Introduzione - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare
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Introduzione - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare
Introduzione La pericolosità del gas radon è nota sin dall’antichità, esso infatti è stato citato da Lucrezio nel “De Rerum Natura” (libro VI) come sconosciuta causa di malattie mortali per un significante gruppo di minatori. Anche nel sedicesimo secolo venne rilevata una forte incidenza di malattie gravi a carico del sistema respiratorio nei lavoratori nelle miniere d’argento della regione di Schneeberg, in Sassonia; e fu proprio con il nome della regione che cominciò ad identificarsi questa malattia mortale, la quale solo nel 1879 da Hartung e Hesse venne riconosciuta come cancro ai polmoni. La consapevolezza dell’impatto sulla salute dell’uomo ha evidenziato la necessità di affrontare tele problema con maggior rigore, sono state pertanto intrapresi numerosi studi epidemiologici tra gli anni 1950- 1970 al fine di mostrare una reale correlazione tra l’inalazione di tale gas e l’insorgenza di neoplasie a carico dell’apparato polmonare. Nel 1988 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) confermò la pericolosità del radon, identificandolo come agente cancerogeno di gruppo I (massima evidenza di cancerogenicità). Tale gas rappresenta infatti la principale causa di esposizione a radioattività naturale per l’individuo, costituendo pertanto una problematica fondamentale nella valutazione del rischio in ambienti chiusi. Sono state quindi intraprese numerose azioni di sensibilizzazione nei confronti di questa problematica; a livello normativo si sono introdotti per la prima volta in Italia con il D. Lgs. 241 del 2000 dei valori limite per regolamentare la concentrazione del radon in ambienti di lavoro potenzialmente pericolosi. Il radon è infatti esalato dalle rocce della crosta terrestre per cui la sua diffusione nelle luoghi indoor dipende dal suolo su cui gli edifici in questione sono posizionati nonché dai materiali da costruzione 1 adoperati,ma anche da caratteristiche proprie delle strutture, come altezza dal suolo, presenza di crepe o fessure, tipo di infissi e eventuale presenza di idonei sistemi di ventilazione. Sono state pertanto introdotte delle linee guida nell’ambito dell’edilizia al fine di evitare l’accesso di tale gas negli ambienti, nonché per facilitare eventuali interventi di riduzione e rimozione dello stesso. Questo lavoro di tesi si colloca nell’ambito di un progetto sulla radioattività naturale finanziato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e finalizzato ad effettuare misure della concentrazione del gas radon in abitazioni dislocate nel territorio della penisola sorrentina. Tale progetto ha visto il coinvolgimento di 89 case in ciascuna delle quali sono stati posizionati due dosimetri, uno nella zona giorno ed uno in quella notte al fine di effettuare un monitoraggio annuale (6+6 mesi) della concentrazione del gas nei diversi locali e quindi stimare la dose di esposizione per abitante; è stato inoltre allegato a ciascuna casa un questionario per avere informazioni circa le caratteristiche dell’abitazione in questione e quindi verificare la variabilità delle misure in funzione di diversi parametri. Nella prima parte di tale elaborato di tesi (capitoli 1 e 2) dopo un’introduzione sulla radioattività in generale,si affronta l’argomento radon da un punto di vista teorico, descrivendo le caratteristiche di tale gas, gli effetti biologici che esso ha sull’individuo e introducendo i due diversi approcci (dosimetrico ed epidemiologico) usati per stimare il rischio legato ad un’esposizione prolungata ad esso, dopodiché sono introdotti i riferimenti normativi che regolamentano i valori di concentrazione di tale gas in taluni luoghi di lavoro strutturalmente pericolosi. Sono ancora introdotte le principali fonti di esalazione di esso e le modalità di diffusione dello stesso nei luoghi indoor, nonché i sistemi di rimedio da adottare. Nella seconda parte (capitoli 3 e 4) si introducono le principali tecniche di misura della concentrazione del gas radon, soffermandosi sulla metodica da 2 noi utilizzata, pertanto si descrive il lavoro sperimentale condotto nell’ambito di tale tesi, con particolare attenzione a tutte le fasi del processo di misura, dall’assemblaggio dei dosimetri LR115, alla descrizione del metodo di lettura di tipo ottico messo a punto nel Laboratorio di Radioattività “LaRa” del dipartimento di Scienze Fisiche dell’Università “Federico II” di Napoli presso cui è stato svolto tale lavoro di tesi. Dopo la fase di acquisizione e elaborazione dei dati si è giunti alla stima della concentrazione del gas per abitazione e da essa si è poi ricavata la dose di esposizione per abitante in ciascuna casa. 3 Capitolo I Il radon: origine e caratteristiche In questo capitolo si introducono i concetti base nell’ambito della radioattività e si analizzano le caratteristiche del gas radon, nonché i due diversi approcci usati per stimare il rischio connesso all’esposizione prolungata ad esso. 1.1 Struttura dell’atomo L’atomo è costituito da Z elettroni, orbitanti attorno al nucleo, contenente al proprio interno A nucleoni (Z protoni, A- Z neutroni). Z è detto numero atomico, A numero di massa : , dove X è un elemento chimico qualsiasi. I nuclei che hanno stesso numero atomico, Z, ma diverso numero di neutroni sono detti isotopi. Il protone a carica positiva, l’elettrone negativa e il neutrone è appunto neutro; inoltre protone e neutrone hanno massa pari ad un’ unità di massa atomica, 1 u, dove u è uguale a 1.66 *10 kg, mentre l’elettrone ha massa più piccola, circa 0.0005486 u [1]. Il nucleo è una parte molto piccola dell’atomo in cui sono racchiuse particelle cariche positivamente e particelle neutre, la stabilità del nucleo è causata dall’esistenza di una forza che si oppone a quella di repulsione di Coulomb, la forza forte. Tale forza forte, detta anche nucleare, esiste per piccole distanze di separazione tra le particelle, minori di 2 fermi, dove un fermi è uguale a 10 m; essa inoltre agisce sui nucleoni, ovvero neutroni e protoni, mentre 4 quella di Coulomb solo sui protoni, infatti i nuclei più leggeri sono stabili se contengono numero uguale di protoni e neutroni, mentre quelli più pesanti se N è maggiore di Z. Se aumenta il numero di protoni allora aumenta la forza di repulsione che tende a rompere il nucleo, ma aumentando anche il numero di neutroni si conserva la stabilità , tuttavia questo è possibile fino ad un valore limite, ovvero se il numero atomico Z è pari o maggiore di 83 allora, la forza repulsiva non può più essere compensata dalla forza forte e quindi il nucleo di tali elementi si trova in una condizione di instabilità, pertanto essi decadono emettendo particelle [2]. 1.2 La radioattività Il fenomeno della radioattività fu scoperto accidentalmente nel 1896 da Becquerel, il quale osservò che cristalli di solfato di potassio di uranile emettevano una radiazione capace di annerire una lastra fotografica. Due anni più tardi, i coniugi Curie mostrarono che non soltanto l’uranio, ma anche molti dei suoi discendenti avevano la peculiarità di emettere radiazione con capacità penetranti e nel condurre tali studi scoprirono il polonio e il radio. Questa sensazionale scoperta segnò l’inizio di studi e ricerche volte alla conoscenza di questo fenomeno. Con il termine radioattività si intende la capacità di trasformazione di un radionuclide padre in un’altra specie, detta radionuclide figlio, mediante emissione di radiazioni alfa, beta e gamma. Decadimento alfa. Quando un nucleo decade emettendo una particella α ( He perde due protoni e due neutroni, pertanto il numero di massa A diminuisce di quattro 5 e il numero atomico Z di due. Il processo di decadimento si può scrivere come: X Y He dove X è il nucleo padre e Y il figlio. In tale processo la somma dei numeri atomici dei membri di destra deve essere a quella del membro di sinistra e stessa cosa vale per i numeri di massa. Queste alfa, inoltre, sono particelle pesanti con energia variabile dai 4 ai 10 MeV, caratterizzate da uno scarso potere penetrante, al massimo possono attraversare un foglio di carta. Decadimento beta Nel processo che avviene in un decadimento beta si ha la trasformazione di un neutrone in un protone e in un elettrone, il numero di massa resta invariato e quello atomico diminuisce di uno: + (emissione di un elettrone) (emissione di un positrone) Al di fuori del nucleo questo processo non avviene perché il neutrone e l’elettrone hanno una massa totale maggiore di quella del protone, nel decadimento β si ha una diminuzione della massa del nucleo, quindi il processo avviene spontaneamente. Dato che in questo processo di decadimento non tornano i conti, allora nel 1930, Pauli ipotizzo l’esistenza di un’altra particella coinvolta, il neutrino; pertanto nell’emissione di positrone è coinvolto il neutrino, in quella dell’elettrone l’antineutrino. Queste particelle beta percorrono distanze maggiori rispetto alle alfa, tuttavia attraversano al più pochi mm di alluminio e sono caratterizzate da valori energetici variabili entro un vasto spettro. Decadimento gamma Un atomo eccitato può emettere un fotone quando uno dei suoi elettroni passa ad un livello energetico inferiore; molto spesso un nucleo rimane in una condizione di eccitazione anche a seguito di un processo di emissione 6 di particelle, per cui può subire un ulteriore decadimento con emissione di fotoni. I raggi gamma hanno energia molto elevata, circa 1 MeV, essa è data dal prodotto della costante di Plank, h, per la frequenza ,ν; nello spettro elettromagnetico si collocano oltre i raggi X. In tale processo il numero atomico e quello di massa non subiscono variazioni, il nucleo passa solo ad uno stato energetico inferiore con l’emissione di tali fotoni. Le radiazioni gamma, inoltre, sono fortemente penetranti riuscendo ad attraversare anche alcuni cm di piombo. Figura 1.1. Capacità penetranti dei tre tipi di radiazioni. Il decadimento radioattivo è descritto dalla seguente legge: ! (1.1) Dove λ è la costante di decadimento ed N numero di nuclei radioattivi a un certo istante, da cui si ottiene: ! !# $ (1.2) dove %& è il numero di atomi all'istante t = 0 ed % è il numero di atomi all'istante t. L’unità di misura dell’attività per un campione radioattivo è il curie (Ci): 7 1Ci = 3.7 10& decadimenti al secondo. L’unità del Sistema Internazionale è il Becquerel (Bq) 1 Bq = 1 decadimento al secondo Si chiama, invece, tempo di dimezzamento oppure emivita il tempo necessario affinché il numero dei nuclei radioattivi sia dimezzato e si indica come: '( ) *+) , (1.3) Nel caso di catene radioattive esiste il concetto di equilibrio secolare, ovvero l’attività del padre è uguale a quella dell’ultimo elemento della serie; tale caratteristica è importante poiché molto spesso ciò che si riesce a rilevare è l’attività dei figli da cui si può, in tal modo, risalire a quella dei genitori [3]. 1.3 Interazioni radiazioni-materia Si posso distinguere due diversi tipi di radiazioni: ionizzanti e non ionizzati. Le prime, diversamente dalle seconde, interagendo con le strutture biologiche, provocano una ionizzazione negli atomi bersaglio, alterando quindi la struttura preesistente e inducendo mutazioni che possono sfociare in insorgenza di neoplasie. Le radiazioni ionizzanti, in base alla modalità di interazione, possono distinguersi in radiazioni direttamente o indirettamente ionizzanti. Delle radiazioni indirettamente ionizzanti fanno parte i fotoni, essi interagiscono con la materia mediante tre diverse modalità. Effetto fotoelettrico: il fotone che interagisce con l’elettrone bersaglio sparisce, rilasciando ad esso un’energia cinetica pari alla differenza tra l’energia del fotone e quella di strappamento, ovvero l’energia di legame all’atomo dell’ elettrone considerato. Tale effetto scompare 8 all’aumentare dell’energia del fotone, per cui il range, in cui esso avviene, è inferiore ad 1 MeV. Effetto Compton: diversamente da quello fotoelettrico, in tal caso il fotone non scompare e, potendo interagire anche con più elettroni, si crea un effetto a cascata; per tale effetto l’energie associate ai fotoni si aggirano fino ad massimo 100 MeV. Produzione di coppie: sparisce una certa quantità di energia e si forma una corrispondente quantità di materia; se l’energia associata al fotone è maggiore di un valore soglia di 1,022 MeV allora si assiste alla formazione di una coppia elettrone-positrone. Il fenomeno inverso è detto di “annichilazione”. Nel caso delle radiazioni direttamente ionizzanti, l’interazione avviene in maniera diretta ossia mediante il rilascio dell’energia alle strutture bersagliate; in questo caso si definisce il Linear Energy Transfer (LET): . /-0 (1.4) • 12: energia trasferita al mezzo dalla particella • 13: tratto percorso nel mezzo In tabella sono riportati i valori del LET delle principali radiazioni usate in radioterapia 9 Particella Carica Elettrone -1 Energia(MeV) LET(keV/µm) 0.01 2.3 0.1 0.42 1 0.25 γ del Co 60 0 1.17-1.33 0.2 Protone +1 2 16 5 4 10 0.4 α +2 5 95 Neutrone 0 5 3-30 C 5 6 10MeV/u 170 250 MeV/u 14 Tabella 1.1. Valori di LET delle principali radiazioni Nel caso del radon si tratta di interazioni con particelle alfa, quindi direttamente ionizzanti, le quali, attraversando l’atomo, lo eccitano o lo ionizzano, a seconda dei valori delle energie in questione. Le particelle alfa sono caratterizzate da un’ elevata densità di ionizzazione lungo le loro tracce e da percorsi brevi [3]. 