falconexpressfalconexpress - Istruzione Superiore Giovanni Falcone

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falconexpressfalconexpress - Istruzione Superiore Giovanni Falcone
editoriale
5 Pazienti modello
medicina
7 Nel segno di Ippocrate
8 Il Giuramento di Ippocrate
10 Una voce autorevole al Falcone
11 La medicina non può rinunciare alla sua componente umanistica
14 MDB (metodo Di Bella)
17 Il poeta della scienza
24 Sclerosi multipla
26 Lo stato della ricerca
29 Vox populi, vox dei
31 Fiori di Bach
32 Carpe diem
36 Fitoterapia: perché tanto scetticismo
40 Poche semplici informazioni salvavita
42 Scrubs
il quadrato
44 Il futuro del pianeta dipende solo da noi
46 L’amore per gli animali
fotonotizia
48 Premio Nobel 2012 per la pace all’Unione europea
psicologia
50 Che noia
società
54 Homo sapiens o homo stupidus
letteratura
56 La morte di Ivan Ill’ic
poesie
57 Eros e Thanatos
musica
58 Music Planet
sport
60 Si corre per tanti motivi
62 Tutti pazzi per Ilario
games
64 Avvertenza: i video giochi fanno male
cinema
66 Un nuovo anno tra film e speranze
svago
68 Prof si nasce
70 I giochi di FXP
l’oroscopo
72 Oroscopo Maya
14
FALCONEXPRESS
pazienti modello
Si allunga l’aspettativa di vita, ma diminuisce l’aspettativa di vita sana
C
ari studenti, cari
lettori, ben ritrovati
sulle pagine del nostro magazine.
g
È trascorso molto tempo dal mio ultimo editoriale e nel mezzo abbiamo vissuto un altro
incontro al Bookfeast:
anche quest’anno è stata un’esperienza molto
arricchente, della quale
torno a ringraziarvi.
Sono stata molto colpita
dal tema scelto per il nostro numero monografico e come sempre i redattori di Fxp lo hanno
sviscerato e affrontato
sotto molti aspetti.
Leggendo le ultime statistiche europee, emerge con chiarezza che
l’aspettativa di vita di noi
italiani è in costante aumento negli ultimi dieci anni, ma si è invece ridotta l’aspettativa di vita
sana, soprattutto per le
donne. Significa che viviamo di più, ma quegli
anni che abbiamo “guadagnato” sono anni di
malattia e di “cattiva vita”.
È interessante osservare le statistiche sanitarie sulla sezione Heidi del
sito della Commissione
europea (Heidi è l’acronimo che indica il servizio statistica dell’Unione
europea). Dal confronto
con gli altri Paesi (è pos-
sibile mettere in relazione
il dato italiano con quello di ogni singolo Paese o
con la media del continente in un’infinità di variabili che è molto interessante
correlare) del continente
emerge che noi italiani abbiamo ridotto di molto la
nostra qualità di vita. Meglio di noi non solo le svedesi, finlandesi, olandesi, come potrebbe essere
scontato, ma anche le polacche, le ucraine, le portoghesi.
Cosa succede? Perché ci ammaliamo di più? Stile di
vita errato? Abbiamo lasciato nel cassetto quelle regole di vita che i nostri nonni longevi e più sani ci
avevano tramandato?
Se mi guardo intorno sento di accogliere questa
spiegazione. Senza ridurre il tutto (il discorso è ben
più complesso) al trito e ritrito “logorio della vita moderna” sono convinta che è nel nostro modo di aff
frontare la quotidianità che possiamo trovare una soluzione.
Proprio recentemente l’Aifa
’
, l’agenzia italiana per il
farmaco, ha fatto sapere che è aumentato esponenzialmente l’acquisto di medicine di fascia C e di antidepressivi e psicofarmaci. Capite? Viviamo di più,
assumiamo più medicine e però, giusto per fare un
esempio, dal 2006 ad oggi le italiane hanno perso 10
anni di aspettativa di vita sana. Forse la ricetta, per rimanere in tema, non è quella giusta.
Facciamo un passo indietro, impariamo a prenderci
cura di noi stessi, corpo e mente in un unicum interrelato, facciamo in modo di non aver bisogno di medicine, non intossichiamo il nostro organismo con la
chimica inutile, cerchiamo di essere sani, prima di diventare dei pazienti modello.
Buona lettura!
Stefania DIVERTITO
(Direttore responsabile)
([email protected])
nel segno di IPPOCRATE
I
ppocrate (460-370 a.C.) è considerato
il fondatore della medicina occidentale. Il medico, emblema di un clima
culturale tipicamente ellenico, conferisce
a questa antica pratica la dignità e lo statuto epistemologico e metodologico di
scienza.
Per Ippocrate la medicina deve emanciparsi dalla magia e dalla religione e fondarsi sulla validità oggettiva del metodo
empirico e razionale.
Alcune delle intuizione che si trovano in
quelle opere ippocratiche ritenute certamente autentiche, sorprendono per la
loro sconcertante modernità. Innanzitutto il legame inscindibile tra la malattia,
il carattere dell’uomo e l’ambiente in cui
questi vive; un atteggiamento olistico che
coglie l’uomo nel complesso in cui è inserito, che insegna ad individuare le corrispondenze e il nesso tra causa ed effetto,
nel solco di una concezione tipicamente razionale e filosofica; così il sintomo è
l’espressione evidente di uno squilibrio
più profondo che investe non solo il corpo
ma anche lo spirito (in tale prospettiva, ad
esempio, Ippocrate considera la situazione politica come capace di favorire o danneggiare la salute dell’uomo).
Un’altra concezione rilevante che pone il
medico di Cos come fondamentale nella
nascita della scienza medica è l’antidogmatismo, il rifiuto ad accettare acriticamente visioni e conoscenze precostituite;
l’insofferenza nei confronti di ogni autorità che non si fondi sulla dimostrazione
razionale, sulla condivisione delle informazioni, è tra gli aspetti del pensiero ippocratico che più di altri dovrebbe essere
conservato e difeso oggigiorno.
Ecco quindi che quelle pratiche di guarigione, appannaggio esclusivo di caste sacerdotali, vengono liberate dai lacci della
superstizione e del potere per diventare libera ricerca e prassi medico-scientifica.
Crediamo, tuttavia, che la grandezza di
Ippocrate e di quel mondo che egli rappresenta non consista solo e soprattutto
nello statuto teoretico di scienza con cui
viene fondata la medicina, quanto piuttosto nella prescrizione morale che deve
guidare ogni gesto del medico, nella statura etica dello stesso, nella sua identità
morale.
È tale aspetto, profondamente umanistico, che deve essere rivalutato in un’epoca, come quella attuale, in cui spesso la
scienza medica sembra dimenticare la sua
nobile missione per diventare strumento nelle mani di interessi legati al profitto, al prestigio personale e al potere, in cui
il malato – l’uomo – non rappresenta più
il fine dell’azione medica, ma un semplice mezzo. Il malato, infatti, non è l’involucro di una malattia, ma una persona, con
le sue paure, la sua storia, i suoi diritti e,
in definitiva, la sua dignità. Troppo spesso queste indiscutibili evidenze vengone
ignorate in una lotta contro la patologia
dove l’uomo rimane come sullo sfondo, simile ad uno spettatore ignaro ed impotente.
Il fatto che il Giuramento di Ippocrate, fino
a qualche tempo fa obbligatorio per ogni
giovane medico, sia diventato ora facoltativo, la dice lunga su tale cambiamento di
prospettiva. La medicina, per quanto evoluta, rischia oggigiorno di perdere la propria anima, la propria identità.
Per questo, noi di FXP, nel nostro piccolo,
abbiamo cercato di dare un contributo ad
una presa di coscienza ormai non rinviabile e abbiamo dedicato il numero che state
leggendo al medico greco, simbolo dello
spirito più autentico della medicina.
Riportiamo di seguito il celebre Giuramento.
Buona immersione…
Fabrizio COPERTINO
(Vicedirettore)
FALCONEXPRESS
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
una voce autorevole al falcone
Incontro con il professor Enrico AITINI
I
la medicina non può rinunciare
alla sua componente umanistica
Intervista al professor Enrico AITINI
a cura di Arianna BUCELLA,, Linda SALICI e Lucia TONELLI ((IVAs))
l Tumore, è una massa
di tessuto formato da
cellule che non rispondono più in modo normale
al sistema di controllo del
ciclo cellulare e si dividono in modo eccessivo fino
a formare masse cellulari
anomale. Si è arrivati a capire che la crescita tumorale dipenda dall’angiogenesi, ovvero dalla formazione
di nuovi vasi e quando il
tumore li riceve ha un aff
flusso di sangue maggiore che lo fa crescere diventando più aggressivo.
Inoltre l’ambiente influisce molto sul crearsi dei tumori e in una zona (come
la pianura padana) dove
il tasso d’inquinamento
è molto elevato il rischio
di insorgenza tumorale è
maggiore.
Passando dalle prime tappe dell’800 si è iniziato a
conoscerlo in ambito di
biologia molecolare, uno
dei momenti più significativi della ricerca fu il 2 dicembre 1943, durante la
seconda guerra mondiale,
quando la forza aviatoria
tedesca Luftwaffe sferrò un
attacco nel porto di Bari,
colarono a picco moltissime navi, tra cui il mercantile John Harvey. Questo trasportava cento tonnellate
di prodotti chimici, mostarde azotate, composti particolari che erano stati racchiusi in fusti e autorizzati
danni che provoca. Sono
anche utilizzati farmaci per
bocca che hanno un buon
profilo tossicologico e tollerabilità. Un passaggio notevole rispetto alla chemioterapia è stato quando,
trovandosi davanti a tumori
della prostata e della mammella, che sono spesso orr
monosensibili, si fanno cure
di tipo ormonale che vanil bellissimo libro scritto no a controllare gli ormoni,
dal prof. AITINI insieme a queste sono terapie molto
selettive, non danno tossiSandro BARNI
cità particolari e sono molto ben tollerate. Devo dire
per essere utilizzati come
che anche dalla parte delle
bombe chimiche. Molaziende farmaceutiche si sta
ti marinai morirono, quelli
cercando di creare dei farr
che si salvarono da li a pomaci con i minori effetti colchi giorni cominciarono
laterali possibili.”
a manifestare dei disturSpesso ci si pone la dobi particolari, degli effetti
manda se il tumore sia eretossici sulla cute, ma moditario o no, e a questo
strarono soprattutto delproposito l’oncologo rile febbri e delle emorragie
sponde che attualmente
inspiegabili. Questi venc’è un rischio generico per
nero trasferiti nell’ospedale di New York e si capì che le famiglie “le conoscenze attuali ci dicono che solo
quelle sostanze avevano
alcuni tipi di famiglie erediportato un danno al mitano alcuni tipi di tumore,
dollo osseo, colpendo così
sono la minor parte”,
” i tipi
progenitori delle cellule
tumorali trasmettibili sono
presenti nel sangue.
il tumore della mammelle,
Dall’incontro con il Dotdell’ovaio, e alcuni tumori
tor Aitini, ematologo della
del colon.
scuola di Bologna e mediLo stato d’animo del paco con una specializzazioziente oncologico inoltre,
ne oncologica nell’ospeè molto importante, questi
dale di Mantova, è emerso
deve essere sostenuto dalche “oggi come oggi non ci
la famiglia e così affrontesono alternative alla cherà con maggior coraggio
mioterapia, purtroppo siale cure .
mo tutti consapevoli dei
a cura di Alice GHIROLDI ((IIICri))
B
uongiorno Dottor Aitini, innanzitutto la ringrazio per essere qui con
me e potermi concedere un’intervista. In secondo luogo partirei subito
con una domanda: come
è ben noto, il suo lavoro
è a stretto contatto con
i sentimenti delle persone e con uno degli eventi
più brutti che una persona possa vivere sulla propria pelle, la morte. Lei
come affronta la sua professione, in maniera fredda e distaccata, oppure
si fa coinvolgere dai casi
dei suoi pazienti?
Io personalmente sono comunque coinvolto, perché
generalmente un paziente la cui malattia evolve in
senso negativo, non è un
paziente che si conosce un
giorno e muore il giorno seguente, con il quale quindi
non hai il tempo di stabilire un rapporto. In genere, il
tumore è una malattia che
evolve gradualmente nel
tempo, grazie anche ai progressi terapeutici al giorr
no d’oggi che hanno consentito anche ai pazienti
che non guariscono delle
lunghe sopravvivenze. Durante questi lunghi lassi di
tempo, succede che al di
là dell’aspetto puramente
medico si mettono in gioco anche dei valori umani e
delle conoscenze dei propri
modi di intendere la vita.
Nasce quindi un rapporto
che esula in qualche modo
o che è in qualche maniera
collaterale al legame medico-paziente, nel senso di
persone che offrono un aiuto e persone che hanno bisogno
g di un aiuto in termini puramente scientifici. È
chiaro che c’è sempre una
sofferenza, non solo da
parte del medico, ma anche da parte dell’equipe, in
quanto si instaurano delle relazioni così forti che intraprendono un percorso
comune, perché alla fine diventa un “camminare insieme”, cercando di capire le
difficoltà l’uno dell’altro.
Capisco che il suo rapporto medico-paziente è
fondamentalmente basato sulla fiducia e sulla sincerità. Perciò immagino
che quando ha dovuto
comunicare al paziente e
alla sua famiglia i verdetti finali di questo “camminare insieme” non ha
mai preferito omettere la
verità.
Sì, ovviamente dire la verità non significa consegnare un foglio con scritto una
diagnosi o una prognosi. Perché ci sia un corretto coinvolgimento del paziente sulla verità, ci deve
essere una comunicazione (ricordando che la comunicazione, a differenza dell’informazione che è
monodirezionale, implica
due soggetti che si scambiano informazioni fra di
loro, essendo bidirezionale), altrimenti si distruggerebbe una persona. La
comunicazione diventa
quindi un processo fondamentale sulla gestione delle verità diagnostiche, terapeutiche e prognostiche.
L’ultima verità è sempre
quella più imprecisa, su cui
è difficile dare anche delle
semplici informazioni corr
rette, in quanto ognuno di
noi ha una propria storia e
ognuno di noi reagisce alle
terapie in modo differente.
Sono quindi assolutamente
contrario all’omissione della verità, salvo casi eccezionali, come ad esempio di
persone molto anziane con
una percentuale di sopravv
vivenza bassissima, consapevoli di ciò a cui vanno incontro, ovvero la morte. In
casi come questi si può comunicare la situazione alla
famiglia del paziente e decidere di ometterla al ma-
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lato.
Il processo della comunicazione della verità non è
uguale tutte le volte, c’è bisogno di una gradualità
dell’informazione, in quanto un paziente può non essere preparato a sapere ciò
che può accadergli.
Quando una persona
guarisce, lei come si sente?
Mi sento veramente molto bene. Si provi a pensare a comunicare una brutta
notizia e comunicarne una
bella; mentre comunicare
una cattiva notizia risulta
difficile e penoso, comunicarne una positiva, magari a una persona cara, è
un’esperienza bellissima, ci
si sente sollevati.
Bisogna dire che il tempo
dedicato a comunicare le
cattive notizie è relativamente poco, in quanto ci
sono persone sensibili che
colgono il saper esporre
una notizia, come ci sono
persone che come si suol
dire, non hanno “tatto” e
sono incapaci di trasmettere ciò che devono trasmettere. Ogni tanto mi viene fatta questa domanda:
“ma lei preferisce un medico che sa comunicare bene
o che conosce bene la medicina?” e rispondo che le
due cose non sono inconciliabili e quindi impegniamoci su entrambi i fronti
perché una buona relazione medico-paziente fa parr
te della cura.
Un pensiero che spesso sostengo, è che molte
Il professor AITINI in compagnia
del nostro Dirigente scolastico
Gianna DI RE
persone intraprendono la carriera di
medico solo per interesse e non per vocazione. Lei cosa ne pensa?
Io sono d’accordo. Come in
tutte le professioni ci sono
persone che intraprendono una carriera lavorativa
solo per la remunerazione
di essa, perché come si sa la
professione di un medico è
generalmente remunerativa. Io infatti sono contrario
ai numeri chiusi nelle facoltà, perché se si vuole accettare la meritocrazia, a tutti
bisogna lasciare un’opporr
tunità.
Volevo toccare l’argomento delle cure paliative. Secondo lei, questo
percorso che si intraprende per aiutare la persona
a morire dignitosamente, è un’arrendersi ad un
eventuale guarigione?
Parto con il presupposto
che ognuno di noi deve farr
si un’idea di finitudine, in
quanto la medicina non è
una stregoneria, non è neanche la bacchetta magica che risolve ogni problema. La medicina ha i propri
limiti. Dico anche che tut-
te le persone sono curabili, ma non tutte sono guaribili.
Questo significa che bisogna aiutare, accompagnare le persone verso la morte
e quindi secondo me le cure
palliative sono veramente
molto importanti, quando
attuate in modo corretto.
È un sostenere il paziente e
tutto l’ambiente familiare
in un momento drammatico della vita. Credo che
queste cure siano molto
importanti se integrate alle
cure oncologiche, in quanto non creano un senso di
abbandono nel paziente.
Perciò secondo me intraprendere le cure palliative
non è un’arrendersi ad un
eventuale guarigione, semplicemente un accompagnare la persona fino alla
conclusione dei suoi giorni
in maniera distinta.
Lei cosa consiglia ai giovani che contraggono
queste malattie e cosa
consiglia alle famiglie
che assistono a questi
eventi?
La prima cosa è scegliere
un centro e dei medici competenti e preparati, perché
è una delle principali variabile. Quindi non andare a
casaccio e non ascoltare i
consigli di tutti. Ovviamente poi dipende dal tipo di
tumore che si contrae, perr
ché ci sono tumori con altissime possibilità di guarire e altri in cui ce ne sono
bassissime. Con un tumore
a bassa possibilità di guarigione bisogna fare un programma terapeutico che
prendi in considerazione, in
maniera abbastanza precoce, anche le cure paliative.
L’approccio alla malattia
tumorale deve essere multidisciplinare, offrendo quindi maggiori possibilità al
paziente oncologico.
Cosa pensa delle persone
affette da tumore, consapevoli di avere una forma
tumorale che con il tempo può essere guarita,
ma decidono di non cominciare le cure chemioterapeutiche?
Rispetto la volontà delle
persone, perché credo che
ogni persona abbia il diritto di scegliere. Tanto è vero
che nessuno di noi può attuare una cura se non c’è il
consenso informato e l’autorizzazione della persona
stessa.
Se mi si presenta un paziente con una forma tumorale, cerco sempre di
informare la persona del
fatto che può essere guarito, con la cura giusta ovvia-
mente.
Oltre ad essere un oncologo, un docente universitario, lei scrive. Come
mai questo suo approccio alla letteratura?
Secondo me la medicina è
una materia, una professione che deve coniugare gli
Enrico Aitini è nato a Mantova nel 1950. Medico chirurgo specializzato in ematologia (Bologna 1975) e in
oncologia (Genova 1983),
è direttore dal 2002 della U.O. di Oncologia Medica ed Ematologia dell’Ospedale di Mantova. Da alcuni
anni è professore a contratto presso la Scuola di
specializzazione in oncologia dell’Università di Parma.
