Azione - Cons Arc

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Azione - Cons Arc
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 26 novembre 2012 • N. 48
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Cultura e Spettacoli
Grande balletto a Zurigo
Il coreografo tedesco Christian
Spuck ha dimostrato di essere
il degno successore di Spoerli
Venezia riscopre Guardi
A lungo offuscato dalla fama e dalla gloria del
suo concittadino Canaletto, Francesco Guardi
mette finalmente in luce tutto il suo talento
attraverso una grande mostra
Lunga vita a Lawrence
In occasione dei cinquant’anni
dalla prima uscita, la versione
rimasterizzata di un film
indimenticabile
pagina 51
Ricordando Manzoni
Romeo Manzoni, un uomo
fondamentale per il nostro
Cantone, le cui parole
e il cui pensiero non vanno
dimenticati
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pagina 46
pagina 52
Una suggestiva
immagine di
Vivian Maier.
Il favoloso mondo di Vivian Maier
Fotografia Per la prima volta in Svizzera le immagini di una governante americana che ha agito nell’ombra
e con discrezione, lasciando un patrimonio artistico dal valore inestimabile
Gian Franco Ragno
È senza dubbio una delle maggiori scoperte degli ultimi decenni, come raramente ne capitano nella storia della fotografia e della cultura. E da qualche anno è un argomento assai diffuso sul web
e sui giornali sul mondo – un argomento «virale», come si denomina nel linguaggio della rete. Eppure si conosce
poco della personalità di Vivian Maier
(1926-2009), di cui i pochi tratti biografici certi delineano una vicenda umana
incredibile. Nata a New York da una famiglia di composita origine europea
(suo padre austriaco, sua madre francese), ha viaggiato per il mondo prima di
vivere a Chicago e nella città natale,
svolgendo per tutta la vita il lavoro di
governante.
Accanto a ciò, per decenni ha fotografato di continuo – con l’inseparabile
macchina fotografica – la società americana in ogni suo aspetto, anche il più recondito. Le sue immagini, mai esposte
al pubblico e rarissimamente sviluppate, sono state ritrovate in un enorme
baule in un’asta da due collezionisti e
galleristi americani, che ne hanno iniziato a diffondere il prodotto. Il fondo,
costituito da migliaia di rullini, è in corso di studio e pubblicazione. Ad ogni
nuovo sviluppo, si rinnova lo stupore
per la riscoperta di questa sorprendente
quanto misconosciuta autrice.
Perché il risultato è tutt’altro che
amatoriale: anzi, è talmente sorprendente da poter rivoluzionare il percorso
di tutta la storia della fotografia, le categorie storiche attraverso cui leggiamo
un’ipotetica evoluzione del gusto: Vivian Maier infatti anticipa e assorbe
tendenze che vedranno la luce solo nei
decenni successivi. Sorprende come
prefiguri i successivi sviluppi di Diane
Arbus, Lee Friedlander e Garry Winograd. Così come sembra aver attraversato e fatto propria l’opera di Walker
Evans oppure toccato in alcuni punti la
poetica di Robert Frank. E tutto ciò senza aver avuto un minimo riscontro in
vita da parte del mondo artistico.
Ma ogni discorso d’autore sembra
decadere se cerchiamo di andare oltre, e
capire il motivo di questa ossessione per
lo scatto – e arriviamo ad un piano esi-
stenziale: per Vivian Maier fotografare
sembra infatti un bisogno primario. Vitale come respirare. Fotografare è inoltre un modo per porsi – con incredibile
umiltà – nei confronti della bellezza del
mondo, ma anche il mezzo per trovare
il coraggio di guardarne le ombre. E
non solo nelle fotografie di strada (street
photographer è un etichetta un poco riduttiva per l’autrice), ma anche per
quanto riguarda gli interni, sempre di
grande, riflessiva intensità.
Attraverso le lenti delle sua biottica, il «sogno americano» evidenzia sfumature inattese. Il suo sguardo, puro e
senza giudizio, si posa con rispetto sui
poveri ed sugli esclusi, sugli anziani e
sulla minoranza afroamericana. Riprende segni e scritte, architetture,
aspetti surreali oppure banali, quotidiani. Gente assorbita nel suo mondo, mani intrecciate. Si intravvede in tutto ciò
una donna curiosa e democratica, appassionata lettrice e frequentatrice assidua delle sale cinematografiche. La sua
privatissima ricerca raggiunge il vertice
negli autoritratti, arrivando a un livello
di pura poesia visiva. Maier mette in
scena la sua ombra, il suo riflesso – utilizzando spesso un gioco di specchi e
vetri che la città offre – lasciando trasparire una labile e leggera traccia di sé,
metafora di una donna quasi invisibile
agli sguardi e all’attenzione del mondo.
L’esposizione – curata da Daniela e
Guido Giudici – si snoda all’interno
dello Spazio Officina seguendo (idealmente) la fotografa in una giornata di
riprese, offrendo altresì una lettura a
tutte le presenze della manifestazione.
Essa è anche al centro di una collettiva
di autrici su cui torneremo in un’altra
occasione.
La Biennale dell’Immagine (alla sua ottava edizione) ha come tema l’affermazione «Ogni sguardo un passo». Un titolo aperto, adatto ad accogliere punti
di vista distanti tra di loro, nello spazio
e nel tempo. Più che per una scelta di
genere, le donne sono al centro dell’attenzione per le tematiche da loro portate avanti e per la qualità della loro ricerca. Il m.a.x. Museo propone l’attesa antologica di Lucia Moholy, oltre a Leonilda Prato e Stefania Gurdowa (foto-
grafe anni ’20-’30). Allo Spazio Officina
una collettiva sulle tracce di Vivian Maier con diverse artiste, tra cui Stefania
Beretta, Giusi Campisi e Anne Golaz.
Quest’anno la Biennale tocca anche
Mendrisio, con un’esposizione a Casa
Croci del fotografo Heinrich Böhler,
appartenente all’ambiente viennese legato a Gustav Klimt.
Per quanto riguarda gli spazi privati e le fondazioni le sedi sono: la Mosaico Arte Contemporanea (con Daniela
Ray), la Galleria Cons Arc (con una personale di Claire Laude) e Desmobilia
(con Sabrina Biro, Barbara Lehnhof e
Giovanna Silva), le incisioni di Elisabetta Diamanti presso lo spazio Stellanove
(a Mendrisio), ed infine la suggestiva
collettiva della Fondazione Rolla a Bruzella.
Dove e quando
8ª Biennale dell’immagine. Ogni
sguardo un passo. Chiasso e
Mendrisio. Fino al 31 gennaio 2012. Il
programma completo è disponibile su:
www.consarc.ch/bi/bi8/bi8.htm