Il servus callidus nel teatro di Plauto - Blog-ER

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Il servus callidus nel teatro di Plauto
Dal modello greco all’adattamento al pubblico romano
Epigrafe di Plauto
Postquam est mortem aptus Plautus, Comoedia
luget,
scaena est deserta, dein Risus, Ludus, Iocusque
et Numeri innumeri simul omnes conlacrimarunt1
Da quando Plauto incontrò la morte,
piange la commedia, deserta è la scena,
il riso, i giochi e i divertimenti,
i ritmi liberi lacriman tutti
(1)Gellio, Noctes Atticae, I, 24
Gellio riporta l’epigrafe di Plauto, che considera autentica, perché riportata da Varrone in De poetis, I
Plauto
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Plauto, nel suo contaminare e vertere barbare, riprende testi della commedia nea del III sec. A. C.,
personaggi (vecchi padri avari, giovani innamorati, etere, servi, parassiti, soldati), situazioni, scene
vere e proprie, che assembla e adatta per il proprio teatro.
Il personaggio del servo è un esempio di questo adattamento; il servo fedele di Menandro diventa il
servo gaglioffo di Plauto, affamato e desideroso della libertà, spesso deus ex machina e orditore
dell’intrigo ai danni del padrone
Menandro e la Commedia Nuova
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Menandro (342, 291 a.C).; allievo di Teofrasto (direttore della scuola di Aristotele, Liceo o
Peripato), compagno di efebia di Epicuro, amico di Demetrio Falereo, filosofo e “tiranno” di Atene
dal 317 al 307 sotto il protettorato macedone.
Ambiente: Atene della prima generazione dei Diadochi
Premesse culturali: principi della scuola peripatetica (Etica Nicomachea), Caratteri di Teofrasto,
principi della scuola stoica
Caratteristiche del teatro: stereotipia dell’intreccio, centralità dei caratteri h[qh, lingua media
Caratteri della Commedia Nuova secondo Fränkel (E. Fränkel, Elementi plautini in Plauto Firenze, 1960)
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La commedia Nuova parla con voce smorzata delle cose profonde della vita; è l’arte di una società
ristretta, fine, intelligente e borghese; gli animi sono stanchi delle cose grandi. Nell’epoca di
Alessandro e dopo la sua morte, Atene è coinvolta nei conflitti mondiali che fanno da sfondo ai
drammi di Menandro pieni di generali, di mercenari, di stranieri; si avvertono l’inquietudine e
l’incertezza generale, ma al centro di essi vi è una piccola città con uno stile di vita borghese,
dominato dalla gentilezza, secondo le norme dell’Etica di Aristotele.
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Oggetto è l’uomo come essere sociale, come esponente di qualità etiche, soggetto e oggetto della
paideiva, combattente nella lotta fra Daimon e Tyche. L’atmosfera è la riflessione sul duro destino
dell’uomo, sulla diversità dei caratteri, sul modo di guidare e traviare le anime, sulla follia e la
sophrosyne; tutto questo su un intreccio fatto di intrighi, come un doppio registro per un pubblico
vasto e eterogeneo, comunque abituato a sentir parlare di filosofia da parecchie generazioni.
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L’interesse di Menandro non va tanto ai pravgmata, quanto agli h[qh, perché le vicende sono
considerate solo manifestazioni dei caratteri; questo spiega la stereotipia degli intrecci: quanto più
essi erano convenzionali, tanto più lo sguardo si concentrava sugli effetti psicologici di essi; le
situazioni sempre uguali mettevano in rilievo la mutevolezza dei caratteri; per questo passa in
secondo piano il geloi`on; i drammi di Menandro invitano a sorridere, raramente a ridere.
Plauto e la palliata
• Plauto (255/250-184 a.C.)
• Ambiente: Roma delle Guerre Annibaliche
• Caratteri degli spettacoli romani: in feste organizzate dallo stato, ma come “decorazione”, privi di
carattere cultuale; gli attori (grex) di condizione non libera
• Caratteri della commedia plautina: ripresa degli intrecci della Commedia Nuova, rielaborati e
contaminati; ambientazione greca con allusioni alla realtà romana; disinteresse per lo “spirito” della
Commedia Nuova: la realtà sostituita dal paradosso; lingua varia, recitata e musicata; caratteri della
farsa italica legati all’improvvisazione (Risus Ludus Iocusque)
Plauto secondo Fränkel (Elementi plautini in Plauto, cit.)