Membro dell’Associazione
Medici Scrittori Italiani ha
pubblicato due romanzi e
diversi racconti, alcuni dei
quali premiati in concorsi
letterari.
aspetti scientifici agli aspetti umanistici, quindi la letteratura come la musica;
io suono e sono appassionato di musica, così come
sono appassionato di storia. La medicina è una disciplina che non può fare a
meno né della componente scientifica, ovviamente,
ma nemmeno della componente umanistica. E forr
tunatamente ci sono molti
medici convinti di ciò, infatti ci sono molti medici che
scrivono. Inoltre ho scritto
anche degli articoli in in-
glese sulla comunicazione
delle cattive notizie.
Che aspettative
p
ha p
per
il futuro? È fiducioso nei
giovani che vogliono
mettersi in gioco e lottare insieme ai pazienti?
Sì, molto. Sono molto fiducioso, e vorrei che venga
data una scossa a questa
società stantia sotto tanti punti di vista. Vorrei fare
anche una confidenza: la
discesa in campo di Renzi è stata una cosa utilissima, al di là che uno possa
avere ideali politici differenti, perché ha in qualche modo smosso qualcosa che era inamovibile,
anche se purtroppo sembra ritornare così. C’è bisogno che una componente giovanile entri in tutti i
campi per portare la propria intelligenza, la propria
fantasia e le proprie idee.
Perché i Beatles sono stati così importanti? Hanno fatto delle canzoni straordinarie? Guardate che i
loro testi non sono poi così
complicati, ma socialmente sono uno dei fenomeni più importanti del secolo scorso, in quanto hanno
rivoluzionato completamente i rapporti tra le generazioni passate e quelle
future, perché il confronto,
il parlare, il comprendersi
o il non comprendersi accettando le idee altrui è un
dato assolutamente p
positivo. È questo su cui dobbiamo batterci.
Quindi ragazzi non abbattetevi e lottate, sempre!
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mdb (metodo di bella)
L’alternativa dimenticata perché scomoda
a cura di Andrea MANISCALCO ((VBs))
Ecco il metodo, non accettato dalla medicina ufficiale, per la cura alternativa dei
tumori. Esso, pare, consenta al paziente una guarigione totale dalla neoplasia, evitando ricadute e dannosi effetti collaterali provocati dalle terapie tradizionali,
sfruttando l’azione sinergica di alcune sostanze naturali.
U
na soluzione contro il cancro?
Un’utopia, lo sanno anche i muri, e forse
il giorno che verrà scoperta, il suo inventore
verrà celebrato e lodato
come un Dio. Rimanendo con i piedi per terra
però, dobbiamo essere coscienti che la realtà è un’altra: il cancro c’è
e ad oggi non è possibile prevenirlo totalmente, anche se la diagnosi
precoce rimane sempre
l’arma migliore. Tuttavia è possibile curarlo ed
eventualmente debellarlo definitivamente. Le
modalità di cura di una
neoplasia riconosciute dalla medicina ufficiale, attualmente, sono
tre: la chirurgia in sede
neoplastica, la radioterapia e chemioterapia, usate singolarmente o sovente associate
tra loro. La chirurgia in
sede neoplastica è mirata all’asportazione chirurgica della massa tumorale, la radioterapia
è una tecnica che impiega raggi X e gamma
per bombardare la sede
fetti collaterali che queste pratiche producono.
Per esempio nella chemioterapia, lasciando da
parte la “classica” caduta
di capelli, tra gli altri eff
fetti collaterali possiamo
annoverare: debilitazione generale del paziente
durante tutto il periodo
di trattamento (fatigue),
effetti sul SNC, effetti a
livello gastrico e renale,
Il prof. Luigi Di Bella ridotta funzionalità
del midollo osseo,
del tumore e infine la
sterilità, impotenchemioterapia è l’insieza, diabete, e/o addiritme dei farmaci e dei me- tura, l’insorgenza di un
todi di somministraziotumore secondario! Ebne degli stessi con il fine bene sì, l’insorgenza di
di ridurre la massa canuna nuova neoplasia,
cerosa e frenare la proli- che per altro il pazienferazione citologica can- te non affronta nel micerosa. Ecco questi sono gliore dei modi, peri metodi più comuni, ap- ché reduce dalla fatigue
provati dalla medicina
del tumore precedente.
ufficiale, anche se in reQuindi paradossalmenaltà ce ne sarebbero altri te si può affermare che i
come la terapia ormona- chemioterapici svolgole e l’ipertermia artificia- no correttamente la loro
le, ma sono poco diffusi. funzione, ma talvolta,
Non si può negare che
quando tutto sembra file metodologie ufficianito, altre cellule impazli sollevino seri dubbi ri- zite proliferano incesguardo la loro efficacia,
santi e incontrollate per
ma a far preoccupare
dare vita a un nuovo tusono soprattutto gli eff
more. Quindi il pazien-
te fortemente debilitato
dal tumore precedente ha ora una probabilità molto più bassa di
sopravvivenza e molte volte viene accompagnato dal suo stesso
tumore, a miglior vita.
Certo, non è bello a dirsi, ma l’incidenza delle
recidive soprattutto in
alcune particolari neoplasie, è molto alta. Ma
allora che beneficio possiamo trarre da un trattamento farmacologico
antitumorale se è questo a procurarci talvolta un altro tumore e se,
in definitiva, le aspettative di vita sono alquanto ridotte? Possibile
che nell’epoca moderna e post-moderna non
si sia riusciti ad ovviare al problema delle ricadute, o perlomeno ai
dannosi effetti collaterali che provoca una chemio? Sono due domande “dal peso esistenziale”
che sono state chiarite
con metodi alternativi,
dal tanto dibattuto Prof.
Luigi Di Bella. Di Bella,
medico di fama internazionale, professore universitario italiano e mente eccelsa dal sapere
enciclopedico, è riuscito, grazie ad un cocktail
di sostanze naturali e vitamine, a curare i tumori
di un numero ingente di
persone senza che esse
presentassero alcun eff
fetto collaterale e senza
recidivare in altre neo-
plasie. Di Bella riteneva che il problema delle
tecniche farmacologiche
o radioterapiche, fosse
quello che esse miravano a distruggere semplicemente il tumore o al
limite fermare la proliferazione citologica dello
stesso, miravano insomma all’effetto e non alla
causa. Era necessario invece agire direttamente sulla causa del tumore. A questo proposito
l’MDB propone una terapia causale appunto,
volta a eliminare i fattori
etiopatogenetici (causali) che portano all’insorgenza del tumore, modificando quel terreno
biologico il cui sovvertimento consente l’ insorgenza della patologia
neoplastica. Nello specifico bisognava agire su
tanti determinati fattori fisiologici: inibendo
l’ormone della crescita che ha sede nell’ipofisi con la somatostatina
unita ai retinoidi, le vitamine E e D e la melatonina che “ridifferenzia”
le cellule neoplastiche. I
singoli componenti agiscono sinergicamente
potenziando il loro eff
fetto antitumorale e sviluppando così un’azione antiossidante, anti
radicali liberi, potenziatrice dell’immunità,
pro-apoptotica (morte programmata, simile
al ricambio, della cellula tumorale), antiprolife-
rativa, pro-differenziante, antimetastatica, in
assenza dei noti effetti tossici chemioterapici
o radioterapici e soprattutto senza la preoccupazione fisica e psicologica di una recidiva.
Molti penseranno: un
genio! Ma perché allora non si applicano queste metodologie alla terapia del cancro? Perché
la medicina ufficiale non
è pronta ad approvarle,
se è vero che esse funzionano? Perché non
vengono fatte le dovute
sperimentazioni da parte del Ministero della Salute, e quindi dallo stato
oppure dalle case farmaceutiche? La risposta è
semplice quanto inquietante. Molto probabilmente c’è un interresse
lucrativo di fondo. Il ragionamento è semplice:
se le case farmaceutiche
guadagnano, perché la
gente si ammalerà sempre, allora le stesse (attuando gravi pressioni
e ingerenze sulle istituzioni sanitarie dello Stato) hanno tutto l’interesse a vendere i prodotti
chemioterapici e a non
aprirsi verso nuovi prodotti alternativi che le
farebbero guadagnare
meno; lo Stato, invece,
secondo la Costituzione garante della salute dei cittadini, soffre di
enormi conflitti di interesse che ne vanificano
la missione il principio
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costituzionale. Insom
ma Di Bella costituisce
un danno per l’economia di Big Pharma (l’insieme delle più potenti industrie del farmaco)
proprio perché non si
potrà più speculare sul
cancro! E questo genio
del XX, additato come
un santone, un mago
paragnosta che agiva
contro la scienza, doveva essere emarginato o
perlomeno il suo metodo doveva smettere
di esistere, non a caso
subì numerosi sabotaggi e attentati probabilmente architettati da
chi ha tutto l’interesse ad arrestare questa
nobile rivoluzione. Si
crea così una fitta rete
di polemiche, nell’Italia degli anni 80 e 90,
con persone comuni,
malati di cancro e giornalisti che si facevano
un’opinione ben precisa sulla questione. Molti credevano che il metodo non funzionasse e
che Di Bella fosse l’ennesimo santone cura
tumori ed era pertanto un pericolo affrontare le sue terapie; altri
invece che, come il sottoscritto, si sono avvalsi di uno studio accurato delle informazioni e
di quel minimo di buon
senso e logica che do-
vrebbero guidare ogni
giudizio, ritengono che
il professor Di Bella sia
stata una persona integra e un medico degno
di questo nome, un
medico – forse l’ultimo
– che davvero si è impegnato in pieno spirito ippocratico, mettendo cioè al centro della
sua attività il paziente e
facendone il fine, mai il
mezzo, di tutta l’azione
medica. Di questa onestà e di questa umanità sono testimoni eloquenti la sua biografia,
i suoi rigorosi protocolli
scientifici e, soprattutto, le persone che ha
curato e guarito.
il poeta della scienza
Intervista a Giuseppe
pp Di Bella sulla vita
e le metodologie terapeutiche messe a punto dal padre
C
a cura di Federica SCAGLIONI ((IIICri))
ari ragazzi
Sono molto grato a
Federica Scaglioni
e al Comitato di Redazione per l’invito a pubblicare sul Vostro giornale una
nota, mi fa molto piacere
che non vi siete fatti condizionare dalla censura e la
disinformazione sul MDB.
Ringrazio anche Andrea
Maniscalco per aver intuito perfettamente il significato, il senso profondo,
la razionalità e scientificità del MDB, meglio di tanti
“addetti ai lavori “ luminari
e lampadari vari.
Faccio una premessa, prima di rispondere alle Vostre domande.
Per oltre cinquant’anni ho
seguito le ricerche di mio
padre, il Prof. Luigi Di Bella, l’evoluzione del suo
pensiero scientifico, la sua
esperienza clinico-diagnostica, gli effetti terapeutici, le vessazioni, i contrasti,
le umiliazioni che hanno
contraddistinto la sua lunga attività di docente universitario, di medico e di
scienziato. La totale incapacità di ingraziarsi i potenti e procacciarsi protettori eccellenti, d’inserirsi
nelle mafie di potere, la
sua repulsione istintiva al
servilismo, al compromesso, all’adulazione, alla di-
sonestà, unitamente ad
un carattere schivo e al vizio imperdonabile di usare la parola per esprimere
il proprio pensiero e non
per dissimularlo, hanno
penalizzato la sua carriera.
Così come le meschinità e
le invidie per i risultati clinici e scientifici conseguiti.
Come tanti tra quelli che lo
conoscono e lo frequentano ho avuto sempre netta
la percezione che la vastità e la profondità delle sue
conoscenze nelle scienze
matematiche e nella chimica, farmacia, medicina,
biologia, fisica, fossero totalmente al di sopra delle comuni capacità e inarrivabili per chi non fosse
dotato d’intelletto e volontà superiori. Per questi
motivi non ho partecipato direttamente alle sue ricerche ma le ho attentamente, entusiasticamente
e costantemente seguite,
cercando di fissare e ricordare ogni sua confidenza,
ogni congresso, relazione,
comunicazione o pubblicazione. Adesso sto pubblicando su riviste internazionali recensite nella
massima banca dati medico scientifica, www.pub
p med.gov
g i riscontri clinici
del MDB in varie patologie
neoplastiche, comunican-
do i dati a congressi nazionali europei, e mondiali
(Relazioni congressuali reperibili sul sito www.metododibella.org. Ho cercato soprattutto di cogliere il
senso autentico, il significato profondo, le possibilità insperate, aperte dalla
continua evoluzione delle
sue ricerche sperimentali, dell’esperienza terapeutica, dei criteri e strategie
d’impiego, della sua mentalità medica, tesa a trasferire nella pratica clinica
una mole unica di conoscenze teoriche, sperimentali e di esperienze. Ho appreso come la diagnosi,
punto d’arrivo, traguardo
e compendio delle capacità del medico, derivi da un
raro equilibrio che è esatta valutazione d’ogni dato
semiologico, e anamnestico, clinico e strumentale, da un’intuizione affinata
dall’esperienza, sostenuta dalle capacità, rafforzata
dalle conoscenze, vivificata dal buon senso. In questi cinquant’anni ho constatato che puntualmente
intuizioni che si potrebbero definire storiche per il
progresso scientifico e le
scienze mediche, come le
possibilità terapeutiche e
il razionale impiego di Retinoidi, Melatonina, Soma-
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
tostatina, sono state accolte
con scettica indifferenza dal
mondo scientifico e puntualmente confermate in
media dopo 20 anni. La profondità sconcertante e sempre attuale del pensiero di
un grande filosofo tedesco,
Schopenhauer, sembra preludere alla vicenda del medico e scienziato Luigi Di
Bella quando afferma che
ogni grande verità (o scoperta scientifica) attraversa
tre fasi: prima viene ridicolizzata, poi violentemente
contrastata, infine accettata
come ovvia. Il prof. Di Bella
prima fu definito stregone,
sciamano, poi contrastato
con ogni mezzo, infine, hanno cercato di appropriarsi di
quelle scoperte che avevano ridicolizzato e contrastato. Ho cercato di raccogliere
e sintetizzare da conferenze, pubblicazioni, relazioni a
congressi, lezioni magistrali del Prof. Di Bella, quanto
si riferisce alla prevenzione
e terapia dei tumori e delle malattie degenerative e
di integrarlo e confermarlo con la rassegna aggiornata delle banche dati medico
scientifiche mondiali. Non
ho il benché minimo merito né parte nelle ricerche di
mio padre, mia unica ambizione è diffondere e far conoscere la sua opera e il suo
pensiero scientifico.
Egregio professore, ci dica
innanzitutto due parole su
suo padre. Perché lo ha definito il poeta della scienza?
Se tutti gli ammalati dessero ai farmaci risposte identi-
Dott. Giuseppe Di Bella
Specialista in ORL
Specialista in Stomatologia
Formazione
professionale
Laurea in medicina presso l’Università di Modena il
23.7.1965 con 110 e lode.
Abilitazione presso la stessa università nel marzo
1966.
Assistente volontario presso la clinica ORL dell’Università di Modena dal novembre 1965 al gennaio del
1970. Nel febbraio 1968 titolare di borsa di studio di
addestramento didattico
e scientifico presso la stessa clinica.
Diploma di specializzazione in ORL nel luglio 1968
presso l’Università di Bologna con 70/70.
Dal marzo 1967 iscritto
all’Albo dei Medici Chirurghi.
Dal febbraio 1970 assistente incaricato presso la divisione ORL dell’ospedale
Maggiore di Bologna.
Idoneità nazionale ad aiuto ORL nel 1971.
Nel dicembre 1972 diploma
di specializzazione in stomatologia presso l’Università di Modena.
Idoneità nazionale in chirurgia maxillofacciale nel
1972.
Nel 1975 assistente di ruolo preso la divisione ORL
dell’ospedale Maggiore di
Bologna.
Primario di chirurgia maxillofaciale e Primario ORL
nel 1975.
Dal 1975 al 1984 responsabile del servizio ORL presso l’ospedale di Budrio-Bologna.
Dal 1984 attività libero professionale.
Dal 1968 a oggi circa 15.000
interventi in anestesia generale nell’ambito della
specialità ORL.
Attività scientifica
Correlatore alla relazione
ufficiale del 24º Congresso Nazionale ORL nel 1970,
al 10º Congresso Mondiale
di ORL a Venezia, al 6º Congresso Internazionale di
Radiologia in ORL e al 20º
Conventus della Società
Latina di ORL.
Correlatore, col Professor
Luigi Di Bella, della monografia “Cancro, siamo sulla
strada giusta?”.
Trentadue relazioni a congressi nazionali e internazionali e pubblicazioni.
Docente al corso internazionale di rinologia del
1978.
Dal 1972 socio della European Rhynologic Society, della Società Medico Chirurgica di Bologna.
Dal 1980 socio ordinario
della Società Italiana di
ORL e Chirurgia CervicoFacciale.
che e totalmente prevedibili, la medicina sarebbe solo
una scienza, ma essendo la
reattività individuale molto varia è un’arte. Richiede
sensibilità, talento, intuito,
spirito di osservazione, cultura, e la capacità di percepire gli aspetti profondi della natura e della vita .Nel
medico questo va indissolubilmente congiunto ad un
senso etico elevato, ad una
specchiata onestà morale,
all’amore per il prossimo, al
concetto di sacralità della
vita. Alla fine della sua esistenza il Prof Di Bella scrisse:
”L’animo mi dice che non
sono vissuto inutilmente
perché ho fatto del bene e
ho gioito
g
per il bene fatto.
(...) È il bisogno di offrire una
base di conforto a chi si avv
via disperato verso un’ineluttabile fine; è la nostalgia
di varcare le soglie dell’avv
vilente impotenza professionale malamente coperta
da ambigue affermazioni e futuristiche, immaginarie promesse intanto che
l’Umanità soffre , piange
e muore. (...) Quando parr
lo con un ammalato, cerco
di dare a lui un incoraggiamento, provo un sentimento intimo di non vederlo soff
frire più. (...) Mi ripugna il
denaro,non posso accettare
di guadagnare attraverso
la sofferenza e i bisogni dei
malati che vengono a curarsi da me.”
Secondo lei, non è assurda o, perlomeno, discutibile, l’idea di curare il
cancro con farmaci altamente cancerogeni e im-
munodepressivi?
La Vostra osservazione è
esatta, ormai la letteratura medico scientifica ha documentato ampiamente ed
esaurientemente le ragioni scientifiche e il riscontro
clinico del sostanziale fallimento di questa concezione terapeutica. Tra le tante pubblicazioni recensite
e reperibili nella massima
banca dati ufficiale medico scientifica www.pub
p med.gov
g v basta leggere le
seguenti:
Nat.Med. 2012 Aug 5. doi:
10.1038/nm.2890. [Epub
ahead of print]Treatmentinduced damage to the
tumor microenvironment
promotes prostate cancer
therapy resistance through WNT16B.Sun Y, Campisi
J, Higano C.
Nature Medicine è probabilmente la più prestigiosa rivista scientifica, il dato
sconcertante (il Prof Di Bella lo aveva anticipato oltre 40 anni fa) è stato ripreso anche dalle agenzie di
stampa, es l’Agenzia Giorr
nalistica Italia (AGI)ha titolato :Scoperta shock: la chemioterapia promuove la cancerogenesi.
(AGI) - Parigi, 5 ago. - La
chemioterapia usata da decenni per combattere il cancro in realta’ puo’ stimolare,
nelle cellule sane circostanti, la secrezione di una proteina che sostiene la crescita e rende ‘immune’ il
tumore a ulteriori trattamenti.
