alta criticità degli aspetti ambientali per il core business dell’impresa.
Solitamente, in presenza di approcci strutturati alla responsabilità ambientale, è
possibile distinguere tra due livelli: un livello di gruppo, che si occupa di definire le
strategie ambientali, e un livello locale, il cui compito principale è quello di
implementare le strategie e creare consenso tra i dipendenti tramite attività di
formazione e sensibilizzazione. Spesso, il livello locale è ulteriormente ramificato nei
diversi siti produttivi, laddove esistono i cosidetti “coordinatori ambientali” o
“environmental controllers”. Lo staff a livello centrale è solitamente denominato Social
and Environmental Affairs e si occupa anche della gestione dei fornitori a livello
globale.
Un caso di elevata presenza di presidi organizzativi formali per la gestione della
tematica ambientale è offerto da ST Microelectronics.
In ST si trovano infatti:
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il Corporate Environmental Steering Committee presieduto dal CEO;
il Total Quality Environmental Management presieduto da un vice-presidente;
il Corporate Environment Support Group, che "promuove a livello aziendale una
cultura di tutela ambientale e l’implementazione della sua vision, mission e
politiche correlate. Definisce le strategie, consentendo all’azienda di minimizzare
l’impatto di processi, prodotti e comportamenti. Inoltre stabilisce i programmi e i
traguardi per l’implementazione delle strategie, con un focus particolare
sull’attenuazione dei gas serra. Il Gruppo, in generale, promuove una cultura di
miglioramento continuo e di scambio di conoscenza e coordina l’implementazione
dei programmi a livello globale".
a livello locale, un Environmental Steering Committee e un Site Environmental
Champion (SEC) forniscono un legame tra il Corporate Environment Support e il
Site Management (ad esempio acquisti, servizi generali, ecc.), così come con altre
funzioni come la Ricerca e Sviluppo e le Operations;
infine, sono presenti diversi team strategici – chiamati Corporate Environmental
Working Groups – che assicurano la coerenza tra le strategie definite a livello
corporate e le azioni messe in campo nei siti produttivi di ST in tutto il mondo,
fornendo guida e supporto.
Quando invece le tematiche ambientali non sono strettamente legate al core business
dell’impresa, prevale la tendenza a non creare presidi organizzativi ad hoc con la
convinzione che la presenza di politiche e codici ambientali sia sufficiente a dare un
indirizzo alle attività aziendali e ai comportamenti che i dipendenti sono in grado di
attivare.
Il settore merceologico di appartenenza influenza le politiche ambientali e il
conseguente impatto organizzativo. I settori più rappresentati dal campione sono: i
servizi finanziari (bancario/assicurativo), la produzione di beni semidurevoli, la grande
distribuzione organizzata. Le caratteristiche di ciascun settore influenzano sensibilmente
le attività ambientali delle imprese, e allo stesso tempo aprono ad esse sfide importanti
per il futuro della sostenibilità.
Per quanto riguarda il mondo dei servizi, l’impatto ambientale dell’attività caratteristica
è generalmente molto basso e poco rilevante. Le aziende che vi appartengono
esprimono dichiarazioni d’intenti per quanto concerne la promozione del risparmio
energetico e del riciclaggio della carta, ma è chiaro che gli elementi di innovazione di
un approccio alla sostenibilità ambientale non risiedono in queste azioni.
La responsabilità ambientale per una banca significa piuttosto integrare i principi della
sostenibilità nelle quotidiane operazioni di business. Citigroup, ad esempio, ha inserito i
criteri ambientali all’interno delle procedure di risk management del Gruppo e supporta
finanziariamente i clienti negli investimenti volti a minimizzare il rischio ambientale.
Unicredit ha definito politiche creditizie che tengono in considerazione la variabile
ambientale quale elemento di valutazione dei clienti. HVB, recentemente acquisita da
Unicredit, ha lanciato fondi ambientali e un programma di prestiti per investimenti
ambientali. Credit Suisse ha inserito nella propria offerta fondi di investimento
ecologici.
