Paz e la sua Pescara irripetibile
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Paz e la sua Pescara irripetibile
CP1POM...............13.02.2010.............22:33:43...............FOTOC21 P1 DOMENICA 14 FEBBRAIO 2010 di Oscar Buonamano ono trascorsi 22 anni dalla morte di Andrea Pazienza; era una calda giornata di giugno del 1988 quando la notizia irruppe improvvisa nei telegiornali da Montepulciano, ma tutto ciò che riguarda Paz ha sempre lo stesso sapore di contemporaneità. Come si può capire leggende il piccolo libro a lui dedicato, «Caro Andrea», pubblicato a San Severo, sua terra d’origine. Fra i diversi contributi pubblicati, c’è una lettera privata, inedita, scritta da Andrea Pazienza alla sua fidanzata, Isabella Damiani, all’epoca dei fatti quindicenne. La lettera, datata 10 maggio 1975 venne scritta il giorno dopo l’inaugurazione della sua prima personale che si tenne a Pescara nella galleria d’arte Convergenze. Scrive Paz: «Spero tu abbia capito cosa significhi per me Pescara e in cosa identifichi il mio ambiente, è meraviglioso e complesso e completamente imparagonabile a nessun altro, e fatto da immagini e frasi sconnesse, ma vitali, di istanti folli e irripetibili, di cinismo e di magia, di pettegolezzi, di lazzi e ubriachezze moleste, di sogni, di guerre e meravigliosi ritrovarsi, e di cultura a tutti i livelli, e di aerei e di armi, e di rivolte mai sopite. Ieri, era, o avrebbe dovuto essere il mio giorno». Andrea, seppur giovanissimo e già cosciente della sua bravura così come lo erano tutte le persone che gli erano vicine, descrive, in una lettera privata, privatissima, l’universo in cui si sta formando e descrive Pescara, la città che ha scelto per studiare, come il migliore dei mondi possibili. Quella Pescara, quell’umanità con la quale era in contatto e che attraversava, avrebbe inciso in maniera positiva e irreversibile sulla sua coscienza di artista. «Caro Andrea» si apre con un’intervista alla mamma di Paz che alla domanda «E nella sua formazione artistica quali figure sono state importanti?» risponde così: «Dopo suo padre non ho dubbi, i professori di Pescara, Visca e Paolinelli. Lo hanno capito e stimolato, lo hanno trattato da pari, hanno avuto con lui un rapporto che andava ben oltre quello canoni- S Un disegno di Andrea Pazienza sui protagonisti di Convergenze. Sotto Paz con il suo professore, Albano Paolinelli LA TESTIMONIANZA nuove. Il ciclo di mostre della galleria d’arte Nuova Dimensione di Cesare Manzo e poi, subito dopo, il ciclo vitale di Convergenze. Erano infatti gli anni in cui fondammo il Laboratorio comune d’arte Convergenze. Siamo nel 1973 e Nuova Dimensione, la galleria d’arte di Cesare Manzo, aveva chiuso i battenti. Fu così che un gruppo di artisti, Sandro Visca, Angelo Colangelo, Dino Colalongo, Armando Misticoni, Elio Di Blasio, Alfredo Del Greco, oltre al sottoscritto, ovviamente, capitanato da Peppino D’Emilio diede vita a quella meravigliosa esperienza che fu Convergenze. I primi tempi furono duri, c’incontravamo nello studio di D’Emilio in via Umbria perché non c’erano soldi per prendere in affitto un locale. Poi la situazione cambiò grazie all’intervento di alcuni imprenditori che ebbero fiducia nel nostro progetto e finanziarono l’iniziativa». Quando entra in scena Pazienza in tutto ciò? «Andrea era già in scena, seppur giovanissimo, fin dai tempi di Nuova Dimensione. E quando prese il via la nuova avventura decidemmo di far entrare nel gruppo alcuni giovani artisti, Ilvi Capanna, Piergiorgio D’Angelo, lo stesso Pazienza». La Pescara di «cultura a tutti i livelli», popolata di artisti e imprenditori illuminati che sponsorizzano l’arte e la cultura in genere, è questa di cui sta parlando? «Noi ci si incontrava tutti i pomeriggi in galleria. La galleria era il centro del nostro mondo. Convergenze in quegli anni non si occupava solo di arti visive ma si svolgevano tante attività. Andrea ribattezzò la galleria “Concertenze”. Si facevano quasi più concerti di musica classica che altro. La sezione musica era diretta da Ugo Fusco del conservatorio di Pescara e sono nati in lì, musicalmente parlando, grandi concertisti come Sandro Carboni o Diego Conti. Via Edmondo De Amicis, la sede della galleria, era la nostra casa, il nostro universo. Era aperta alla lettura. Si faceva teatro. Realizzammo anche un Festival del cinema d’artista. Si produceva cultura e la si vendeva». (1, continua) Paz e la sua Pescara irripetibile Paolinelli e gli amici raccontano il geniale disegnatore scomparso uando nelle collettività lavorative l’uomo diventa un costo, si apre la via a una pratica di sottogestione della sua dignità e di depressione delle sue potenzialità che può avere gli sbocchi più inquietanti. Tutti sono costretti a impratichirsi di tutto. Con il risultato di diventare buoni a nulla, nella massima parte dei casi. Trionfa l’asinus in cathedra, che di regola è un ripetitore meccanico di ordini dall’alto, cui aggiunge il suo personale contributo di applicazione. I ruoli fissati dal merito sono evertiti. Si creano strutture al limite del ridicolo, di tenuta vicina allo zero. In Italia, oggi, sono gli stessi vertici della collettività a incoraggiare questa deriva discendente e depressa. C’è Q ‘‘ Nella città cinismo, magia pettegolezzi, lazzi sogni, cultura