La scoperta, “del tutto inat-
tesa , e stata pubblicata sulla rivista Nature ed è frutto
di uno studio statunitense
sulle cellule del cancro alla
prostata, tesa ad accertare come mai queste ultime
siano cosi’ difficili da eliminare nel corpo umano mentre sono estremamente facili da uccidere in laboratorio.
Sono stati analizzati gli eff
fetti di un tipo di chemioterapia su tessuti raccolti da
pazienti affetti da tumore alla prostata. Sono stati scoperti “evidenti danni
nel Dna” nelle cellule sane
intorno all’area colpita dal
cancro. Queste ultime producevano quantita’ maggiori della proteina WNT16B
che favorisce la sopravvivenza delle cellule tumorali.
La scoperta che “l’aumento
della WNT16B...interagisce
con le vicine cellule tumorali facendole crescere, propagare e, piu’ importante
di tutto, resistere ai successivi trattamenti anti-tumorali era del tutto inattesa”,
ha spiegato il co-autore della ricerca Peter Nelson del
Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle nello stato di Washington La
novita’ conferma tra l’altro
un elemento noto da tempo tra gli oncologi: i tumori
rispondono bene alle prime
chemio salvo poi ricrescere rapidamente e sviluppando una resistenza maggiore ad ulteriori trattamenti
chemioterapoci. Un dato dimostrato dalla percentuale
di riproduzione delle cellule tumorali tra i vari trattamenti. “I nostri risultati indi-
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
cano che il danno nelle cellule benigne puo
direttamente contribuire a rafforzare la crescita ‘cinetica’ del cancro”, si legge nello studio che, hanno spiegato i ricercatori, ha trovato conferma anche nei tumori al seno e
alle ovaie .
Il dato è in pratica un denominatore comune a tutti i tumori .Una inaccettabile perr
centuale di mortalità dovuta alla chemioterapia è denunciata da un’agenzia della
Reuters Healt [Wesport,CT 2001-05-17]:
“Unexspected high mortality rated associated with chemoterapy regimen...” (“Non ci si
aspettava un tasso di mortalità così elevato associato ai protocolli chemioterapici...”).
Il dato è confermato dalla pubblicazione di
Gerrard [Br.J. Cancer 1998 Jun 77(12) 2815] con l’undici per cento di decessi, non causati dal tumore ma unicamente da chemioterapia. E da quella di Ghesquières H, Ferlay
C, Sebban C, Perol D, pubblicata da Ann
Oncol. 2010 Apr;21(4):842-50. Epub 2009
Nov 13.Long-term follow-up of an ageadapted C5R protocol followed by radiotherapy in 99 newly diagnosed primary
CNS lymphomas: a prospective multicentric phase II study of the Groupe d’Etude des Lymphomes de l’Adulte (GELA).Lo
studio documenta come 17 pazienti su 100
possono morire non per il tumore, ma per
gli effetti tossici della chemioterapia. La sopravvivenza dei malati di tumore, quella
vera, delle verifiche scientifiche, non giornalistico-televisive, è essenzialmente dovuta
alla chirurgia, molto meno alla radioterapia, e si riduce ad un 29% di sopravvivenza
a 5 anni.
Del 29% solo il 2,5% era dovuto alla chemio, come pubblicato da Morgan G. e AA
“The contribution of cytotoxic chemotherapy to 5- year survival in adult malignancies”, sulla prestigiosa rivista oncologica
Clin. Oncol [2004 Dec.16(8):549-60]. Questa fondamentale pubblicazione si basa su
14 anni di osservazione, 225.000 pazienti, 22 varietà tumorali, per accertare il reale
contributo della chemio al raggiungimento dei 5 anni di sopravvivenza. L’avvilente
risultato: su cento ammalati la chemiote-
rapia consente solo al 2,5% di raggiungere i 5 anni, dopo i quali, Lopez nello studio
clinico “Long–term results…Experience
at the 20 th…” GacMed Mex [1998 mar.
Apr,134(2):145-5] ha accertato che metà
dei pazienti sopravvissuti a cinque anni, nel
lungo termine muore per tumore. Basta collegarsi al portale del National Cancer Institute, per comprendere quali gravi limiti abbiano le attuali terapie oncologiche.
Che ruolo giocano i media rispetto alla
formazione di una coscienza davvero
autentica sull’argomento?
Determinante, si ha l’impressione motivata e documentata che ci sia un’unica regia
centralizzata di tutta la censura e disinforr
mazione mondiale.
Ad esempio, è vera tutta la propaganda sui continui successi terapeutici della
medicina ufficiale, secondo cui il cancro
è prossimo ad essere sconfitto?
Da decenni lo vanno ripetendo, il dato è
drammaticamente smentito dalla realtà
I nostri docenti e genitori ci hanno raccontato di quando, sulla scia del clamore suscitato nell’opinione pubblica
dai successi di suo padre, venne attuata la sperimentazione da parte del MdS
che portò alla sconfessione del MDB; ci
dice qualcosa a riguardo? La sperimentazione venne condotta secondo tutti
i “crismi” scientifici? Soprattutto, come
possiamo spiegare, giustificare il comportamento del Ministero (a quell’epoca titolare del Dicastero, mi pare fosse
Rosi Bindi)?
Basta collegarsi col sito ufficiale www.metododibella.org
g e accedere in prima pagina
alla sezione ”In evidenza” in cui sotto il titolo sperimentazione MDB I, II sono riportate in centinaia di pagine documenti ufficiali, verbali ministeriali protocollati, rapporti
dei NAS, relativi a tutte le numerose e gravi
anomalie che hanno destituito di qualsiasi dignità e attendibilità scientifica la sperimentazione.
Il MDB è utilizzabile ed efficace per qualunque forma di neoplasia? I rischi che
la malattia si ripresenti sono più alti o
più bassi rispetto al metodo ufficiale?
Oltre che la certificazione scientifica antitumorale di ogni singolo componente del MDB ,sono già
pubblicate e reperibili su
www.pubmed.org
p
g statistiche sull’efficacia del MDB
nei linfomi, tumori polmonari, tumori della mammelle, leucemie linfatiche
e una quantità di “Case report”, cioè guarigioni stabili e complete di singoli casi
di varie patologie tumorali. Sul sito ufficiale www.
metododibella.org
g è reperibile la documentazione scientifica. I casi trattati
con MDB pubblicati su riviste internazionali recensite
da www.pubmed.org
p
g sono
quasi ottocento. Prossima
la pubblicazione di 55 casi
di malattie linfoproliferative trattate con esiti positivi con MDB e risultati ampiamente superiori a quelli
ufficiali della letteratura in
termini di sopravvivenza,
risposta obiettiva e qualità di vita.
Per ipotesi, una persona
già in cura con le terapie
ufficiali potrebbe passare al MDB? La sua guarigione sarebbe compromessa dalle precedenti
cure chemioterapiche?
In parte sì, per i motivi documentati dalle riviste citate, essenzialmente perr
ché la chemio può ridurre,
anche considerevolmente
in una certa percentuale di
casi (non in tutti) il volume
tumorale ,ma questo eff
fetto è temporaneo e si ac-
compagna ad una destabilizzazione delle strutture
biologiche portanti nello
stesso momento in cui si
provocano raffiche di mutazioni, ognuna delle quali seleziona cloni di cellule
tumorali sempre più resistenti, tossiche, proliferative, mobili.
Cosa pensa dell’OMS?
Sono reali gli enormi
conflitti di interesse da
più parti denunciati? Il
fatto che la scienza ufficiale non riconosca il
MDB, comporta limiti
allo sviluppo della ricerca a riguardo?
Le collusioni di cui parlate sono ancora in grandissima percentuale nascoste e drammaticamente
ignorate e/o sottovalutate
da una pubblica opinione
totalmente disinformata,
ignara della gravità, profondità e vastità dell’inquinamento del profitto sulla
ricerca e sulla pratica clinica.
Abbiamo l’impressione che, ultimamente, il
MDB tenda ad essere rivalutato anche negli ambienti medico-scientifici. Forse perché la verità,
alla fine, si impone necessariamente?
La comunità scientifica,
ha già recepito e pubblicato i dati clinico-scientifici
sul MDB, ma proporzionalmente all’incremento inarr
restabile della conferma
delle basi razionali, biochimiche, molecolari e cliniche del MDB, sta montando un’ostilità sorda e
minacciosa, una censura
sempre più ferrea accompagnata ad una disinforr
mazione continua, diffusa
e ossessiva. Basta digitare “Di Bella” su Google per
vedere comparire a lato
un’ inserzione diffamatoria
di Wikipedia, che ha cancellato tutti i dati scientifici e le CENTINAIA di pubblicazioni del Prof Di Bella
e quelle numerose recenti
sulla banca dati mondiale,
(potete verificare, se inserite una delle pubblicazioni già recensite nella banca dati ufficiale mondiale,
es “The Di Bella Method”
viene rapidamente cancellata da Wikipedia) per poi
sostenere il falso: L’assenza
di basi scientifiche e riscontri clinici sul MDB. I circoli
di potere globali che gestiscono la salute e il cancro
sicuramente saranno costretti, loro malgrado, a
prendere atto del MDB. Avv
verrà in futuro, molto lentamente, gli interessi sono
troppo ampi, diffusi, profondi e inconfessabili. La
caduta di credibilità e prestigio di organizzazioni sanitarie italiane e mondiali asservite al profitto sarà
completa e verticale squalificando definitivamente
istituzioni politiche, finanziarie, industriali e accademiche internazionali intimamente collegate nello
sfruttamento della salute e
della più ricca delle malattie, il cancro.
Grazie mille, dottore, per
la disponibilità
Grazie a voi.
FALCONEXPRESS
UNA TESTIMONIANZA
C
ari lettori di FXP, io
mi sono accostato al
prof. Di Bella alcuni
anni fa per molteplici motivi.
Credo da sempre nella medicina alternativa, quella
che non cura con i megapilloloni che vanno ad incrementare le tasche delle
case farmaceutiche. Dall’altra parte non rinnego totalmente la medicina ufficiale
che in alcuni casi fa autentici miracoli. E tra un momento te ne darò testimonianza. Ritengo che sia la
nostra razionalità, la nostra
voglia di conoscere, di reagire positivamente, di sopravvivere agli eventi nefasti come la malattia, che
può fare la differenza in
molti casi. Abbandonarsi
alle ricette del medico e subire passivamente una malattia non può che portare
a risultati negativi.
Il metodo di Bella parte dal
presupposto di aiutare il
nostro organismo in difficoltà con sostanze non tossiche e non invalidanti. Off
fre una cura preventiva, e
un vero metodo con tanto di protocolli specifici per
curare ogni tipo di tumore.
Io mi sono affiancato alla
cura Di Bella in quanto
ho avuto bisnonno, nonno e padre morti di tumore allo stomaco. Essendoci
una predisposizione ereditaria ho creduto opportuno rivolgermi al dr. Rossi
di Reggiolo, facente parte
dell’equipe. Più che la cura
Di Bella che si fa una volta
malati di cancro ho assunto
il mix di retinoidi + vitami-
coniugata che i medici della sua equipe prescrivono
per aumentare le difese immunitarie e prevenire in un
certo qual modo il cancro.
L’ho fatta a cicli alterni di 6
mesi. La stessa cosa la propone il metodo Pantellini
che ti suggerisce di usare
l’Ascorbato di Potassio per
difenderti quotidianamente dal cancro. Oppure che
ti propone Padre Zago che
ti consiglia di disintossicarti e rinforzare le tue difese
immunitarie usando l’Aloe
Arborenscens. C’è chi da
anni usa, infine, la Formula
Caisse, un mix di erbe “miracolose” per curare e prevenire il cancro.
Leggendo questi nomi e
documentandovi su internet scoprirete un mondo
sommerso che vi stupirà.
Io ho visto il padre di un
mio amico di Casaloldo sopravvivere per circa 2 anni
ad un cancro in fase terminale al pancreas. Gli avevano dato 10 giorni di vita
all’ospedale di Asola. Da
moribondo dopo tre mesi
era tornato a mangiare copiosamente e a lavorare
nell’orto seguendo scrupolosamente la cura di Bella.
Poi un crollo verticale e una
morte rapidissima. Ma quei
18 mesi suo figlio mi ricorda sempre che gli sono stati regalati da una cura che,
anche se per poco, ha fatto
davvero un piccolo grande miracolo. Una cura non
tossica, non invasiva, non
traumatizzante.
Con la chemioterapia uff
ficiale ho visto la maggior
parte dei miei amici e delle
mie amiche morire. Ma non
ti posso negare che la mia
g
rita da un linfoma di Hodking con chemioterapia +
radioterapia convenzionale. Un’esperienza che ho
vissuto da vicino. Anche Di
Bella dice di curare questo
tumore del sistema linfatico ma non ho conoscenze
personali in merito.
Credo che nelle cure farmaceutiche ci siano molti
interessi e, allo stesso tempo, credo molto nella prevenzione che si fa in modo
corretto aiutando il proprio
organismo con sostanze
che lo disintossichino e lo
preservino/aiutino da tutte
le porcherie che respiriamo
e ingurgitiamo anche con
la semplice frutta e verdura (le cose che tutti ci raccomandano di mangiare
ogni giorno) che sono ahimè impestate di sostanze
tossiche (pesticidi, antifunginei, maturanti).
Senza ricorrere a questi
metodi anti-tumore c’è un
medico, il dott. Mozzi, che
propone la sua dieta dei
cosiddetti gruppi sanguigni. Sono teorie per nulla infondate: niente diete
a punti o a zona per calare
il sedere, ma un modo corretto di alimentarsi, proprio
di ogni gruppo sanguigno.
Conosco gente che ha ottenuto risultati strabilianti
senza prendere una pillola
ma attenendosi scrupolosamente alle sue indicazioni eliminando alimenti del
tutto non raccomandabili.
Una dieta non fatta per calare ma per far star meglio
il proprio organismo.
Marco MORELLI
Direttore responsabile
della rivista Mantovachiamagarda
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
sclerosi multipla
Si apre
p una nuova speranza,
p
grazie al coraggio e all’impegno di un professore italiano
S
i sta sempre più diff
fondendo negli ultimi anni una malattia
degenerativa che colpisce
il sistema nervoso centrale:
la sclerosi multipla. Solo
in italia essa colpisce più
di 60mila persone. Questo
disturbo può manifestarsi con una vastissima gamma di sintomi neurologici
e spesso progredisce fino
alla disabilità fisica e cognitiva. A oggi non esiste ancora una cura certa, infatti, anche se il meccanismo
con cui la malattia si manifesta è stato ben compreso, l’esatta eziologia è
ancora sconosciuta. Per
questo migliaia di scienziati e studiosi in tutto il mondo stanno tutt’ora facendo
ricerche per cercare perlomeno di migliorare la vita
dei pazienti. Tra questi vi
è il Professor Paolo Zamboni, direttore del Centro
Malattie Vascolari di Ferrara. Egli è conosciuto a livello mondiale per aver, nel
2008, scoperto una “nuova” malattia dell’apparato
circolatorio: la CCSVI (acronimo di Insufficienza Venosa Cronica Cerebro-Spinale). Essa rappresenta, in
parole povere, una malformazione genetica di alcune vene (in particolare
quelle giugulari) che tra-
a cura di Andrea PIAZZA ((IVAs))
il Professor
Paolo Zamboni
sportano il sangue dal cuore al cervello, creando così
delle “zone di chiusura”, le
quali impediscono al sangue stesso di poter circolare, facendo sì che ristagni
nel cervello. Naturalmente
queste strettoie determinano un ritardo nella pulizia del cervello dalla CO2
e dalle tossine, il che porta
a determinare uno stimolo infiammatorio; la SM è
una malattia infiammatoria
degenerativa del sistema
nervoso centrale e quindi
soffre quando c’è l’associazione con questa condizione. Lo studio coordinato
dal Prof. Zamboni, riferisce
una associazione, nel 75%
dei casi (dato raccolto dalla rivista BMC Medicine) tra
queste due malattie, questo significa che alla maggior parte dei pazienti con
Sclerosi Multipla presi in
esame è stata diagnosticata anche la CCSVI. Questa
associazione è stata riscontrata a livello ubiquitario (è
stata trovata infatti in Europa, Medio Oriente, Stati Uniti ecc.), tra persone
con background genetici
ed espozione a fattori ambientali differenti; questo
ci suggerisce che essa probabilmente si sviluppa indipendentemente da questi fattori.
Il congresso scientifico internazionale ECTRIMS (European Committee for Treatment And Research in
Multiple Sclerosis) del 2010
è giunto però alla conclusione che, allo stato delle
ricerche disponibili, la CCSVI non sarebbe la causa,
ma piuttosto una conseguenza della SM. Altri stu-
di italiani, tra cui quello del
dottor Pietro Maria Bavera, hanno invece confermato la validità dell’ipotesi formulata dal professor
Zamboni. L’opinione degli studiosi di tutto il mondo è divisa. Chi meglio dei
pazienti operati col metodo del professore italiano
può darci allora un’idea degli straordinari benefici che
possa portare un semplice intervento di angioplastica dilatativa (ossia vengono aperte vene ostruite
gonfiando un palloncino introdotto per mezzo
di un catetere). Sul web si
possono trovare facilmente decine di testimonianze. È l’esempio di Massimo,
un ragazzo affetto da SM,
che presentava difficoltà
pronunciata nella deambulazione e disturbi di rigidità e di equilibrio. Dopo
aver sentito di questa nuova cura si è subito rivolto ad un medico, e si è sottoposto all’intervento nel
settembre 2010. Da allora
la sua vita è cambiata drasticamente, con progressi significativi nel modo di
camminare, ma non solo,
anche miglioramenti nel
sonno e nel controllo vescicale e, grazie a una ritrovata capacità di concentrazione, è anche riuscito a
laurearsi in ingegneria.
Fortunatamente nel luglio 2012 sono partiti stu-
di finanziati dalla regione
Emilia-Romagna volti a dimostrare l’efficacia e la sicurezza che l’intervento
proposto da Zamboni ha
sui pazienti affetti da SM.
Perché però in tutti questi
anni questa via innovativa
è passata sotto traccia da
parte di molti medici? Probabilmente a causa di inconfessabili interessi economici. Ora, non abbiamo
certo le competenze per
dire se questa cura possa
funzionare o meno, ma se
anche non fosse una strada
risolutiva, ma comunque
sia di sollievo per molti altri
ammalati come Massimo,
perché bocciarla, negarla
oppure nasconderla?
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
lo stato della ricerca
Intervista ad Horacio Tate, uno dei tanti cervelli in fuga
a cura di JJoned SARWAR ((ex-Studente))
Horacio Tate è argentino, ha cominciato la scuola in Argentina e si è poi trasferito in Italia, grazie alla doppia cittadinanza data dai nonni italiani. Ha quindi frequentato il liceo scientifico e cominciato gli studi universitari alla Statale di Milano. Trasferitosi all’università di Cambridge ha conseguito una laurea in Patologia.
Ora lavora come ricercatore all’ospedale universitario Addenbrooks di Cambridge.
C
ome si è svolta la
tua carriera universitaria e come sei
approdato alla ricerca
biomedica?