1.3.1 Grandezze dosimetriche La manifestazione di un effetto a seguito dell’esposizione di un tessuto biologico ad una determinata radiazione è del tutto individuale, per cui si sono condotti studi al fine di creare una relazione che consentisse di relazionare l’effetto con le caratteristiche fisiche della radiazione in questione; si è , quindi, introdotto il concetto di dose assorbita, ovvero l’energia assorbita dal mezzo per unità di massa: 10 6 7 L’unità di misura usata è il Gray dove: (89 (:/ <= La pericolosità di una radiazione è tuttavia, connessa al tipo di radiazione incidente e alla soggettiva radiosensibilità del bersaglio, quindi è stato introdotto il fattore di qualità, Q, che tiene conto del tipo di radiazione, nonché della pericolosità di essa rispetto un campione di riferimento, i fotoni (Q = 1). TIPO DI RADIAZIONE Q Raggi X - γ - Elettroni 1 Neutroni - Protoni 10 Particelle α 20 Tabella 1.2. Fattore di qualità delle radiazioni Si è giunti, quindi, alla definizione di equivalente di dose, H > ?6 L’unità di misura è il Sievert, (Sv). Dalla tabella posso affermare che, a parità di dose assorbita, le particelle alfa producono un danno nei tessuti biologici 20 volte maggiore dei fotoni. L’equivalente di dose efficace invece, è la somma degli equivalenti di dose dei vari organi o tessuti, ponderati da opportuni fattori specifici per essi: > @ A0 B >0 0 L’unità di misura è il Sievert, (Sv) [3]. 11 1.3.2 Effetti biologici sull’uomo I danni prodotti dall’iterazione con le radiazioni ionizzanti si dividono in: Danni somatici deterministici Danni somatici stocastici Danni genetici stocastici I danni somatici deterministici sono caratterizzati da: variazioni della frequenza e della gravità in funzione della dose valore di soglia per la dose periodo di latenza breve Essi, infatti, si manifestano solo se le dosi di irraggiamento sono superiori a quelle previste e quindi tali da generare una degenerazione dei tessuti biologici interessati; la causa di essi va rintracciata in una esposizione in una irradiazione forte e concentrata nel tempo, come un incidente nucleare o un’irradiazione di tipo terapeutico molto elevata. Tra gli effetti a breve termine ricordiamo: sindrome ematologica midollare per dosi tra 1 e 5 Gy sindrome gastrointestinale per dosi tra 6 e 8 Gy sindrome neurologica per dosi tra 20 e 30 Gy I danni somatici stocastici invece: non richiedono il superamento di una dose soglia per la loro comparsa sono di tipo probabilistico la frequenza della comparsa aumenta con la dose hanno lunghi periodi di latenza la loro gravità non dipende dalla dose Gli effetti probabilistici non sempre si manifestano, in quanto riguardano piccole dosi di agenti potenzialmente pericolosi, ma possono essere di volta in volta sommati e provocare danni a lungo termine; in caso di neoplasie il 12 danno è determinato da mutazioni del DNA delle cellule esposte alla radiazione, che non riescono ad auto ripararsi. Tra gli effetti ritardati ricordiamo per i danni somatici: carcinogenesi radio indotta formazione cataratta radiodermite cronica accorciamento vita I danni genetici stocastici: si manifestano nella progenie degli individui irraggiati Essi sono causate da effetti della radiazione sulle cellule della riproduzione che danno luogo ad aberrazioni cromosomiche e/o mutazioni genetiche. Tra gli effetti ritardati ricordiamo per i danni genetici: aumento di frequenza di malformazioni aumento di frequenza di aborti aumento mortalità infantile [3]. 1.4 La radioattività ambientale La radioattività ambientale è determinata da tre diversi tipi di radionuclidi: • Radionuclidi primordiali • Radionuclidi cosmogenici • Radionuclidi antropogenici Figura 1.2 .Contributi alla radioattività ambientale. 13 Della prima categoria fanno parte tutti quei radionuclidi prodotti al tempo della formazione del sistema solare e ancora sopravvissuti, quindi essi avranno una vita media dell’ordine di miliardi di anni. Della seconda categoria fanno parte, invece, tutti quei radionuclidi prodotti dai bombardamenti dell’atmosfera da parte dei raggi cosmici. Della terza categoria, infine, fanno parte tutti quei radionuclidi prodotti artificialmente dall’uomo a vari scopi, essi sono caratterizzati in genere da vita media breve. Nel primo gruppo troviamo il radon, gas nobile costituente circa il 55% di tutta la radioattività ambientale, esso è presente sottoforma di tre diversi isotopi: Rn 219, Rn 220, Rn 222 discendenti rispettivamente dall’Uranio 235, Thorio 232, Uranio 238. Questi tre isotopi presentano diversi tempi di dimezzamento; il Rn 219 e il 220 decadono rispettivamente dopo 4 e 55 secondi mentre il Rn 222 ha un tempo di emivita meno breve, di 3.82 giorni, quindi può attraversare spessori di suoli e materiali e pertanto la sua concentrazione in atmosfera può risultare molto elevata, rappresentando una situazione di forte pericolosità [3]. 1.5 Il radon Il radon è un gas nobile, quindi chimicamente inerte, cioè non forma legami di alcun tipo con atomi e molecole dell’ambiente circostante, capace pertanto di muoversi nello spazio senza cambiare le proprie caratteristiche chimico- fisiche . Come già detto, esistono tre diversi isotopi del radon: 1. Rn 222, prodotto dal decadimento alfa del Ra226, tempo di emivita 3.82 giorni ed appartenente alla famiglia con capostipite l’U238. 14 Figura 1.3. Schema decadimento C DE 2. Rn 220, detto Thoron, prodotto dal decadimento alfa del Ra224, tempo di emivita 55 sec ed appartenente alla famiglia, di cui è capostipite il Th232 Figura 1.4. Schema decadimento F D 3. Rn 219, detto Actinon, tempo di emivita 4 sec ed appartenente alla famiglia, di cui è capostipite l’U235. 15 Figura 1.5. Schema decadimento C D Il più interessante è il Rn 222, perché riesce a percorrere lunghe distanze prima di decadere, il Rn 220 e il Rn 219 sono trascurabili, perché, essendo prodotti in rocce in profondità, decadono ancor prima di raggiungere il suolo. CARATTERISTICHE FISICHE RADON 222 Numero atomico 86 Numero di massa 222 Radionuclide padre Ra226 Radionuclidi figli Polonio214 Polonio 218 Energia decadimento α 5.5 MeV Tempo di emivita 3.82 giorni Tabella 1.3. Caratteristiche fisiche del Radon 222 16 La sua esalazione in atmosfera avviene attraverso diversi processi [4]: • Produzione radon 222 all’interno dei grani rocciosi, come decadimento del Radio 226. • Emanazione nei pori interstiziali, per diffusione di gas nei solidi o per rinculo del nucleo di radon dopo il decadimento, il rapporto tra la quantità di radon che riesce a uscire da matrice solida e quello prodotto dal decadimento del radio è detto: “ potere di emanazione” [5]. • Trasporto nell’aria. • Esalazione in atmosfera. Un’altra modalità di trasporto di tale gas può avvenire attraverso le acque. La diffusione del radon, inoltre, è fortemente legata ai cambiamenti meteorologici, intuitivamente si può comprendere come forti venti possano agire positivamente su una diminuzione di tali concentrazioni. Un altro fattore positivo è rappresentato dalle piogge che danno vita al cosiddetto “effetto tappo”, accumulandosi nei pori, infatti, il gas si unirà a questi liquidi e il meccanismo di diffusione di esso sarà quello in acqua, il cui coefficiente di diffusione è pari a 1/10000 di quello in aria, pertanto l’esalazione in atmosfera in tal caso sarà fortemente inibita; solo l’evaporazione di tali liquidi con le più alte temperature primaverili compenseranno tale fenomeno. Un'altra dipendenza la si ha con la pressione atmosferica, la bassa pressione degli strati più superficiali può favorire l’esalazione del gas in atmosfera, ma altresì tali strati sono più soggetti all’effetto tappo rispetto a quelli più profondi, per cui la situazione risulta essere bilanciata. La dipendenza da tali fattori evidenzia un maggior accumulo di radon in atmosfera nei mesi estivi rispetto a quelli invernali, in cui piogge e variazioni da basse a alte pressioni e viceversa favoriscono una dispersione maggiore del gas. 17 In relazione ad una dipendenza dalla temperatura è inoltre possibile rilevare forti variazioni giornaliere di tali concentrazioni, è stato verificato, infatti, un aumento significativo dalle ore serali fino alle prime del mattino successivo e una diminuzione nelle ore pomeridiane, infatti le basse temperature notturne favoriscono un addensamento del gas maggiore, impedendone la dispersione. 1.6 Pericolosità radon I rischi legati al radon sono da contaminazione interna, ovvero causati dalla diretta inalazione di tale gas e dei suoi figli. Una volta inalato il radon può essere espirato dall’organismo, ma i suoi prodotti di decadimento, Po 214 e Po 218, essendo solidi non possono, quindi rimangono nell’ apparato bronchiale, dove, dato il tempo di dimezzamento breve, decadono, emettendo particelle alfa. L’inalazione di tale gas e dei suoi figli avviene a causa dell’ iterazione che essi generano con il particolato atmosferico, ovvero particelle solide e liquide sospese in atmosfera per tempi lunghi, esso è, in particolare, costituito da varie sostanze tra cui possiamo distinguere: Aerosol, particelle solide e liquide con diametro al massimo di un micron Foschie, goccioline con diametro di circa 2 µm Fumo, particelle solide trasportate da gas Polveri, particelle con diametro tra 0,25 e 500 µm Esalazioni, particelle con diametro di un µm rilasciate da processi chimici e metallurgici Sabbie, particelle solide con diametro maggiore di 500 µ Dunque il radon ed i suoi figli riescono ad attaccarsi al particolato, aumentando la probabilità di inalazione degli stessi. La frazione di particelle che dall’ambiente esterno penetrano in quello interno dipende da: 18 Fattore penetrante, p Rate di deposizione delle particelle, K Rate di aria in ingresso, a Tale meccanismo può essere studiato mediante una relazione, in cui concentrazione interna ed esterna sono legate a tali parametri: GHI GJK LM MN (1.5) Numerosi studi hanno evidenziato che i nuclei di radon e figli tendono ad attaccarsi particolarmente agli aerosol [6], esiste anche la possibilità che il nucleo si stacchi dal particolato sospeso, depositandosi poi sulle superfici presenti nei luoghi chiusi. 1.7 Effetti biologici del radon L’esposizione dell’uomo alla radiazione può avvenire mediante due modalità differenti: contaminazione interna, cioè sorgenti direttamente presenti nel nostro organismo, mediante inalazione o ingestione delle stesse; contaminazione esterna, ovvero sorgenti poste nell’ambiente. Nel caso del radon, data la possibilità di inalazione di tale gas dobbiamo parlare di contaminazione interna. La membrana polmonare, l’epitelio, è multistrato, più precisamente risulta essere costituita da due tessuti sovrapposti: strato interno basale e strato esterno connettivo; dalle cellule basali ha origine la mitosi ossia il processo di divisione e riproduzione cellulare, per tale motivo lo spesso strato di muco e epitelio dell’ordine di circa 60 micron ha il compito di proteggere tali cellule basali. 19 Figura1.6.Struttura epitelio bronchiale. Esistono tuttavia zone in cui tale spessore è ridotto a circa 20, 30 micron o addirittura a 15 micron in corrispondenza degli alveoli polmonari; è proprio in questi siti che le particelle alfa, le quali, pur essendo caratterizzate da uno scarso potere penetrante, riescono invece a raggiungere gli strati basali. Ricordiamo, inoltre, che le particelle alfa, prodotto di decadimento della progenie del radon, hanno un’ energia di circa 5-6 MeV, per cui il picco di Bragg, ovvero il punto in cui si registra il massimo rilascio energetico, si ha in corrispondenza del nucleo cellulare, per cui si possono provocare danni a carico della doppia elica del DNA e se le cellule non sono in grado di riparare la catena, attraverso processi enzimatici, allora si hanno mutazioni rilevanti che possono sfociare in formazioni di neoplasie a carico dei polmoni [7]. 1.8 Stima del rischio Il rischio da esposizione al radon può essere valutato mediante due distinte metodologie: approccio dosimetrico oppure epidemiologico. L’esposizione individuale è data da una relazione: O PQ B RSO B (1.6) • PQ indica la concentrazione di radon nell’ambiente considerato, espressa in Bq/mD • t è il tempo di esposizione espresso in ore 20 • IOF è il fattore occupazione, molto spesso di difficile identificazione e stimato ad un valore di 0,8 nelle case dall’UNESCAR [8]e l’ICRP [9]. 