Anatomia dell`Apparato Genitale Femminile

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Anatomia dell`Apparato Genitale Femminile
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Università degli Studi di Foggia
“Ginecologia ed Ostetricia”
Prof. Felice Pietropaolo
Prof. Pantaleo Greco
D.ssa M. Matteo
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Programma di Ginecologia ed Ostetricia
Anatomia e Fisiologia dell’Apparato Genitale Femminile
─ Anatomia apparato genitale femminile.
─ Embriologia dell’apparato genitale femminile e malformazioni genitali.
─ Fisiologia dell’apparato genitale femminile: gli ormoni steroidei, l’asse ipotalamoipofisi-ovaio, il ciclo ovarico e il ciclo mestruale.
─ Fisiologia della funzione riproduttiva femminile.
Ginecologia Benigna:
─ Alterazioni del ciclo mestruale: oligo-amenorrea, ipermenorrea, polimenorrea,
menorragia, metrorragia, spotting intermestruale. Dismenorrea.
─ Climaterio e Menopausa: definizione, sintomatologia, indicazioni ed effetti collaterali
della terapia ormonale sostitutiva.
─ Contraccezione: metodi naturali, metodi di barriera, dispositivi intra-uterini, metodi
ormonali e intercezione post-coitale.
─ Sterilità ed infertilità: eziopatogenesi, classificazione e diagnosi. Cenni sulle tecniche di
riproduzione assistita.
─ Infezioni dell’apparato genitale: infezioni della vulva, vaginiti, endometriti, malattia
infiammatoria pelvica.
─ Endometriosi: epidemiologia, eziopatogenesi, anatomia patologica, sintomatologia,
diagnosi e terapia.
─ Alterazioni della statica pelvica: anomalie di posizione dell’utero, il prolasso genitale.
─ Incontinenza urinaria femminile: classificazione, eziopatogenesi, diagnosi e cenni di
terapia medica e chirurgica.
Oncologia Ginecologica:
- Procedure diagnostiche in ginecologia oncologica.
- Prevenzione e diagnosi precoce dei tumori dell’apparato genitale femminile.
- I tumori della cervice uterina.
- I tumori dell’endometrio.
- I tumori dell’ovaio e della salpinge.
- I tumori della vulva e della vagina.
- I sarcomi ginecologici.
- Le neoplasie del trofoblasto (tumori trofoblastici gestazionali).
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Ostetricia
─ Fisiologia della gravidanza: fecondazione dell’uovo, impianto dell’embrione, sviluppo
dell’embrione e del feto, placenta, liquido amniotico, membrane e funicolo ombelicale.
─ Diagnosi di gravidanza, Modificazioni materne in gravidanza e Igiene della gravidanza.
─ Semeiologia feto-placentare: Diagnosi Prenatale con ecografia, amniocentesi,
villocentesi, fetoscopia. Valutazione Maturità Fetale e Benessere Fetale (profilo biofisico e
comportamentale fetale, conteggio dei movimenti fetali attivi). Sofferenza Fetale Acuta
(cardiotocografia, amnioscopia, flussimetria Doppler).
─ Fisiologia del parto: fattori del parto (canale, feto, forza), cause del parto, evoluzione del
parto normale (periodo prodromico, dilatante, espulsivo, secondamento, post-partum),
fenomeni del parto (dinamici, meccanici, plastici). Assistenza alla gestante in travaglio di
parto.
─ Il neonato: adattamento neonatale, prime cure, punteggio di Apgar.
─ Puerperio e Lattazione.
─ Patologie del secondamento, post-partum e puerperio.
─ Anomalie del concepimento: gravidanza multipla.
─ Anomalie di sede della gravidanza: gravidanza extrauterina e gravidanza intrauterina
ectopica.
─ Anomalie di durata della gravidanza: Aborto, Morte endouterina del feto, Parto posttermine e Gravidanza protratta. Interruzione volontaria della gravidanza.
─ Patologia degli annessi fetali: patologia placentare (distacco e placenta previa), patologia
funicolare (nodi, torsione, prolasso), patologia del liquido amniotico e delle membrane
(oligo-anidramnios, polidramnios, rottura tempestiva delle membrane, corioamnionite).
─ Patologia del parto: distocie del canale del parto, distocie della forza, distocie del corpo
mobile e anomalie di presentazione.
─ Malattie infettive in gravidanza.
─ Il diabete in gravidanza.
─ La gestosi EPH.
Testi consigliati:
- Pescetto, Pecorari, De Cecco, Ragni. “Manuale di Ginecologia ed Ostetricia” Vol. I e II,
Società Editrice Universo, Roma.
- Wierdis, Mollica, Montoneri, Romanini, Volpe. “Ginecologia ed Ostetricia” Edizioni
Minerva Medica.
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Anatomia Apparato Genitale Femminile
L’Apparato Genitale Femminile è costituito da organi genitali interni ed esterni:
─ organi genitali interni: ovaie, vie genitali cioè tube uterine, utero e 3° superiore della vagina.
─ organi genitali esterni: monte di Venere, grandi e piccole labbra, organi erettili, vestibolo
della vagina, ghiandole vestibolari maggiori del Bartolini.
Le Ovaie o gonadi femminili sono organi pari, simmetrici, situate sulla parete laterale della
piccola pelvi, hanno forma a mandorla di piccole dimensioni, consistenza dura delimitate da una
faccia mediale rivolta verso la cavità pelvica, una faccia laterale accolta nella fossetta ovarica di
Krause cioè una depressione della parete postero-laterale della piccola pelvi, un margine anteriore
o mesovarico connesso al foglietto posteriore del legamento largo tramite il mesovario, breve piega
peritoneale formata da 2 foglietti, attraverso cui passano vasi e nervi dell’ovaio (ILO ovarico), un
margine posteriore o libero perchè non è connesso a strutture adiacenti, polo superiore o
tubarico unito all’infundibolo della tuba uterina mediante la fimbria ovarica o legamento
tuboovarico, polo inferiore o uterino unito all’angolo supero-laterale del corpo uterino mediante il
legamento uteroovarico che decorre nello spessore del legamento largo dell’utero.
Per cui i Mezzi di Fissità delle ovaie sono: mesovario, legamento tuboovarico, legamento
uteroovarico e legamento sospensore dell’ovaio o legamento infundibolo-pelvico o lomboovarico.
La Vascolarizzazione Arteriosa delle ovaie si deve all’arteria genitale o ovarica ramo dall’aorta
addominale e al ramo ovarico dell’arteria uterina. Il Drenaggio Venoso si deve alla vena uterina e
alle vene ovariche che formano il plesso pampiniforme da cui originano 2 tronchi venosi affluenti
della vena cava inferiore a dx e vena renale a sx. Il Drenaggio Linfatico si deve ai linfonodi
preaortici e paraortici. L’Innervazione si deve al plesso utero-ovarico e al plesso utero-vaginale.
Dal punto di vista Istologico le ovaie sono costituite dalla zona midollare, centrale, costituita da
tessuto connettivo ricco di vasi e nervi e zona corticale, periferica, costituita da epitelio
germinativo o ovarico, follicoli ovarici e stroma ovarico.
Dal punto di vista Fisiologico le ovaie hanno una duplice funzione:
 funzione riproduttiva o gametogenetica: produzione dei gameti femminili o cellule uovo o ovociti.
 funzione endocrina: produzione degli ormoni steroidei sessuali femminili estrogeni e
progesterone e una piccola quantità di ormoni androgeni.
Le Tube Uterine, Salpingi o Trombe di Falloppio sono 2 canali muscolo-membranosi lunghi
12-18 cm che si estendono dal polo superiore o tubarico dell’ovaia all’angolo supero-laterale
dell’utero con Ø che < progressivamente da 2 cm a 2-3 mm, costituite da 4 porzioni:
 infundibulo: lungo 2 cm, molto frastagliata per la presenza di 12-15 fimbrie che muovendosi
sulla superficie ovarica sono in grado di accogliere la cellula uovo dopo l’ovulazione.
 ampolla: lunga 7 cm, comunica con l’infundibolo mediante l’ostio addominale, presenta un
decorso tortuoso formando l’ansa tubarica. Nell’ampolla avviene la fecondazione.
 istmo: lunga 3 cm di consistenza più dura.
 porzione interstiziale o intramurale: lunga 1 cm, decorre nello spessore della parete uterina e
sbocca nella cavità uterina mediante l’ostio tubarico.
La Parete della tuba uterina è costituita da: tonaca mucosa rivestita da epitelio cilindrico
semplice con ciglia vibratili e cellule mucipare intercalate, irregolare per la presenza delle
pieghe tubariche, sensibile all’azione degli ormoni durante il ciclo mestruale; tonaca muscolare,
tonaca avventizia e tonaca sierosa peritoneale o mesosalpinge, piega peritoneale proveniente dal
foglio posteriore del legamento largo che riveste le tube uterine favorendo la peristalsi tubarica.
La Vascolarizzazione Arteriosa si deve ai rami tubarici dell’arteria uterina e ovarica.
Il Drenaggio Venoso si deve alla vena uterina e alla vena ovarica.
Il Drenaggio Linfatico si deve ai linfonodi paraortici, linfonodi ipogastrici e iliaci esterni.
L’Innervazione si deve al plesso utero-vaginale e utero-ovarico che regolano la peristalsi tubarica.
Le Funzioni delle tube uterine sono di accogliere l’ovocita espulso dal follicolo ovarico al momento
dell’ovulazione, favorire il transito degli spermatozoi dall’utero verso l’ampolla dove avviene la
fecondazione dell’ovocita e migrazione dell’uovo fecondato nella cavità uterina grazie all’azione
delle ciglia vibratili, peristalsi tubarica e flusso sieroso endoluminale.
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L’Utero è un organo muscolare cavo, impari, mediano, situato più o meno al centro della piccola
pelvi, dietro la vescica e davanti al retto, in corrispondenza della parte superiore della sinfisi
pubica e 1^-2^ vertebra coccigea. Presenta una forma di pera con base in alto e apice tronco in
basso, appiattito in senso antero-posteriore, lungo 7-8 cm nella nullipara, anche se le dimensioni
dell’utero variano in base all’età: dalla nascita fino all’età prepubere il collo è più lungo (4 cm)
rispetto al corpo (2 cm), a partire dalla pubertà il corpo si accresce e nella donna adulta il collo
rappresenta solo 1/3 dell’utero. L’utero è costituito da 3 porzioni: corpo, istmo e collo.
 corpo: è la parte più grande e robusta dell’utero caratterizzata dalla cavità uterina triangolare con
apice inferiore. Il corpo è delimitato da:
─ faccia anteriore o vescicale: separata dalla vescica dal cavo peritoneale vescico-uterino.
─ faccia posteriore o intestinale: separata dal retto dal cavo retto-uterino del Douglas.
─ margini laterali dx e sx da cui si dipartono i legamenti larghi dell’utero.
─ margine superiore che delimita il fondo dell’utero in rapporto con le anse del tenue e il sigma.
─ angoli supero-laterali o tubarici dx e sx dove sboccano le tube uterine mediante l’ostio tubarico.
 istmo: è il punto di congiunzione tra corpo e collo dell’utero, lungo 0,5 cm, in gravidanza
raggiunge i 7-8 cm di lunghezza poichè la parete è sottile ed elastica costituendo il segmento
uterino inferiore che rappresenta la zona più stretta dell’istmo (3-4 mm), importante perchè durante
la gravidanza consente di mantenere il feto nella cavità uterina.
 collo o cervice uterina: è lungo 2-3 cm, ha una forma cilindro-conica distinta in una porzione
sopravaginale che nasce come continuazione dell’istmo e una porzione intravaginale o portio
uterina che sporge nel lume vaginale (muso di tinca).
Il collo è attraversato dal canale cervicale caratterizzato da alcune sporgenze della mucosa dette
pliche palmate, comunica con il canale vaginale mediante l’orifizio uterino esterno e con la cavità
uterina mediante l’orifizio uterino interno.
Il collo dell’utero non è mobile perchè è fissato alla vagina e alla vescica mediante tessuto
connettivo lasso. Il corpo dell’utero è mobile anche se questi movimenti sono limitati da vari Mezzi
di Fissità che consentono di mantenere l’utero nella sua posizione naturale di antiversoflessione:
 legamenti larghi dell’utero: formati da 2 foglietti peritoneali che si sollevano dal pavimento
pelvico e rivestono la parete anteriore e posteriore dell’utero. Sono costituiti da un’ala principale
dx e sx da cui originano l’ala anteriore o funicolare in cui decorre il legamento rotondo dell’utero,
l’ala posteriore o ovarica che riveste posteriormente l’ovaio formando il mesoovario e l’ala
superiore o mesosalpinge che riveste la salpinge.
 legamenti rotondi: sono formati da tessuto connettivo fibroso denso, fibre elastiche e fasci di
cellule muscolari lisce che si fissano a livello dell’angolo supero-laterale dell’utero.
 legamenti cardinali o trasversali di Mackenrodt: uniscono il margine laterale del collo uterino
e della vagina alla parete laterale della pelvi.
 legamenti utero-sacrali: originano dalla faccia posteriore del collo uterino, circondano il retto
e si inseriscono a livello della 2^-3^ vertebra sacrale.
La Parete dell’Utero è costituita da tonaca mucosa o endometrio, tonaca muscolare o miometrio
e tonaca sierosa peritoneale o perimetrio.
La Tonaca Mucosa o Endometrio è costituita dall’epitelio di rivestimento e dalla lamina propria.
La mucosa del corpo è costituita da epitelio di rivestimento cilindrico semplice, formato da cellule
ciliate costituite da numerose ciglia il cui movimento è rivolto verso il canale cervicale e da cellule
secernenti un materiale di natura glicoproteica. Ha uno spessore variabile da 1 a 7 mm a seconda
della fase del ciclo, è costituita da uno strato basale o zona spongiosa irrorata dalle arterie rette o
basali insensibile al ciclo ovarico e da uno strato superficiale o funzionale o zona compatta irrorata
dalle arterie spirali, sensibile agli ormoni ovarici, infatti durante la fase desquamativa del ciclo va
incontro a sfaldamento con conseguente flusso mestruale. Nella mucosa del corpo uterino si
osservano gli orifizi di sbocco delle ghiandole endometriali tubulari semplici che attraversano lo
spessore della lamina propria di natura connettivale e con il fondo raggiungono il miometrio.
Le ghiandole endometriali hanno un decorso rettilineo nello strato superficiale, sono tortuose ed
ectasiche nello strato basale.
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La mucosa del collo uterino viene distinta in mucosa endocervicale che tappezza il canale
cervicale, costituita da cellule secernenti e da ghiandole cervicali tubulari ramificate che
secernono il muco cervicale, e mucosa esocervicale che tappezza la portio uterina, costituita da
epitelio pavimentoso composto, privo di ghiandole.
La Tonaca Muscolare o Miometrio costituisce la maggior parte dello spessore della parete
uterina, formata da fasci di fibrocellule muscolari lisce longitudinali oblique e circolari.
La Tonaca Sierosa o Perimetrio (mesotelio peritoneale) riveste la faccia anteriore e posteriore
dell’utero fino alla porzione sopravaginale del collo dove si riflette rivestendo la faccia
anteriore del retto formando il cavo retto-uterino del Douglas.
La Vascolarizzazione Arteriosa dell’utero si deve alle 2 arterie uterine e alle 2 arterie ovariche
da cui origina una ricca rete di vasi che attraversano la parete uterina e raggiungono lo strato basale
dell’endometrio. Il Drenaggio Venoso spetta al plesso utero-vaginale che si scarica nelle vene
uterine affluenti della vena iliaca interna o ipogastrica.
Il Drenaggio Linfatico si deve ai linfonodi iliaci interni, iliaci esterni, iliaci comuni, paraortici,
presacrali e otturatori. L’Innervazione si deve al plesso utero-vaginale.
Dal punto di vista Fisiologico l’utero è l’organo della gestazione in cui si ha l’impianto
dell’embrione e lo sviluppo fetale, mentre durante il travaglio di parto favorisce l’espulsione del feto
grazie alle contrazioni miometrali.
La Vagina è un organo cavo muscolo-membranoso impari, mediano, situato tra la piccola pelvi e
il perineo anteriore, comunica con il canale cervicale mediante l’orifizio uterino esterno e si apre
all’esterno tramite il vestibolo della vagina. In condizioni normali è una cavità virtuale con parete
anteriore lunga 7-8 cm, parete posteriore lunga 10-12 cm, molto ravvicinate tra loro, diventa
reale al momento del parto consentendo il passaggio del feto.
Il 3° superiore della vagina presenta una forma cilindrica ed è costituito dalla fornice vaginale
anteriore e posteriore che abbracciano il collo dell’utero, mentre il 3° inferiore della vagina
presenta una forma ellittica e comunica con il vestibolo della vagina mediante l’orifizio vaginale
che nella donna vergine è parzialmente chiuso da un’esile membrana fibro-connettivale detta
Imene di forma anulare, sepimentata o cribosa che viene lacerata sin dal primo rapporto sessuale
lasciando dei residui o lembi irregolari detti caruncole imenali.
La vagina anteriormente è separata dalla vescica dal setto vescico-vaginale connettivale lasso e
dall’uretra mediante il setto uretro-vaginale connettivale fibroso-denso, posteriormente è separata
dal retto dal cavo di Douglas e setto retto-vaginale connettivale denso.
La superficie interna della vagina non è liscia ma presenta una serie di pieghe trasversali dette
rughe della vagina che originano da alcuni rilievi longitudinali dette colonne delle rughe.
La Parete della vagina è costituita da: tonaca mucosa rivestita da epitelio pavimentoso
stratificato, normalmente di colore rosa, diventa rosso-vinosa, cianotica in gravidanza (segno di
Jacquemier). L’epitelio poggia su una fitta rete di fibre elastiche, è ricco di vasi, privo di
ghiandole per cui non si può parlare di secrezione vaginale perchè la secrezione deriva dalle
ghiandole uterine e dalla trasudazione e desquamazione dell’epitelio vaginale.
Poi abbiamo la tonaca muscolare formata da fibre muscolari lisce e la tonaca avventizia formata da
tessuto connettivo fibro-elastico.
La Vascolarizzazione Arteriosa della vagina si deve all’arteria uterina ramo dell’arteria
ombelicale e arteria vaginale ramo della arteria pudenda interna o della arteria iliaca interna.
Il Drenaggio Venoso si deve al plesso utero-vaginale e vescico-vaginale che drenano nella vena
iliaca interna. Il Drenaggio Linfatico si deve ai linfonodi iliaci comuni, linfonodi iliaci interni e
linfonodi inguinali superficiali supero-mediali.
L’Innervazione si deve al plesso utero-vaginale, parasimpatico sacrale e fibre sensitive somatiche
del nervo pudendo che formano il plesso perivaginale.
Dal punto di vista Fisiologico la vagina è l’organo della copula cioè accoglie lo sperma dopo
l’eiaculazione, permette il passaggio del flusso mestruale e secrezioni cervico-vaginali, passaggio
del feto e annessi durante il parto grazie alla distensibilità ed elasticità delle sue pareti.
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I GENITALI ESTERNI costituiscono la Vulva o pudendo muliebre situati nel perineo anteriore,
al di sotto della sinfisi pubica, tra cui abbiamo il monte del pube o di Venere, grandi e piccole
labbra, vestibolo della vagina, organi erettili cioè clitoride e bulbi del vestibolo, ghiandole
vestibolari maggiori del Bartolini annesse al vestibolo della vagina.
Embriologia Apparato Genitale Maschile e Femminile
Le gonadi maschili e femminili iniziano a svilupparsi verso la fine della 4^ settimana di vita
intrauterina a partire dalla cresta genitale, porzione della cresta urogenitale, con formazione
della gonade indifferenziata (ovotestis).
La differenziazione delle gonadi in senso maschile si deve alla presenza del cromosoma Y,
mentre la differenziazione delle gonadi in senso femminile si deve all’assenza del cromosoma Y.
La determinazione genotipica del sesso avviene al momento della fecondazione tra lo
spermatozoo portatore del cromosoma X o Y e la cellula uovo portatrice solo del cromosoma X: in
caso di unione tra pronucleo femminile X e pronucleo maschile Y si ha la formazione di uno zigote
con cariotipo 46XY di sesso M, mentre in caso di unione tra 2 pronuclei femminili X si ha la
formazione di uno zigote con cariotipo 46XX di sesso F.
Lo sviluppo degli organi uro-genitali avviene in seguito alla differenziazione dei dotti di Wolff o
mesonefrici nel maschio e dotti di Müller o paramesonefrici nella femmina.
Nei Maschi le cellule di Sertoli producono l’ormone MIF o fattore inibitorio dei dotti di Müller che
inibisce la differenziazione del dotto di Müller e lo sviluppo degli organi genitali femminili,
mentre le cellule di Leydig producono il diidrotestosterone favorendo la differenziazione dei dotti
di Wolff con sviluppo degli organi uro-genitali maschili cioè epididimi, dotti deferenti, vescicole
seminali, uretere, pelvi renale, calici e collettori.
Nelle Femmine il MIF non viene prodotto mentre si ha l’intervento del progesterone che favorisce
la differenziazione dei dotti di Müller nei genitali femminili cioè tube uterine dx e sx, utero che
deriva dalla fusione sulla linea mediana dei dotti di Müller, e 3° superiore della vagina, mentre
l’assenza di testosterone determina la regressione dei dotti di Wolff.
Tra la 5^ e 6^ settimana di gravidanza, sulla linea mediana della superficie ventrale dell’embrione,
si forma una piccola protuberanza detta tubercolo genitale, al di sotto del quale c’è una fessura
mediana detta solco urogenitale, ai cui lati si trovano le pieghe uretrali e i cercini labio-scrotali.
Queste strutture restano indifferenziate fino all’8^ settimana poi si completa lo sviluppo degli
organi uro-genitali:
─ il tubercolo genitale dà origine al clitoride nella femmina e al pene nel maschio.
─ le pieghe uretrali danno origine a piccole labbra e prepuzio del clitoride nella F, al corpo
cavernoso dell’uretra peniena nel M.
─ i cercini labio-scrotali danno origine alle grandi labbra nella F, allo scroto nel M.
─ il solco urogenitale dà origine a vescica, uretra e 3° inferiore della vagina nella F, vescica,
uretra e prostata nel M.
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Malformazioni Genitali
Le Malformazioni dell’apparato genitale spesso si verificano durante il periodo
dell’organogenesi favorite da malattie infettive, manovre iatrogene, somministrazione di
farmaci teratogeni in gravidanza.
Le Malformazioni dell’Utero sono dovute ad un deficit della fusione o sviluppo dei dotti di
Müller, tra cui abbiamo:
 aplasia uterina: si ha lo sviluppo di 2 piccoli nodi fibrosi uniti da una membrana.
 ipoplasia uterina: utero di piccole dimensioni con corpo e collo di dimensioni simili,
responsabile di ritardo del menarca e alterazioni mestruali.
 atresia del canale cervicale: canale cervicale ristretto tale da ostacolare la fuoriuscita del
flusso mestruale con ristagno di sangue nell’utero o ematometra.
 utero unicorne: si ha lo sviluppo di un emiutero collegato alla tuba uterina e ovaio
omolaterali, mentre l’emiutero controlaterale è assente o ipoplasico, poco sviluppato.
 duplicità dell’utero:
─ utero didelfo: presenza di 2 emiuteri con 2 emicolli separati sulla linea mediana con vagina
unica o divisa da un setto longitudinale.
─ utero bicorne bicervicale o unicervicale: duplicità del corpo e collo dell’utero o solo del corpo.
─ utero setto: dovuto ad un deficit di assorbimento della giunzione dei 2 dotti di Müller. Il setto
può essere completo se separa corpo e collo o parziale se separa solo il corpo o il collo.
Le Malformazioni delle Tube Uterine sono l’aplasia mono o bilaterale, ipoplasia, duplicità.
Le Malformazioni delle Ovaie sono molto rare, tra cui abbiamo:
 ipoplasie o agenesie bilaterali: responsabili di ipogonadismo primario con amenorrea.
 ipoplasie o agenesie unilaterali associate ad assenza della tuba e corno uterino omolaterale.
 ovaie soprannumerarie.
 ectopia dell’ovaia: ovaia in sede anomala cioè nel canale inguinale o nel grande labbro.
Le Malformazioni della Vagina possono essere isolate o associate alle malformazioni dell’utero.
 atresia vaginale: canale vaginale ristretto che si manifesterà alla pubertà con mancata
fuoriuscita del flusso mestruale.
 agenesia vaginale: la vagina non si sviluppa, spesso associata a ipoplasia ovarica e uterina. La
sindrome di Rokitansky-Kuster-Hauser è caratterizzata da aplasia della vagina, utero formato
da 2 corni rudimentali, spesso responsabili di sterilità e dispareunia.
 setti longitudinali o trasversali: possono ostacolare il flusso mestruale.
Le Malformazioni dei Genitali Esterni:
 imene imperforato: molto frequente, spesso diagnosticata nella pubertà in seguito alla comparsa
di dolori ciclici in sede pelvica o ematocolpo per il mancato deflusso del sangue mestruale.
 ipospadia: l’uretra sbocca direttamente in vagina per assenza del setto uretro-vaginale.
 epispadia: l’uretra sbocca al di sopra del clitoride.
 ano vulvare incontinente o ano imperforato: diagnosticati alla nascita.
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Fisiologia Apparato Genitale Femminile
Ciclo Ovarico
Il CICLO OVARICO è un fenomeno fisiologico ciclico, regolato da un complesso sistema neuroendocrino cioè dall’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio, infatti i nuclei sopraottico e
paraventricolare dell’ipotalamo producono l’ormone GnRH o ormone rilasciante le
gonadotropine (gonadotropin releasing factor) neuroormone che attraverso il circolo venoso
portale ipofisario raggiunge l’adenoipofisi, parte anteriore della ghiandola ipofisi, stimolando
l’increzione delle gonadotropine ipofisarie FSH ed LH che stimolano l’increzione degli ormoni
steroidei sessuali femminili, estrogeni e progesterone, da parte delle ovaie.
La produzione del GnRH avviene in maniera pulsante o episodica non appena lo sviluppo
puberale viene completato, per cui anche l’increzione degli ormoni FSH ed LH è pulsante.
La Follicologenesi inizia già durante la 4^-6^ settimana di vita intrauterina a livello delle gonadi
indifferenziate dove avviene la gametogenesi con trasformazione delle cellule germinali
primordiali in ovogoni che vanno incontro alla 1^ divisione meiotica fino alla fase di diplotene
con formazione ed espulsione del primo globulo polare che dimezza il patrimonio cromosomico
dell’ovocita primordiale trasformandosi in ovociti primari circondati dalle cellule follicolari, dando
origine a ~ 6-7 milioni di follicoli primordiali, molti dei quali vanno incontro a degenerazione
durante la vita fetale, per cui alla nascita saranno presenti ~ 1-2 milioni di follicoli primordiali.
Alla pubertà si ha la ripresa della follicologenesi ma è incompleta per cui si ha una notevole < del n°
dei follicoli primordiali fino a ~ 300.000, di cui ~ 500 saranno disponibili per la ovogenesi,
mentre i follicoli residui vanno incontro ad atresia.
Per cui l’ovaia inizia a svolgere le sue attività gametogenetica ed endocrina al menarca, il
processo di maturazione dei follicoli interessa 1 follicolo al mese, alternativamente nelle 2
ovaie, mentre le sue funzioni si esauriscono progressivamente a partire dalla menopausa con
completa degenerazione dei follicoli residui.
Il ciclo ovarico ha una durata media di 28 gg ed è caratterizzato da 2 fasi:
─ fase follicolare: in genere dura 14 giorni, può durare più di 14 gg con ovulazione tardiva, 1011 gg con ovulazione precoce; il 1° giorno della fase follicolare corrisponde al 1° giorno del ciclo
mestruale.
─ fase luteinica: dura 14 giorni, corrisponde al periodo compreso tra il 15° e 28° giorno del ciclo
mestruale.
La Fase Follicolare (preovulatoria) viene stimolata dall’ormone follicolo-stimolante FSH
responsabile della maturazione del follicolo primordiale in follicolo maturo di Graaf e increzione
di estrogeni a livello del follicolo ovarico dominante (Estradiolo E2).
Nelle fasi iniziali la [ ] di estrogeni è bassa per cui attraverso un meccanismo di feed-back + viene
stimolata l’increzione del GnRH da parte dell’ipotalamo che a sua volta stimola la produzione
di FSH da parte dell’ipofisi.
Il follicolo primordiale è costituito dall’ovocita circondato da un unico strato di cellule follicolari
appiattite che poggiano su una membrana basale. Si ha l’intervento dell’FSH che stimola il processo
di maturazione del follicolo primordiale in follicolo primario con > di volume dell’ovocita, le
cellule follicolari assumono una forma cuboide e si ha la formazione della zona pellucida cioè una
sottile membrana elastica interposta tra ovocita e cellule follicolari, formata da proteoglicani e
glicoproteine (PAS+). Poi l’FSH stimola la proliferazione delle cellule follicolari con formazione
del follicolo primario multilaminare costituito da 5-6 strati di cellule follicolari che formano
l’epitelio pluristratificato della granulosa, per cui si parla di cellule della granulosa.
La granulosa viene circondata dallo stroma ovarico che si addensa formando un involucro fibrosocellulare detto membrana tecale o teca, distinta in teca esterna di natura fibro-connettivale e teca
interna ricca di vasi. Le cellule della granulosa presentano recettori specifici per l’ormone FSH,
per cui stimolate dall’FSH secernono il liquido follicolare, ricco di estrogeni e altre sostanze, che si
accumula in una cavità detta antro follicolare, tappezzata dalle cellule della granulosa che formano il
cumulo ooforo o proligero, l’ovocita raggiunge le sue massime dimensioni e si porta in posizione
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eccentrica verso il cumulo ooforo, mentre le cellule della granulosa si dispongono a palizzata
formando la corona radiata, costituendo il follicolo secondario o follicolo maturo di Graaf.
Tra tutti i follicoli (3-30) solo 1 va incontro a completa maturazione cioè il follicolo dominante
mentre gli altri vanno incontro ad atresia perchè non ricevono un adeguato supporto ormonale.
La fase follicolare è detta estrogenica perchè è caratterizzata da una iperproduzione di estrogeni
(estradiolo) che > rapidamente dall’8° giorno del ciclo e raggiunge il picco prima dell’ovulazione
(12°-13° giorno). La produzione degli estrogeni è stimolata sia dall’FSH che agisce su recettori
specifici presenti sulla superficie delle cellule della granulosa favorendo una maggiore
produzione di liquido follicolare che è ricco di estrogeni, sia dall’LH che agisce su recettori
specifici presenti sulla superficie delle cellule della teca interna stimolando la produzione di
androgeni che per intervento dell’enzima aromatasi sono convertiti in estrogeni.
L’estradiolo e l’inibina mediante un meccanismo feed-back ─ inibiscono l’increzione ipofisaria
dell’FSH in modo che solo il follicolo dominante vada incontro a completa maturazione, mentre
gli altri follicoli vanno incontro ad atresia non essendo stimolati dall’FSH.
Raggiunto il picco estrogenico, l’estradiolo mediante un meccanismo di feed-back + stimola la
produzione ipotalamica del GnRH che a sua volta stimola l’increzione dell’LH che favorisce la
maturazione dell’ovocita con ripresa della divisione meiotica, trasformazione dell’ovocita
primario in ovocita secondario che si blocca nella metafase della 2^ divisione meiotica ed
espulsione del secondo globulo polare.
Il follicolo dominante si porta verso la superficie della corticale e al 14° giorno del ciclo si ha
l’Ovulazione (fase ovulatoria) con intervento del progesterone che favorisce la produzione di
enzimi proteolitici responsabili della rottura del follicolo dominante con liberazione dell’uovo e
migrazione nell’ampolla della tuba uterina in attesa di una eventuale fecondazione.
La Fase Luteinica (postovulatoria) viene stimolata dall’ormone luteinizzante LH che favorisce
la trasformazione del follicolo in corpo luteo, infatti dopo l’ovulazione il follicolo si riempie di
sangue proveniente dai capillari sanguigni della teca interna formando il corpo emorragico, si ha la
proliferazione delle cellule della granulosa e della teca interna da cui originano le cellule
luteiniche ricche di lipidi e di un pigmento giallastro che formano il corpo luteo di piccolo volume
con parete pieghettata, consistenza dura e colore bianco-giallastro che funziona come una
ghiandola endocrina, infatti stimolato dall’LH produce il progesterone indispensabile per la
preparazione dell’endometrio all’annidamento dell’embrione: i livelli del progesterone
raggiungono il picco dopo 7-10 gg dall’ovulazione, intorno al 21°-24° giorno del ciclo mestruale
con meccanismo feed-back ─ che inibisce la produzione di GnRH da parte dell’ipotalamo con <
produzione di LH da parte dell’ipofisi.
Per cui se l’uovo non viene fecondato si ha la fase di luteolisi con involuzione o degenerazione del
corpo luteo verso il 26°-27° giorno del ciclo mestruale dovuto alla < dei livelli di LH e all’azione
della PGF2α prodotta dal corpo luteo stesso che < la vascolarizzazione del corpo luteo con <
volume del corpo luteo, retrazione cicatriziale, > consistenza, colore grigio-biancastro, caduta
dei livelli di estrogeni e progesterone e formazione del corpo albicante o corpo luteo mestruale
responsabile degli infossamenti irregolari sulla superficie esterna dell’ovaio, contemporaneamente
si ha lo sfaldamento della mucosa endometriale e inizia un nuovo ciclo.
Se l’uovo viene fecondato e si instaura una gravidanza, non si ha l’atrofia del corpo luteo ma le
cellule del trofoblasto producono un ormone ad azione LH-simile cioè la gonadotropina
corionica umana HCG che favorisce la formazione del corpo luteo gravidico che è capace di
produrre il progesterone nel I trimestre di gravidanza, mentre dopo il I trimestre si ha la
degenerazione del corpo luteo gravidico e la produzione del progesterone viene garantita dalla
placenta che origina dal trofoblasto stesso.
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Il CICLO MESTRUALE o UTERINO normalmente ha una durata di 28 giorni, variabile dai 24
ai 35 gg, con perdite di sangue comprese tra 20 e 40 ml per 3-7 giorni, è caratterizzato da una fase
estrogenica preovulatoria e una fase progestinica post-ovulatoria, in cui si hanno delle
modificazioni dello strato superficiale o funzionale della mucosa uterina o endometrio che è
molto sensibile all’azione degli ormoni estrogeni e progesterone prodotti durante il ciclo ovarico.
La Fase Estrogenica corrisponde alla fase follicolare del ciclo ovarico e viene distinta in una fase
rigenerativa e una fase proliferativa stimolate dagli estrogeni:
 fase rigenerativa: compresa tra il 1° e 8° giorno del ciclo, in cui il 1° giorno del ciclo mestruale
corrisponde al 1° giorno del flusso mestruale del ciclo precedente. In questa fase si ha la
rigenerazione dello strato funzionale dell’endometrio a partire dalle arterie basali e dai fondi
delle ghiandole endometriali, con ispessimento dell’endometrio, sviluppo delle ghiandole
sottoforma di tubuli stretti e rettilinei, proliferazione delle cellule stromali e rigenerazione dei
vasi dell’endometrio superficiale che decorrono rettilinei tra le ghiandole.
 fase proliferativa: compresa tra l’8° e 14° giorno del ciclo, caratterizzata da un ulteriore
ispessimento dell’endometrio fino a 3-4 mm, le ghiandole diventano tortuose nella parte più
profonda, i vasi diventano più ampi e iniziano ad assumere un decorso a spirale. Al 14° giorno
del ciclo si ha l’ovulazione con rottura del follicolo dominante e formazione del corpo luteo che
produce il progesterone che ha il compito di preparare l’endometrio all’eventuale annidamento
dell’embrione, per cui inizia la Fase Progestinica o Postovulatoria che va dal 17° al 25° giorno
del ciclo, caratterizzata da un ulteriore > di spessore dello strato funzionale fino a 6-7 mm, le
ghiandole endometriali appaiono dilatate, tortuose con lume ripieno di secreto: se l’uovo viene
fecondato l’endometrio viene conservato ed è pronto per il suo annidamento, mentre se l’uovo
non viene fecondato si ha la Fase Mestruale, Secretoria, Desquamativa che inizia dopo ~ 4 gg
dalla regressione del corpo luteo con caduta del tasso di progesterone responsabile della
desquamazione o sfaldamento dello strato funzionale dell’endometrio, rottura delle arterie
spirali con conseguente flusso mestruale cioè espulsione dall’utero di tessuto endometriale
degenerato e sangue in genere pari a 20-40 cc, infatti l’emorragia è limitata dall’intervento delle
PG che determinano la contrazione del miometrio e vasocostrizione delle arteriole spirali.
Durante il ciclo gli ormoni estrogeni e progesterone provocano modificazioni in altre sedi:
─ Cervice uterina: gli estrogeni stimolano la secrezione di muco cervicale fluido, filante, chiaro,
limpido con tipica cristallizzazione a foglie di felce (M.O.) che favorisce la progressione degli
spermatozoi dalla vagina all’interno dell’utero. La produzione di muco cervicale >
progressivamente con l’> del tasso di estrogeni circolanti passando da ~ 60 mg dell’8° giorno del
ciclo a ~ 700 mg del periodo periovulatorio. Il progesterone stimola la secrezione di muco
cervicale denso, vischioso, opaco che ostacola l’ingresso degli spermatozoi nell’utero.
─ Vagina: gli estrogeni determinano un ispessimento della mucosa e accumulo di glicogeno. Al
momento dell’ovulazione si ha la desquamazione delle cellule superficiali mentre il glicogeno
viene metabolizzato dai lattobacilli con produzione di acido lattico che mantiene il pH vaginale
intorno a 4-5. Il progesterone inibisce la proliferazione e la maturazione dell’epitelio.
─ Tube uterine: ispessimento della mucosa, > flusso sieroso endoluminale, > n° ciglia vibratili
con iperattività delle ciglia e iperperistalsi tubarica al momento dell’ovulazione.
─ Mammelle: > volume delle mammelle, spesso dolenti soprattutto durante il flusso.
─ T°C: > 37°C al 14° giorno del ciclo (ovulazione), persiste per 2 gg, < con la mestruazione.
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Alterazioni del Ciclo Mestruale
Le Alterazioni del Ciclo Mestruale possono essere Classificate in:
 alterazioni della durata o ritmo del ciclo: amenorrea, oligomenorrea, polimenorrea.
 alterazioni della quantità e durata del flusso: ipermenorrea, ipomenorrea.
 sanguinamenti uterini anomali: menorragia, metrorragia, menometrorragia, spotting.
L’AMENORREA è la totale assenza di flusso mestruale distinta in primaria e secondaria.
L’Amenorrea Primaria è la mancata comparsa del menarca cioè del primo flusso mestruale
nelle ragazze che hanno compiuto il 16° anno di età, dovuta a cause organiche o ormonali:
─ alterazioni dell’equilibrio dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaie da sindrome di Kallman con assenza
congenita dei nuclei ipotalamici, deficit della produzione del GnRH con conseguente
ipoincrezione delle gonadotropine ipofisarie FSH ed LH e degli ormoni steroidei a livello
ovarico; craniofaringioma, adenoma ipofisario prolattino-secernente o prolattinoma con amenorrea
da iperincrezione di PRL (> 80 ng/ml) che inibisce il rilascio del GnRH da parte dell’ipotalamo
con inibizione delle gonadotropine ipofisarie FSH ed LH e inibisce la sintesi e rilascio degli
steroidi gonadici o da compressione esercitata dall’adenoma sulla regione ipotalamo-ipofisaria.
─ disgenesia gonadica: sindrome di Turner con aplasia ovarica o deficit dello sviluppo delle ovaie.
─ malformazioni dell’apparato genitale: imperforazione dell’imene con ematocolpo, assenza
congenita della vagina, assenza congenita dell’utero o presenza di un utero rudimentale.
─ malattie autoimmunitarie: LES, tiroidite di Hashimoto... (forme rare di amenorrea).
La Diagnosi di amenorrea primaria si basa su una anamnesi accurata, dosaggio ormonale, visita
ginecologica, ecografia, colposcopia ed isteroscopia per valutare se si tratta di amenorrea
primaria da cause organiche o ormonali oppure di una semplice pubertà ritardata.
La Terapia dell’amenorrea primaria si basa sulla rimozione o correzione chirurgica della causa
organica tumorale o malformativa, terapia ormonale sostitutiva con contraccettivi orali.
L’Amenorrea Secondaria è più frequente rispetto alla forma primaria, si manifesta dopo alcuni
mesi o anni dal menarca in donne con cicli mestruali regolari e scomparsa del flusso mestruale
per un periodo > ai 4 mesi, dovuta a cause organiche o ormonali di natura ipotalamica,
ipofisaria, ovarica o uterina.
L’Amenorrea da cause ipotalamiche è una forma molto frequente, correlata a stress di tipo
metabolico come il dimagrimento fino all’anoressia, stress psico-fisico e nervoso come la morte
di un parente, perdita del posto di lavoro, depressione con > dei livelli di oppioidi, cortisolo,
catecolamine che sopprimono l’asse ipotalamo-ipofisi con conseguente inibizione del processo di
maturazione del follicolo primordiale, della steroidogenesi ovarica con ciclo anovulatorio.
Per cui il laboratorio evidenzia una notevole < FSH ed LH, < estrogeni e progesterone.
L’ipoestrogenismo provoca secchezza vaginale, atrofia e dispareunia.
