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EUGENIO MARSAN
Era nato a Bari nel 1882 ed è morto a Parigi il 18 settembre dello scorso anno.
In un fascicolo de « Les scirées du Petit Versailles pubblicato nel 1925, in cui sono raccolti scritti di Charles Maurras, Léon Daudet, Dunane, Bainville ed altri, dedicati a Marsan come omaggio d'amicizia, la « naissance italienne » è esaltata come un titolo d'onore.
Egli nacque da padre francese, di Bras-en-Provence. Sua
madre, di Zante, nipote di un siciliano, era stata educata a
Costantinopoli, da suore francesi ; ed il francese fu la lingua
con cui imparò a parlare. Seguì dall'età di otto anni, gli studi
in Francia, soggiornando durante le vacanze in Ispagna, in
Italia, in Algeria.
A Bari tornò con la madre rimasta vedova, nel 1902; vi
restò per due anni ed imparò allora l'italiano. Andò poi a Parigi, e poco dopo il suo arrivo, entrò in un cenacolo che faceva capo a Charles Maurras, avvicinandosi così a quel gruppo
nazionalista, che sin da allora accoglieva le migliori intelligenze
e le figure più nobili dell'ambiente letterario francese.. Entrò
nel giornalismo collaborando ai quotidiani con articoli vivaci
e ricchi di sostanza pure nella brevità dello spazio disponibile,
ed alle riviste con scritti di critica letteraria robusti e profondi;
partecipò con fervore alla politica militante; seppe aprirsi una
strada con la' tenacia che scaturisce soltanto dalla nobiltà delle
aspirazioni e dalla coscienza dell'opera propria.
Sino al 1908 tornò a Bari nell'estate, ed il suo arrivo era
atteso nel breve cerchio degli amici, per la folata di idee che
egli recava con quel suo modo di esporre in cui il gusto, la
sensibilità artistica, la fermezza delle opinioni erano fuse in
una forma leggera, discreta, spontanea che guadagnaa gli animi con un potere sottile e penetrante.
Egli possedeva l'elemento lirico, la facilità dell'immagine,
la ricchezza della fantasia. Coltivò questi doni con cura gelosa, direi quasi con pudore per evitare lo sperpero che viene
dall'abbandonarsi alle seduzioni della poesia. Si dedicò prin-
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cipalmente alla critica letteraria, scartando ogni forma di oritique savente, per avvicinarsi con spontanea chiarezza alle opere
d'arte.
Pubblicò dei brevi lavori letterari : « Arnazones » nel 1921;
Passantes » nel 1923 ; « Les temmmes de Casanova » ed altri
volumi che furono come delle soste del suo lavoro quotidiano.
Pagine di fattura delicata, tracciate con mano ferma pur nella
leggerezza del disegno, animate da una grazia tutta soffusa di
cultura geniale e viva, poesia essa stessa, alimento di uno spirito fine e profondo.
Nel 1929 collaborò insieme con de Régnier, Bordeaux,
Boulanger, de Nohalc, Faure, Vandoyer ed altri alla pubblicazione del bellissimo volume « Le visage de l'Italie » che reca
un'affettuosa prefazione del Duce. Scrisse allora delle impressioni sull'Italia Meridionale e specialmente sulla Puglia, che
sono un vero inno alla nostra terra e, fra le cose sue, delle
più delicate e sentite.
Raccolse in due volumi, con una scelta rigorosa, gli articoli di critica letteraria pubblipati in vent'anni, infaticabilmente,
su riviste e giornali: « Mstances. Pour les centenaires du romantisme » e « Signes de notre temps ».
« Instances » contiene la difesa della tradizione classica, o
meglio dello spirito classico contro tutte le deviazioni del romanticismo francese, che ebbe carattere eminentemente sensuale sotto un'apparente liberazione delle forme rigide che si
erano logorate nell'uso.
L'esame critico procede con visione larga, senza le durezze
d'un piano prestabilito, ma con lo spirito pronto per cogliere,
anche tra gli errori di un'epoca, le bellezze che sono il segno
eterno della verità.
In Francia il libro fu accolto come un'opera definitiva sulla
lunga contesa.
« Signes de notre temps » raccoglie pagine vibranti di modernità nell'analisi dei romanzieri contemporanei, animate da quell'ideale classico che segna, in ogni epoca, il punto più elevato
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del pensiero umano.