1.8.1 Studi dosimetrici In tali studi la valutazione del rischio avviene mediante il calcolo della dose assorbita, per cui bisogna considerare i parametri fisici ambientali (es. concentrazione radon) e quelli fisiologici dell’individuo; dopo tale stima si applicano i fattori di qualità e si risale alla dose effettiva. Il fattore di qualità è un peso statistico dato dal rapporto tra la dose effettiva e l’esposizione individuale, ad esempio il fattore F stimato nel 1993 è: F = 0.05 7WX/MIIJ YZ/7[ Esso indica che l’esposizione ad una concentrazione unitaria di radon al m3 comporta l’assorbimento di una dose pari a 0.05 mSv, quindi nota l’esposizione si può risalire alla dose. Il secondo step consiste nell’associare a ciascuna dose un rischio connesso, tale stima è desunta da studi epidemiologici condotti su individui sopravvissuti ai disastri nucleari di Hiroshima e Nagasaki. La difficoltà in tale approccio sta nella scelta dei fattori di ponderazione da utilizzare per il calcolo della dose effettiva, nonché i fattori di conversione “rischio-dose” desunti da studi epidemiologici, condotti su esposizioni diverse da quelle alfa (raggi gamma e neutroni). 21 1.8.2 Studi epidemiologici Questo tipo di approccio è basato sulla valutazione di un campione di individui e quindi sull’analisi delle cause che hanno originato le patologie di cui essi sono affetti, a seguito di una esposizione alle radiazioni. Tale metodologia, diversamente dall’approccio dosimetrico è di recente attuazione, pertanto non si possono utilizzare dati epidemiologici di oltre circa 15 anni fa, periodo in cui è stato introdotto per la prima volta questo studio nelle stima della pericolosità del radon indoor . Nella valutazione del radon sono condotti studi epidemiologici su due gruppi di persone: • Minatori • Popolazione comune Studi su minatori: è chiaro che essi sono particolarmente di interesse nella valutazione del rischio di esposizione radon, infatti, provenendo tale gas dal sottosuolo, le concentrazioni sono particolarmente alte, per estendere i dati ottenuti con questo studio sulla popolazione bisogna effettuare correzioni che tengano conto di due importanti fattori: 1 Fattore correttivo A: il campione è costituito esclusivamente da individui di sesso maschile, di corporatura robusta, mentre la popolazione è varia 2 Fattore correttivo B: differenze significative tra la composizione dell’aria delle miniere e quella delle abitazioni. Da tre studi condotti dall’ ICRP e dall’ U.S. Committee on Biological Effects of Ionizing Radiation (BEIR) si sono stabiliti i seguenti fattori di rischio: Rf = 0.7*10 (ICPR 1987) Rf = 1.1*10 ( (NCR 1988) Rf = 0,87* 10 ( (ICRP 1993) 22 Tale fattore indica il rischio connesso ad una esposizione di durata 70 anni ad una concentrazione di 1 Bq/mD . Il campione usato nei tre studi precedenti è differente, infatti l’ICRP 1987 studia un gruppo di 400 individui malati su un milione, l’NCR1988 analizza un campione eterogeneo della popolazione americana, l’ICRP 1993 una popolazione mista di diverse etnie: cinesi, giapponesi, americani, inglesi, portoricani ed in tale studio il fattore correttivo A non è pari ad 1 ma bensì ad 0.8. Studi sulla popolazione: le difficoltà sorte nell’estensione alla popolazione comune dei dati relativi a studi sui minatori, hanno evidenziato la reale necessità di condurre ricerche epidemiologiche anche su tale campione. Questi studi sono ancora in fase di elaborazione, infatti la difficoltà di tale metodo sta nel risalire alla valutazione di esposizione di questi individui negli anni precedenti a quelli in cui si sta effettuando la ricerca, pertanto si stanno mettendo a punto ricerche retrospettive come quella sul polonio 210, depositato su superfici di vetro, nota tale stima si può attraverso essa risalire alla valutazione della dose personale assorbita [10]. 23 Capitolo II Rifermenti normativi In questo capitolo si indicheranno le principali sorgenti di radon e la modalità di diffusione dello stesso nei luoghi chiusi. Si introducono, inoltre, la normativa che regolamenta i valori delle concentrazioni di gas radon nei luoghi di lavoro e nelle abitazioni, nonché i sistemi di rimedio da adottare nel caso di superamento di tali limiti. Si descriveranno, infine, le raccomandazioni emanate nell’ambito del “Piano Nazionale Radon”. 2.1 Effetti biologici del radon Sin dall’antichità si poté notare la pericolosità del gas radon, infatti esso è citato perfino nel “De Rerum Natura” (libro VI) come sconosciuta causa di malattie mortali per un significante gruppo di minatori. Anche nel sedicesimo secolo venne rilevata una forte incidenza di malattie gravi a carico del sistema respiratorio nei lavoratori nelle miniere d’argento della regione di Schneeberg, in Sassonia; e fu proprio con il nome della regione che cominciò ad identificarsi questa malattia mortale, la quale solo nel 1879 da Hartung e Hesse venne riconosciuta come cancro ai polmoni [11]. Nel 1901 a seguito di una misurazione si rilevò una significativa concentrazione di gas radon nelle miniere di Schneeberg e di altre regioni, pertanto si cominciò a ipotizzare una correlazione tra questo gas e il tumore polmonare, poi confermata da studi successivi condotti su animali. Si evidenziò, quindi, la necessità di imporre dei limiti per tutelare l’incolumità dei minatori e nel 1967 il Congresso Federale degli USA propose delle raccomandazioni in questi pericolosi luoghi di lavoro. Nel 1988 l’Organizzazione Mondiale della Sanità confermò la pericolosità del radon, identificandolo come agente cancerogeno di gruppo I (massima 24 evidenza di cancerogenicità) e quindi l’attenzione si rivolse anche a luoghi chiusi diversi dalle miniere, in cui gli individui trascorrono molte ore al dì, come le abitazioni e i luoghi di lavoro in genere. Per far ciò fu necessario individuare il rischio in funzione dell’intensità di esposizione, pertanto in tali anni furono condotti numerosi studi epidemiologici e sempre nel ventennio 1970-1990 si effettuarono ricerche su tale gas, individuando anche materiale da costruzione ad elevato contenuto radioattivo. Nella pubblicazione n. 65 del 1993 l’ICRP evidenziò la vastità del problema Radon e formulò raccomandazioni in merito [9]. In Italia il DLgs 241/00 che ha recepito la direttiva 29/96/Euratom modificando e/o integrando il precedente DLgs 230/95, ha introdotto il “problema radon”, regolamentando l’esposizione ad esso nei luoghi di lavoro e nelle abitazioni. 2.2 Sorgenti di radon indoor Le principali fonti di radon sono il suolo e i materiali da costruzione; oltre ad esse, però, possono risultare sorgenti di radon anche le acque, tuttavia la concentrazione di radon in esse è stata stimata non raggiungere valori significativi da rappresentare un problema per la salute. Altro discorso, invece, sono le acque termali, infatti in tali stabilimenti si usa acqua direttamente proveniente dal sottosuolo, per giunta utilizzata in luoghi chiusi per molte ore di trattamenti, quindi è possibile che in tali situazioni si raggiungano valori preoccupanti. 25 2.2.1 Il suolo La quantità di radon presente nelle rocce è strettamente connessa al contenuto di radio delle stesse, nonché alla permeabilità dello strato roccioso più esterno. Le rocce a seconda della propria natura possono presentare una concentrazione di Uranio e Thorio diverse, ad esempio le rocce sedimentarie hanno una quantità di uranio al proprio interno, nettamente inferiore a quella presente in rocce intrusive acide. ROCCE IGNEE U238 (Bq/kg) Th232 (Bq/kg) Acide (granito) 59 81 Intermedie (diorite) 23 32 Mafiche (basalto) 11 11 Ultrabasiche (durite) 0.4 24 Ultramafiche 0.2 0.2 Gabbri 10 15 Andesiti 29 32 Sieniti-nefaline 100 69 Condriti 0.1 0.2 Acondriti 0.9 1.5 Meteoriti ferrosi 0.1 0.04 Crosta superiore 34 45 Suolo 25 25 Tabella 2.1.Contenuto di Uranio e Thorio nelle rocce ignee 26 ROCCE U238 (Bq/kg) Th232 (Bq/kg) Calcari 27 7 Rocce carbonatiche 26 8 Arenarie 18 11 Scisti 44 44 Crosta superiore 34 45 Suolo 25 25 SEDIMENTARIE Tabella 2.2 Contenuto di Uranio e Thorio nelle rocce sedimentarie Tuttavia il radon esalato da esse dipende anche dalla capacità di migrazione da tali rocce, che spesso è ostacolata da fenomeni come il “confinamento litostatico” ovvero strati rocciosi che per le proprie caratteristiche fisiche, quali scarsa porosità oppure spesso strato, creano ostruzione nei confronti della diffusione di gas attraverso esse. Un altro fattore che influenza l’esalazione del radon dalle rocce è la temperatura, più è bassa più la migrazione è diminuita. Tenuti presenti tutti questi fattori, si è potuta creare una mappatura del territorio italiano in funzione della concentrazione di radon [12]. 27 Figura 2.1. Concentrazioni medie di radon in Italia. 2.2.2 Materiali da costruzione La quantità di radon esalata dai materiali da costruzione dipende dal potere di emanazione del gas radon e dal tipo di intonaco con cui le superfici sono state trattate. Materiali da Attività specifica (Bq/kg) costruzione artefatti Th 232 Ra 226 Sabbia 10 15 Laterizi 20 14 Mattone di gesso 5 7 Mattone di tufo 4 26 Mattone di cemento 3 17 28 Sabbione 4 16 Calce 12 17 Siporex 10 7 Cemento edile 28 24 Tabella 2.3 Contenuto di radionuclidi nei materiali da costruzione Se poi questi materiali sono strati prelevati da rocce con elevati livelli di radioattività, allora la concentrazione può subire degli aumenti rilevanti. Materiali da costruzione di origine Attività specifica (Bq/kg) Th 232 Ra 226 Tufo di Avellino 106 79 Tufo grigio 102 90 Tufo giallo 86 73 Tufo verde 93 61 Pomici 229 172 Lava vesuviana 93 438 vulcanica Tabella 2.4.Contenuto radionuclidi nei materiali da costruzione di origine vulcanica. Bisogna, inoltre, sottolineare che i materiali da costruzione sono una sorgente del radon 220, di cui non ci si preoccupa dell’esalazione dal suolo, dato il suo tempo di emivita breve, 5 s, ma può rappresentare un problema per quanto riguarda i materiali da costruzione, perché è chiaro che in tal caso può essere inspirato ancor prima di decadere. 29 2.3 Modalità di penetrazione del radon nelle abitazioni L’ingresso del gas radon nelle nostre case è determinato da una serie di fattori che possiamo principalmente distinguere in: 1) Caratteristiche suolo circostante abitazione 2) Concentrazione radon nel suolo circostante abitazione 3) Parametri meteorologici 4) Caratteristiche abitazioni come: altezza dal suolo, materiali usati, presenza di crepe, sistemi di ventilazione presenti, tipi di infissi, intercapedini. Figura 2.2. Possibili ingressi del radon nelle abitazioni. La presenza di aria più calda nelle abitazioni crea una sottopressione che favorisce la penetrazione del radon dal sottosuolo, in particolare nelle cantine e i piani inferiori, tale situazione generata, da un gradiente pressorio, prende il nome di “effetto camino” . 2.4 Normativa 241/00 Nel 1988 l’OMS, a seguito di studi condotti presso l’International Agency for Research on Cancer (IARC) [13], ente che si occupa di ricerche nel campo dell’oncologia e di prevenzione nei confronti di malattie tumorali, 30 include il gas Radon nel gruppo 1 dei cancerogeni , in cui sono incluse tutte quelle sostanze per cui è stato scientificamente provato un nesso causale tra l’esposizione ad esse e l’insorgenza di neoplasie. Questo step ha dunque segnato l’inizio di un processo di sensibilizzazione al problema radon in varie nazioni; in Europa, nel 1996 è stata emanata la direttiva 29/96 Euratom, recepita in Italia con il Decreto Legislativo n.241 del 2000. Per la prima volta, con questo decreto vengono fissati i valori limite che il gas radon non deve superare nei luoghi chiusi, in particolare in quelli lavorativi, investendo dunque i datori di lavoro della responsabilità di garantire la tutela dei propri dipendenti nei confronti di questa problematica. Capo III bis “ESPOSIZIONI DA ATTIVITA’ LAVORATIVE CON PARTICOLARI SORGENTI NATURALI DI RADIAZIONI” Articolo 10 bis Campo di applicazione “Le disposizioni del presente capo si applicano alle attività lavorative nelle quali la presenza di sorgenti di radiazioni naturali conduce ad un significativo aumento dell’esposizione dei lavoratori o di persone del pubblico, che non può essere trascurato dal punto di vista della radioprotezione. Tali attività comprendono: attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del radon o del toron, o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione, in particolari luoghi di lavoro quali tunnel, sottovie, catacombe, grotte e, comunque, in tutti i luoghi di lavoro sotterranei; attività lavorative durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposti a prodotti di decadimento del radon o del toron, o a radiazioni gamma o a ogni altra esposizione in luoghi di lavoro diversi 31 da quelli di cui alla lettera a) in zone ben individuate o con caratteristiche determinate; attività lavorative implicanti l’uso o lo stoccaggio di materiali abitualmente non considerati radioattivi, ma che contengono radionuclidi naturali e provocano un aumento significativo dell’esposizione dei lavoratori e, eventualmente, di persone del pubblico; attività lavorative che comportano la produzione di residui abitualmente non considerati radioattivi, ma che contengono radionuclidi naturali e provocano un aumento significativo dell’esposizione di persone del pubblico e, eventualmente, dei lavoratori;” Articolo 