La Terapia consiste nell’eliminare tutte le situazioni di stress, somministrazione di un’antagonista
recettoriale degli oppioidi come il naltrexone cloridrato oppure gli analoghi sintetici del GnRH per
ripristinare l’equilibrio dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio, la maturazione follicolare e l’ovulazione.
L’Amenorrea da cause ipofisarie può essere dovuta a cause organiche cioè adenoma ipofisario
prolattino-secernente o prolattinoma con iperprolattinemia, amenorrea, cefalea, disturbi visivi,
galattorrea, valutabile mediante la TAC o RMN, il laboratorio evidenzia > PRL (> 25 ng/ml) con <
FSH, LH, estrogeni e progesterone.
L’iperprolattinemia può essere anche di tipo disfunzionale da < attività delle dopamine sulle
cellule prolattino-secernenti per cui la terapia si basa sulla somministrazione di farmaci
dopaminergici come la bromocriptina che inibisce l’increzione di PRL ripristinando il ciclo ovarico.
Inoltre abbiamo la sindrome di Sheehan dovuta al fatto che durante la gravidanza si ha un
raddoppio di volume dell’ipofisi che comprime il proprio peduncolo vascolare con brusca comparsa
di ipotensione sistemica durante il parto fino a necrosi ischemica dell’adenoipofisi che col passare
del tempo viene riassorbita e sostituita da una cicatrice fibrosa (sindrome della sella vuota).
L’Amenorrea da cause ovariche può essere dovuta a cause organiche responsabili di
iperandrogenismo come la sindrome dell’ovaio policistico e i tumori dell’ovaio a cellule di SertoliLeydig androgeno-secernenti oppure a cause ormonali come la menopausa precoce.
12
La Sindrome dell’Ovaio Policistico di Stein-Leventhal o Policistosi Ovarica è una sindrome
tipica delle giovani donne con età di 20-30 anni, caratterizzata da ovaie voluminose contenenti
numerose cisti rivestite da una capsula di tessuto connettivale, sclerotica, spessa, che funge da
barriera meccanica contro l’ovulazione. La policistosi viene distinta in policistosi primitiva da
iperandrogenismo puro o ovarico o iperandrogenismo misto cioè ovarico e surrenalico e
policistosi secondaria con iperandrogenismo da tumore cortico-surrenalico.
L’Iperandrogenismo puro o ovarico è caratterizzato da un circolo vizioso con iperincrezione di
androgeni a livello ovarico, maggiore aromatizzazione periferica degli androgeni in estrogeni
con iperestrogenismo che tramite un meccanismo feedback – inibisce l’increzione dell’FSH
ipofisario con deficit del processo di maturazione del follicolo dominante, atrofia follicolare e
anovulazione, mentre l’ormone LH stimola l’increzione di androgeni a livello delle cellule della
teca e stroma ovarico che non sono convertiti in estradiolo a causa del deficit dell’FSH ma sono
trasformati in estrone. Per cui le Indagini di Laboratorio evidenziano >> androgeni, > LH, < FSH
con > LH/FSH, > estrone E1, < estradiolo E2 con inversione del rapporto E1/E2.
L’Iperandrogenismo misto, ovarico e surrenalico, è caratterizzato da un lieve > LH,
iperinsulinemia, obesità e diabete di tipo II: l’insulina stimola la produzione degli androgeni da
parte della teca ovarica direttamente o indirettamente per intervento del GnRH.
Il test di tolleranza al glucosio evidenzia intolleranza al glucosio e iperinsulinemia, mentre il
test di tolleranza all’insulina evidenzia resistenza all’insulina.
Dal punto di vista Clinico la sindrome si manifesta con anovulazione cronica caratterizzata da
disordini mestruali cioè menorragia, oligomenorrea, polimenorrea, amenorrea fino alla
sterilità nel 60% dei casi, mentre l’iperandrogenismo è responsabile di irsutismo, acne,
dermatite seborroica, alopecia, > peso fino all’obesità. Le pz affette da policistosi ovarica sono a
rischio di carcinoma dell’endometrio e mammella a causa degli alti livelli di estrogeni in circolo.
La Diagnosi avviene mediante l’Ecografia pelvica osservando le ovaie voluminose contenenti
numerose cisti sottocorticali, anecogene, Laparoscopia con Biopsia ovarica.
La Terapia in caso di amenorrea iperandrogenica di origine surrenalica si basa sulla
somministrazione di un progestinico ad attività antiandrogena come il ciproterone acetato,
associato a desametazone per 2-3 mesi in modo da mettere l’ovaio in condizioni di riposo e
bloccare parzialmente la fx surrenalica. In caso di amenorrea iperandrogenica mista si
somministra ciproterone acetato + contraccettivo orale nei primi 10 gg di terapia o un antagonista
dei recettori per gli androgeni come la flutamide che blocca l’enzima 5α-reduttasi e la conversione
del testosterone in DHT. La terapia deve essere protratta per almeno 6 mesi dopo la completa
remissione o miglioramento del quadro clinico, monitorando il peso corporeo per evitare
situazioni di sovrappeso.
L’Amenorrea da cause uterine può essere dovuta a sinechie uterine da raschiamento uterino
energico o sindrome di Ashermann, infezioni, cicatrici da resezione chirurgica pregressa o da
endometriti pregresse, tamponamento dopo emorragia abortiva...
Per cui in base ai Meccanismi Eziopatogenetici possiamo fare una distinzione tra:
 amenorrea da ipogonadismo ipogonadotropo dovuta a patologia ipotalamica o ipofisaria con
deficit di GnRH, < livelli FSH ed LH, deficit della steroidogenesi ovarica e della maturazione
follicolare con ciclo anovulatorio, come nella sindrome di Kallman, prolattinoma, stress psicofisico, sindrome di Sheehan.
 amenorrea da ipogonadismo ipergonadotropo da patologia ovarica cioè disgenesia gonadica
(sindrome Turner), radioterapia, chemioterapia, menopausa precoce, sindrome ovaio policistico.
 amenorrea normogonadotropa da sindrome di Rokitansky-Kuster-Hauser con agenesia o
disgenesia dei dotti di Müller, sindrome di Ashermann, infezione da IUD, interventi chirurgici.
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L’OLIGOMENORREA è caratterizzata da un ciclo di durata > 35 giorni con ovulazione tardiva da
iperprolattinemia, sindrome dell’ovaio policistico, endometrite, seguita spesso da amenorrea.
La POLIMENORREA è caratterizzata da un ciclo di durata < 25 giorni con ovulazione precoce e
mestruazioni frequenti da accorciamento della fase proliferativa o da accorciamento della fase
secretiva con insufficienza del corpo luteo.
Tra le Alterazioni della Quantità e Durata del flusso mestruale abbiamo:
─ Ipermenorrea: > della quantità del flusso mestruale con perdite ematiche > 40 ml e durata
del flusso > 7 giorni, dovuta spesso ad un leiomioma.
─ Ipomenorrea: < della quantità del flusso mestruale con perdite ematiche < 20 ml e durata
del flusso < 3 giorni, da cause organiche come sinechie uterine, endometrite, ridotta recettività
endometriale, o cause ormonali come iperprolattinemia, ipoestrogenismo, ipo o ipertiroidismo.
Inoltre abbiamo i Sanguinamenti Uterini Anomali:
 Menorragia: è un flusso mestruale ciclico ma abbondante rispetto alla norma da leiomioma
uterino, polipi endometriali, adenomiosi, endometrite, alterazioni emocoagulative.
 Metrorragia: è una perdita di sangue aciclico nel periodo intermestruale o in postmenopausa da
aborto, gravidanza extrauterina, ritenzione placentare, iperplasia endometriale, polipi,
carcinoma dell’utero, iperestrogenismo e sfaldamento endometriale anomalo.
 Menometrorragia: è una perdita di sangue abbondante che inizia come mestruazione ma che si
prolunga nel periodo intermestruale, dovuta spesso a disfunzione dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio
con ciclo anovulatorio, per cui non si ha la formazione del corpo luteo e la produzione del
progesterone mentre continua la produzione di estrogeni da parte del follicolo con iperplasia
endometriale che non viene sostenuta da un adeguato sviluppo dello stroma. Il livello degli
estrogeni < solo in seguito a regressione del follicolo con necrosi dell’endotelio e metrorragia di
durata e quantità variabile.
La menometrorragia può essere dovuta a fibromi, polipi, endometriti, alterazioni emocoagulative.
 Spotting: è uno stillicidio ematico spesso intermestruale raramente pre o postmestruale.
La Diagnosi si basa sull’anamnesi, visita ginecologica, dosaggi ormonali, test di gravidanza,
valutazione parametri emocoagulativi, Pap-test, Ecografia Transvaginale, Isteroscopia, Biopsia
endometriale. La Terapia è medica (ormonale sostitutiva) o chirurgica a seconda delle cause.
La DISMENORREA è una mestruazione molto dolorosa, tale da impedire le normali attività della
donna e da richiedere una terapia adeguata, mentre normalmente la mestruazione provoca una
lieve dolenzia che tende a scomparire spontaneamente in alcune h.
I sintomi insorgono alcune h prima del flusso mestruale e continuano per alcuni giorni cioè dolore
pelvico intenso, spesso irradiato alla regione lombo-sacrale e faccia interna delle cosce, nausea,
vomito, cefalea, irritabilità, astenia, vertigini, raramente episodi sincopali.
Possiamo fare una distinzione tra dismenorrea primitiva e secondaria.
La Dismenorrea Primitiva, Idiopatica ad eziologia sconosciuta in genere compare 6-12
mesi dall’inizio del menarca, quando i cicli ovulatori si sono stabilizzati, legata alla produzione
eccessiva di PG e LT che agiscono a livello dell’endometrio e miometrio favorendo la fuoriuscita
di Ca2+ intracellulare con contrazioni uterine spastiche, < flusso ematico uterino, ischemia e
dolore, opponendosi all’azione del progesterone che in genere determina atonia uterina.
La dismenorrea primitiva spesso è correlata ad un infantilismo uterino che tende a regredire col
passare degli anni con la maturazione dell’utero, fino a scomparire con la gravidanza.
Alcune volte si ricorre alla somministrazione dei FANS 24-48 h prima del flusso mestruale per
inibire la sintesi delle PG, oppure contraccettivi orali estroprogestinici a basso dosaggio per inibire
l’ovulazione in caso di dolore persistente tale da interferire con l’attività della donna.
La Dismenorrea Secondaria compare dopo alcuni anni dall’inizio del menarca, spesso dovuta a
endometriosi, fibromi, polipi uterini, retroversione uterina, malformazioni uterine, MIP
cronica con esiti aderenziali, infezioni da IUD.
La Diagnosi di dismenorrea si basa sull’anamnesi, visita ginecologica, ecografia, isteroscopia o
laparoscopia nei casi dubbi per valutare la presenza o meno di patologie organiche.
La Terapia può essere medica o chirurgica a seconda delle cause.
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Climaterio e Menopausa
Il Climaterio è una fase di transizione della vita femminile che in genere si ha nella fascia di età
42-54 anni caratterizzato da una < della capacità riproduttiva della donna fino alla sua
scomparsa che si hanno in 2 fasi:
─ premenopausa: periodo ~ 5 anni che precede la menopausa con < del n° di follicoli
primordiali reclutati nella fase follicolare del ciclo ovarico e alternanza tra cicli ovulatori e
anovulatori in seguito ad un > dei livelli di FSH con iperstimolazione ovarica e crescita
accelerata del follicolo con fase follicolare breve e inadeguata e < progressiva degli estrogeni.
─ postmenopausa: periodo di ~ 5 anni che segue la menopausa, caratterizzato dall’assenza
dell’estradiolo mentre l’estrone diventa il principale estrogeno in circolo prodotto per
aromatizzazione tissutale dell’androstenedione, per cui si ha un > dei livelli delle gonadotropine
FSH ed LH perchè non viene attivato il meccanismo di feed-back ─ inibitorio dell’asse
ipotalamo-ipofisi da parte degli estrogeni e dell’inibina.
La Menopausa è l’ultimo flusso mestruale fisiologico della vita biologica femminile ma sono
necessari almeno 12 mesi di amenorrea per poter porre diagnosi di menopausa che insorge nelle
donne con età media di 49 anni, con variazioni tra 45 e 53 anni.
Si parla di menopausa precoce se la avviene prima dei 40 anni dovuta a cause genetiche per
anomalie del cromosoma X, malattie autoimmunitarie come le tiroiditi, ipotiroidismo,
insufficienza cortico-surrenalica, malattie metaboliche come la galattosemia o a fattori di rischio
come alcol, fumo, stress, droghe. Poi abbiamo la menopausa chirurgica o indotta da
isterectomia, ovariectomia in una donna in precedenza fertile, iatrogena da chemioterapia o
radioterapia con soppressione della fx ovarica.
I SINTOMI sono correlati alla carenza di estrogeni e sono distinti in sintomi precoci e tardivi:
I sintomi precoci si hanno in premenopausa:
 vampata di calore da ipoestrogenismo con alterazioni vasomotorie, disfunzione dei centri
termoregolatori e della dispersione di calore, stimolata da forti emozioni, stress e bevande
alcoliche, si manifesta con la comparsa improvvisa di arrossamento alla cute del volto, collo,
nuca che può diffondersi a tutto il corpo, sensazione di calore intenso, > frequenza cardiaca
(tachicardia), palpitazioni e > T°C cutanea con conseguente sudorazione profusa, < T°C corporea
e brividi di freddo. La vampata di calore ha una durata variabile da alcuni secondi ad alcuni
minuti, può essere singola o ricorrente, è più frequente e intensa durante la notte con
conseguente insonnia fino a disturbi psicologici cioè alterazioni del tono dell’umore, irritabilità,
ansia, depressione, cefalea, affaticabilità, vertigini, parestesie e disturbi della sfera sessuale di
natura psicologica come la < del desiderio, eccitamento e piacere sessuale o di natura organica
da atrofia e secchezza vaginale con dispareunia cioè rapporti sessuali difficoltosi e dolorosi.
I sintomi tardivi si hanno in postmenopausa:
 alterazioni dei tessuti connettivi: cute secca, sottile, ipoelastica con comparsa o accentuazione
delle rughe sul viso, rilassamento dei tessuti palpebrali, guance e tessuti sottomentonieri,
caduta dei capelli e peli ascellari, accentuazione della peluria a livello del labbro superiore,
mento e areole mammarie per > androgeni in circolo non controbilanciato dagli estrogeni.
 manifestazioni genito-urinarie: lesioni distrofico-atrofiche progressive cioè < del peso e volume
dell’utero, assottigliamento dell’endometrio, scomparsa progressiva delle ghiandole
endometriali, diradazione dei peli pubici, < delle grandi labbra mentre le piccole labbra tendono
a scomparire quasi del tutto. Inoltre atrofia vaginale con mucosa sottile, liscia, più sensibile ai
traumatismi, secca con < del lume vaginale e dispareunia, deficit del glicogeno con alterazione
della flora batterica vaginale, pH alcalino e insorgenza di infezioni genito-urinarie cioè
vulvovaginiti, cistiti e uretriti ricorrenti. Infine si può avere il prolasso uro-genitale da deficit
delle strutture di sostegno degli organi pelvici, fino all’incontinenza urinaria.
 osteoporosi postmenopausale: in condizioni normali gli estrogeni inibiscono la fx di
riassorbimento osseo degli osteoclasti, > l’increzione di calcitonina e < l’increzione del PTH,
favorendo l’assorbimento intestinale di Ca2+ e l’idrossilazione della vit. D per intervento
dell’enzima 1α-idrossilasi renale favorendo il processo di neoformazione ossea da parte degli
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osteoblasti, mentre dopo la menopausa questi meccanismi di protezione vengono a mancare, con >
del riassorbimento osseo che provoca una < della massa ossea soprattutto a livello dell’osso
trabecolare dei corpi vertebrali, anca e terzo distale del radio ad alto rischio di fratture
spontanee, non traumatiche. E’ importante lo screening mediante la Densitometria ossea a
doppio raggio fotonico DEXA o Mineralometria Ossea Computerizzata Moc valutando le
alterazioni della densità della massa ossea, il rischio di osteoporosi e di fratture.
 malattie cardiovascolari: nelle donne in postmenopausa viene a mancare l’azione protettiva degli
estrogeni con alterazioni metaboliche ad alto rischio cardiovascolare cioè > LDL, > colesterolo
totale e trigliceridi, < HDL, > glicemia a digiuno e del peso corporeo con > incidenza delle
malattie aterosclerotiche, IMA e malattie cerebrovascolari.
La Terapia della sindrome menopausale è ormonale sostitutiva con estroprogestinici
somministrati per os o per via parenterale transdermica (cerotti) in maniera ciclica:
─ terapia ciclica sequenziale: somministrazione di estrogeni per 21 gg associati ad un progestinico
negli ultimi 10-12 gg e sospensione della terapia per 7 gg.
─ terapia continua sequenziale: somministrazione di estrogeni in modo continuo per tutto il mese
associati ad un progestinico nei primi 12-14 gg.
─ terapia continua combinata: somministrazione di estrogeno e progestinico in modo continuo, tutti
i giorni del mese, cercando di stimolare l’atrofia endometriale e la scomparsa del flusso mestruale.
La terapia ormonale sostitutiva è Indicata per attenuare o eliminare i disturbi della sindrome
menopausale, prevenire le malattie cardiovascolari, insorgenza di neoplasie dell’utero e ovaie,
prevenire l’osteoporosi mediante somministrazione dei SERM o modulatori selettivi dei recettori
degli estrogeni, tra cui il raloxifene che inibisce la fx di riassorbimento osseo da parte degli
osteoclasti, associati a farmaci che stimolano la fx di neoformazione ossea da parte degli
osteoblasti come il ranelato di stronzio che consente di > la densità ossea e < il rischio di fratture.
In caso di osteoporosi conclamata si usano i bisfosfonati (etidronato, clodronato) potenti inibitori
degli osteoclasti e dotati di attività antalgica.
Questa terapia è efficace se è associata ad un adeguato apporto di Ca2+ e vitamina D con la dieta e
integratori fino ad un introito giornaliero complessivo di 1200 mg di Ca2+ e 600 UI di vit. D.
Contraccezione
La Contraccezione comprende una serie di metodi utilizzati per il controllo delle nascite cioè
metodi naturali, metodi barriera, dispositivi intrauterini IUD, metodi ormonali e postcoitali.
I METODI NATURALI si basano sull’individuazione del periodo fertile della donna:
 Metodo del Calendario o di Ogino-Knauss: è il metodo più diffuso al mondo, si basa sul fatto
che esiste un intervallo di tempo relativamente costante tra il momento dell’ovulazione e comparsa
della mestruazione pari a 12-16 giorni (fase luteale), gli spermatozoi sono in grado di fecondare
l’ovocita per ~ 72 h dopo la deposizione in vagina, l’ovocita può essere fecondato entro 24 h
dall’ovulazione. Il metodo del calendario richiede la registrazione accurata degli ultimi 6-12 cicli
della donna, individuando il ciclo più breve e il ciclo più lungo per calcolare l’inizio del periodo
fertile: il 1° giorno si ottiene sottraendo 18 dal ciclo più breve, mentre l’ultimo giorno si ottiene
sottraendo 11 al ciclo più lungo. E’ sconsigliato nelle donne che non hanno cicli regolari.
 Coito Interrotto: retrazione del pene dalla vagina prima che avvenga l’eiaculazione
considerando che nel secreto prostatico sono assenti spermatozoi vivi e mobili.
 Metodo della Temperatura Basale: la misurazione della T°C corporea deve avvenire ogni
giorno, al risveglio, dopo un riposo notturno di almeno 6 h, per via vaginale o rettale, prima di
iniziare qualsiasi attività considerando che durante il ciclo mestruale si verifica un lieve rialzo
termico > 37°C al momento dell’ovulazione e che persiste per 2-3 gg, corrispondente al periodo
fertile del ciclo per cui bisogna astenersi dai rapporti. Il limite di questo metodo è che non
consente di individuare l’inizio del periodo fertile ma solo la sua fine ed è sconsigliato nelle donne
che hanno cicli irregolari, lunghi o anovulatori.
 Metodo del muco cervicale o di Billings: durante il ciclo mestruale gli estrogeni stimolano la
produzione di muco fluido penetrabile dagli spermatozoi, mentre il progesterone stimola la
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produzione di muco denso impenetrabile agli spermatozoi. Il periodo fertile è quello in cui la
donna avverte la presenza del muco cervicale, mentre i periodi asciutti sono quelli non fertili.
 Metodi sintotermici: si basano sulla valutazione dei sintomi e segni dell’ovulazione, tra cui
tensione mammaria e dolore pelvico, associati al metodo del calendario e del muco cervicale per
stabilire l’inizio del periodo fertile e al metodo della T°C basale per stabilire la fine di tale periodo.
I METODI BARRIERA ostacolano l’accesso degli spermatozoi negli organi genitali femminili
interni evitando il contatto tra spermatozoo e ovocita:
 Condom: consigliato a soggetti che hanno rapporti occasionali con partner diversi, importante
per prevenire le malattie veneree e le infezioni da HIV, HBV... Deve essere applicato in maniera
corretta prima del rapporto, con pene eretto e bisogna ritirare il pene dalla vagina prima che diventi
flaccido, raramente si hanno fenomeni irritativi o di sensibilizzazione al lattice o la rottura.
 Diaframma vaginale: è una sottile cupola di gomma inserita su un anello metallico flessibile che
si applica al davanti della cervice uterina, bisogna sempre applicare uno spermicida su entrambe le
facce del diaframma per aumentarne l’efficacia. Il diaframma non deve essere mai rimosso prima di
6 h dal coito e non deve rimanere in vagina più di 24 h dopo il rapporto. In caso di rapporti ripetuti
occorre applicare ogni volta una nuova dose di spermicida.
 Spugnetta vaginale: viene inserita in prossimità del collo dell’utero dove blocca e distrugge gli
spermatozoi grazie ad uno spermicida in essa contenuta. Prima di applicarla deve essere imbevuta
di acqua per facilitarne l’adattamento anatomico alla vagina e deve essere rimossa non prima di 6 h
dall’ultimo rapporto e non oltre le 24 h dalla sua introduzione per evitare il rischio, seppur minimo,
di shock tossico, reazioni locali di ipersensibilità allo spermicida o alla spugnetta.
 Spermicidi: applicati sottoforma di creme, tavolette, ovuli, gel, schiume, che bloccano e
distruggono gli spermatozoi, esercitando azione battericida e virucida.
Gli effetti collaterali sono rappresentati da irritazione della mucosa cervico-vaginale, alterazioni
della flora batterica vaginale e ipersecrezione mucosa.
I DISPOSITIVI INTRAUTERINI IUD sono rappresentati dalla spirale che viene inserita dal
ginecologo mediante un’apposita cannula, eventualmente somministrando analgesici, in genere il
primo giorno del ciclo e sono distinti in dispositivi medicati al rame e al progesterone:
─ dispositivi medicati al rame: provocano una reazione infiammatoria da corpo estraneo a
carico dell’endometrio con intervento dei PMN responsabili della fagocitosi con distruzione degli
spermatozoi o dell’uovo fecondato.
─ dispositivi medicati al progesterone: liberano 65 μg di progesterone/die nella cavità uterina
inducendo una regressione istologica dell’endometrio, > la viscosità del muco che ostacola la
penetrazione degli spermatozoi. E’ importante una visita ginecologica di controllo dopo 3 mesi
dall’inserzione e poi almeno 1 volta/anno.
I dispositivi IUD sono Controindicati in caso di MIP pregressa o in atto, gravidanza in atto,
flusso mestruale abbondante e doloroso, sospetto di carcinoma, malformazioni uterine, allergia
al rame o malattia di Wilson.
Tra gli effetti collaterali e complicanze provocati dagli IUD abbiamo: > del flusso mestruale e
dismenorrea, > del rischio di gravidanza ectopica, aborto settico o spontaneo, MIP cronica con
ostruzione tubarica e sterilità, espulsione dello IUD.
I METODI ORMONALI si basano sulla somministrazione dei contraccettivi orali
estroprogestinici costituiti da una componente estrogenica a basso dosaggio o etinilestradiolo che
agisce a livello dell’asse ipotalamo-ipofisi < i livelli di FSH ed LH, bloccando la maturazione
follicolare e l’ovulazione e una componente progestinica o levonorgestrel che rende il muco
cervicale denso ostile alla penetrazione degli spermatozoi, inibisce la peristalsi tubarica e i
movimenti delle ciglia vibratili, ostacolando la fecondazione e il trasporto dell’embrione,
provoca atrofia endometriale impedendo l’impianto dell’embrione.
La donna deve assumere 1 cp/die a partire dal 1° giorno della mestruazione per 21 gg, seguito
da un intervallo di 7 gg caratterizzato dalla comparsa di un sanguinamento simil-mestruale di
scarsa entità, poi si ripete il ciclo. Se la donna dimentica di prendere una compressa all’h consueta,
dovrà prenderla entro le successive 12 h, ricordando che dopo 36 h dall’assunzione dell’ultima
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compressa la protezione contraccettiva non è più sicura e in tal caso bisognerà ricorrere ad un altro
metodo non ormonale per il resto del ciclo (ad es. il condom).
La pillola estroprogestinica è utile anche nella prevenzione del carcinoma endometriale, carcinoma
e cisti ovariche, malattie benigne della mammella.
Le Controindicazioni ai contraccettivi orali sono: patologia tromboembolica in atto o soggetti
a rischio, coronaropatie, malattie cerebrovascolari, iperlipidemia congenita, diabete, obesità,
epatopatie acute o croniche (epatite), gravidanza, allattamento, malattie infiammatorie
croniche intestinali come morbo di Crohn e retto-colite ulcerosa con deficit dell’assorbimento
del farmaco, carcinoma della mammella...
Gli Effetti Collaterali sono dovuti all’uso prolungato e sovradosaggio: gli estrogeni provocano
nausea, cefalea, vertigini, > peso corporeo da ritenzione idrica, crampi muscolari, leucorrea,
cloasma, ipercontrattilità uterina, i progestinici provocano affaticamento, alterazioni tono
umore (depressione), ittero colestatico, alterazioni del ciclo mestruale...
Nella donna in età avanzata, meno feconda si può usare la minipillola formata da un progestinico
a basso dosaggio (norgestrel), da assumere tutti i gg alla stessa h.
Inoltre abbiamo i prodotti di deposito come il medrossiprogesterone acetato che viene
somministrato per via i.m. determinando flussi mestruali irregolari fino ad amenorrea che però
può persistere anche dopo la sospensione del farmaco a causa dell’atrofia endometriale per cui è
prescritta solo alle donne in cui la gravidanza è controindicata.
I METODI POSTCOITALI o metodi d’emergenza sono indicati dopo un rapporto sessuale non
protetto o dopo rottura del profilattico ad alta % di gravidanza, tra cui abbiamo:
 Levonorgestrel: si assume la 1^ compressa entro 24-72 h al massimo dopo il rapporto a rischio e
la 2^ compressa entro 12 h dalla prima, inibendo l’ovulazione e l’impianto dell’embrione in utero.
Secondo molti autori questo farmaco ha funzione abortiva entrando in contrasto con la Legge 194
sull’interruzione volontaria della gravidanza.
 Pillola del giorno dopo: prescritta dal ginecologo in assenza di controindicazioni, deve essere
assunta entro 72 h da un rapporto ritenuto a rischio alla dose di 0,1 mg di etinilestradiolo + 1 mg di
levonorgestrel da ripetere dopo 12 h, provocando uno sviluppo asincrono tra componente
ghiandolare e stromale a livello dell’endometrio tale da impedire l’impianto dell’ovocita fecondato.
Infine abbiamo la Contraccezione Chirurgica mediante vasectomia nell’uomo con legatura e
resezione parziale dei dotti deferenti, legatura e resezione parziale delle tube nella donna.
Sterilità e Infertilità
La Sterilità è la mancanza di concepimento o gravidanza in una coppia dopo 1 anno di rapporti
sessuali non protetti, cioè assenza della fecondazione con incapacità riproduttiva.
L’Infertilità è un deficit dell’annidamento e sviluppo dell’embrione con incapacità di prosecuzione
della gravidanza da parte della donna. Si parla di infertilità primaria se la coppia non ha mai
ottenuto una gravidanza, di infertilità secondaria se la coppia ha già ottenuto 1 o più gravidanze.
Dal punto di vista Eziologico la sterilità può essere dovuta a cause femminili e/o maschili.
La Sterilità Femminile può essere dovuta a cause ormonali o organiche:
 cause ormonali (30-40%):
─ anovulazione da iperprolattinemia secondaria a adenoma ipofisario prolattino-secernente.
─ anovulazione da ipogonadismo ipogonadotropo, ipotalamica da stress psico-fisico,
dimagrimento, con inibizione dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaie con deficit della maturazione
follicolare e dell’ovulazione.
─ anovulazione da ipogonadismo ipergonadotropo con >> FSH, stimolazione eccessiva ma
inadeguata della fase follicolare con ipoestrogenismo, spesso sono indice di menopausa precoce.
─ anovulazione cronica da sindrome dell’ovaio policistico.
 cause organiche:
─ malattie tubariche: sterilità da ostruzione della tuba uterina e deficit del transito dell’uovo e
spermatozoi, come in caso di anomalie congenite (agenesia, atresia e ipoplasia); esiti aderenziali
post-operatori o da salpingite acuta o cronica, MIP cronica con ostruzione tubarica.
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─ malattie uterine: sterilità da deficit dell’annidamento e sviluppo dell’embrione, come in caso di
malformazioni, anomalie di posizione, stenosi cervicale, tumori, cerviciti con alterazioni del
muco-cervicale, presenza di Ab anti-spermatozoo nel muco cervicale.
─ malattie vaginali: ipoplasia o atresia vaginale che impediscono la deposizione del liquido
seminale in vagina; infezioni con alterazioni del pH vaginale.
La Sterilità Maschile è responsabile del 20-30% dei casi di insuccesso del concepimento.
Dal punto di vista Eziologico la sterilità maschile nel 30% dei casi è primitiva, idiopatica, ad
eziologia sconosciuta, nel 70% dei casi è secondaria a:
 cause organiche: criptorchidismo, varicocele, anorchia bilaterale (testicoli assenti), atresia o
agenesia dei dotti deferenti, vescicole seminali e dotti eiaculatori; torsione del funicolo
spermatico, traumi del testicolo con rottura della barriera emato-testicolare e produzione di
auto-Ab anti-spermatozoo; disfunzione erettile-eiaculatoria, lesioni neurologiche o iatrogene
dello sfintere vescicale interno con eiaculazione retrograda nella vescica.
 infezioni: orchite, epididimite, prostatite con agglutinazione e immobilizzazione degli
spermatozoi, stenosi con ostruzione delle vie spermatiche.
 malattie genetiche: sindrome di Klinefelter (XXY) con deficit dello sviluppo dei testicoli,
sindrome di Kartagener con deficit della motilità della coda degli spermatozoi.
 cause endocrine con deficit della spermatogenesi cioè ipogonadismo, iperprolattinemia.
 sterilità iatrogena: radioterapia, chemioterapia (ciclofosfamide), chetoconazolo, spironolattone.
Tra i Fattori di Rischio di sterilità abbiamo:
─ fumo di sigaretta: blocca la fx e motilità degli spermatozoi.
─ alcolismo: inibizione della steroidogenesi testicolare e ovarica.
─ abiti stretti, inquinamento ambientale e alimentare con assunzione di fitoestrogeni, pesticidi e
ormoni (steroidi anabolizzanti), obesità, fattori di stress cronico.
La Diagnosi di sterilità femminile e maschile si basa su:
 Anamnesi: consente di orientare sulle possibili cause.
 Esame ginecologico: malformazioni, segni di infezione, lesioni sospette.
 Ecografia addomino-pelvica o transvaginale, Isterosalpingografia, Laparoscopia esplorativa:
sono utili valutare la presenza di patologie organiche. L’Ecografia transvaginale è utile per
monitorare la maturazione follicolare fino alla rottura con ovulazione e per valutare la risposta
dell’endometrio al progesterone per l’eventuale annidamento. Nell’uomo l’Ecografia è utile per la
diagnosi di criptorchidismo, cisti o tumori, l’Eco-doppler per la diagnosi di varicocele. La
Biopsia testicolare e ovarica sono utili nei casi dubbi.
 Dosaggi ormonali: LH, FSH, PRL, estrogeni, progesterone, androgeni, testosterone, DTH.
 Monitoraggio pH vaginale: in fase preovulatoria deve essere compreso tra 7 e 8.5, mentre se è
< 7 è incompatibile con la penetrazione degli spermatozoi.
 Score Cervicale: nella fase estrogenica il muco cervicale è fluido con filamenti di lunghezza ≥
10 cm che favoriscono la progressione degli spermatozoi verso la cavità uterina.
 Post-coital Test: il muco viene prelevato dal canale cervicale alcune h dopo il rapporto sessuale
ed esaminato al microscopio. Il test è + se ci sono 7 o più spermatozoi mobili, ─ se sono meno di
1, dubbio se sono compresi tra 1 e 7, valutando la presenza di Ab anti-spermatozoo.
 Esame Liquido Seminale con Spermiogramma: è l’indagine di prima scelta per la diagnosi di
sterilità maschile; il liquido seminale si ottiene mediante massaggio dopo un periodo di astinenza di
almeno 4-5 gg e viene sottoposto ad indagine microscopica, anche se prima di dare un giudizio
definitivo bisogna ripetere l’esame almeno 3 volte nel giro di 2-3 mesi, valutando diversi parametri:
─ volume del liquido seminale: normalmente è pari a 3 ml e si parla di normozoospermia, < in
caso di ostruzione delle vie seminali, mentre in caso di eiaculato assente si parla di aspermia.
─ n° spermatozoi: in condizioni normali deve essere > 20 milioni/ml, si parla di oligozoospermia
in caso di < n° spermatozoi, azoospermia in caso di assenza di spermatozoi.
─ mobilità spermatozoi dopo 1h e 3h: normalmente il 50-60% degli spermatozoi sono mobili,
mentre in caso di < della mobilità si parla di astenospermia.
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─ morfologia spermatozoi: lo sperma fertile contiene il 60% di spermatozoi di forma normale
caratterizzati da una testa di forma allungata, mentre si parla di teratospermia in caso di anomalie
morfologiche con testa sferica che impedisce agli spermatozoi di penetrare nell’ovocita.
─ pH dello sperma: normalmente è alcalino (7-8).
─ coagulabilità e viscosità: alterata in caso di patologie della prostata.
─ presenza di batteri e/o leucociti: indica la presenza di infezioni.
La Terapia può essere medica cercando di indurre l’ovulazione ripristinando l’equilibrio
dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi, ad esempio mediante bromocriptina in caso di anovulazione da
iperprolattinemia, medrossiprogesterone acetato + clomifene citrato in caso di anovulazione da
sindrome dell’ovaio policistico, terapia chirurgica in caso di infertilità da cause organiche oppure
si ricorre a tecniche di fecondazione assistita cioè:
 Fecondazione in Vitro e Trasferimento di Embrione o embrio-transfer (FIVET): indicata in
caso di occlusione tubarica bilaterale e/o oligo-asteno-zoospermia. La tecnica avviene in più fasi:
─ fase di induzione dell’ovulazione con analoghi del GnRH, gonadotropine e clomifene citrato.
─ in vitro si selezionano dal liquido seminale gli spermatozoi più mobili e sani morfologicamente.
─ gli ovociti maturi sono prelevati per via transvaginale ecoguidata e sono incubati in terreni di
coltura insieme agli spermatozoi dando origine agli embrioni.
─ gli embrioni vengono trasferiti in utero: nelle pz con < 40 anni o dopo ripetuti fallimenti di
riproduzione assistita possono essere trasferiti fino a 4 embrioni in cavità uterina per via
transcervicale mediante cateteri da transfer, mentre gli altri embrioni sono congelati e utilizzati
in cicli successivi. Si parla di fecondazione assistita omologa se viene usato il liquido seminale del
partner, eterologa se viene usato il seme di un donatore (banche dello sperma).
La % di successo con gravidanza è pari al 27% dei casi, anche se c’è il rischio di aborti spontanei
o gravidanze plurigemellari dovute all’introduzione di più embrioni.
 Iniezione Intracitoplasmatica dello Spermatozoo (ICSI): indicata in caso di oligo-astenozoospermia severa. Il liquido seminale viene trattato in vitro isolando gli spermatozoi mobili e
buoni morfologicamente. Uno spermatozoo viene iniettato all’interno del citoplasma
dell’ovocita e l’embrione viene trasferito in utero con % di successo pari al 27% dei casi, mentre
il rischio di anomalie genetiche dopo manipolazione dei gameti è sovrapponibile alla popolazione
normale o a bambini nati con altre tecniche di fecondazione assistita.
 TESA, TESE, MESA: tecniche chirurgiche eseguite in anestesia generale o locoregionale.
─ TESA: indicata in caso di azoospermia da causa ostruttiva mono o bilaterale, si prelevano gli
spermatozoi dal testicolo mediante agoaspirazione.
─ TESE: indicata in caso di blocco totale della spermatogenesi, è un intervento a cielo aperto con
resezione di una piccola porzione del parenchima testicolare da cui si estraggono gli
spermatozoi.
─ MESA: gli spermatozoi sono estratti dall’epididimo.
 Inseminazione Intraperitoneale-Intrauterina (IPI-IUI): indicata in caso di sterilità
inspiegata, il liquido seminale viene inseminato nel peritoneo a livello del cavo di Douglas o
nell’utero attraverso il canale cervicale, in modo sincrono all’ovulazione spontanea o indotta, con
% di gravidanza pari al 5-7% per ogni ciclo.
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Infezioni Apparato Genitale Femminile
Le VAGINITI sono infezioni della mucosa vaginale che in genere interessano anche la vulva a
causa della contiguità anatomica, per cui si parla di VULVO-VAGINITI, diffuse in tutto il mondo,
soprattutto nei paesi in via di sviluppo favorite dalle precarie condizioni igienico-sanitarie e
socio-economiche, tra cui abbiamo le vulvovaginiti da Trichomonas vaginalis (15-20%), Candida
albicans o glabrata, HSV-2, Mycoplasma hominis, Gardnerella vaginalis...
In condizioni normali la vagina presenta diversi Meccanismi di Difesa contro le infezioni:
─ flora batterica vaginale residente: Lattobacilli (bacillo Doderlein), Difteroidi, Candida,
Gardnerella vaginalis, Bacteroides, Mycoplasma hominis, Staphylococchi, E. coli... Dopo la
menopausa i Lattobacilli diventano scarsi e compare lo Streptococco agalactiae gruppo B.
─ pH acido vaginale dovuto alla produzione di glicogeno da parte dell’epitelio che viene
metabolizzato in acido lattico da parte dei lattobacilli.
─ barriere anatomiche: rima vulvare, imene, muco cervicale, istmo uterino, epitelio vaginale
che > di spessore in seguito a stimolazione da parte degli estrogeni.
Tra i Fattori Favorenti abbiamo:
─ terapia antibiotica ad ampio spettro protratta con alterazione della flora batterica residente.
─ fattori irritativi locali: uso di deodoranti, abiti stretti, biancheria intima sintetica, scarsa
igiene intima, irrigazioni o lavande vaginali, dispositivi intrauterini IUD, assorbenti interni.
─ carenza di estrogeni con < dello spessore della mucosa vaginale con atrofia.
─ diabete mellito con > glucosio nel muco vaginale e iperproliferazione della flora residente.
─ deficit delle difese immunitarie con insorgenza di infezioni opportunistiche soprattutto da
Candida albicans nei pz affetti da AIDS, terapia con corticosteroidi e immunosoppressori.
La Vulvo-Vaginite da Trichomonas vaginalis o Trichomoniasi (protozoo) è un’infezione
molto diffusa in tutto il mondo nelle donne con età tra i 20 e 40 anni, Trasmessa per via sessuale
o veicolata da indumenti contaminati, può essere asintomatica oppure si manifesta con leucorrea
maleodorante, schiumosa, giallo-grigiastra o leucoxantorrea, eritema e congestione della
mucosa vulvo-vaginale, petecchie emorragiche con aspetto a fragola, prurito intenso spesso
associato a bruciore e dispareunia, disuria e pollachiuria per infezione delle vie urinarie,
cervicite fino alla malattia infiammatoria pelvica MIP.
La Diagnosi si basa sul tampone vaginale con esame microscopico a fresco valutando la
presenza di PMN, pH vaginale alcalino, esame colturale con terreno di Diamond e tecniche di
biologia molecolare che hanno una sensibilità e specificità del 90-99%.
La Terapia della trichomoniasi si basa sul metronidazolo per os nella donna e nel partner.
La Vulvo-Vaginite da Candida o Candidosi Vaginale colpisce il 15% delle donne in età fertile,
con picco in post-menopausa, dovuta a Candida albicans nel 90% dei casi e Candida glabrata nel
10% dei casi, trasmessa per via sessuale o attraverso biancheria contaminata.
Dal punto di vista Clinico la vulvo-vaginite da Candida si manifesta con leucorrea cioè perdita di
secrezioni biancastre, dense, tipo ricotta o latte coagulato, non maleodoranti, eritema vulvovaginale, prurito intenso, bruciore, edema delle piccole labbra, placche biancastre aderenti alla
parete. Il pH vaginale in genere è normale (4-4,5) mentre per la diagnosi di conferma si ricorre al
tampone vaginale con esame microscopico a fresco ed esame colturale.
La Terapia si basa sulla somministrazione di antimicotici cioè miconazolo o nistatina per uso
topico, fluconazolo per os, mentre in caso di vulvo-vaginiti ricorrenti con più di 4 episodi/anno o pz
immunodepressa si ricorre alla somministrazione di ketoconazolo, itraconazolo e fluconazolo +
terapia topica con acido borico o fluorocitosina in caso di infezioni da Candida glabrata resistenti.
