Pasqua del Signore - Unita Pastorale San Cataldo
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Pasqua del Signore - Unita Pastorale San Cataldo
Omelia del Parroco don Pietro Antonio Ruggiero 16 marzo 2006 Pasqua del Signore 1. «Gesù il crocifisso è risorto, come aveva detto. Alleluia.» (III Antifona alla comunione) Questa straordinaria notizia si è diffusa questa notte in tutte le chiese del mondo, quando i fedeli dopo aver percorso il cammino quaresimale e aver preso parte alle vicende di Cristo nel triduo santo hanno potuto ancora una volta ascoltare la consolante notizia di una vita nuova ed eterna. Un clima di speranza e fiducia si è riacceso nei cuori credenti è si è diffuso nell’aria al suono festoso delle campane. La stessa speranza e fiducia è stata tuttavia subito schiacciata dai pensieri di morte e dallo sconforto nascente dalla realtà. Abbiamo così fatto esperienza che ancora una volta la morte è più forte della vita e quasi concretamente abbiamo sperimentato che la speranza della risurrezione, la fiducia diffusa dalla luce del Risorto, non resiste dinanzi alle vicende concrete della vita. Perché accade tutto questo? Perché la disperazione è più forte della speranza? Perché non diamo credito alla Parola di Cristo? Perché l’unico modo che conosciamo per superate le difficoltà è quello di non pensarci? Perché il ritorno al lavoro quotidiano ci fa tanta paura? Perché nella vita della nostra coscienza siamo capaci solo di momentanei palpiti di fede e poi tutto si spegne? Perché dura così poco la nostra fiducia e la nostra speranza? Perché siamo così paurosi nell’abbandonarci al Signore e ai suoi progetti? Perché siamo così tiepidi? Perché la gioia pasquale non resiste alla tensione del “terribile quotidiano”? Nella reazione che i discepoli ebbero dinanzi alla notizia della resurrezione di Cristo possiamo rintracciare la risposta a questi interrogativi. 2. «Hanno portato via il Signore dal sepolcro» (Gv 20,2) La prima parola che è stata pronunciata sulla resurrezione di Cristo è stata quella della prima testimone della Pasqua: Maria Maddalena: «Hanno portato via il Signore» (Gv 20,2.) In queste parole sentiamo tutta la potenza di un legame che intercorre tra Maria e il Signore, un legame scaturito quel giorno in una pubblica piazza quando Gesù eletto dalla folla inferocita, giudice supremo ha pronunciato la sentenza dell’amore: «Nessuna ti ha condannata? Neanche io ti condanno» (Gv 8,10). In quel giorno «Miseria e misericordia - dice Agostino – si sono incontrate». Ora è lei la prima a correre al sepolcro, ma la sua fede è “inferma” e vacillante, anche lei come Filippo non ha capito che chi vede Gesù vede il Padre (Gv 14,8). Nelle parole di Maria è svelato un pensiero profondo: Cristo non è nella tomba, là dove doveva essere e ciò non può che essere opera di uomini che lo hanno portato via. Viene così escluso ogni intervento del Padre, tutto viene racchiuso alla logica di «quaggiù», non può accadere nulla di nuovo. Il Padre non può e non deve sorprendere gli uomini. Nell’orizzonte del cuore di Maria non è prevedibile nessun interevento del Padre. Nella reazione di Maria Maddalena rivediamo noi stessi rassegnati alle cose che non cambiano, chiusi nelle nostre tristezze, certi che non può accadere nulla di nuovo. Ci siamo affezionati ai nostri dolori, ci siamo fatti amici dei nostri guai e dei nostri peccati. Da una parte vogliamo essere liberati, ma dall’altra abbiamo paura di perdere le nostre “tombe” perché sappiamo che se non piangiamo non abbiamo la forza di gioire, perché sappiamo che se finiamo di lamentarci, le corde del nostro cuore sono chiuse ad ogni ringraziamento. Così per domani non ci attendiamo nulla. Con difficoltà viviamo la confessione delle colpe, ma con maggiore difficoltà viviamo la confessione della lode. Che cosa è la disperazione? È che non c’è domani che non sia già prevedibile oggi; che non sia già nella serie indefinita dei giorni della vita. Questa disperazione ha una sorella siamese se così posso dire: la noia. E non per caso si dice: "annoiarsi a morte", poiché l’impossibilità dell’imprevisto è già la morte. Non ci sono ragioni serie per ritenere che il domani non sia già prevedibile oggi; questa reazione alla Resurrezione di Cristo si chiama tentativo di leggere gli interventi di Dio negli schemi umani, si chiama disperazione. Così Cristo è Risorto, ma le cose non cambiano perché noi non ammettiamo nessuna possibile opera del Padre. 