10 quinquies Livelli di azione “Per i luoghi di lavoro di cui all’articolo 10bis, comma 1, lettere a) e b), le grandezze misurate non devono superare il livello di azione fissato in allegato I bis. Nel caso in cui le grandezze di cui al comma 1 non superino il livello di azione ma siano superiori all’80 per cento del livello di azione, l’esercente assicura nuove misurazioni nel corso dell'anno successivo. Nel caso di superamento del livello di azione di cui all'allegato I bis, l’esercente, avvalendosi dell’esperto qualificato, pone in essere azioni di rimedio idonee a ridurre le grandezze misurate al di sotto del predetto livello, tenendo conto del principio di ottimizzazione, e procede nuovamente alla misurazione al fine di verificare l'efficacia delle suddette azioni. Le operazioni sono completate entro tre anni dal rilascio della relazione di cui all'articolo 10 ter, comma 4, e sono effettuate con urgenza correlata al superamento del livello di azione. Ove, nonostante l’adozione di azioni di rimedio, le grandezze misurate risultino ancora superiori al livello prescritto, l’esercente adotta i provvedimenti previsti dal capo VIII, ad esclusione dell'articolo 61, comma 2 e comma 3, lettera g), dell’articolo 32 69 e dell’articolo 79, commi 2 e 3, fintanto che ulteriori azioni di rimedio non riducano le grandezze misurate al di sotto del predetto livello di azione, tenendo conto del principio di ottimizzazione. Le registrazioni delle esposizioni di cui al comma 3 e le relative valutazioni di dose sono effettuate con le modalità indicate nell’allegato I bis o nell'allegato IV, ove applicabile. Nel caso in cui il lavoratore sia esposto anche ad altre sorgenti di radiazioni ionizzanti di cui all'articolo 1, comma 1, le dosi dovute ai due diversi tipi di sorgenti sono registrate separatamente, fermi restando gli obblighi di cui agli articoli 72, 73 e 96. L’esercente non è tenuto alle azioni di rimedio di cui al comma 3 se dimostra, avvalendosi dell’esperto qualificato, che nessun lavoratore è esposto ad una dose superiore a quella indicata nell'allegato I bis; questa disposizione non si applica agli esercenti di asili - nido, di scuola materna o di scuola dell’obbligo. Per i luoghi di lavoro di cui all’articolo 10 bis, comma 1, lettere c), d) ed e), fermo restando l’applicazione dell’articolo 23, se dall’analisi di cui all’articolo 10 ter risulta che la dose ricevuta dai lavoratori o dai gruppi di riferimento della popolazione supera i rispettivi livelli di azione di cui all'allegato I bis, l’esercente adotta, entro tre anni, misure volte a ridurre le dosi al di sotto di detti valori e, qualora, nonostante l’applicazione di tali misure, l’esposizione risulti ancora superiore ai livelli di azione, adotta le misure previste dal capo VIII e dal capo IX, sulla base dei presupposti previsti negli stessi capi. Le registrazioni delle esposizioni di cui al comma 6 e le relative valutazioni di dose sono effettuate con le modalità indicate nell'allegato I bis e nell’allegato IV, ove applicabile. Nel caso in cui risulta che l’esposizione dei lavoratori o dei gruppi di riferimento della popolazione non supera i livelli di azione di cui all’allegato I bis, l’esercente esegue un controllo radiometrico, qualora variazioni del processo lavorativo o le condizioni in cui esso si svolge 33 possano far presumere una variazione significativa del quadro radiologico” Sono quindi definiti particolarmente pericolosi quegli ambienti di lavoro in cui si maneggiano materiali contenenti radionuclidi naturali, oppure si è a diretto contatto con essi, lavorando in ambienti confinati e sotterranei. Definito dunque il campo di applicazione della normativa, vanno effettuate le indagini per verificare la concentrazione reale di Radon in tali luoghi. Le misurazioni devono essere condotte per un periodo di un anno, data la dipendenza di tale gas dai parametri stagionali, dopo la lettura va verificato l’eventuale superamento dei limiti legislativi che fissano una soglia massima di 500 Bq/mD nei luoghi di lavoro. Se la concentrazione radon assume un valore tra i 400 e i 500 Bq/mD , allora vanno ripetute tali misure nell’anno successivo e se si dovesse verificare un superamento dei limiti, allora il datore di lavoro deve informare gli organi competenti in materia, quali ASL ed agenzie ARPA (agenzia regionale protezione ambiente), organismi che, avvalendosi dell’esperto qualificato, provvederanno alla stima della dose di esposizione che tiene conto anche delle ore di esposizione del lavoratore attraverso la seguente relazione: \ ] ^ B 0 B O(2.1) Dove: a F è il fattore di conversione espresso in SvmD /Bqh b) T è il tempo di esposizione espresse in h c) Cr è la concentrazione di radon espressa in Bq/mD Se il valore della dose è inferiore a 3 mSv allora non vanno intrapresi provvedimenti, in caso contrario vanno attuate azioni di rimedio e monitorata nuovamente la situazione nell’anno successivo. Le azioni di rimedio attuabili agiscono su due fronti: da un lato va eliminato il radon in eccesso presente, dall’altro vanno istallati sistemi per limitare il futuro accesso alla struttura di tale gas, come impianti di 34 ventilazione oppure uso di tubi drenanti che, mediante un gradiente di pressorio, favoriscano la fuoriuscita di gas già presente, impedendo altresì, la successiva penetrazione di questo. La scelta di una azione di rimedio piuttosto che un’altra è effettuata in base alle caratteristiche dell’ambiente lavorativo o abitativo in questione ed è supervisionata dalla competenza di un esperto qualificato, vanno comunque effettuati monitoraggi successivi per verificare l’efficacia del sistema di riduzione e\o rimozione radon scelto. Per quanto concerne le abitazioni i valori raccomandati sono: 200 Bq/mD per nuove costruzioni 400 Bq/mD per costruzioni antiche [14]. Esiste una nuova proposta di legge europea in materia di radioprotezione ancora in fase di elaborazione che prevede l’innalzamento del limite massimo di concentrazione radon a 1000 Bq/mD nei luoghi di lavoro [15]. 2.5 Piano nazionale radon Nell’ambito della “Commissione tecnico-scientifica per l’elaborazione di proposte di intervento legislativo in materia di inquinamento indoor” è stato messo a punto in Italia nel 2002 il Piano Nazionale Radon, ottenendo ampi consensi dal Ministero della Sanità e parere positivo dal Consiglio Superiore di Sanità. Nel 2004 il CCM (Centro Nazionale per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie), di cui fanno parte enti come il Ministero del Lavoro, delle Politiche Sociali, le Regioni e le Province Autonome e gli Enti nazionali competenti, ha approvato il Piano Nazionale Radon, emanando il progetto “Avvio del Piano Nazionale Radon per la riduzione del rischio di tumore polmonare in Italia” , con coordinamento affidato all’Istituto Superiore di Sanità, avvalendosi anche della collaborazione di esperti scientifici di diverse Regioni ed Enti. 35 Compito di questo Sottogruppo Scientifico è fra gli altri quello di “predisporre adeguamenti normativi in materia di rischi connessi con l’esposizione al Radon, incluso linee guida”; pertanto in base a ciò e alle evoluzioni normative in materia tale Sottocomitato Scientifico ha emanato delle raccomandazioni, considerando i seguenti sei punti. 1) Partendo da studi epidemiologici condotti su corti di minatori si sono estrapolati valori di concentrazione massima di radon nelle abitazioni e quindi fissati dei limiti di soglia attraverso interventi normativi nei vari Paesi. 2) L’incertezza dei risultati ottenuti a partire da studi condotti su minatori ha fatto nascere l’esigenza di condurre studi epidemiologici per valutare in maniera più accurata il nesso tra concentrazione di radon nelle abitazioni e insorgenza di neoplasie polmonari tra gli individui abitanti in tali case 3) I risultati di tali studi epidemiologici hanno rilevato un aumento di tumore ai polmoni al crescere della concentrazione del gas radon nei luoghi chiusi, proporzionale al livello di esposizione. Per un aumento100 Bq/mD di radon si è evidenziata un incremento del 13 % di insorgenza di malattia. Si è inoltre attesta una sinergica combinazione negativa tra fumo di sigaretta e radon, aumentando di circa il 25% il rischio per i fumatori e una pericolosità anche ad esposizioni prolungate nel tempo a concentrazioni non superiori a 200 Bq/mD . 4) Per questi risultati si stanno conducendo in Italia e all’estero ricerche finalizzate non soltanto alla riduzione dei limiti attualmente esistenti, ma anche alla messa a punto e promozione di azioni di rimedio per la rimozione e riduzione delle concentrazioni radon nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro. 36 5) Proprio per tali motivi sono state introdotti accorgimenti edilizi per le nuove costruzioni, finalizzati alla più semplice applicazioni di sistemi di riduzione di concentrazione, contenendo anche i costi 6) Necessità di attuare quanto prima in Italia una strategia preventiva, eventuali interventi sugli edifici hanno dei costi nettamente superiori rispetto alla possibilità di usare idonei accorgimenti in fase di cantiere. In base a quanto detto quindi, il Sottogruppo Scientifico incaricato di condurre tali studi è giunto all’ emanazione delle seguenti raccomandazioni: A. Imporre negli strumenti urbanistici degli enti per il controllo del territorio il rispetto di accorgimenti preventivi aventi lo scopo di limitare la diffusione del gas radon negli edifici in fase di costruzione, nonché favorire una più semplice ed economica istallazioni di sistemi per la rimozione di radon in eccesso. B. Attuare accorgimenti di riduzione e/o rimozione radon anche in edifici preesistenti in fase di ristrutturazione [16]. 37 Capitolo III Il progetto di ricerca In questo capitolo si introduce il progetto di ricerca di questo lavoro di tesi, descrivendo i vari steps di tale studio. Si motiva, quindi la scelta del rivelatore usato per effettuare questa misurazione, nonché tutti i passi successivi fino alla valutazione della concentrazione del gas Radon e della relativa dose nelle abitazioni coinvolte. 3.1 Il progetto ENVIRAD Il presente lavoro di tesi si colloca nell’ ambito del progetto ENVIRAD (ENVIronmental RADioactivoty) finalizzato alla misura delle concentrazioni di radon nel suolo e negli ambienti chiusi in collaborazione con istituti di istruzione secondaria della Campania. Il progetto si propone pertanto la costruzione di una rete di scuole nelle quali saranno effettuate misure di monitoraggio del radon nel suolo e nell'aria delle stesse scuole e di altre strutture individuate sul territorio, al fine di contribuire alla costruzione di un archivio regionale di dati sulla radioattività naturale in Campania. Poiché il radon tende a concentrarsi in ogni ambiente chiuso, diventa importante comprendere se anche i livelli di radon presenti nelle abitazioni possono essere correlati a casi di cancro al polmone [7]. La Campania è una regione in cui i livelli di radioattività sono particolarmente alti, in quanto sia il suolo che i materiali utilizzati in edilizia, per la loro origine vulcanica, contengono elevate quantità di 38 Uranio e Potassio, quindi sono potenzialmente sorgenti attive di gas radon e di radiazioni gamma [17]. L'indagine nazionale sulla radioattività nelle abitazioni, svolta sotto il coordinamento dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Enea nel periodo 1989-1993, ha fornito per la Campania valori di concentrazione di radon e quindi di dose efficace ad essa legata, maggiori della media nazionale: 97 Bq/mD contro 77 Bq/mD e 1,94 mSv/anno contro 1,54 mSv/anno, rispettivamente [18]. Dal 1980 nel laboratorio di Radioattività Ambientale dell'Università Federico II presso cui si è svolto questo lavoro di tesi, si è sviluppata un'attività di ricerca sulle tecniche di rivelazione delle radiazioni ionizzanti, che ha comportato anche la messa a punto di metodi e strumenti originali. Questa attività, svolta spesso in ambito di collaborazioni con varie istituzioni nazionali e locali, come l'Istituto Superiore di Sanità, l'ENEA, l'ANPA, gli Assessorati Regionali all'Agricoltura ed alla Sanità, ha avuto come momenti di particolare intensità la mappatura del territorio regionale dopo la contaminazione causata dall'incidente di Chernobyl e la campagna regionale per la determinazione della dose indoor da radiazione gamma e da radon che è stata condotta, in Campania, esclusivamente nel suddetto laboratorio. 