Le Vulvo-Vaginiti da Herpes Simplex Virus HSV-2 o genitalis in genere si manifestano dopo
la pubertà, sono trasmesse per via sessuale. Il virus penetra nell’organismo attraverso abrasioni
della cute o delle mucose, si replica nelle cellule epiteliali provocando un’infezione primaria, spesso
asintomatica. La caratteristica degli herpes virus è che dopo la guarigione dell’infezione primaria,
non sono eliminati dall’organismo ma restano in uno stato latente nei gangli sensitivi
corrispondenti alla sede di infezione, in tal caso nel ganglio lombosacrale dove può essere
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riattivato da vari stimoli cioè stress, traumi locali, febbre, squilibri ormonali (flusso mestruale),
raggi UV solari, per cui il virus ritorna nella sede di infezione primaria con infezione ricorrente.
Dal punto di vista Clinico dopo un periodo di incubazione di 6-7 gg, si ha l’infezione primaria che
può essere asintomatica oppure si manifesta con dolore, bruciore intenso, comparsa di vescicole a
contenuto liquido limpido a livello delle piccole e grandi labbra, cute perianale e monte di
venere che si rompono lasciando aree disepitelizzate o pseudoulcere che in genere si risolvono
nel giro di 2-3 settimane, altre volte si hanno sovrainfezioni batteriche con edema della mucosa,
linfoadenopatia inguinale e febbre alta.
L’Infezione Secondaria o Ricorrente si manifesta dopo mesi o anni dall’infezione primaria, più
lieve e di breve durata rispetto a quella primaria grazie alla presenza della memoria immunologica,
si manifesta con iperestesia e comparsa di vescicole.
Raramente l’infezione viene Trasmessa al feto per via transplacentare con aborto o per via
verticale con gravi lesioni del SNC mortali nel 94% dei casi (infezioni complesso TORCH).
La Diagnosi è clinica, mentre durante la gravidanza è utile la sierodiagnosi con tecnica ELISA
(sieroconversione) e PCR (DNA a doppia elica).
La Terapia si basa su aciclovir per os, uso topico o via e.v..
La Vaginosi Batterica è detta anche Vaginite Aspecifica perchè i sintomi tipici delle vaginiti
sono assenti cioè bruciore, prurito, eritema ed edema della mucosa, mentre si ha un’alterazione
della flora batterica vaginale con deficit dei lattobacilli e predominanza di batteri anaerobi, in
particolare Gardnerella vaginalis responsabile di leucorrea giallastra, maleodorante, simile
all’odore di pesce avariato dovuto alla produzione di ammine aromatiche (cadaverina, putrescina)
da parte della Gardnerella vaginalis che viene accentuato dal contatto con sostanze alcalizzanti
come il liquido seminale e l’idrossido di potassio (KOH) con fishy odor test +.
Il pH vaginale è alcalino, il Test di Papanicolaou con esame microscopico a fresco del secreto
vaginale evidenzia la presenza delle clue cells cioè cellule di sfaldamento della mucosa vaginale,
anche se la diagnosi di conferma avviene con la colorazione di Gram.
La Terapia si basa sulla somministrazione del metronidazolo per os + clindamicina per uso topico
e lavande vaginali con iodio-povidone, anche se le recidive sono piuttosto frequenti.
La Vaginite Atrofica si ha nella donna in post-menopausa dovuta all’ipoestrogenismo con
atrofia dell’epitelio vaginale, carenza di glicogeno con scarsa produzione di acido lattico, > pH
vaginale e alterazione della flora vaginale con distruzione dei lattobacilli e prevalenza di
batteri Gram─ bastoncellari, coliformi. In genere l’atrofia è lieve, raramente è severa con dolore,
prurito, bruciore intenso, piccole perdite ematiche da fragilità della mucosa e ulcere.
La Terapia si basa sulla somministrazione di estrogeni per via sistemica e antibiotici topici.
Le Vulvo-Vaginiti non infettive possono essere dovute ad agenti irritanti o di natura allergica
cioè assorbenti interni, spermicidi, lavaggi vaginali, saponi, biancheria in fibra sintetica, abiti
stretti, reazioni di ipersensibilità al lattice dei profilattici e creme antimicotiche.
Si manifestano con prurito, irritazione, bruciore, dolore ed essudazione, eritema, edema, lesioni
da grattamento, bolle, vescicole o ulcerazioni ad alto rischio di infezioni secondarie.
La Terapia consiste nell’eliminare il contatto con la sostanza irritante o allergenizzante, creme a
base di corticosteroidi, antistaminici e impacchi di acido borico.
Tra le Malattie a Trasmissione Sessuale o Malattie Veneree abbiamo la sifilide da
Treponema pallidum, la gonorrea da Neisseria gonorrhoeae, infezioni da HSV-2, condilomi piani
e acuminati da Papillomavirus, cerviciti, annessiti e linfogranuloma venereo da Chlamydia
trachomatis, candidosi vaginale da Candida albicans, trichomoniasi vaginale da Trichomonas
vaginalis, ulcera venerea da Haemophilus ducreyi, infezioni genitali da E. coli, Mycoplasma
hominis, Ureaplasma urealiticum, Gardnerella vaginalis...
L’ENDOMETRITE è un’infiammazione dell’endometrio in genere di natura infettiva dovuta a
microrganismi che raggiungono l’endometrio per via ascendente dal canale cervico-vaginale, per
via discendente dagli annessi o cavità peritoneale o per via linfoematogena, favorita da:
─ aborto con ritenzione di residui embrionali e placentari oppure parto distocico con lacerazioni
del canale del parto e collo uterino beante.
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─ dispositivi intrauterini IUD con endometrite irritativa da corpo estraneo.
─ atrofia dell’endometrio da ipoestrogenismo nel periodo prepuberale e post-menopausale.
Dal punto di vista Clinico l’endometrite viene distinta in acuta e cronica.
L’endometrite acuta è rara, caratterizzata da congestione, edema dell’endometrio, abbondante
infiltrato leucocitario, sviluppo di microascessi con menometrorragie abbondanti, dolore
ipogastrico, febbre, leucorrea persistente, mucopurulenta.
L’endometrite cronica si manifesta con menorragia o metrorragie, lieve dolenzia addominale o
lombo-sacrale, infiltrato linfoplasmocellulare, alcune volte oligomenorrea o amenorrea da
alterazione della recettività endometriale o aderenze endouterine, raramente si sviluppano dei
piccoli polipi sessili o peduncolati con endometrite polposa.
Tra le complicanze abbiamo la diffusione dell’endometrite al miometrio con miometrite e al
perimetrio con perimetrite con tenaci aderenze tra utero e organi pelvici, malposizione
dell’utero cioè retrodeviazione o lateroversione fissa, dolore addominale acuto.
La Diagnosi di endometrite avviene mediante la biopsia endometriale.
La Terapia dell’endometrite acuta si basa sugli antibiotici e antinfiammatori per via topica e
sistemica, in caso di endometrite cronica è necessario il raschiamento uterino, terapia chirurgica in
caso di aderenze da perimetrite.
La Malattia Infiammatoria Pelvica (MIP) è un’infezione che spesso origina dalle tube uterine
con salpingite e si diffonde nella pelvi con salpingo-ovarite, peritonite pelvica e parametrite, spesso
causata da Chlamydia trachomatis, Streptococchi, Staphylococchi, E. coli, Mycoplasmi,
raramente da Neisseria gonorrhoeae, con Trasmissione dell’infezione per via sessuale spesso
favorita dalla presenza di cervico-vaginiti croniche, dispositivi intrauterini IUD oppure nasce
come complicanza di un parto o aborto in caso di residui embrionali e placentari, coaguli di
sangue intrauterini, beanza del collo uterino, lacerazioni estese perineali e vulvo-vaginali.
Possiamo fare una distinzione tra salpingite acuta e cronica:
 salpingite acuta: caratterizzata da iperemia e congestione della mucosa, ostruzione del lume
tubarico da secrezione siero-mucosa o purulenta con endosalpingite catarrale o purulenta che
può diffondersi al mesosalpinge con mesosalpingite e formazione di pseudomembrane
responsabili di tenaci aderenze con gli organi vicini o perisalpingite. Inoltre si ha la congestione
delle fimbrie con obliterazione dell’ostio addominale, accumulo di essudato nell’ampolla
tubarica che prolassa nel cavo di Douglas formando una raccolta saccata o sactosalpinge di
natura sierosa o idrosalpinge, purulenta o piosalpinge, ematica o ematosalpinge.
 salpingite cronica: salpingite atrofica con tuba rigida, sottile e priva di movimenti peristaltici
o salpingite ipertrofica con tuba ispessita, di consistenza dura, aderente all’utero e ovaio.
Raramente la flogosi si diffonde all’ovaio con salpingo-ovarite acuta con formazione di
pseudomembrane sulla superficie ovarica esterna e aderenze con le strutture adiacenti, oppure
salpingo-ovarite cronica con formazione di cisti tubo-ovariche o ascessi.
Dal punto di vista Clinico le forme acute si manifestano con dolore intenso in sede pelvica che si
irradia verso la regione lombosacrale o la radice della coscia, leucoxantorrea, alterazioni del
ciclo mestruale con menometrorragie e dismenorrea, disturbi urinari e intestinali da
compressione o aderenze cioè disuria, pollachiuria, stipsi, associati a febbre, leucocitosi, > VES.
Le forme croniche si manifestano con una dolenzia o sensazione di peso ai quadranti inferiori
dell’addome o lombo-sacrali, febbricola, lievi disturbi mestruali, urinari e intestinali.
Tra le complicanze abbiamo la peritonite pelvica o generalizzata, tromboflebite pelvica, sterilità o
aborto da occlusione o dislocazione delle tube, gravidanza ectopica, retroversione fissa dell’utero.
La Diagnosi della MIP si basa su:
 Anamnesi, Esame Obiettivo: fattori di rischio (IUD, aborto), sintomi e segni.
 Ecografia Transvaginale: neoformazioni a livello tubarico o degli annessi.
 Laparoscopia Esplorativa: è l’indagine di scelta per la diagnosi di certezza di MIP valutando la
presenza di edema delle tube uterine, essudato siero-purulento e aderenze, diagnosi
differenziale con appendicite acuta, torsione di cisti ovarica e gravidanza extrauterina,.
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La Terapia si basa su antibiotici ad ampio spettro (cefoxitina, ceftriaxone), cortisonici, terapia
chirurgica in caso di complicanze, profilassi antibiotica nel partner.
Endometriosi
L’Endometriosi è una malattia caratterizzata dalla presenza di tessuto endometriale in sedi
ectopiche (ghiandole e stroma endometriale) distinta in endometriosi interna ed esterna.
L’Endometriosi Interna o Adenomiosi è caratterizzata dalla presenza di endometrio ectopico
nello spessore del miometrio, sottoforma di noduli o adenomiomi, colpisce soprattutto donne con
età di 40-50 anni, forse favorita da manovre iatrogene come il raschiamento uterino e cesareo.
L’Endometriosi Esterna o endometriosi p.d. in genere colpisce donne in età fertile con picco
tra i 30-40 anni, è caratterizzata dalla presenza di endometrio ectopico in genere a livello delle
ovaie, oppure tube uterine, legamenti larghi e rotondi dell’utero, cavo di Douglas, peritoneo
pelvico, cicatrici laparotomiche, vescica, uretere, tenue, colon-retto, fino ai polmoni.
L’Eziopatogenesi dell’endometriosi esterna è sconosciuta ma sono state ipotizzate diverse teorie:
 teoria del reflusso retrogrado del sangue mestruale ricco di cellule endometriali sfaldate
attraverso le tube uterine in cavità addominale e sul peritoneo, dovuta ad un ostacolo meccanico
al flusso mestruale da stenosi cervicale, retroversione uterina, deficit funzionale con spasmo
cervicale durante il flusso mestruale.
 teoria metastatica: disseminazione di frustoli endometriali per via linfatica ed ematica in sedi
distanti come polmoni, reni, linfonodi, cicatrici laparotomiche...
 cause iatrogene: endometriosi su cicatrici laparotomiche dopo taglio cesareo o isterectomia.
 immunodepressione con mancata distruzione delle cellule endometriali refluite in cavità
addominale al momento della mestruazione e impianto dell’endometrio in cavità peritoneale.
 fattori ormonali: l’endometriosi è estrogeno-dipendente, infatti la soppressione del ciclo ovarico
mediante farmaci antiestrogeni o in menopausa può favorire la regressione della malattia.
Dal punto di vista Anatomo Patologico il tessuto ectopico endometriale è simile al tessuto
endometriale fisiologico, per cui durante il ciclo mestruale è sensibile alle variazioni ormonali
fino allo sfaldamento endometriale con sanguinamento, irritazione peritoneale, aderenze tra
peritoneo e organi pelvici. La sede più colpita è l’ovaio dove spesso si ha la formazione della cisti
endometriale o endometrioma piena di sangue condensato, brunastro, ricco di emosiderina.
Dal punto di vista Clinico l’endometriosi è asintomatica nel 25% dei casi con diagnosi occasionale
durante indagini eseguite per altri motivi mentre le forme sintomatiche si manifestano con:
─ dolore pelvico cronico, recidivante da irritazione peritoneale e aderenze pelviche, inizia qualche
giorno prima del flusso, si accentua durante e soprattutto alla fine del flusso.
─ dolore intenso nel cavo di Douglas all’esplorazione rettale.
─ dismenorrea grave, resistente alla terapia antalgica, dispareunia da aderenze pelviche e
dislocazione dell’utero, sterilità da aderenze peritubariche e periovariche, stenosi o occlusione della
tuba, gravidanza extrauterina tubarica o ovarica.
La Diagnosi di endometriosi su:
 Esame Obiettivo: endometriosi a livello di cicatrici laparotomiche, cisti ovarica voluminosa.
 Ecografia Transvaginale: cisti endometriosiche ipoecogene e agoaspirazione del contenuto.
 Laparoscopia: utile per la diagnosi valutando sede ed entità delle lesioni, consentendo di
asportare o distruggere direttamente le lesioni endometriosiche.
 Ecografia, Colonscopia, Cistoscopia, Urografia: diagnosi di endometriosi extraginecologica.
La Terapia dell’endometriosi dipende dall’entità delle lesioni, età della donna e desiderio di
gravidanze. La terapia medica si basa su analoghi sintetici del GnRH per inibite l’ipofisi e la
steroidogenesi ovarica con < estrogeni e progesterone e atrofia dell’endometrio ectopico. La
terapia chirurgica per via laparoscopica è utile per eliminare le aderenze pelviche, distruggere
piccole aree di tessuto endometriale ectopico, asportare le cisti ovariche. La terapia chirurgica per
via laparotomica con isterectomia ± annessectomia è indicata in caso di lesioni gravi ed estese,
cisti voluminose, fallimento della terapia medica.
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Alterazioni della Statica Pelvica
Le Alterazioni della Statica Pelvica sono rappresentate dalle anomalie di posizione dell’utero e
prolasso genitale.
Le ANOMALIE di POSIZIONE dell’UTERO sono la retrodeviazione, iperantiflessione,
laterodeviazione, rotazione e torsione.
In condizioni normali a vescica e retto vuoti, l’utero si trova in posizione di antero-verso-flessione
dovuto alla formazione di 2 angoli cioè l’angolo di versione, anteriore, aperto in avanti di ~ 90°
che si forma tra l’asse longitudinale dell’utero e della vagina e l’ angolo di flessione, anteriore,
aperto in avanti di ~ 120°, si forma tra corpo e collo dell’utero.
La Retrodeviazione è l’anomalia di posizione dell’utero più frequente, rappresentata dalla
retroversione e retroflessione che spesso sono associate tra loro con retroversoflessione:
─ retroversione: l’asse dell’utero forma con l’asse della vagina un angolo aperto indietro.
─ retroflessione: l’asse del corpo dell’utero forma con l’asse del collo un angolo aperto indietro.
La retrodeviazione si dice fissa quando non può essere corretta con le manovre bimanuali
durante l’esplorazione ginecologica, mobile quando può essere corretta manualmente.
Inoltre la retrodeviazione può essere congenita o acquisita da lassità dei mezzi di fissità
dell’utero da gravidanze plurime, endometriti, endometriosi pelvica, MIP con aderenze, tumori.
Dal punto di vista Clinico la retrodeviazione uterina si manifesta con dolore sacro-coccigeo,
lombare o in fossa iliaca dx o sx dovuto alla torsione dei vasi uterini ed ovarici con ostacolo al
deflusso del sangue e varicocele pelvico, menorragia per congestione uterina, leucorrea
abbondante, dismenorrea, dispareunia, disturbi della minzione (pollachiuria) e defecazione
(stipsi), sterilità. Durante la gravidanza la retroversione dell’utero in genere si riduce
spontaneamente intorno al 4° mese con l’> di volume dell’utero, raramente provoca aborto o
estroflessione della parete uterina con formazione di una sacca per contenere il feto.
La Diagnosi si basa sull’Esame Ginecologico, Ecografia e Isterografia.
La Terapia è chirurgica con isteropessi nelle forme severe riportando l’utero nella sua posizione.
L’Iperantiflessione dell’utero si verifica quando l’angolo tra corpo e collo dell’utero è < 90°, può
essere primitiva o secondaria a endometriti, cerviciti, MIP, endometriosi, si manifesta con
dismenorrea da stenosi del canale cervicale con difficoltà al deflusso del sangue che si raccoglie
nella cavità uterina provocando contrazioni uterine dolorose, raramente infertilità.
La Laterodeviazione dell’utero è rara, si ha quando l’asse longitudinale dell’utero è inclinato
verso la parte dx o sx del bacino, i sintomi sono scarsi o assenti.
La Rotazione avviene lungo l’asse sagittale per cui il corpo si sposta in direzione opposta al
collo. Si parla di Torsione se la rotazione interessa il corpo mentre il collo resta in sede.
Il PROLASSO GENITALE è la discesa verso il basso dei visceri pelvici attraverso lo iatus
urogenitale del pavimento pelvico, in seguito ad un deficit anatomico-funzionale del sistema di
sospensione e di sostegno dei visceri pelvici.
Il sistema di sospensione è rappresentato dalla fascia endopelvica e da vari legamenti:
─ fascia endopelvica è costituita da tessuto connettivo, si estende tra il peritoneo e l’aponeurosi
pelvica superiore sospendendo gli organi pelvici alle ossa del bacino, inoltre si fissa all’utero e
alla porzione craniale della vagina costituendo il parametrio e il paracolpo.
─ legamento cardinale di Mackenrodt, legamenti utero-sacrali, legamenti rotondi.
Il sistema di sostegno è rappresentato dal pavimento pelvico costituito da:
─ diaframma pelvico: complesso muscolo-aponeurotico costituito dal muscolo elevatore dell’ano
che a sua volta è costituito dal muscolo pubo-coccigeo e pubo-rettale.
─ diaframma uro-genitale: complesso muscolo-aponeurotico costituito dai legamenti pubouretrali, fascia urogenitale e muscolo trasverso profondo del perineo.
─ strato degli sfinteri: muscoli bulbo-cavernoso, ischio-cavernoso, trasverso superficiale del
perineo, sfintere esterno dell’ano.
Dal punto di vista Eziopatogenetico il prolasso genitale può essere dovuto ad un deficit congenito
o acquisito del sistema di sospensione e di sostegno degli organi pelvici:
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 prolasso genitale congenito: tipico delle nullipare e vergini, dovuto a ipoplasia o
collagenopatie (condrocalcinosi) delle strutture pelviche.
 prolasso genitale acquisito: è la forma più frequente soprattutto nelle pluripare e donne in postmenopausa, dovuto a gravidanza multipla e parto distocico con lacerazioni perineali,
retroversoflessione uterina, lassità puerperale delle strutture di sostegno e sospensione,
menopausa precoce con perdita di fibre collagene ed elastiche da ipoestrogenismo e alterazioni
vascolari in postmenopausa, prolasso iatrogeno post-chirurgico a cui si associano vari Fattori di
Rischio cioè > P endoaddominale da stazione eretta prolungata, obesità, tosse da BPCO, stipsi,
sforzi, tumori addomino-pelvici voluminosi.
La Classificazione di Beecham distingue il prolasso in 3 gradi:
 prolasso lieve: discesa lenta e progressiva dell’utero in vagina (mucosa) o isterocele con
introflessione delle pareti vaginali o colpocele. La parete anteriore della vagina trascina la
parete posteriore della vescica e dell’uretra con conseguente cistocele e uretrocele, mentre la
parete posteriore della vagina trascina la parete anteriore del retto con rettocele fino all’
elitrocele o ernia del Douglas.
 prolasso moderato: il collo uterino affiora alla vulva.
 prolasso grave: tutta la parete vaginale fuoriesce dalla vulva ricoprendo a dito di guanto il
corpo uterino e una parte più o meno estesa della vescica e retto, pendendo tra le cosce.
La Half Way System Classification di Baden e Walker distingue il prolasso in 5 gradi:
─ grado O: organi pelvici in posizione normale.
─ grado 1: prolasso degli organi pelvici a metà strada tra posizione normale e imene.
─ grado 2: prolasso fino all’imene.
─ grado 3: prolasso a metà strada tra imene e massimo descensus possibile.
─ grado 4: massimo prolasso possibile.
Dal punto di vista Clinico il prolasso genitale si manifesta con:
─ senso di peso a livello pelvico e genitale accentuato dagli sforzi e posizione eretta prolungata.
─ disturbi della minzione: disuria, pollachiuria da svuotamento vescicale incompleto e residuo
post-minzionale con globo vescicale, incontinenza urinaria da sforzo, da urgenza o mista.
─ alterazioni dell’alvo: tenesmo rettale, stipsi o incontinenza fecale.
─ disturbi della sfera sessuale: dispareunia e incontinenza durante il coito.
La Diagnosi del prolasso genitale si basa su:
 Anamnesi: valutazione dei fattori di rischio.
 Esame Obiettivo: in caso di prolasso l’ostio vulvare è beante, la distanza ano-vulvare è < 3-4
cm, la cute perineale è arrossata in caso di incontinenza urinaria; si valuta il grado del prolasso in
clinostatismo, ortostatismo, a riposo e sotto sforzo con isterocele, cistocele, uretrocele, rettocele.
L’esplorazione vaginale consente di valutare lo stato di debolezza del piano perineale,
consistenza e morfologia del collo e corpo dell’utero, la presenza di retroversoflessione.
L’esame con lo speculum consente di valutare il trofismo della parete vaginale e le condizioni
del collo uterino. L’esplorazione rettale consente di valutare il riflesso anale cioè la contrazione
dello sfintere anale in risposta ad una stimolazione tattile, la presenza di rettocele ed elitrocele.
 Esame urodinamico: utile in caso di incontinenza urinaria da prolasso urogenitale.
 Ecografia addominale, RMN per definire bene i rapporti tra gli organi pelvici.
La Terapia del prolasso genitale è chirurgica riducendo l’ampiezza della vagina e ricostruendo il
piano perineale mediante colpoplastica anteriore e posteriore (colporrafia, colpo-perineorrafia)
associata a isteropessi nelle forme severe, uretro-cervicopessia per via retropubica per ricostruire
l’angolo vescico-uretrale, isterectomia con plastica perineale nelle donne anziane con prolasso più
o meno grave.
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Incontinenza Urinaria Femminile
L’Incontinenza Urinaria è l’emissione involontaria di urine in luoghi e tempi inappropriati con
perdita della capacità di controllo del riflesso della minzione e problemi igienico-sociali.
La Classificazione della Società Internazionale della Continenza ICS fa una distinzione tra
incontinenza da sforzo, incontinenza da urgenza, incontinenza riflessa e da rigurgito.
L’Incontinenza Urinaria da Sforzo (stress incontinence IUS) è la perdita involontaria di urina in
condizioni di sforzo cioè da colpi di tosse, starnuti, sforzi fisici, stazione eretta prolungata, in
assenza di stimolo minzionale, con > improvviso della P endoaddominale che favorisce un >
della P endovescicale tale da superare la P uretrale massima di chiusura, associata a deficit
della contrazione del detrusore e spesso al prolasso urogenitale.
In condizioni normali le variazioni di P endoaddominale si trasmettono a livello della giunzione
vescico-uretrale e della vescica creando un gradiente pressorio che controlla la continenza
urinaria: in caso di prolasso urogenitale la giunzione vescico-uretrale si sposta in basso rispetto
al pavimento pelvico e non risente più direttamente delle variazioni pressorie endoaddominali,
per cui il gradiente pressorio agisce direttamente sulla vescica determinando una fuga di urina
non più contrastata dalla chiusura della giunzione vescico-uretrale.
L’Incontinenza Urinaria da Urgenza (urge incontinence) è la perdita involontaria di urina
associata ad un intenso e urgente stimolo minzionale, distinta in incontinenza motoria da
contrazione del detrusore che non viene inibita ed incontinenza sensitiva in genere di natura
infiammatoria come le cistiti. Spesso si tratta di forme idiopatiche ad eziologia sconosciuta,
mentre tra i fattori favorenti abbiamo infezioni delle vie urinarie, diverticoli uretrali, calcoli
urinari, neoplasie vescicali, dislocazione uretrale, diabete, neuropatie del SNA vegetativo,
disturbi psicosomatici, aterosclerosi cerebro-vascolare, morbo di Parkinson, tumori cerebrali.
Spesso l’incontinenza da sforzo e da urgenza sono associate tra loro con incontinenza mista.
L’Incontinenza Urinaria Riflessa (reflex incontinence) è la perdita involontaria di urina dovuta a
iperattività riflessa a livello midollare, in assenza di stimolo minzionale, in seguito a lesioni spinali
di origine traumatica, neoplastica, infettiva...
L’Incontinenza Urinaria da Rigurgito (overflow incontinence) è la perdita involontaria di urina
che si verifica quando la P endovescicale > la P uretrale massima di chiusura con sovradistensione
della vescica, attività del detrusore assente e minzione goccia a goccia (iscuria paradossa) da:
─ sforzi fisici con > P endoaddominale ed endovescicale che supera la P uretrale massima di
chiusura che agisce sulla vescica sovradistesa provoca una fuga di urina.
─ neuropatie sensitivo-motorie della vescica cioè neuropatia diabetica, sclerosi multipla con
deficit della contrattilità della vescica.
─ ostruzione al deflusso dell’urina da masse pelviche, dislocazioni uretrali, stenosi e anomalie di
sviluppo, retrazioni cicatriziali post-chirurgiche o post-flogistiche, polipi.
─ cause iatrogene: farmaci miorilassanti, antidepressivi, anestesia spinale o epidurale con
alterazioni transitorie del controllo minzionale da eccessivo rilassamento vescicale.
La Diagnosi dell’incontinenza urinaria si basa su:
 Anamnesi: la pz riferisce la perdita involontaria delle urine tale da compromettere l’attività
quotidiana e da richiedere l’uso di pannolini; fattori di rischio cioè patologie in atto o
pregresse, interventi chirurgici pregressi, n° gravidanze, prolasso uro-genitale, uso di farmaci
miorilassanti. Inoltre la pz deve compilare per 5-7 gg il diario minzionale registrando il n°
minzioni, durata, frequenza/24h, quantità di liquidi emessi, quantità di liquidi assunti.
 Esame Obiettivo: presenza del globo vescicale, incontinenza da sforzo invitando la donna a
tossire, incontinenza da prolasso uro-genitale.
 Esame delle urine e urinocoltura: presenza di infezioni delle vie urinarie.
 Uretrocistografia minzionale + Ecografia transvaginale: utile per la diagnosi di incontinenza
urinaria da sforzo, diverticoli vescicali o uretrali, residuo urinario post-minzionale, posizione e
mobilità della giunzione uretro-vescicale a riposo e sotto sforzo.
 RMN: integrità delle strutture di sostegno e prolasso uro-genitale.
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 Esame Urodinamico: comprende una serie di indagini.
─ Uroflussometria: viene eseguita a vescica piena per valutare la capacità di svuotamento della
vescica, velocità del flusso urinario durante la minzione, tempo di svuotamento e volume
svuotato, funzionalità del detrusore...
─ Cistomanometria: consente di misurare la P endovescicale durante la fase di riempimento, la
reattività del detrusore e il grado di resistenza che l’urina deve vincere per poter defluire.
─ Profilo Pressorio Uretrale: mediante una sonda uretrale sottile si registra la P vigente lungo
l’uretra in modo da calcolare la P di chiusura uretrale data dalla differenza tra la P uretrale ed
endovescicale, la massima pressione di chiusura uretrale (MPCU) e la lunghezza funzionale
dell’uretra cioè il tratto di uretra dove la P è > a quella endovescicale.
─ Studio Pressione-Flusso: cistomanometria minzionale + misurazione della P e flusso urinario
durante la minzione, valutando sopratutto la VLPP (Valsalva Leak Point Pressure) cioè la P
vescicale minima a cui corrisponde una fuga di urina in seguito all’> P endoaddominale o
contrazione del detrusore non inibibile.
─ Elettromiografia perineale.
La Terapia dell’incontinenza urinaria si basa su:
 fisioterapia riabilitativa: biofeedback, elettrostimolazione vaginale, ginnastica perineale cercando
di migliorare il tono della muscolatura perineale, in caso di incontinenza urinaria da sforzo lieve.
 terapia farmacologica: indicata in caso di incontinenza urinaria da urgenza secondaria a
disfunzione del muscolo detrusore con somministrazione di anticolinergici che allungano gli
intervalli tra le minzioni e antimuscarinici come la tolterodina che agisce sui recettori muscarinici
presenti nella muscolatura liscia della parete vescicale inibendo le contrazioni del detrusore. Nelle
donne in post-menopausa si ricorre a terapia ormonale sostitutiva estroprogestinica per migliorare
il trofismo della mucosa uretrale, vaginale e del plesso vascolare sottomucoso. In caso di infezioni
delle vie urinarie si ricorre a terapia antibiotica.
 terapia chirurgica in caso di IUS da prolasso uro-genitale.
Diagnosi Oncologica in Ginecologia – Prevenzione e Diagnosi Precoce
 Anamnesi: periodo fertile della donna cioè l’età del menarca e della menopausa, regolarità
del ciclo mestruale, n° ed esito delle gravidanze, uso di contraccettivi orali perchè molti tumori
sono ormono-dipendenti, anamnesi familiare + per carcinoma della mammella e ovaie, presenza
di sintomi sospetti come perdite ematiche intermestruali o postmenopausa, leucorrea o
leucoxantorrea da sovrainfezione tumorale, dimagrimento inspiegabile con astenia e cachessia.
 Visita Ginecologica: la pz deve essere in posizione litotomica cioè in decubito dorsale con
cosce flesse sul tronco, gambe flesse sulle cosce sostenute da supporti con vescica e retto vuoti.
 Ispezione: presenza di lesioni, secrezioni o tumefazioni sospette.
 Esplorazione vaginale ed esame con speculum: indicata nelle donne non vergini.
 Esplorazione rettale: indicata nelle vergini consente di valutare l’infiltrazione neoplastica dello
spazio retto-vaginale e dei parametri che impediscono l’esplorazione vaginale.
 Esame Obiettivo delle Mammelle: le mammelle subiscono notevoli modificazioni in relazione al
menarca, cicli mestruali, gravidanza, allattamento, menopausa. Spesso i tumori delle mammelle
sono associati a quelli dell’ovaie.
 Ecografia Addomino-pelvica e Transvaginale: masse sospette a livello dell’utero, tube, ovaie.
 Pap-test o esame citologico su striscio cervico-vaginale.
 Colposcopia: esame complementare al Pap-test per la diagnosi di certezza di cervicocarcinoma.
 Isterosalpingografia: studio morfologico della cavità uterina e salpingi con m.d.c.
 Isteroscopia: indagine endoscopica della cavità uterina, consente di eseguire biopsie e interventi
terapeutici cioè asportazione di polipi, leiomiomi...
 Laparoscopia esplorativa: consente la visualizzazione degli organi pelvici, biopsie e chirurgia.
 TAC, RMN, Rx Torace: stadiazione neoplasie.
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La Prevenzione o Profilassi viene distinta in primaria e secondaria:
 prevenzione o profilassi primaria: ha lo scopo di < o abolire i fattori di rischio e le cause, alcune
volte mediante chemioprevenzione cioè somministrazione di farmaci ad attività anticancerogena
sicura, privi di effetti collaterali e a basso rischio di sviluppare neoplasie, come il Tamoxifene nella
prevenzione del carcinoma mammario o la terapia ormonale sostitutiva estroprogestinica nella
prevenzione del carcinoma dell’utero.
 prevenzione o profilassi secondaria: si basa sullo screening cioè una serie di indagini accurate,
semplici ed economiche che consentono la diagnosi precoce della neoplasia, in fase preclinica,
asintomatica, per > le possibilità di guarigione e sopravvivenza, tra cui abbiamo il Pap-Test
utile per lo screening del carcinoma della cervice uterina che è caratterizzato da un fase
preclinica lunga, > 10 anni, per cui consente la diagnosi precoce della neoplasia con possibilità di
guarigione in ~ il 100% dei casi. Il Pap-test deve essere eseguito a partire dai 18 anni, 1 volta/anno
per 3 anni e in caso di test ─ è sufficiente un controllo periodico ogni 2-3 anni.
Ricordiamo che nelle donne è importante anche lo screening del carcinoma mammario mediante
autopalpazione del seno, ecografia della mammella nelle donne con età < 40 anni, mammografia
nelle donne con età > 40 anni, almeno 1 volta/anno.
I TUMORI dell’UTERO possono essere benigni o maligni, di natura epiteliale come i polipi e il
carcinoma, o di natura mesenchimale come i fibromi, leiomiomi (miometrio) e sarcomi più rari.
I Polipi sono tumori benigni di natura epiteliale che si sviluppano nel lume del cavo uterino o nel
canale cervicale, possono essere sessili o peduncolati, unici o multipli, in genere si sviluppano nel
periodo fertile della donna subendo le trasformazioni del ciclo mestruale.
Dal punto di vista Clinico spesso sono asintomatici, scoperti casualmente durante una visita
ginecologica, oppure si manifestano con menorragia, metrorragia, leucorrea o leucoxantorrea in
caso di infezione, raramente dolore temporaneo dovuto alle contrazioni dell’utero che cerca di
spingere il polipo come se fosse un corpo estraneo.
La Diagnosi si basa sulla visita ginecologica, isterografia, isteroscopia + biopsia.
La Terapia si basa sulla polipectomia per via endoscopica.
Il Carcinoma della Cervice Uterina o Cervicocarcinoma o del Collo dell’utero (portio) è
un tumore maligno di natura epiteliale più raro rispetto al passato grazie alla prevenzione con
Pap-test, con incidenza pari a ~ 8 nuovi casi/100.000 donne/anno, frequente nella fascia di età 25-40
anni.
Il Fattore di Rischio più importante è l’infezione da Papillomavirus umano (HPV) soprattutto nelle
donne con vita sessuale precoce, rapporti frequenti con partner diversi, non protetti, anche se
l’infezione virale è una condizione necessaria ma non sufficiente allo sviluppo della neoplasia:
infatti esistono ~ 70 tipi di HPV ma solo i sierotipi 16, 18, 31, 33, 51 sono virus oncogeni (DNA)
capaci di integrare il genoma virale nel DNA della cellula ospite, alterando i meccanismi di
controllo della proliferazione cellulare e di riparazione del DNA, con sviluppo di lesioni
precancerose indicate con la sigla CIN Cervical Intraepithelial Neoplasia, distinta in CIN I,
II, III cioè neoplasia intraepiteliale cervicale o displasia lieve, moderata, grave. Le lesioni
precancerose in genere evolvono lentamente nel giro di 10-15 anni verso il carcinoma in situ e
invasivo, ecco perchè è importante lo screening con Pap-test per la diagnosi precoce della lesione.
Tra gli altri fattori di rischio abbiamo la predisposizione familiare, immunodepressione (AIDS).
Dal punto di vista Anatomo Patologico nel 90% dei casi si tratta di un carcinoma a cellule
squamose o epidermoide che origina dalle cellule della giunzione squamo-colonnare della portio,
distinto dal punto di vista Istologico in cr. a grandi cellule cheratinizzanti ben differenziato, cr.
a grandi cellule non cheratinizzanti moderatamente differenziato, cr. squamoso a piccole
cellule scarsamente differenziato, cr. indifferenziato a piccole cellule raro ma molto aggressivo.
Il tumore si diffonde per continuità alla vagina e paramètrio, per contiguità alla vescica, ureteri e
retto, per via linfatica ai linfonodi paramètrali e pelvici cioè iliaci esterni, otturatori, iliaci
interni, iliaci comuni fino ai linfonodi paraorto-cavali, per via ematica a fegato e polmoni.
Dal punto di vista Clinico le lesioni precancerose sono asintomatiche mentre le forme invasive
sono caratterizzate da perdite ematiche intermestruali favorite dai rapporti sessuali o irrigazioni
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vaginali, con perdita di materiale siero-mucoso o purulento, nauseante di colore rosa misto a
sangue o leucorrea abbondante. Nelle fasi avanzate si ha la diffusione del tumore al paramètrio
con compressione dei nervi lombo-sacrali con dolore pelvico o lombo-sacrale, compressione degli
ureteri, vescica, retto e vena cava inferiore con edemi e varici agli arti inferiori, fino alla
compromissione delle condizioni generali del pz con calo ponderale, anemia e morte spesso da
coma uremico per infiltrazione degli ureteri e sepsi.
La Diagnosi si basa su:
 Pap-test o test di Papanicolaou o esame citologico su striscio cervico-vaginale: importante per
la diagnosi precoce del cervicocarcinoma in fase preclinica-asintomatica. Il prelievo deve essere
eseguito nel periodo periovulatorio (14°-16° giorno) quando il muco è più fluido, chiaro e filante e
facilita la raccolta delle cellule colonnari endocervicali: mediante una spatolina si esegue il prelievo
delle cellule che si sfaldano a livello del contorno dell’orifizio uterino esterno e canale cervicale, il
materiale viene strisciato su un vetrino, fissato, colorato e osservato al microscopio ottenendo
risposte diverse a seconda dei casi cioè reperto normale, infiammatorio, displasia lieve, moderata o
grave indicate con la sigla CIN I, II e III.
 Hpv hc2: permette di rilevare la presenza del Papilloma virus prima che le cellule del collo
dell'utero subiscano delle alterazioni visibili, da associare al Pap-test per > la specificità e
sensibilità.
 Colposcopia: esame complementare al Pap-test per la diagnosi di certezza di cervicocarcinoma,
deve essere eseguito nel periodo periovulatorio o dopo applicazione di acido acetico al 3% che
rende il muco più fluido. Si introduce lo speculum in vagina fino a visualizzare la portio e si
eliminano eventuali secrezioni in eccesso mediante un tampone imbevuto di soluzione fisiologica,
eseguendo la biopsia mirata della lesione sospetta con esame istologico in modo da valutare
l’entità della displasia e l’eventuale evoluzione verso il carcinoma in situ e invasivo: in
condizioni normali l’acido acetico evidenzia l’epitelio squamoso di colore rosso vivo, l’epitelio
colonnare di colore rosso scuro con aspetto papillare, mentre le aree atipiche si presentano
bianche perchè l’epitelio proliferante ha un elevato contenuto in proteine che vengono coagulate
dall’acido acetico.
L’area sospetta viene sottoposta al Test di Shiller con soluzione iodio-iodurata di Lugol: l’epitelio
normale o maturo è ricco di glicogeno per cui assume un colore rosso-mogano (iodio +), in caso di
flogosi (vulvo-vaginiti) o distrofia post-menopausa l’epitelio è povero di glicogeno per cui si
colora debolmente (iodio-debole) o non si colora affatto (iodio ─), mentre le aree sospette di
cancerizzazione sono quelle aceto-bianche iodio ─ su cui si esegue una biopsia mirata con esame
istologico per la diagnosi di certezza.
La Stadiazione preoperatoria avviene mediante visita ginecologica valutando la diffusione del
tumore alla vagina e parametri con utero fisso, Rx Torace, Ecografia Transvaginale e
Addomino-pelvica, Cistoscopia, Rettoscopia, TAC o RMN addomino-pelvica.
In genere la Stadiazione è intraoperatoria mediante biopsia con esame istologico
estemporaneo al congelatore valutando lo stadio della neoplasia considerando la stadiazione
FIGO (Federazione Internazionale Ginecologia e Ostetricia) utile per la prognosi e scelta terapeutica:
 stadio 0: displasia di grado CIN1, 2 o 3 oppure carcinoma in situ intraepiteliale.
 stadio I: tumore confinato alla cervice uterina distinto in stadio Ia o tumore microinvasivo
diagnosticato in fase preclinica mediante esame istologico con invasione stromale ≤ 3-5 mm e
diffusione orizzontale ≤ 7 mm, stadio Ib o carcinoma limitato alla cervice uterina in fase
clinica, macroscopicamente evidente con Ø < o > 4 cm.
 stadio II: tumore extrauterino non esteso alla parete pelvica o al 3° inferiore della vagina,
senza invasione del paramètrio (IIa) o con invasione del parametrio (IIb).
 stadio III: tumore esteso alla parete pelvica e/o al 3° inferiore della vagina, associato o meno
a idronefrosi o rene non funzionante (IIIa, IIIb).
 stadio IV: tumore che invade vescica, retto, esteso oltre la piccola pelvi, presenza di metastasi
a distanza (IVa, IVb).
La TERAPIA dipende dall’età della pz, desiderio di preservare la fertilità e stadio della neoplasia:
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─ displasia lieve CIN I: si eseguono dei controlli periodici per tenere sottocontrollo le lesioni.
