Paz e la sua Pescara irripetibile

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Paz e la sua Pescara irripetibile
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DOMENICA 14 FEBBRAIO 2010
di Oscar Buonamano
ono trascorsi 22 anni dalla
morte di Andrea Pazienza;
era una calda giornata di
giugno del 1988 quando la notizia irruppe improvvisa nei telegiornali da Montepulciano, ma
tutto ciò che riguarda Paz ha
sempre lo stesso sapore di contemporaneità. Come si può capire leggende il piccolo libro a lui
dedicato, «Caro Andrea», pubblicato a San Severo, sua terra
d’origine. Fra i diversi contributi pubblicati, c’è una lettera privata, inedita, scritta da Andrea
Pazienza alla sua fidanzata, Isabella Damiani, all’epoca dei fatti quindicenne. La lettera, datata 10 maggio 1975 venne scritta
il giorno dopo l’inaugurazione
della sua prima personale che
si tenne a Pescara nella galleria
d’arte Convergenze. Scrive Paz:
«Spero tu abbia capito cosa significhi per me Pescara e in cosa identifichi il mio ambiente, è
meraviglioso e complesso e
completamente imparagonabile a nessun altro, e fatto da immagini e frasi sconnesse, ma vitali, di istanti folli e irripetibili,
di cinismo e di magia, di pettegolezzi, di lazzi e ubriachezze moleste, di
sogni, di guerre e meravigliosi ritrovarsi, e di cultura
a tutti i livelli,
e di aerei e di
armi, e di rivolte mai sopite. Ieri, era, o
avrebbe dovuto essere il mio
giorno».
Andrea, seppur giovanissimo e già cosciente della sua bravura così come lo erano tutte le
persone che gli erano vicine, descrive, in una lettera privata,
privatissima, l’universo in cui
si sta formando e descrive Pescara, la città che ha scelto per
studiare, come il migliore dei
mondi possibili. Quella Pescara, quell’umanità con la quale
era in contatto e che attraversava, avrebbe inciso in maniera
positiva e irreversibile sulla
sua coscienza di artista.
«Caro Andrea» si apre con
un’intervista alla mamma di
Paz che alla domanda «E nella
sua formazione artistica quali
figure sono state importanti?»
risponde così: «Dopo suo padre
non ho dubbi, i professori di Pescara, Visca e Paolinelli. Lo
hanno capito e stimolato, lo
hanno trattato da pari, hanno
avuto con lui un rapporto che
andava ben oltre quello canoni-
S
Un disegno di Andrea Pazienza sui protagonisti di Convergenze. Sotto Paz con il suo professore, Albano Paolinelli
LA TESTIMONIANZA
nuove. Il ciclo di mostre della
galleria d’arte Nuova Dimensione di Cesare Manzo e poi, subito dopo, il ciclo vitale di Convergenze. Erano infatti gli anni in
cui fondammo il Laboratorio comune d’arte Convergenze. Siamo nel 1973 e Nuova Dimensione, la galleria d’arte di Cesare
Manzo, aveva chiuso i battenti.
Fu così che un gruppo di artisti,
Sandro Visca, Angelo Colangelo, Dino Colalongo, Armando
Misticoni, Elio Di Blasio, Alfredo Del Greco, oltre al sottoscritto, ovviamente, capitanato da
Peppino D’Emilio diede vita a
quella meravigliosa esperienza
che fu Convergenze. I primi
tempi furono duri, c’incontravamo nello studio di D’Emilio in
via Umbria perché non c’erano
soldi per prendere in affitto un
locale. Poi la situazione cambiò
grazie all’intervento di alcuni
imprenditori che ebbero fiducia nel nostro progetto e finanziarono l’iniziativa».
Quando entra in scena Pazienza in tutto ciò?
«Andrea era già in scena, seppur giovanissimo, fin dai tempi
di Nuova Dimensione. E quando prese il via la nuova avventura decidemmo di far entrare nel gruppo alcuni giovani artisti, Ilvi Capanna,
Piergiorgio
D’Angelo, lo
stesso Pazienza».