Ho iniziato Biologia alla statale di milano, ma non mi
sono trovato bene, perchè
c’era troppa gente, tanta teoria e poca pratica e quindi ho pensato di guardare
alle alternative all’estero. Ho
guardato allora alle univerr
sità anglosassoni, inglesi e
scozzesi, e mi sono sembrate
piu’ interessanti soprattutto per le lauree scientifiche
perchè, nonostante il numero di materie fosse inferiore, c’erano molte piu’ ore di
laboratorio. Dopo un anno
alla statale e dopo aver lavorato per un anno, mi sono
quindi trasferito a Cambridge. Ho studiato scienze naturali, che è un corso molto
vario e modulare che include tutte le scienze da fisica, a biologia, a matematica. Quello che mi è piaciuto
del corso sono la profondità nella trattazione degli arr
gomenti ed allo stesso tempo le molte ore di pratica e
laboratorio che vengono aff
frontate come un vero e proprio avviamento alla ricerr
ca. Alla fine del mio corso
mi sono specializzato in patologia ed ho preparato la
tesi con un gruppo di ricerca
all’ospedale Addenbrooks,
sempre a Cambridge, dove
ancora oggi lavoro. Faccio
parte del gruppo ACCI (Addenbrooke’s Centre for Clinical Investigation) che sta
studiando l’influenza genetica sulle malattie cardiovascolari, in quanto la predisposizione genetica è un
fattore importante unito
alla dieta o alla mancanza
di esercizio fisico. Siamo finanziati dalla British Heart
Foundation, un ente benefico focalizzato sulle malattie
cardiovascolari che rappresentano la prima causa di
morte nel Regno Unito, prima ancora dei tumori.
In generale come avviene il finanziamento della
ricerca biomedica?
Fino a qualche anno fa era
piu’ semplice ottenere finanziamenti in quanto ba-
stava che l’università approvasse un tuo progetto di
ricerca. Oggi, invece, sono
le pubblicazioni che contano, senza non si ottengono fondi. Ciò porta a pubblicare lavori non precisi
o a “ripubblicare”
i
contenuti pre-esistenti, magari
con qualche ritocco ad hoc.
Questo è un grosso problema perchè mina alla base
le prerogative e la bellezza
della ricerca che stanno nella sua utilità, nel suo interesse pubblico e nella passione
del ricercatore. In secondo
luogo si ricorre sempre piu’
spesso ad intese tra univerr
sità e entità private, quali
case farmaceutiche o aziende di biotecnologia, quando
queste vedono prospettive
di guadagno in determinati campi, provocando lo sdegno della “vecchia scuola” di
accademici che non concepiscono il binomio ricercaprofitto. In ogni caso ormai
si tagliano fondi ovunque,
a causa della crisi e di politiche governative focalizzate
sul profitto a breve termine,
sebbene il Regno Unito sia
sempre stato all’avanguarr
dia sul finanziamento pubblico della ricerca.
In riferimento alla ricer-
ca finanziata da privati, ci
sono preferenze in campi
o malattie particolari?
Il problema grave del finanziamento da privati è
che questi non finanzieranno mai ricerche che vanno
fatte, ma non sono redditizie. Un caso su tanti sono
le malattie genetiche rare,
che colpendo pochi individui non possono certo porr
tare a guadagni milionari.
Non si tratta soltanto di una
questione morale, di migliorare la vita di queste poche
persone, ma anche di adottare una visione a lungo terr
mine. Infatti, la ricerca in se
stessa può produrre altra ricerca e arrivare inaspettatamente a cure per malattie
non inizialmente considerate, per cui escludere deterr
minati campi a priori può
ledere gli interessi stessi di
coloro che non vogliono finanziarli. Anche il sistema
europeo comincia, secondo
me, ad avvicinarsi a quello liberista e basato sul profitto che si trova in America,
venendo meno a quelle politiche sociali che da sempre caratterizzano il Vecchio
continente.
C’è poi il problema molto
grave dei brevetti. Posso capire che un inventore voglia
proteggere la propria creatura, ma ciò che sta accadendo sempre più è che si
brevettino scoperte piuttosto che creazioni, e la differenza è molto netta. Supponiamo di brevettare una
sequenza di un organismo
che poi si scopre essere utile alla ricerca su un determinato cancro. A questo punto
sfruttando il brevetto chiediamo royalties (compensi
per lo sfruttamento del brevetto, ndr) enormi a chiunque voglia fare ricerca su
quel cancro utilizzando la
nostra sequenza. Viene da
sè che i costi per quella ricerca si alzino notevolmente fino a diventare proibitivi e ciò su larga scala limita
decisamente la libertà e varietà di altre ricerche. Non lo
sappiamo, ma potremmo
speculare che senza brevetti
saremmo già potuti arrivare
ad una cura per alcuni tipi
di tumore.
Quali libertà e limiti si
pongono quindi al ricercatore?
Per quanto riguarda i brevetti spesso si ricorre ad una
collaborazione con altre
università o ditte proprietarie dei brevetti, o, in alterr
nativa, si tentano approcci nuovi che pero’ rischiano
di rallentare di molto il lavoro, pur potendo portare a
nuove scoperte come si diceva. Le libertà sono sempre meno per noi, prendendo di nuovo ad esempio le
pubblicazioni è necessario
pubblicare ciò che vogliono i finanziatori a meno che
questi non siano enti senza scopo di lucro. Io non
ho mai voluto fare ricerr
ca in una casa farmaceutica perchè non mi piace ricercare per profitto e non
per il “bene” della società,
per usare dei paroloni. E poi
le case farmaceutiche hanno notoriamente una storia nera.
Hai mai avuto esperienza
diretta di questa “storia
nera , o conosci persone
che l’hanno avuta?
Sì ne ho conosciute. In realtà quello che mi sarebbe
piaciuto fare è ricercare sulla terapia genica. Nelle malattie genetiche, un errore
nella sequenza [genetica,
ndr] provoca una sintesi incorretta di determinate proteine. Per alcune malattie,
come l’emofilia, le cure attuali consistono nell’utilizzo di proteine secche, distillate da sangue particolare
acquistato da case farmaceutiche, che poi vengono
diluite e messe in infusione
per essere assunte, evitando complesse trasfusioni di
sangue. Questi prodotti costano moltissimo, centinaia
di euro per flaconcino che si
traducono in grossi guadagni per i venditori. Ciò che
è successo negli anni ‘90 è
stata una diffusione generalizzata di epatite C, HIV,
HCV dovuta alla somministrazione di emoderivati da
sangue infetto [vedi Duilio
Poggiolini, emoderivati infetti, ndr], per cui le case farr
maceutiche hanno deciso di
utilizzare proteine sintetizzate da biotecnologie, ma
non prima di avere esaurito le scorte contaminate,
che sapevano essere tali già
anni prima che gli scandali scoppiassero. Ora quindi ci
si affida a questi prodotti da
biotecnologie che però sono
molto costosi. Con la terapia genica si potrebbe tramite un vettore (virus o altro) introdurre la sequenza
corretta nelle cellule del malato in modo da forzare la
sintesi di proteine corrette,
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
il che condurrebbe, se non
ad una guarigione completa, ad una malattia “lieve”
e trattabile e soprattutto
all’indipendenza da costosi
farmaci forniti da case farr
maceutiche. Vedi ora perr
chè la ricerca in questi campi è portata avanti soltanto
da enti pubblici e charities
[enti non a scopo di lucro,
ndr]. Per non parlare del cirr
colo vizioso nel quale il sistema sanitario nazionale
cade nel tentativo di risparr
miare. Ad esempio, per determinati farmaci si tengono gare d’appalto in cui una
sola azienda vince la maggiorparte delle commissioni. Tuttavia, poichè le aste
si tengono ogni due anni,
è possibile che ad un cer
to punto ad un paziente sia
somministrato un farmaco leggermente diverso che
però può portare alla produzione di anticorpi contro
lo stesso farmaco. E la soluzione a questa situazione è
un trattamento di shock che
costa molto più del farmaco iniziale. In poche parole,
lo Stato spende di più, il paziente sta peggio e tutto per
una strategia di mercato..
Allora vedi qualche luce
all’orizzonte oltre alle
nubi nere?
Parlavo appunto dell’emofilia perchè in Inghilterra
un consorzio di università e ospedali ha recentemente iniziato la fase clini-
ca di terapia genica per un
particolare tipo di emofilia
e pare stia andando molto bene. E ancora una volta nessun privato ha investito in questa ricerca. Un
altro caso è quello della fibrosi cistica, infatti, a Londra hanno iniziato la fase
clinica di uno spray che trasmette il vettore e sta andando anche qui molto
bene. In generale credo che
la fine dei brevetti e l’espansione dei farmaci generici, unita alla crisi economica che colpisce anche le
case farmaceutiche, possa
portare grandi benefici alle
persone, poichè il sistema
attuale è a mio parere perr
verso e amorale.
vox populi, vox dei
Nonostante l’OMS le equipari
q p a niente ppiù che un pplacebo,
sempre più persone si affidano alle cure omeopatiche
I
a cura di Francesca GROSSI ((VAs))
l termine omeopatia
(dal greco “homoios”
che significa simile e
“pathos” che significa dolore) fu coniato per la prima volta dal medico tedesco Samuel Hahnemann.
Nato nel 1775 a Meissen,
in Sassonia, tossicologo e
farmacologo inizia a lavorare come medico all’età
di 24 anni. Rimasto deluso
dalla medicina tradizionale
in generale, decide di non
esercitarla più e si dedica alla traduzione di varie
opere tra le quali un trattato medico del dottore
scozzese William Cullen.
Hahnemann colpito dallo
scritto intraprese una serie di esperimenti per verificare quanto letto. Quello
che il medico voleva dimostrare era la pratica secondo cui ogni sostanza farmacologica attiva capace
di provocare, a dose ponderale, nell’individuo sano
determinati sintomi, può
anche eliminare sintomi simili nell’individuo malato,
somministrando un basso
dosaggio. Sperimentando
questo su se stesso e sui
suoi familiari Hahnemann
si accorse fin da subito di
ottenere dei peggioramenti spesso passeggeri
all’inizio delle sue terapie.
Decise quindi di diminui-
re la quantità di sostanza
medicamentosa somministrata ai malati: è l’origine delle diluizioni successive. Presto il medico
tedesco si rese conto che
queste diluizioni invece di
diminuire l’efficacia terapeutica, la rafforzavano, se
la sostanza veniva agitata vigorosamente tra una
e l’altra, una procedura da
te innocui sia per bambini molto piccoli che per le
donne che ne fanno uso
durante la gravidanza. L’
omeopatia quindi, si pone
come una valida alternativa alla medicina tradizionale, che invece ogni anno
miete vittime per gli innumerevoli e spesso devastanti effetti collaterali.
Le statistiche confermano l’interesse crescente
nei confronti della “medicina dolce”. Soltanto in Italia, negli ultimi 15 anni , il
numero dei pazienti che
si affidano all’omeopatia è
cresciuto del 65%, rappresentato soprattutto dalle
donne e in particolare dalle mamme, che dopo
esperienze negative
Il medico tedesco
Samuel Hahnemann con metodi tradizionali,
si orientano verso prolui battezzata “dinamizzadotti omeopatici che sono
completamente atossici e
zione”. Questo processo
non posseggono additidi “diluizione” rappresenta allo stesso tempo il pun- vi. Naturalmente i consideto di forza ed il principale
revoli interessi delle case
motivo per cui l’omeopafarmaceutiche costituiscotia viene continuamente
no un altro palese motivo
attaccata. Il punto di forper cui la medicina alterza dell’omeopatia consiste nativa viene continuamente sminuita e in alcuni casi
nel fatto che grazie all’aladdirittura demonizzata.
ta diluizione, non provoca alcun effetto collaterale L’attacco più forte all’omesui pazienti ai quali viene
opatia è arrivato nel magsomministrata. Ne deriva
gio del 2010 da parte dei
che i medicamenti omeomedici inglesi riuniti intorpatici sono assolutamenno alla British Medical As-
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
sociation. Durante la con
ferenza annuale, i giovani
medici hanno bollato la
medicina alternativa come
“stregoneria” dal momento che non presenta basi
scientifiche che possano
confermare la validità dei
suoi rimedi. Hanno inoltre denunciato l’uso della
medicina alternativa, spiegando che il servizio sanitario inglese non dovrebbe sperperare i soldi dei
contribuenti, visto che tale
pratica non avrebbe alcun
merito terapeutico. L’ accusa di stregoneria deriva
dal fatto che la scientificità
dell’omeopatia è stata già
contraddetta dal numero di Avogadro (quando si
supera una certa diluizio
ne all’interno del rimedio
omeopatico non è più presente nessuna molecola).
Questo è testimoniato dal
fatto che l’omeopatia viene spesso utilizzata per curare patologie lievi come
raffreddori e tosse, che
con il passare dei giorni
guarirebbero anche spontaneamente. L’assenza di
principi attivi all’ interno dei farmaci omeopatici li rende simili ad “acqua fresca”, tanto che
sostituendo per gioco le
etichette dei vari flaconi omeopatici nessuno
scienziato saprebbe ricollocarle al loro posto,
e questo perché non
sono più presenti mole
cole specifiche che rendano riconoscibile un
prodotto rispetto a un
altro. Per quanto riguarda gli effetti collaterali
dei farmaci tradizionali
i medici rispondono che
sono compensati dalla
loro scientifica efficacia.
Tuttavia, l’omeopatia
continua a crescere
e, nonostante i veti
dei medici inglesi e
dell’OMS (i cui conflitti
d’interesse con l’industria farmaceutica sono
macroscopici), la sua
efficacia risulta empirica
dimostrata dal consenso delle persone: vox
populi, vox Dei.
Fiori di Bach
La soluzione personalizzata per ciascuno di noi, semplice e gustosa.
C
ome molti di voi sapranno i Fiori di
Bach sono uno dei
più personali rimedi rimedi ai nostri problemi!
Scoperti nella prima metà
del Novecento dal medico inglese Edward Bach,
sono in totale 38, ciascuno indicato per un particolare carattere o stato
d’animo, ai quali è stata
aggiunta una combinazione detta “Rescue” da
utilizzare in caso di immediata necessità.
Per scegliere il rimedio
adatto alla nostra persona basta riflettere non sul
sintomo, ma sugli stati
emotivi che proviamo in
quei momenti e sul tipo
di persona che siamo. Essi
infatti si prefiggono di curare ogni tipo di ansia o
di problema passeggero
tramite l’assunzione di 2
gocce disciolte in un bic-
a cura di Chiara PIVA ((VAs))
a Mount Vernon in cui il
dottore risiedeva.
Per quanto riguarda la
produzione le infiorescenze delle piante più
delicate infatti vengono
lasciate in una ciotola colma d’acqua per alcune
ore; i fiori delle piante più
legnose vengono invece
sottoposte a bol“Il nostro lavoro consiste litura. In entramchiere
d’acqua nell’aderire esclusivamen- bi i casi vengono
te alla semplicità e alla
impiegati il branper un
purezza
di
questo
dy a 40° come
totale di
conservante e la
4 volte al metodo di guarigione”
Dr. Edward Bach, 1936 tintura madre.
giorno.
A partire dalla
Grazie al
diffusione delle succose
genuino tramandarsi dei
gocce, il Bach Centre orrimedi floreali del natuganizza
anche corsi a caropata e alla conduziorattere educativo con lo
ne dell’azienda a cui ora
scopo di preservare queè a capo Judy Howard,
gli ideali di semplicità e
la produzione può ancopurezza che da sempre
ra garantire il totale utine sono stati una carattelizzo di prodotti naturali
ristica
fondante.
colti da quegli stessi giardini semiselvatici intorno Lo stesso dottore sosteneva infatti che “Non occorre nessuna scienza né
alcuna conoscenza oltre ai semplici metodi descritti qui; trarrà il maggior beneficio da questo
dono di Dio chi lo conserverà in tutta la sua purezza, svincolato da scienza
e da teorie, perché tutto
in Natura è semplice”.
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
carpe diem
Vivete appieno ogni istante irripetibile della vostra vita
S
a cura di Bianca CAZAMIR ((VAitc))
ono passati solo
3 mesi ed i ricordi sono tutti molto
nitidi, come sicuramente lo saranno per il resto
della mia vita.
Era un caldo e spensierato pomeriggio di fine
luglio, in piscina coi miei
amici, quando ho iniziato ad avvertire un dolore
al fianco destro. Col passare delle ore, il dolore è
aumentato sempre più
finché, la sera dopo, è diventato insopportabile,
tanto da spingermi ad
andare al Pronto Soccorso. In seguito alla visita,
il sospetto principale era
una “banale” appendicite. Mi hanno fatto alcune analisi del sangue ed
un’ecografia, in seguito
alle quali mi hanno detto di tornare in ospedale la mattina seguente
per una visita specialistica dall’urologo. Dopo
una flebo di antidolorifico, sono quindi tornata a casa.
Il giorno dopo l’urologo
mi ha visitata con priorità assoluta, facendomi passare davanti a tutti gli altri pazienti, il che
già mi insospettiva. Non
avendo però la più pallida idea di cosa fosse
emerso dall’ecografia,
mi sentivo molto straniata. Nemmeno in seguito a questa visita ho
avuto modo di conoscere qualche dettaglio in
più, perciò non mi restava che fare la TAC appena prescritta. Anche
questa, ovviamente, con
priorità assoluta. L’attesa della risposta, benché
sia durata concretamente poche ore, è sembrata un’eternità. Solo dopo
mezzogiorno i risultati sono stati disponibili e l’urologo, avendoli
in mano, mi ha chiamata fuori dall’ospedale, in-
sieme a mia madre, tra
una sigaretta e l’altra,
per comunicarci gli esiti. Quello che è emerso dalla TAC non era sicuramente nelle nostre
previsioni: una massa di
9cm sul rene destro, ben
capsulata. “Ben capsulata”, sono queste le parole che successivamente hanno tenuto alta la
speranza. Ma sul momento, le uniche parole che risuonavano nella mia mente, quanto in
quella di mia madre (almeno credo), erano “tumore”, “intervento” ed
“asportazione del rene”.
Per il resto, solo occhi
sgranati di fronte ad una
notizia simile, lacrime,
incredulità mista a panico ed angoscia.
Prima di effettuare ogni
diagnosi, però, l’urologo ha preferito confrontarsi con l’équipe del
reparto di Urologia di
Mantova. Così, il giorno dopo mi sono recata in città, dove altri medici hanno analizzato i
referti, con la speranza
di avere qualche risposta in più. Anche in questo caso i dettagli hanno tardato ad arrivare
e, una volta pronti, non
erano né soddisfacenti,
né tanto meno rassicuranti: la maggior parte
dei medici concordava
infatti sul fatto che, vista
l’insorgenza in giovane
età, potesse trattarsi del
Tumore di Wilms, una
rara forma di tumore del
rene che colpisce in età
infantile.
Ovviamente, per una
diagnosi sicura, erano
necessari altri accertamenti. Essendo la biopsia alquanto rischiosa, hanno perciò optato
per l’intervento diretto. Quindi avrei dovuto aspettare un altro
mese per sapere di cosa
si trattava con certezza.
L’intervento è stato fissato per la fine di agosto.
Ripensandoci, credo di
aver vissuto quel mese,
giorno per giorno, attimo per attimo, come
il più intenso della mia
vita. Con quel pizzico di
incoscienza necessario
per alzarmi la mattina
ed andare avanti. Così,
in meno di un mese, ho
detto e fatto tutto (o
quasi) quello che desideravo dire e fare, col
pensiero, sempre in agguato, della morte. Un
pensiero che per molti
potrebbe assumere una
connotazione negativa.