─ displasia moderata CIN II: diatermocoagulazione, crioterapia, laserterapia.
─ displasia grave CIN III o carcinoma microinvasivo (Ia) in donne giovani e desiderose di
gravidanze si esegue la conizzazione cioè l’asportazione di una piccola porzione di tessuto cervicale
a forma di cono con esame istologico, mentre nelle pz con età > 40 aa si esegue l’isterectomia con
guarigione nel 95-98% dei casi.
─ tumori allo stadio Ib e IIa: isterectomia e annessiectomia radicale con asportazione dell’utero,
piccola porzione della vagina, parametri, paracolpi, linfonodi pelvici, paraortici e paracavali,
associata a radioterapia adiuvante interna o endocavitaria, vaginale e uterina o esterna per via
transcutanea con acceleratore lineare o telecobaltoterapia, irradiando la pelvi e i linfonodi,
mediante 2 campi contrapposti cioè antero-posteriore e postero-anteriore o con 4 campi cioè 2
antero-posteriori e 2 latero-laterali, alla dose totale di 70 Gray frazionata nella settimana per evitare
gli effetti collaterali precoci o tardivi cioè diarrea, proctite, cistite, disuria, pollachiuria,
ematuria, < elasticità vaginale, stenosi vaginale.
I risultati della terapia sono sopravvivenza a 5 anni nell’85-90% dei casi nello stadio Ib, 60-70%
nello stadio IIa senza invasione linfonodale e 35-50% in caso di invasione linfonodale.
Nelle fasi avanzate la radioterapia è palliativa-sintomatica.
La Chemioterapia neoadiuvante con cisplatino, bleomicina e methotrexate può favorire la resezione
chirurgica di neoplasie inoperabili.
Nelle donne in gravidanza è necessaria un’accurata valutazione mediante colposcopia: in caso di
lesioni precancerose si interviene dopo il parto, mentre in caso di forme invasive si ricorre a
resezione chirurgica radicale o radioterapia precedute o meno dallo svuotamento dell’utero nei
primi 4-5 mesi di gravidanza, mentre nelle ultime settimane di gravidanza si esegue il parto
cesareo, resezione chirurgica radicale o radioterapia.
Nelle donne a rischio è stato sperimentato il vaccino Gardasil quadrivalente con immunità contro
le infezioni di 4 sierotipi principali di Papillomavirus coinvolti nella cancerogenesi.
Il Carcinoma dell’Endometrio o del Corpo dell’utero è una neoplasia maligna di natura
epiteliale del corpo uterino con incidenza di ~ 20 nuovi casi/100.000 donne l’anno con picco in
post-menopausa soprattutto nelle donne con stato socio-economico elevato.
Tra i Fattori di Rischio abbiamo:
 menarca precoce, menopausa tardiva, nulliparità: vita fertile della donna lunga con
stimolazione ormonale protratta nel tempo.
 lesioni precancerose: iperplasia endometriale da iperestrogenismo secondario a:
─ obesità con aromatizzazione periferica degli androgeni in estrone da parte dell’enzima aromatasi.
─ cisti anovulatorie con produzione persistente di estrogeni da parte del follicolo non
controbilanciata dal progesterone prodotto dal corpo luteo.
─ sindrome dell’ovaio policistico con iperandrogenismo e > estrone in circolo.
─ tumori ovarici funzionanti a cellule della granulosa e della teca.
─ terapia estrogenica sostitutiva in post-menopausa: il tamoxifene (SERM) usato nella
prevenzione del carcinoma mammario e osteoporosi > il rischio di sviluppo di polipi, iperplasia e
carcinoma endometriale.
 predisposizione familiare con anamnesi familiare +: sovraespressione o amplificazione
dell’oncogene HER-2/neu, mutazione del gene oncosoppressore PTEN (cromosoma 10),
mutazione del gene p53. Spesso il carcinoma endometriale è associato al carcinoma mammario,
ovarico e colon-retto, ecco perchè nelle donne con carcinoma endometriale è importante
l’esecuzione di mammografia, colonscopia e valutazione del sangue occulto nelle feci.
Dal punto di vista Istologico nell’80% dei casi si tratta di un adenocarcinoma secretorio o a cellule
ciliate, estrogeno-dipendente, ben differenziato (G1) o moderatamente differenziato (G2) a
prognosi più favorevole, raramente si tratta di tumori estrogeno-indipendenti cioè carcinoma
sieroso, mucinoso, a cellule chiare, squamocellulare o indifferenziato (G3) a prognosi sfavorevole.
Il carcinoma endometriale in genere origina dalla mucosa del fondo uterino e si diffonde lentamente
per continuità in maniera esofitica all’interno della cavità uterina, oppure in maniera endofitica
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nel miometrio e sierosa peritoneale, per contiguità al collo dell’utero, paramètrio, annessi
uterini, intestino, vescica e retto, per via linfatica ai linfonodi paraortici e pelvici, per via ematica
al fegato, polmoni e ossa (metastasi tardive).
Dal punto di vista Clinico il sintomo d’allarme è rappresentato da metrorragie intermestruali in
pre-menopausa, metrorragie in post-menopausa con anemia, leucorrea abbondante, purulenta,
fetida per infezione del tumore e cavità uterina, linfoadenopatie inguinali, rapido decadimento
delle condizioni generali della pz con calo ponderale, astenia, anoressia (cachessia) e morte.
La Diagnosi preoperatoria si basa su Ecografia transvaginale e RMN per valutare la sede ed
estensione locale del tumore, Isteroscopia + biopsia mirata con esame istologico, anche se nella
maggior parte dei casi la diagnosi di certezza è intraoperatoria mediante Biopsia endometriale
con esame istologico estemporaneo al congelatore valutando a quale stadio appartiene il
tumore in base alla stadiazione FIGO utile per la prognosi e scelta terapeutica:
 stadio I: tumore confinato al corpo dell’utero, incluso l’istmo, distinto in stadio Ia o tumore
limitato all’endometrio, stadio Ib o tumore che invade la metà superficiale del miometrio,
stadio Ic o tumore che invade la metà profonda del miometrio.
 stadio II: tumore che invade il corpo e collo uterino, non esteso oltre l’utero con
interessamento delle ghiandole endocervicali (IIa) o dello stroma cervicale (IIb).
 stadio III: tumore esteso al di fuori dell’utero ma senza superare la piccola pelvi, distinto in
stadio IIIa con interessamento della sierosa, annessi con citologia peritoneale + per cellule
tumorali maligne, stadio IIIb o tumore esteso alla vagina, stadio IIIc con presenza di metastasi
alla pelvi, linfonodi pelvici e paraortici.
 stadio IV: tumore esteso oltre la pelvi con coinvolgimento della vescica, retto, sigma, tenue,
metastasi a distanza endoaddominali, ai linfonodi inguinali ed extraddominali.
La Prognosi dipende dal tipo istologico, stadio della neoplasia, età della pz e presenza di
recettori specifici per il progesterone sulla superficie delle cellule tumorali.
La TERAPIA negli stadi iniziali si basa sulla isterectomia radicale con ovarosalpingectomia
bilaterale, linfoadenectomia regionale e radioterapia endocavitaria o per via transcutanea con
sopravvivenza a 5 anni nel 98% dei casi, mentre negli stadi avanzati il tumore è inoperabile per cui
la terapia è palliativa-sintomatica con radioterapia esclusiva, chemioterapia con cisplatino,
adriamicina e ciclofosfamide, terapia ormonale con progestinici (medrossiprogesterone acetato) con
sopravvivenza a 5 anni nel 3-10% dei casi.
I TUMORI dell’OVAIO sono distinti in tumori primitivi epiteliali e non epiteliali, e tumori
secondari a metastasi.
I Tumori Epiteliali dell’Ovaio originano dall’epitelio di rivestimento epiteliale-celomatico,
rappresentano il 75% di tutti i tumori ovarici, sono più frequenti nei Paesi Occidentali soprattutto
nelle donne in postmenopausa con incidenza pari a 40 nuovi casi/100.000 donne/anno con età di 6075 anni, ad alto rischio di mortalità, distinti dal punto di vista Istologico in tumori benigni, maligni e
borderline (15%) cioè tumori a basso potenziale di malignità, più frequenti in età fertile, a prognosi
favorevole con sopravvivenza a 10 anni nel 95% dei casi al I stadio, anche se spesso si hanno
recidive nell’ovaio controlaterale. Tra i tumori epiteliali dell’ovaio abbiamo:
 tumori sierosi: rappresentano ~ il 40% dei tumori epiteliali, spesso bilaterali, tra cui abbiamo il
cistoadenoma, cistoadenocarcinoma e tumore borderline.
 tumori mucinosi: rappresentano ~ il 12% dei tumori epiteliali, tra cui abbiamo il cistoadenoma,
cistoadenocarcinoma e tumore borderline, a prognosi migliore rispetto alle forme sierose.
 tumori misti: cistoadenoma e cistoadenocarcinoma siero-mucinosi.
 tumori endometrioidi: cistoma endometrioide benigno, maligno e borderline costituiti da
ghiandole simili a quelle endometriali, spesso associati a endometriosi o endometriomi.
 tumori a cellule transizionali: tumore di Brenner benigno, maligno e borderline.
 tumori a cellule chiare, carcinoma indifferenziato, carcinosarcoma, rari ma aggressivi.
Inoltre i tumori epiteliali dell’ovaio sono distinti in forme sporadiche e forme familiari.
Le forme sporadiche rappresentano il 92% di tutti i tumori ovarici legati a vari Fattori di Rischio:
età > 40 anni, nulliparità, gravidanze tardive, menarca precoce e menopausa tardiva con traumi
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ripetuti dell’epitelio di superficie, infatti è stato dimostrato che il rischio di tumore ovarico è
direttamente proporzionale al n° dei cicli ovulatori, inversamente proporzionale al n° dei cicli
anovulatori, non insorgono prima del menarca, mentre tra i Fattori di Protezione abbiamo
menarca tardivo, menopausa precoce, multiparità, allattamento al seno e uso prolungato dei
contraccettivi orali che inibiscono l’ovulazione e l’increzione delle gonadotropine ipofisarie.
Le forme familiari rappresentano solo l’8% dei tumori ovarici, si manifestano in soggetti
predisposti geneticamente con anamnesi familiare + per:
─ carcinoma ovarico e mammella da mutazione del gene oncosoppressore BRCA-1 nell’80% dei
casi, raramente del gene BRCA-2.
─ sindrome di Lynch di tipo II: malattia ereditaria AD dovuta ad alterazione dei geni del
mismatch repair system hMLH1 e hMSH2 con alterazione dei meccanismi di riparazione del
DNA e instabilità dei microsatelliti, caratterizzata dall’associazione tra carcinoma del colon non
polipoide, tumore dello stomaco, tenue, vie biliari, endometrio, ovaie, uretere, pelvi renale.
Per la diagnosi è importante l’anamnesi familiare + con presenza della neoplasia in almeno 3
membri della famiglia di cui almeno 2 sono parenti di primo grado, presenza del tumore in
almeno 2 generazioni e in almeno un soggetto con età < 50 aa.
Dal punto di vista Clinico i tumori dell’ovaio sono asintomatici nelle fasi iniziali perchè il tumore
è di piccole dimensioni, e alcune volte la diagnosi avviene casualmente mediante l’ecografia
richiesta per altri motivi. Nelle fasi avanzate con tumore di grosse dimensioni si apprezza una
massa mono o bilaterale di consistenza dura, spesso fissa in sede pelvica, la presenza di ascite
dovuto alla diffusione del tumore al peritoneo con sintomi da compressione o da ingombro cioè
senso di tensione, pesantezza o lieve dolenzia addomino-pelvica, disturbi da compressione
delle strutture pelviche cioè difficoltà nella minzione, stipsi, calo ponderale, cachessia..
Inoltre il tumore si diffonde per via linfatica ai linfonodi lombo-aortici e pelvici, raramente per via
ematica provocando metastasi a distanza alle ossa, fegato, polmoni e cervello.
La Diagnosi nel 70-80% dei casi è tardiva negli stadi avanzati della neoplasia:
 Ecografia + biopsie mirate sulle lesioni sospette con esame istologico.
 Laparoscopia esplorativa della cavità addominale e biopsie mirate con esame istologico.
 TC o RMN addomino-pelvica, Rx torace, Pancolonscopia.
 Valutazione sierologica dei Markers tumorali soprattutto del Ca125 e Ca 19.9 utili per il followup cioè per valutare la risposta alla terapia o la progressione della neoplasia.
In genere la diagnosi è intraoperatoria considerando la stadiazione FIGO:
 stadio I: tumore limitato ad una o entrambe le ovaie, senza interessamento della superficie
ovarica esterna con capsula intatta e senza ascite oppure con interessamento della superficie
ovarica esterna con capsula rotta e ascite maligna con citologia peritoneale +.
 stadio II: tumore che invade una o entrambe le ovaie con estensione pelvica cioè all’utero,
tube uterine e altre strutture pelviche, senza o con ascite maligna e citologia peritoneale +.
 stadio III: tumore che invade una o entrambe le ovaie esteso oltre la piccola pelvi, metastasi
ai linfonodi inguinali o retroperitoneali, metastasi sulla superficie epatica, o tumore limitato
alla pelvi ma con interessamento del piccolo intestino o dell’omento accertato istologicamente.
 stadio IV: presenza di metastasi a distanza.
La Terapia di approccio del carcinoma ovarico si basa sulla citoriduzione di prima istanza con
asportazione del tumore primitivo ed esame istologico estemporaneo al congelatore, aspirazione
del liquido ascitico o lavaggio del cavo peritoneale con esame citologico per la ricerca delle
cellule neoplastiche, esplorazione di tutti gli organi addominali con biopsia sulle aree sospette,
isterectomia totale, annessectomia bilaterale, omentectomia parziale o totale, appendicectomia,
linfadenectomia radicale pelvica ed aortica.
La citoriduzione è ottima se la malattia intraperitoneale residua ha un Ø < 2 cm e in tal caso la
pz viene sottoposta ad un ciclo di polichemioterapia adiuvante, postoperatoria con cisplatino,
ciclofosfamide e adriamicina per 2-3 mesi, considerando che il carcinoma ovarico è
chemiosensibile, cercando di eradicare completamente le cellule tumorali residue, a cui segue la
revisione chirurgica laparoscopica o laparotomica o second-look: in presenza di recidive e > CA
33
125 nel siero, si esegue un intervento demolitivo + un altro ciclo di polichemioterapia per cercare di
ottenere una remissione più lunga.
Il trattamento demolitivo può essere evitato in caso di tumore nelle fasi iniziali che colpisce donne
giovani che desiderano mantenere la capacità riproduttiva, eseguendo una resezione chirurgica
conservativa cioè un’annessectomia unilaterale con esame istologico al congelatore su una
resezione cuneiforme dell’ovaio controlaterale e se + si passa al trattamento demolitivo.
I Tumori Non Epiteliali dell’Ovaio sono rappresentati dai tumori a cellule germinali, tumori
a cellule stromali e dei cordoni sessuali e tumori mesenchimali.
I Tumori a cellule germinali derivano dalle cellule germinali primitive delle ovaie, rappresentano
il 10-15% di tutti i tumori ovarici, colpiscono soprattutto donne giovani con età < 20-30 aa, tra cui
abbiamo: disgerminoma, tumore del seno endodermico o sacco vitellino, carcinoma embrionale,
poliembrioma, corioncarcinoma, teratoma maturo e immaturo, teratoma cistico maturo o cisti
dermoide, teratoma cistico maturo con trasformazione maligna...
Il disgerminoma rappresenta il 40% dei tumori germinali, può essere mono o bilaterale, cresce
rapidamente e provoca metastasi precoci per via linfatica, anche se è molto sensibile alla
chemioterapia con bleomicina, etoposide e cisplatino e alla radioterapia con sopravvivenza a 5 anni
pari al 90% dei casi nelle fasi iniziali.
Il tumore del seno endodermico rappresenta il 22% dei tumori germinali, colpisce donne con età
media di 22 anni, caratterizzato da sintomi acuti in seguito a torsione della massa tumorale e
metastasi precoci per via linfatica, associato ad un > α-FP utile per il follow-up della terapia.
Il carcinoma embrionario rappresenta solo il 4% dei tumori a cellule germinali, è molto
aggressivo, interessa soggetti con età media di 15 anni, manifestandosi con squilibri ormonali,
pubertà precoce, perdite ematiche, amenorrea, irsutismo, > hCG e α-FP, con sopravvivenza a 2
anni pari al 30-50% negli stadi iniziali.
Il poliembrioma e il corioncarcinoma sono rarissimi ma molto aggressivi.
I Tumori a cellule stromali e dei cordoni sessuali rappresentano il 5% dei tumori ovarici, tra
cui abbiamo il gonadoblastoma, tumori a cellule della granulosa e della teca, tumore a cellule
di Sertoli, tumore a cellule di Leydig, tumore a cellule di Sertoli-Leydig o androblastoma,
ginandroblastoma, tumore a cellule lipoidee, tumore dei cordoni sessuali con tubuli anulari.
In genere sono tumori funzionanti, capaci di produrre ormoni steroidi cioè estrogeni, progesterone,
androgeni, per cui si parla di tumori femminilizzanti e mascolinizzanti:
 tumori femminilizzanti: sono rappresentati dal tumore a cellule della teca o tecoma e tumore a
cellule della granulosa di tipo giovanile e adulto, producono estrogeni responsabili di squilibri
ormonali con pubertà precoce, alterazioni del ciclo mestruale in età fertile e metrorragie in
post-menopausa, spesso associati a iperplasia endometriale da stimolazione estrogenica e
carcinoma endometriale.
 tumori mascolinizzanti o virilizzanti: tumore a cellule di Sertoli-Leydig e ginandroblastoma,
colpiscono donne giovani, producono androgeni responsabili di squilibri ormonali con
amenorrea, atrofia delle mammelle, perdita della libido, irsutismo, ipertrofia del clitoride, voce
a timbro maschile, > delle masse muscolari.
Comunque si tratta di tumori poco aggressivi con diffusione esclusivamente locale e tendenza alla
recidiva ed essendo molto rari non ci sono informazioni sufficienti circa la radio-chemiosensibilità.
I Tumori mesenchimali sono rari come fibroma, fibrosarcoma, sarcoma, emangioma e linfoma.
I Tumori Ovarici Secondari o Metastatici rappresentano il 5% dei tumori ovarici e sono
secondari al carcinoma mammario, tratto gastrointestinale (Krukenberg), endometrio e linfomi.
Le CISTI OVARICHE sono tumori benigni dell’ovaio frequenti nell’età fertile correlate con il ciclo
ovarico, distinte in cisti funzionali ed organiche.
Le Cisti Funzionali sono distinte in cisti follicolare, cisti luteinica e cisti teco-luteinica:
 cisti follicolare: detta anche cisti da ritenzione o idrope follicolare, è dovuta alla mancata rottura
del follicolo di De Graaf che continua ad accrescersi senza scoppiare fino a raggiungere un Ø di
1-5 cm, delimitata da una parete sottile, liscia, contenente un liquido giallo citrino o sieroematico, spesso asintomatica, regredisce spontaneamente, mentre le cisti più voluminose
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provocano perdite ematiche irregolari e dolore pelvico, torsione o rottura della cisti con
emoperitoneo e addome acuto.
 cisti luteinica: si forma a livello del corpo luteo che al termine dell’ovulazione anziché regredire
si riempie di liquido e si accresce fino a 4-5 cm di Ø, rotondeggiante, unica o multipla, con pareti
lisce, sottili o spesse, a contenuto sieroso o siero-ematico, rivestita all’interno da cellule luteiniche
che secernono il progesterone con menometrorragia fino all’anovulazione.
La cisti luteinica regredisce spontaneamente nel giro di qualche mese lasciando come residuo la
cisti del corpus albicans ricca di collagene, mentre se la cisti non regredisce si può avere
l’evoluzione in corpo luteo endoemorragico con dolore pelvico intenso.
 cisti teco-luteinica: dovuta ad una eccessiva stimolazione o ipersensibilità ovarica alle
gonadotropine, spesso sono bilaterali con ovaie di grosse dimensioni.
Le Cisti Organiche sono rappresentate dalle cisti sierose (25-50%), cisti mucinose (15-20%), cisti
dermoidi o teratoma cistico maturo e cisti endometriosiche.
In genere sono unilaterali con Ø variabile da 1 a 50 cm come il cistoma mucinoso gigante,
delimitate da una parete liscia, sottile o spessa: le cisti sierose sono a contenuto liquido sieroso,
spesso presentano calcificazioni formanti i corpi psammomatosi, caratterizzate da degenerazione
maligna nel 30% dei casi; le cisti mucinose sono a contenuto gelatinoso, viscoso e sono mobili
grazie alla presenza di peduncoli; le cisti dermoidi contengono liquido sebaceo ricco di capelli,
peli, frammenti di tessuto osseo-cartilagineo, raramente tessuto tiroideo e cellule argentaffini
per cui si parla di struma carcinoideo o gozzo ovarico; le cisti endometriosiche si sviluppano nel
tessuto endometriale ectopico in caso di endometriosi.
La Diagnosi avviene mediante Ecografia, TAC in caso di rottura della cisti con emoperitoneo.
La Terapia della cisti ovariche è di attesa in caso di cisti asintomatiche di piccole dimensioni,
oppure chirurgia conservativa per via laparoscopica o minilaparotomica per preservare la fertilità
della donna, mentre la via laparotomica tradizionale in caso di cisti voluminose o gravi complicanze
come la rottura della cisti con lavaggio della cavità peritoneale, biopsia intraoperatoria con esame
istologico estemporaneo al congelatore per escludere la degenerazione maligna della cisti.
I TUMORI delle TUBE UTERINE o SALPINGI nel 90% dei casi sono secondari ad altri tumori,
raramente si tratta di forme primitive, più frequenti in post-menopausa tra i 55-65 anni, distinti in:
 tumori di natura epiteliale: adenoma, papilloma, adenocarcinoma sieroso.
 tumori di natura connettivale: fibroma, mioma, sarcoma.
L’adenocarcinoma resta asintomatico per lunghi periodi di tempo, poi si ha l’occlusione della
tuba con ristagno di secrezioni, ulcerazioni e sovrainfezioni, provocando dolore, senso di peso
addominale, perdite ematiche, siero-purulente o idrorrea con presenza di cellule tumorali
all‘esame citologico. L’Ecografia transvaginale con doppler-flussimetria è utile per valutare
sede, dimensioni e vascolarizzazione della massa pelvica.
La diagnosi di certezza avviene solo in sala operatoria mediante esplorazione chirurgica
laparoscopica o laparotomica, valutando lo stadio in cui si trova la neoplasia, con
interessamento di una o entrambe le tube, utero, ovaio, presenza di ascite carcinomatosa con
esame citologico +, metastasi intra ed extraperitoneali, metastasi ai linfonodi retroperitoneali,
fino a presenza di versamento pleurico con esame citologico +.
La Terapia si basa sull’isterectomia totale con ovarosalpingectomia bilaterale, omentectomia,
linfoadenectomia pelvica e lombo-aortica, chemioterapia adiuvante.
I TUMORI della VULVA rappresentano il 4% dei tumori ginecologici e meno dell’1% di tutte le
neoplasie della donna. Tra i Fattori di Rischio abbiamo le lesioni precancerose come la neoplasia
vulvare intraepiteliale VIN, carcinoma in situ intraepiteliale e malattia di Paget della Vulva frequenti
nelle donne in età fertile correlati alle infezioni da Papillomavirus, mentre le forme invasive sono
frequenti in post-menopausa.
La Neoplasia Vulvare Intraepiteliale VIN è una displasia che interessa l’epitelio vulvare senza
superare la membrana basale, distinta in:
─ VIN I: displasia lieve con atipie cellulari confinate a meno di 1/3 dell’epitelio.
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─ VIN II: displasia moderata con atipie cellulari estese ai 2/3 dell’epitelio.
─ VIN III: displasia grave con atipie cellulari estese a più dei 2/3 dell’epitelio.
Nel Carcinoma in situ l’anomalia cellulare interessa tutto lo spessore dell’epitelio.
Dal punto di vista Clinico la VIN è asintomatica nel 50% dei casi oppure si manifesta con prurito
vulvare, irritazione, massa di piccole dimensioni rilevata e iperpigmentata, singola o multipla.
La Malattia di Paget della vulva è caratterizzata da un’area eczematosa, eritematosa, umida,
pruriginosa, associata solo nel 15-20% dei casi ad un adenocarcinoma derivante dalla ghiandola di
Bartolini, rispetto carcinoma di Paget mammario quasi sempre associato al carcinoma duttale.
Il Carcinoma Invasivo della Vulva si ha quando la neoplasia supera la membrana basale della
vulva, nell’80-90% dei casi si tratta di un carcinoma Squamocellulare poichè la vulva presenta
epitelio squamoso, colpisce donne con età media di 60-70 anni, nel 70% dei casi interessa le piccole
e grandi labbra, raramente clitoride, monte del pube, vestibolo della vagina..., si diffonde per
contiguità alla vagina, uretra e ano, per via linfatica ai linfonodi inguinali o femorali superficiali
e profondi, linfonodi pelvici e paraortici, per via ematica al fegato, polmoni e ossa.
Dal punto di vista Clinico si manifesta con prurito, lesione esofitica, papillomatosa con ulcera
centrale, sanguinante e dolente, spesso sottovalutata con diagnosi tardiva.
La Diagnosi si basa su Ispezione vulva, vagina, cervice uterina, Biopsia delle lesioni sospette
con esame istologico, TAC, RMN, Urografia, Rx dello scheletro, Cistoscopia, Rettoscopia, anche
se spesso la diagnosi è intraoperatoria considerando la stadiazione FIGO:
 stadio 0: VIN1, 2, 3 o carcinoma in situ.
 stadio I: tumore con Ø ≤ 2 cm, confinato alla vulva e/o perineo, con invasione stromale < 1
mm nello stadio Ia, > 1 mm nello stadio Ib, con assenza di metastasi linfonodali.
 stadio II: tumore con Ø > 2 cm, confinato a vulva e/o perineo, metastasi linfonodali assenti.
 stadio III: tumore di qualunque Ø con interessamento dell’uretra e vagina ed eventualmente
dell’ano con presenza o meno di metastasi linfonodali inguinali monolaterali.
 stadio IV: tumore che invade uretra superiore, mucosa vescicale-rettale, ossa pelviche con
presenza o meno di metastasi linfonodali inguinali bilaterali nello stadio IVa, metastasi a
distanza comprese le metastasi ai linfonodi pelvici nello stadio IVb.
La Prognosi è sfavorevole in caso di metastasi in 2 o più linfonodi, mono o bilaterali.
La Terapia in caso di VIN 1 è di attesa, eseguendo dei controlli periodici, in caso di VIN 2 e 3 si
ricorre a escissione chirurgica della lesione più 2-3 mm di tessuto adiacente apparentemente sano.
Negli altri casi si esegue un’ampia escissione della lesione, linfadenectomia inguinale bilaterale,
radioterapia pelvica e inguinale e polichemioterapia.
Il CARCINOMA della VAGINA rappresenta solo l’1-2% di tutte le neoplasie ginecologiche, nel
90% dei casi si tratta di una carcinoma a cellule squamose che interessa donne in postmenopausa
che nasce come evoluzione di lesioni precancerose cioè la Neoplasia Vaginale Intraepiteliale
(VAIN), displasia spesso localizzata a livello del 3° superiore della vagina e fornice vaginale.
Il Carcinoma Invasivo si presenta in forma vegetante, ulcerosa o infiltrante che si diffonde per
continuità al paracolpo e parametrio, per contiguità al retto, uretra, vescica, ad alto rischio di
fistole e infezioni difficili da controllare provocando perdite ematiche, siero-purulente, dolore,
tenesmo rettale o pollachiuria, perdite di feci o urine. Inoltre si diffonde per via linfatica ai
linfonodi pelvici o inguinali, per via ematica con metastasi a livello dei polmoni e fegato.
La Diagnosi si basa sulla visita ginecologica, biopsia delle lesioni sospette con esame
istologico, TAC o RMN per la stadiazione clinica e presenza di metastasi ai linfonodi pelvici.
La Stadiazione prevede la distinzione tra:
 stadio 0: carcinoma in situ o neoplasia vaginale intraepiteliale.
 stadio I: tumore limitato alla parete vaginale.
 stadio II: tumore esteso ai tessuti paravaginali, senza interessare la parete pelvica.
 stadio III: tumore esteso alla parete pelvica, metastasi linfonodi pelvici e inguinali monolaterali.
 stadio IV: tumore esteso oltre la parete pelvica con invasione della mucosa vescicale o rettale
e/o metastasi ai linfonodi inguinali bilaterali e/o metastasi a distanza.
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La Terapia in caso di carcinoma in situ si basa sulla escissione chirurgica o laserterapia, in caso di
carcinoma invasivo si esegue vaginectomia, linfadenectomia, RT, CMT intravaginale.
I Sarcomi Ginecologici sono tumori maligni di origine connettivale o mesenchimale, rarissimi.
I sarcomi dell’utero rappresentano il 2% dei tumori maligni dell’utero, tra cui abbiamo il
leiomiosarcoma che origina dal miometrio e il sarcoma misto stromale-mesodermico o sarcoma
mülleriano o carcinosarcoma che origina dall’endometrio che è l’istotipo più frequente (50%).
I Sintomi sono aspecifici cioè menometrorragia resistente alla terapia medica, perdite mucopurulente, dolore addominale, febbricola, rapido decadimento delle condizioni generali.
La diagnosi, stadiazione e terapia sono sovrapponibili al carcinoma dell’endometrio.
I sarcomi della vulva e vagina sono rarissimi, tra cui abbiamo il leiomiosarcoma,
rabdomiosarcoma, istiocitoma fibroso maligno, angiosarcoma e liposarcoma.
I Tumori del Trofoblasto Gestazionale sono tumori di natura epiteliale che originano dai
villi coriali placentari che a loro derivano dal trofoblasto. Per cui si tratta di tumori che si
sviluppano in gravidanza, ad alto rischio di aborto, raramente la gravidanza giunge a termine. Tra
questi tumori abbiamo la mola idatiforme o vescicolare non invasiva, mola vescicolare invasiva e
coriocarcinoma, caratterizzati dall’iperincrezione della βHCG utile per il follow-up della terapia.
La Mola Idatiforme o Vescicolare non invasiva è causata da un disordine genetico in
gravidanza con sviluppo di tessuto simil-placentare, distinta in una forma completa e parziale.
 forma completa: rappresenta il 97% di tutte le forme, caratterizzata da una degenerazione cistica
completa dei villi coriali, sviluppo di un ammasso di vescicole con Ø da 1 mm a 1 cm, e morte
del feto nella maggior parte dei casi.
 forma parziale: caratterizzata da una degenerazione cistica parziale dei villi coriali, presenza di
un embrione morto o di annessi fetali senza embrione.
La Mola Idatiforme o Vescicolare Invasiva (Corioadenoma Destruens) è una lesione che
infiltra il miometrio e si diffonde alla vagina, mentre la struttura dei villi viene conservata.
Dal punto di vista Clinico la mola vescicolare si manifesta con emorragie o perdite sieroematiche nel I trimestre e utero più voluminoso rispetto alla gravidanza normale.
La Diagnosi si basa sull’Ecografia valutando la presenza di aree ipoecogene multiple con aspetto
a bufera di neve, >>> βHCG, mentre l’Rx torace evidenzia le metastasi polmonari.
La Terapia consente la guarigione nel 100% dei casi mediante svuotamento uterino sottoguida
ecografica per la pulizia completa dell’utero, 1 o più cicli di chemioterapia in presenza o meno di
metastasi, eseguendo un’ecografia pelvica a settimane alterne e un Rx torace ogni 4-6 settimane e
monitorando le βHCG fino alla loro normalizzazione e nei successivi 4-5 anni.
Nelle forme più resistenti o se la donna non desidera altre gravidanze si esegue l’isterectomia totale.
Il Coriocarcinoma è un tumore maligno di natura epiteliale del trofoblasto che invade il
miometrio, riccamente vascolarizzato provocando lesioni necrotico-emorragiche, metrorragie,
perdita di materiale necrotico-purulento, fetido, metastasi per via ematica ai polmoni, cervello,
fegato, vagina, milza, intestino, reni che talvolta regrediscono dopo terapia chirurgica e CMT.
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OSTETRICIA
FISIOLOGIA della GRAVIDANZA
Fecondazione dell’Uovo, Impianto dell’Embrione, Sviluppo dell’Embrione e Feto
L’uovo rilasciato dal follicolo dominante in seguito all’ovulazione raggiunge l’ampolla della tuba
uterina dove sopravvive ~ 24 h in attesa della fecondazione da parte dello spermatozoo.
Gli spermatozoi presenti nel liquido seminale vengono depositati in vagina dopo l’eiaculazione e
devono superare diversi ostacoli prima di raggiungere l’uovo da fecondare:
─ pH vaginale acido: tende a < la motilità e vitalità degli spermatozoi, ecco perchè il liquido
seminale depositato in vagina coagula, il plasma seminale e il muco cervicale alcalino formano
un efficace sistema tampone per neutralizzare il pH acido e dopo 20-30 min si ha l’intervento
degli enzimi prostatici presenti nel liquido seminale che favoriscono la liquefazione del coagulo.
─ muco cervicale: nel periodo periovulatorio gli estrogeni stimolano la secrezione di muco fluido,
filante che favorisce la progressione degli spermatozoi dalla vagina all’utero mentre nella fase
luteinica il progesterone stimola la secrezione di muco denso, viscoso più ostile al passaggio degli
spermatozoi nell’utero.
Gli spermatozoi che superano il muco cervicale raggiungono l’esocervice uterina dove
sopravvivono per ~ 4 gg e grazie ai movimenti della coda e contrazioni dell’utero raggiungono la
giunzione utero-tubarica e penetra nella tuba uterina dove le correnti sierose endoluminali,
movimenti delle ciglia vibratili e i movimenti antiperistaltici della tuba uterina impediscono che una
grossa quantità di spermatozoi possa raggiungere l’uovo.
Prima della fecondazione lo spermatozoo subisce alcune modificazioni:
─ capacitazione: rimozione del rivestimento proteico che era stato fornito agli spermatozoi dal
secreto delle vescichette seminali e dal secreto prostatico, importante per la tolleranza
immunologica femminile nei confronti degli Ag spermatici.
─ reazione acrosomiale: rigonfiamento dell’acrosoma, fusione tra acrosoma e membrana
plasmatica dello spermatozoo, la testa dello spermatozoo si avvicina all’ovocita e i movimenti
della coda diventano più energici, simili a colpi di frusta.
Lo spermatozoo mediante l’enzima ialuronidasi dissolve le cellule follicolari della corona radiata,
si lega a recettori specifici della zona pellucida e mediante l’enzima acrosina dissolve la
membrana pellucida scavando un canale attraverso cui penetra nel citoplasma dell’uovo
(oolemma) e si ha la fusione tra le membrane plasmatiche dei 2 gameti, con lisi e distacco della
coda dalla testa dello spermatozoo. Contemporaneamente nel citoplasma dell’uovo si ha la
reazione corticale con formazione di granuli ricchi di proteine strutturali ed enzimi che
provocano un indurimento della membrana pellucida per evitare la penetrazione di più
spermatozoi nell’uovo (polispermia), ecco perchè solo 1 spermatozoo feconderà l’ovocita.
Gli eventi della Prima Settimana sono la fecondazione e migrazione dello zigote.
La Fecondazione è caratterizzata dalla formazione del pronucleo maschile, la cellula uovo
completa la meiosi con espulsione del secondo corpuscolo polare e formazione del pronucleo
femminile con fusione tra pronucleo maschile e femminile e formazione di uno zigote diploide
costituito da 46 cromosomi che va incontro a segmentazione cioè ad una serie di divisioni
mitotiche di breve durata, pari a 12-16 h e progressivamente l’embrione che si sta sviluppando
raggiunge la cavità uterina grazie alla peristalsi tubarica, movimento delle ciglia vibratili,
correnti sierose presenti nel lume della tuba uterina.
Lo zigote in seguito alla mitosi da origine a 2 cellule dette blastomeri: il 3° giorno dopo la
fecondazione si forma la morula costituita da 16 cellule che entra nella cavità uterina, il 4° gg
dopo la fecondazione si ha la formazione della blastocisti (blastula) costituita da 32-64 cellule che
formano uno strato cellulare interno o embrioblasto da cui origina l’embrione e uno strato
cellulare esterno o trofoblasto da cui originano gli annessi embrionali.
Tra i 2 strati cellulari c’è la cavità del blastocele piena di liquido.
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Il 6° giorno dopo la fecondazione inizia la fase di Impianto dell’embrione: il trofoblasto rilascia
degli enzimi litici che digeriscono la matrice extracellulare della parete uterina favorendo
l’adesione e annidamento della blastocisti all’endometrio materno.
Il trofoblasto produce il progesterone che stimola la reazione deciduale cioè la trasformazione
dell’endometrio ricco di cellule predeciduali in decidua ricca di enzimi importanti per gli scambi
metabolici tra endometrio ed embrione, distinta in decidua basale posta tra miometrio e
blastocisti, decidua capsulare che riveste la blastocisti dopo l’annidamento e decidua parietale
che riveste la parte restante della cavità uterina.
Durante la Seconda Settimana inizia la Placentazione con proliferazione delle cellule del
trofoblasto e formazione di uno strato interno rivolto verso l’embrione detto citotrofoblasto e uno
strato esterno o sinciziotrofoblasto che secerne enzimi idrolitici che degradano la matrice
extracellulare endometriale e mediante alcuni prolungamenti citoplasmatici penetrano tra le
cellule endometriali separandole in modo da favorire l’impianto definitivo dell’embrione, la
blastocisti provoca erosioni delle arteriole spirali con formazione di numerose cavità lacunari
piene di sangue materno all’interno del sinciziotrofoblasto, separate da trabecole, dando inizio alla
circolazione utero-placentare.
Dalla proliferazione cellulare del citotrofoblasto si formano delle protuberanze papillari che
raggiungono le cavità lacunari formando i villi coriali da cui originano i villi di nutrizione che
comunicano con il sangue materno e i villi di ancoraggio che si connettono con le arteriole
spiraliformi dando origine alla circolazione feto-placentare.
Contemporaneamente si ha la differenziazione dell’embrioblasto con formazione di 2 strati cellulari
cioè l’epiblasto adiacente al trofoblasto e ipoblasto sottostante al trofoblasto.
L’epiblasto da origine al disco germinativo bilaminare da cui si sviluppa l’embrione nella parte
centrale e il mesoderma extraembrionario nella parte periferica che tappezza la superficie interna
del citotrofoblasto formando il corion. All’interno dell’epiblasto si forma la cavità amniotica
(amnios) separata dal citotrofoblasto dalla membrana amniotica e contemporaneamente le cellule
dell’ipoblasto migrano lungo la superficie interna del citotrofoblasto formando l’endoderma
extraembrionario che riveste la cavità del blastocele dando origine al sacco vitellino.
Gli eventi principali della Terza Settimana sono:
─ gastrulazione con formazione dei 3 foglietti germinativi ectoderma, mesoderma, endoderma.
─ formazione delle cellule germinali primordiali nell’endoderma del sacco vitellino.
─ formazione del notocorda da cui deriva la colonna vertebrale.
─ formazione della membrana bucco-faringea da cui originerà la cavità orale nella 4^ settimana e
membrana cloacale da cui originerà l’orifizio anale nella 7^ settimana.
La membrana cloacale divide la zona in cui si formerà l’apparato digerente da quella in cui si
formerà l’apparato uro-genitale.
Dalla Quarta all’Ottava Settimana si completa il periodo embrionario:
─ l’ectoderma da origine al sistema nervoso e tegumenti.
─ differenziazione del mesoderma in mesoderma laterale da cui originano muscoli, scheletro e
tessuto connettivo, mesoderma intermedio da cui origina il sistema urogenitale e mesoderma
mediale da cui originano il tessuto connettivo, muscolatura liscia dei visceri, sierose, sistema
cardiovascolare, corticale del surrene.
─ l’endoderma da origine al sistema digerente, fegato, pancreas, vescica, sistema respiratorio,
faringe, tonsille, tiroide e paratiroidi.
Il Periodo Fetale va dalla 8^ settimana al termine della gravidanza caratterizzato dal
completamento della morfogenesi e differenziazione dei tessuti, emopoiesi epato-splenica...
Il Cuore è il primo organo che inizia a funzionare, infatti il primo battito cardiaco si può apprezzare
dopo appena 22 gg dalla fecondazione con una frequenza cardiaca di 120-150 battiti/min.
La Placenta umana presenta una forma discoide costituita da un versante materno o piatto
basale e un versante fetale o piatto coriale ricoperta dall’amnios, per cui è di tipo emocoriale
poichè il corion è a diretto contatto con il sangue materno, mentre il sangue fetale e materno
sono separati dall’interposizione dell’endotelio dei vasi ombelicali, mesenchima del villo,
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citotrofoblasto e sinciziotrofoblasto che costituiscono la barriera placentare attraverso cui
avvengono gli scambi materno-fetali.
La circolazione feto-placentare si sviluppa dopo 3 settimane dalla fecondazione, si tratta di un
distretto a basse resistenze del sistema cardiocircolatorio fetale costituito da 2 arterie ombelicali e
dalla vena ombelicale che porta il sangue ossigenato dalla placenta al feto.