Il mondo della produzione è certamente tra i più sollecitati ad essere innovativo nella
gestione della sostenibilità ambientale. Paradossalmente, però, in questo settore sono
poche le aziende che hanno sinora risposto alle sfide poste dal settore. Non mancano
infatti dichiarazioni d’intenti per quanto concerne il design e lo sviluppo prodotto
improntato a criteri di sostenibilità ambientale, ma le evidenze a sostegno delle
affermazioni sono più difficili da trovare. Mentre l’approccio a immettere sul mercato
prodotti a ridotto impatto ambientale nel loro intero ciclo di vita trova un coro unanime
di consensi nel mondo aziendale, la presenza di strumenti come il Life Cycle
Assessment o l’Environmental Product Declarations1 sono ancora molto poco diffusi.
1
LCA (Life Cycle Assessment), è un procedimento oggettivo di assessment dei carichi energetici e
ambientali relativi a un prodotto o a una attività, realizzato attraverso l’identificazione e la quantificazione
dell’energia, dei materiali utilizzati e delle emissioni rilasciate all’ambiente, in modo da valutarne
l’impatto e migliorarne la prestazione ambientale.
EPD (Environmental Product Declarations), sono documenti di informazione su singoli prodotti volte a
favorire tra gli utenti la valutazione dei dati e la comparabilità anche al di fuori dei particolari contesti
nazionali.
In generale, sono quasi del tutto assenti sistemi che consentano la valutazione dei dati e
la comparabilità e che rendano possibile, di conseguenza, una gestione strategica della
sostenibilità ambientale da parte del management aziendale.
Nel settore della produzione di beni, l’automotive, per le sue caratteristiche intrinseche,
è strettamente legato al tema della sostenibilità. I produttori di automobili si trovano al
centro di numerose polemiche per le responsabilità che detengono nel non favorire
concretamente una riduzione significativa delle emissioni.
Alcune aziende, spinte dalle pressioni sempre crescenti degli stakeholder su questo
fronte, stanno raccogliendo la sfida. Ad esempio, BMW, oltre ad aver integrato i
requisiti ambientali e di riciclo nel processo di sviluppo prodotto, attraverso strumenti
quali il “Design for Recycling” (che assicura che tutti i prodotti bmw siano riciclati in
maniera semplice ed economica) e il “Life Cycle Assessment”, sta focalizzando il
proprio approccio alla sostenibilità ambientale sul tentativo di conciliare la mobilità con
la preservazione dell’ambiente. In questo senso, l’azienda mira ad essere pionieristica
nella cosiddetta “mobilità sostenibile”. A questo scopo è stato realizzato il progetto
CleanEnergy, che rappresenta il carburante più pulito attualmente disponibile: idrogeno
prodotto con energia rinnovabile. Il Gruppo BMW ha già fatto grandi progressi nella
ricerca e nello sviluppo in questo campo e possiede la prima automobile a idrogeno del
mondo prodotta in serie limitata, la 750hL. Questo veicolo ha un motore a combustione
convenzionale che produce oltre 200 cavalli-vapore se azionato con idrogeno.
“L'interesse del progetto CleanEnergy è rivolto più a strategie energetiche
globali sostenibili per il futuro che a una tecnologia automobilistica
compatibile con l'ambiente. Integrato in tutte le attività di ricerca di BMW,
l’obiettivo del concetto CleanEnergy è creare un ciclo di energia rinnovabile
basato sull’idrogeno2.”