3. «Correvano insieme tutti e due» (Gv 20,4) La seconda reazione che troviamo nel Vangelo è quella della corsa di Pietro e Giovanni. E’ la corsa di chi vuole verificare, toccare con mano, è la corsa di chi non crede a nessun annuncio se prima non si reca a vedere. E’ la corsa di chi non crede alla Parola e ha il bisogno di avere dimostrazioni da parte di Dio. Pascal ci ricorda che «per chi crede nessuna risposta è necessaria, ma per chi non crede nessuna risposta è sufficiente». Questo desiderio di vedere la Risurrezione può sfociare in una sincera ricerca di fede o può diventare un eterno dubbio. E’ vero che la risurrezione non può essere raccontata perché ha bisogno di essere vissuta, ma è altrettanto vero che se non ti apri alla Parola di Dio non potrai sperimentare nessuna risurrezione. La risurrezione non riguarda solo Gesù, come fosse un fatto "neutrale" messo a disposizione della verifica umana, compiuta la quale ciascuno se ne ritorna alla sua vita come prima. La risurrezione riguarda anche quelle persone che furono con Cristo prima della sua morte. Essa è il ristabilirsi di un rapporto, il riaccadere di una condivisione di vita che interrotta dalla morte, ora riprende, precisamente perché Lui, Gesù il Cristo, è vivo, è risorto. «Dio volle che apparisse non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio» (At 10,37), in questa affermazione di Pietro, nel giorno di Pentecoste, ci è svelato che la resurrezione è il ricostruirsi di un’amicizia che sembrava distrutta dalla morte. E’ l’amicizia con Cristo che bisogna coltivare per poterne sperimentare la sua potenza. «Tanto si vede quanto si crede» - affermava Antonio di Padova - la visione è generata dalla fede, è l’amicizia con il Signore che ti permette di vederlo risorto. Corriamo anche noi al sepolcro non per avere la prova, ma perché l’amicizia ci spinge a non rassegnarci alla sua assenza. 4. «Vide e credette» (Gv 20,8) Giunti al sepolcro Pietro e Giovanni videro e credettero. Sembrerebbe una contraddizione con quello che fin qui abbiamo meditato, ma lo stesso brano evangelico ci assicura che così non è: «Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura» (Gv 20,9). La corsa compiuta dai due Apostoli è priva della comprensione della Scrittura solo giungendo al sepolcro “videro” non una prova, ma la perfetta corrispondenza tra la Parola detta da Gesù e la tomba vuota. La Parola realizzata genera la fede nel Maestro. Solo chi conosce la Parola può sperimentare quotidianamente come questa si realizza nella concretezza della vita e fa scaturire la fede. «Come la pioggia e la neve scendono giù dal cielo e non vi ritornano senza aver irrigato la terra così sarà della Parola» (Is 55,10). L’amicizia con Gesù dà la possibilità di conoscere la sua Parola e di scoprirne l’intima verità e corrispondenza con la vita. Ma i due Apostoli “videro” anche l’intima corrispondenza tra la tomba vuota e i desideri del cuore. Era quello che volevano e attendevano inconsapevolmente! Era quello che cercavano più di ogni altra cosa senza riuscire a dare un nome alla loro ricerca! Era ciò che il cuore desiderava con più forza! La pietà popolare registra uno straordinario passaggio in una preghiera mariana: «Noi abbiamo un cuore che tende sempre ad amare e cerca un oggetto che possa saziarlo, se il nostro cuore gusterà le delizie del tuo amore non avrà più nulla da desiderare» (Coroncina mese di maggio). Videro, gli Apostoli, che il cuore stava gustando le delizie dell’amore e non ebbero più nulla da desiderare e da fuggiaschi spaventati divennero araldi della “corrispondenza del cuore”. E’ questa che anche noi desideriamo, anche se spesso scambiamo questo supremo desiderio, con la salute, il possesso del denaro, il potere, il sesso. Solo la tomba vuota e l’incontro con il Risorto appagano il cuore. 5. «Cristo mia speranza è risorto» (Sequenza) Santa Maria Maddalena apostola degli apostoli e discepola del Signore, tu che sai bene cosa vuol dire piangere colui che è già vivo e continuare ad aspettare chi è già venuto, aiutaci, ti preghiamo a saper credere nella resurrezione del Signore e a far entrare nel nostro cuore il senso della vittoria piena e definitiva. Aiutaci a credere nell’opera del Padre che fa nuove tutte le cose, che cambia la storia, aiutaci a vedere che la parola corrisponde alla vita e l’incontro con il risorto cambia l’esistenza incerta e paurosa in vita piena e realizzata. Santa Maria Maddalena ripeti al nostro cuore: «Cristo tua speranza è risorto e ti precede nella vita».