La Pescara
di «cultura a
tutti i livelli», popolata di artisti e imprenditori illuminati che sponsorizzano l’arte e
la cultura in genere, è questa
di cui sta parlando?
«Noi ci si incontrava tutti i pomeriggi in galleria. La galleria
era il centro del nostro mondo.
Convergenze in quegli anni
non si occupava solo di arti visive ma si svolgevano tante attività. Andrea ribattezzò la galleria “Concertenze”. Si facevano
quasi più concerti di musica
classica che altro. La sezione
musica era diretta da Ugo Fusco del conservatorio di Pescara e sono nati in lì, musicalmente parlando, grandi concertisti
come Sandro Carboni o Diego
Conti. Via Edmondo De Amicis, la sede della galleria, era la
nostra casa, il nostro universo.
Era aperta alla lettura. Si faceva teatro. Realizzammo anche
un Festival del cinema d’artista. Si produceva cultura e la si
vendeva».
(1, continua)
Paz e la sua Pescara irripetibile
Paolinelli e gli amici raccontano il geniale disegnatore scomparso
uando nelle collettività lavorative l’uomo diventa
un costo, si apre la via a
una pratica di sottogestione della sua dignità e di depressione
delle sue potenzialità che può
avere gli sbocchi più inquietanti.
Tutti sono costretti a impratichirsi di tutto. Con il risultato
di diventare buoni a nulla, nella massima parte dei casi.
Trionfa l’asinus in cathedra,
che di regola è un ripetitore
meccanico di ordini dall’alto,
cui aggiunge il suo personale
contributo di applicazione. I
ruoli fissati dal merito sono
evertiti. Si creano strutture al limite del ridicolo, di tenuta vicina allo zero. In Italia, oggi, sono
gli stessi vertici della collettività a incoraggiare questa deriva discendente e depressa. C’è
Q
‘‘
Nella città
cinismo, magia
pettegolezzi, lazzi
sogni, cultura
a tutti i livelli
e rivolte mai sopite
co. E gli hanno voluto molto bene». Ed è proprio con Paolinelli
che inizia il viaggio per rievocare la Pescara nella quale si stava formando un giovane, grande, artista. Albano Paolinelli,
già vicepreside del liceo artistico Giuseppe Misticoni di Pescara e insegnante di ornato disegnato al terzo e al quarto anno,
è stato molto di più di un docente per il giovane Paz, quasi una
levatrice. Ha accompagnato e
assecondato la crescita di un talento naturale con una disponibilità sempre generosa.
Paolinelli, si è accorto subi-
LA SCHEDA
Il caposcuola del fumetto
Andrea Pazienza, nato nel
1956, è morto a trentadue anni, nel giugno del 1988. E’
considerato dalla critica il caposcuola del nuovo fumetto
italiano che ha preso forma
alla fine degli anni Settanta.
Si è imposto giovanissimo all’attenzione nazionale, oltre
che per la sua grande capacità tecnica, dal disegno all’illustrazione, per il suo esser
un narratore contemporato delle capacità di Andrea
Pazienza?
«Andrea aveva delle capacità
“innaturali” che sono state evidenti fin dal primo impatto. Noi
abbiamo lavorato forse a ripulirlo un po’. Lui gioiva nel riempire il foglio. Riempiva tutto e
Costo del lavoro
e dignità dell’uomo
un ministro della Funzione pubblica, che è già un caso mediatico, ma che sembra un caso letterario su cui qualcuno prima o
poi scriverà un romanzo, stilerà una biografia (più o meno
autorizzata); ministro cui va dato atto di aver adottato iniziative di moralizzazione lodevoli, e
che ha quindi un discreto seguito anche sano tra la gente (va
precisato perché ne ha uno, insano, molto più esteso), ma che
avrebbe bisogno di un consulente in comunicazione. Apre
bocca, infatti, solo per dare ad-
dosso, fustigare, ricondurre a
un regime lineare, o irreggimentare secondo altri, la pubblica amministrazione. Non è
lui, comunque, a impensierire.