Non per me, non in quei
giorni, vissuti come fossero gli ultimi. È triste
pensare che per vivere davvero ci sia voluta
la presenza dell’elemen-
to “morte”. Voglio dire,
è un po’ come pensare
alla fine del mondo. Nessuno ha la certezza di
quando questa arriverà, ma considerate tutte
le profezie (discutibili o
meno) relative ad esse,
sono molti (chiamateli fanatici, se volete) coloro che vivono questi
mesi come i più intensi
e vivi mesi della propria
vita. Un po’ come loro,
ho approfittato di ogni
singolo attimo a mia disposizione, non sapendo per quanto ancora
ne avessi potuto godere. Posso quindi dire che
da una forza così negativa come la “morte”, è
scaturita un’energia talmente potente come la
“vita”. Penso di aver vissuto spesso in “modalità
stand-by”, almeno fino a
quel giorno.
Così, i giorni passavano
e la data dell’intervento si avvicinava sempre
più. Così come l’energia
accumulata iniziava a lasciare spazio al terrore.
Paradossalmente, non
avendo mai subito un
intervento, quello che
più mi spaventava era
proprio l’operazione in
sé, l’anestesia, il non risvegliarmi più; non tanto il motivo per cui mi
avessero dovuta operare
né tanto meno le conse-
FALCONEXPRESS
guenze.
Così, tornata dalle vacanze il giorno prima, l’ultimo di agosto
sono entrata in ospedale per il ricovero. Varcata la soglia della sala
operatoria, all’apparenza tranquilla, anzi, forte e combattiva (tutto
ciò mi sembrava il minimo dovuto a chi mi stava accanto), dentro mi
sentivo morire. Il terrore di aver visto e salutato le persone a cui tenevo per l’ultima volta si
era assediato dentro di
me, almeno fino al momento in cui è stato assorbito dal lungo sonno
dell’anestesia. Mi sono
risvegliata 9 ore più tardi, 3 di intervento e 6 di
terapia intensiva, con
flebo, drenaggi e tubi
ovunque. Tutto sommato ero ancora viva, ma il
dolore, attenuato solo in
minima parte dai continui antidolorifici, oscurava ogni pensiero.
Comunicatomi gli esiti dell’esame istologico compiuto in seguito all’operazione, non
mi sono sentita gelare il
sangue nel leggere “Carcinoma cromofobo” sulla lettera di dimissione;
ero preparata al peggio.
Ciò significava che l’ipotesi del Tumore di Wilms
era errata, ma ben poco
cambiava; sempre di un
tumore maligno si trattava. Dopo una settimana di ospedale, dal
punto di vista fisico la
più dolorosa della mia
vita, sono quindi tornata
casa. Ci sono volute altre
2 o 3 settimane per alleviare il dolore e riprendere a camminare decentemente, ma ce l’ho
fatta. Il tutto attenuato
dal sapere che i tumori
al rene, una volta rimossi, raramente causano
ulteriori problemi. Ovviamente la possibilità
di una recidiva, seppur
remota, è sempre possibile. Sarò quindi seguita
e monitorata dal centro
Oncologico di Mantova
così come da quello genetico, vista l’insolita insorgenza in giovane età
di questa neoplasia.
In conclusione, tengo a
dire che è proprio vero
che è in momenti simili che si capisce quali siano le vere persone
che si hanno accanto.
Non è una frase fatta, “i
veri amici si vedono nel
momento del bisogno”.
E devo dire, con enorme tristezza, che molti di loro si sono rivelati
solo ora, dopo anni, per
quello che sono in realtà. Un accenno dovuto
va anche e soprattutto
ai miei genitori che nel
giro di poco si sono trovati ad affrontare i mesi
più angoscianti della propria vita. Ho visto
i segni della sofferenza sul volto di mia madre giorno per giorno
aumentare, facendola
invecchiare in un mese
quanto solitamente si
invecchia in 10 anni. Un
dolore così intenso che
solo dei genitori lo possono provare, un dolore che non vorrei mai vivere in vita mia; da qui
la decisione, forse non
definitiva, affrettata ed
immatura, di non avere figli.
Non per questo però vivrò la mia vita nella costante angoscia. In fin
dei conti mi reputo molto fortunata; se quel dolore non si fosse presentato così intensamente,
probabilmente avremmo scoperto il tutto
troppo tardi, quando ormai ben poco sarebbe
rimasto da fare.
In conclusione, vi invito
quindi tutti a vivere appieno ogni istante della vostra vita! Non deve
essere un evento simile a darvi la carica perché ciò avvenga. Insomma, “Carpe diem”! Forse
ogni tanto dovrei ricordarmelo anche io, sto
già iniziando a dimenticarlo…
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
fitoterapia: perchè tanto scetticismo?
La natura offre tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno
a cura di Francesca TEBALDINI ((VAitc))
C
ome non tutti sanno, la fitoterapia
è una medicina alternativa che utilizza sostanze completamente
naturali contenute nelle piante come rimedi
di cura. È una delle più
antiche pratiche usate dall’uomo per curare i propri disturbi: difatti già civiltà antichissime
come quella degli egizi, dei greci e dei romani
utilizzavano piante medicinali. Con l’avvento
della chimica, la fitoterapia è stata accantonata,
per poi essere riscoperta
negli ultimi tempi.
Molti farmaci comuni
sono versioni sintetiche
degli estratti vegetali che spesso, però, provocano un serie di effetti
collaterali che rischiano
di portare l’uomo verso
una spirale senza fine: i
danni procurati dai medicinali sintetici devono
essere sanati da altri medicinali che, a loro volta,
rischiano di fare danni e
così via. Inoltre, il farmaco di sintesi spesso si limita a curare i sintomi
senza agire sulle cause;
la medicina fitoterapica
e la medicina alternativa in genere, si pongono invece l’obiettivo di
alleviare la causa che sta
alla base del disturbo.
Nonostante i medicinali fitoterapici nella maggior parte dei casi non
provochino effetti collaterali, prima di utilizzarli è bene rivolgersi a figure competenti. Figure
che, purtroppo, esistono
da pochi anni e limitatamente alla Gran Bretagna, la quale riconosce
la categoria professionale di fitoterapeuti,
con percorso formativo universitario e protezione legale del nome.
Negli altri stati membri
dell’Unione Europea, infatti, il termine fitoterapeuta non ha valore legale e la fitoterapia non
è un ramo riconosciuto
della biomedicina, che
spesso guarda ai metodi
alternativi con scetticismo. Perché tutto questo?
La risposta è da cercare nei rapporti, spesso illeciti, tra gli Stati e
la BigPharma (il grande
potere dell’industria farmaceutica). Quest’ultima infatti, ha dimostrato in più di un’occasione
di avere più interessi nel
loro profitto che nella salute delle persone.
Come dimostra un’inchiesta svolta dall’amministrazione degli Stati
Uniti, le industrie farmaceutiche distribuivano (e
probabilmente distribuiscono) “mazzette” a politici, funzionari e medici di tutto il mondo per
vedersi autorizzare i farmaci.
Ma le pratiche della malasanità non finiscono
qui: infatti una delle ultime strategie aziendali della BigPharma
punta ai sani, non ai “soliti malati”. Come? Semplice, basta “gonfiare l’importanza di una
malattia o, se occor-
re, inventarsela di sana
pianta- spiega Gianfranco Domenighetti (docente di Comunicazione ed economia
sanitaria presso l’Università della Svizzera italiana) in un’intervista rilasciata ad Emergency
-le malattie restano più
o meno le stesse e solo
il 2,4% dei farmaci immessi sul mercato dal
1981 al 2008 rappresenta un vero importante
progresso terapeutico,
mentre le altre sono copie dell’esistente, a eccezione del prezzo, che è
triplicato” continua l’eco-
nomista. Non è un caso
che le campagne di prevenzione siano sempre più frequenti e che
i valori-soglia considerati un tempo normali
per glicemia o colesterolo siano stati progressivamente abbassati: per
ognuno di questi aggiustamenti, il numero di
persone cui prescrivere
medicinali aumenta rapidamente. Sarà dunque
l’influenza della BigPharma ad alimentare l’infondato scetticismo che
affligge la fitoterapia?
In Italia esiste la Società Italiana di Fitoterapia
(SiFit) che raccoglie intorno a sé molti tra gli
studiosi italiani di piante
medicinali. Dal 1992 la
SiFit opera affinché l’uso
delle sostanze vegetali
sia riconosciuto per l’utilità che è in grado di sostenere nella medicina
moderna e promuove
la ricerca scientifica sulle piante medicinali. Ma
come si può operare per
il bene della gente finché chi governa rimane
legato ai “profitti facili”
? Come si può dimenticare che la Natura offre
tutto ciò di cui l’uomo
ha necessità?
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
poche semplici informazioni salvavita
É doveroso per tutti noi conoscere le pratiche di primo soccorso
a cura di Vera GERVASIO ((IIICri))
Ci siamo chiesti quanto sia importante la conoscenza delle pratiche di primo soccorso e la presenza di un defibrillatore nei luoghi di aggregazione, come la scuola. La medicina non è solo scienza e teoria ma anche prassi emergenziale. Per rispondere a questi dubbi ci siamo rivolti ad un professionista impegnato ogni giorno in prima linea:
Imberti Pierluigi infermiere di Pronto Soccorso Spedali Civili di Brescia.
Ecco cosa ci ha detto.
V
isto i recenti casi
accaduti, e che
sono stati evidenziati dai mass media, di
atleti famosi rimasti vittime di arresto cardiaco improvviso, mi sembra opportuno affrontare
l’argomento. L’arresto
cardiaco improvviso è
un evento drammatico
che nella maggior parte
dei casi provoca la morte. Negli Stati Uniti circa
330.000 persone muoiono ogni anno per malattia coronarica, e di queste
250.000 muoiono prima
di raggiungere l’ospedale. L’incidenza dell’arresto cardiaco improvviso
è di circa 0.55 per 1000
abitanti per anno. Molti
di questi soggetti tuttavia sopravvivono grazie
a soccorso e cure appropriate; in tali casi la prontezza con la quale essi ricevono interventi atti
a ripristinare le funzioni vitali compromesse è
determinante. Per ogni
minuto trascorso senza ricevere compressioni toraciche efficaci, un paziente in arresto cardiaco (AC)
perde il 7% di possibilità di essere salvato. Per
tali evidenze, la comunità scientifica è da tempo concorde sul fatto che
i concetti del Basic Life
Support (BLS) e le conoscenze e capacità ad esso
correlate debbano non
solo essere patrimonio di
tutti i sanitari, ma vadano
estese a tutti i laici (non
professionisti). L’algoritmo BLS, recentemente revisionato dall’American Heart Association ed
esemplificato nell’incisiva
immagine dei 5 anelli della “Catena della sopravvivenza”, sono i seguenti:
- riconoscimento dell’AC
e attivazione delle risorse professionali (contattare il numero di primo soccorso 118)
- Avvio precoce della rianimazione cardiopolmo-
nare (CPR) da parte dei
primi soccorritori, ovvero
il massaggio cardiaco
defibrillazione rapida:
CPR più defibrillazione
iniziati non oltre 3-5 minuti dal collasso possono produrre la sopravvivenza del soggetto in una
percentuale di casi che va
dal 49% al 75%
- supporto vitale avanzato da parte di personale
medico qualificato
- cure post arresto cardiaco nei reparti di terapia
intensiva
Da quanto detto si evidenzia l’importanza
dell’intervento immediato di un soccorritore laico e il fondamentale riconoscimento dei “segni”
di un possibile AC, quali
paziente incosciente che
non risponde a stimoli
verbali o dolorosi e man-
I 5 anelli della catena della sopravvivenza
lazione automatica esterna per mezzo del defibrillatore (AED). La scarica
elettrica che esso genera
va ad azzerare gli impulsi disordinati che causano la TV o FV dando
AED - defibrillatore
la possibilità al muscolo cardiaco di riparticanza di polso. In queste
re
grazie
ad un impulso
circostanze la prontezza
elettrico
regolare.
L’AED
del soccorritore e il simulè
uno
strumento
moltaneo inizio delle manoto semplice che prevevre di rianimazione (CPR)
è determinante per la so- de però un breve corso
per l’idoneità all’utilizzo.
pravvivenza del soggetIn tutti gli ambienti quato colpito da AC in quanli
campi sportivi, palestre,
to, se non viene garantito
scuole,
piscine e quant’alun minimo di circolazione
tro,
dove
è praticato sport
per tenere in vita le celo
semplicemente
si trova
lule nervose del cervello,
un punto di aggregaziomolto sensibili alla manne, dovrebbe essere incanza di O2 , dopo alcudispensabile la presenza
ni minuti di anossia esse
di un defibrillatore automorirebbero senza spematico
esterno. È auspiranza di ripresa.
cabile
che
questo accaAltro punto fondamenda
il
prima
possibile per
tale per il soccorso di un
scongiurare
altre vittime
paziente vittima di AC è
che, il più delle volte, pola defibrillazione precotrebbero essere salvate
ce (terzo anello della caper mezzo del CPR e deltena). Ogni soggetto colla defibrillazione tramite
pito, nei primi minuti
presenta un ritmo cardia-
AED. Tutti noi dovremmo
sentirci in dovere di conoscere le pratiche per il
soccorso di una vittima di
AC, questo perchè molte
morti, spesso di persone
giovani, potrebbero essere evitate (ultimo caso
del calciatore del Livorno
Piermario Morosini, morto per mancanza di soccorso adeguato).
Posizionare il palmo
della mano al centro
del torace della vittima; sovrapporre l’altra
mano intrecciando le
dita; mantenere le braccia tese e perpendicolari al torace scaricando la pressione e il peso
sul paziente; comprimere il torace ritmicamente
ad una frequenza di 100
al minuto, ad ogni compressione il torace deve
abbassarsi di 4-5 cm;
dopo ogni compressione sollevarsi in modo da
permettere al torace di
rilasciarsi completamente senza perdere contatto tra le nostre mani e la
vittima.
FALCONEXPRESS
scrubs
Il lato comico della medicina
Q
a cura di Marika BARESI e Diana TRATTA ((IVCs))
uante serie TVdrammi sulla medicina subiamo
ogni giorno? Partendo dal
classico E.R. ai più recenti Dr.House e Grey’s anatomy dove possiamo notare dottori/fotomodelli (che
sfidiamo chiunque a trovare in un comune ospedale!) che tra scuotimenti
di capelli sempre perfetti, sensuali battiti di ciglia
e passionali ‘tramini’, rigorosamente tra colleghi, riscontrano e, grazie a un’illuminazione divina, curano
malattie che solo loro conoscono e che noi umani non possiamo nemmeno immaginare. Tra questa
moltitudine di supereroi
in camice bianco spiccano
gli imbranati e divertenti medici del Sacro Cuore,
ospedale che fa da sfondo alla sitcom statunitense Scrubs, che differiscono sia per aspetto fisico sia
comportamentale dagli incredibili dottori che siamo
soliti trovare in televisione.
Scrubs è una serie tv ideata da Bill Lawrence, dove
troviamo come protagonista John Michael Dorian,
per gli amici J.D, un medico imbranato che in ogni
puntata, seppur trovandosi
in situazioni relativamente
normali, dove ovviamente
i nostri mitici ‘super dottori‘ non farebbero una piega e, tanto meno, sprecherebbero un episodio, riesce
“Quest’uomo ha una
lampadina su per lo
sfintere oppure il suo a farcolon ha avuto un’idea ci ridere rengeniale”
dendoci
partecipi di assurde faccende causate per lo più
dall’inserviente, il personaggio più enigmatico e,
in un certo senso, anche
più “fuori di testa” della serie, e dal dottor Cox, medico molto duro e sarcastico
ma che in fondo è sempre
pronto ad aiutare J.D e gli
altri specializzandi.
Troviamo poi il migliore
amico di J.D ovvero Turk,
un chirurgo molto competitivo che appare svariate volte negli episodi,
sposato con Carla Espinosa, infermiera molto amica del nostro protagonista
e che prende le sue difese ogni volta che questo
viene attaccato da Dr. Cox;
non possiamo inoltre dimenticarci del primario
dell’ospedale, il dottor Bob
Kelso, il vero antagonista
della serie, odiato praticamente da tutti a causa del
suo cinismo, nonostante mostri in alcuni episodi qualche tratto di uma-
nità. Ultima ma non ultima
Elliot (il cui nome è dovuto al fatto che i suoi genitori volessero un maschio)
collega, futura fidanzata, e
successivamente moglie di
J.D; dottoressa insicura, timida, molto competitiva e
per certi versi comica.
Ma visto che FXP è un giornalino serio e ogni articolo che contiene invita alla
riflessione non vogliamo
di certo essere da meno;
non penserete mica che
Scrubs sia solo baggianate tra corridoi ospedalieri
e battute insensate, vero?!
Beh, probabilmente è così..
ma, volendo, si può trovare
un significato più “profondo” o, almeno, noi ci abbiamo provato: la medicina va
presa sul serio, per carità,
ma in fondo bisogna anche
saper trovare il lato comico della vita e perché non
farlo a casa propria, sul divano, dopo una faticosissima giornata sui banchi di
scuola o dietro la cattedra
(per i nostri amici professori ), di fronte al simpatico faccione di J.D? Insomma, ci sono i momenti in
cui è richiesta una certa serietà ma anche quelli in cui
ci si può concedere una risata! Che a noi Scrubs piaccia riteniamo si sia capito,
ora non resta che a voi sintonizzarvi su MTV il giorno
che preferite, esclusi sabato e domenica, alle 14.20 e
farvi la vostra opinione!
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
il futuro del pianeta
dipende solo da noi
Incontro con il dottor Luca MERCALLI in occasione del Book Feast
L’
a cura di Chiara ZANONI ((IVCs))
incontro del 19
Novembre con il
dottor Luca Mercalli ha trattato uno degli
argomenti più “caldi” e attuali degli ultimi anni. Nonostante si parli da molto
di problemi ambientali, ora
la situazione sembra essersi fatta più seria, complice sicuramente la crisi economica sempre più
pressante. In un clima che
sembra debba diventare di
recessione Mercalli propone soluzioni per convivere meglio tra di noi e con il
nostro ambiente, soluzioni
che all’apparenza possono
anche sembrare sacrifici,
ma che in realtà potrebbero essere l’unica soluzione
per rendere quantomeno
abitabile il nostro pianeta
anche in un prossimo futuro.
Il dottor Mercalli ha iniziato la conferenza indicando
i piccoli gesti che possiamo compiere ogni giorno
per ridurre l’inquinamento ambientale, gesti che
hanno un impatto in realtà davvero forte, in quanto è in base alle nostre esigenze e le nostre richieste
che le industrie e le società
producono. Ha poi lasciato
spazio alle domande preparate da alcuni studenti,
che hanno subito sollevato alcuni dei punti salienti riguardanti l’argomento
mero ingente di bottigliette di plastica comporta
costi enormi, ed una delle “soluzioni” a cui si ricorre maggiormente è insabbiare il problema gettando
i rifiuti nel mare, i quaIl dottor Luca MERCALLI li poi diventano cibo per
vari animali i quali per la
della conferenza.
maggior parte muoiono
In primo luogo si è parlaingerendo le sostanze conto dello smaltimento dei
tenute in questi prodotti di
rifiuti. Si tratta di un 30%
scarto (ad es. gli ftalati, che
di organico (150 kg cain un organismo vivente
dauno), il cui smaltimento, almeno a livello teorico, possono provocare anche
dovrebbe risultare relativa- l’ermafroditismo).
mente semplice in paesi di Un’altra delle domande
poste al dottor Mercalli ricampagna (come appunguardava la concezione di
to Asola), poiché sarebprogresso rispetto ai probe facilmente utilizzabile
blemi riscontrati fin ora.
per concimare. In questo
L’esperto ha subito precisamodo si eliminerebbero,
to che esistono diversi tipi
oltre ai costi, anche i dandi progresso, e che inoltre
ni termodinamici e biogequesto viene spesso confuochimici dei camion che
so con lo sviluppo e la crepassano per la raccolta
scita, quasi fossero sinonidell’umido. Il dottor Mermi. In realtà, come è stato
calli ha precisato che comunque un procedimento spiegato, la cosa di basilare importanza è assicuradel genere è ovviamenre i bisogni fondamentali,
te irrealizzabile in città.