La Placenta svolge un’importante funzione nutritiva e di difesa del feto infatti attraverso la
placenta il feto riceve dalla mamma O2, acqua, proteine, elettroliti, zuccheri, lipidi, aminoacidi,
vitamine, ormoni e Ab di classe IgG, mentre elimina nel circolo materno CO2, acqua, prodotti
del catabolismo ed ormoni, senza dimenticare che attraverso la placenta passano anche agenti
infettivi e farmaci spesso teratogeni per il feto. Il trasporto delle sostanze al feto può avvenire
per diffusione semplice secondo un gradiente di concentrazione, per diffusione facilitata grazie
all’intervento di proteine di trasporto, per trasporto attivo con scissione della sostanza da
trasportare e per pinocitosi (IgG).
Inoltre la placenta produce vari ormoni soprattutto a livello del sinciziotrofoblasto, in particolare
l’HCG o gonadotropina corionica umana, ormone ad azione simile all’LH ipofisario, prodotto
precocemente dalle cellule del trofoblasto, prima dell’impianto dell’embrione per evitare lo
sfaldamento dell’endometrio, promuove la trasformazione del corpo luteo mestruale in corpo
luteo gravidico che produce il progesterone nel I trimestre di gravidanza, poi prodotto dalla
placenta insieme agli estrogeni, necessario per mantenere il miometrio in uno stato di quiescenza
e atonia, e inibire la risposta dei linfociti T per evitare il rigetto del prodotto del concepimento.
Il Cordone o Funicolo Ombelicale nasce quando la cavità amniotica si espande in maniera
eccentrica obliterando lo spazio occupato dal mesoderma extra-embrionale mentre l’amnios va a
circondare i vasi ombelicali che collegano il feto alla placenta, circondati e protetti da tessuto
connettivo molto lasso. Normalmente il cordone si inserisce nella parte centrale della placenta, il
cordone ombelicale è lungo 17 cm al 4° mese e raggiunge i 50 cm al termine della gravidanza
assumendo una forma di spirale in seguito alla rotazione del feto nella cavità amniotica.
La Membrana Amnio-Coriale si sviluppa tra la 13^ e 18^ settimana di gestazione, quando il feto
occupa tutta la cavità uterina, in seguito alla giustapposizione e fusione tra decidua capsulare e
parietale, costituita dall’amnios all’interno e corion all’esterno.
Il Liquido Amniotico circonda il feto durante lo sviluppo intrauterino, proteggendolo da
traumi e azione compressiva delle pareti uterine, creando intorno al feto una condizione
termica costante, favorisce i movimenti del feto, impedisce la formazione di aderenze tra il feto
e le membrane dette briglie amniotiche, partecipa a processi biochimici e immunologici ed è
fondamentale per lo sviluppo dei sistemi muscolo-scheletrico, gastro-enterico e respiratorio.
Nelle fasi iniziali dello sviluppo embrionale il liquido amniotico viene secreto direttamente dalle
cellule di rivestimento della cavità amniotica, a partire dalla 12^ settimana di gestazione deriva
dalla minzione fetale, fino a produrre 800-1200 ml/die nel III trimestre, a cui si aggiungono ~
400 ml/die di fluido proveniente dai polmoni fetali e 25 ml/die dalla cavità oro-nasale.
Il principale meccanismo di riassorbimento del liquido amniotico è rappresentato dalla
deglutizione fetale, pari a 500-1000 ml/die, mentre le membrane assorbono 200-250 ml/die.
Il volume del liquido amniotico > progressivamente durante la gravidanza fino a raggiungere il
picco di 900 ml alla 34^ settimana, poi < lievemente e progressivamente.
Dal punto di vista Chimico-Fisico il liquido amniotico presenta: peso specifico = 1008, elettroliti,
aminoacidi, albumina plasmatica, α, β e γ-globuline, ormoni, creatinina e acido urico soprattutto
verso la fine della gravidanza che sono indice di maturità renale fetale, lipidi soprattutto lecitine e
fosfatidilglicerolo che insieme alla fosfatasi alcalina sono indice di maturità polmonare fetale.
All’Ecografia si osservano aree ipoecogene omogenee, la massima tasca verticale e l’indice AFI
(indice fluido amniotico) derivante dalla somma delle tasche dei 4 quadranti in cui viene diviso
idealmente l’utero, valutando la presenza di alterazioni quantitative del liquido amniotico cioè
polidramnios, oligoidramnios, anidramnios.
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Diagnosi di gravidanza, Sorveglianza e Modificazioni materne in gravidanza
La Diagnosi di Gravidanza è di sospetto se all’Anamnesi la pz riferisce l’assenza di
mestruazioni cioè amenorrea dopo un rapporto sessuale non protetto, soprattutto in donne con
ciclo mestruale regolare, mentre all’Esame Obiettivo si osserva la comparsa di turgore delle
mammelle, nausea, talvolta vomito. La diagnosi di certezza di gravidanza si basa sul Test di
gravidanza cioè il dosaggio nel sangue materno e urine della βHCG o subunità β della
gonadotropina corionica umana i cui livelli > già dopo 7-8 gg dopo la fecondazione con valori
che > rapidamente col passare dei giorni da 1000-5000 UI/l nella 1^ settimana a 50.000-100.000
UI/l intorno alla 10^ settimana di gestazione. Il test si basa sulla reazione di inibizione
dell’agglutinazione di eritrociti o particelle di lattice ed è + in caso di reazione tra l’Ag βHCG e
un Ab monoclonale specifico. Se i livelli di βHCG sono < rispetto alla norma si sospetta una
gravidanza ectopica o un aborto, mentre se sono > alla norma si sospetta una gravidanza
multipla, tumore trofoblastico gestazionale.
In caso di diagnosi di certezza di gravidanza inizia la fase di Monitoraggio della Gravidanza
eseguendo una serie di controlli nel I, II e III trimestre.
Il Primo Controllo deve avvenire entro la 13^ settimana di gestazione (I trimestre) e si basa su:
 Anamnesi:
─ luogo di nascita: alcune patologie ereditarie sono più frequenti in specifiche aree geografiche.
─ attività lavorativa: esposizione professionale a sostanze tossiche nocive per la mamma e il feto.
─ età materna: con l’aumentare dell’età materna > il rischio di anomalie cromosomiche,
soprattutto nelle donne con età > 35-37 anni e anamnesi familiare + per malattie genetiche
come emoglobinopatie, talassemia, emofilia, distrofia muscolare...
─ abitudini di vita: fumo di sigaretta, assunzione di alcol, droga, abitudini alimentari.
─ anamnesi patologica: diabete, ipertensione arteriosa, nefropatie, cardiopatie.
─ anamnesi ostetrica e ginecologica: consente di indagare sul decorso delle precedenti
gravidanze cioè aborto, morte intrauterina, ritardo di crescita fetale, tipo di parto effettuato,
esiti perinatali ed è importante valutare il decorso della gravidanza attuale in particolare si deve
calcolare l’età gestazionale che risulta attendibile nelle donne che hanno cicli mestruali regolari con
ovulazione al 14° giorno del ciclo: conoscendo la data del concepimento (fecondazione) l’epoca
gestazionale viene calcolata in settimane a partire dal 1° giorno dell’ultimo flusso mestruale,
contando 9 mesi + 7 giorni e ottenendo come data presunta del parto il 281° giorno di
amenorrea, anche se in realtà la gravidanza ha una durata variabile di 38-42 settimane e solo
nel 5% dei casi la gestante partorisce nel periodo previsto. Mediate dei regoli ostetrici è possibile
calcolare l’età gestazionale e la data presunta del parto conoscendo la data del concepimento.
La conoscenza dell’età gestazionale e data presunta del parto sono importanti per decidere quali
indagini usare per il corretto monitoraggio materno-fetale a seconda della fase della gravidanza.
 Indagini di Laboratorio (I trimestre):
─ esame emocromocitometrico: Hb, GR, GB, PLT, HCT, ferritina, fattori di coagulazione e
fibrinolisi (fibrinogeno, PT, PTT...), ind. der., MCV o volume corpuscolare medio (F.L. fento litri)
per valutare la presenza di emoglobinopatie, anemia congenita con presenza di Hb anomala (HbS,
Hbδ, HbH...) con < o > MCV cioè anemia micro o macrocitica e anemia fisiologica della
gravidanza che può essere controllata mediante supplementi di ferro e acido folico.
─ valutazione gruppo sanguigno AB0, fattore Rh e test di Coombs indiretto per la ricerca di Ab
anti-eritrociti. In caso di donna Rh- e partner Rh+ a rischio di isoimmunizzazione il test deve
essere ripetuto ogni mese, in caso di incompatibilità AB0 deve essere ripetuto alla 34^-36^ sett..
─ valutazione delle transaminasi GOT o AST e GPT o ALT.
─ esame chimico-fisico delle urine + urinocoltura: è richiesto ad ogni controllo (1 volta/mese) per la
diagnosi di infezioni asintomatiche (batteriuria) che sono molto frequenti in gravidanza.
─ glicemia: il diabete rappresenta un fattore di rischio importante in gravidanza.
─ sierodiagnosi: ricerca Ab anti-Treponema pallidum; Ab anti-TORCH; Ab anti-HIV.
─ Pap-test: screening del carcinoma del collo uterino nelle donne mai controllate prima.
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 Esame Obiettivo: durante ogni controllo è necessario controllare la P arteriosa e il peso
corporeo per la diagnosi precoce della preeclampsia cioè ipertensione arteriosa in gravidanza e
per correggere le cattive abitudini alimentari considerando che durante la gravidanza il peso
corporeo > di 10-12 kg.
 Ecografia: è utile per valutare l’epoca gestazionale, metrorragia di origine incerta, presenza
di massa pelvica sospetta. Verso la fine della 5^ settimana di amenorrea è possibile osservare il
sacco gestazionale intrauterino a livello del fondo con Ø di 2 mm, successivamente si osserva il
corpo embrionale lungo 7-8 mm, il sacco gestazionale raggiunge i 5-10 mm di Ø e si ha un
rapido sviluppo dell’encefalo con ingrossamento del cranio e formazione del romboencefalo. Alla
9^ settimana si osservano gli arti, cavità ventricolari e abbozzi dei plessi corioidei a livello
cefalico. Alla 10^ settimana l’embrione ha una lunghezza vertice-sacro di 35 mm, all’11^
settimana di 40 mm, tutti gli organi e apparati hanno iniziato il loro sviluppo.
Il battito cardiaco fetale può essere apprezzato tra la 10^-12^ settimana di gestazione mediante
sonde transvaginali ad alta risoluzione o con lo stetoscopio ostetrico.
Nel II e III Trimestre di Gravidanza bisogna eseguire una serie di controlli per monitorare il
corretto sviluppo del feto e valutare la presenza di fattori di rischio materno-fetali.
I controlli sono eseguiti alla 14^-18^ settimana, 19^-23^, 24^-27^, 28^-32^, 33^-37^ e dopo la
38^ settimana fino alla fine della gravidanza.
 Anamnesi: la donna percepisce i movimenti fetali tra la 16^ e 20^ settimana di gestazione. è
importante valutare la presenza di perdite di liquido amniotico o di sangue con minacce di
aborto, insorgenza di contrazioni uterine premature soprattutto in caso di gravidanza multipla.
 Esame Obiettivo: valutare la P arteriosa, peso corporeo della gestante e misurare la distanza
tra sinfisi pubica e fondo dell’utero mediante un metro a nastro per valutare con buona
approssimazione le dimensioni del feto che nella gravidanza a termine e in condizioni normali sono
di 30-32 cm, altrimenti si sospetta la presenza di anomalie di sviluppo del feto come la
macrosomia o deficit di crescita, presenza di patologie dell’utero (fibromi) o delle ovaie (cisti),
malattia degli annessi cioè oligoidramnios, polidramnios, tumori trofoblastici.
 Indagini di Laboratorio: l’esame emocromocitometrico completo deve essere eseguito tra la
28^-32^ e 33^-37^ settimana di gestazione, insieme alla ricerca degli Ab antieritrociti in caso di
incompatibilità tra donna Rh─ e partner Rh+. L’esame chimico-fisico delle urine e urinocoltura
bisogna ripeterlo ad ogni controllo. Alla 24^-27^ settimana si controlla la glicemia + eventuale
minicurva da carico di glucosio, alla 33^-37^ settimana è importante la ricerca dell’HBsAg (virus
epatite B), Ab anti HCV, Ab anti-HIV, tampone vaginale per la diagnosi di infezioni da Streptococco
agalactiae di gruppo B per evitare mediante antibioticoterapia la sepsi neonatale.
 Ecografia: in genere è necessaria una ecografia nel II trimestre tra la 19^ e 23^ settimana e una
nel III trimestre tra la 33^-37^ settimana, mentre in caso di gravidanza multipla o situazioni di
rischio (gestosi, infezioni...) bisogna eseguire controlli frequenti e ravvicinati nel tempo.
Nel II e III trimestre di gravidanza l’ecografia consente di monitorare lo sviluppo fetale e annessi,
battito cardiaco fetale (2 battiti: gravidanza gemellare), inserzione e integrità della placenta
valutando la presenza o meno di placenta previa e distacco intempestivo di placenta
normalmente inserita, quantità di liquido amniotico, misurare l’Indice Cefalico cioè il rapporto tra
Ø biparietale e frontoccipitale, circonferenza cranica, Ø trasverso del cervelletto, lunghezza del
femore e omero (cromosomopatie), visualizzare le orbite oculari e movimenti oculari, misurare la
circonferenza addominale, visualizzare stomaco, reni e vescica, sede cardiaca, camere cardiache,
sesso del feto e consente di fare diagnosi di gravidanza extrauterina, gravidanza multipla,
aborto intrauterino, mola vescicolare, malformazioni fetali come il difetto di chiusura del tubo
neurale responsabile della spina bifida occulta, spina bifida cistica o mielo-meningocele e
anencefalia, considerando che in alcuni casi è possibile ricorrere all’interruzione volontaria della
gravidanza ai sensi della Legge 194 del 1978.
Nei centri specializzati si esegue l’Ecografia tridimensionale computerizzata per la diagnosi
delle malformazioni fetali o l’Ecografia 4D per visualizzare i movimenti fetali in tempo reale.
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Nelle ultime settimane è importante la Valutazione Clinica della gestante in Travaglio:
 Cardiotografia: consente di registrare contemporaneamente la FCF e le contrazioni uterine
importante per la diagnosi precoce di sofferenza fetale acuta con ipossia.
 Esame Obiettivo:
─ Manovre di Leopold: utili per valutare la situazione e presentazione del feto, sono 4 manovre:
la 1^ manovra consente di valutare l’altezza a cui è giunto il fondo dell’utero e la grossa parte
fetale presentata a tale livello (testa, podice, spalla), la 2^ manovra consente di valutare la
situazione del feto (longitudinale, trasversa, obliqua) e la posizione del dorso, la 3^ manovra
consente di valutare se la parte presentata è mobile o fissa perchè già impegnata nello stretto
superiore del bacino, la 4^ manovra consente di stabilire se la parte presentata è la testa dura e
rotondeggiante oppure un podice molle e irregolare, il grado di discesa della testa nello scavo
pelvico e di apprezzare se c’è sproporzione fra bacino materno e testa fetale.
─ Esplorazione vaginale: è utile nella donna in travaglio per valutare il grado di maturazione e
dilatazione del collo dell’utero, presentazione e posizione del feto, impegno della parte
presentata, livello raggiunto nello scavo, rottura del sacco amniotico.
Le Modificazioni materne in gravidanza sono anatomiche e fisiologiche:
 Ghiandole mammarie: turgore delle mammelle con > volume, consistenza e sensibilità agli
stimoli esterni, il capezzolo diventa più scuro e si ha la fuoriuscita del colostro mediante
spremitura dei capezzoli al 6°mese o spontanea all’8°-9° mese.
 Apparato Genitale: amenorrea, > di volume dell’utero che si porta progressivamente dalla cavità
pelvica alla cavità addominale diventando palpabile al di sopra della sinfisi pubica (2°-3° mese)
fino alla linea ombelicale trasversa (5° mese) con distanza tra fondo dell’utero e sinfisi pubica di
~ 20 cm, mentre al 9° mese il fondo dell’utero si trova in prossimità del processo xifoideo dello
sterno. La cervice uterina diventa più soffice, bluastra, rosso porpora da iperafflusso di sangue
uterino e si ha la comparsa di leucorrea gravidica. Le ghiandole cervicali producono muco denso
che svolge una funzione protettiva durante la gravidanza (tappo di muco).
 Apparato cardiocircolatorio: > gittata cardiaca materna e > frequenza cardiaca fino 80-90
bat/min, in seguito all’attivazione della circolazione utero-placentare, raggiunge il picco alla 24^
settimana, resta elevato fino alla 30^ settimana poi < perchè l’utero voluminoso comprime la vena
cava inferiore, durante il travaglio >, poi < drasticamente in seguito alla retrazione dell’utero,
normalizzandosi nel giro di qualche settimana. variazioni della P arteriosa che > in posizione
seduta per compressione sulla aorta addominale, < in decubito supino per compressione sulla vena
cava inferiore con stasi di sangue agli arti inferiori fino a diventare patologica nel 5-10% delle
gestanti con sincope e insufficienza utero-placentare.
 Apparato emopoietico: > volume plasmatico con emodiluizione, < HCT, Hb e ferritina con
anemia fisiologica della gravidanza, > globuli bianchi fino a 9000-12000/mm3 con leucocitosi
spiccata (20000/mm3) durante il travaglio e nel post-partum.
 Apparato urinario: > del volume filtrato glomerulare VFG e del flusso plasmatico renale FPR
con < azotemia e creatinina, di pari passo alle modificazioni cardiocircolatorie, associate ad una
maggiore stimolazione ad urinare fino ad una lieve incontinenza nelle ultime settimane.
 Apparato respiratorio: > VC, > frequenza respiratoria, modesta dispnea da sforzo e atti
respiratori più profondi soprattutto nelle ultime settimane.
 Apparato digerente: nausea, vomito, > del peso corporeo, attacchi di fame, stipsi da
compressione del sigma e retto in seguito all’> di volume dell’utero, rilassamento della
muscolatura liscia da > dei livelli di progesterone con < della peristalsi gastrointestinale con
ritardato svuotamento gastrico, pirosi gastrica, eruttazioni, dispepsia, reflusso gastro-esofageo
da rilassamento dello sfintere esofageo inferiore e dello iatus esofageo del diaframma,deficit dello
svuotamento della colecisti con ristagno di bile ad alto rischio di colelitiasi biliare.
 SNC e stato psicoemotivo: alterazioni del tono dell’umore, labilità emotiva, apatia,
svogliatezza, affaticamento.
 Apparato endocrino: la placenta produce un ormone ad azione simile al TSH (ormone
tireostimolante) che stimola la funzione tiroidea simulando un ipertiroidismo con tachicardia,
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palpitazioni, eccessiva sudorazione, alterazioni del tono dell’umore, > volume tiroide, produce
un ormone ad azione simile all’ACTH che stimola la fx surrenalica con > increzione di cortisolo e
maggiore attività del sistema renina-angiotensina-aldosterone che favoriscono la comparsa
delle smagliature cutanee ed edema.
 Cute: comparsa di macchie cutanee verso il 5° mese, le vene dell’addome si dilatano e
diventano più visibili, gonfiori alle gambe, comparsa di varici agli arti inferiori o vulvoperineali, emorroidi, cloasma al 9° mese cioè macchie brune sul viso larghe e irregolari forse da
iperincrezione dell’ormone melanocitostimolante MSH da parte dell’adenoipofisi.
 Apparato muscolo-scheletrico: dolori al pube e lombo-sacrali.
L’Igiene in Gravidanza si basa sul rispetto di alcune regole:
─ la gestante può proseguire la sua attività lavorativa fino a 2 mesi prima del parto, deve
evitare di condurre una vita sedentaria, anzi si consigliano delle passeggiate quotidiane, può
avere una vita sessuale normale tranne nell’ultimo mese di gravidanza, in caso di minaccia
d’aborto e rischio di parto prematuro.
─ alimentazione: frutta e verdura fresca per ovviare alla stipsi, assumere caffè o the con
moderazione, astenersi dal fumo e dalle bevande alcoliche. Bisogna tenere sottocontrollo il peso
corporeo considerando che durante la gravidanza si può avere un > di 10-12 kg.
─ accurata igiene intima, la doccia è preferibile al bagno.
─ non indossare abiti stretti e scarpe con tacchi alti per evitare di accentuare la lordosi e i
dolori lombo-sacrali.
─ evitare l’uso di qualsiasi tipo di farmaco o usarli solo dopo consultazione ginecologica.
La gravidanza non costituisce una controindicazione ai viaggi anche se può rendere alcuni viaggi
più pericolosi:
− sono consentiti viaggi in treno e auto, mentre l’aereo è sconsigliato nelle ultime settimane
perché è a rischio di trombo-embolie, infatti molte compagnie aeree rifiutano di trasportare
donne che sono all’8° mese di gravidanza.
− i viaggi nei paesi caldi aumentano il rischio di infezioni delle vie urinarie.
− la profilassi contro la malaria è molto difficile, dato che la meflochina è controindicata nelle
gestanti.
Semeiologia Feto-Placentare - Diagnosi Prenatale
La Diagnosi Prenatale può essere preconcezionale o in gravidanza.
La diagnosi prenatale preconcezionale avviene prima del concepimento ed è indicata
soprattutto nelle coppie a rischio di concepire figli affetti da malattie genetiche cioè donne con
età > 35 anni, anamnesi familiare + per malattie genetiche, matrimonio tra consanguinei, in
modo da sottoporre i genitori ad una consulenza genetica e test di screening per decidere se
iniziare o meno una gravidanza.
La diagnosi prenatale in gravidanza è utile per la diagnosi precoce delle malformazioni fetali
e malattie infettive insorte durante la gravidanza e diagnosi precoce delle anomalie
cromosomiche fetali che non sono suscettibili di trattamento ma permettono ai genitori di decidere
o meno se ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza.
La Diagnosi Prenatale in gravidanza può essere precoce o tardiva:
 diagnosi prenatale precoce cioè entro la 20^ settimana di gestazione, utile per la diagnosi di
anomalie cromosomiche come la sindrome di Down o trisomia 21, sindrome di Turner
(monosomia 45X0), sindrome di Klinefelter (trisomia 47XXY), sindrome del maschio aggressivo
(trisomia 47XYY), sindrome dell’X fragile di Martin-Bell, distrofia miotonica, fibrosi cistica...
 diagnosi prenatale tardiva cioè dopo la 20^ settimana di gestazione, valutando la maturità
fetale, il benessere fetale e per la diagnosi di sofferenza fetale acuta o cronica con ipossia.
I Test di Screening sono esami non invasivi indicati nelle donne a rischio di anomalia
cromosomica, tra cui abbiamo il Tri-test e la translucenza nucale.
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Il Tri-test o test di Wald viene effettuato intorno alla 16^ settimana di gestazione valutando i
livelli dell’α-fetoproteina, βHCG ed estriolo non coniugato nel sangue materno. In caso di
sindrome di Down i livelli di α-fetoproteina ed estriolo sono più bassi, mentre i livelli di βHCG
sono più alti e si ricorre all’amniocentesi per la diagnosi di conferma della sindrome di Down.
La Translucenza Nucale è un’indagine ecografica utile per la diagnosi della Sindrome di Down,
eseguita tra la 10^ e 14^ settimana di gravidanza, periodo in cui normalmente tra l’osso e
l’epidermide della nuca c’è una zona priva di echi (nera) dotata di uno spessore massimo di 3 mm
chiamata Translucenza Nucale (TN). Se questo spessore è > 3 mm si fa diagnosi di sospetto
della trisomia 21 caratterizzata da un eccesso di pelle nella regione della nuca, mentre per la
diagnosi di certezza si ricorre all’amniocentesi.
Le Indagini Invasive possono essere eseguite solo dopo consenso informato, Indicate per la
diagnosi di certezza delle anomalie cromosomiche fetali, metaboliche e infettive (TORCH).
La VILLOCENTESI viene eseguita tra la 10^-11^ settimana di amenorrea, al I trimestre di
gravidanza. Avviene sottoguida ecografica introducendo un ago sottile per via transaddominale
in caso di placenta inserita a livello del fondo uterino oppure per via transcervicale in caso di
placenta inserita più in basso, eseguendo il prelievo di 20-30 mg di villi coriali (trofoblasti),
evitando di penetrare in cavità uterina e di contaminarla con le cellule materne.
Il tessuto prelevato è costituito da 2 popolazioni cellulari di diversa origine, cioè le cellule del
citotrofoblasto e le cellule mesenchimali del trofoblasto, utili per la diagnosi prenatale di malattie
genetiche e metaboliche attraverso 2 tipi di studi:
 esame citogenetico diretto delle cellule del citotrofoblasto per l’analisi del cariotipo ottenendo la
mappa cromosomica fetale, consentendo la diagnosi molecolare delle malattie mendeliane.
 esame colturale delle cellule mesenchimali del trofoblasto.
La villocentesi consente la diagnosi precoce al I trimestre di gravidanza con la possibilità di
ricorrere all’interruzione precoce della gravidanza in caso di anomalie cromosomiche fetali e
soprattutto ha il vantaggio di fornire materiale biologico in quantità adeguate per le analisi
citogenetiche, biochimiche e molecolari.
Lo Svantaggio principale è rappresentato dalla invasività della tecnica con rischio di aborto pari al
3%, mentre nel 2% dei casi si hanno risultati falsamente +.
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L’AMNIOCENTESI viene eseguita tra la 15^ e 18^ settimana di amenorrea, al II trimestre
gravidanza, introducendo un ago sottile nella cavità amniotica, sottoguida ecografica, per via
transaddominale, 6-8 cm al di sopra del pube, prelevando 10-20 ml di liquido amniotico, evitando
di lesionare la placenta. Il rischio di aborto legato all’invasività della tecnica è pari a 0,5-1%.
Il liquido amniotico viene sottoposto a centrifugazione in modo da separare la parte noncorpuscolata dalla parte corpuscolata:
 la parte non corpuscolata è priva di cellule e ricca di proteine, viene utilizzata per il dosaggio
dell’α-fetoproteina e altri marcatori biochimici. L’αFP > in caso di difetti di chiusura del tubo
neurale, come la spina bifida, anencefalia, labio-palatoschisi, gastroschisi, e in caso di infezioni.
 la parte corpuscolata è formata dagli amniociti che derivano dalla membrana amniotica, cute,
mucose, apparato renale e gastrointestinale del feto. La maggior parte degli amniociti non è
vitale, mentre quelli vitali vengono coltivati e nel giro di 10-20 giorni si ottiene una popolazione
cellulare in crescita sufficiente per l’analisi del cariotipo, analisi biochimiche o molecolari, diagnosi
di malattie metaboliche o altre patologie.
La CORDOCENTESI o FUNICOLOCENTESI può essere eseguita tra la 18^ e 40^ settimana di
gestazione, introducendo un ago sottile per via transaddominale, sottoguida ecografica,
prelevando il sangue fetale dai vasi ombelicali a 1 cm dall’inserzione della placenta o a livello del
giro libero del funicolo. La funicolocentesi ha un rischio di aborto del 2%.
Il sangue fetale può essere usato per l’analisi del cariotipo studiando i linfociti fetali, soprattutto
come diagnosi di comferma dei risultati dell’amniocentesi, mentre nel III trimestre di gravidanza
l’emogasanalisi è utile per la diagnosi di sofferenza fetale acuta da ipossia. Inoltre la
funicolocentesi consente di eseguire direttamente delle terapie fetali come l’infusione intravasale di
farmaci, trasfusioni fetali, aborto selettivo di un feto malato in caso di gravidanza gemellare.
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La FETOSCOPIA può essere eseguita verso la 18^ settimana di amenorrea e consiste nella
visualizzazione diretta del feto mediante un endoscopio a fibre ottiche e nell’eventuale prelievo di
tessuti da analizzare, come la cute e il tessuto epatico.
E’ necessaria l’anestesia generale della gestante, mentre lo strumento viene inserito attraverso
una piccola incisione nella cavità amniotica.
In realtà, la fetoscopia non è più utilizzata perchè ad alto rischio di aborto pari al 5-15%.
La Diagnosi Prenatale è INDICATA in caso di:
 età materna avanzata ≥ 35 aa: il rischio di aneuploidie (trisomie) > progressivamente con l’età.
 anamnesi + per aborti spontanei ripetuti o nascita di figli affetti per valutare il rischio
riproduttivo.
 anomalie all’Ecografia: malformazioni fetali, deficit dello sviluppo fetale, anomalie del
volume del liquido amniotico (polidramnios, oligodramnios), nel 20 % dei casi sono indice di
patologia cromosomica, per cui è necessario il monitoraggio del cartiotipo fetale.
 screening biochimico + in gravidanza: in particolare triplo-test +.
 genitori eterozigoti portatori di anomalie cromosomiche bilanciate per valutare il rischio di
nascita di figli affetti.
 anamnesi familiare + per patologia cromosomica: in genere la diagnosi prenatale non è
indicata se uno dei genitori ha nella propria famiglia un parente affetto da una malattia
genetica, ma la coppia può richiedere la consulenza genetica per valutare il rischio di
ricorrenza e in caso di esito negativo, in assenza di altri fattori di rischio, non si ricorre
all’amniocentesi. In caso di anamnesi familiare + per difetti del tubo neurale, come l’anencefalia,
spina bifida, encefalocele, meningocele, che sono considerati di natura multifattoriale, a bassa
ereditabilità, il rischio di ricorrenza nella famiglia viene definito su base empirica: nei soggetti
a rischio è indicato il monitoraggio ecografico e il dosaggio dell’α-FP sul siero materno,
eventualmente associato al dosaggio sul liquido amniotico: questo protocollo è efficace nella
diagnosi dei difetti del tubo neurale di tipo aperto, mentre quelli di tipo chiuso, come la spina
bifida occulta, possono sfuggire alla diagnosi, anche alle tecniche più sofisticate.
L’assunzione di acido folico a basse dosi ha un effetto protettivo sui difetti del tubo neurale, per
cui può essere assunto da tutte le donne in gravidanza e in particolare da quelle a rischio.
 malattie mendeliane: le tecniche di biologia molecolare consentono di diagnosticare oltre 1000
malattie mendeliane, valutando in maniera accurata il difetto nel feto, nel genitore affetto o
eterozigote portatore sano. I soggetti a rischio devono essere studiati in maniera accurata prima di
iniziare la gravidanza. Durante la gravidanza il tessuto di elezione per le analisi del DNA è il
trofoblasto, consentendo di ottenere risultati accurati e in tempi brevi.
La Valutazione della Maturità e del Benessere Fetale si basa su una serie di indagini che
consentono di monitorare lo sviluppo fetale e la diagnosi precoce di sofferenza fetale acuta o
cronica con ipossia tale da richiedere il parto prematuro con taglio cesareo:
 Ecografia: è utile per studiare il Profilo biofisico e comportamentale del feto valutando il
battito cardiaco fetale, Indice Cefalico ossia il rapporto tra Ø biparietale e frontoccipitale,
circonferenza cranica, Ø trasverso del cervelletto, lunghezza del femore e omero, movimenti
respiratori fetali, almeno 1 della durata di 30 secondi in 30 minuti di osservazione, grado di
maturità placentare poichè la maturazione precoce o tardiva sono un fattore prognostico
sfavorevole, volume del liquido amniotico e in particolare consente lo Studio dei movimenti
fetali attivi cioè la reattività del feto oppure si invita la pz a contare i movimenti percepiti
durante la giornata e segnarli sulla Scheda di Cardiff cominciando sempre alla stessa h del
mattino e continuando fino a quando percepisce 10 movimenti: la presenza di 10 movimenti
nel giro di 12-13 h indica una buona reattività fetale, se i movimenti sono percepiti in più di 12
h significa che il feto è sofferente.
 Cardiotografia: consente di registrare contemporaneamente la frequenza cardiaca fetale FCF e
l’attività contrattile dell’utero. In condizioni normali la FCF è pari a 120 e 150 battiti/min, può >
durante i movimenti fetali attivi, il che indica una reattività normale dei centri cardioregolatori
bulbari. Una tachicardia fetale moderata ma prolungata (160-180 bpm) può essere dovuta a
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farmaci assunti dalla madre come l’atropina, β-agonisti, ad uno stato d’ansia poichè le catecolamine
superano la placenta, adattamento ad uno stato di ipossia. La presenza di bradicardia con FCF <
120 bat/min per almeno 15” tra 2 contrazioni uterine indica uno stato di ipossia.
La cardiotografia consente di monitorare la reattività del feto che può essere attenuata o assente
con < movimenti spontanei del feto, scomparsa delle accelerazioni e presenza di decelerazioni:
─ decelerazioni precoci: coincidono con le contrazioni, sono legate a stimolazione vagale in seguito
a compressione del cranio durante il passaggio nel canale del parto, per cui non sono preoccupanti.
─ decelerazioni tardive: si prolungano dopo la fine delle contrazioni e indicano un’ipossia in atto.
─ decelerazioni variabili: indipendenti dalla presenza delle contrazioni da patologia funicolare.
L’interpretazione corretta del tracciato cardiotografico avviene mediante la Telemetria applicando
sull’addome della donna trasduttori capaci di inviare segnali via radio al cardiotocografo, in modo
da registrare il tracciato senza obbligare la donna a stare a letto ma mentre si muove in ospedale o a
casa, ottenendo risultati in base all’attività quotidiana della gestante ed evitando i falsi + da
compressione della vena cava inferiore da parte dell’utero gravidico e alterazioni emodinamiche
materne da posizione supina protratta.
 Flussimetria-Doppler: consente di studiare la circolazione materno-fetale, cioè le arterie
uterine e ombelicali, durante la fase di contrazione (sistole) e rilassamento (diastole) valutando
la presenza di turbolenze, osservando le valvole cardiache, mentre il Doppler a colori permette
di valutare la direzione del flusso ematico, il grado di ossigenazione del feto soprattutto in caso di
gravidanze protratte, gemellari, iposviluppo, malformazioni, oligoidramnios, polidramnios,
gestosi, ipertensione e diabete nella mamma.
 Amnioscopia: indagine endoscopica a fibre ottiche usata in caso di gravidanza protratta da
mancata rottura delle membrane, consente di osservare il polo inferiore delle membrane e le
caratteristiche del liquido amniotico (acque anteriori) attraverso le membrane trasparenti. In
condizioni normali il liquido amniotico è discretamente abbondante, chiaro-lattescente con
fiocchi di vernice caseosa fluttuanti, mentre in condizioni di ipossia è scarso, verde-scuro da
ipossia severa con paralisi dello sfintere anale, iperperistalsi intestinale ed emissione di
meconio da parte del feto.
La SOFFERENZA FETALE è un deficit di ossigenazione del feto con ipossia fetale acuta o
cronica, dovuta a cause placentari, materne, ambientali, funicolari o fetali:
 cause placentari: deficit di sviluppo della placenta con insufficienza placentare primitiva o
secondaria, sono le cause più frequenti e importanti poiché il feto riceve O2 tramite la placenta.
─ Insufficienza Placentare Primitiva: è un deficit di sviluppo della placenta o della sede di impianto
da scarsa vascolarizzazione dell’utero o della sede di impianto come in caso di fibromi, cicatrici,
malformazioni con conseguente < della superficie di scambio materno-fetale.
─ Insufficienza Placentare Secondaria: è legata a malattie materne che danneggiano la placenta
perfettamente sviluppata e funzionante, come in caso di gravidanza protratta, infatti la placenta
raggiunge l’apice della sua maturità e funzionalità intorno alla 36^ sett. di gravidanza a cui segue un
processo di invecchiamento fisiologico o senescenza con sclerosi e trombosi della lacune
placentari e progressiva < della superficie di scambio. In caso di parto entro la 40^ settimana non
ci saranno situazioni di sofferenza fetale, mentre dopo la 40^ settimana ci sarà una discrepanza tra
crescita del feto che necessita di più O2 e sostanze nutrienti e invecchiamento della placenta
che non riesce più a di soddisfare le richieste del feto con ipossia grave fino alla morte.
 cause materne: pneumopatie, cardiopatie, anemia grave con < apporto di O2 materno-fetale,
diabete mellito e ipertensione arteriosa con deficit della circolazione materno-fetale.
 cause ambientali: ambienti poveri di O2 cioè alta montagna, locali inquinati, cabine
pressurizzate degli aerei che sono compensate dalla mamma mediante tachicardia, poliglobulia..,
ma non dal feto soprattutto se l’ipossia si protrae.
 cause funicolari: l’ipossia fetale acuta spesso si verifica in travaglio durante il passaggio del
feto nel canale del parto, in seguito alla compressione o occlusione della vena ombelicale dovuta
alla presenta di nodi, giri del cordone ombelicale attorno al collo del feto, prolasso del funicolo,
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schiacciamento del cordone tra testa fetale e ossa del bacino materno, per cui la vena ombelicale
non riesce più a trasportare sangue ossigenato al feto.
 cause fetali: malformazioni con insuff. cardiocircolatoria, anemia congenita con << Hb.
L’Ipossia Fetale Acuta ha un esordio brusco in una situazione di pieno benessere fetale, spesso
si verifica in travaglio per cause funicolari. Nei casi più gravi, se non si interviene tempestivamente
si ha la morte del feto in pochi minuti, mentre nei casi meno gravi l’ipossia viene diagnosticata
mediante la Cardiotografia, Telemetria, Flussimetria-Doppler ricorrendo quasi sempre a taglio
cesareo evitando il rischio di morte del feto o di handicap cerebrale, mentre nei centri attrezzati si
ricorre alla Ossimetria fetale (saturimetria) misurando costantemente il livello di ossigenazione
del feto mediante una sonda che viene applicata alla tempia o guancia del feto, consentendo di
stabilire se è necessario intervenire con taglio cesareo.
Nel caso in cui la diagnosi di ipossia avviene prima del travaglio la decisione è più complessa
poichè estraendo subito il feto possono insorgere problemi legati all’immaturità polmonare.
L’Ipossia Fetale Cronica ha un esordio subdolo, lento e progressivo, spesso associata a
iposviluppo fetale, da patologia placentare che evolve lentamente fino alla trombosi di un certo n°
di lacune placentari e dei capillari villosi, > delle resistenze emodinamiche a valle del circolo
uterino e ombelicale, fino all’ipossia con attivazione di alcuni meccanismi di compenso da parte
del feto cioè tachicardia, > velocità del flusso ematico e centralizzazione del circolo con <
dell’apporto di sangue ai tessuti periferici, cute, muscoli scheletrici, distretto splancnico e >
dell’afflusso di sangue soprattutto a livello cerebrale (flussimetria-doppler). Quando i
meccanismi di compenso non sono più in grado di garantire un sufficiente apporto di O2, si ha una
grave sofferenza soprattutto a livello dei centri cardioregolatori bulbari con scarsa reattività agli
stimoli (cardiotografia), > PaCO2 (ipercapnia) e < PaO2 (ipossiemia) fino all’acidosi metabolica da
deficit della glicolisi aerobia e incremento della glicolisi anaerobia con scarsa produzione di
energia e rapido consumo dei depositi muscolari ed epatici di glicogeno, > produzione di acido
lattico e < pH ematico ad alto rischio di mortalità per il feto.
In tal caso l’ecografia evidenzia uno sviluppo asimmetrico del feto con < del Ø e circonferenza
addominale del feto, rispetto al Ø e circonferenza cranica.
Fisiologia del Travaglio e Parto
Dal punto di vista Fisiologico il travaglio e il parto sono strettamente correlati a diversi fattori cioè
fattori del parto, cause del parto, fenomeni del parto dinamici, meccanici e plastici, evoluzione del
parto normale con periodo prodromico, dilatante, espulsivo, secondamento e post-partum.
I FATTORI del PARTO sono il canale del parto, il feto o corpo mobile e la forza.
Il Canale del Parto è costituito dal segmento uterino inferiore, canale cervicale, canale
vaginale, anello vulvare, parti molli.
Il segmento uterino inferiore deriva dall’allungamento dell’istmo fino a 7-8 cm grazie all’elasticità
della sua parete, consentendo all’utero di adattarsi al progressivo sviluppo del feto e della camera
gestazionale e insieme all’orifizio uterino interno costituisce una specie di sfintere che durante la
gravidanza mantiene il feto nella cavità uterina, opponendosi alla forza di gravità esercitata
dal feto, consentendo alla camera gestazionale di accrescersi e svilupparsi all’interno
dell’utero, evitando che il suo peso possa rompere le membrane amnio-coriali o staccare la
placenta dalla propria inserzione con conseguente parto prematuro.
La Parti Molli circondano il canale del parto e sono rappresentate dai muscoli del pavimento
pelvico cioè muscolo elevatore dell’ano, muscolo trasverso profondo e superficiale del perineo...
Lo stretto superiore del bacino rappresenta l’ingresso del canale del parto delimitato da sinfisi
pubica, eminenza ileo-pettinea, linea innominata, promontorio del sacro caratterizzato da vari Ø:
─ Ø antero-posteriore, coniugata vera o ostetrica: distanza tra promontorio del sacro e parte
più interna della sinfisi pubica, pari a 10,5 cm, è il minimo spazio utile per il transito fetale.
─ Ø trasverso: distanza tra i punti più laterali delle linee innominate dx e sx, pari a 13,5 cm.
─ Ø obliquo dx e sx: distanza tra articolazione sacro-iliaca ed eminenza ileo-pettinea
controlaterale, pari a 12 cm.
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Il Feto o Corpo Mobile al termine della gravidanza in genere si dispone nella cavità amniotica
con la testa in basso che è la parte più grande ma più comprimibile grazie alla presenza delle
fontanelle craniche cartilagineo-membranose cioè la fontanella anteriore o bregmatica,
romboidale, e la fontanella posteriore o lambdoidea, triangolare che consentono la < di uno o più
Ø cefalici durante il passaggio attraverso il canale del parto.