a tutti i livelli e rivolte mai sopite co. E gli hanno voluto molto bene». Ed è proprio con Paolinelli che inizia il viaggio per rievocare la Pescara nella quale si stava formando un giovane, grande, artista. Albano Paolinelli, già vicepreside del liceo artistico Giuseppe Misticoni di Pescara e insegnante di ornato disegnato al terzo e al quarto anno, è stato molto di più di un docente per il giovane Paz, quasi una levatrice. Ha accompagnato e assecondato la crescita di un talento naturale con una disponibilità sempre generosa. Paolinelli, si è accorto subi- LA SCHEDA Il caposcuola del fumetto Andrea Pazienza, nato nel 1956, è morto a trentadue anni, nel giugno del 1988. E’ considerato dalla critica il caposcuola del nuovo fumetto italiano che ha preso forma alla fine degli anni Settanta. Si è imposto giovanissimo all’attenzione nazionale, oltre che per la sua grande capacità tecnica, dal disegno all’illustrazione, per il suo esser un narratore contemporato delle capacità di Andrea Pazienza? «Andrea aveva delle capacità “innaturali” che sono state evidenti fin dal primo impatto. Noi abbiamo lavorato forse a ripulirlo un po’. Lui gioiva nel riempire il foglio. Riempiva tutto e Costo del lavoro e dignità dell’uomo un ministro della Funzione pubblica, che è già un caso mediatico, ma che sembra un caso letterario su cui qualcuno prima o poi scriverà un romanzo, stilerà una biografia (più o meno autorizzata); ministro cui va dato atto di aver adottato iniziative di moralizzazione lodevoli, e che ha quindi un discreto seguito anche sano tra la gente (va precisato perché ne ha uno, insano, molto più esteso), ma che avrebbe bisogno di un consulente in comunicazione. Apre bocca, infatti, solo per dare ad- dosso, fustigare, ricondurre a un regime lineare, o irreggimentare secondo altri, la pubblica amministrazione. Non è lui, comunque, a impensierire. E’ la cultura di cui si pone a valle. Di cui rappresenta un portato. Non lo si è sentito tuonare, né lui, né altri Sacerdoti dell’Abbattimento dei Costi (sedotti dell’equazione uomo=costo) né altri esponenti dell’establishment (composto tanto da maggioranza quanto da opposizione) su quello che accade ad esempio nel mondo della sanità, dove è neo capace di fondere nel medesimo istante e con la stessa forza segno e parola. Ha vissuto a Pescara dal 1970 al 1974, anno in cui anni ha terminato gli studi al Liceo Artistico. E’ da poco uscito un piccolo e prezioso libro, «Caro Andrea», pubblicato dalla libreria Orsa Minore di San Severo, la città della famiglia di Andrea Pazienza. non lasciava spazi vuoti. Se c’è una cosa che ho provato a insegnarli è stato il tentativo di non occupare tutto lo spazio a disposizione. Per questo fui molto felice quando mi regalò le prime tavole a colori che pubblicò per Alter Alter, le armi. Per la pri- considerato un male inevitabile, una maledizione biblica, una piaga d’Egitto senza scampo che ad assumere cariche, a diventare primari, ad esempio, siano i spesso i medici peggiori. Meglio, i non-medici, che hanno usato il camice come una toga pro domo sua; che si sono concessi frequentazioni politiche, manovre & maneggi, sottraendo tempo, energie e dedizione a quella che dovrebbe essere una professione a confine con la missione e dunque pressoché assorbente. Si sono dedicati ad altro: a farsi avanti per essere opzionati dal politico di turno. E una volta riusciti nello scopo, spesso riassumono in sé l’esperienza clinica e quindi anche universitaria, assommando disastro a disastro, anche tra i giovani in formazione. ma volta infatti, vidi in quelle tavole un bell’equilibrio tra pieni e vuoti. Mi disse “Ti devo ringraziare per quello che mi hai dato”. Quelle tavole poi se le riprese per una mostra e non le ho mai più riviste». In quale ambiente culturale è cresciuto il giovane Pazienza e cosa c’era in quella Pescara dei primi anni Settanta che tanto l’affascinava? «Quella città, quella Pescara, gli trasmetteva una grande forza perché era una città nella quale scopriva sempre cose A RIPRODUZIONE RISERVATA Il film «Anno zero» di Vallone alla Borsa internazionale del turismo Il film «Anno zero» diretto e interpretato da Milo Vallone sarà presentato giovedì 18, alle 14.30, allo stand Abruzzo alla Bit di Milano (la Borsa internazionale del turismo). Il film, opera prima del regista e attore pescarese Milo Vallone, è una trasposizione cinematografica di un testo teatrale del filosofo francese Jean Paul Sartre e nella sua vicenda, la storia di un piccolo popolo di un villaggio della Giudea vittima dell’oppressione dell’Impero Romano e che trova nel sacrificio e nella sofferenza, la possibilità di riscatto, rimanda in qualche modo alla sofferenza degli abruzzesi e degli aquilani messi in ginocchio dal terremoto dello scorso 6 aprile. Abruzzo protagonista di questa avventura anche per quanto concerne ambientazioni e location. «Anno zero» è stato interamente girato in Abruzzo e precisamente a San Valentino. Le scene di ambientazione non stanziale sono state invece girate alle pendici del Morrone a Caramanico e il prologo e l’epilogo della vicenda si svolgono all’Aquila. Proiettato in anteprima a San Valentino lo scorso 24 gennaio e in prima nazionale a Pescara il 27, «Anno zero» vede la straordinaria partecipazione dell’attore Edoardo Siravo.