Uno dei materiali più com- che sono finiti, al contrario
dei desideri, infiniti. In queplessi da riciclare ci è stato
sto modo si assicurerebbe
spiegato essere la plastica.
un tenore di vita dignitoso
Prendendo come esempio
a tutti e lo spreco sarebbe
una semplice bottiglietta, analizzandola pezzo per ridotto al minimo (in questo senso dovrebbe essere
pezzo ci si rende alla fine
inteso il progresso); cosa di
conto che essa è formafondamentale importanza
ta da ben 5 prodotti diveral giorno d’oggi, considesi, alcuni dei quali non riciclabili; conseguentemente rando anche che comparando la terra ad una mela,
lo smaltimento di un nu-
le terre emerse utilizzabi
li sono solo la buccia di un
terzo di essa, e tutti noi ora
come ora ne stiamo oltremodo abusando.
40 anni fa (1972) Aurelio
Peccei incaricò dei ricercatori del Massachusset’s Institute Of Technology di
svolgere uno studio sui limiti dello sviluppo (anche
se il titolo originale era,
letteralmente, “i limiti della crescita”), che venne poi
ripubblicato più volte. Illustrava come le risorse
naturali dall’inizio del Novecento fossero calate in
modo inversamente proporzionale a: produzione
industriale, cibo e inquinamento. I grafici dell’aumento del consumo delle
risorse sono, come mostrato dal dottor Mercalli, delle funzioni esponenziali,
tendenti quindi all’infinito, ma avendo la terra risorse finite, andando avanti in questo modo si rischia
il collasso del pianeta in un
futuro non troppo remoto. L’idea dovrebbe quindi essere quella di un modello di progresso che non
comporti la distruzione
della terra, che poi in realtà non verrebbe nemmeno
distrutta, in quanto è sopravvissuta a catastrofi naturali e decimazioni di popolazione ben più gravi. Il
punto fondamentale è che
senza un ambiente quantomeno vivibile, l’uomo
non può esistere, poiché è
la biosfera a sostenerci. In
questo momento, e ci sono
articoli pubblicati su diverse riviste accreditate che lo
confermano, stiamo viven-
do al di sopra delle nostre
possibilità; la terra però ha
un sistema resiliente (elastico, come una rete) che le
permette per un certo periodo di attutire i danni, superato quel lasso di tempo
tuttavia, non è più possibile. Stiamo vivendo come se
avessimo una terra e mezza, e proseguendo su questa strada, nel 2040 ne serviranno due. Riguardo la
temperatura terrestre, è
subito da notare l’aumento spropositato di CO² a
causa dei gas effetto serra,
che sono tra l’altro la causa
principale del riscaldamento globale (il dottor Mercalli ci ha inoltre mostrato
le foto di alcuni ghiacciai
che si sono sciolti completamente o quasi in lassi di
tempo davvero brevi). Un
calcolatore di dati per il futuro ha evidenziato che, intervenendo, alla fine del
secolo potrebbero esserci solo 3 gradi (invece di 6);
attivandoci abbiamo quindi la possibilità di limitare
consistevolmente i danni
(ha inoltre fatto notare che
si rischierebbe di arrivare
al punto in cui la pianura
padana diveneterebbe una
specie di deserto)
Vi è quindi la necessità di
progettare società a energie rinnovabili, le quali offrono indubbiamente
una minore efficienza (nel
2100, utilizzandole al 100%
si arriverebbe comunque
solo alla metà dell’efficienza energetica attuale), ma
che sono anche l’unico
modo per “salvare” il nostro
pianeta, e prima ancora
le nostre vite. Prendendo
ora in esame isolatamen
te l’Italia, e parlando del
suo deficit ecologico, stiamo in questo momento
vivendo con il quadruplo
delle risorse disponibili. Il
primo passo dovrebbe indubbiamente essere quello di far scendere l’utilizzo
delle risorse a un po’ meno
del triplo, almeno per ora,
garantendo il necessario e tagliando il superfluo
(come detto all’inizio).
Installando inoltre i pannelli solari, viene riconosciuto un prezzo di favore
del kilowatt/ora prodotto
(poiché si risparmiano circa 200 kg di petrolio ogni
kilowatt/ora), così che in
10 anni ci si ripaga della
spesa dei pannelli.
Le auto elettriche sono
un’altra grande soluzione. Come verificato dallo
stesso dottor Mercalli, ogni
auto elettrica ha un’autonomia di circa 150 km giornalieri. A Milano questi
sono all’incirca i kilometri
percorsi in un giorno da un
taxi. Quindi, se tutti i taxi di
Milano venissero sostituiti
con auto elettriche si risolverebbe il problema dello smog della zona C (questo solo se la ricarica della
macchine viene effettuata
utilizzando i pannelli, perché contrariamente utilizzando il carbone si risolve
ben poco).
I modi per “salvare” la nostra terra sono davvero
tanti, ma prima di tutto è
importante che ognuno
di noi apra gli occhi e si
renda conto che realmente parte tutto dai nostri
gesti quotidiani.
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
l amore per gli animali
Ecco i vincitori dell’ultimo concorso fotografico promosso da FXP
C
a cura di Linda SALICI e Lucia TONELLI ((IVAs))
iao ragazzi, è tornato in questo primo numero dell’anno scolastico
2012/2013 il concorso di fotografia. Vi mostriamo le foto che si sono classificate ai primi tre posti sul tema “L’amore
per gli animali”.
” Abbiamo fatto il possibile per far partecipare al voto tutte le classi,
ma abbiamo ricevuto scarsa partecipazione e disinteresse, quindi nel prossimo numero faremo votare solo le classi davvero interessate, in caso di incomprensioni o
problemi ci scusiamo, cercheremo di migliorare nel prossimo numero. Per il prossimo giro di foto abbiamo scelto il tema
”I nuovi mostri”” sperando in un maggiore coinvolgimento. Per attivare il concor-
so il numero minimo di fotografie da votare deve essere almeno di cinque, in caso
contrario saremo costrette, nostro malgrado e con grande dispiacere, a concludere
quest’esperienza. Vi ricordiamo che le foto
vanno inviate a concorsofotografico@hot
g
@ mail.com entro e non oltre il 28 febbraio 2013 e devono contenere le seguenti informazioni allegate: nome dell’autore
della foto e della classe che frequenta,
data dello scatto e soprattutto il titolo. Vi
auguriamo buon divertimento nella ricerca della foto perfetta ricordandovi che la
foto deve essere ESCLUSIVA, ovvero su internet non deve trovarsi una foto simile a
quella inviata, pena il rifiuto della stessa.
nome:
DANILA GEROLA
Classe:
INSEGNANTE
Data:
14-05-2012
Luogo dello scatto:
CASA MIA
Titolo: DOLCEZZA
nome:
CHIARA MICHELOTTI
Classe:
V A SCIENTIFICO
Data:
03-04-2012
Luogo dello scatto:
DALLAS ACQUARIUM
Titolo: SLOTH-MOTION
nome:
CHIARA MARCHETTI
Classe:
III C SCIENZE APPLICATE
Data:
17-12-2011
Luogo dello scatto:
ACQUAFREDDA (BS)
Titolo: I HATE/LOVE YOU
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
49
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
CHE NOIA!
Il malessere della società moderna
P
a cura di Francesca GUINDANI e Silvia PIAZZA ((VAs))
er Oscar Wilde è
l’unico peccato per
cui non c’è perdono. Petrarca la definisce
nobile sentimento e Kant
addirittura un pungolo che
ci spinge ad agire!!
Stiamo parlando della
noia, un sentimento che
ha un ruolo da protagonista nella nostra cultura.
La noia è da sempre considerata responsabile di
ogni genere di mali, dai
comportamenti peccaminosi o immorali allo stress,
fino al suicidio. Non solo,
in tempi recenti è diventata un fenomeno di massa.
Tutti sappiamo che significa annoiarsi, ma darne una
definizione non è facile. Alcuni studi collegano la propensione alla noia con una
ridotta attività del sistema
limbico della ricompensa,
o addirittura con un’alterazione nella secrezione di
endogeni, che renderebbe lo stato di noia simile a
una lieve sindrome di astinenza. Il pensiero psicoanalitico collega la noia alla
soppressione del limite,
all’incapacità di rinunciare
ad un sogno di onnipotenza. In termini etimologici, la parola noia, deriva dal
latino in odio habere, ossia
avere in odio, detestare.
Per Kant il concetto di noia
è legato al tempo, cui si riferisce a due livelli diversi. Quello organico/meccanico, in cui il tempo è una
quantità calcolabile, e la
dimensione spirituale che
nasce dal nostro interesse, dalla volontà di riempire ogni attimo con una
precisa finalità. Il presente,
insomma, dovrebbe preparare il futuro, ed è quando questa attesa si spegne che subentra la noia.
Lo stesso concetto è stato espresso in passato con
termini diversi. Basti pensare al concetto di taedium
vitae espresso da Seneca
nelle Lettere a Lucilio “una
noia che nasce dalla percezione del dolore del mondo …”
Quando la noia è contagiosa: io sbadiglio. Perché
gli sbadigli, respiri profondi accompagnati da contrazioni muscolari, atte a
essere sintomo di noia,
sono estremamente contagiosi? Uno studio recente, pubblicato sulla rivista
“… One”, dimostra che lo
sbadiglio si trasmette per
lo più tra persone che si
vogliono bene, come amici, parenti stretti, coppie.
Sembra infatti, come ha
spiegato lo psicologo Andrew Gallap sulla rivista
“Evolutionary Neuroscienze”, che gli sbadigli diventino molto più contagiosi d’estate e comunque
quando fa molto caldo, per
aumentare l’ossigenazione dell’organismo, oppure
secondo teorie più recenti,
per raffreddare il cervello,
un po’ come avviene con
la ventilazione di un computer. Tra i pensatori che
hanno dedicato parte della loro attenzione al tema
della noia vi è prima di tutti, Leopardi, che vedeva la
noia come il “desiderio di
felicità lasciato allo stato
puro” (o meglio non finalizzato ad un progetto); segue Schopenhauer, per il
quale la vita oscilla tra dolore e noia, dimostrazione
dell’inutilità dell’esistenza
umana. Per Kienk
k il discorso è un po’ diverso, tale
pensatore afferma infatti:
se la nostra vita avesse un
senso positivo basterebbe
a soddisfarci e la noia cesserebbe di esistere.
È però Heidegger, più di
tutti, il filosofo che si è dedicato maggiormente al
problema della noia, in
particolare la noia che si
presenta all’uomo di fronte alla “perdita di senso
dell’esistenza”.
Il tema affrontato già da
pensatori precedenti permane quindi ancora oggi
nella vita di tutti gli uomi-
;
q
zione la noia è infatti simbolo di crisi, di mancanza
di passione, intesa come
benessere, voglia di vivere, equilibrio tra la propria
vita e le proprie emozioni.
Contrariamente a chi vede
la noia in senso negativo,
c’è poi il pensiero buddista, per il quale essa è un
momento propedeutico
dell’autocoscienza e soprattutto, a nostro riguardo, dell’iniziativa:
Cristoforo Colombo avrebbe mai scoperto l’America
Quante volte nelle notizie di cronaca nera si sentono episodi di violenza o
aggressione verso esseri
umani o animali, giustificati con la frase “…l’ho fatto
perché mi annoiavo ..” eppure la noia non è mai stata considerata una vera patologia.
Studi rivelano invece che
la componente del tempo, per citare un esempio,
risulta una delle principali
dimostrazioni di tale disagio: una persona sogget-
elevata difficoltà a percepire il tempo e a fare una stima più o meno precisa del
suo trascorrere.
Viene qui riportato, un
elenco di 27 domande,
elaborato dall’Università
dell’Oregon con il nome di
Boredom Proneness Scale, al quale il lettore può
sottoporsi per “misurare
la propria noia” potendo
così scegliere di cambiare il
proprio modo di percepire
e vivere il mondo, o rimanere un “eterno annoiato”.
Test: Misura la tua noia
Ecco la ‘Boredom Proneness Scale’, il testo elaborato per misurare la propensione ad
annoiarsi. Basta rispondere alle domande con un voto su una scala da 1 (molto in disaccordo) a 7 (molto d’accordo). Sapendo che 2 persone su 3 ottengono un punteggio
compreso tra 81 e 117, mentre il 2,3% ha un punteggio a 63 o superiore a 135, valutate il
vostro livello di noia!
1) Mi risulta facile concengior parte delle cose che
cerebbe affrontare un
trarmi su quello che faccio
faccio
maggior numero di sfide
2) Quando lavoro mi trovo
12) Il mio lavoro è rara21) Per la maggior parte
spesso a pensare ad altri
mente fonte di entusiasmo del tempo ho la sensazioproblemi
13) In qualunque situazione di lavorare al di sotto
3) Mi sembra che il tempo
ne riesco a trovare qualcodelle mie capacità
passi troppo lentamente
sa di interessante da fare o 22) Molte persone mi de4) Spesso mi sento smarrida vedere
finirebbero un creativo o
to, senza sapere cosa fare
14) Mi capita spesso di sta- una persona dotata di im5) Spesso sono intrappola- re seduto a far niente
maginazione
to in situazioni in cui devo
15) Sono capace di aspet23) Ho tanti interessi e
fare cose senza senso
tare pazientemente
non ho tempo di seguir6) Guardare dispositivi o
16) Mi trovo spesso con
li tutti
filmini a casa di amici è una tempo a disposizione e
24)Tra i miei amici, sono il
noia mortale
niente da fare
più costante nelle proprie
7) Non sono mai a corto di
17) Divento impaziente
attività
progetti, di cose da fare
quando sono costretto ad
25) Se non sono impegna8) Non ho problemi a diaspettare, per esempio in
to in attività eccitanti o
vertirmi da solo
coda
pericolose mi sembra di
9) Molte delle cose che
18) Mi capita spesso di
morire di noia
devo fare sono ripetitive o
svegliarmi con una nuova
26) Novità e cambiamenmonotone
idea in testa
ti sono indispensabili per
10) Rispetto alla maggior
19) Sarebbe molto difficile rendermi davvero felice
parte della gente ho bisoper me trovare un lavoro
27) Mi sembra che alla tegno di più stimoli per “fun- sufficientemente entusialevisione o al cinema si
zionare” adeguatamente
smante
vedano sempre le stesse
11) Trovo eccitante la mag- 20) Nella mia vita mi piacose, roba vecchia
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
homo sapiens o homo stupidus?
Animali estinti, un monito per l’umanità
a cura di Stefano
f
SOLAZZI ((IVAs))
Il fascino del pianeta Terra sta nella sua varietà di paesaggi, si passa
dal freddo dei poli al caldo equatoriale delle foreste pluviali, dal clima
temperato delle nostre
zone a quello caratterizzato da fortissime escursioni termiche come nei
deserti. Ogni luogo presenta caratteristiche diverse, dissimile scenario,
differenti popolazioni, diversa flora e diversa fauna. Siamo tutti
d’accordo nell’affermare che gli animali hanno un ruolo fondamentale all’interno di una
certa zona? Si potrebbe immaginare un’Africa senza i propri animali
caratteristici?
Attraverso il corso di
Madre Natura miriadi di
specie animali sono evolute in nuove o si sono
estinte completamente, questo è un dato di
fatto, per estinzione si
intende la cessazione
dell’esistenza di una certa specie.
Ma nell’epoca moderna,
al di fuori del corso ordinario, la caccia sfrenata e la distruzione degli
habitat naturali hanno
portato svariate specie
animali alla completa
cancellazione o alla decimazione; alcuni esseri riescono o sono riusciti ad adattarsi al nuovo
ambiente, altri, dopo la
modificazione del proprio habitat, si sono gradualmente estinti.
A oggi le specie animali
sono classificate secondo lo “Stato di conservazione” comprendente le seguenti categorie:
LC(Rischio minino),
NT(Prossimo alla minaccia), VU(Vulnerabile),
EN(In pericolo),
CR(Critico), EW(Estinto
in natura, cioè specie
che sopravvivono solo
in cattività), EX(Estinto).
Poiché lo stato di conservazione di un ani-
male non è facile da
appurare, le estinzioni vengono solitamente
confermate molto tempo dopo l’evento effettivo; per questo motivo
esistono le sottocategorie: PEW(Probabilmente
estinto in natura),
PE(Probabilmente estinto), DD(Dati insufficienti), NE(Non valutato).
Con ogni specie scomparsa se ne va una pagina della storia del nostro
pianeta, per questo è
sempre gradita una presa di coscienza ii questo senso; infatti, le azioni degli uomini di oggi
portano alla distruzione
di molti habitat naturali, primo tra tutti lo scioglimento dei ghiacci del
Polo Nord che ha portato l’Orso Bianco(Ursus
maritimus) a entrare nella categoria VU. Secondo
le previsioni di Simon
Stuart dello Iucn, l’Unione mondiale per la conservazione della natura
e le ricerche del Berkeley Earth Project, l’Orso
Bianco sarà EX entro 10
anni, se lo scioglimento dei ghiacci non si fermerà (sfatando il luogo
comune che esso è causato solo dal riscalda-
mento globale, del resto
si stanno creando i presupposti per la creazioni di impianti per l’estrazione di petrolio e gas
naturale in quelle zone
che stanno diventando
più accessibili, proprio a
causa dello scoglimento (“Polo Nord, il nuovo Eldorado del petrolio”,
Chiara Caprio, Corriere
della Sera).
Parlare solo di quest’animale è riduttivo, infatti esistono numerose
specie animali in quella
zona del nostro pianeta
che vedendosi distruggere progressivamente il loro ecosistema non
sapranno come sopravvivere.
Tra le specie animali europee estinte troviamo l’alce del Caucaso (estinta nel 1810),
l’uro(un tipo di bovino,
1627), la tigre del caspio
(1960), l’alca impenne
(1852), il pfarrig (un pesce, 1900); in America la
ritina di Steller (la “Vacca
di mare”, 1767, scoperta nel 1741, sterminata
in pochi anni), il coguaro
orientale (sottospecie di
puma dichiarato estinto
il 2 Marzo 2011), il piccione migratore (1766).
In Asia il lupo di Hokkairdo (1889), il cervo
di Schomburgk (1938),
la tigre di Bali (1937), le
tigri di Giava e del Caspio (1980), l’orso gi-
gante della Kamchatka
(1920). In Africa il quagga (una sottospecie di
zebra, 1883), antilope
azzurra (1799), il facocero del capo (1900), il
dodo (un uccello endemico dell’isola Mauritius,
1651).
Le specie a rischio sono
innumerevoli, oltre il
già citato Orso Polare troviano il Panda gigante, la foca monaca,
la Tigre, la balenottera, lo scimpanzè, il picchio imperiale e molti
ancora.