• Il passaggio dalla Commedia Nuova alla rielaborazione della palliata romana non fu per affinità
elettiva, ma per ragioni oggettive, perché le compagnie di tecni`tai ellenistici rappresentavano solo
tragedie e drammi della Commedia Nuova; i rielaboratori romani presero i soggetti, non legati ad
una particolare situazione storica e quindi esportabili, ne eliminarono però lo spirito, strettamente
legato al luogo e all’epoca, quindi i valori della eujschmosuvnh e swfrosuvnh; i caratteri ricchi di
vita interiore diventarono, nella rielaborazione, veicoli di avventure, declamatori di tirate scurrili e
duelli verbali irruenti, attori, ballerini, cantanti.
• Plauto, nel rispetto del gusto del suo pubblico, inserisce lo “straordinario”, accosta i fatti più
disparati, cerca l’inaudito, il fantastico, rafforzando i caratteri di improvvisazione della farsa italica;
rispetto alla storia e ai personaggi è un semplice rielaboratore e traduttore, non interessato
all’unitarietà dell’azione; la sua originalità sta nella varietà della lingua, del ritmo, della musica.
• “Lo scopo principale è quello di animare l’azione sulla scena, i personaggi debbono non solo dire
spiritosaggini, ma anche muoversi sotto gli occhi degli spettatori in modo che già questo solo
costringa al riso. In questi casi il corpo di un abile attore, dalla punta delle dita e dalle rughe della
fronte fino alle punte dei piedi è il vero organo della comicità”.
La figura del servo nella società greca
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Nella realtà storica: lo schiavo è lo straniero vinto in guerra, ridotto in schiavitù, utilizzato come
forza lavoro; può essere proprietà collettiva della comunità o privata, di singoli cittadini.
Aristotele, Pol. 1253b.32 oJ dou`lo~ kth`mav ti e[myucon
Aristotele, Pol. 1254b.22 e[sti ga;r fuvsei dou`lo~ oJ dunavmeno~ a[llou ei\nai (dio; kai; a[llou
ejstivn),
Gli Stoici si resero interpreti di un nuovo sentimento della vita, per il quale tutti gli uomini sono
uguali, “per natura nessun uomo è schiavo, tutti gli uomini sono nati per essere liberi”; schiavo
assunse un nuovo significato “schiavo è solo colui che si fa servo dei suoi appetiti e delle cose
esterne; libero è solo colui che preserva la sua autonomia interiore”. La Stoà crea un nuovo modo di
concepire l’umanità superando la chiusura nazionalistica dei Greci. “L’idea universale di umanità era
in gestazione nella spiritualità dell’epoca ellenistica; troviamo qualcosa di simile ad Atene, nella
commedia di Menandro”. (Pohlenz, La Stoa, I, pag.275)
Il servo in Menandro
Caratteri: saggio e onesto, devoto e fedele, inserito a pieno titolo nella comunità familiare; contrapposto al
cuoco, figura buffonesca
• Epitrevponte~ 1092 `
L’arbitrato, 1092 sgg.
• Onevsimo~
Onesimo:
oujk a\ra frontivzousin hJmw`n oiJ qeoiv,
Allora gli dei non si occupano di noi? tu
fhvsei~É eJkavstw¡ to;n trovpon sunwvikisan
dirai. Hanno dato a ciascuno un
frouvrarcon: ou\to~ e[ndon
custode, che è il nostro carattere. E’
ejpevtriyen, a]n aujtw¡` kakw`~ crhswvmeqa,
lui che ci dà del male, se lo usiamo
e{teron dÆ e[swsen. ou|tov~ ejsqÆ hJmi`n qeo;~
male, altrimenti ci salva. Questo è per noi il vero
o{ tÆ ai[tio~ kai; tou` kalw`~ kai; tou` kakw`~
dio, responsabile della fortuna e della sfortuna.
pravttein eJkavstw¡: tou`ton iJlavskou pow`n
E questo devi propiziarti; per vivere bene, non
mhde;n a[topon mhdÆ ajmaqev~, i{na pravtth¡~ kalw`~.