Inoltre in base ai rapporti tra il feto e le strutture del canale del parto possiamo fare una distinzione
tra atteggiamento, situazione, presentazione e posizione del feto:
 atteggiamento del feto: è il rapporto reciproco tra le varie parti fetali; normalmente il feto è in
atteggiamento di flessione tra testa e colonna vertebrale con arti flessi e incrociati sul tronco.
 situazione del feto: è il rapporto tra asse longitudinale del feto e asse longitudinale della
cavità uterina; normalmente la situazione è longitudinale perchè i due assi coincidono con la testa
fetale rivolta in basso, raramente in alto. In condizioni patologiche si parla di situazione trasversale
se i due assi sono perpendicolari e la testa si localizza sul fianco dx o sx, oppure situazione
obliqua se i due assi formano un angolo < 90° e la testa si trova nella fossa iliaca dx o sx con
podice nell’ipocondrio dx o sx. In tutte le situazioni il dorso può essere anteriore o posteriore.
 presentazione del feto: corrisponde alla grande parte fetale che si presenta per prima allo
stretto superiore del bacino cioè all’ingresso pelvico, con distinzione tra presentazione di testa o
cefalica, presentazione di spalla e presentazione podalica o podice (natiche).
Nel 95% dei casi il feto giunge all’ingresso pelvico nella presentazione cefalica di vertice o occipite
con massima flessione della testa rispetto al tronco e mento appoggiato allo sterno.
All’esplorazione vaginale l‘indice di presentazione è dato dalla fontanella posteriore, lambdoidea.
Tra le presentazioni anomale abbiamo presentazione cefalica di bregma, di fronte e di faccia,
presentazione di spalla da situazione trasversa o obliqua, presentazione podalica.
 posizione del feto: è data dal rapporto che gli indici di presentazione assumono con i punti di
repere del bacino cioè le eminenze ileo-pettinee dx e sx anteriormente e le articolazioni sacroiliache dx e sx posteriormente, situati alla estremità dei Ø obliqui dx e sx. Per la presentazione di
testa e podalica sono possibili 4 posizioni cioè sx anteriore, sx posteriore, dx anteriore, dx
posteriore, per la presentazione di spalla sono possibili 2 posizioni cioè posizione del dorso
anteriore o posteriore e posizione della testa cefalo-iliaca dx o sx.
La Forza si esplica attraverso le contrazioni uterine e in parte del torchio addominale.
Le contrazioni uterine sono involontarie, intermittenti, peristaltiche perchè si propagano
rapidamente dagli angoli tubarici a tutto il corpo dell’utero, raggiungendo l’acme, poi decrescono
velocemente e dopo un intervallo di tempo più o meno lungo insorge una nuova contrazione.
Durante il travaglio le contrazioni uterine sono regolari cioè tutte uguali per durata, intensità e
intervallo: man mano che il travaglio avanza diventano progressivamente più intense, dolorose e
di maggiore durata e si susseguono con un intervallo sempre più breve.
Nelle fasi iniziali si scaricano a livello del collo dell’utero favorendone la dilatazione, poi si
scaricano sul feto in modo da spingerlo nel canale del parto fino alla completa espulsione.
Le contrazioni del torchio addominale sono forze ausiliarie volontarie determinate dalla
espirazione forzata a glottide chiusa con > della P endoaddominale (spinta): non sono
indispensabili ma possono accelerare l’espulsione del feto e degli annessi.
Le CAUSE del PARTO sono multifattoriali, responsabili dell’attivazione delle contrazioni uterine
tipiche del travaglio dopo 9 mesi di silenzio cioè:
 fattori nervosi e ormonali con stimolazione delle fibre neurovegetative, dolorifiche e sensoriali
del collo dell’utero, attivazione del riflesso neuroendocrino con liberazione di ossitocina da parte
dell’ipofisi materna e PGF2α che stimolano le contrazioni uterine, mentre la PGE2 favorisce la
maturazione del collo dell’utero insieme alla relaxina prodotta dal corpo luteo e dalla decidua.
 fattori meccanici: sovradistensione dell’utero da crescita fetale con stiramento delle
fibrocellule muscolari e > dell’energia contrattile che raggiunge il picco durante il travaglio,
ecco perchè nella gravidanza gemellare il travaglio è più veloce.
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Evoluzione del Parto Normale e Fenomeni del Parto
Il Travaglio di Parto è caratterizzato dal periodo cervicale, dilatante, espulsivo, secondamento e
post-partum, a cui corrispondono i fenomeni del parto dinamici, meccanici e plastici.
Il PERIODO CERVICALE o PRODROMICO è la fase di pretravaglio, dura 12 h nella pluripara,
24 h nella primipara, caratterizzato dalle contrazioni di Braxton-Hicks, frequenti, intense e
coordinate che favoriscono la maturazione del collo dell’utero che diventa sottile e soffice e si ha
l’espulsione del tappo di muco (marcamento).
Il PERIODO DILATANTE corrisponde alla fase di travaglio vera e propria caratterizzata da
contrazioni uterine ritmiche, intense, di lunga durata e ravvicinate, associate a dolore
lombosacrale che si irradia a tutto l’addome.
Durante il periodo cervicale e dilatante si verificano i Fenomeni del parto Dinamici o Materni:
─ distensione del segmento uterino inferiore: l’energia meccanica delle contrazioni uterine si
scarica prima sul segmento uterino inferiore che si distende progressivamente fino al massimo
della sua elasticità, poi si scarica sul collo dell’utero che si dilata progressivamente alla
velocità di 1 cm/h nella primipara e 1,5 cm/h nella pluripara, fino a raggiungere i 9-10 cm di Ø
nel giro di 6-8 h nella primipara e 3-4 h nella pluripara, con accorciamento e appianamento del
collo dell’utero, scomparsa dei fornici vaginali e dei bordi cervicali che non circondano più la
testa fetale, centralizzazione del collo dell’utero e spostamento dell’orifizio uterino verso il
centro del canale vaginale.
─ formazione della borsa delle acque o borsa amniocoriale: avviene contemporaneamente alla
dilatazione del collo dell’utero, dovuta allo scollamento del polo inferiore delle membrane amniocoriali dalle connessioni cervicali, per cui il polo delle membrane finisce per sporgere al davanti
della testa fetale attraverso l’orifizio uterino che si dilata ulteriormente. La borsa delle acque
favorisce i movimenti di adattamento della testa fetale allo stretto superiore del bacino,
creando una falda liquida tra testa fetale e stretto superiore che agisce come lubrificante.
─ rottura del polo inferiore delle membrane amnio-coriali: si verifica solo dopo la dilatazione
completa del segmento uterino inferiore e del collo dell’utero con fuoriuscita del liquido amniotico
che è abbondante se la testa non è impegnata nello stretto superiore del bacino con fuoriuscita delle
acque anteriori e posteriori, altrimenti la testa fa da tappo e impedisce la fuoriuscita delle acque.
─ distensione della parti molli del canale del parto, perineali e vulvo-vaginali.
Il PERIODO ESPULSIVO si verifica dopo la completa dilatazione del collo dell’utero e rottura
delle membrane, dura 1-2 h nella primipara e 30-60 minuti nella pluripara, caratterizzato da
contrazioni molto intense, prolungate che si susseguono ad intervalli di 2-3 minuti che si
scaricano sul feto costringendolo a progredire nel canale del parto favorendone l’espulsione.
Durante il periodo espulsivo si verificano i Fenomeni del parto Meccanici o Materno-Fetali
cioè una serie di adattamenti fetali che favoriscono la sua progressione nel canale del parto:
 riduzione della parte presentata: è l’adattamento dei Ø della parte presentata ai Ø
dell’ingresso pelvico. In genere la riduzione è indiretta cioè la testa è in atteggiamento di
massima flessione rispetto alla colonna vertebrale con mento schiacciato verso lo sterno
presentando il Ø cefalico sottocipito-bregmatico che è il Ø della testa fetale più favorevole.
Raramente la riduzione è diretta favorita da una lieve compressione delle suture craniche.
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 impegno della parte presentata: la testa fetale entra nello stretto superiore del bacino
disponendosi secondo il Ø obliquo soprattutto di sx, data la sporgenza del promontorio del sacro, in
genere in posizione vertice-sinistra-anteriore (VSA), raramente vertice-dx-anteriore o posteriore.
 progressione: si verifica dopo la completa dilatazione cervicale, altrimenti si hanno lacerazioni ed
emorragie severe. La testa scende nello scavo pelvico mantenendosi sempre orientata secondo il
Ø obliquo provocando una progressiva distensione delle parti molli del canale del parto.
 rotazione interna: è favorita dalla disposizione ad imbuto dei fasci del muscolo elevatore
dell’ano a livello del diaframma pelvico che costringe la testa del feto a ruotare di 1/8 di
circonferenza per orientarsi secondo il Ø antero-posteriore, per cui la testa fetale supera il
pavimento pelvico e si porta nello stretto medio con la fontanella posteriore posta al di sotto
della sinfisi pubica. In caso di posizione posteriore si ha la rotazione sacrale cioè l’indice di
presentazione si sposta verso il sacro mentre il disimpegno della testa avviene con il dorso
posteriore e la faccia in avanti, per cui richiede più tempo.
 disimpegno della testa: la testa scivola più o meno rapidamente al di sotto dell’arcata
sottopubica e tramite un movimento di estensione fuoriesce dall’ostio vulvare eventualmente
mediante l’aiuto dell’ostetrico. In caso di rotazione sacrale il viso sarà rivolto verso chi assiste il
parto e il disimpegno avviene mediante un movimento di flessione della testa, la bozza occipitale
sarà l’ultima porzione ad uscire con notevole distensione del piano perineale ad alto rischio di
lacerazioni vagino-perineali ed emorragie.
 rotazione esterna-interna: dopo il disimpegno la testa resta orientata secondo il Ø anteroposteriore del bacino, mentre le spalle si trovano ancora al di sopra dello stretto superiore orientate
secondo il Ø trasverso del bacino e il loro disimpegno viene impedito dal promontorio del sacro che
spinge il torace del feto in avanti: le contrazioni uterine e le spinte addominali favoriscono la
rotazione delle spalle di 1/8 di circonferenza per cui il Ø bisacromiale si orienta secondo il Ø
obliquo, le spalle eseguono una rotazione interna mentre la testa esegue una rotazione esterna o
movimento di restituzione cioè la testa si dispone così come era orientata al momento dell’impegno.
A questo punto le spalle scivolano facilmente lungo lo scavo pelvico e mediante un movimento a
vite si presentano all’ostio vulvare orientate secondo il Ø antero-posteriore: la spalla anteriore si
fissa sotto il pube e consente il disimpegno di quella posteriore, eventualmente agevolato da chi
assiste il parto sollevando la testa fetale. L’espulsione del tronco avviene senza difficoltà.
I Fenomeni Plastici o Fetali sono modificazioni subite dalla parte presentata durante il
passaggio attraverso il canale del parto, in particolare il tumore da parto costituito da una
raccolta di liquidi interstiziali, sieroematica, nel tessuto connettivo sottocutaneo che si forma in
corrispondenza della parte presentata in seguito alla depressione dovuta alla rottura delle
membrane, provocando una deformazione della testa con tumefazione irregolare, molle,
bluastra, delimitata da tessuto normale. In genere il tumore da parto interessa il cranio ed è
particolarmente accentuato se il feto è estratto con la ventosa. Il tumore da parto non necessita di
alcun trattamento perchè scompare spontaneamente nel giro di 3-4 gg dopo la nascita e bisogna
differenziarlo dal cefaloematoma cioè raccolta ematica sottoperiostea secondaria a traumi.
Il SECONDAMENTO è la fase di espulsione della placenta che si verifica dopo l’espulsione del feto
e del liquido amniotico con contrazioni e retrazioni dell’utero dovute all’elasticità del miometrio
intense, ritmiche, non dolorose e poichè la placenta non è elastica non segue l’utero durante la
retrazione per cui si distacca e cade prima nel segmento uterino inferiore, poi viene espulsa
verso l’esterno con un’ultima spinta da parte della donna, eventualmente aiutata mediante la
spremitura dell’utero con manovra di Crédé premendo sul fondo dell’utero.
Il distacco della placenta può essere di due tipi:
─ distacco centrale alla Schultz (70%): si verifica al centro dell’inserzione placentare ed è
caratterizzato dalla formazione di un ematoma retroplacentare che si espande progressivamente e
insieme alle contrazioni uterine favorisce il completo distacco della placenta associata ad una
piccola emorragia dovuta alla lacerazione dei vasi che irrorano le lacune placentari.
─ distacco laterale alla Duncan: si verifica ai margini dell’inserzione placentare con lacerazione
dei vasi e fuoriuscita di sangue prima della placenta.
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Dopo il secondamento inizia il periodo del POST-PARTUM in cui la donna deve essere
controllata per almeno 2 h per valutare la comparsa di emorragie: in genere l’emorragia è
modesta (200-300 ml) perchè si ha un meccanismo emostatico dovuto alla contrazione non
dolorosa della muscolatura uterina con formazione del globo di sicurezza poichè il corpo
uterino assume una forma rotondeggiante: la contrazione uterina strozza i vasi che
attraversano il miometrio, bloccando l’emorragia nel giro di pochi secondi.
La contrazione emostatica dell’utero continua per ~ 30 min, poi l’utero si rilassa perchè nel
frattempo i meccanismi della coagulazione hanno favorito la trombosi e occlusione dei vasi
lacerati, per cui non c’è più il rischio di emorragia.
In assenza di emorragie la donna può ritornare a letto e inizia il puerperio.
Assistenza alla Gestante durante il Travaglio e il Parto
Il Parto è il processo di espulsione del feto e dei suoi annessi dalla madre, distinto in base alle
modalità con cui avviene in:
─ parto eutocico, spontaneo: se avviene in maniera naturale, per via vaginale, senza
complicazioni o rischi materno-fetali. Il parto distocico indica un parto difficile.
─ parto provocato: se viene stimolato con manovre ostetriche e terapia medica (ossitocina).
─ parto operativo o parto cesareo per via laparotomica.
Ricordiamo che il Taglio Cesareo consente l’estrazione del feto e annessi per via laparotomica
quando non è possibile o è rischioso procedere per via naturale, vaginale.
Il taglio cesareo può essere eseguito solo dopo il consenso informato ed è indicato in caso di taglio
cesareo precedente per evitare il rischio di deiscenza della cicatrice, ostacolo meccanico al parto
da sproporzione cefalo-pelvica, presentazione anomala, sofferenza fetale con ipossia acuta,
placenta previa o distacco intempestivo di placenta con emorragie severe, ipocinesi uterina
resistente all’ossitocina, diabete o ipertensione materna.
L’Assistenza alla gestante durante il travaglio e il parto avviene in varie fasi:
 Igiene della Partoriente: preparazione dei genitali esterni e delle zone circostanti mediante
tricotomia vulvo-perineale, completa in caso di parto cesareo, detersione con soluzione detergente
disinfettante, svuotamento di retto e vescica per favorire le manovre ostetriche.
 Assistenza durante il Travaglio: in genere dall’inizio del travaglio alla nascita non dovrebbero
passare più di 12 h, monitorando costantemente mediante la cardiotografia la FCF e contrazioni
uterine, inoltre FC, T°C, P arteriosa della gestante, mediante l’esplorazione vaginale si controlla
la condizione del collo, livello della parte presentata e la rottura del polo inferiore delle
membrane con fuoriuscita del liquido amniotico e modesta perdita di sangue da lacerazioni
superficiali della bocca uterina. In caso di mancata rottura delle membrane si ricorre all’amnioressi
o amniotomia rompendo le membrane con uno strumento a punta smusso introdotto per via vaginale.
 Assistenza durante l’Espulsione: quando compare la parte presentata l’ostetrica deve rallentare
la velocità di espulsione del feto con le mani per evitare le lesioni perineali e la compressione della
testa del feto. In caso di disimpegno difficoltoso per sproporzione tra testa fetale e bacino si
ricorre alla perineotomia o episiotomia con breve incisione dei piani perineali per evitare
l’insorgenza di lacerazioni, traumi delle strutture di sostegno pelvico a rischio di prolasso genitale.
In caso di utero ipocinetico bisogna stimolare la cinetica uterina cioè la velocità di espulsione del
feto somministrando ossitocina per via e.v. (fleboclisi a goccia) o PGF2α, eventualmente associata
alla manovra di Kristeller spingendo sul fondo dell’utero con una mano con cautela per evitare
danni vulvo-perineali, distacco intempestivo della placenta ed emorragie severe.
Se la terapia medica e le manovre ostetriche non riescono a stimolare le contrazioni uterine con
conseguente prolungamento del periodo espulsivo e ipossia fetale si ricorre alla ventosa ostetrica
che viene applicata sul cuoio capelluto del feto, evitando le fontanelle, si crea il vuoto all’interno
della ventosa mediante un aspiratore in modo da farla aderire tenacemente al cuoio capelluto e si
esercita una trazione sulla testa fetale favorendo l’espulsione, agendo con cautela per evitare le
lacerazioni del canale del parto con gravi emorragie e le malformazioni fetali.
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 Assistenza nel Secondamento: il distacco della placenta e la sua espulsione dovrebbe
avvenire spontaneamente nel giro di 1 h o invitando la pz a spingere o mediante la manovra di
Crédé cioè la spremitura dell’utero per stimolare le contrazioni uterine.
In caso mancata espulsione della placenta e metrorragie si ricorre al secondamento manuale.
 Postpartum: bisogna sorvegliare la pz per almeno 2 h per tenere sotto controllo l’emorragia che
normalmente viene bloccata dall’emostasi meccanica dovuta alla formazione del globo di sicurezza,
eventualmente agevolato dal massaggio dell’utero e somministrazione di farmaci utero-tonici come
l’ossitocina per via e.v. o analoghi sintetici delle PGF2α per via topica in caso di atonia dell’utero
o emorragia cospicua, si suturano i tessuti lacerati o resecati mediante perineotomia.
L’isterectomia parziale o totale è indicata in caso di emorragie severe, resistenti alla terapia
medica, lacerazioni estese non suturabili da rottura dell’utero, placenta accreta, distacco
intempestivo di placenta, CID e shock ad alto rischio di mortalità.
Il Neonato: Adattamento neonatale, prime cure, punteggio di Apgar
Durante la vita intrauterina il feto riceve sangue ossigenato e sostanze nutrienti dalla placenta
attraverso la vena ombelicale che trasporta una piccola quantità di sangue al fegato sboccando nel
ramo sx della vena porta mentre la maggior parte del sangue passa dalla vena ombelicale alla vena
cava inferiore mediante il dotto venoso di Aranzio, giunge all’atrio dx del cuore, supera il setto
interatriale attraverso il forame ovale passando nell’atrio sx, ventricolo sx e aorta ascendente fino
alle arterie carotidi e succlavie, mentre una piccola quantità di sangue passa nell’aorta discendente.
Il sangue venoso refluo delle vene giugulari e succlavie attraverso la vena cava superiore viene
trasportato all’atrio dx, ventricolo dx e arteria polmonare che è un circolo arterioso ad alta
resistenza perchè i polmoni durante la vita fetale sono collassati, per cui il sangue viene convogliato
verso il dotto arterioso di Botallo che consente la comunicazione tra arteria polmonare e aorta
discendente che riporta il sangue alla placenta a bassa resistenza mediante le 2 arterie ombelicali.
Il neonato dopo il parto viene sottoposto alle Prime Cure e inizia la fase di Adattamento
Neonatale soprattutto dell’apparato cardiocircolatorio e respiratorio.
Il neonato viene adagiato su un piano sterile in posizione declive rispetto alla mamma in modo
da favorire il deflusso del sangue dalla placenta al neonato per evitare danni da ipossia.
Dopo 1-3 minuti dalla nascita bisogna legare e resecare il cordone ombelicale, eseguendo il
clampaggio del moncone fetale per evitare l’emorragia dall’arteria ombelicale e il clampaggio del
moncone materno per evitare la fuoriuscita di sangue a spruzzo dalla placenta.
Il moncone neonatale si mortifica e cade nel giro di 6-7 gg lasciando una piccola piaga che si
epitelizza in breve tempo e si retrae dando origine alla cicatrice ombelicale.
La legatura del cordone ombelicale provoca delle brusche e notevoli modifiche nella circolazione
neonatale consentendo l’adattamento respiratorio e cardiocircolatorio.
L’Adattamento Respiratorio inizia durante il passaggio del feto nel canale del parto con
compressione del torace e spremitura di liquido dai polmoni, mentre dopo l’espulsione del feto si ha
l’espansione del torace con aspirazione di aria.
La legatura della vena ombelicale blocca l’apporto di sangue ossigenato al neonato con ipossia
e ipercapnia da > CO2 nel sangue che stimola i centri respiratori bulbari inducendo il primo atto
respiratorio neonatale, preceduto da una apnea fisiologica di 5-30 secondi, favorito anche da
stimoli tattili, brusco raffreddamento cutaneo con stimolazione dei centri periferici.
I primi atti respiratori richiedono un notevole dispendio di energia per espandere i polmoni poichè
la glottide è parzialmente chiusa e si ha una notevole ΔP da ─ 70-40 mmHg in inspirazione a +
20 mmHg in espirazione per favorire l’espansione delle vie aeree. Per cui inizialmente si hanno
atti respiratori discontinui, rapidi fino a 80 atti/min per 1-2 min, fino alla normalizzazione del
ritmo respiratorio neonatale a 40 atti/min, mentre il surfactant favorisce la maturazione degli
alveoli polmonari che alla nascita sono in n° di 25-50 milioni, matureranno nel giro di 2 mesi di vita
per effetto dell’adattamento respiratorio, fino a raggiungere il n° di 300 milioni nell’età adulta.
L’Adattamento Cardiocircolatorio si verifica in seguito alla legatura del cordone ombelicale con
obliterazione dei vasi ombelicali che provoca un brusco > delle resistenze nella circolazione
sistemica e inversione del sangue che si porta dall’aorta discendente all’arteria polmonare
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attraverso il dotto arterioso di Botallo che stimolato dal sangue ossigenato si contrae, accorcia,
restringe fino alla chiusura funzionale nel 1° giorno neonatale e chiusura anatomica da
involuzione fibrosa intorno al 2°-3° mese.
Contemporaneamente si ha la dilatazione progressiva dell’istmo aortico che raggiunge lo stesso Ø
dell’aorta ascendente e discendente, l’> delle resistenze nella sezione sx del cuore provoca la
chiusura del forame ovale a livello del setto interatriale lasciando una depressione o fossa ovale.
La mancata chiusura del dotto di Botallo provoca uno shunt sx-dx dall’aorta ad alta P verso
l’arteria polmonare a bassa P con > del lavoro ventricolo sx e sovraccarico polmonare,
tachicardia, dispnea, soffio continuo sistolico-diastolico, danza dei vasi ilari per eccessiva
pulsazione dell’arteria polmonare (Rx torace) fino a insufficienza cardiaca, ipertensione
polmonare e morte prima dei 30 anni di vita.
Dopo la nascita bisogna subito valutare le condizioni generali del neonato considerando una serie
di parametri a cui si da un punteggio tra 0 e 2 ottenendo l’Indice di Apgar calcolato a distanza
di 1 minuto e 5 minuti dopo la nascita:
 frequenza cardiaca: assente = 0 punti, < 100 bat/min = 1 punto, > 100 bat/min = 2 punti.
 attività respiratoria spontanea: assente = 0 punti, debole = 1 punto, buona = 2 punti.
 tono muscolare: flaccido = 0 punti, debole flessione spontanea delle estremità = 1 punto, ipertono
muscolare con flessione spontanea delle estremità da ipertono piramidale e mobilità attiva = 2 punti.
 eccitabilità riflessa: nessuna risposta = 0 punti, risposta debole = 1 punto, iper-reattività agli
stimoli con pianto vigoroso = 2 punti.
 colorito: cianotico o pallido = 0 punti, corpo roseo con estremità cianotiche = 1 punto,
uniformemente roseo = 2 punti.
Se l’Indice di Apgar è pari a 7-10 il neonato è normale per cui la rianimazione primaria consiste
solo nell’aspirare le mucosità nasali e orofaringee mediante un catetere morbido.
Se l’Indice di Apgar è pari a 4-6 il neonato è depresso in modo moderato con apnea primaria,
per cui la rianimazione primaria consiste nell’aspirare le secrezioni mucose presenti nelle vie aeree,
stimolare i primi atti respiratori, ventilazione con Ambu ed eventualmente praticare il massaggio
cardiaco esterno. Se l’Indice di Apgar è compreso tra 0 e 3 il neonato è in apnea secondaria o
asfissia pallida, per cui bisogna aspirare le secrezioni presenti nelle vie aeree, intubare, ventilare
con Ambu, praticare un massaggio cardiaco esterno prolungato fino alla rianimazione metabolica
con adrenalina, bicarbonato, calcio-gluconato... cercando di stabilizzare i parametri vitali.
Se dopo 25-30 min di rianimazione la situazione non migliora, il rischio di morte è molto elevato.
Inoltre dopo il parto si hanno altri fenomeni:
─ attivazione della peristalsi intestinale con espulsione del meconio verso la 2^-5^ h, mentre è
patologica dopo 24 h di attesa fino all’occlusione intestinale da meconio.
─ funzione vescicale: si attiva al massimo entro 24 h dal parto.
─ peso corporeo: durante la 1^ settimana di vita si ha il calo fisiologico ma se il peso < di oltre il
10% rispetto alla nascita si tratta di un calo patologico dovuto alla perdita di liquidi, emissione del
meconio, alimentazione insufficiente...
─ cute neonatale: coperta da una secrezione biancastra soprattutto ai genitali e alle ascelle,
prodotta dalle ghiandole sebacee durante la vita fetale, dotata di fx protettiva post-partum.
─ ittero fisiologico neonatale a iperbilirubinemia indiretta da deficit della glicuronazione epatica
che scompare entro 15 gg.
─ genitali: criptorchidismo o testicoli in sede nei M, tumefazione dei genitali esterni con
secrezione vaginale biancastra o ematica detta pseudomestruazione della neonata nelle F.
─ sangue: poliglobulia, HCT pari al 50-60%, Hb pari a 19.5 ± 4 gr/dl con 50-80% di HbF.
Puerperio e Lattazione
Il Puerperio è il periodo che inizia dopo il secondamento comprese le 2 h del post-partum e
termina dopo 6-8 settimane in genere con una perdita di sangue simil-mestruale detta capoparto
che può mancare se la donna allatta, con ripristino delle condizioni pregravidiche in tutti gli
organi ed apparati, tranne delle ghiandole mammarie impegnate nell’allattamento.
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I Fenomeni Fisiologici del puerperio sono l’involuzione uterina, lochiazione e lattazione.
L’Involuzione uterina è il processo di digestione della massa muscolare uterina o miometrio da
parte di enzimi proteolitici con progressiva < della distanza tra sinfisi pubica e fondo dell’utero,
fino a quando il fondo dell’utero scompare dietro la sinfisi pubica e può essere apprezzato solo
con la palpazione bimanuale. Contemporaneamente si ha la Lochiazione cioè perdite vaginali o
lochi prima ematiche, poi chiare, cremose, fluide dovute alla digestione enzimatica del miometrio.
La Lattazione viene distinta in 3 fasi cioè galattogenesi, galattopoiesi ed eiezione del latte.
La Galattogenesi o montata lattea è la produzione di latte da parte della ghiandola mammaria:
durante la gravidanza non si ha la secrezione di latte perchè la PRL viene inattivata dagli alti tassi di
estrogeni prodotti dalla placenta, mentre si ha ipertrofia delle ghiandole mammarie con > degli acini
ghiandolari e dei dotti, e produzione del colostro cioè un liquido giallastro.
Dopo il secondamento il tasso di estrogeni < rapidamente e nel giro di 3-4 gg si ha la secrezione di
latte. Nei primi giorni di vita il colostro è sufficiente per l’alimentazione di un neonato normale,
evitando l’uso del latte artificiale e abituando il neonato ad esercitare lo stimolo della suzione.
Durante la montata lattea si ha gonfiore delle mammelle che diventano calde, dolenti e pesanti,
febbricola che in genere scompare dopo 12-24 h senza richiedere alcuna terapia.
La Galattopoiesi è il mantenimento della produzione del latte favorita dalla suzione del capezzolo
da parte del neonato che favorisce lo svuotamento della ghiandola mammaria e per via riflessa
induce la liberazione della PRL che stimola le cellule delle ghiandole mammarie a produrre
nuovo latte. La produzione del latte viene interrotta se il neonato non esegue la suzione per 1-2 gg.
L’Eiezione è il processo di espulsione del latte dai dotti galattofori durante la suzione del
capezzolo che per via riflessa stimola la liberazione di ossitocina da parte dell’adenoipofisi che
favorisce la contrazione dei muscoli dei dotti galattofori favorendo l’espulsione del latte e
contemporaneamente provoca contrazioni uterine improvvise e dolorose dette morsi uterini.
Patologie del Secondamento, Post-partum e Puerperio
Le Patologie del Secondamento sono rappresentate dal mancato distacco o distacco
parziale della placenta e ritenzione di placenta in utero dovute a:
 ipotonia uterina da sovradistensione del miometrio soprattutto in caso di gravidanza multipla.
 spasmo del collo dell’utero che assume una forma a clessidra con incarceramento della
placenta favorito da manovre ostetriche o uso di ossitocina.
 anomalie di conformazione della placenta.
 inserzione della placenta a livello degli angoli tubarici dove la contrazione uterina è meno intensa.
 presenza di tenaci aderenze tra placenta e parete uterina da anomalie di inserzione dei villi
coriali che penetrano fino al miometrio, per cui si parla di placenta aderente o accreta.
Il mancato distacco della placenta impedisce la formazione del globo di sicurezza con
emorragia massiva, per cui si deve ricorrere al secondamento manuale in anestesia generale per
non provocare dolore alla donna e favorire il completo rilassamento della bocca uterina:
l’operatore introduce una mano in vagina risalendo lungo il funicolo ombelicale fino alla
placenta, in modo da staccare progressivamente la placenta dalla parete uterina, spremendo
l’utero dall’esterno ed estraendo la placenta dall’interno.
Se questa manovra fallisce si deve ricorrere all’isterectomia soprattutto in caso di placenta accreta.
Le Patologie del Post-Partum sono rappresentate dalle emorragie che possono essere dovuta a:
 metrorragia da atonia dell’utero con deficit del secondamento, della formazione del globo di
sicurezza e dell’emostasi meccanica.
La terapia si basa sulla rimozione dei residui placentari endouterini, massaggio dell’utero,
tamponamento endovaginale e endouterino, somministrazione di ossitocina o PGF2α, cercando di
bloccare rapidamente la metrorragia per evitare l’insorgenza della CID. In caso di atonia severa,
resistente alla terapia medica si ricorre alla legatura o embolizzazione dei vasi uterini, ovarici o
ipogastrici, fino all’isterectomia in caso di pericolo di vita per la pz.
 metrorragia da lacerazione delle parti molli, collo dell’utero e pareti vaginali (ventosa, distocie).
La terapia varia dalla semplice sutura della lacerazione fino all’isterectomia nelle forme severe.
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 metrorragia da alterazioni della coagulazione fino alla CID con alterazione dell’equilibrio tra
coagulazione e fibrinolisi, manifestazioni trombotiche ed emorragiche sistemiche responsabili
di insufficienza multiorgano con anemia grave, < piastrine, < fibrinogenemia, > prodotti di
degradazione del fibrinogeno, fino alla morte della pz se non si interviene tempestivamente
rimuovendo la causa dell’emorragia, somministrando eparina per via e.v., sacche di sangue,
plasma expanders, fibrinogeno per ripristinare la volemia.
Le Patologie del Puerperio sono rappresentate da:
 Amenorrea puerperale o da allattamento: l’amenorrea si verifica durante l’allattamento a causa
degli alti tassi di PRL in circolo che probabilmente agiscono inibendo la liberazione delle
gonadotropine ipofisarie o < la recettività delle ovaie alle gonadotropine. Al termine
dell’allattamento il ciclo mestruale ricompare spontaneamente ma non bisogna usare l’allattamento
come un metodo contraccettivo perchè spesso la gravidanza insorge durante l’allattamento per cui si
passa dall’amenorrea puerperale a quella gravidica.
 Malattie infettive: sono le malattie puerperali più frequenti, dovute a germi provenienti dalla
vagina favorite dal distacco della placenta, presenza di lochi, beanza del collo uterino,
lacerazioni vulvo-vaginali e del collo dell’utero, tra cui abbiamo l’endometrite con utero flaccido
e dolente, febbre, metrorragie, per cui si ricorre ad antibiotici ad ampio spettro, evitando la
diffusione dell’infezione con miometrite, perimetrite, tromboflebite dei vasi pelvici e arti
inferiori, fino alla peritonite e sepsi. In questi casi si ricorre al raschiamento uterino per eliminare
le raccolte di pus, drenaggio degli ascessi pelvici, terapia anticoagulante in caso di tromboflebite,
terapia antibiotica mirata dopo antibiogramma.
La prevenzione si basa sull’igiene intima, evitare i rapporti sessuali, lavande vaginali, bagni in
vasca, piscina o mare che possono favorire la risalita dei germi dalla vagina.
La mastite puerperale è un’infezione della mammella piuttosto frequente poichè il capezzolo
rappresenta un’ottima via di ingresso per i microrganismi, favorita da soluzioni di continuo della
cute o ragadi, ristagno di latte nei dotti e infezione secondaria. Si manifesta con turgore delle
mammelle, senso di calore, dolore, mammella di consistenza dura e arrossata, febbre o
febbricola, linfangite con striature rossastre dirette verso l’ascella dove si possono palpare 1 o
più linfonodi dolenti. La terapia è antibiotica, bisogna sospendere l’allattamento fino alla completa
guarigione ed è necessario isolare il neonato.
 Metrorragie: dovute a subinvoluzione uterina con utero più grande e molle del normale da
endometriti, scarsa secrezione di ossitocina da mancanza di allattamento al seno...
 Psicosi puerperale: in genere si tratta di una forma lieve con depressione, crisi di pianto, ansia
e timori per le nuove responsabilità legate alla nascita del figlio che in genere regredisce nel
giro di poche settimane grazie all’aiuto del marito, parenti e amici, raramente si hanno delle psicosi
vere e proprie, drammatiche con suicidio della mamma, infanticidio forse scatenata da dissapori
familiari o dal pianto notturno del neonato: in tal caso è necessaria l’assistenza neuro-psichiatrica.
Anomalie del Concepimento: Gravidanza Multipla
La Gravidanza Multipla è un’anomalia del concepimento caratterizzata dallo sviluppo di 2 o più
feti, per cui si parla di gravidanza gemellare (1/80), trigemina (1/6400), eterozigotica o monozigotica.
La gravidanza gemellare eterozigotica o biovulare rappresenta i 2/3 di tutte le forme, deriva
dalla fecondazione di ovociti diversi da parte di spermatozoi diversi ed è sempre bicoriale e
biamniotica. In tal caso i feti sono detti fratelli.
La gravidanza gemellare monozigotica o monoovulare deriva dalla fecondazione di un solo
ovocita da parte di uno spermatozoo con divisione precoce dell’abbozzo embrionale in 2 o più
abbozzi distinti. In tal caso i gemelli sono detti identici perchè hanno lo stesso patrimonio
genetico, sesso e caratteri somatici.
La gravidanza monozigotica può essere bicoriale e biamniotica se la divisione dell’abbozzo
embrionario primitivo avviene entro la 3^ giornata dal concepimento cioè allo stadio con 2
blastomeri, monocoriale e biamniotica (75%) se avviene dopo la differenziazione del trofoblasto
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ma prima della formazione dell’amnios (3°-7° giorno), monocoriale e monoamniotica se avviene
dopo la formazione dell’amnios (7°-12° giorno).
Tra i Fattori Favorenti abbiamo predisposizione genetica soprattutto da patrimonio genetico
materno, etnia (razza nera), età materna avanzata, pluriparità, tecniche di fecondazione
assistita con impianto di 4-5 embrioni o terapia estroprogestinica con ovulazioni multiple.
La Diagnosi di gravidanza multipla si basa su:
 Test di gravidanza: notevole > dei livelli di βHCG.
 Esame Obiettivo: > volume uterino nettamente superiore rispetto all’epoca gestazionale.
 Ecografia: 2 battiti cardiaci fetali, gravidanza multipla mono o bicoriale, mono o biamniotica.
Sono necessarie ecografie frequenti per monitorare lo sviluppo dei feti e la presenza di
complicanze ad alto rischio di mortalità cioè parto pretermine, iposviluppo fetale, sindrome da
trasfusione gemello-gemello, morte endouterina dei gemelli, malformazioni congenite.
Il Parto Pretermine in genere è causato dalla sovradistensione dell’utero con esposizione precoce
del polo inferiore delle membrane alla flora batterica vaginale con conseguente corioamnionite,
rottura prematura delle membrane e parto pretermine tra la 26^-32^ settimana di età gestazionale.
In questi casi si somministrano tocolitici per inibire le contrazioni uterine cercando di posticipare
il travaglio e favorire la maturità polmonare fetale.
L’Iposviluppo fetale o ritardato accrescimento intrauterino (IUGR) può colpire entrambi i
gemelli con differenza di peso alla nascita < 20% oppure solo un gemello con discordanza nella
crescita dei due gemelli, differenza di peso > 20% con un feto normosviluppato e un feto
iposviluppato che si apprezza all’Ecografia soprattutto dopo la 29^ settimana quando lo sviluppo
fetale subisce un rallentamento dovuto a insufficienza placentare, impianto della placenta
svantaggioso per un gemello, sindrome da trasfusione gemello-gemello con rischio di mortalità
perinatale maggiore per il gemello iposviluppato. In tal caso se si sceglie di anticipare il parto per
aiutare il gemello iposviluppato c’è il rischio di prematurità per il gemello normosviluppato.
La Sindrome da trasfusione gemello-gemello è una grave complicanza che si manifesta nel 4-6%
delle gravidanze monozigotiche soprattutto monocoriali biamniotiche, dovuta ad anastomosi tra
le circolazioni dei due feti tale da favorire intorno alla 20^-24^ settimana l’insorgenza di una
sindrome caratterizzata dalla discrepanza di crescita tra i gemelli, polidramnios e ipervolemia
con scompenso cardiaco a carico del gemello più grosso “ricevente”, oligo-anidramnios,
ipovolemia grave con sofferenza fetale cronica a carico del gemello più piccolo “donatore”,
morte di entrambi i gemelli nel 70-100% dei casi se non si interviene tempestivamente secondaria
a polidramnios spesso responsabile di aborto o parto pretermine.
La terapia si basa sull’amniocentesi evacuativa per < la sovradistensione uterina e riequilibrare le
circolazioni fetali, legatura del cordone ombelicale del gemello ipossico per evitare lo scompenso
cardiaco nel gemello ricevente, laserterapia per via fetoscopica con ablazione delle anastomosi.
La Morte endouterina di un gemello (IUDF) si verifica nel 2-6% delle gravidanze gemellari
soprattutto monozigotiche con alto rischio di complicanze o mortalità per il gemello
sopravvissuto soprattutto in caso di gravidanza monocoriale-monoamniotica come in caso di
sindrome da trasfusione gemello-gemello, lesioni ischemiche severe a livello cerebrale, renale,
intestinale in seguito ad un grosso furto di sangue da parte del gemello preterminale a bassa
resistenza nei confronti del gemello sopravvissuto oppure sofferenza fetale acuta da prolasso,
giri, nodi o torsioni del funicolo, distacco intempestivo della placenta, favoriti dai movimenti dei
2 feti che sono contenuti in un’unica cavità amniotica. E’ necessario il taglio cesareo d’urgenza.
Le Malformazioni congenite sono 3 volte più frequenti nelle gravidanze multiple monozigotiche
rispetto a quelle singole, tra cui abbiamo i gemelli congiunti e i gemelli acardio-acefali.
I gemelli congiunti possono essere craniopagi, toracopagi, onfalopagi, pigopagi, ischiopagi in
seguito alla divisione delle zigote dopo 12^ giorni dal concepimento con mortalità nel 70-80%
dei casi da condivisione di organi vitali.
Nei gemelli acardio-acefali la circolazione viene sostenuta da un solo gemello con
conseguente atrofia degli organi del gemello perfuso, soprattutto dell’estremo cefalico e cuore
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con acefalia e acardia, mentre il gemello perfusore va incontro a scompenso cardiaco con
mortalità nel 55% dei casi.
In caso di gravidanza multipla spesso si ricorre al parto cesareo soprattutto in caso di gravidanza
monoamniotica, iposviluppo fetale grave, prematurità, presentazioni anomale, situazione
trasversa o obliqua del 1° gemello, prolasso del funicolo ombelicale, distacco intempestivo di
placenta, sofferenza fetale acuta. Raramente il parto avviene per via naturale in caso di
presentazione di testa del 1° gemello e presentazione di testa o podalica del 2° gemello.
In caso di presentazione anomala del 2° gemello si può eseguire la manovra di Rivolgimento o
Versione interna introducendo in anestesia generale la mano dx nel canale del parto fino a
raggiungere un piede del feto che viene tirato in basso fino a farlo uscire dall’ostio vulvare mentre
con la mano esterna si spinge in alto la testa fetale, si esercita una trazione sugli arti inferiori verso
il basso fino alla completa fuoriuscita del podice, una trazione sul tronco fetale fino al completo
disimpegno delle spalle, mentre per estrarre la testa si ricorre alla manovra di Bracht ribaltando gli
arti inferiori e il tronco fetale sull’addome materno o alla manovra di Mauriceau-Veit.