Egli comprese, sin dai primi segni, il Fascismo, con la
fede che scaturiva dal suo amore filiale per l'Italia ; e ne proclamò la regioni estrinseche con instancabile propaganda, quando
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l'incalzare del ritmo accelerato ed irrefrenabile si concluse nel
prorompere delle sane forze nazionali. Tradusse in francese
« La rivoluzione Fascista » di Pietro Gorgolini, aggiungendovi,
anche tradotto, il testo integrale dei, principali discorsi di Mussolini, tradusse in collaborazione con Marie Croci il « Dux »
di Margherita Sarfatti.
In un almanacco dell' « Action Fran9aise » del 1925 pubblicò una intervista con Mussolini, ed una con Giuseppe
Bullo, meccanico : « La Tele et le coeur du fascistne ». Sono pagine ricche di osservazioni e • di contenuto, scritte con quell'ampiezza di significato che allarga il valore della notizia per ricercare in ogni avvenimento la causa che lo determina. Tra
l'incontro col Duce e quello col meccanico macchinista, Marsan
accenna ad un suo viaggio nell'Italia Meridionale.
« De Bari je voulus pousseur jusq'à Lecce, qui est une
exquise petite ville au fin fond de la péninsule, au delà de
Brindisi, dans le talon de la botte. Dans cette incursion, je
n'étais plus mené par la curiosité politique. Je voulais connattre celle qu'un pédant a nommé « l'Athénes du rococo », et
un autre « la Florence des Puilles ». On y palle un italien
dont la perfection sorprend, en cette région dialettale. Sur tout,
j 'en croyais Paul Bourget dans ses Sensations d'Italie.
« J'étais dans le train de Bari à Lecce, J' ardmirais par la
portiére un pays qui plalsait Morace. J' admirais, plantes dans
la terre rouge, les amandiers, les figuiers et les oliviers, plus
fins encore sens la poussiéres d'argent ».
L'articolo prosegue con l'intervista col meccanico Bullo,
ferroviere fascista, incontrato appunto in treno.
- L'ultimo lavoro sul Fascismo è una biografia di Mussolini
scritta l'anno scorso per una collezione edita da Denoél et
Steele « Celebrités d'hier et d'aujurd'hui ». Non è un ritratto,
è uno scorcio. Lo stile di Marsan è qui conciso è rapido ; è
evitato l'abuso dell'enorme, dall'equilibrio delle proporzioni risultano nitidamente la profonda originalità, e la indomabile
energia che sono le note predominanti del carattere di Benito
Mussolini.
Eugenio Marsan aveva raggiunta quella maturità in cui la
misura delle proprie forze sviluppa al massimo grado le atti-
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tudini dello spirito. Ed il suo spirito, ricco di un'ispirazione
lirica che non si è sciupata nell'espressione verbale, ma ha
vibrato nell'intuito d'ogni bellezza artistica, lascia un solco. Egli
diffuse intorno a sè il conforto di una parola in cui insieme
si rivelarono, con il senso 'coraggioso della realtà, le più alte
aspirazioni a cui possa tendere il cuore umano.
er.
Il Salento ne " Le visage d'Italie „
(Pubblichiamo dal volume « Le visage d'Italie » la pagina
sul Salento. Lo stile originale e delicato dello scritore perde
nella traduzione l'andatura spontanea ed agile. La brevità del
periodo, l'apparente frammentarietà nello svolgimento del pensiero restano come legate nella forma italiana, mentre esse hanno
originariamente il valore di ridurre lispressione ad una sintesi
efficace ed intensa. Qui come in ogni scritto di Marsan, traspare
il senso di vita con cui quest'innamorato della cultura evocava
i ricordi dell'antichità).
« Orazio parla dell'aura di Barine, e cioè, a un tempo del
vento del suo passo e del suo vestito, e del turbamento che la sua
persona diffondeva nell'aria. A Lecce invece ogni evocazione è
vana, ogni senso d'antichità scompare.
Imaginate una città in cui chiese e palazzi siano dedicati alle volute ed ai merletti di quello stile barocco che è
estensione fantastica, scompiglio dello spirito classico inebbriato d'un tratto.
Ora, essa esiste nel mondo e si chiama Lecce.