Ormai l’estinzione di
queste specie è irrecuperabile, si stanno portando avanti ricerche
mirate alla clonazione del DNA di alcune
di queste, ma i risultati
non sono ancora visibili.
Per non creare situazioni analoghe si può solo
proteggere le specie
animali a rischio e il loro
habitat, reprimendo duramente la caccia e salvaguardarle dall’azione
distruttiva dell’uomo.
Esiste, in Giappone,
un cimitero dove sono
conservate le lapidi delle specie animali che
non sono più presenti
sulla terra. Esso è parte
di una presa di coscienza che si sta affermando
in questo tempo, alcuni
uomini, forse più umani
di altri, capiscono l’importanza di difendere il
pianeta insieme ai suoi
essere viventi, comprese le piante.
Madre Natura continuerà a essere sottomessa all’uomo o, prima o
poi, ci estinguerà a sua
volta?
Si può speculare sulla superiorità dell’uomo, ma alcuni fatti recenti evidenziano la sua
debolezza nei confronti del proprio pianeta.
Siamo certo “Homo Sapiens”, il maggior esempio di vita intelligente
sul nostro pianeta, ma
in quanto tali dovremmo tenere conto delle
nostre azioni rispettando la Terra.
Dovremmo deciderci a
valorizzare la vita, recuperare alcuni valori che
abbiamo perso sottostando ai poteri falsi e
illusori (politica, televisione, internet) e creare
tutti insieme un mondo nuovo: dove saremo
ospiti del nostro Pianeta (e con nuove scoperte, dell’Universo), uniti
per la Vita e per la felicità di tutti.
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
la morte di ivan ill’ic
eros e thanatos
La storia della metamorfosi di una coscienza
a cura di Andrea BERGAMASCHI ((IICri))
“L
a morte di Ivan
Il’ic”” è un romanzo di uno
spessore e di una profondità struggente, è la
storia della metamorfosi di una coscienza,
dell’epilogo di una nonvita.
Tolstoj, con il suo stile misurato, racconta di
un uomo che cade inesorabilmente nella convenzionalità delle scelte
e illustra l’ipocrisia che
caratterizza una società
chiusa nel suo meschino
decoro borghese. L’au-
tore descrive accuratamente il percorso intrapreso da Ivan
Il’ic, dai sintomi della malattia alla sua
inesorabile fine. La disperazione
in cui piomba è tangibile ma negli
ultimi giorni di sofferenza il protagonista rompe
l’inganno in
cui aveva vissuto una vita
intera e si ritrova finalmente uomo,
Lev TOLSTOI - 1828/1910
anche a costo di ammettere che tutte le apparenze sono state enormi
sbagli. Questo conduce il lettore a rispecchiare su di sè l’analisi introspettiva dello stesso
protagonista, consapevole che la feroce menzogna che la vita rappresenta si sarebbe sciolta
nell’istante in cui la speranza di vivere l’avrebbe lasciato. La fragilità di
Ivan Il’ic racchiude, infatti, l’umanità intera. Umanità che si lascia cogliere impreparata perchè
non ha ancora imparato
a rimediare ai propri errori e, di conseguenza, a
cambiare la propria storia. Il romanzo è di una
chiarezza terribile, è una
vicenda normalissima
narrata in maniera unica. Ma quanti sono gli
uomini ridotti a brandelli, svuotati dentro e fuori e resi fantasmi di loro
stessi dalla morte? E tutto questo solo per l’incapacità di concepirla, di
accettarla come rinascita dell’anima.
“La morte di Ivan Il’ic”
non è, quindi, un romanzo negativo, ma un inno
alla vita da non perdere.
Dentro Me
Un sentimento giocondo
Ribolle in me,
è l’amore profondo
che provo per te.
Ma purtroppo ad un altro
Il tuo core hai donato,
e si strugge in un antro
il mio ego adirato,
ogni volta che lo vedo
mi si stringe il cuore
come se cercasse
di trattenervi l’amore.
Per me però provi
un sol sentimento
ed è l’amicizia,
l’eterno tormento.
Un dì capirai
o almeno speriamo
che non so più che fare
per dirti che t’amo.
Paolo BOTTURI (IVAs)
La Morte
La morte è come una vecchia amica
sempre presente
che ci aspetta oltre il valico
della pazzia della mente
come se in tutta la vita,
come una guida ci avesse seguito
e ci avesse consigliato
di fare scelte a volte sbagliate
talvolta, fortunatamente, non ascoltate.
Ed è allora che essa adirata
cerca forsennata
di farci lo sgambetto
per impedirci di percorrere
della vita il sentiero retto.
Ma è proprio così che va la vita,
arriva come una fresca brezza
in un caldo giorno d’estate,
lasciando tutti piacevolmente sorpresi,
e con la stessa rapidità
essa se ne và, senza preavviso,
lasciandoci qui a disperarci
per quanto più caro avevamo,
che è andato perduto.
Paolo BOTTURI (IVAs)
Gustav Klimt
Vita e morte
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
music planet
Intervista agli Alley, interesse band emergente del territorio
a cura di Niccolò DONINELLI ((VAs)) e Ludovico RUGGENENTI ((IVCs))
Salve a tutti cari lettori del Falconexpress, per l’edizione di quest’anno abbiamo pensato di
riproporre il progetto del Music Planet, nato lo scorso anno scolastico.
In questo numero abbiamo voluto esplorare il panorama musicale indipendente dell’intera provincia, in particolare ci siamo soffermati sul recente progetto di una band che ha
già percorso le fatiche di un album autoprodotto e con l’ultimo disco si è dimostrata capace di rielaborare con suoni moderni il rock degli anni ‘70: gli Alley.
Il gruppo: Davide Chiari (voce, chitarra, tastiere), Damiano Negrisoli (voce e chitarra solista), Giacomo Parisio (basso e voce), Samuele Pedrazzani (chitarra, voce, sassofono e
tastiere), Moreno Barbieri (batteria).
Q
uando e come nascete?
Davide: Il progetto di Alley nasce precisamente il 14 novembre 2011.
Un sabato sera mi è capitato, come può capitare,
di non uscire e di voler fare
qualcosa di diverso, come
quando uno non ha lo
sbatti di voler andare fuori. Così in una notte è nato
il primo progetto di Alley
per una necessità di sfogo,
qualcosa che era necessario immortalare in qualche
modo. È successo in una
notte, in cui ho fatto le incisioni; il giorno dopo ho fatto il mixaggio, il mastering
e tutto ciò che serviva.
Infatti Alley non sono io
e non sono loro, ma è piuttosto un’entità a se stante
siccome, per l’appunto, Alley è il vicolino. Poi, siccome il progetto non poteva
rimanere solo sull’album,
mi sono trovato con “questi amiconi” per riproporr
re questi pezzi. La presentazione del primo album è
avvenuta al Piper di castelnuovo il 3 giugno 2012, in
cui abbiamo deciso di stravolgere i brani secondo i
gusti personali di ognuno.
Come si pone la vostra
musica nei confronti dei
gusti commerciali dei
giovani d’oggi?
Giacomo: Secondo me
ognuno è libero di ascoltare ciò che gli pare e piace,
a patto che ci sia il rispetto
per artisti che hanno innovato o lanciato dei generi di
qualunque tipo.
Purtroppo non siamo in un Paese
molto acculturato
musicalmente, non
è solo colpa della
gente ma anche di
quanto viene proposto dai mass media.
Davide: Più che altro considerano una fatica scegliere cosa ascoltare. Uno che
scarica canzoni in blocco,
magari non ha la voglia di
approfondire e andarsi a
sentire anche il resto delle
canzoni dell’album.
Samuele: Dal mio punto di
vista non vogliamo porci
come qualcosa di alternativo, infatti alcune canzoni possono essere benissimo pop.
Davide: Viene preso il gusto collettivo, siccome conosciamo i nostri gusti e
limiti, in particolare durante i live, prendiamo
queste influenze musicali
e ne ricaviamo qualcosa.
Pro e Contro dell’autoproduzione (un limite o
un opportunità?)
Davide: la due! Sicuramente una grande opportunità da sfruttare che
ti permette di sviluppare
un’identità artistica personale e ti offre la possibilità di “giocare” con effetti e
suoni particolari che vanno a strutturare la personalità della combriccola
Le influenze?
Davide: ce n’è una per
ogni canzone! L’influenza
principale arriva dai led
zeppelin, gruppo preferito
di sempre, per la varietà
di colori delle loro canzoni
e la capacità, tralasciando l’abilità tecnica, di spostarsi da pezzi rock al pop
e non solo all’interno di
un stesso album. [E dopo
un rapido ascolto di noi
intervistatori possiamo
dire che questa è una caratteristica che si ritrova
esattamente nell’album
e nel modo di suonare degl’Alley]; come Tales From The Pizzeria che
mantiene un unico filone
di logica ma vuole ogni
canzone a se stante.
Altre ispirazioni: i Roxy
Music e, suggerito da Federico, Ben Hansen.
Due parole per definire
l’album.
Davide: per forza due?!
Io pensavo ad una: CUPIDIGIA (pronunciata con
ambigua gestualità)
Federico: è qui tutta la teatralità di quest’uomo.
Invitiamo quindi i lettori del falcone express ad ascoltare e comprare l’album, attraverso le
coordinate presenti sulla pagina facebook di Alley e ringraziamo la combriccola per la disponibilità e per la simpatia con cui si presentano. Ricordiamo inoltre che il video completo dell’intervista sarà disponibile sulla medesima pagina fb .
Un haug a tutti
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
Si corre per tanti motivi
Segui il segno, corri il sogno: la mia prima maratona.
S
a cura di Angelo
g BADINELLI ((ex studente))
i corre per tanti motivi: per lavoro, per
hobby, per il solo piacere di correre, per il fisico,
per far battere il cuore; si
corre con tanti motivi: con
i propri amici, con tanti
sconosciuti, con la propria
squadra, con i propri pensieri; si corre per un kilometro, si corre per sempre;
si corre con qualsiasi condizione meteo; si corre per
uno scopo; si corre per un
sogno; si corre per la vita;
si corre per quelli che non
possono; si corre…perché
è fantastico correre.
Ho iniziato a correre circa
due anni fa, in un noiosissimo pomeriggio di agosto.
Scarpe da ginnastica (non
da corsa), maglietta e pantaloncini. E via. Mezz’ora
di corsa, ma ogni cinque
minuti ero costretto a fermarmi.
Col tempo, con la costanza,
con la pazienza, e soprattutto con la volontà, sono
arrivato ad aumentare la
mia resistenza sempre di
più. Fino alla meta che tutti i runner sognano. Terminare una maratona.
L’opportunità l’ho avuto
il 25 novembre 2012, alla
XXIX Firenze Marathon.
Nella città che ha dato i natali al Sommo Poeta, si poteva notare già il percorso
che sarebbe stato seguito
da quasi diecimila podisti:
un sottile segno verde che
si snodava tra le vie, che si
avvicinava ai monumenti, che portava al bellissimo Parco Cascine, ai palazzi storici e passava alcuni
ponti, tra cui il suggestivo
Ponte Vecchio.
Vi riporto la mia esperienza.
La sveglia è abbastanza
presto: sono le 5 e 20, è domenica mattina, il 25 novembre 2012 e fra poche
ore parte la XXIX maratona di Firenze. La mia prima
maratona.
Colazione quasi leggera,
poi risveglio muscolare; mi
vesto (maglia lunga, il cielo è coperto), cerco di caricarmi. La motivazione è altissima, dal punto di vista
fisico e mentale sto benissimo. Non resta che partire.
Alle 8 sono già in zona partenza; deposito la borsa e
sono praticamente pronto.
Numero 9726.
La partenza è alle 9 e 20;
l’attesa è lunga. Fatto un
briciolo di allenamento,
cerco la concentrazione
psicologica adeguata. Controllo il tempo, che passa
molto lentamente. Cerco
di concentrarmi.
È il momento: puntualissimo arriva il “via!”; per l’eff
fetto imbuto passo dalla
partenza dopo quattro minuti e facendo due calcoli
i primi hanno già fatto più
di un kilometro.
La partenza è lenta, in fondo siamo quasi in diecimila; vedo Dj Linus, ma non
lo disturbo. Non potrei mai
disturbare il mio Mito.
Dopo tre kilometri sono
già in mezze maniche. Al
sesto kilometro vedo i primi atleti, tutti del Kenya,
che sono nell’altra corsia e
già al tredicesimo.
Passano i secondi e i metri
e mi avvicino ad un primo
traguardo. La mezza maratona. Arrivo al diciannovesimo km e vedo il pettorale
numero 70. È Matteo Renzi, mi avvicino e gli dico
due parole di incoraggiamento per la corsa e per le
primarie, poi proseguo per
la mia strada.
Dopo 1h 53’ 29’’ finisco la
mezza maratona: 21,097
km. Prendo il secondo
gel e mi si profila un’idea,
quella di finire la maratona
in meno di quattro ore. In
fondo, sto bene sia fisicamente sia psicologicamen-
p
p
incoraggia tantissimo.
Sedici minuti dopo arriva la notizia che un keniota ha tagliato il traguardo
e ha finito la maratona in
due ore, nove minuti e cinquantanove secondi. Un
mostro!
Ma il maligno è sempre
in agguato! Arriva il problema con la C maiuscola:
crampi. Crampi poco dopo
il ventitreesimo km. Allora
penso che devo ritirarmi.
Mica posso fare quasi venti
kilometri camminando!!!
In questo momento, penso
a frasi che mi possono dare
ancora carica. Il traguardo è lontano, ma la mia volontà è più forte; devo tirare fuori la tigre che c’è in
me; devo dare il meglio di
me stesso e superare il mio
limite; e così via. Ma è un
vero e proprio calvario fino
al trentesimo km: ci arrivo
correndo lentissimamente e camminando, camminando e correndo lentissimamente. Sono passate 2h
51’ 53’’ e il cielo lascia le nuvole e si tinge di azzurro. Il
sole è alto e picchia e non
bacia né belli né brutti, ma
bacia noi maratoneti che
amiamo un po’ di fatica.
Così arrivo al punto ristoro,
e qui mando giù limone e
sali minerali a più non posso, mi bagno le gambe con
la speranza di raffreddarle
e riprendo a correre come
all’inizio, senza problemi.
Sembro rinato, sembra che
io non abbia corso i trenta
km precedenti.
La linea verde continua tra
i punti più belli di Firenze: vedo lo stadio, le vie del
centro, ripenso a Palazzo
Pitti. Penso che tra pochi
metri passerò sotto il Duomo, dove vedrò la cupola
del Brunelleschi. E così avviene.
Al trentacinquesimo km,
eccolo lì. Come un guardiano, il Duomo si mette in
mostra per noi runner, per
darci ancora forza, per dirci che mancano circa sette km e il traguardo è alla
nostra portata. Mi fermo
ancora al ristoro e al punto spugnaggio e faccio lo
stesso rituale fatto in precedenza.
Kilometri trentasei, trentasette, trentotto. Superato quest’ultimo, ritornano i crampi (maledetti)
e non mi perdo d’animo.
Sono quasi arrivato e vedo
il quarantesimo kilometro,
superato dopo 4h 00’ 03’’.
Media perfetta di dieci kilometri all’ora, media perfetta di sei minuti al kilometro. Come un orologio
svizzero.
Mancano solo 2195 metri e questi sembrano interminabili. Li faccio con la
Cristina (categoria MF 40)
e con il Gigi, un over sessantenne e con oltre trenta maratone all’attivo. Altro
mostro!
Prima del cartello del kilo-
,
lo del venticinquesimo miglio. Mancano solo 1609
cazzutissimi metri. Me li
godo tutti perché sono gli
ultimi metri della mia prima maratona. Nel frattempo, penso.
Penso ad alcuni messaggi
di incoraggiamento molto belli che mi sono arrivati per sms o via Fb; penso
che a casa e a Castelnuovo
c’è il tifo per me; sono contento perché ho visto Renzi e Dj Linus; penso al cieco
che correva in compagnia
della sua guida (i suoi occhi) e al prete che ha corso
anch’egli la maratona.
Intanto vado avanti e vedo
il cartello con il numero 42.
Io, la Cristina e il Gigi ci teniamo per mano. Mancano 195 metri. Si intravede Santa Croce, tutta nella
sua maestà, che ci accoglie. Penso alla prossima
maratona che voglio assolutamente fare perché, anche se la fatica e il dolore ci
sono stati, non sono stati
così tanto amati.
Pochi metri e con le mani
in alto supero il traguardo,
in compagnia di tanti altri.
Ho fatto 26,2 miglia (o
42,195 km). Il sogno del
maratoneta si è avverato.
Guardo il mio cronometro
perché da quello ufficiale bisogna togliere l’effetto
imbuto.
4h 13’ 48’’. Segno di croce,
occhi al cielo. Mi mettono la medaglia al collo, che
bacio subito.
A stento trattengo le lacrime.
FALCONEXPRESS
tutti pazzi per ilario
La Società pallavolistica MURA di Asola festeggia i suoi primi quarant’anni
a cura della Redazione
Siamo davvero orgogliosi di poter annoverare nel nostro corpo docenti il prof. Ilario BONANDI, un educatore ed un atleta che ha saputo trasmettere nel corso della sua lunga e
gloriosa attività quei valori dello sport (lealtà, solidarietà, passione, coraggio ecc.) che, oggigiorno, vengono spesso ignorati in nome di logiche legate al mercato e allo spettacolo.
Riportiamo di seguito il bell’articolo scritto da Fiorenzo ZANELLA
A e pubblicato sulla Gazzetta di Mantova.
È
stata una bellissima festa di compleanno quella che ha
visto protagonista la società pallavolistica Mura
Asola: i 40 anni della società sono passati di fronte a
più di duecento tra giocatori, ex giocatori, sportivi e
amici grazie alle immagini
proiettate e all’emozionante racconto fatto da quello
che rappresenta la sintesi
di questa società, l’allenatore Ilario Bonandi. È stato
lui a fare gli onori di casa,
passando in rassegna tutti i momenti emozionanti
di questi anni, dalla fondazione del 1972, ai problemi dei primi anni Ottanta e
ai grandi successi giovanili di fine anni Ottanta. Negli anni Novanta poi ancora successi con la squadra
maggiore che ha raggiunto la B2 nazionale, mantenuta per ben 10 anni con
la sola forza dei giocatori
reclutati dalle scuole locali, un successo che i molti
ospiti non hanno mancato di rimarcare. Tra questi
giova ricordare la presenza
dei nazionali Andrea Anastasi (ora ct della Polonia)
e Simone Giazzoli, ex giocatore della Pallavolo Mura
Asola, oltre al presidente
provinciale Ernesto Torre,
lo sponsor storico Michele Mura, altro ex giocatore,
e il presidente attuale Matteo Rivera. Presenti anche l’assessore provinciale
Zaltieri e il vicesindaco di
Asola Carminati. Tra i momenti di maggior emozione quelli in cui si è raccontata la partenza di questa
società, col gruppo di ragazzi che hanno formato la
squadra (Bonandi, Mura,
Grazioli, Bergamini), grazie anche al supporto del
primo presidente Luigi
Mura. A margine i ringraziamenti anche per il centro sportivo di Asola, per
il Comune e per le scuole
che hanno sempre sostenuto la società che ancora
oggi è in grado di affrontare un campionato di Serie C e 5 campionati giovanili. Un commosso ricordo
è andato infine allo storico
autista della società Danilo Furlotti deceduto pochi
anni fa. Al termine dei ringraziamenti tutti i partecipanti alla festa sono stati
invitati ad un rinfresco con
Bonandi che leggeva una
e-mail del tecnico nazionale Julio Velasco che, per
motivi familiari, non ha potuto partecipare, ma che
ha voluto comunque ringraziare la società asolana
per il suo lavoro.