Gemelli
La gravidanza gemellare si verifica quando la cellula uovo, rilasciata dal follicolo ovarico maturo,
viene fecondata da più spermatozoi.
I gemelli dizigoti (DZ) sono degli eventi eccezionali: la poliovulazione alcune volte porta alla
nascita di 3 gemelli (trizigoti) o di 4 gemelli (tetrazigoti), per cui i gemelli DZ possono avere lo
stesso sesso oppure sesso diverso e condividono il 50% del genoma, come i fratelli nati da
gravidanze successive.
I gemelli monozigoti (MZ) originano da un normale processo di fecondazione tra 2 gameti, seguito
dalla divisione dello zigote in 2 o più embrioni distinti, che può verificarsi tra la 1^ divisione e le
prime fasi dell’impianto, entro 15 giorni dopo il concepimento.
I gemelli monozigoti sono copie identiche di uno stesso zigote e possiedono lo stesso genoma:
anche se i gemelli MZ presentano una concordanza genotipica e fenotipica, non sono a tutti gli
effetti identici, per cui possono presentare caratteristiche antropometriche diverse e sviluppare
malattie diverse, correlate a differenze epigenetiche.
I gemelli MZ non sono differenziabili a livello epigenetico nei primi anni di vita, mentre dopo
alcuni anni si notano differenze significative nel contenuto globale e distribuzione genomica di
5-metilcitosina e nell’acetilazione degli istoni, implicati nell’espressione genica.
Le discordanze fenotipiche più evidenti tra i gemelli MZ si osservano nelle F in seguito
all’inattivazione del cromosoma X: ad es. in alcune gemelle sono state riscontrate malattie
diverse recessive legate al cromosoma X, come la distrofia muscolare di Duchenne e l’emofilia;
la mutazione è presente in eterozigosi nelle 2 gemelle, ma l’inattivazione non casuale del
cromosoma X nella gemella ammalata produce una condizione di eterozigosi estrema che porta
ad avere una % più elevata di cellule funzionalmente attive con la mutazione, che di
conseguenza viene espressa.
Le divisioni tardive dell’embrione, tra il 15° e 17° giorno, possono produrre gemelli congiunti o
parziali (craniopagi, toracopagi…) anche se è una condizione rara con 1 caso/250mila nati e
spesso letale.
I gemelli congiunti sono classificati in forme uguali (pars duplicata completa) e forme disuguali
(pars duplicata incompleta).
62
I gemelli diplopagi sono uguali e simmetrici, anche se ognuno di loro corrisponde a meno di un
individuo completo: possono essere uniti a livello della regione cranica, regione caudale, regione
cranica e caudale.
I gemelli eteropagi sono disuguali e asimmetrici: una loro parte più piccola è dipendente
dall’altra, come nel caso dei toracopagi parassiti (fetus in fetu).
I gemelli eterocariotici o eterocarionti sono gemelli MZ discordanti per il cariotipo (mutazione
post-zigotica) o per una mutazione genica somatica (gemelli eteroallelici): le basi biologiche di
questo evento sono simili a quelle che in un individuo normale danno origine a un mosaicismo
somatico.
Tra i gemelli MZ discordanti per il sesso, abbiamo il caso di un gemello con cariotipo 45,X
(sindrome di Turner, fenotipo F) per perdita del cromosoma Y in una fase precoce della divisione
embrionale, e l’altro gemello con fenotipo e cariotipo normale maschile 46,XY, oppure abbiamo
gemelli MZ discordanti per la sindrome di Down, in cui il gemello sano ha perso il cromosoma 21
in sovrannumero.
La definizione biologica dei gemelli e la diagnosi di zigosità avviene mediante studi di genetica
molecolare, utilizzando marcatori polimorfi del DNA (ad es. microsatelliti).
La descrizione della placenta, amnios e corion, e le descrizioni fenotipiche, non devono essere
usate nella diagnosi di zigosità.
Dal punto di vista Epidemiologico le nascite di gemelli DZ sono più frequenti nella popolazione
nera, mentre sono rare negli orientali. Nella popolazione Caucasica ~ 1 gravidanza/70 si
conclude con la nascita di gemelli. L’incidenza dei gemelli MZ è di ~ 1/300 gravidanze, mentre
quella dei DZ è variabile tra 1/100 e 1/500 gravidanze. Le gravidanze multiple (3, 4, 5) sono
rare, variabili tra 1/5.000 e 1/50.000.000 nascite.
L’incidenza delle nascite gemellari è influenzata da fattori ambientali e genetici: ad es. l’uso di
farmaci stimolanti la fertilità e il crescente ricorso alle tecniche di fecondazione assistita ha
determinato un significativo > delle nascite gemellari (1/5 dei parti).
Nel caso dei gemelli DZ è stata documentata la predisposizione familiare: l’americana Mary Austin,
in 33 anni di matrimonio, ha partorito 44 figli, di cui 13 coppie di gemelli e 6 serie di triplette; una
sua sorella aveva dato alla luce 26 figli e un’altra sorella 41 figli.
Inoltre, è stato dimostrato che la frequenza delle nascite gemellari è influenzata dall’età delle
madri: tra i 15 e i 39 anni > la probabilità di avere gemelli DZ, mentre tra i 40 e 44 anni > la
probabilità di avere gemelli MZ.
Le gravidanze gemellari possono essere complicate da una serie di problemi ostetrici e dal rischio
di difetti congeniti. Tra i problemi ostetrici abbiamo un maggiore rischio di aborto, pre-eclampsia,
polidramnios, prematurità, basso peso neonatale, morte perinatale, trauma da parto.
I difetti congeniti sono più frequenti nei gemelli MZ rispetto ai DZ e possono essere dovuti a 4
meccanismi principali:
 difetti correlati alla gemellarità stessa o all’incompleta divisione dell’embrione, come ad es. fetus
in fetu in cui un feto si sviluppa abnormemente all’interno del corpo di un altro feto, oppure feto
papiraceo in cui il feto è morto in utero e mummificato, infine i gemelli congiunti, distinti in
cefalopagi, toracopagi, pigopagi, dicefali, sternodimi, toracodimi..
 difetti da anastomosi vascolari: presenza di interconnessioni arteriose o venose a livello
placentare e insorgenza della cosiddetta sequenza TRAP (Twin Reversed Arterial Perfusion),
creando una P differenziale tra i 2 gemelli. Nel gemello che riceve un flusso di ritorno dall’altro
gemello, la parte inferiore del corpo è iperirrorata, per cui si hanno lacerazioni e malformazioni.
Nei casi più gravi il gemello colpito è amorfo (acardico). Inoltre, può verificarsi un sovraccarico
cardiaco nel gemello donatore con cardiomegalia, epatomegalia, edema, idrope, ipoalbuminemia.
 difetti da morte in utero dell’altro gemello (MZ) per liberazione in circolo di tromboplastina e
danni al gemello superstite, cioè microcefalia, idrocefalia, gastroschisi, atresia intestinale,
asplenia, aplasia cutis, difetti terminali degli arti, CID.
 difetti da compressione fetale o affollamento uterino con craniosinostosi, deformazione del
cranio, incurvamento degli arti, artrogriposi, piedi torti.
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I gemelli monozigotici (MZ) condividono lo stesso patrimonio genetico.
I gemelli dizigotici (DZ) hanno ~ il 50% dei geni in comune.
I gemelli MZ e DZ sono appaiati per:
- età.
- ambiente intrauterino.
- condizioni socio-culturali della famiglia.
- esposizioni ambientali nell’infanzia.
Le gravidanze gemellari interessano 1/200 gravidanze.
I gemelli fraterni o dizigotici derivano dalla fecondazione indipendente di 2 ovuli e somigliano
poco tra loro. Gli embrioni hanno membrane extraembrionali separate e indipendenti.
I gemelli identici o monozigotici derivano dallo stesso evento di fecondazione e sono prodotti
dalla divisione dell’embrione quando le cellule sono ancora totipotenti e pluripotenti.
Le divisioni precoci che avvengono durante o prima lo stadio di morula, producono blastocisti
separate che danno luogo a embrioni avvolti da membrane extraembrionali indipendenti, cosa
che accade in 1/3 dei gemelli identici, mentre nei rimanenti 2/3 la produzione di gemelli avviene
allo stadio di blastocisti e coinvolge la divisione della massa cellulare interna.
In genere la divisione avviene prima del 9° giorno di gestazione, cioè prima che si forma l’amnios.
I gemelli identici hanno una cavità corionica comune ma sono circondati da un amnios
individuale.
Raramente la divisione avviene dopo il 9° giorno e gli embrioni sono racchiusi in un unico
amnios: a causa della separazione incompleta o di una successiva fusione, questi gemelli
possono occasionalmente risultare uniti tra loro in qualche parte del corpo.
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Anomalie di sede della gravidanza
Le Anomalie di sede della gravidanza sono rappresentate dalla gravidanza extrauterina e
gravidanza uterina con impianto ectopico.
La Gravidanza Extrauterina nell’80-90% dei casi si verifica in seguito all’annidamento
dell’embrione a livello dell’ampolla della tuba uterina, nel 6% dei casi a livello dell’istmo o delle
fimbrie, nel 2% dei casi sulla superficie ovarica, annidamento intralegamentoso tra i due foglietti
del legamento largo dell’utero o impianto peritoneale.
Questi organi sono inadeguati allo sviluppo di una gravidanza poichè non subiscono le stesse
modifiche dell’utero in seguito all’impianto dell’embrione, per cui vanno facilmente incontro a
danno o rottura quando il feto cresce, superando i limiti di spazio a disposizione.
Dal punto di vista Eziologico la gravidanza tubarica può essere causata da:
 deficit dei meccanismi di trasporto dell’embrione verso l’utero cioè deficit della peristalsi
tubarica, movimento delle ciglia vibratili e flusso sieroso endoluminale, spesso secondarie a
stenosi della tuba da malformazioni, MIP o iatrogena da legatura della tuba.
 migrazione dell’uovo fecondato da una tuba uterina a quella controlaterale.
 sviluppo embrionale accelerato forse di natura genetica o ormonale.
 endometriosi con focolai di tessuto endometriale ectopico a livello tubarico.
 tecniche di riproduzione assistita con impianto di 4-5 embrioni.
In genere la gravidanza tubarica evolve verso l’aborto tubarico interno dovuto soprattutto alla
difficoltà della parete tubarica a contenere lo sviluppo dell’embrione e del feto con erosioni
della parete e dei vasi tubarici da parte del trofoblasto con ematosalpinge fino alla rottura della
tuba uterina con ematocele cioè raccolta di sangue nel cavo di Douglas, emoperitoneo con
irritazione peritoneale e diaframmatica responsabile del quadro di addome acuto con dolore
addominale intenso, reazione di difesa, spesso irradiato alla spalla dx e associato alla comparsa
del segno di Cullen cioè un’area cutanea violacea periombelicale. Inoltre si ha metrorragia,
dolore durante l’esplorazione retto-vaginale e alcune volte in seguito alla rottura della tuba
uterina si ha l’espulsione dell’embrione in cavità addominale con impianto peritoneale.
In caso di aborto si può avere la regressione spontanea o riassorbimento dell’embrione oppure la
ritenzione dell’embrione con calcificazione o lithopedion.
La Diagnosi di certezza di gravidanza extrauterina si basa sul test della gravidanza con bassi
livelli dell’βHCG, Ecografia transvaginale con assenza della camera gestazionale intrauterina.
La Terapia è di attesa nella speranza di una regressione spontanea in assenza di complicanze
oppure terapia medica con methotrexate che interferisce con la sintesi del DNA inibendo la
moltiplicazione cellulare provocando l’aborto terapeutico dell’embrione, terapia chirurgica con
salpingectomia segmentaria, conservativa per via laparoscopica con anastomosi terminoterminale, preservando la fertilità della donna, ovariectomia in caso di gravidanza ovarica,
resezione chirurgica per via laparotomica o laparoscopica in caso di gravidanza peritoneale...
La Gravidanza Uterina con impianto ectopico viene distinta in:
 gravidanza cervicale: l’impianto dell’embrione avviene nella mucosa cervicale dovuta ad un
ritardo di sviluppo dell’embrione o ad un transito accelerato. Se l’embrione si sviluppa verso
l’alto si può avere lo sviluppo del feto fino all’epoca vitale, altrimenti si ha l’aborto spontaneo con
emorragia lieve se l’embrione si sviluppa verso il basso, erosione dei vasi sanguigni da parte del
trofoblasto con emorragia severa se si sviluppa nel canale cervicale.
All’esame obiettivo si osserva la dilatazione del collo dell’utero mentre la diagnosi di conferma
avviene mediante l’ecografia. L’interruzione della gravidanza avviene mediante il methotrexate.
 gravidanza angolare: l’impianto dell’embrione avviene a livello dell’angolo tubarico dx o sx,
caratterizzato da aborto tra la 12^ e 20^ settimana con emorragia severa, raramente si ha un parto
pretermine con feto morto oppure parto a termine spesso complicato dall’incarceramento della
placenta nel recesso angolare, difficoltà del secondamento ed emorragia severa tale da
richiedere l’isterectomia.
 gravidanza in corno uterino rudimentale (bicorne) con aborto precoce o rottura dell’utero.
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Anomalie di Durata della Gravidanza
Le Anomalie della durata della gravidanza sono rappresentate dall’aborto, parto pre-termine,
gravidanza protratta e morte endouterina del feto.
L’ABORTO è l’interruzione spontanea della gravidanza che si verifica entro il 180° giorno di
amenorrea con espulsione parziale o completa del prodotto del concepimento.
Dal punto di vista Eziologico si fa una distinzione tra aborto spontaneo e aborto provocato
(interruzione volontaria della gravidanza).
In base alla Modalità dell’Aborto si fa una distinzione tra aborto completo, incompleto e interno.
In base all’Evoluzione Clinica si parla di minaccia di aborto, aborto inevitabile, aborto in atto con
espulsione del prodotto del concepimento, aborto settico, aborto ricorrente.
In base all’Epoca della Gravidanza si parla di aborto precoce se avviene prima della 12^
settimana di gestazione, aborto tardivo se avviene tra la 12^-24^ settimana.
L’Aborto Spontaneo interessa il 10-15% delle gravidanze, può essere dovuto a:
 cause materne locali o generali: ipoplasia uterina, retroversoflessione dell’utero,
incontinenza o insufficienza cervico-istmica post-traumatica o congenita, sinechie uterine da
sindrome di Ashermann, endometriti croniche, interventi chirurgici pregressi, infezioni del
complesso TORCH, ipo o ipertiroidismo grave, diabete mellito, ipertensione arteriosa,
nefropatie, traumi addominali, ipovitaminosi, incompatibilità gruppo sanguigno, insufficienza
del corpo luteo con deficit del progesterone indispensabile per il corretto annidamento
dell’embrione, intossicazioni da piombo, diossina, raggi X, farmaci (methotrexate), fumo.
 cause ovulari: genetiche cioè monosomie, trisomie, triploidie, tetraploidie, oppure deficit dello
sviluppo e differenziazione dell’embrione e annessi come l’agenesia placentare.
 cause paterne: età > 55 anni con anomalie genetiche degli spermatozoi.
La Minaccia d’Aborto si manifesta con metrorragia e dolore: l’emorragia si verifica in seguito a
microdistacchi di tessuto coriale, in genere scarsa e intermittente, di colore rosso vivo se il
sangue viene espulso immediatamente, rosso scuro se ristagna per un certo periodo di tempo nella
cavità uterina prima di essere espulso ma in tal caso la raccolta ematica rappresenta un fattore
prognostico sfavorevole perchè può favorire il distacco della placenta con sanguinamento rosso
vivo. Il dolore è modesto, dovuto a contrazioni uterine intermittenti, localizzato in sede
sovrapubica e lombo-sacrale. Nel 50% dei casi la minaccia di aborto evolve verso l’aborto con
dilatazione del canale cervicale ed espulsione del prodotto del concepimento.
La Diagnosi di minaccia d’aborto si basa su:
 Visita Ginecologica: canale cervicale chiuso, volume uterino normale, emorragia.
 Ecografia: monitorare il battito cardiaco, sviluppo dell’embrione e della camera gestazionale.
La Terapia in caso di minaccia d’aborto consiste nel riposo a letto, farmaci rilassanti uterini o βstimolanti, progesterone in caso di insufficienza del corpo luteo, sedativi, cerchiaggio cervicale in
caso di insufficienza cervico-istmica. In caso di camera gestazionale vuota o assenza del battito
cardiaco fetale all’ecografia si ricorre allo svuotamento della cavità uterina.
L’Aborto Inevitabile e in Atto si manifesta con emorragia intensa con emissione di sangue
rosso vivo misto a coaguli e materiale coriale, dolore intenso, canale cervicale pervio, utero di
volume più piccolo rispetto all’età gestazionale, bassi livelli di β-HCG, l’ecografia evidenzia
l’assenza del battito cardiaco fetale ed è utile per la diagnosi di conferma di aborto completo o
incompleto: in caso di aborto completo si ha l’emissione di tutto il materiale fetale verso
l’esterno con regressione dei sintomi e chiusura del canale cervicale, mentre in caso di aborto
incompleto si ha la ritenzione di materiale fetale con lieve attenuazione della sintomatologia
ma a rischio di sovrainfezione intrauterina, ecco perchè si ricorre alla revisione della cavità
uterina ripulendola accuratamente, associata a profilassi antibiotica a largo spettro e ossitocina.
L’Aborto Interno è l’interruzione della gravidanza per la morte endouterina dell’embrione entro
la 12^ settimana o del feto entro la 24^ settimana, senza espulsione dell’embrione o del feto.
Dal punto di vista Clinico l’aborto interno può essere asintomatico con diagnosi occasionale,
oppure si ha la scomparsa dei fenomeni simpatici della gravidanza, l’utero non è contratto ed è
di piccole dimensioni rispetto all’età gestazionale, il canale cervicale non è pervio mentre le
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perdite ematiche sono scarse o assenti. L’Ecografia è utile per la diagnosi di conferma con
assenza del battito cardiaco fetale o dei movimenti fetali a seconda dell’età gestazionale.
La Terapia avviene con candeletta vaginale con analogo della PGE2 o misoprostol, dilatazione del
canale cervicale, aspirazione o estrazione con pinza ad anelli, ossitocina.
L’Aborto Settico in genere è dovuto ad aborti clandestini in ambienti non sterili oppure si deve
a complicanze infettive di un aborto incompleto o interno con infezione localizzata all’utero o
diffusa alla pelvi e ai vasi pelvici con tromboflebiti, febbre alta preceduta da brividi, perdite
genitali siero-ematiche, purulente, utero gravidico dolente, peritonite generalizzata con dolore
addominale diffuso, reazione di difesa, sepsi. La Terapia avviene con antibiotici ad ampio spettro
d’azione associata allo svuotamento dell’utero per evitare la sepsi.
L’Aborto Ricorrente viene distinto in aborto ripetuto e abituale:
 aborto ripetuto: anamnesi ostetrica + per 2 aborti consecutivi.
 aborto abituale: anamnesi ostetrica + per 3 o più aborti consecutivi.
La Diagnosi è preconcezionale con:
 Ecografia transvaginale, Isterosalpingografia e Isteroscopia valutando la presenza di polipi,
fibromi, malformazioni come l’incontinenza cervicale che può essere risolto mediante la tecnica
del cerchiaggio cervicale entro la 16^ settimana di gravidanza in modo da mantenere chiuso
l’orifizio uterino interno, rimuovendolo 2 settimane prima del travaglio.
 Indagini di Laboratorio: funzionalità tiroidea e cortico-surrenalica, dosaggio del progesterone
plasmatico, glicemia, glicosuria, sierodiagnosi per le infezioni del complesso TORCH, HIV..,
incompatibilità del gruppo sanguigno, presenza di Ab anti-eritrociti.
 Analisi cromosomica dei genitori e su materiale abortivo.
La Morte Endouterina del Feto è la morte del feto oltre il 180° giorno di età gestazionale e
prima dell’inizio del travaglio con permanenza del feto in utero, mentre si parla di morte
intrapartum se avviene durante il travaglio.
Dal punto Eziologico la morte endouterina del feto è primitiva, idiopatica ad eziologia sconosciuta
nel 15-30% dei casi oppure è secondaria a cause materne e/o fetali: gestosi, anemia grave con
insufficienza utero-placentare, ipertensione arteriosa preesistente, diabete, infezioni del
complesso TORCH, traumi violenti con distacco della placenta, isoimmunizzazione Rh o AB0,
placenta previa, distacco intempestivo di placenta normalmente inserita, nodi del funicolo,
gravidanza protratta con senescenza placentare, sindrome da trasfusione gemello-gemello.
La Diagnosi di certezza di morte endouterina del feto si basa sull’Ecografia ostetrica
dimostrando l’assenza del BCF e movimenti fetali attivi, montata lattea improvvisa con
turgore e > volume delle mammelle, all’Amnioscopia si osserva un liquido amniotico rossastro.
La Terapia si basa ossitocina, revisione uterina, profilassi delle emorragie e CID.
Il Parto Pretermine è l’espulsione del feto e dei suoi annessi prima della 38^ settimana di
gestazione, tra la 24^ e 36^ settimana, ad alto rischio di morbilità e mortalità perinatale.
Dal punto di vista Eziologico il parto pretermine può essere dovuto a malformazioni uterine o
fetali, beanza cervicale, traumi molto violenti, infezioni del complesso TORCH, diabete,
ipertensione, nefropatie, gravidanza multipla con sovradistensione dell’utero, sofferenza fetale
con ipossia ad esempio da anemia grave, distacco intempestivo della placenta, placenta previa,
rottura prematura delle membrane, polidramnios, oligoidramnios, amniositi.
La Diagnosi di parto pretermine si basa su:
 Anamnesi ed Esame Obiettivo: sintomi e segni del travaglio prima della 38^ settimana di
gravidanza in particolare contrazioni uterine, perdite ematiche, dilatazione del collo uterino.
 Ecografia addomino-pelvica, transvaginale: BCF, rottura membrane, distacco placenta...
La Profilassi è indicata nelle gestanti a rischio in presenza di sintomi e segni di minaccia di parto
pretermine come le contrazioni uterine: evitare sforzi fisici, riposo a letto assoluto, evitare la
stazione eretta prolungata, astinenza sessuale, trattamento e profilassi di infezioni.
La Terapia in caso di minaccia di parto pretermine si basa sulla somministrazione dei tocolitici per
inibire le contrazioni uterine soprattutto se il Ø del collo uterino è < 3 cm, cercando di
posticipare il travaglio, eventualmente si ricorre al cerchiaggio cervicale.
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In caso di parto pretermine dovuto a distacco intempestivo di placenta, rottura prematura delle
membrane, sofferenza fetale acuta... si deve anticipare il travaglio per evitare la morte del feto e
si stimola la maturazione polmonare fetale mediante i cortisonici (betametasone, desametazone).
La Gravidanza Protratta è una gravidanza di durata superiore a 42^ settimane dovuta a
travaglio difficoltoso da utero ipocinetico, mancata dilatazione del canale cervicale e mancata
rottura delle membrane amnio-coriali, oppure probabilmente è dovuta ad un ritardo di annidamento
dell’embrione o ad un rallentato sviluppo dell’embrione o del feto.
La gravidanza protratta è ad alto rischio di mortalità o complicanze perinatali cioè:
 insufficienza placentare da senescenza e oligoidramnios con ipossia fetale acuta.
 traumi da parto: distocia della spalla e cefaloematoma da macrosomia cioè eccessivo sviluppo
embrio-fetale con peso alla nascita > 4 kg.
 sindrome da aspirazione del meconio, convulsioni neonatali precoci.
 sindrome del post-maturo di Clifford rara grazie al taglio cesareo d’urgenza con statura
superiore e peso inferiore alla norma, cute desquamata, grigiastra o giallastra, grinzosa,
liquido amniotico scarso e tinto di meconio.
La Diagnosi si basa sull’Ecografia per valutare correttamente l’età gestazionale con diagnosi
differenziale tra gravidanza protratta e gravidanza erroneamente datata; quantità del liquido
amniotico, movimenti fetali attivi, BCF, sofferenza fetale acuta con ipossia alla Cardiotografia.
La Terapia si basa sulla induzione farmacologica del travaglio mediante ossitocina per via e.v.
stimolando le contrazioni uterine se il collo uterino è maturo, amnioressi per rompere il polo
inferiore delle membrane, taglio cesareo.
L’Interruzione Volontaria della Gravidanza è regolamentata dalla Legge n° 194 del 22
Maggio 1978 (art. 4) in base alla quale l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi 90
giorni può essere richiesta dalla gestante quando la prosecuzione della gravidanza, il parto o la
maternità possono rappresentare un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione
al suo stato di salute, alle sue condizioni economiche, sociali o familiari, alle circostanze in cui
è avvenuto il concepimento, in previsione di anomalie o malformazioni del feto.
La donna deve presentarsi ad un consultorio familiare, ad una struttura regionale socio-sanitaria
abilitata o ad un medico di fiducia che in base all’Articolo 5:
─ devono sottoporre la donna a tutti gli accertamenti sanitari per valutare i fattori di rischio
della gravidanza, nel rispetto della dignità, libertà e riservatezza della donna.
─ devono esaminare con la gestante e il padre del concepito, se la donna lo consente, le
circostanze che inducono la donna a chiedere l’interruzione volontaria della gravidanza,
valutando le possibili soluzioni soprattutto quando la richiesta sia legata alle condizioni
economiche, sociali o familiari, cercando di aiutare la gestante ad eliminare le cause e a
sostenerla, far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, offrendole tutti gli aiuti necessari
sia durante la gravidanza che dopo il parto.
In caso di situazioni di serio pericolo per la vita della donna, il medico che effettua la consulenza
deve rilasciare immediatamente alla donna il certificato attestante l’urgenza che consente alla
donna di presentarsi in una delle sedi autorizzate a praticare l’interruzione della gravidanza,
altrimenti rilascia una copia di un documento firmato anche dalla donna, attestante lo stato di
gravidanza e l’avvenuta richiesta di interruzione volontaria della gravidanza, e la invita ad aspettare
7 giorni, al termine dei quali la donna può presentarsi per ottenere l’interruzione della gravidanza
nelle sedi autorizzate dall’Articolo 8 cioè da un medico del servizio ostetrico-ginecologico presso
un ospedale pubblico o cliniche private specializzate e autorizzate.
L’Articolo 6 stabilisce che l’interruzione volontaria della gravidanza dopo i primi 90 giorni può
essere praticata quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della
donna, quando siano accertate malformazioni o processi patologici del feto che determinano un
grave pericolo per la salute psichica o fisica della donna.
L’Articolo 7 stabilisce che i processi patologici che consentono di ricorrere all’interruzione
volontaria della gravidanza dopo i primi 90 giorni devono essere accertati da un medico del
servizio ostetrico-ginecologico dell’ente ospedaliero in cui deve praticarsi l’intervento. Il medico
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può avvalersi della collaborazione di specialisti cardiologi, nefrologi, genetisti..., deve fornire la
documentazione e la certificazione al direttore sanitario dell’ospedale. In caso di pericolo
imminente per la vita della donna si esegue tempestivamente l’interruzione della gravidanza
senza rispettare la prassi, anche al di fuori della sede prevista, comunicando la situazione al
medico provinciale. Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l’interruzione
della gravidanza può essere praticata solo quando la gravidanza o il parto comportino un grave
pericolo per la vita della donna, mentre il medico che esegue l’intervento deve adottare tutte le
misure idonee per salvaguardare la vita del feto.
L’Articolo 9 stabilisce che il medico e il personale sanitario possono astenersi dal praticare
l’interruzione della gravidanza in caso di obiezione di coscienza dichiarata mediante opportuna
certificazione al medico provinciale e al direttore sanitario dell’ospedale.
L’obiezione di coscienza viene respinta quando l’intervento è necessario per salvare la vita della pz.
Patologie degli Annessi Fetali
Le patologie degli annessi fetali comprendono le patologie della placenta, patologia del
funicolo ombelicale, patologia del liquido amniotico e delle membrane amnio-coriali.
Le PATOLOGIE della PLACENTA sono rappresentate dalla placenta previa e dal distacco
intempestivo della placenta normalmente inserita.
La Placenta Previa è l’inserzione della placenta a livello dell’istmo uterino, più frequente nelle
pluripare, causata da anomalie di vascolarizzazione e del trofismo uterino in caso di endometriti
pregresse, fibromiomi, gravidanze multiple, malformazioni uterine.
La placenta previa viene distinta in centrale totale quando ricopre tutto l’orifizio uterino interno,
centrale parziale quando ricopre parzialmente l’orifizio uterino interno, marginale quando
giunge a meno di 3 cm dall’orifizio uterino interno, laterale quando giunge a più di 3 cm.
I Sintomi in genere si manifestano nel 3° trimestre in seguito alla distensione dell’istmo uterino
con formazione del segmento uterino inferiore e distacco della placenta dalla decidua
sottostante essendo poco elastica, con conseguente emorragia più o meno abbondante di colore
rosso vivo, senza dolore, ad alto rischio di anemia, shock, deficit degli scambi materno-fetali con
iposviluppo fetale, nascita prematura, difficoltà di distacco della placenta nel post-partum con
rischio di emorragie severe e infezioni puerperali.
La Diagnosi avviene mediante l’Ecografia sin dal 1° trimestre di gravidanza osservando che la
placenta è inserita più in basso. La diagnosi differenziale è con:
─ distacco intempestivo di placenta normalmente inserita caratterizzata da emorragia scarsa con
sangue rosso scuro, dolore, contrazioni uterine, spesso associata a preeclampsia.
─ emorragia da varici vulvo-vaginali o carcinoma del collo dell’utero (rare).
La Terapia si basa sul riposo assoluto, somministrazione di tocolitici e antispastici per inibire le
contrazioni uterine, mentre in caso di sofferenza fetale si ricorre al parto cesareo controllando
l’emorragia e infezioni nel post-partum.
Il Distacco Intempestivo di placenta normalmente inserita nella cavità uterina può
essere parziale o totale, prematuro se avviene durante la gravidanza quiescente o precoce se
avviene durante il travaglio. Tra i Fattori di Rischio abbiamo:
 ipertensione essenziale e diabete preesistenti o gestosi in gravidanza.
 traumi addominali violenti.
 sovradistensione uterina da gravidanza gemellare, polidramnios, macrosomia fetale...
 insufficienza della circolazione utero-placentare da anemia materna, torsione utero gravidico o
da compressione della vena cava inferiore con stasi di sangue venoso agli arti inferiori.
 endometrite, leiomiomi, malformazioni, cicatrici da taglio cesareo pregresso, anomalie placentari.
 cause generali: età > 35 anni, multiparità, malattie infettive, intossicazioni da piombo,
nicotina, sforzi fisici eccessivi (tosse, defecazione, sollevamento pesi)..
Il distacco si verifica a livello della decidua basale in seguito alla rottura di un’arteriola con
emorragia che può essere contenuta dai margini della placenta in caso di distacco parziale
oppure emissione di sangue all’esterno in caso di distacco totale. Nei casi più gravi si forma un
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ematoma retroplacentare che infiltra il miometrio provocando un’apoplessia utero-placentare
cioè la rottura dei vasi con emorragia massiva e dissociazione dei tessuti.
Dal punto di vista Clinico si fa una distinzione tra forma lieve, moderata e grave:
 forma lieve: emorragia vaginale assente o < 100 ml, lieve contrattura uterina.
 forma moderata da distacco parziale: emorragia vaginale moderata da 100 a 500 ml, >
contrattura uterina, segni iniziali di shock con ipotensione arteriosa, pallore della cute e
mucose, disuria, sofferenza fetale acuta con BCF < 120 batt/min.
 forma grave da distacco totale: contrazioni uterine tetaniche, dolorose con utero di
consistenza lignea, emorragia massiva > 500 ml fino allo shock ipovolemico, sofferenza fetale
acuta fino alla morte, CID, insufficienza renale acuta con anuria e morte della pz.
La Diagnosi di certezza di distacco di placenta avviene mediante l’Ecografia, mentre le Indagini
di Laboratorio evidenziano la presenza di anemia più o meno grave, < piastrine e fibrinogeno, >
prodotti di degradazione del fibrinogeno. La diagnosi differenziale è con la placenta previa,
rottura dell’utero, metrorragie da varici vulvo-vaginali o carcinoma cervicale.
E’ importante la Prevenzione riducendo tutti i fattori di rischio, monitorando la salute maternofetale e lo sviluppo del feto in caso di distacco parziale, fino alla fine della gravidanza.
In caso di distacco totale si ricorre al taglio cesareo d’urgenza in modo da ridurre il rischio di
mortalità fetale e morbilità materna, ripristinare le perdite ematiche, terapia eparinica per evitare
l’insorgenza di CID, fino all’isterectomia totale in caso di apoplessia utero-placentare.
Le Patologie del Funicolo Ombelicale sono rappresentate da:
 anomalie d’inserzione: normalmente il funicolo è inserito centralmente sulla faccia fetale del
disco placentare, alcune volte l’inserzione è marginale o a racchetta senza pericoli per il feto,
raramente è velamentosa cioè il funicolo si inserisce sulle membrane ad una certa distanza dal
bordo placentare mentre i vasi ombelicali decorrono ad una certa distanza tra corion e amnios prima
di raggiungere la placenta, ad alto rischio di rottura prematura delle membrane, compressione
dei vasi durante il travaglio, emorragie da rottura dei vasi fetali con ipossia fetale, anemia e
morte endouterina del feto se non si interviene subito con taglio cesareo.
 anomalia di lunghezza: normalmente il funicolo ha una lunghezza variabile da 30 a 65 cm; in
caso di funicolo > 65 cm si può avere la comparsa di nodi, procidenze, prolassi, in caso di funicolo
< 35 cm si parla di brevità ad alto rischio di distacco intempestivo di placenta, raramente si ha
l’agenesia del funicolo con feto collegato alla placenta mediante un’ernia ombelicale.
 giri del funicolo: possono causare problemi nel periodo espulsivo con ostacolo alla circolazione
del sangue attraverso i vasi ombelicali, sofferenza fetale, raramente distacco della placenta,
inversione dell’utero, ernia ombelicale, rottura del funicolo.
 nodi falsi: tumefazioni dovute all’addensamento della gelatina di Warthon intorno alle anse
vascolari lungo il decorso del funicolo, in genere non pericolosi per il feto. La gelatina di Warthon
è un tessuto connettivo molto lasso che circonda e protegge i vasi ombelicali.
 nodi veri: si formano in seguito al passaggio del feto in un’ansa del funicolo stesso con
sofferenza fetale e ipossia durante i movimenti fetali e il periodo espulsivo.
 torsione: in genere la torsione si ha lungo l’asse longitudinale del funicolo, può essere modesta
o grave con disturbi ischemici e ipossia fetale.
 procidenza: è la presentazione di una o più anse del funicolo davanti della parte presentata,
prima della rottura delle membrane.
 prolasso: è la fuoriuscita di una o più anse del funicolo prima della parte presentata dopo la
rottura delle membrane soprattutto se la testa fetale non è impegnata nello stretto superiore del
bacino, con compressione del funicolo tra testa fetale e bacino osseo materno con ipossia fetale
grave, emissione di meconio e morte del feto, per cui è importante il taglio cesareo d’urgenza.
Il prolasso del funicolo può essere dovuto a multiparità, anomalie del canale del parto,
presentazione anomala, prolasso degli arti, iposviluppo fetale, gravidanza gemellare,
malformazioni fetali (anencefalia), polidramnios, placenta previa, lunghezza eccessiva del
funicolo, rottura intempestiva delle membrane..
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Le Patologie del Liquido Amniotico sono dovute ad un deficit dell’equilibrio tra produzione e
riassorbimento del liquido amniotico con anomalie quantitative del liquido amniotico cioè
polidramnios, oligoidramnios e anidramnios, distinte in forme primitive presenti sin dalle fasi
iniziali e forme secondarie che insorgono progressivamente durante la gravidanza.
Si parla di Polidramnios o Idramnios quando il volume liquido amniotico è > 1700-1900 ml, nel
70% dei casi è idiopatico, ad eziologia sconosciuta, nel 30% dei casi è secondario a:
─ cause fetali: malformazioni come l’atresia esofagea con ostruzione della deglutizione del
liquido prodotto dall’apparato urinario, scompenso cardiocircolatorio fetale da cardiopatie, aritmie
(tachicardia, blocchi AV), membrane amniotiche spesse con deficit dell’assorbimento.
─ cause materne: gravidanza gemellare con sindrome da trasfusione gemello-gemello, diabete
con iperglicemia e glicosuria nel feto.
Dal punto di vista Clinico il polidramnios può essere acuto o cronico.
La forma acuta insorge in modo brusco nel giro di pochi giorni, tra la 20^ e 30^ settimana, fino
a 10000 cc, tale da provocare l’aborto, sovradistensione uterina, > volume addominale con
dolore, dispnea perchè il diaframma viene spinto verso l’alto, alterazioni del circolo renale con
proteinuria, ritenzione di liquidi, edemi agli arti inferiori.
La forma cronica insorge in maniera subdola, lentamente, dopo la 30^ settimana con
sovradistensione dell’utero, insufficienza cervico-istmica, rottura prematura delle membrane
con parto pretermine oppure prolasso del funicolo, distacco intempestivo della placenta da
rapido svuotamento del liquido amniotico con emorragie gravi ad alto rischio di mortalità.
La Diagnosi si basa sull’Ecografia osservando l’> volume di liquido amniotico come una massa
ipoecogena, omogenea, massima tasca verticale > 8 cm e AFI (indice flusso amniotico) > 24 cm.
La Terapia prevede il riposo assoluto, monitoraggio feto-placentare, amniocentesi transaddominale
con aspirazione lenta del liquido amniotico in caso di difficoltà respiratoria nella gestante.
Si parla di Oligoidramnios quando il volume liquido amniotico è ≤ 300 ml, denso, vischioso,
torbido, con AFI < 3 cm, mentre si parla di Anidramnios se il liquido amniotico è assente e non si
evidenziano tasche di liquido amniotico all’ecografia.
Dal punto di vista Eziologico può essere dovuto a insufficienza placentare secondaria a ipovolemia
materna con deficit dell’irrorazione placentare e della produzione di liquido, uso di farmaci
(FANS) che < la diuresi fetale, gravidanza protratta con senescenza placentare, agenesia dei reni
e ostruzione vie urinarie, infezioni della membrana amniotica e rottura prematura delle membrane.
Dal punto di vista Clinico l’oligodramnios si manifesta con < del volume uterino, addossamento
delle pareti uterine al feto con deformazioni come lussazione dell’anca, dismorfismi facciali e
soprattutto ipoplasia polmonare nelle forme severe e precoci, prima della < 24^ settimana con
compressione del torace e deficit dei movimenti fetali attivi, << P endoamniotica con flusso di
liquido dall’interno all’esterno del polmoni, incompatibile con la vita fetale.
La Terapia si basa sul taglio cesareo d’urgenza.
Le Patologie delle Membrane Amniocoriali sono rappresentate dalla Rottura Intempestiva
delle Membrane con fuoriuscita del liquido amniotico spesso dovuta a incontinenza cervicoistmica con esposizione precoce del polo inferiore delle membrane alla flora batterica vaginale
con corioamnionite cioè infezione delle membrane amniocoriali oppure dovuta a
sovradistensione uterina da polidramnios, gravidanza multipla, macrosomia fetale...
La rottura intempestiva delle membrane viene distinta in prematura e precoce:
 rottura prematura delle membrane cioè prima del travaglio, responsabile di aborto (< 6°
mesi) o parto pretermine con immaturità polmonare.
 rottura precoce delle membrane all’inizio del travaglio prima della dilatazione cervicale.
Dal punto di vista Clinico la rottura intempestiva delle membrane può essere asintomatica o si
manifesta con una lieve perdita di liquido amniotico, spesso confusa dalla donna come una perdita
di urine in caso di rottura alta o se la testa fetale è già impegnata nello stretto superiore del bacino
mentre in caso di rottura a livello del polo inferiore delle membrane si ha la perdita improvvisa e
abbondante di liquido amniotico chiaro che bagna completamente gli indumenti e le gambe della
donna, associato a contrazioni irregolari con brusca < P endoamniotica e compressione del feto
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da parte delle pareti uterine con deficit dei movimenti fetali, deformazioni e ipossia fetale. Inoltre
la rottura delle membrane può favorire il prolasso del funicolo se la testa fetale non è già impegnata
nello stretto superiore del bacino con compressione dell’ansa funicolare prolassata tra la testa
fetale e le ossa del bacino materno con ipossia del feto.
La Diagnosi si basa sull’esplorazione vaginale o amnioscopia osservando la rottura delle
membrane, esame microbiologico del liquido amniotico per valutare la presenza di infezioni,
cardiotografia per valutare la presenza di sofferenza fetale con ipossia.
La Terapia si basa su antibiotici e se il travaglio non insorge spontaneamente entro 12-24h dalla
rottura delle membrane si ricorre all’induzione farmacologica con ossitocina e taglio cesareo.
Patologie del Parto
Le Patologie del Parto sono rappresentate dalle distocie e anomalie di presentazione.
Le DISTOCIE sono alterazioni della meccanica e dinamica del parto con parto distocico.
Le distocie di natura meccanica comprendono le distocie del canale del parto e del feto o corpo
mobile, mentre le distocie di natura dinamica comprendono le distocie della forza.
Le Distocie del Canale del Parto sono distinte in distocie del canale osseo e delle parti molli.