3.1.1 Scopo del progetto Il primo obiettivo che si propone il progetto è l'introduzione dei partecipanti alle problematiche della radioattività ambientale, specificatamente a quelle inerenti il radon e le tecniche di misura delle concentrazioni in aria di questo gas, perché possano acquisire le metodiche e le competenze che saranno utilizzate per ottenere i seguenti risultati: 39 1. il monitoraggio continuo del radon emanato dal suolo, informazione utile per gli studiosi di discipline per le quali questo parametro costituisce un indicatore; 2. la misura della concentrazione media su base annua nei locali di ogni scuola e possibilmente in altre scuole del loro territorio e/o in strutture dove sono attesi livelli di radon superiori alla media, contribuendo all'aumento di dati necessari ad una valutazione delle implicazioni sanitarie dell'esposizione al radon; 3. la realizzazione di un sito web di informazione e formazione sui temi della radioattività ambientale, contribuendo ad offrire un servizio la cui utilità potrà essere apprezzata da una comunità ben più ampia di quella cui il progetto è direttamente rivolto; 4. la costruzione di un database regionale a disposizione di chi studia il radon sia come elemento di rischio potenziale per la salute, sia come parametro indicatore di altri fenomeni. In particolare il progetto sviluppato nell’ambito di questo lavoro di tesi ha visto il coinvolgimento di abitazioni dislocate in diverse zone della penisola sorrentina, territorio di cui ancora non si avevano adeguate informazioni per realizzare una mappatura della concentrazione del gas radon. 3.2 Tecniche di misura del radon La sensibilizzazione al “problema radon “, che si è avuta negli ultimi anni, ha focalizzato l’attenzione verso lo sviluppo di tecniche di misura adeguate alla rivelazione di tale gas nei luoghi indoor. La misurazione in questione può essere diretta oppure indiretta, la prima è quella in cui si rileva solo il padre, quindi il radon 222, la seconda invece, rivela anche i figli. Si possono pertanto avere tre diverse misure: Misura di solo radon Misura della sola progenie 40 Misura di radon e progenie. Nel caso di misure di solo gas radon , si utilizzano sistemi che impediscano la penetrazione in essi del particolato, cui tende ad attaccarsi la sua progenie, nel caso di misure dei soli figli, invece, si usano sistemi di filtraggio opportuni; nel caso di misurazione di radon e progenie, infine, non vengono adoperati questi accorgimenti di deposito forzato o filtraggio, inoltre questa misurazione è quella maggiormente eseguita, perché mi dà una valutazione totale del rischio di tumore polmonare, relativo alla concentrazione di particelle α inalate nell’organismo umano. Le misurazioni di radon si basano sulla rilevazione di particelle α, emesse dal suo decadimento. ISOTOPO DECADIMENTO TEMPO DI EMIVITA Radon 222 alfa 3.8 giorni Polonio218 alfa 3 minuti Piombo214 beta- gamma 27 minuti Bismuto214 beta- gamma 20 minuti Polonio214 alfa 1.5*10 secondi Piombo210 beta 25 anni Tabella 3.1. Principali radionuclidi rivelati per la misura del radon. Le tecniche di misura adoperate possono essere distinte in attive e passive: Attive: sono tecniche in cui esiste un forzamento dell’aria indotta nel sistema di misura, esse sono di tipo real time. Passive: sono basate sulla naturale penetrazione e diffusione dell’aria nei sistemi di misura, per esse segue una fase di lettura dei dati in laboratorio, pertanto sono dette di tipo non real time. Rispetto alla durata delle misure è possibile, invece, effettuare un’ ulteriore distinzione in : 41 misure istantanee:valore di concentrazione fornito nell’istante di riempimento del volume sensibile dello strumento. misure in continuo: di tipo ciclico, ovvero sono valutate misure di circa 30 minuti o al massimo di alcune ore, per le quali sono stimati valori di riferimento per la concentrazione media e poi ripetute. misure integrate: esse forniscono un valore concentrazione calcolato in un intervallo temporale medio di piuttosto lungo, dell’ordine dei mesi, pertanto, sono utili per la valutazione per un lungo periodo di esposizione al radon. Queste ultime sono da preferire, perché una misurazione corretta circa la valutazione della qualità dell’ aria indoor richiede che venga condotta per un intervallo temporale sufficientemente lungo, data la dipendenza della concentrazione di radon da parametri meteorologici e stagionali, infatti misure condotte per poche ore possono evidenziare variazioni di tale concentrazioni significativamente rilevanti; non esiste tuttavia un intervallo temporale ideale, ma lo si può dedurre in base allo scopo della misura condotta. TIPOLOGIA INTERVALLO SCOPO MISURA MISURA TEMPO Misure a lungo Da 1 mese ad 1 anno Monitoraggio indoor Da1 a 10 giorni A scopo d’indagine termine Misure a breve Per discriminare edifici termine a diversi livelli di concentrazione o locali di uno stesso edificio Misure istantanee Da 1-2 a 10 minuti Per determinati edifici o per scopo di ricerca 42 Monitoraggio variabile Per studiare particolari ambienti, per rilevare continuo variazioni stagionali o di origine geodinamica Tabella 3.2. Classificazioni misure Radon 3.3 Principali strumenti di misura Gli strumenti di misura principalmente adoperati per la stima della concentrazione del gas Radon sono descritti nel seguente elenco. • Celle a scintillazione: sono usate sia per misure a lungo termine che istantanee, esse sono costituite da un cilindro metallico di piccole dimensioni con all’estremità una finestra di vetro o plastica. La superficie interna del cilindro è , invece, ricoperta di solfuro di zinco (ZnS), polvere scintillatrice efficace per la rilevazioni di particelle pesanti, come le alfa. Il cilindro, internamente colmo dell’aria da analizzare, è a contatto con un tubo fotomoltiplicatore mediante la suddetta finestra, le radiazioni di fluorescenza prodotte dalle particelle del radon e dei suoi figli sono poi successivamente acquisite. • Monitor elettronici: sono realizzati mediante rivelatori al silicio ( semiconduttori) posti in volumi sensibili, in cui l’aria in ingresso penetra liberamente oppure sotto forzamento, hanno, infatti una duplice funzione, sia attiva che passiva, a seconda della misurazione che si desidera effettuare. La rivelazione delle particelle alfa avviene mediante metodo spettroscopico. • Canestri di carbone attivo: si tratta di una scatola metallica contenente carboni attivi , che assorbono radon durante la misura, dopo che la scatola è stata correttamente sigillata viene condotta in 43 laboratorio, dove è sottoposta ad analisi spettroscopica, per rivelare le radiazioni gamma emesse da Pb 214 e Bi 214 (tecnica di tipo passivo); questa modalità di misura consente di effettuare stime di concentrazione anche al di sotto dei 10 Bq/mD . • Camere ad elettreti: è formata da un contenitore di plastica di piccole dimensioni contenente un disco realizzato con materiale teflon albuminizzato ad un certo valore di potenziale, gli ioni prodotti dalle particelle alfa, che si muovono in questo volume, rompono l’equilibrio preesistente, provocando un abbassamento di tensione nel disco proporzionale alla concentrazione di radon rivelata. Esso è molto economico e riutilizzabile, tuttavia lo svantaggio nell’uso di esso sta nella possibilità di captare anche sorgenti ionizzanti diverse dal radon, alterando la misurazione finale. La metodologia di misurazione attualmente più in uso per la valutazione del gas Radon nei luoghi indoor è basato sull’utilizzo di rilevatori a tracce nucleari. Rivelatore Celle a Misure Misure in Misure Tecnica Tecnica istantanee continua integrate attiva passiva Si Si _ Si si Si Si _ Si _ _ _ Si _ Si _ _ Si _ Si _ _ Si _ Si scintillazione Monitor elettronici Canestri di carbone Camere ad elettreti Rivelatori a tracce Tabella 3.3 Classificazione dei sistemi di misura del radon 44 3.4 Rivelatori a tracce nucleari I rivelatori a tracce nucleari a stato solido (SSNTD) sono ampiamente adoperati per la valutazione del rischio relativo all’esposizione prolungata al gas Radon, essi sono dispositivi di misura di tipo passivo, pertanto è necessaria una fase di lettura e elaborazione dei dati da eseguire in un laboratorio. Esistono due tipi di pellicole utilizzate per questi tipi di rivelatore: LR 115 e CR 39. Quando uno ione alfa attraversa il materiale (policarbonato nel caso CR-39, oppure nitrato di cellulosa nel caso di LR-115) avviene un danneggiamento lungo la catena ed esso prende il nome di traccia latente. Attaccando successivamente la superficie con agenti opportuni a seconda del polimero utilizzato, si crea una traccia visibile al microscopio, traccia visibile. Durante l’esposizione del rivelatore è necessario che esso sia posizionato in una cameretta tale da consentire l’ingresso al suo interno del solo gas radon e quindi dei suoi prodotti di decadimento; tale cameretta infatti è progettata in modo da presentare fessure piccolissime, dell’ordine di 105 mm, in modo da impedire l’ingresso dei figli del radon attaccati al particolato, mentre il radon ha molecola monoatomica, essendo un gas nobile, quindi è compatibile con le dimensioni sopra citate. Esistono diverse tipologie di camere, la scelta più opportuna è effettuata in funzione del tipo di misura che si vuole ottenere; infatti in relazione alla superficie del dosimetro utilizzato sono abbinate determinate camere. Il numero di tracce presenti sulle pellicole LR 115 è proporzionale al numero di particelle alfa emesse dal Radon e dai suoi figli nel volume del dosimetro, pertanto si può procedere alla fase di lettura e conteggio delle tracce, che può avvenire mediante due metodologie diverse: ottiche o elettrostatiche. 45 Metodo ottico: in tale metodo il conteggio delle tracce avviene o mediante microscopio oppure con l’utilizzo di scanner fotografici, grazie ai quali posso risalire alla misura dello spessore residuo della pellicola e al conteggio delle tracce, infatti i parametri ottici, quali intensità luminosa e densità di traccia, così ottenuti, sono relazionati tramite opportune procedure di calibrazione, a misure dello spessore, le quali, essendo proporzionali all’esposizione di concentrazione del gas radon, mi consentono di risalire a tale misura di radon. Tale metodo, inoltre, presenta il vantaggio di non danneggiare le pellicole, quindi in caso di incertezza, la lettura può essere ripetuta. Metodo elettrostatico: consiste nell’utilizzo di un dispositivo avente due elettrodi, uno spesso e uno più sottile, costituito da strato di alluminio, tra essi è posto il film e, applicando una differenza di potenziale di circa 100 volt, si produce una scintilla attraverso un foro, che determina l’evaporazione dell’alluminio in corrispondenza del foro, isolandolo e impedendo una successiva scarica. Il numero degli impulsi elettrici è uguale pertanto al numero di fori ivi presenti e quindi il conteggio delle scariche mi dà il numero di tracce. Lo svantaggio sta nell’impossibilità di poter rileggere la pellicola in caso di incertezze. Gli LR 115 sono costituiti da un supporto plastico avente uno spessore massimo di 0,5 mm, rivestito da uno strato di circa 12µm di nitrato di cellulosa, esso rappresenta la parte sensibile. L’energia associata alle particelle α è tuttavia molto elevata per produrre un danno osservabile nel film, pertanto ad esso viene anteposto uno strato di Mylar, avente il compito di assorbire energia e rallentare le particelle alfa, per cui, arrivando sul film sottile con energia minore, produrranno un danno più osservabile. In realtà mediante questa operazione di filtraggio, si fa in modo che il picco di Bragg delle particelle in questione venga anticipato e quindi avvenga proprio in corrispondenza dello strato sensibile. 46 Figura 3.1 Rivelatore LR115 Nel caso dei CR 39 la differenza sta nel fatto che esso ha uno spessore maggiore, circa 1-2 mm, il che fa si che essi possano rivelare anche particelle meno pesanti delle alfa e non necessitano di supporto in plastica [19]. 3.5 Misura della concentrazione di Radon con dosimetri LR 115 Il lavoro di ricerca di cui tale tesi tratta, è stato condotto presso il Laboratorio di Radioattività del dipartimento di Scienze Fisiche dell’ Università di Napoli “Federico II” e ha lo scopo di fornire le misure della concentrazione del gas radon in alcune case della penisola sorrentina nell’ambito di un progetto sulla radioattività naturale, finanziato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). 47 Per esso si sono adoperate le pellicole LR115. Esse sono rivelatori a tracce nucleari che consentono di ottenere misure integrate di tipo passivo, ovvero necessitano di un trattamento di lettura post ritiro da condurre in laboratori dedicati. Individuate le abitazioni per le misure di concentrazione, la procedura si è svolta attraverso due fasi differenti: Fase di preparazione e esposizione dei dosimetri Fase di ritiro e lettura degli stessi La fase di preparazione dei dosimetri si è articolata in diversi steps: • Assemblaggio degli LR 115 • Catalogazione dei dosimetri attraverso un codice • Formulazione di un questionario informativo sull’abitazione • Posizionamento di due dosimetri per casa, uno nella zona notte e uno in quella giorno • Ritiro del dosimetro dopo un semestre Naturalmente queste operazioni sono state ripetute dopo sei mesi, data la necessità di avere misure annuali, per verificare e monitorare la variabilità della concentrazione di tale gas in funzione dei parametri stagionali. In tale progetto, come strumento di lettura si è adottato uno scanner fotografico quindi non si è usato il metodo di lettura (spark- counter) tradizionale, ma si è utilizzato un metodo di tipo ottico sperimentale. 