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
avvertenza:
i videogiochi fanno male
La mia ppersonale esperienza
p
per mettervi in guardia dai rischi dei videogiochi
a cura di Kevin BRUNELLI ((IVAs))
I
videogiochi, diffusi su larga scala dagli
anni ‘70, sono ormai
diventati un fenomeno
culturale di massa, disponibili e conosciuti praticamente dovunque, fruiti da un’utenza sempre
maggiore, costituita principalmente da giovani di
età compresa fra i 16 e i
28 anni.
I videogiochi devono
questo incredibile successo ai loro pregi, come
il permettere di evadere
un po’ dalla realtà per entrare in una fantasia dove
siamo noi gli eroi protagonisti, dove possiamo
fare quello che vogliamo, dove possiamo crearci una nostra personalissima seconda vita, una
vita virtuale. I videogiochi, purtroppo però, sono
tutt’altro che salutari.
Certo, possono stimolare alcune zone del cervello e portare determinati
benefici, ma i rischi che si
corrono giocandoci sono
molti e molto alti.
Sono tanti i genitori che
pensano di tenere al sicuro i propri figli lasciandoli
a casa a giocare ai videogames, in modo che evitino i pericoli della vita reale, ma questo è sbagliato
per un paio di motivi. Innanzitutto, alcuni pericoli della vita reale offrono ai ragazzi occasioni di
crescita, esperienze che
è bene per loro vivere. In
secondo luogo, questi ragazzi eviteranno di sicuro
i pericoli reali, ma incapperanno in quelli “virtuali”. Giocare troppo ai videogiochi, infatti, porta a
danni sia fisici sia mentali. Fisici perché i videogiocatori tendono a non
fare molto movimento e
quindi spesso ingrassano e risentono anche di
malformazioni alla spina
dorsale, dovute alle rigide posture assunte mentre giocano. Ci sono poi i
danni neurologici, come
le convulsioni, che però
si riscontrano particolarmente in soggetti affetti da epilessia fotosensitiva o da disturbi simili,
che rendono il cervello
intollerante a forti sbalzi di luminosità, proprio
come quelli dei videogiochi. Molti videogames,
in particolare quelli violenti come gli sparatutto,
aumentano l’aggressività dei giocatori. Costoro,
inoltre, mostrano di frequente problemi a comunicare e, specialmente, a
socializzare con gli altri,
non avendo vissuto abbastanza esperienze nella
vita reale.
Molti pensano che per
ovviare a tutti questi problemi basti giocare di
meno, organizzando meglio le ore di gioco. Questo è vero, ma non è facilmente attuabile. Infatti,
i videogiochi portano
con sé una vera e propria dipendenza, come
una droga, che invoglia
il giocatore a continuare
e a continuare a giocare,
sempre di più. Lo sostengono pure lo psicologo
Douglas Gentile e il terapista Steve Pope, il quale
ha affermato al Lancashi-
re Evening Post,
t un giornale inglese, che “passare due ore ai videogiochi
equivale ad assumere
una striscia di cocaina”.
Comunque stiano veramente le cose, i videogiochi sono un fenomeno relativamente recente,
quindi non si sa ancora
con certezza cosa succederà da grandi ai bambini videogiocatori. Tra l’altro, è il videogioco che
crea bambini problematici, o sono i bambini con
delle difficoltà di crescita che sono più soggetti a lasciarsi attrarre dai videogiochi? O entrambe
le caratteristiche sono determinate da qualche altra variabile a monte?
Io non posso darvi delle
risposte certe, ma posso
offrirvi la mia esperienza
personale come videogiocatore. Gioco ai videogiochi da quando avevo
sei anni e, dunque, posso affermare di aver sprecato praticamente più di
dieci anni della mia vita,
dieci anni importanti tra
l’altro. Ma mi sono reso
conto di questo troppo tardi, quando ormai
soffrivo già di alcuni dei
problemi elencati sopra.
Fra questi, quello con cui
devo fare i conti tutti i
giorni è l’asocialità. Giocando ai videogames per
così tanti anni ho perso
tantissime occasioni per
conoscere persone nuo-
ve, per farmi nuovi amici, insomma per socializzare. Fino a non molto
tempo fa ero molto più
chiuso e riservato e uscivo pochissimo. Poi, mi
sono finalmente deciso
ad aprirmi di più agli altri, a fare nuove amicizie,
ad uscire di più, ma la situazione è solo, paradossalmente, peggiorata. I
videogiochi mi hanno
privato di tante, troppe esperienze di formazione, così non riuscivo
ad interagire e a comunicare bene con gli altri.
Ho solamente sofferto di
tutto questo, sono stato deriso e preso in giro,
ho perso anche quei pochi amici che avevo. Non
mi sono comunque arreso e sto tuttora cercando di cambiare me stesso e la mia vita. Sto pure
provando ad eliminare
i videogiochi, o almeno
a giocarci molto meno.
Il problema è che è quasi impossibile smettere
di giocarci, perché, sebbene tu sappia e ti renda
conto che fanno male,
ne senti sempre il bisogno, esattamente come
una droga.
I videogames possono risultare davvero dannosi per noi e per la nostra
vita. Tuttavia, io non vi
dico di non giocarci, anzi
giocateci pure se volete,
ma siate consapevoli dei
rischi che correte.
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
un nuovo anno tra film e speranze
Qual è il film del 2013 che porterete per sempre nel cuore?
a cura di Giulia TONINELLI ((IIAs))
I
l 2013 sarà un anno
di speranze e attese e come sempre il
mondo del cinema non
lascia deluse le aspettative dei tanti fans che il
prossimo 24 febbraio seguiranno la serata più
stellata dell’anno, esaltando o criticando i vincitori degli Academy
Awards 2013.
Già le candidature uscite lo scorso 10 Gennaio
hanno lasciato sorpresi i
più attenti appassionati
(chi piacevolmente e chi
non). Sono giunte infatti molte critiche per le assenze alle candidature di
Ben Affleck
k come miglior
regista, già dato infatti
come possibile vincitore,
e del nostro italiano Giuseppe Tornatore per il
miglior film straniero.
Tra i più quotati come
possibili vincitori ci sono
i film di Robert Zemeckis, Quentin Tarantino,
Tom Hooper e Steven
Spielberg ma anche un
inaspettato Ang Lee ed
uno speranzoso Ben Aff
fleck. Questi sono infatti alcuni dei film segnalati per le candidature di
maggior rilievo.
Ma la maggior attesa
quest’anno non riguar-
da i soliti protagonisti,
eleganti ed emozionati come ogni anno perché per l’85° edizione degli Oscar il presentatore
ha già fatto parlare di sé,
e non poco: parliamo del
comico Seth MacFarlane
famoso per aver creato
cartoni animati come “I
Griffin “, “American Dad!”
e il film “Ted”.
In moltissimi già immaginano come si potrebbe
trasformare la serata più
seguita del mondo del cinema mentre a portare
avanti tutto c’è colui che
dà la voce al piccolo e sadico Stewie Griffin; anche
se lo stesso Seth ha promesso di “fare il bravo almeno per una sera”.
Lincoln, Django Unchai-
ned, Les Misérables, La
Vita di Pi, Argo, Amour,
Flight… Non sono quindi semplicemente i film
più nominati per questi Academy Awards ma
anche i più attesi per un
anno all’insegna di grandi novità.
Impossibile citare tutti i
nomi di chi renderà questo 2013 un anno spettacolare ma sicuramente gli appassionati non
si annoieranno davanti
ad una solita commedia,
quando nelle sale cinematografiche di tutto il
mondo arriveranno i tanto attesi capolavori del
nuovo anno. Il ritorno di
Quentin Tarantino con
un western da far girare
la testa, uno spettacolare Daniel Day-Lewis nei
panni del 16° presidente
degli stati uniti d’America
ed un altrettanto sensazionale Denzel Washington nel premiatissimo
Flight, ma molto atteso
c’è anche il drammatico
musical Les Misérables
dal cast stellare che ha
già fatto scalpore in tutta
l’America, il thriller Argo
che racconta le drammatiche vicende avvenute durante la rivoluzione
iraniana e il nuovo suc-
cesso del taiwanese Ang
Lee con la sua versione
dell’odissea in Vita di Pi.
Gli Accdemy Awards anche quest’anno faranno gioire ed emozionare
i vincitori, faranno deludere i perdenti e come
sempre: faranno parlare
i critici.
Io attendo gli Oscar 2013
per il tributo a James
Bond in occasione del
50° anniversario e per
vedere Jean Dujardin
che consegna l’oscar forse alla più giovane (Quvenzhané Wallis) o alla
più anziana (Emmanuelle Riva) donna ad aver ricevuto una candidatura, ma non aspetto che
sia una giuria a giudicare il miglior film dell’an-
Adesso al cinema
“Q
uello che so sull’amore”. Il nuovo film del
nostro italiano Gabriele Muccino che dopo il
successo americano di “la ricerca della felicità” con Will
Smith torna in America per girare una commedia romantica dal cast Hollywoodiano. La
storia racconta le avventure
di George Dreyer che dopoaver abbandonato la professione di calciatore a causa di un
brutto incidente e aver divorziato dalla moglie, si ritrova
nuovamente vicino alla sua
famiglia quando diventa allenatore della squadra di calcio in cui gioca suo figlio. Fra
una partita e l’altra e i corteggiamenti di mamme sole
e seducenti, l’uomo tenterà
di riconquistare i suoi cari, e
l’unica donna che abbia veramente amato, ora stanca di aspettare il marito tra
bugie e tradimenti.
no, per ognuno di noi,
appassionati e non il film
più bello sarà quello che
guarderanno con più
passione e che farà emozionare di più, il film che
per 365 giorni porterete
nel cuore e che vi farà vivere questo nuovo anno
con gioia, insomma che
vi renderà questo 2013
un bellissimo film.
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
prof si nasce
Le soluzioni dello scorso numero
Individua il tuo insegnante tra questi innocenti pargoli
E
a cura di Cristina AGAZZI ((Matematica e Fisica))
ccoci giunti alla terza edizione di questa simpatica rubrica. Allora come è andata? Avete individuato i vostri insegnanti? Se avete ancora qualche dubbio
nessuna paura, nella pagina affianco le soluzioni.
Provate ora, facendo affidamento a tutto il vostro spirito di osservazione e alla
pr
profsi
profs
p
pro
ro
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of
fs
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si
nasce
n
na
asc
as
ce
ce
?
RIZZARDELLI
Matematica e Fisica
prof.ssa
Saba MAINARDI
Matematica e Fisica
prof.ssa
Marisa PAGANINI
Matematica e Fisica
prof.ssa
Danila GEROLA
Scienze
?
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FALCONEXPRESS
71
i giochi di fxp
Per un momento di relax tra una verifica e un’interrogazione
a cura di Giulia BELLINI e Giuditta LANZI ((IVAs))
L’indovinello dell’autobus
questo indovinello
eggerlo due volte:
Alla prima fermata:
- sale un anziano di 79 anni
iarpa e il cappotto
ragazzo con lo
ard
otale di 2 persone)
Alla seconda fermata:
- salgono 10 scolari
- sale una sig
- salgono 3 u
visa
(Per un totale
Alla quarta fermata:
- scendono 8 scolari
- sale una giovane cop
con
- sale una insegnante
da
- scende un uomo in d
Alla quinta fermata:
- scendono tutti gli scolari
- sale un amico dell’autista
- scende un uomo in divisa
- salgono 5 giocatori di basket.
y t y ?
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’autista di un autobus che vuole sempre
avere la situazione sotto
controllo e ad ogni fermata controlla chi sale e chi
scen
Questo autobus compie
un tragitto prestabilito di 5
ferm
La prima e l’ultima sono i
capolinea.
Inizia la sua corsa alle 8 de
mattino, dura 1 ora e termina il servizio alle 20.
La capienza massima
dell
è di 20 person
h
za fermata:
e la signora anziana
o 2 scolari
n ragazzo con i capelli biondi
- salgono due bambine
la palla
d
Quanti anni ha l’autista
dell’autobus?
w
Riuscirai a trovare l’uscita del labirinto?
Sudoku
k
CHIAROSCURO
Chiara MICHELOTTI (VAs)
FALCONEXPRESSFALCONEXPRESS
oroscopo maya
Al di là dei catastrofismi
a cura di Elisa MILANI e Paola VOLPI ((IVAs))
Nonostante il fallimento della previsione circa la fine del mondo (dovuto in realtà ad un’errata e interessata interpretazione del loro calendario) noi vogliamo comunque rendere
omaggio a questa grande civiltà scomparsa.
La civiltà dei Maya, come è noto, si è sviluppata intorno al 2000 a.C. nell’America centrale in una fascia territoriale che comprende parte del Messico, del Belize, del Guatemala e
dell’Honduras. Intorno al 300 a.C. i Maya avevano già elaborato un sistema di scrittura e di
calcolo e avevano principalmente due calendari: uno di tipo civile “Haab” e uno di tipo rituale “Tzolkin”. Di fatto, questa popolazione, utilizzava questi calendari congiuntamente,
come se fosse uno solo. Era formato da 260 giorni, ha più di duemila anni ed è un sistema
diverso da tutti gli altri; malgrado questo, è l’esempio di un calendario perfetto.
Accanto a questo, esisteva anche l’anno lunare, costituito da 13 mesi di 28 giorni ciascuno.
Questo calendario lunare, suddiviso in 13 parti o mesi corrispondenti ad altrettanto animali, costituisce la base del sistema astrologico della civiltà Maya.
FALCONE: Dall’8 febbraio all’8
marzo
Questo è l’animale sacro della
civiltà dei Maya.
Il carattere delle persone nate sotto questo segno è molto forte e con grande ambizione infatti possono ritenersi fortunati
perché godranno di una sorte eccezionale
per tutta la vita. Il loro senso di responsabilità e di dovere è un po’ messo in discussione, prima di preoccuparsi di se stessi si
preoccupano degli altri. Odiano ricevere
ordini e sono nati per comandare.
GIAGUARO: Dal 9 marzo al 5
aprile
Sanno dalla nascita ciò che vogliono e come ottenerlo. La
loro voglia di libertà e il senso di aiutare il
più debole li portano spesso ad avere problemi, anche se il loro senso di giustizia
sarà sempre più forte. Hanno idee chiare e
la passione in ciò che fanno è la loro caratteristica più forte, anche se la pignoleria a
volte può far perdere allettanti occasioni.
CANE: Dal 6 aprile al 3 maggio
I nati sotto questo segno sono
caratterizzati principalmente
da altruismo e bontà d’animo.
Dotati di una grande intelligenza sono
sempre pronti ad affrontare e superare
ogni difficoltà, attendendo eventualmen-
te il momento più opportuno per agire. Il
loro ambiente ideale è in mezzo alla natura, lontano dal caos e lo smog delle città.
SERPENTE: Dal 4 maggio al 31
maggio
A differenza di noi occidentali che vediamo negativamente questo animale, i Maya lo identificano
come lo spirito salvatore che illumina le
menti.
Sono molto raffinati e cortesi anche se,
prima di concedere il loro amore si assicurano che non vado ad uno qualsiasi.
Molto intelligenti, amano vivere bene, ma
con ciò la loro etica esemplare è sempre
in primo piano.
LEPRE: Dal 1 giugno al 28 giugno
La caratteristica migliore delle
Lepri sta nell’arte oratoria e comunicativa. Amano avere un’intensa vita
sociale, all’insegna di feste e uscite con
amici; odiano la solitudine. Un’altra loro
caratteristica è la tendenza a fantasticare e a sognare a occhi aperti. Spesso però i
loro sogni si trasformano in realtà!
TARTARUGA: Dal 29 giugno al
26 luglio
La pazienza è la virtù di questo
segni, infatti sono i saggi per
eccellenza. Occorre impegnarsi per far ar-
rabbiare qualche Tartaruga, ma se ci si do
vesse riuscire, serve temere il peggio. La
loro ira è terribile! Il tempo è il loro migliore alleato e avendo coscienza di questo,
sanno che possono ottenere tutto ciò che
vogliono anche senza correre.
PIPISTRELLO: Dal 27 luglio al
23 agosto
Questo è il segno degli eroi o
degli incoscienti: sono persone animate da senso di giustizia, amano comandare e riescono a farsi rispettare in ogni circostanza. Riescono sempre ad essere al
centro dell’attenzione, indipendentemente da ciò che fanno o cercano di evitare.
Grande pure il loro senso negli affari.
SCORPIONE: Dal 24 agosto al
20 settembre
L’intelligenza è la loro caratteristica più grande. Sono dotati di
una memoria eccellente e questo li porta
a non dimenticare mai nessuna offesa, anche se generalmente non sono vendicativi. Sono persone molto timide ed è per
questo che le loro qualità migliori rischiano di passare inosservate. Pieni di buoni
sentimenti e amano aiutare il prossimo.
CERVO: Dal 21 settembre al 18
ottobre
Il segno della bellezza, i Cervi sono i grandi seduttori anche se devono ammettere di essere un po’
presuntuosi. Punti forti sono la creatività,
una grande immaginazione e la dialettica,
dominano come nessun altro l’altro l’arte del conversare. Odiano le discussioni e
hanno un grande bisogno di essere trattati con molto affetto.
CIVETTA: Dal 19 ottobre al
15 novembre
E’ il segno più magico e profondo. Non a caso è l’animale più notturno e misterioso dell’Oroscopo Maya. Hanno una capacità
speciale nel far affrontare il subcosciente altrui; infatti riescono ad essere molto d’aiuto per far trovare cose,
idee o persone perdute o dimenticate.
La virtù principale è l’intuizione.inizialmente possono sembrare timidi, ma
non lo sono.
PAVONE Dal 16 novembre al
PAVONE:
13 dicembre
È un segno che ama mettersi in vista, vista la bellezza che
porta in sè questo animale. Amano primeggiare, competitivi sul lavoro e si sentono i migliori in tutto. Originali e creativi
amano brillare di luce propria. Sarà anche
per questo, ma i nati sotto questo segno
non passano inosservati.
LUCERTOLA: Dal 14 dicembre
al 10 gennaio
Come le lucertole i nati di questo periodo cambiano pelle nella vita.
Sono persone che si sanno adattare ad
ogni ambiente senza avere secondi fini,
ma semplicemente Perché essendo molto generose hanno un cuore d’oro. A volte sono ritenute ingenue. Spicca la loro
personalità, la più difficile da descrivere.
Ogni persona di questo segno infatti ha la
propria ed è impossibile classificarle in un
unico gruppo.
SCIMMIA: Dall’11 gennaio al 7
febbraio
Che siano persone aperte
una volta conosciute, nessuno potrà metterlo in dubbio. La loro forza e resistenza fisica sono una sicurezza, così come una certezza è il loro senso
dell’umorismo e una predisposizione al
positivo. Devono sentirsi liberi sempre, soprattutto nel lavoro. La fantasia deve essere il traino delle loro molte qualità, anche se deve frenare il nervosismo anche
rischierebbe di offuscarle.
FXP - Falcone express
anno V - numero 4 - febbraio 2013
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