PDF - Diocesi di Treviso

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Solennità del SS. Corpo e Sangue di Cristo
Cattedrale di Treviso, 7 giugno 2015
Fratelli e sorelle, la Liturgia ci invita oggi a fissare il nostro sguardo sul dono
dell’Eucarestia.
Abbiamo sentito dal racconto di Marco con quanta cura Gesù prepara l’ultima
Cena con i suoi apostoli (cf. Mc 14,12-16). Quella Cena non è solo una specie di
congedo, quasi un momento di addio. In quella Cena Gesù rivela il significato vero
della passione e morte che avverranno di lì a poco. Mentre Giuda ha già messo in
atto il suo tradimento, mentre Pietro, che si dichiara pronto a seguire il Maestro fino
alla morte, sta per rinnegarlo clamorosamente, Gesù fa comprendere che la sua
morte è un consegnarsi per amore.
Attorno a Gesù vi è dunque il tradimento e il rinnegamento, davanti a lui vi è
una condanna assurda, una passione umiliante e dolorosa, una esecuzione
obbrobriosa perché è quella riservata ai peggiori malfattori. Si direbbe che il contesto
di quella Cena sia intessuto di male e di morte. Ebbene, Gesù rende quel momento
un atto di amore e di vita. Qualcuno ha osservato che «spesso noi trasformiamo
l’ultima Cena in un’anticipazione triste della passione che incombe, mentre Gesù fa
esattamente il contrario: trasforma una morte annunciata in una celebrazione della
vita. Quella cena prefigura la resurrezione, mostra il modo di agire di Dio: dentro la
sofferenza e la morte, Dio suscita vita» (E. Ronchi).
Aveva detto Gesù, presentandosi come il pastore buono: «Io sono venuto
perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). Ciò che genera vita è il
suo amore senza limiti; noi lo sappiamo: «avendo amati i suoi, li amò sino alla fine»
(Gv 13,1) sono le parole con cui Giovanni introduce, e in certo modo motiva, la sua
passione e la sua morte. E Gesù lo fa capire offrendo agli apostoli il pane-corpo
donato, il vino-sangue versato. Vuole dire dunque: la mia vita non mi strappata: è
donata, è consegnata e offerta come in un atto sacrificale. In questo sacrificiodonazione si attua la “nuova alleanza” (parola che abbiamo ascoltato in tutte tre le
letture bibliche), cioè il legame definitivo e vitale tra Dio e il suo popolo salvato,
redento. Con il suo sangue versato per noi, ci ha detto la Lettera agli Ebrei, Cristo ha
ottenuto per noi una redenzione eterna (cf. Eb 9,12). Nulla ormai, al di fuori del
nostro libero rifiuto, può spezzare il legame che ci unisce indissolubilmente al Dio
della vita.
Vorrei insistere sul significato che Gesù mostra di attribuire al gesto
eucaristico: il suo donarsi a noi totalmente, fino in fondo. Possiamo dire che
l’Eucarestia è la sintesi di tutta la sua vita e la sigilla. Chissà, forse quelle ultime ore,
le ore di quella cena, sono state per lui il momento in cui ha scelto con
determinazione piena di andare fino in fondo nella sua fedeltà al progetto di Dio, nel
suo essere fino all’ultimo respiro l’uomo per gli altri, l’uomo donato. Una scelta
sofferta, come ci mostrerà subito dopo la sua agonia nell’orto degli Ulivi. E la
comunità cristiana comprenderà poi che il suo consumarsi nell’amore è stato così
immenso, smisurato, totale, che il Padre non poteva permettere che fosse risucchiato
e vanificato dalla morte, ma ha voluto che diventasse, mediante la risurrezione, vita
per il mondo intero, per gli uomini e le donne di tutti i luoghi e di tutti i tempi.
Noi comprendiamo allora perché la celebrazione dell’Eucarestia è al centro
della vita cristiana. I cristiani dei primi secoli dichiaravano: «senza la domenica non
possiamo vivere»; cioè non possiamo vivere da cristiani senza questo incontro con il
Signore che si dona a noi e ci ricorda chi egli è per noi e come la nostra esistenza può
essere degna dei figli del Dio dell’amore.
Noi abbiamo bisogno di questa memoria viva del donarsi di Cristo che è
l’Eucarestia («fate questo in memoria di me»); noi sentiamo che nutrirci di questo
pane di vita per la salvezza del mondo (Gv) è condizione irrinunciabile per il
cammino della nostra esistenza.
Come ci ricorda l’acclamazione che noi ripetiamo insieme al cuore della
celebrazione della Messa («annunciamo la tua morte, proclamiamo la tua
risurrezione, nell’attesa della tua venuta»), nell’Eucarestia noi facciamo memoria di
quel mistero di morte e risurrezione di Gesù da cui scaturisce la vita, e, nello stesso
tempo, ci sentiamo protesi verso la pienezza che giungerà a noi alla fine di tutto,
quando l’amore di Dio rivelerà tutta la sua pienezza. «Tra memoria di Cristo e attesa
di Cristo, l’Eucarestia fa dell’oggi del credente il luogo in cui vivere come Cristo ha
vissuto» (E. Bianchi).
Dopo la celebrazione della Messa noi porteremo il Pane eucaristico in
processione lungo alcune vie della nostra città, in preghiera. Sarà una corale
invocazione al Signore, perché il donarsi di Gesù ispiri e trasformi l’esistenza di ogni
giorno, le relazioni, il vivere e l’agire nella città: perché senza la disponibilità a
donarsi e a donare nessuna società può considerarsi davvero umana. Sarà anche
l’espressione del nostro impegno a vivere, per così dire, con “coerenza eucaristica”:
vivere nell’ordinarietà della vita semplicemente come Lui ci ha insegnato, come Lui
ci mostra di essere e come Lui opera in ogni Eucarestia.