Nel retail , particolare enfasi viene posta sul punto di vendita. In Ikea, ad esempio, la
responsabilità ambientale si sviluppa fino al livello dei singoli negozi: sono presenti
figure ad hoc, i coordinatori ambientali, che si occupano della formazione dei
dipendenti (ad oggi, circa 30.000 collaboratori sono stati coinvolti su temi ambientali
generali, senza contare i programmi destinati a singole funzioni come sviluppo prodotti
o produzione), della raccolta differenziata dei rifiuti e del risparmio energetico dei
singoli punti vendita. Su questo fronte il livello locale detiene un grande margine di
discrezionalità nella promozione di iniziative e vengono incoraggiate la massima
creatività e libertà.
In Migros, figure dedicate a livello locale sono responsabili dell'applicazione dei
principi e delle politiche su:
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riciclaggio e smaltimento (obiettivo di recuperare al 100% gli scarti).
Sensibilizzazione dei clienti su questo tema (Migros ricicla ogni anno 8000
tonnellate di PET, pari a un terzo del consumo elvetico);
Dal sito ufficiale www.bmwgroup.com
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imballaggi (utilizzo di imballaggi ri-utilizzabili e ecobilanci, strumento che consente
di valutare quali alternative, in materia d’imballaggio, consentono una migliore
tutela dell’ambiente; progetti di creazione di imballaggi da compostaggio);
Volendo trarre alcune considerazioni di carattere generale sulla base delle prassi
analizzate, è possibile affermare che la responsabilità ambientale rappresenta oggi
un’area in cui il processo di istituzionalizzazione delle imprese è giunto a una fase
molto avanzata. Ciò è testimoniato dal forte grado di somiglianza delle pratiche
analizzate nelle imprese e dall’alto grado di formalizzazione di alcuni sistemi di
gestione. In particolare, è importante ricordare che la totalità delle imprese oggetto del
campione sono in possesso della certificazione ambientale ISO14001 e/o del protocollo
ambientale Emas: le poche che non l’hanno ancora ottenuta, segnalano la certificazione
tra i propri obiettivi per il futuro prossimo. Per contro, a fronte di un forte grado di
istituzionalizzazione, si registra un mancato investimento sui processi produttivi, che
consentirebbe alle aziende il passaggio da una fase di sviluppo e razionalizzazione del
tema ambientale a una fase di consolidamento culturale della sostenibilità ambientale
(cfr. Fig.1) in tutte le fasi del processo produttivo e in tutta la popolazione aziendale.
Fig. 1 – Il ciclo di maturità della responsabilità sociale
• Innovazione del
modello di
business e del
prodotto
• Comunicazione
dell’identità
IMPATTO SULLA
STRATEGIA
Consolidamento
• Ridefinizione dei
core process
operativi
• Comunicazione
del nuovo
modo di fare
business
• Iniziative
indipendenti dal
core business
•Comunicazione
delle iniziative
Razionalizzazione
e apprendimento
organizzativo
Sperimentazione
IMPATTO SULLA
ORGANIZZAZIONE
• Staff + top
mgmt.
• Controllo diretto
sulle iniziative
• Funzioni di linea
(alti livelli di
management)
• Introduzione di
sistemi ispirati
dalla CSR
(pianificazione e
controllo e HRM)
•Tutte le aree
di business e tutti i
livelli
• Controllo delle
premesse
decisionali
.
Sembra che, ad oggi, la responsabilità ambientale rappresenti un’occasione mancata per
molte aziende, che potrebbero assumere invece un ruolo di leadership nella promozione
di approcci innovativi alla sostenibilità, che potrebbe favorire anche una più esplicita
connessione tra sostenibilità ambientale e redditività dell’impresa. Tale dimensione è
pressoché totalmente assente nelle aziende. Solo in un’azienda stato possibile registrare
questa consapevolezza:
“Nessuno dei nostri investimenti nella conservazione energetica ha
impiegato più di tre anni per avere un ritorno, contro una media di due anni
per gli altri investimenti. Le misure legate all’ambiente hanno rappresentato
nel 2001 più del 2% degli investimenti di capitale di ST, più o meno in linea
con l’anno precedente”.