03/03/2015 Il modello Giappone per affrontare la crisi
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03/03/2015 Il modello Giappone per affrontare la crisi
IL MODELLO GIAPPONE AL TEMPO DELLA CRISI L’analisi del come il Giappone ha affrontato la crisi e il lungo periodo di deflazione è stato il tema centrale del recente Convegno organizzato da “Osservatorio Asia”, dal titolo “Il modello Giappone al tempo della crisi”, con l’obiettivo di presentare all’Europa soluzioni che potrebbero costituire un’esperienza da valutare e utilizzare. E, infatti, il 22 gennaio 2015 la Banca Centrale Europea ha annunciato che comprerà titoli di Stato e privati per 60 miliardi di euro al mese, da marzo 2015 a settembre 2016, un quantitative easing (QE) da oltre mille miliardi di euro. E’ stata questa una delle misure centrali dell’ “Abenomics Revolution”, neologismo che definisce la politica economica del Primo Ministro giapponese Shinzō Abe (rieletto nel 2014), probabilmente l’iniziativa più innovativa e audace dell’Asia Orientale per debellare una deflazione ormai consolidata. Si basa su tre linee di intervento, la cosiddetta ‘strategia delle tre frecce’: politiche monetarie espansive, stimoli/flessibilità fiscale e riforme economiche strutturali. La politica monetaria si pone l’ambizioso obiettivo di raddoppiare la base monetaria entro il 2014, attuando una spregiudicata politica di quantitative and qualitative easing (QEE) con l’acquisto di titoli sia del debito pubblico che privato per un ammontare di 60/70.000 miliardi di yen all’anno, portati recentemente a 80mila. Per disincentivare il risparmio i tassi di interesse sono fissati in negativo. Per quanto riguarda la politica fiscale, anch’essa espansiva, si prevede nel 2015 una riduzione della corporate tax, attualmente al 35%, per favorire gli investimenti stranieri e, al contempo, uno stimolo della crescita attraverso un piano di Investimenti pubblici da 5mila miliardi di yen in tecnologie avanzate, specie in energia e ambiente, in ricerca e sviluppo, in sostegni vari alle imprese, nella ricostruzione infrastrutturale e abitativa post tsunami, nella sicurezza anti-sismica, nel sostegno ai redditi dei meno abbienti, in spese varie nelle aree più deboli del Paese. Nel 2014 è entrato in vigore l’aumento della tassa sui consumi (IVA) dal 5 all’8%, deliberato dal precedente governo, mentre è stato rinviato l’ulteriore aumento al 10% che avrebbe dovuto applicarsi dal 2015. La terza freccia, quella delle riforme strutturali, tema delicato e difficile in una realtà giapponese sostanzialmente conservatrice, non è stata ancora affrontata. Se la crescita economica è prioritaria anche e soprattutto per i Paesi ad alto debito, il cui problema va affrontato attuando politiche che sostengano anziché deprimere lo sviluppo dell’economia, l’Abenomics si pone l’obiettivo di innescare una sorta di circolo virtuoso, partendo da una politica monetaria e fiscale espansiva che ponga fine alla deflazione e attivi un salutare tasso di inflazione (obiettivo 2%), promuovendo consumi ed investimenti. Un’inflazione sostenibile richiede un contestuale aumento delle retribuzioni e comporta un deprezzamento della valuta nazionale, favorendo le esportazioni. Entrambi i fattori generano un aumento delle disponibilità finanziarie e quindi ulteriori incrementi di consumi e investimenti. Nel breve periodo i risultati dell’Abenomics, pur tra alterne vicende, sembrano essere positivi: a fine 2014 l’indice dei prezzi al consumo si attesta attorno al 2,38%; sul fronte dell’export, la svalutazione dello yen ha dato i suoi risultati, con le esportazioni che hanno registrato una crescita nel corso dell’anno. Per quanto riguarda il PIL, dopo una buona ripresa all’inizio dell’anno, vi è stato un crollo nel mese di aprile quale diretta conseguenza dell’aumento della tassa sui consumi (conseguenza negativa dell’aver il Giappone preso esempio dall’Europa, anziché all’opposto!). Azione economicamente recessiva, fu deliberata con l’obiettivo di abbassare l’enorme debito pubblico giapponese (attorno al 230% del PIL). Ciononostante il debito pubblico è ulteriormente cresciuto senza destare eccessive preoccupazioni, dato che i rendimenti sono molto bassi ed è detenuto in gran parte dai giapponesi, quindi meno esposto ai pericoli della speculazione e al rischio di una crisi di fiducia dei mercati finanziari internazionali. Per quanto riguarda gli effetti nel medio - lungo termine di queste politiche, nessuno sembra essere in grado di prevedere esattamente quali saranno. E’ certo invece che alcuni miti in materia di politica monetaria e debito pubblico paiono essere sfatati. Non è vero che le politiche monetarie espansive provocano iperinflazione (lo dimostra anche il caso statunitense) e che il debito pubblico di uno stato non possa essere acquistato direttamente dalla banca centrale e tenuto in bilancio senza generare pesanti effetti collaterali. Il 70% delle nuove emissioni di titoli di stato viene acquistato dalla Bank of Japan che oggi detiene circa il 20% del debito pubblico giapponese senza per questo aver generato iperinflazione e fatto schizzare alle stelle i tassi di interesse. Giuseppe Falda JMAC Europe S.p.A. Febbraio, 2015