devi fare gesti fuori luogo o irragionevoli
Il servus callidus in Plauto
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Simbolo del “mondo alla rovescia” (Saturnali), del “carnevalesco”
Ritratto: caratterizzato dalla disarmonia
Caratteri/ruolo: legato ai bisogni primari (cibo, vino sonno), fa da contrappunto comico-parodico alle
debolezze del proprio padrone; come orditore dell’inganno, diventa l’eroe che crea una commedia
nella commedia
Linguaggio: immaginifico, ricco di metafore militari; vario nel ritmo: scaramucce verbali
(velitationes), monologhi, monodie
Plauto e il carnevalesco
(da M. Bettini, Introduzione a Plauto, Mostellaria, Persa, Milano, 1981)
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Quello di Plauto è un teatro “convenzionale”, fatto di ripetizione, quasi monotono nei temi (peripezie
di due innamorati, inganno del servo verso il lenone o il padre severo, per aiutare il giovane). La
“ripetizione” rispondeva a bisogni collettivi del pubblico cui si rivolgeva. Il contrasto padre/figlio,
padrone/servo, lenone/etera sono temi importanti in una società che conosce il predominio assoluto
del padre sul figlio, che è schiavistica, che considera la donna oggetto di scambio da mercanteggiare
nel matrimonio; cose che non vengono rappresentate chiaramente, ma deformate in un mondo alla
rovescia, nel teatro “carnevalesco” che per gioco “inverte” i rapporti sociologici o li “sposta”. Una
condizione provvisoria, che rimanda alla libertas Decembris, alla fine della quale, dopo il perdono,
si ristabiliscono i rapporti reali.
In questo mondo alla rovescia, la maschera è il simbolo di uno “stare al posto di qualcos’altro”; al
centro il servo, re per burla, col suo aspetto grottesco, con ingordigia reale e linguistica, tra insulti,
beffe, percosse. “In questo mondo rovesciato, la terra, gli escrementi, così come certe parti basse del
corpo umano assumono una funzione liberatoria, quasi fecondante; la sporcizia e l’insulto
rammentano all’uomo la sua corporeità, la esaltano; il corpo percosso riporta l’uomo ad un basso
quotidianamente negato dalle regole culturali. Il Carnevale ancor oggi ci insegna: le percosse, i colpi
più o meno simboleggiati fanno parte integrante della sua utopia: che il verso, non il recto
dell’esistenza sia la realtà.”
Fisionomia del servo
• Asinaria, 400
• Macilentis malis, rufulus aliquantum, ventriosus, truculentis oculis, commoda statura, tristi fronte.
(Guance scavate, piuttosto rosso di pelo, panciuto, occhio torvo, statura normale, fronte aggrondata)
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Pseudolus, 1218
Rufus quidam, ventriosus, crassis suris, subniger,
magno capite, acutis oculis, ore rubicundo, admodum
magnis pedibus
(Un tipo rossiccio, panciuto, con grossi polpacci, di colorito scuro, gran testa, occhi acuti, faccia
rubiconda e dei piedoni enormi)
Gli insulti (Velitationes)
Pseudolus 356-371
Cal. Pseudole, adsiste altrim secus atque onera hunc maledictis.
Ps.
Licet.
Numquam ad praetorem aeque cursim curram, ut emittar manu.
Cal. Ingere mala multa.
Ps.
Iam ego te differam dictis meis.
Impudice.
Bal.
Itast.
Cal.
Sceleste.
Bal.
Dicis vera.
Ps.
Verbero.
Bal. Quippini?
Cal.
Bustirape.
Bal.
Certo.
Ps.
Furcifer.
Bal.
Factum optime
Cal. Sociofraude
Bal.
Sunt mea istaec.
Ps.
Parricida.
Bal.
Perge tu.
Cal. Sacrilege.
Bal.
Fateor.
Ps.
Periure.
Bal.
Vetera vaticinamini.
Cal. Legirupa.
Bal.
Valide.
Ps.
Permities adulescentum.
Bal.
Acerrume.
Cal. Fur.
Bal.
Babae.
Ps.
Fugitive.
Bal.
Bombax.
Cal.
Fraus populi.
Bal.
Planissume.
Ps. Fraudulente.
Cal.
Impure.
Ps.
Leno.
Cal.
Caenum.
Bal.
Cantores probos.
Cal. Verberavisti patrem atque matrem.
Bal.
Atque occidi quoque,
potius quam cibum praehiberem: num peccavi quippiam?
Ps. In pertusum ingerimus dicta dolium, operam ludimus.
Bal. Numquid aliud etiam voltis dicere?
Cal.
Ecquid te pudet?