3.6 Procedura sperimentale Per l’indagine in questione sono stati usati due dosimetri ad abitazione, uno nella zona notte e uno in quella giorno, per il primo semestre 2011, sostituiti da altri due per il secondo semestre. Ciascun rivelatore contiene al proprio interno due pellicole LR 115, che in fase di smontaggio sono stati suddivisi in due gruppi, A e B; il codice con cui ogni pellicola è stata contrassegnata, è stato scritto con un pennarello 48 resistente all’azione del bagno chimico per evitare che risultassero illeggibili dopo l’attacco chimico. Una volta codificati, i due rivelatori sono stati posti in una bustina contrassegnata dal numero identificativo degli stessi e conservati in buste di carta- polietilene- alluminio, in attesa di procedere. La soluzione chimica usata è costituita da Idrossido di Sodio, NaOH, 10% peso/volume o 2.5 N. 100 grammi di esso vengono sciolti in un litro di acqua distillata, imersi in un bagno termostatico, posto all’interno di una cappa Kottermann, modello 2- 418- 713993, ad una temperatura di 60 gradi. Figura 3.2 Cappa Per la preparazione di tale soluzione, data l’elevate corrosività dell’idrossido di sodio si è stati molto attenti ad evitare contatti per cui si sono indossati occhiali e guanti. Una volta raggiunta la temperatura si sono 49 immerse nella soluzione 24 pellicole alla volta, precedentemente posizionate in 4 molle per un tempo di 110 minuti. Si è proceduto trattando chimicamente prima le pellicole del lato A e poi quelle lato B, si è infatti evitato di immergere contemporaneamente i due rivelatori di una stessa abitazione per escludere, in caso di anomalie, che si perdessero completamente i dati di una determinata casa. Lo scopo di tale attacco chimico è quello di ridurre il film LR 115 ad uno spessore finale di 6,5µm o comunque compreso tra 5 e 8 µm, ma dato che l’attacco chimico dipende da vari fattori, come geometria del bagno termostatico, rapporto numero rivelatori/ volume soluzione, si è dovuta determinare la giusta durata di questa fase attraverso prove preliminari in cui si è misurato lo spessore dei film sottoposti al bagno chimico per durate differenti; nel nostro caso il tempo stimato è stato di 110 minuti. Terminata questa fase, al fine di fermare la fase di sviluppo, i rivelatori sono stati lavati in acqua corrente per 30 minuti e poi immersi in acqua distillata per 15 minuti, dopodiché si è potuto procedere a strippare il film sottile dal supporto [20]. Questa operazione è molto delicata perché si potrebbe danneggiare il film, comportando una perdita di informazioni, pertanto essa è stata eseguita a rivelatore bagnato con un bisturi, la cui lama è stata inserita tra il film ed il supporto, sollevandolo delicatamente. Una volta che i film si sono asciugati e catalogati correttamente si è passati alla fase di lettura. 3.6.1 Metodo di lettura Tale fase di lettura è finalizzata alla conoscenza dei parametri ottici (intensità luminosa e conteggio di tracce), i quali sono correlati mediante curve sperimentali a misure dello spessore, necessarie per calcolare la concentrazione di radon. Essa, nel nostro caso, è avvenuta mediante un normale scanner Epson perfection 4490, con risoluzione pari a 4800 × 9600 dpi e una profondità 50 massima di 18 bit per il colore e 16 bit per il grigio, dotato di doppia illuminazione. Le pellicole sono state posizionate in una griglia posta all’interno di un doppio foglio trasparente al fine di ottenere una illuminazione il più uniforme possibile, riducendo la potenziale formazione di bolle o pieghe nei rivelatori. Figura 3.3 Griglia per il posizionamento delle pellicole Per l’acquisizione delle immagini parametri scelti sono stati: profondità del colore di 24 bit e risoluzione di 4800 dpi. Questo valore rappresenta un compromesso tra la necessità di avere immagini non troppo pesanti, difficili da gestire nella fase di elaborazione e analisi, e quella di distinguere facilmente le diverse tracce. Per ciascuna pellicola è stata scelta un’area di 2.25 cm posta nel centro, rappresentativa della zona maggiormente interessata dall’esposizione. 51 Per l’analisi delle immagini è stato utilizzato il programma “Image J” (Image Processing and Analysis in Java), software per l’elaborazione delle immagini sviluppato negli Stati Uniti, dopodiché si è proceduto alla misura dello spessore e al conteggio delle tracce, forniti dal programma rispettivamente in termini di intensità luminosa e densità di tracce,parametri ottici che mediante curve sperimentali possono essere “convertiti” in misure dello spessore, espresse in µm. 3.6.2 Misura dello spessore Nella misura dello spessore, le tracce presenti sull’immagine acquisita della pellicola, rappresentano un’ interferenza, pertanto si è usa l’opzione “create back ground”, avente lo scopo di minimizzare la visibilità delle tracce, ottenendo così un’ esaltazione del fondo, l’immagine così ottenuta è di colore cyan con dei puntini rappresentativi delle tracce. Figura 3.4 Immagine acquisita per la lettura dello spessore 52 Lo scanner determina lo spessore delle tracce in funzione del differente livello di opacità della pellicola, per cui l’esaltazione del fondo è necessaria. Per ottenere indicazioni utili si è effettuata un’ analisi della distribuzione dell’intensità luminosa dei pixel dell’immagine complessiva, nonché delle varie componenti cromatiche in cui è possibile scomporla; tra i vari indicatori (moda, media, mediana, massimo, minimo) e le varie scelte cromatiche si è scelta come combinazione più adatta la media dell’intensità luminosa di (red + green + blu)/3. E’ possibile passare dall’intensità luminosa fornita dalla lettura con lo scanner a valori dello spessore, espressi in micron e necessari per risalire alla concentrazione: ij d d& e B exph (3.1) dove IL rappresenta l′ intensità luminosa. k I valori dei parametri A, t e y& sono stati determinati da una precedente calibrazione. I valori ricavati con le su scritta curva, dopo essere stati convertiti in valori di spessore sono stati usati per verificare la correttezza della funzione adoperata per convertire intensità luminosa in micron, cosi da poterli confrontare con i valori ottenuti con lo spessimetro. I risultati più che soddisfacenti ottenuti da tale confronto, hanno confermato la validità della scelta della media dell’intensità luminosa dei pixel dell’immagine per la determinazione dei parametri e quindi la bontà del metodo alternativo di lettura adoperato. I dati dello spessore residuo pertanto sono espressi dal programma ottico usato in funzione dell’intensità luminosa, quindi è stata effettuate una conversione con l’equazione (3.1) in modo da ottenere il valore dello spessore espresso in micron al variare dell’intensità luminosa ricavata con il programma; va però calcolato anche l’errore associato a tale misura che è 53 stato stimato come il 20% della deviazione standard,anch’essa fornita dal programma, di ciascun dato. 3.6.3 Conteggio delle tracce In questa fase l’immagine acquisita per il conteggio delle tracce è stata sottoposta ad un’azione di filtraggio, finalizzata alla riduzione del contributo del rumore; ancora una volta essa è stata scomposta nelle diverse componenti cromatiche, tra cui, questa volta, scegliamo quella green, essendo quella in cui le tracce sono più evidenti. L’opzione scelta per il conteggio delle tracce è stata il plugin maxima”, questo programma seleziona i pixel più “find evidenti, contrassegnandoli con una croce e poi passa al conteggio successivo. Il numero di tracce fornito dal programma è stato diviso per l’area della pellicola considerata, pari ad un quadrato di area 2.25 cm . L’errore associato al numero di tracce è uguale al prodotto del dato per la radice quadrata dello stesso,trattandosi di una numerazione. Figura 3.5 Immagine per conteggio tracce 54 3.6.4 Correzione del fondo Una volta determinati lo spessore e la densità di tracce , si sottrae il fondo, ovvero si eliminano le tracce presenti in assenza di esposizione, stimato essere 10 tracce. Quindi la densità di tracce netta è: Ny Gy Fy (3.2) Dove: Gy è il numero di tracce misurato dal programma fratto l’area considerata (2.25cm ) Fy densità di tracce del fondo. 3.6.5 Correzione per lo spessore La densità di tracce varia linearmente con lo spessore residuo della pellicola, se esso è compreso tra 5 e 8 µm. Per determinare la concentrazione di radon è necessario conoscere la densità di tracce di uno spessore di riferimento. Come valore per lo spessore di riferimento si è scelto quello di 6.5 µm; tuttavia lo spessore residuo non sarà sempre pari a tale valore, pertanto va effettuata una “normalizzazione per lo spessore” ovvero calcolata la densità di tracce che si avrebbe se lo spessore considerato fosse sempre pari al valore suddetto, essa si ottiene attraverso l’equazione: |5. ~ β hy5. (3.3) dove - β è detto coefficiente di correzione per lo spessore, ed è pari a – 0,6 - Ny è la densità di tracce corretta per il fondo - t è lo spessore. 55 Dopodiché è stata effettuata nuovamente la stima dell’errore con il metodo di propagazione degli errori. 3.7 Determinazione della concentrazione di Radon e relativa dose Per ricavare la concentrazione di Radon C h misurata dall’i - esimo rivelatore si usa la seguente equazione: . B (3.4) dove R 5. è lo spessore normalizzato E è l’efficienza h il tempo espresso in ore Tale valore di concentrazione è calcolato per entrambi i lati del rivelatore, e poi se ne determina la media aritmetica dei due valori ottenuti. Per ciascun locale il valore finale è h : ∑ (3.5) dove n è il numero di rivelatori ivi presenti. La concentrazione annuale per locale sarà data da: ∑ B ∑ (3.6) C è la concentrazione del j-esimo rivelatore h è il tempo di esposizione del j-esimo rivelatore. A partire dalla concentrazione annuale stimata con l’equazione sotto indicata ricavo la dose di esposizione \ ] ^ B 0 B O(3.7) Dove: d F è il fattore di conversione espresso in SvmD /Bqh e) T sono le ore di esposizione espresse in h 56 f) Cr è la concentrazione media annuale di radon espressa in Bq/mD 57 Capitolo IV Risultati e analisi dati In questo capitolo sono riportati i risultati ottenuti dalle misure effettuate, mostrando la dipendenza esistente tra misura di concentrazione del gas radon e alcune caratteristiche delle case coinvolte, come piano dell’abitazione e materiali da costruzione adoperati per l’edificio. Si è inoltre calcolata la dose efficace media. 4.1 Campione scelto Le misure effettuate nell’ambito di tale progetto di tesi sono state condotte in 89 abitazioni dislocate in diverse zone della penisola sorrentina, più precisamente le case coinvolte sono le abitazioni di studenti del liceo scientifico statale “Salvemini” di Sorrento, che ha preso parte al progetto ENVIRAD. Figura 4.1 Mappa dei comuni coinvolti. 58 Le misure sono state eseguite come già detto, con la tecnica passiva dei rivelatori a tracce nucleari LR115, per una durata complessiva di un anno, più precisamente da dicembre 2010 a giugno 2011, quelle del I semestre e da giugno a dicembre 2011, quelle per il II semestre. In ogni abitazione in cui è stato collocato il rivelatore, è stato anche consegnato un questionario di carattere informativo su alcune caratteristiche della case, nonché sulle abitudini degli abitanti, al fine di condurre un’analisi accurata, fondendo insieme i risultati delle misure con i dati forniti. Nel posizionare tali rivelatori si è cercato, inoltre, di prestare attenzione ad alcune condizioni generali, ovvero esso non è stato collocato in prossimità di fonti di calore o ventilatori, né all’interno di armadi o contenitori chiusi e si è cercato di fissarlo ad almeno 30 cm dalle pareti e 1 m dal pavimento e da porte e finestre. I luoghi scelti per il posizionamento sia per il locale giorno che quello notte, sono infatti stati: 1. su armadio 2. su mensola 3. su libreria 4. su comò 5. altrove. 4.2 Risultati finali e calcolo della dose efficace La concentrazione media annuale di radon nell’intera zona di misurazione è stata stimata pari a 131 Bq/ mD con deviazione standard pari a 115 Bq/ mD ; i risultati sono riportati nella seguente tabella. 