Le distocie del canale osseo sono dovute ad alterazioni della forma e volume del bacino,
stenosi pelviche con bacino viziato come in caso di cifosi, scoliosi, lussazione congenita
dell’anca, acondroplasia, rachitismo, osteomalacia, responsabili di anomalie morfologiche cioè
bacino piatto con < Ø antero-posteriore, bacino ristretto trasversalmente con < dei Ø trasversi,
bacino totalmente ristretto con < Ø antero-posteriore e trasversi.
Il parametro più importante da valutare durante la gravidanza è la misura della coniugata vera o
ostetrica cioè la distanza tra promontorio del sacro e parte più interna della sinfisi pubica,
normalmente pari a 10,5 cm che rappresenta il minimo spazio utile per il transito fetale.
In base alla lunghezza della coniugata vera possiamo fare una distinzione tra distocia di I grado se
la coniugata vera ha una lunghezza di 8-10 cm, distocia di II grado se la coniugata vera ha una
lunghezza di 8-6 cm, distocia di III grado se la coniugata vera ha una lunghezza < 6 cm.
La pelvimetria consente di misurare la coniugata esterna cioè la distanza tra l’apofisi spinosa
della L5 e la sinfisi pubica, mentre la 4^ manovra di Leopold è utile per valutare la sproporzione
feto-pelvica con testa fetale che deborda dalla sinfisi pubica formando una specie di scalino.
Le distocie delle parti molli comprendono:
 distocie del corpo uterino soprattutto da fibromi previ localizzati tra la parte presentata e
l’ingresso pelvico con ostacolo meccanico alla progressione del feto oppure responsabile di
presentazioni anomale e deficit delle contrazioni uterine.
 distocie del collo uterino: anomalie di sviluppo, rigidità costituzionale da sclerosi nelle nullipare
in età avanzata, rigidità cicatriziale post-chirurgica o da cervicite cronica, fibromi, carcinomi con
deficit della dilatazione cervicale.
 distocie della vagina, vulva e perineo: malformazioni (setti), stenosi cicatriziali, tumori...
Le distocie del canale del parto possono provocare varie complicanze durante il travaglio tali da
richiedere il taglio cesareo cioè presentazioni anomale, rottura prematura delle membrane,
prolasso del funicolo, deficit delle contrazioni uterine per affaticamento del miometrio con
deficit della dilatazione cervicale, lesioni craniche con comparsa di un tumore da parto
voluminoso, travaglio protratto con sofferenza fetale e ipossia.
Le Distocie del Feto o Corpo Mobile possono essere dovute a eccessivo sviluppo del feto totale
o parziale, anomalie di presentazione, procidenza di piccole parti fetali, impegno simultaneo di
grosse parti di feti gemelli, a cui spesso si associano le distocie annessiali cioè placenta previa,
distacco intempestivo della placenta normalmente inserita, procidenza o prolasso del funicolo,
brevità assoluta del funicolo, rottura intempestiva o ritardata delle membrane amniocoriali...
L’eccessivo sviluppo del feto totale può essere dovuto a:
─ macrosomia: eccessivo sviluppo del feto con peso alla nascita > 4 kg.
─ idrope fetale in caso di malattia emolitica da isoimmunizzazione materno-fetale, fetopatie
infettive soprattutto da Parvovirus B19 e agenesia del dotto toracico.
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─ enfisema sottocutaneo generalizzato in caso di infezione endoamniotica da germi produttori
di gas con morte del feto.
L’eccessivo sviluppo del feto parziale può essere dovuto a idrocefalia fetale da Toxoplasmosi,
tumori voluminosi del collo e del mediastino, idrotorace che impediscono la flessione della testa e
provocano un ostacolo meccanico.
Le Distocie della Forza comprendono le anomalie delle contrazioni uterine e delle forze ausiliari
con travaglio prolungato e difficoltoso, > 14 h nella pluripara e > 20 h nella nullipara.
Tra le Cause più frequenti abbiamo:
 ipocinesi uterina con contrazioni uterine deboli, separate da lunghe pause, fino ad arrestarsi
del tutto, impedendo la dilatazione cervicale, rottura delle membrane, impegno della parte
presentata e progressione del feto nel canale del parto. L’ipocinesi uterina può essere primitiva se
insorge all’inizio del travaglio o secondaria se insorge durante il travaglio dopo una serie di
contrazioni normali, dovuta a primiparità attempata, sovradistensione uterina da polidramnios o
gravidanza gemellare, esaurimento funzionale del miometrio secondaria ad un ostacolo meccanico,
travaglio prolungato con affaticamento muscolare, sproporzione feto-pelvica, forme iatrogene da
eccessiva somministrazione di sedativi.
La Terapia deve essere tempestiva con ossitocina fino al taglio cesareo d’urgenza.
 ipercinesi uterina con contrazioni uterine intense e frequenti nel tentativo di superare un
ostacolo meccanico durante la fase di impegno e progressione del feto come un fibroma,
sproporzione feto-pelvica, presentazione anomala, procidenza di piccole parti fetali come la
mano posta al davanti della testa fetale, oppure si tratta di forme iatrogene da dosi eccessive e
protratte di ossitocina, PG... L’ipercinesi uterina può favorire la rottura prematura delle
membrane, spesso evolve verso l’ipocinesi da stress funzionale con arresto del travaglio ad alto
rischio di morte del feto per ipossia, minaccia di rottura dell’utero dovuta a stiramento eccessivo
del segmento uterino inferiore, retrazione del corpo uterino che assume una forma a clessidra
con formazione del cercine di Bandl che separa il corpo dal segmento uterino inferiore e tende a
risalire al di sopra della linea ombelicale trasversa, fino alla rottura dell’utero vera e propria con
lacerazione estesa del segmento uterino inferiore, caduta del feto in cavità peritoneale,
retrazione totale dell’utero con distacco della placenta e morte del feto, lacerazione di grossi vasi
con emoperitoneo più o meno grave ad alto rischio per la vita della donna.
La Terapia si basa sulla somministrazione di tocolitici per inibire le contrazioni uterine o taglio
cesareo d’urgenza, suturare i tessuti lacerati, isterectomia in caso di rottura dell’utero.
 discinesia spastica del collo dell’utero: contrazione spastica della cervice uterina che diventa
rigida ed inestensibile impedendo la maturazione e dilatazione del collo dell’utero con travaglio
prolungato, spesso da somministrazione eccessiva di ossitocina che bisogna subito sospendere e
somministrare antispastici.
 anomalie delle forze ausiliari da esaurimento fisico, ansia, paura o rifiuto, anomalie anatomiche
della parete addominale preesistenti come ernie e cicatrici laparotomiche.
Le Anomalie della Presentazione sono rappresentate dalle presentazioni cefaliche anomale,
presentazione podalica e presentazione di spalla.
Tra le presentazioni cefaliche anomale abbiamo:
─ presentazione di bregma: testa dritta sul tronco senza flessione o estensione. All’esplorazione
vaginale l’indice di presentazione è rappresentato dalla fontanella anteriore o bregmatica. In tal caso
la progressione è rallentata ma i movimenti fetali di disimpegno sono eseguiti correttamente,
al massimo possiamo accelerare il parto con ossitocina.
─ presentazione di fronte: testa lievemente estesa sul tronco come se il feto avesse lo sguardo
rivolto verso il cielo. All’esplorazione vaginale l’indice è rappresentato dalla radice del naso. E’
necessario il taglio cesareo perchè il feto si presenta al momento dell’impegno con il Ø cefalico
mentoniero-sopraoccipitale sfavorevole.
─ presentazione di faccia: testa estesa al massimo sul tronco con l’occipite appoggiato sulla
colonna cervico-dorsale. All’esplorazione vaginale l’indice è rappresentato dal mento. Il feto si
presenta all’impegno con il Ø mento-bregmatico, per cui esegue un movimento di iperestensione
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delle testa presentandosi con il Ø mento-frontale, ruota in avanti nel canale del parto e flette la
testa in avanti, altrimenti si ha l’arresto del parto.
La presentazione di spalla dx o sx si verifica in caso di situazione del feto obliqua o trasversa
dovuta a malformazioni dell’utero, gravidanza gemellare, polidramnios. All’esplorazione
vaginale l’indice di presentazione è rappresentato dall’acromion. Si esegue il taglio cesareo per
evitare la morte del feto e la rottura dell’utero.
La distocia delle spalle si verifica in caso di sproporzione feto-pelvica o dopo un travaglio
regolare con espulsione della testa mentre le spalle restano bloccate al di sopra dello stretto
superiore del bacino. In tal caso bisogna intervenire tempestivamente nel giro di 5-10 min,
liberando le vie respiratorie del feto dal muco, eseguendo manovre esterne come la pressione
sovrapubica premendo con un pugno in modo da far scivolare lateralmente la spalla bloccata,
oppure ricorrendo alla manovra interna di Jacquèmier introducendo una mano in vagina facendola
scivolare lungo la concavità sacrale lateralmente al promontorio fino a raggiungere il braccio del
feto, tirandolo in basso delicatamente per evitare le rotture della clavicola, omero, lesioni del plesso
brachiale, fino a farlo fuoriuscire dalla vagina, favorendo l’espulsione del tronco fetale.
Nella presentazione podalica il feto conserva la normale situazione longitudinale ma la testa è
accolta in alto nel fondo dell’utero e il podice in basso nel segmento uterino inferiore.
In genere dovuta a prematurità oppure a iposviluppo fetale (IUGR), idrocefalo, viziature pelviche,
malformazioni uterine. La presentazione podalica viene distinta in una varietà completa quando si
presentano le natiche e i piedi mentre le gambe e le cosce sono flesse sull’addome, come se il
bambino fosse seduto sui talloni, varietà natiche sole quando si presentano solo le natiche mentre
le gambe sono estese sul tronco e i piedi sono all’altezza della faccia, varietà mista se una gamba
è estesa, l’altra è flessa. Nella presentazione podalica spesso la parte presentata non presenta un
peso sufficiente per favorire la completa dilatazione cervicale, rendendo difficile il passaggio della
testa con traumi, lesioni da stiramento del plesso brachiale, danni cerebrali e del midollo
spinale, morte.
Malattie Infettive in Gravidanza
Tra le malattie infettive in gravidanza abbiamo le infezioni del complesso TORCH cioè
Toxoplasma, Other agents, Rosolia, CMV, Herpes Simplex Virus... ad alto rischio di aborto,
malformazioni fetali soprattutto nel I trimestre quando il feto è più vulnerabile, mentre nel II e III
trimestre il feto presenta alcuni sistemi di difesa cioè la barriera placentare più matura e
anticorpopoiesi fetale con produzione di Ab di classe IgM intorno alla 20^ settimana, per cui la
loro presenza nel circolo fetale è indice di infezione fetale in atto perchè rispetto alle IgG materne
non riescono ad attraversare la barriera placentare.
La Toxoplasmosi è provocata dal Toxoplasma gondii protozoo diffuso in tutto il mondo che
svolge il ciclo biologico sessuato sporogonico nel gatto che è l’ospite definitivo e il ciclo
asessuato schizogonico nell’uomo che è l’ospite intermedio.
Il gatto elimina attraverso le feci ~ 10 milioni di oocisti/die per 3 settimane mentre la
trasmissione dell’infezione all’uomo può avvenire per ingestione di carne cruda o poca cotta,
frutta e verdura non lavata, durante la gravidanza da madre a feto per via transplacentare.
Dal punto di vista Clinico la toxoplasmosi è asintomatica nel 90% dei casi mentre nel 10% dei
casi si ha un quadro simil-mononucleosico con linfoadenopatia generalizzata con interessamento
dei linfonodi latero-cervicali, occipitali, sovraclaveari, ascellari e inguinali con lieve > di
volume dei linfonodi, febbricola, astenia, raramente epatosplenomegalia.
La Toxoplasmosi congenita secondo il dogma di Sabin non si verifica se le mamme sono
sieropositive cioè presentano Ab anti-toxoplasma già prima della gravidanza mentre il rischio è alto
nelle mamme sieronegative a stretto contatto con gatti o che si recano nelle aree endemiche
con infezione primaria in gravidanza, parassitemia elevata tale da favorire il passaggio del
parassita per via transplacentare: il rischio di trasmissione è del 25% nel I trimestre ad alto
rischio di aborto e malformazioni congenite, 40% nel II trimestre a rischio di morte intrauterina
e infezioni connatali, 60% nel III trimestre con neonato apparentemente sano.
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Dal punto di vista Clinico la toxoplasmosi congenita può manifestarsi alla nascita sotto 3 forme:
 forma grave: lesioni cerebrali cioè idrocefalia, microcefalia, calcificazione intracranica,
encefalomielite, lesioni oculari cioè corioretinite con grave deficit del visus fino alla cecità.
 forma benigna: corioretinite senza deficit visivo, calcificazioni cerebrali senza danno neurologico.
 forma asintomatica ma con test sierologici +.
La Diagnosi della toxoplasmosi si basa su una serie di test sierologici nella mamma e nel feto.
L’Immunofluorescenza Indiretta IFI e test ELISA sono utili in fase pregravidica e durante la
gravidanza per la ricerca nel siero materno degli Ab anti-toxoplasma IgM e IgG, eseguendo un
controllo sierologico almeno 1 volta/mese fino al termine della gravidanza nelle sieronegative.
In caso di infezione acuta si ha la comparsa di IgM che scompaiono nel giro di 1 anno dopo l’inizio
dell’infezione, mentre le IgG compaiono 1-2 settimane dopo l’inizio dell’infezione, raggiungono
un titolo elevato in 4^-8^ settimana, poi diminuiscono ma restano stabili per tutta la vita.
Il test IgG Avidity è un test di ultima generazione utile per stabilire se la comparsa delle IgG
antitoxoplasma si deve ad un’infezione recente in gravidanza o prima della gravidanza.
In caso di sospetto di infezione congenita possiamo ricorrere all’amniocentesi prima della 18^
settimana, prelevando il liquido amniotico e valutando mediante la PCR la presenza del DNA del
toxoplasma, mentre dopo la 20^ settimana si ricorre alla funicolocentesi prelevando il sangue fetale
dal funicolo ombelicale ed eseguendo l’IFI o la tecnica ELISA per la ricerca delle IgM antitoxoplasma nel sangue fetale prodotte dal sistema immunitario fetale.
Mediante ecografie seriate ogni 3-4 settimane si valuta la presenza di malformazioni fetali
suscettibili di aborto terapeutico.
La Terapia della toxoplasmosi in gravidanza deve essere tempestiva: se l’infezione viene contratta
dalla gestante nelle prime settimane si somministra la spiramicina alla dose di 3 milioni UI per 3
volte/die fine al termine della gravidanza. Alla 16^ settimana di gestazione o dopo 4 settimane
dall’inizio dell’infezione si esegue un’amniocentesi con PCR: in caso di PCR─ si continua con
spiramicina, in caso di PCR+ si ricorre alla pirimetamina alla dose di 50 mg il primo giorno, 25 mg
nei giorni successivi, associata a sulfamidici cioè sulfadiazina alla dose di 3 gr/die in 3
somministrazioni + acido folinico, fino alla fine della gravidanza con pause di 2 settimane ogni 4
settimane di terapia, somministrando durante la pausa la spiramicina.
In caso di toxoplasmosi contratta dopo la 32^ settimana si ricorre a pirimetamina + sulfamidici fino
alla fine della gravidanza.
La Profilassi è importante nelle donne siero─: rispetto norme igieniche, non consumare carne
cruda, lavare frutta e verdura, evitare il contatto con i gatti, evitare i lavori di giardinaggio.
La ROSOLIA è una malattia esantematica tipica dell’età pediatrica causata dal Rubivirus, virus a
RNA a singola elica, trasmessa per via aerea in seguito all’inalazione di secrezioni rinofaringee
espulse da soggetti infetti mediante colpi di tosse o starnuti, oppure per contatto con le urine e
secrezioni cervico-vaginali. Inoltre il 5-20% delle donne in età fertile è recettiva al virus per cui
si può avere la trasmissione dell’infezione per via transplacentare con rosolia congenita: se
l’infezione viene contratta nel I trimestre di gravidanza si ha l’aborto o danni fetali in oltre il 90%
dei casi cioè lesioni oculari come cataratta, microftalmia, glaucoma, corioretinite, lesioni
cardiache come pervietà del dotto arterioso di Botallo, stenosi arteria polmonare, difetto setto
interatriale e interventricolare, lesioni cerebrali come sordità neurosensoriale, microcefalia,
ritardo mentale, iposviluppo fetale con basso peso corporeo alla nascita.
Dopo la 16^-18^ settimana di gestazione il rischio di infezione fetale e malformazioni è molto
basso, il bambino può nascere sano o presenta basso peso alla nascita, malformazioni ossee,
panencefalite rubeolica progressiva mortale.
La Diagnosi di infezione nella gestante è clinica valutando la comparsa del tipico esantema
maculo-papuloso che si diffonde in senso cranio-caudale al volto, tronco e arti con papule rosa
di piccole dimensioni che scompaiono con la digitopressione, febbricola, linfoadenopatie laterocervicali, retronucali, retroauricolari... La sierodiagnosi si basa sulla tecnica ELISA valutando la
comparsa precoce delle IgM che raggiungono il picco nel giro di 7-10 giorni, persistendo in
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circolo per 4 mesi dopo la comparsa dell’esantema mentre le IgG compaiono dopo ~ 2 settimane
dall’esantema, persistono per tutta la vita conferendo immunità, proteggendo dalle reinfezioni.
La diagnosi della rosolia congenita può essere precoce già alla 12^ settimana di gestazione
mediante Villocentesi oppure alla 16^ settimana mediante Amniocentesi valutando mediante la
PCR la presenza dell’RNA virale rispettivamente nei villi coriali e nel liquido amniotico, oppure
diagnosi tardiva alla 22^ settimana mediante Funicolocentesi ricercando le IgM nel sangue fetale.
La Profilassi si basa su:
─ vaccinazione in età pediatrica mediante il vaccino trivalente MPR (morbillo, parotite, rosolia).
─ indagini sierologiche in fase preconcezionale con eventuale vaccinazione almeno 3 mesi prima
di iniziare la gravidanza perchè il virus attenuato provoca viremia con rischio di infezione fetale.
─ indagini sierologiche durante la gravidanza.
Il Citomegalovirus CMV (HSV5) provoca infezioni in tutto il mondo con presenza di Ab in oltre il
90% della popolazione. La trasmissione dell’infezione durante la gravidanza avviene per via
transplacentare nel 7% dei casi, per via verticale nel 28% dei casi durante il passaggio nel canale
del parto, post-partum attraverso il latte materno, per via aerea con inalazione di goccioline di
saliva nei bambini, mentre nei soggetti adulti avviene per via sessuale tipica dei soggetti
omosessuali (100%), trasfusioni di sangue nei politrasfusi o trapianti d’organo.
L’infezione primaria nella donna recettiva può essere asintomatica o si manifesta con febbre,
faringotonsillite, linfoadenopatia e splenomegalia simili alla mononucleosi infettiva ma più lievi
con assenza degli Ab eterofili nel siero.
L’infezione congenita nel 90% dei casi è asintomatica oppure provoca morte neonatale o gravi
danni cerebrali con ritardo mentale e sordità.
L’Ecografia evidenzia la presenza di ritardo di crescita intrauterino o iposviluppo fetale (IUGR),
microcefalia, calcificazioni cerebrali, ventricolomegalia, iperecogenicità delle anse intestinali,
cardiomegalia, epatosplenomegalia. L’Immunofluorescenza Diretta con Ab monoclonali
evidenzia la presenza degli Ag virali, la PCR evidenzia il DNA virale, Elisa e IFI consentono di
valutare la sieroconversione IgM-IgG.
La Terapia si basa sulla somministrazione dell’aciclovir, ganciclovir (teratogeno) o foscarnet.
Le Infezioni da HSV-1 o labiale e HSV-2 o genitale sono le infezioni più rare del complesso
TORCH (1%), raramente viene trasmessa al feto per via transplacentare con aborto nel I
trimestre mentre nel II e III trimestre provoca parto pretermine o una grave fetopatia con
vescicole muco-cutanee diffuse e manifestazioni sistemiche cioè ittero, epatosplenomegalia,
microcefalia, microftalmia, meningoencefalite, corioretinite.
In genere la trasmissione avviene per via verticale durante il passaggio attraverso il canale del
parto in presenza di lesioni genitali materne attive ad alto rischio di encefalite herpetica
necrotico-emorragica in sede temporale spesso mortale oppure il neonato sopravvive ma con
disturbi neuropsichici permanenti, corioretinite, lesioni necrotico-emorragiche al fegato,
apparato respiratorio e surreni oppure si manifesta solo con vescicole muco-cutanee a grappolo.
La Diagnosi in gravidanza si basa sulla tecnica ELISA (sieroconversione), PCR (DNA a doppia elica).
La Terapia si basa sull’Acyclovir per via sistemica o topica efficace nell’adulto e nel neonato.
Tra le altre Infezioni del Complesso TORCH abbiamo:
 Epatite B (HBV): la trasmissione dell’infezione durante la gravidanza si ha da madre HBsAg+
a feto per via transplacentare o verticale. Il 90-100% dei neonati diventa portatore cronico del
virus ad alto rischio di cirrosi ed epatocarcinoma, ecco perchè è importante l’immunoprofilassi con
IgG e la vaccinazione del neonato entro la 1^ settimana dopo la nascita. Nelle donne a rischio di
infezione è importante la Profilassi con screening sierologico preconcezionale (Ag HBs, HBe,
HBc) e vaccinazione.
 Epatite C (HCV): la trasmissione dell’infezione durante la gravidanza avviene per via verticale
in presenza di infezione materna con viremia spiccata e contatto tra feto e sangue materno o
secrezioni vaginali infette.
 HIV: la trasmissione dell’infezione durante la gravidanza si ha da mamma siero+ a feto per via
transplacentare, per via verticale per infezione della placenta o durante il passaggio nel canale
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del parto o post-partum durante l’allattamento al seno. La trasmissione materno-fetale è molto
diffusa nei paesi sottosviluppati mentre nei paesi occidentali è notevolmente < grazie alla terapia
antiretrovirale in gravidanza (AZT), parto cesareo e allattamento artificiale.
 Varicella e Morbillo: infezioni rarissime in gravidanza perchè la maggior parte delle donne
contrae l’infezione durante l’infanzia e presenta protezione immunitaria dalle reinfezioni.
In caso di infezione in gravidanza si ricorre a immunoterapia passiva con IgG.
 Parvovirus B19: responsabile della 5^ malattia esantematica o megaloeritema infettivo,
mentre in caso di infezione in gravidanza provoca idrope fetale da inattivazione
dell’eritropoietina (Epo) da parte del virus con anemia grave e scompenso cardiaco, raramente la
morte endouterina del feto. La diagnosi si basa sulla sierodiagnosi (IgM, IgG) ed ecografia che
evidenzia l’idrope fetale che può essere trattata mediante trasfusioni di sangue per via intrauterina.
 Sifilide: rarissima, supera la placenta dopo la 16^ settimana di gestazione provocando morte o
gravi lesioni neonatali se non viene trattata con penicillina.
 Gonorrea: durante il passaggio nel canale del parto può provocare l’oftalmoblenorrea. In Italia la
legge impone la profilassi neonatale instillando nel sacco congiuntivale nitrato d’argento all’1%,
mentre la terapia nella mamma si basa su penicillina o ampicillina ad alte dosi.
 Chlamydia trachomatis: corioamnionite con rottura prematura delle membrane e parto
pretermine, aborto spontaneo, mortalità perinatale, iposviluppo fetale, congiuntivite,
polmonite interstiziale, otiti e rinofaringiti dopo la nascita. La terapia si basa su macrolidi.
 UTI: infezioni vie urinarie da E. coli, Proteus e Klebsiella responsabili di batteriuria asintomatica
(urinocoltura), cistite e pielonefrite acuta con febbre, dolore dorso-lombare, piuria, parto
prematuro, ad alto rischio di sepsi nella gestante per cui si ricorre ad antibiotici ad ampio spettro.
Diabete in Gravidanza
La gravidanza è una condizione diabetogena, infatti, nella donna sana, non diabetica può favorire
l’insorgenza del diabete gestazionale, nelle donne predisposte può accelerare la comparsa del
diabete, nelle donne diabetiche può favorire la comparsa o peggiorare le complicanze del diabete
soprattutto retinopatia e nefropatia, e la comparsa di varie complicanze fetali e neonatali, per cui
la gravidanza è un fattore di rischio per le donne diabetiche e il diabete è un fattore di rischio
materno-fetale durante la gravidanza.
Durante la gravidanza si ha un notevole stress metabolico con alterazione soprattutto del
metabolismo dei carboidrati favorito dall’intervento di vari fattori diabetogeni o antinsulinici
soprattutto l’ormone lattogeno placentare HPL prodotto dalla placenta intorno alla 10^ settimana
di gestazione, raggiunge il picco verso la 35^-36^ settimana, agisce < l’azione periferica dell’insulina
cioè impedisce al glucosio di penetrare nelle cellule e di essere utilizzato. Nonostante ciò il glucosio
non si accumula nel circolo materno cioè non si ha iperglicemia materna ma il glucosio, date la sue
piccole dimensioni molecolari, attraversa la placenta, passa nel circolo fetale e viene usato dal feto
per soddisfare le sue esigenze energetiche con ipoglicemia nella gestante e iperglicemia nel feto.
Il pancreas della gestante non diabetica reagisce a questa situazione > la produzione di insulina a
livello delle cellule β pancreatiche, mantenendo il metabolismo glucidico materno ad un livello
quasi accettabile, mentre per poter fornire all’organismo materno un materiale energetico
alternativo, l’HPL mobilizza i grassi di deposito che passano in circolo sotto forma di trigliceridi,
glicerolo e acidi grassi liberi, non esterificati che sono usati dalla gestante come fonte di riserva
energetica nel momento in cui l’energia derivante dal metabolismo dei carboidrati si esaurisce.
Nel momento in cui il meccanismo di compenso del pancreas della gestante termina con deficit
della produzione di insulina si ha la comparsa del diabete gestazionale da ridotta tolleranza al
glucosio che in genere tende a scomparire dopo il parto, può presentarsi nelle gravidanze
successive o favorire l’insorgenza del diabete mellito, mentre se la donna era già diabetica in
fase pregravidica si possono avere complicanze materno-fetali.
La Classificazione del diabete in gravidanza secondo White consente di distinguere 8 classi:
 classe A: diabete gestazionale che insorge durante la gravidanza.
 classe B: diabete di durata < a 10 anni, iniziato all’età di 20 anni, senza evidenza di angiopatia.
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 classe C: diabete di durata tra 10 e 20 anni, iniziato tra i 6 e 19 anni d’età, senza angiopatia.
 classe D: diabete di durata > 20 aa, iniziato prima dei 10 aa d’età con segni iniziali di retinopatia.
 classe E: diabete con calcificazione dei vasi pelvici.
 classe F: nefropatia diabetica.
 classe G: retinopatia maligna.
 classe H: arteriosclerosi cardiaca.
Le Complicanze Materno-Fetali in gravidanza sono:
 complicanze materne: ipertensione arteriosa, gestosi, chetoacidosi, retinopatia, nefropatia,
pielonefriti fino a sepsi, aborti ripetuti, parto pretermine, < fertilità, coma diabetico e morte (1%).
 complicanze fetali o fetopatia diabetica:
─ macrosomia con peso alla nascita > 4 Kg (25%) o gigantismo con peso alla nascita > 5 Kg: si
verificano nella seconda metà della gravidanza in seguito alla maturità del pancreas fetale con
iperincrezione di insulina cioè iperinsulinismo fetale per contrastare il notevole passaggio di
glucosio nel circolo fetale secondario a iperglicemia materna. La macrosomia e il gigantismo
possono ostacolare le fasi del travaglio e causare lacerazioni del canale del parto, danni fetali
cioè distocia delle spalle, tumore da parto, fratture ossee, lesioni del plesso brachiale...
─ malformazioni fetali (6-12%): malformazioni SNC cioè difetti del tubo neurale e microcefalia,
malformazioni cardiache cioè coartazione aortica, pervietà dotto di Botallo, cardiomegalia,
malformazioni renali cioè idronefrosi e agenesia renale, malformazioni gastroenteriche cioè
atresia esofagea, duodenale o ano-rettale, ipoplasia del colon..
─ polidramnios: spesso associato a malformazioni dell’apparato digerente come l’atresia
esofagea che impedisce la deglutizione del liquido amniotico.
─ morte improvvisa del feto da insufficienza placentare e ipossia poichè il diabete ha una spiccata
azione lesiva sui vasi, compresi quelli placentari.
Tra le complicanze neonatali abbiamo:
─ crisi ipoglicemia da iperinsulinismo ad alto rischio di mortalità perchè il feto non riceve più
glucosio attraverso la placenta, per cui il neonato da madre diabetica deve essere sottoposto a
infusione di soluzioni glucosate e monitoraggio continuo della glicemia.
─ ipocalcemia (< 7 mg/dl), < magnesio e fosfato secondarie a acidosi metabolica ricorrente nelle
ultime settimane di gravidanza.
─ policitemia con HCT > 65% da iperproduzione di EPO secondaria a insufficienza placentare
con ipossia, spesso associata a iperbilirubinemia da > del catabolismo eritrocitario.
─ cardiomegalia ipertrofica (10%) da iperinsulinismo fetale, spesso si risolve nel 1° anno di vita,
altre volte si ha morte improvvisa per ostacolo all’efflusso ventricolare sx.
─ sindrome da distress respiratorio neonatale: l’insulina inibisce la produzione del surfactant.
La Diagnosi si basa su:
 Anamnesi: età > 35 anni, anamnesi familiare + per diabete (parenti I grado), diabete
preesistente, anamnesi ostetrica pregressa + per diabete gestazionale con notevole > ponderale,
macrosomia fetale, polidramnios, preeclampsia, aborto spontaneo, morte perinatale, parto
pretermine, UTI recidivanti...
 Test di Screening: utili per individuare le gravide con ridotta tolleranza glicidica e la presenza
di diabete gestazionale con glicosuria > 15 mg/dl, glicemia a digiuno > 105 gr/dl e Minicurva da
carico orale di glucosio alla 24^-28^ settimana di gestazione in cui la pz deve assumere 50 gr di
glucosio per os e dopo 1 h si valuta la glicemia. Il test è + se dopo 1 h la glicemia > 140 mg/dl, per
cui in tal caso conviene eseguire la Prova da carico orale di glucosio alla dose di 100 gr con
curva glicemica. Se i test di screening sono + bisogna sottoporre la gestante ad un attento
monitoraggio del metabolismo dei carboidrati, condizioni fetali e della terapia mediante:
─ profilo glicemico valutando la glicemia ogni 2 h in modo da avere un quadro completo delle
oscillazioni glicemiche durante la giornata, mentre nelle pz non ricoverate si ricorre al profilo postprandiale valutando la glicemia 1-2 h dopo ogni pasto valutando l’efficacia della dieta e terapia
insulinica.
─ Hb glicosilata (< 8%), trigliceridemia.
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─ incremento ponderale: deve essere mantenuto nella norma, in media 1 kg/mese o al di sotto
della norma se la donna è obesa o in sovrappeso.
─ valutazione fx renale: nefropatie con alterazione della azotemia, uricemia, creatininemia,
clearance della creatinina chetonuria e microalbuminuria, urinocoltura (UTI).
─ visita oculistica con esame del fondo oculare almeno 1 volta/mese ricorrendo a
fotocoagulazione in caso di retinopatia proliferativa.
Il monitoraggio del feto si basa su Ecografia ostetrica valutando lo sviluppo fetale, liquido
amniotico, movimenti fetali, BCF, Flussimetria-doppler valutando la circolazione maternofetale, Cardiotografia per la diagnosi di sofferenza fetale con ipossia.
La Terapia nelle donne con diabete preesistente si basa sulla terapia dietetica e medica con insulina
per evitare di stimolare sia il pancreas materno che fetale aggravando l’iperinsulinismo.
Nelle donne con diabete gestazionale la terapia è dietetica ipoglicidica con monitoraggio costante
della glicemia: in caso di glicemia a digiuno < 150 mg/dl e < 120 mg/dl 2 h dopo i pasti si
prosegue con la terapia dietetica fino al parto, altrimenti si ricorre a terapia insulinica a dosaggi
sufficienti per normalizzare la glicemia.
Se la terapia dietetica e medica riescono a tenere sottocontrollo il metabolismo materno, la
gravidanza prosegue regolarmente favorendo la crescita e il benessere fetale con parto per via
vaginale, mentre il taglio cesareo è indicato nelle gestanti resistenti alla terapia, macrosomia
fetale, sofferenza fetale con ipossia e altre complicanze che insorgono durante il travaglio.
Gestosi EPH
Le Gestosi sono delle sindromi che si manifestano solo durante la gravidanza che esordiscono
clinicamente con il quadro della preeclampsia ed evolvono verso l’eclampsia imminente e
l’eclampsia convulsiva, che presentano in comune la comparsa di ipertensione arteriosa che
rappresenta una delle complicanze ostetriche più frequenti ad alto rischio di morbilità o
mortalità materna e perinatale.
La Classificazione dell’Ipertensione in gravidanza secondo Davey e MacGillivray (1986) distingue:
 ipertensione e/o proteinuria gestazionale.
 ipertensione cronica e/o nefropatia cronica.
 ipertensione e/o proteinuria non classificabili.
L’Ipertensione e/o Proteinuria gestazionale insorgono per la prima volta dopo la 20^
settimana di gestazione, durante il travaglio o il puerperio, in donne precedentemente sane,
con risoluzione della sintomatologia entro le prime 6 settimane dopo il parto.
In base all’associazione tra ipertensione e proteinuria si può fare una distinzione tra 3 forme:
 ipertensione gestazionale o ipertensione indotta dalla gravidanza (pregnancy-induced
hypertension PIH): caratterizzata solo da ipertensione arteriosa mentre la proteinuria è assente.
 proteinuria gestazionale: caratterizzata solo da proteinuria mentre la P arteriosa è normale.
 preeclampsia o gestosi EPH (8%): caratterizzata da ipertensione arteriosa e proteinuria.
L’Ipertensione cronica e/o Nefropatia cronica possono essere preesistenti alla gravidanza o
riscontrate prima della 20^ settimana di gestazione o persistenti per più di 6 settimane dopo il
parto, distinte in 3 forme:
 ipertensione cronica: caratterizzata solo da ipertensione arteriosa.
 nefropatia cronica: caratterizzata da proteinuria con o senza ipertensione.
 ipertensione cronica con preeclampsia sovrapposta: caratterizzata da ipertensione cronica e
comparsa di proteinuria per la prima volta durante la gravidanza.
L’Ipertensione e/o Proteinuria non classificabili sono diagnosticate per la prima volta dopo la
20^ settimana, senza conoscere l’anamnesi pregravidica.
Durante la gravidanza la pz viene definita ipertesa se la P diastolica è ≥ 90 mmHg in due
successive misurazioni a distanza di 4 h l’una dall’altra, con ipertensione lieve se la P diastolica è <
110 mmHg e ipertensione grave se la P diastolica è ≥ 110 mmHg, mentre la proteinuria è la
presenza nelle urine di una quantità di proteine ≥ 300 mg/24 h.
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Tra i Fattori di Rischio più importanti abbiamo: età materna > 35 anni, primiparità,
gravidanza gemellare, anamnesi ostetrica + per gestosi, ipertensione arteriosa essenziale
pregravidica o ipertensione cronica da alterazioni renali, vascolari o endocrine, nefropatie
cronica con insufficienza renale, diabete mellito e obesità.
I Meccanismi Eziopatogenetici della gestosi ancora non sono chiari, forse dovuta ad
incompatibilità materno-fetale ed enorme risposta immunologica con produzione di Ab diretti
contro gli Ag trofoblastici responsabili di vari danni endoteliali a livello della decidua e anomalie
della placentazione con deficit della circolazione utero-placentare e rilascio in circolo di sostanze
ipertensive, sostanze vasocostrittrici, alterazione della coagulazione con formazione di
microtrombi, alterazione del sistema renina, angiotensina II, aldosterone e ipoperfusione di
vari organi soprattutto reni, fegato e cervello, considerando che rispetto alla gravidanza
fisiologica, nelle pz affette da gestosi si ha un > resistenze vascolari periferiche con < portata
cardiaca, < volume plasmatico e volume ematico con emoconcentrazione cioè > HCT e > [Hb],
mentre la proteinuria provoca ipoalbuminemia con < P colloidosmotica e passaggio di liquidi dal
compartimento intravascolare a quello interstiziale con edema generalizzato.
Dal punto di vista Clinico la sindrome ipertensiva ha un andamento progressivo, infatti esordisce
con la preeclampsia e tende ad evolvere verso l’eclampsia con complicanze spesso drammatiche.
La Preeclampsia o gestosi EPH o gestosi sintomatica si manifesta con edema generalizzato
da abnorme ritenzione idrica particolarmente evidente a livello dei malleoli, regione sovrapubica,
presacrale, palpebre, dita con segno dell’anello, > peso corporeo > 500 gr/sett. dopo la 20^ sett.
di gestazione, ipertensione arteriosa con P arteriosa sistolica > 150 mmHg, P arteriosa
diastolica > 100 mmHg, proteinuria > 0,5 gr/l con presenza nel sedimento urinario di cilindri
granulosi, ialini, globuli rossi secondari al danno renale.
Il laboratorio evidenzia insufficienza renale da lesioni glomerulari in seguito alla formazione
di depositi di materiale fibrinoide subendoteliali con oliguria, ridotta filtrazione glomerulare
plasmatica con > creatininemia e azotemia, < clearance della creatinina ed urea, > uricemia, e
insufficienza epatica di natura ischemica con > enzimi epatici soprattutto transaminasi ALT.
La preeclampsia evolve in maniera insidiosa verso l’Eclampsia Imminente caratterizzata da
alterazioni neurologiche secondarie a ischemia o edema cerebrale con cefalea frontale intensa,
disturbi visivi cioè scotomi scintillanti, amaurosi transitoria, vomito centrale, dolore epigastrico a
barra in seguito alla tensione della capsula glissoniana...
L’Eclampsia Convulsiva si manifesta con accentuazione dei sintomi precedenti, iperreflessia, uno
o più attacchi convulsivi, perdita di coscienza, coma e morte della pz in assenza di terapia.
Inoltre si parla di sindrome HELLP (hemolysis, elevated liver enzymes and low platelets) quando
le Indagini di Laboratorio evidenziano la presenza di emolisi, enzimi epatici elevati, piastrinopenia,
in seguito a manifestazioni multisistemiche cioè epatiche, renali ed encefaliche dovute ad
alterazioni della coagulazione dovute all’attivazione della cascata coagulatoria con piastrinopenia
da formazione di microtrombi nella circolazione periferica, stimolazione della piastrinopoiesi
midollare con comparsa in circolo di piastrine voluminose e > volume piastrinico medio (MPV),
fino alla CID con < [ ] fibrinogeno nel plasma, > prodotti di degradazione della fibrina (FDP) e
del D-dimero responsabile della formazione di trombi di fibrina, < antitrombina III (AT III) che è
il più importante inibitore della trombina attiva. Inoltre si osserva la presenza di schistociti cioè
globuli rossi deformati in seguito al passaggio attraverso arteriole strette o parzialmente occluse da
trombi di fibrina e piastrine, spesso associata a lievi segni di emolisi extravascolare con
conseguente > LDH e < aptoglobina.
Le Complicanze Fetali sono: distacco intempestivo della placenta normalmente inserita,
insufficienza utero-placentare con < scambi materno-fetali, < della crescita fetale, ipossia e
acidosi con morte o danni neurologici permanenti se non si interviene subito con taglio cesareo.
La Profilassi si basa su riposo a letto, evitare stress psico-fisici, dieta ipocalorica e iposodica,
monitoraggio costante di vari parametri materno-fetali cioè misurare la P arteriosa ogni 4 h,
diuresi e proteinuria nelle 24h, peso corporeo ogni 24 h, emocromo con conta piastrinica e
ricerca di schistociti, creatininemia e uricemia, enzimi epatici GOT, GPT, LDH, bilirubinemia,
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antitrombina III... mentre mediante l’Ecografia valutiamo lo sviluppo del feto, volume del
liquido amniotico e movimenti fetali attivi, mediante la Flussimetria-doppler valutiamo la
circolazione utero-placentare e feto-placentare, mediante la Cardiotografia il BCF.
La terapia medica si basa su farmaci antipertensivi come la nifedipina fino a 100 mg/die
eventualmente associato a labetalolo nelle forme più severe. Nelle donne affette da ipertensione
cronica si ricorre all’α-metil-dopa o calcio-antagonisti, mentre i β-bloccanti e ACE-inibitori sono
controindicati perchè responsabili di ritardo di crescita, oligodramnios, malformazioni,
insufficienza renale e morte neonatale.
In caso di oliguria si ricorre all’infusione per via e.v di soluzioni idroelettrolitiche, Ringer lattato e
albumina plasmatica, mentre la terapia anticonvulsionante con solfato di magnesio è utile per
prevenire l’eclampsia. Se lo sviluppo del feto è regolare si prosegue la gravidanza fino alla 36^
settimana con parto per via vaginale, mentre in caso di grave sofferenza fetale o materna,
insufficienza epatica, renale, disturbi visivi, eclampsia si ricorre al taglio cesareo d’urgenza con
parto pretermine, anche se preferibilmente si cerca di giungere almeno alla 34^ settimana di
gestazione, infatti il parto pretermine prima della 34^ settimana è ad alto rischio di mortalità o
morbilità perinatale da sindrome da distress respiratorio, emorragia cerebrale.
Nel post-partum bisogna monitorare la mamma perchè l’eclampsia può insorgere in questo periodo.
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