Statue enfatiche inerpicate sulla balaustrata della piazza;
inferriate che ogni porta aperta sulla strada possiede e custodisce; candore di tutte le cose, nitidezza delle strade e delle
mura.
L'insieme d'una vita cortesemente civile, signorile. Aspettereste quasi che all'angolo della via apparisse il cocchio del
principe. « Firenze delle Puglie » : per una specie di miracolo,
in queste contrade dall'idioma misto e corrotto — la sola Taranto ha tre dialetti, uno per quartiere — qui ai parla un italiano d'incredibile purezza.
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e Atene delle Puglie : coloro che ascolterete al caffè posseggono una mentalità mondana e filosofica.
Bisogna venire a Lecce per vedere i vecchi ricoverati nei
due pozzi di verdura d'un palazzo fatto per non si sa quale
re galante ed umanista. Sembra che debba apparire in persona
per offrirvi tabacco di Spagna.
Otranto : ritroviamo le tracce della guerra e dell'invasione.
I proiettili dei turchi hanno rovinato, forse per sempre, il porto
di Marc'Aurelio.
Ormai non c'è altro che un balcone di pietra fulva sul
mare, per la nostra melanconia. Ritroveremo anche le sorgenti
mitiche dell'antichità, gli eroi semi-dei, i saggi.
I bastioni di Manduria sono « contemporanei dei primi coloni greci ». Un eroe greco ha fondato Taranto, un filosofo
politico, Archita, le ha dato la sua potenza. Oria, dove Federico
ha messo un altro dei suoi palazzi, dai balconi decorati, era
cretese (Hyria). Pitagora è morto di dolore nella ricca Metaponto, che ha lasciato sulla terra soltanto quelle quindici colonne
doriche del tempio d'Apollo. Aveva regnato a Crotone, regnato
veramente con l'influsso di una dottrina che tutto il mondo
antico fini per seguire. Essa comprendeva l'esame di coscienza,
e l'elevazione quotidiana dell'anima verso tutte le perfezioni
dell'unica Divinità.
Milone, l'atleta otto volte vincitore ai giochi olimpici, che.
Comandava in capo contro la dissoluta Sibari, era pitagorico,
e nulla è rimasto eretto, anche del tempio a Hera Lacinia, di
ciò ch'egli sognerebbe, se non la sola colonna che Paul B ourget ha descritto nelle « Sensations ». Sibari ed Eractea
sono luoghi famosi ; ed in pari modo le due città fondate da
Filottete : Petilia, Crimise.
Nel tempio di Crimise, egli depose l'arco e le frecce con
cui uccise Paride. Quel felice malaccorto rappresenta coloro
che non giungono a meritare i doni che la sorte fa loro. Ciononostante, non si scoraggia, altra lezione. Viene qui, come
Diomede, come Idomeneo, la cui Salento è restata introvabile
se non è Soleto. Viene qui dove sembra che nulla di tutto ciò
che accade possa mai essere dimenticato. Le vestigia materiali
di questa abbagliante Grecia italica sono scarse — a Bari, la
coppa d'argento del Museo, a Barletta, la grande effigie d'un
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imperatore sconosciuto ; a Taranto quella testa di donna o di
dea, e quel che l'arte greca ha inciso col tiuo segno, l'indicibile unione dello stile e della verità. Ma non ti commuoverà,
uomo incivilito, il sapere semplicemente che i bei luoghi che
i tuoi s -uardi contemplano son proprio una delle tue culle?
Annibale ha considerato il mare a Taranto prima di ripartire, e si è imbarcato a Crotone. Vien fatto di chiedersi s'egli
non abbia commesso, discendendo sino a Canne, invece di
marciare su Roma, l'istesso felice errore che l'esercito tedesco
commise nel 1914 innanzi a Parigi, .appure s'egli non fu costretto, da una ragione che ci sfugge, ad andare incontro alle
sue alleate, le città meridionali, ed ai rinforzi ch'esse gli inviavano. Checchè ne sia, il vostro spirito, quando è con Roma, prende
contro esse stesse il partito delle città itolo-greche. Esse non
avevano il loro erede predestinato nell'Africano, ma nell'Imperò. Alle rive di quell'azzurro, prima congiunzione dell'Ellade
con Roma ».
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