59 I semestre Numerosità 178 Media aritmetica Media geometrica Dev. standard geom Annuale 178 178 164 Bq/ mD 99 Bq/ mD 131 Bq/ mD 113 Bq/ mD 81 Bq/ mD 103 Bq/ mD 184 Bq/ mD Dev. standard II semestre 2 75 Bq/ mD 115 Bq/ mD 2 2 Tabella 4.1 Statistica descrittiva dei risultati Come si può notare dai valori semestrali ottenuti, la concentrazione nei mesi estivi, (II semestre: giugno- dicembre) è minore, infatti si suppone che in tale periodo ci sia una maggiore ventilazione dei locali, che sappiamo essere un’ efficace e semplice rimedio per ridurre la presenza del gas nei locali indoor. In ogni abitazione inoltre, come detto, sono stati collocati due dispositivi di misura e scelti due differenti locali, notte e giorno, in modo da avere informazioni utili in funzione della stima delle ore di occupazione dei diversi locali. Locale notte Locale giorno Numero di locali 88 89 Media 138 Bq/ D 126 Bq/ D Dev. standard 124 Bq/ mD 104 Bq/ mD Tabella 4.2 Risultati per locale esaminato 60 80 Frequenza 60 40 20 0 0 90 180 270 360 450 540 630 720 3 concentrazione (Bq/m ) Grafico 4.1 Distribuzione di frequenza in funzione delle concentrazioni Nel grafico è riportata la distribuzione di frequenza in funzione della concentrazione di radon misurate. Come atteso tale andamento di distribuzione di frequenza è di tipo log normale. Ottenuti dunque i valori finali è possibile stimare la dose di esposizione media con la relazione: > ] ^ B - B O B 6 (4.1) ] ^ è la concentrazione di radon misurata espressa in Bq/ mD è il fattore di equilibrio tra radon e i suoi prodotti di decadimento, vale 0,6 F è il fattore di occupazione, stimato pari a 0,8 D è il fattore di conversione e vale 3 B 10 Sv Bqh/mD Concentrazione media Dose efficace media 131 Bq/ mD 1.6 mSv Tabella 4.3 Dose efficace media 61 4.3 Analisi dei dati Date la variazioni che la concentrazione del gas radon può subire nei luoghi indoor in funzione di diverse variabili, sono state prese in considerazione alcune caratteristiche fondamentali della abitazioni coinvolte, per verificare una riduzione o un aumento della presenza di tale gas nei luoghi chiusi e quindi individuare le condizioni potenzialmente più pericolose per gli abitanti delle case. Infatti, è stata dimostrata una dipendenza, non soltanto in funzione della stagionalità, come si evince dai valori riportati nella tabella 4.2, ma anche in funzione di caratteristiche come: piano abitazione, materiali da costruzione e anno di edificazione. Per verificare la dipendenza della concentrazione del gas radon da tali variabili è stata effettuata un’analisi della varianza, ANOVA, che ha mostrato la significatività statistica dei risultati ottenuti. Nella tabella seguente sono riportate le distribuzioni di frequenza della concentrazione di radon in funzione del piano. Tre appartamenti sono stati esclusi dall’analisi poiché non è stato fornito questo tipo di informazione. 62 Piano Numero Concentrazione Media abitazione di Rn ± SD geometrica misure (Bq/[ (Bq/[ 56 147 ± 132 115 2 Piano terra 34 175 ± 138 133 2 Piano primo 38 101 ± 54 92 2 Piano ≥ 2 44 112 ± 103 86 2 Piano SDG p-value <0.01 seminterrato Tabella 4.4 Distribuzione di frequenza della concentrazione di radon in funzione del piano dell’abitazione. Da tale analisi si evince che nei piani inferiori la concentrazione di gas radon è superiore, dato il diretto contatto con il suolo e quindi la possibilità che il gas esalato dalle rocce penetri nelle abitazioni prima di decadere attraverso crepe e fessure, laddove presenti, o comunque attraverso il suolo o i condotti. I risultati sono riportati nel grafico seguente. 3 Media geometrica Con Rn(Bq/m ) 140 120 100 80 seminterrato piano terra primo piano piano superiore al 1° piano del locale monitorato Grafico4.2 Rappresentazione media geometrica della concentrazione del gas radon in funzione del piano 63 Un altro parametro analizzato è il materiale da costruzione con cui è stato realizzato l’edificio considerato. Nella tabella seguente sono riportati i valori le distribuzioni di frequenza della concentrazione del gas radon nelle abitazioni monitorate in funzione dei materiali da costruzioni principali con cui è stato edificato il palazzo; per tre appartamenti non è stato fornito mediante questionario questo tipo di informazione. Materiale da Num Concentrazion Media costruzione misure e geometrica Rn ± SD (Bq/[ (Bq/[ SDG p-value <0,001 Cemento 100 116 ± 123 86 2 Laterizi e 24 122 ± 53 113 1 Tufo 46 172 ± 67 145 2 Non si sa 2 65 ± 10 65 1 pietre 4.5 Distribuzione di frequenza della concentrazione di radon in funzione dei materiali da costruzione Come mostrano i risultati, gli edifici in tufo, nonostante una numerosità campionaria minore rispetto ad esempio a quelli realizzati in cemento, sono caratterizzati da valori medi di concentrazione di gas radon nettamente superiore, infatti esso è un materiale di origine vulcanica, caratterizzato da elevati livelli di radioattività. I risultati sono riportati nel seguente grafico. 64 3 Media geometrica Conc Rn(Bq/m ) 150 125 100 75 cemento pietre e laterizi tufo materiali da costruzione prinpali Grafico 4.3 Rappresentazione media geometrica della concentrazione del gas radon in funzione dei materiali da costruzione. Infine, è stata verificata un’ulteriore dipendenza dall’anno di costruzione del palazzo. Nella tabella seguente sono riportati i valori le distribuzioni di frequenza della concentrazione del gas radon nelle abitazioni monitorate in funzione dell’anno di costruzione dell’edificio; per un appartamento non è stato possibile ottenere questa informazione. 65 Anno di Numero Concentrazione costruzione Media SDG p-value < 0,001 di Rn ± SD geometrica misure (Bq/[ (Bq/[ 38 158 ± 91 137 2 32 154 ± 115 131 2 86 112 ± 124 83 2 20 131 ± 107 106 2 Prima del 1918 Dal 1919 al 1960 Dopo il 1960 Non so 4.6 Distribuzione di frequenza della concentrazione di radon in funzione dell’anno di costruzione. 3 Media geometrica Conc Rn (Bq/m ) 140 120 100 80 prima del 1918 1919- 1960 dopo il 1960 anno di costruzione Grafico 4.4 Rappresentazione media geometrica della concentrazione del gas radon in funzione dell’anno di costruzione dell’abitazione. Come mostrato dai risultati su riportati, gli edifici realizzati fino al 1960, hanno una concentrazione di radon maggiore, nonostante una numerosità campionaria minore; la causa di ciò va rintracciata in tecniche di costruzione differenti, che non favoriscono la naturale fuoriuscita del gas 66 presente in tali abitazioni, nonché l’ utilizzo più frequente di materiali di origine vulcanica, quindi contenenti radionuclidi, che erano adoperati in passato per realizzare i palazzi. 67 Conclusioni Questo elaborato di tesi, condotto presso il laboratorio di radioattività della dipartimento di Scienze Fisiche dell’università di Napoli “Federico II”, si è articolato attraverso una serie di misure della concentrazione di radon di durata annuale nell’ambito di un progetto nazionale, “ENVIRAD”, finalizzato all’informazione e formazione della popolazione nei confronti di questa problematica. Essendo la Campania, infatti è una regione caratterizzata da elevati livelli di radioattività, si è reso necessario effettuare campagne di misura di concentrazione di radon sia in abitazioni che nei luoghi di lavoro. In tale contesto si colloca questo lavoro di tesi, mediante il quale è stato possibile monitorare 89 abitazioni dislocate in diverse zone della penisola sorrentina, ottenendo una mappatura di tale territorio. Per far ciò si è usata una tecnica di misura della concentrazione del gas radon indoor di tipo passivo, per la quale sono stati impiegati i rivelatori LR 115. Più precisamente in ogni casa esaminata sono stati collocati due rivelatori, posti rispettivamente in un locale giorno e in un locale notte, al fine di ottenere un monitoraggio in entrambe le zone più frequentate della casa nell’arco della ventiquattro ore giornaliere. Essi sono stati poi sostituiti da altri due rivelatori dopo sei mesi,IN quanto la misura è stata di durata annuale per verificare la variabilità delle concentrazioni in funzione di parametri meteorologici come stagionalità, temperature, umidità. Per la lettura di tali pellicole LR 115, si è poi adoperato un sistema ottico sperimentale, messo a punto nel laboratorio LaRa. La concentrazione media stimata è stata di 131 ± 115 Bq/ mD , su una numerosità campionaria di 178 misure complessive, quindi inferiore al limite consigliato per le abitazioni dalla normativa vigente in materia. 68 Nel I semestre la concentrazione è stata di 164 ± 184 Bq/ mD , nel II di 99 ± 75 Bq/ mD ; tale differenza è determinata da una maggiore ventilazione dei locali monitorati tipica dei mesi estivi. La dose equivalente media stimata è stata di 1,6 mSv. Inoltre è stata evidenziata una dipendenza di tale concentrazione da alcune caratteristiche delle abitazione, ottenute mediante questionario informativo, come il piano dell’abitazione, i materiali da costruzione e l’anno di edificazione del palazzo. Per quanto concerne il piano si è evidenziata una maggiore concentrazione in quelli inferiori, determinata dal diretto contatto con il sottosuolo dalle cui rocce è esalato il gas radon. Anche per i materiali e l’anno di costruzione si è ottenuta una concentrazione maggiore in quelli realizzati in tufo, pietra di origine vulcanica particolarmente ricca di radionuclidi, nonché negli edifici realizzati prima del 1960, per i quali il tufo rappresenta un materiale ampiamente adoperato. 69 Appendice A: “Questionario” UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II Dipartimento di Scienze Fisiche Misura della concentrazione di radon e della dose gamma nelle abitazioni Codice abitazione Anno in cui sono fatte le misure di radon |__||__||__||__| Questionario abitazione 1. Nome e Cognome di chi compila il questionario 2. Data compilazione questionario |__| |__| g g |__||__| m m |__||__||__||__| a a a a Note informative 70 In caso di inconvenienti o di maggiori chiarimenti contattare il Prof. Raffaele Ortenzia tel: Il rivelatore è costituito da materiale plastico assolutamente innocuo e non contiene materiale tossico e radioattivo. Al fine di portare a buon fine la misura, il rivelatore non deve essere né aperto né manomesso. La misura della concentrazione di radon nelle case prevede la compilazione del presente questionario informativo, che verrà utilizzato unicamente per gli scopi connessi con la misura stessa. I dati personali, le informazioni contenute nel questionario ed i dati connessi alla misura saranno conservati rispettando tutte le norme ai sensi delle leggi 675/1996 e 196/2003. 71 Sez. A - DATI GENERALI A1. Dislocazione dell’abitazione 1 = isolata 2 = centro abitato A2. Indirizzo completo dell’abitazione Via_______________________________ Palazzina________ Scala_______ Interno______ Piano________ Comune _______________________________________________ Località o Frazione ______________________________________ CAP __________________ Prov________________________ ∗ Nel caso abitazione su più piani indicare quello della porta di ingresso Sez. B - DATI RELATIVI ALL’EDIFICIO B1. Tipologia edificio 1 = casa/villetta unifamiliare 2 = casa unifamiliare attaccata ad altre a schiera 3 = casa/villetta bifamiliare (un appartamento accanto all’altro) 4 = casa/villetta bifamiliare (un appartamento sopra l’altro) 5 = palazzina con pochi appartamenti (meno di 10) 6 = grande edificio con molti appartamenti (10 o più) 8 = altro _______________________ 9 = non so B2. Numero di scale nell’edificio (in caso di palazzina o grande edificio) 1 = 1 scala 2 = 2 scale 3 = 3 o più 9 = non so B3. Numero di piani dell’edificio Nel conteggio dei piani non inserire il piano terra o il piano rialzato, nonché eventuali piani seminterrati o interrati. Se l’edificio ha solo il piano terra ed eventuali seminterrati codificare con 0. B4. In quale periodo è stato costruito l’edificio? 1 = prima del 1870 4 = dal 1946 al 1960 2 = dal 1871 al 1918 5 = dopo il 1960 3 = dal 1919 al 1945 9 = non so B5. Una o più pareti del piano terra e dei piani superiori sono a diretto contatto col terreno? 72 (Aiutasi con il disegno. N.B. Gli edifici che hanno anche poco spazio tra le pareti esterne ed il terreno o roccia non vanno considerati a diretto contatto). 1 = no 2 = si B6. Ci sono locali seminterrati o sotterranei? 1 = no 4 = sì (entrambi, uno sotto l’altro) 2 = sì (seminterrato) 9 = non so 3 = sì (sotterraneo) B7. Presenza di intercapedini/vespaio? 1 = no 2 = si 9 = non so B8. Materiali da costruzione: 1 = cemento 2 = elementi prefabbricati 3 = laterizi 4 = pietra 5 = altro__________________________________ 73 Sez. C – DATI SULL’ABITAZIONE C1. Qual è il piano dell’abitazione (o il piano più basso, se l’abitazione ha più piani)? T = piano terra S = seminterrato R = rialzato ST = sotterraneo n. del piano = _______ C2. Su quanti piani si estende l’abitazione? (Includere tutti i piani contigui e collegati tra loro da scale interne all’abitazione, anche se normalmente non abitati, quali cantina o garage: es. ST,T,1) n.___________________ C3. C’è un impianto di riscaldamento? 