E’ la cultura di cui si pone a valle. Di cui rappresenta un portato. Non lo si è sentito tuonare,
né lui, né altri Sacerdoti dell’Abbattimento dei Costi (sedotti dell’equazione uomo=costo) né altri esponenti dell’establishment
(composto tanto da maggioranza quanto da opposizione) su
quello che accade ad esempio
nel mondo della sanità, dove è
neo capace di fondere nel medesimo istante e con la stessa forza segno e parola. Ha
vissuto a Pescara dal 1970 al
1974, anno in cui anni ha terminato gli studi al Liceo Artistico.
E’ da poco uscito un piccolo e prezioso libro, «Caro Andrea», pubblicato dalla libreria Orsa Minore di San Severo, la città della famiglia di
Andrea Pazienza.
non lasciava spazi vuoti. Se c’è
una cosa che ho provato a insegnarli è stato il tentativo di non
occupare tutto lo spazio a disposizione. Per questo fui molto felice quando mi regalò le prime
tavole a colori che pubblicò per
Alter Alter, le armi. Per la pri-
considerato un male inevitabile, una maledizione biblica, una
piaga d’Egitto senza scampo
che ad assumere cariche, a diventare primari, ad esempio,
siano i spesso i medici peggiori.
Meglio, i non-medici, che hanno usato il camice come una toga pro domo sua; che si sono
concessi frequentazioni politiche, manovre & maneggi, sottraendo tempo, energie e dedizione a quella che dovrebbe essere una professione a confine
con la missione e dunque pressoché assorbente. Si sono dedicati ad altro: a farsi avanti per
essere opzionati dal politico di
turno. E una volta riusciti nello
scopo, spesso riassumono in sé
l’esperienza clinica e quindi anche universitaria, assommando disastro a disastro, anche
tra i giovani in formazione.
ma volta infatti, vidi in quelle
tavole un bell’equilibrio tra pieni e vuoti. Mi disse “Ti devo ringraziare per quello che mi hai
dato”. Quelle tavole poi se le riprese per una mostra e non le
ho mai più riviste».
In quale ambiente culturale è cresciuto il giovane Pazienza e cosa c’era in quella
Pescara dei primi anni Settanta che tanto l’affascinava?
«Quella città, quella Pescara,
gli trasmetteva una grande forza perché era una città nella
quale scopriva sempre cose
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Il film «Anno zero» di Vallone
alla Borsa internazionale del turismo
Il film «Anno zero» diretto e
interpretato da Milo Vallone
sarà presentato giovedì 18, alle
14.30, allo stand Abruzzo alla
Bit di Milano (la Borsa internazionale del turismo).
Il film, opera prima del regista e attore pescarese Milo Vallone, è una trasposizione cinematografica di un testo teatrale del filosofo francese Jean
Paul Sartre e nella sua vicenda, la storia di un piccolo popolo di un villaggio della Giudea
vittima dell’oppressione dell’Impero Romano e che trova
nel sacrificio e nella sofferenza, la possibilità di riscatto, rimanda in qualche modo alla
sofferenza degli abruzzesi e degli aquilani messi in ginocchio
dal terremoto dello scorso 6
aprile.
Abruzzo protagonista di questa avventura anche per quanto concerne ambientazioni e location. «Anno zero» è stato interamente girato in Abruzzo e
precisamente a San Valentino.
Le scene di ambientazione non
stanziale sono state invece girate alle pendici del Morrone a
Caramanico e il prologo e l’epilogo della vicenda si svolgono
all’Aquila.
Proiettato in anteprima a
San Valentino lo scorso 24 gennaio e in prima nazionale a Pescara il 27, «Anno zero»
vede la straordinaria partecipazione dell’attore Edoardo Siravo.