1 = no 8 = altro (stufette, etc)_______________________ 2 = sì, centralizzato 9 = non so 3 = sì, autonomo C4. Tipo di combustibile: 1 = legna 2 = gas 3 = metano 4 = kerosene 5 = carbone 6 = gasolio 7 = altro______________ 9 = non so C5. Tipo di riscaldamento: 1 = radiatori 2 = termo/ventil convettori 3 = aria condizionata (con ricambio) 4 = aria condizionata (senza ricambio) 5 = a pavimento C6. Fornitura d’acqua: 1 = pozzo 2 = acquedotto (diretto) 3 = acquedotto (cassone) 4 = altro_______________________________ 9 = non so 74 Sez. D – DATI SUI LOCALI RIVELATORI (LN = locale notte; LG = locale giorno) D1. Di che tipo sono i locali rivelatori: LN______ LG______ 1 = monolocale 2 = stanza letto 3 = soggiorno/salone/tinello/studio 4 = cucina abitabile 5 = cucina 8 = altro (es. corridoi, etc.) D2. A quale piano sono situati i locali rivelatori ? LN______ LG______ T = piano terra R = piano rialzato S = seminterrato ST = sotterraneo 1°piano, 2° piano, 3°piano, ecc.ecc. D3. Stato di tenuta delle aperture verso l’esterno: LN_____ LG______ 1= mediocre/scarso 2 = medio 3 = buono 4 = assenza di aperture 9 = non so D4. La porta di comunicazione tra il locale ed il resto dell’abitazione: LN______ LG______ 1= abitualmente aperta 2 = abitualmente chiusa 9 = non so D5. Una o più pareti (non il pavimento) dei locali rivelatori sono a contatto con il terreno/roccia? LN______ LG______ 1= no 2 = si, 1 parete 3 = si, 2 pareti 4 = 3 pareti 5 = 4 pareti 9 = non so D6. Cosa c’è sotto il pavimento dei locali rivelatori: LN______ LG______ 1= ci sono altri locali (inclusi garage e cantina) 4 = vespaio aperto 2 = terreno o roccia 5 = altro__________ 3 = vespaio chiuso 9 = non so D7. Presenza di un camino nei locali rivelatori: LN______ LG______ 1= no 2 = si 75 D8. Tipologia del rivestimento delle pareti dei locali rivelatori: LN______ LG______ (in caso di diversi rivestimenti riportare quello nettamente prevalente) 1= intonaco 2 = piastrelle 3 = marmo 4 = pietra 5 = legno 6 = carta da parati 7 = altro_______________ 9 = non so D9. Tipologia del rivestimento del pavimento dei locali rivelatori: LN______ LG______ (in caso di diversi rivestimenti riportare quello nettamente prevalente) 1= cemento 2 = mattone 3 = pietra 4 = marmo 9 = non so 5 = legno 6 = piastrelle 7 = linoleum 8 = altro__________ D10. Aerazione dei locali rivelatori: - periodo invernale: LN______ LG______ 1= meno di 30 minuti al giorno 2 = più di 30 minuti al giorno - periodo estivo: LN______ LG______ 1= prevalentemente diurna 2 = prevalentemente serale e diurna 3 = continua nelle 24 ore 76 Sez. E – DATI SUI RIVELATORI - Primo semestre E1. Codice rivelatori Rn: LG______ LN______ E2. Codici dosimetri gamma ________________________ E3. Data posizionamento dei rivelatori I semestre rivelatori Rn: LN |__| |__| g g |__||__| m m |__||__||__||__| a a a a LG |__| |__| |__||__| g g m m |__||__||__||__| a a a a |__| |__| |__||__| g g m m |__||__||__||__| a a a a dosimetro gamma: E4. Luogo posizionamento dei rivelatori Rn: LG______ 1 = sull’armadio 2 = su una mensola 3 = sulla libreria LN______ 4 = sul comò 5 = altrove_________ E5. Luogo posizionamento dei dosimetri gamma: 1 = sull’armadio 2 = su una mensola 3 = sulla libreria 4 = sul comò 5 = altrove_________ E6. Data ritiro dei rivelatori I semestre: rivelatori Rn: dosimetro gamma: LN |__| |__| g g |__||__| m m |__||__||__||__| a a a a LG |__| |__| |__||__| g g m m |__||__||__||__| a a a a |__| |__| |__||__| g g m m |__||__||__||__| a a a a 77 Sez. F – DATI SUI RIVELATORI – Secondo semestre F1. Codice rivelatori Rn: LG______ LN______ F2. Data posizionamento dei rivelatori II semestre: rivelatori Rn: LN |__| |__| g g |__||__| m m |__||__||__||__| a a a a LG |__| |__| |__||__| g g m m |__||__||__||__| a a a a F3. Luogo posizionamento dei rivelatori Rn: LG______ 1 = sull’armadio 2 = su una mensola 3 = sulla libreria LN______ 4 = sul comò 5 = altrove_________ F4. Data ritiro dei rivelatori II semestre: rivelatori Rn: LN |__| |__| g g |__||__| m m |__||__||__||__| a a a a LG |__| |__| |__||__| g g m m |__||__||__||__| a a a a 78 Appendice B: “Risultati misure per abitazione” Cod CnRn ±SD * abit Locale (Bq/m3) Anno di costruzione Materiali di costruzione Piano abitaz Tufo Primo piano Tufo 1 LN 100 22 1 LG 97 11 Dal 1919 al 1960 Dal 1919 al 1960 2 LN 71 4 Fino al 1918 Laterizi e pietre 2 LG 91 8 Fino al 1918 Laterizi e pietre 3 LG 115 22 Fino al 1918 Laterizi e pietre 3 LN 118 8 Fino al 1918 Laterizi e pietre Primo piano Piano seminterrato Piano seminterrato Piano seminterrato Piano seminterrato 4 LN 351 7 Dopo il 1960 Cemento Piano terra 4 LG 70 9 Dopo il 1960 Cemento Piano terra 5 LG 97 19 Non so Laterizi e pietre Piano terra 5 LN 106 3 Non so Laterizi e pietre 6 LN 60 6 Dopo il 1960 Cemento 6 LG 49 2 Dopo il 1960 Cemento Piano terra Piano seminterrato Piano seminterrato 7 LG 116 7 Dopo il 1960 Cemento Piano terra 7 LN 84 7 Dopo il 1960 Cemento Piano terra 8 LN 101 10 Fino al 1918 Tufo Primo piano 8 LG 68 2 Tufo Primo piano 9 LG 94 4 Cemento 9 LN 58 4 Fino al 1918 Dal 1919 al 1960 Dal 1919 al 1960 10 LG 57 1 Dopo il 1960 Cemento Cemento 79 10 LN 66 3 Dopo il 1960 Cemento 11 LN 60 3 Dopo il 1960 Cemento 11 LG 59 7 Dopo il 1960 Cemento 12 LG 255 24 Non so Tufo 12 LN 269 24 Non so Tufo 13 LG 367 Dopo il 1960 Cemento 13 LN 382 79 Dopo il 1960 Cemento 14 LN 207 15 Dopo il 1960 Cemento 14 LG 58 14 Dopo il 1960 Cemento 16 LG 119 20 Dopo il 1960 Cemento 16 LN 117 17 Dopo il 1960 Cemento Piano seminterrato Piano seminterrato Piano seminterrato Piano seminterrato Piano seminterrato Piano seminterrato Piano superiore al primo Piano superiore al primo Piano seminterrato Piano seminterrato 17 LG 213 28 Dopo il 1960 Cemento Piano terra 17 LN 140 27 Dopo il 1960 Cemento 18 LN 96 8 Dopo il 1960 Tufo 18 LG 147 5 Dopo il 1960 Tufo 19 LG 481 6 Cemento 19 LN 82 4 Cemento Piano terra Piano seminterrato Piano seminterrato Piano superiore al primo Piano superiore al primo 20 LG 68 0 Dopo il 1960 20 LN 56 6 Dopo il 1960 21 LN 106 0 Tufo 21 LG 84 0 Tufo 22 LN 492 10 Dopo il 1960 Cemento Piano seminterrato Piano seminterrato Piano superiore al primo 80 22 LG 62 2 Dopo il 1960 Cemento 23 LG 56 8 Dopo il 1960 Cemento 23 LN 67 6 Dopo il 1960 Cemento 24 LG 25 0 Dopo il 1960 Cemento 24 LN 56 0 Cemento 25 LN 161 18 25 LG 149 18 Dopo il 1960 Dal 1919 al 1960 Dal 1919 al 1960 27 LG 70 6 Dopo il 1960 Cemento 27 LN 72 8 Dopo il 1960 Cemento Piano superiore al primo Piano seminterrato Piano seminterrato Piano seminterrato Piano seminterrato Piano seminterrato Piano seminterrato Piano seminterrato Piano seminterrato 28 LN 85 32 Fino al 1918 Laterizi e pietre Primo piano 28 LG 79 13 Fino al 1918 Laterizi e pietre Primo piano 29 LG 270 1 Dopo il 1960 Cemento Primo piano 29 LN 56 2 Cemento 30 LN 165 28 30 LG 148 14 Cemento Primo piano Piano seminterrato Piano seminterrato 31 LN 138 21 Cemento Primo piano 31 LG 111 4 Dopo il 1960 Dal 1919 al 1960 Dal 1919 al 1960 Dal 1919 al 1960 Dal 1919 al 1960 Cemento Primo piano 32 LG 73 4 Non so Altro Piano terra 32 LN 58 6 Non so Altro Dal 1919 al 1960 Cemento Cemento Piano terra Piano superiore al primo Piano superiore al primo Tufo Primo piano Tufo Primo piano 33 LN 85 7 33 LG 60 6 34 LN 104 6 34 LG 113 17 Dal 1919 al 1960 Dal 1919 al 1960 Dal 1919 al 1960 Tufo Tufo Cemento 81 35 LN 299 8 Fino al 1918 Laterizi e pietre Primo piano 35 LG 205 17 Laterizi e pietre Primo piano 36 LG 401 12 Tufo Piano terra 36 LN 546 4 Fino al 1918 Dal 1919 al 1960 Dal 1919 al 1960 Tufo Piano terra 37 LN 131 3 Fino al 1918 Laterizi e pietre Primo piano 37 LG 128 2 Fino al 1918 Laterizi e pietre 38 LN 90 0 Dopo il 1960 Cemento 38 LG 93 6 Dopo il 1960 Cemento 39 LN 166 7 Dal 1919 al 1960 Tufo Tufo 39 LG 174 11 Dal 1919 al 1960 40 LG 344 4 Dopo il 1960 Cemento 40 LN 136 9 Dopo il 1960 Cemento Primo piano Piano seminterrato Piano seminterrato Piano superiore al primo Piano superiore al primo Piano superiore al primo Piano superiore al primo 42 LN 47 7 Dopo il 1960 Cemento Primo piano 42 LG 40 1 Dopo il 1960 Cemento Primo piano 43 LN 455 10 Fino al 1918 Tufo Piano terra 43 LG 142 2 Fino al 1918 Tufo Dal 1919 al 1960 Laterizi e pietre Laterizi e pietre Piano terra Piano superiore al primo Piano superiore al primo Tufo Piano terra Tufo Piano terra 44 LN 157 14 44 LG 164 52 45 LG 117 22 45 LN 513 1 Dal 1919 al 1960 Dal 1919 al 1960 Dal 1919 al 1960 46 LN 61 12 Dopo il 1960 Cemento Primo piano 46 LG 66 11 Dopo il 1960 Cemento Primo piano 82 47 LN 59 7 Fino al 1918 Tufo 47 LG 57 13 Fino al 1918 Tufo Piano superiore al primo Piano superiore al primo 48 LG 61 13 Dopo il 1960 Cemento Piano terra 48 LN 44 5 Dopo il 1960 Cemento 49 LG 38 6 Dopo il 1960 Cemento 49 LN 43 1 Dopo il 1960 Cemento 50 LN 78 1 Non so Laterizi e pietre 50 LG 73 2 Laterizi e pietre 51 LG 133 11 Cemento Piano terra 51 LN 174 5 Cemento 52 LN 94 6 52 LG 84 7 Non so Dal 1919 al 1960 Dal 1919 al 1960 Dal 1919 al 1960 Dal 1919 al 1960 Piano terra Piano seminterrato Piano seminterrato Piano superiore al primo Piano superiore al primo 53 LG 41 4 Non so Cemento 53 LN 48 6 Non so Cemento 54 LG 87 3 Fino al 1918 Laterizi e pietre 54 LN 79 7 Fino al 1918 Laterizi e pietre 55 LG 44 2 Dopo il 1960 Cemento 55 LN 43 1 Dopo il 1960 Cemento Piano terra Piano seminterrato Piano seminterrato Piano superiore al primo Piano superiore al primo Piano superiore al primo Piano superiore al primo Piano superiore al primo Piano superiore al primo 56 LG 89 7 Non so Cemento Primo piano 56 LN 108 1 Non so Cemento Primo piano Cemento Cemento 83 57 LN 102 6 Dopo il 1960 Cemento 57 LG 89 11 Dopo il 1960 Cemento Tufo Tufo Piano seminterrato Piano seminterrato Piano superiore al primo Piano superiore al primo Piano superiore al primo Piano superiore al primo 59 LG 78 13 Dal 1919 al 1960 59 LN 106 20 Dal 1919 al 1960 60 LN 176 5 Non so 60 LG 229 18 Non so 61 LG 120 6 Dopo il 1960 Cemento Primo piano 61 LN 75 2 Cemento Primo piano 62 LG 85 2 Tufo Primo piano 62 LN 89 46 Dopo il 1960 Dal 1919 al 1960 Dal 1919 al 1960 Tufo 63 LN 168 6 Fino al 1918 Tufo 63 LG 267 22 Fino al 1918 Tufo 64 LN 44 3 Dopo il 1960 Cemento 64 LG 43 2 Dopo il 1960 Cemento Primo piano Piano seminterrato Piano seminterrato Piano superiore al primo Piano superiore al primo 65 LN 53 5 Dopo il 1960 Cemento Primo piano 65 LG 58 3 Dopo il 1960 Cemento 66 LG 84 5 Dopo il 1960 Cemento 66 LN 83 8 Dopo il 1960 Cemento 67 LG 676 33 Dopo il 1960 Cemento 67 LN 722 84 Dopo il 1960 Cemento Primo piano Piano superiore al primo Piano superiore al primo Piano seminterrato Piano seminterrato 68 LN 142 12 Fino al 1918 Tufo Piano terra 84 68 LG 157 13 Fino al 1918 Tufo Piano terra 69 LN 91 13 Dopo il 1960 Cemento Primo piano 69 LG 84 9 Dopo il 1960 Cemento Primo piano 70 LG 37 4 Dopo il 1960 Cemento Piano terra 70 LN 42 2 Dopo il 1960 Cemento Piano terra 71 LG 153 7 Fino al 1918 Laterizi e pietre Piano terra 71 LN 190 1 Fino al 1918 Laterizi e pietre 72 LG 41 4 Dopo il 1960 Cemento 72 LN 54 1 Dopo il 1960 Cemento 73 LN 90 1 Fino al 1918 Tufo 73 LG 107 1 Fino al 1918 Tufo Piano terra Piano superiore al primo Piano superiore al primo Piano seminterrato Piano seminterrato 74 LG 111 7 Dopo il 1960 Tufo Primo piano 74 LN 102 12 Dopo il 1960 Tufo Primo piano 75 LN 68 12 Cemento Primo piano 75 LG 119 18 Cemento 76 LN 278 25 Fino al 1918 Tufo 76 LG 267 6 Fino al 1918 Tufo 77 LN 56 5 Dopo il 1960 Cemento 77 LG 78 5 Dopo il 1960 Cemento 78 LN 42 1 Dopo il 1960 Cemento 78 LG 53 3 Cemento 79 LN 135 1 Dopo il 1960 Dal 1919 al 1960 Primo piano Piano seminterrato Piano seminterrato Piano superiore al primo Piano superiore al primo Piano superiore al primo Piano superiore al primo Piano seminterrato Tufo 85 79 LG 131 4 Dal 1919 al 1960 Tufo 80 LG 109 8 Fino al 1918 Tufo 80 LN 111 3 Fino al 1918 Tufo Piano seminterrato Piano superiore al primo Piano superiore al primo 81 LG 52 2 Dopo il 1960 Cemento Primo piano 81 LN 53 3 Dopo il 1960 Cemento 82 LG 46 1 Dopo il 1960 Cemento 21 9 Dopo il 1960 Cemento Primo piano Piano superiore al primo Piano superiore al primo 83 LN 56 3 Dopo il 1960 Cemento Piano terra 83 LG 44 0 Dopo il 1960 Cemento 84 LN 204 26 Fino al 1918 Cemento 84 LG 221 7 Fino al 1918 Cemento Piano terra Piano seminterrato Piano seminterrato 85 LN 113 1 Fino al 1918 Laterizi e pietre Primo piano 85 LG 95 2 Fino al 1918 Laterizi e pietre 86 LN 82 1 Dopo il 1960 Cemento 86 LG 70 3 Dopo il 1960 Cemento Primo piano Piano seminterrato Piano seminterrato 87 LN 109 3 Dopo il 1960 Piano terra 87 LG 164 2 Dopo il 1960 88 LG 94 0 Dopo il 1960 Laterizi e pietre 88 LN 109 6 Dopo il 1960 Laterizi e pietre Piano terra Piano superiore al primo Piano superiore al primo 89 LG 159 9 Dopo il 1960 Cemento Piano terra 89 LN 138 9 Dopo il 1960 Cemento Piano terra 90 LG 319 17 Fino al 1918 Tufo Piano terra 86 90 LN 346 Fino al 1918 Tufo 91 LG 102 5 Fino al 1918 Tufo 91 LN 147 11 Fino al 1918 Tufo 92 LN 120 3 Dopo il 1960 Cemento 92 LG 102 11 Dopo il 1960 Cemento 93 LN 104 3 Non so Cemento 93 LG 92 1 Non so Cemento Piano terra Piano seminterrato Piano seminterrato Piano seminterrato Piano seminterrato Piano seminterrato Piano seminterrato *CODIFICA: 1. LN = locale notte 2. LG = locale giorno 87 Bibliografia [1] P. Mazzoldi, M. Nigro, C. Voci: “Fisica II” Edises, 2003 [2] James S. Walker: “Fondamenti di Fisica” Zanichelli, 2005 [3] Ugo Amaldi: “Fisica delle radiazioni” Bollati Bolinghieri, 1971 [4] S.A. Durrani : “ Radon concentration values in the field; correlation with underlying geology” Radiation Measurement, 1999 [5] R. Shweikani, T. G. Gaddu, S.A. Durrani: “The effect of soil parameters on the radon concentration values in the envienment.” Radiation Measurement, 1995 [6] J. Sabol, P.S. Weng: “Radiation Protection Dosimetry” 200 [7] Nazzaroff Williams and Nero Anthony: “Radon and its decay products in indoor air.” Enviromental science, 1988. [8] UNSCEAR 1993. “United Nations Scientific Committee on the Effects of Atomic Radiations, Sorces, effect end risks of ionizing radiation, Report to the General Assembly”, New York: United Nations. [9]ICRP Publication 66, “Human Respiratory Tract Model. for Radiological Protection” (1993). 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