IL TEATRO DELL·OPERA DEI PUPI 1
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IL TEATRO DELL·OPERA DEI PUPI 1
,/7($752'(//·23(5$'(,383, È il teatro tradizionale delle marionette siciliane. Nato nella prima metà dell’Ottocento, si sviluppò in tutta l’Italia meridionale, ma ebbe un successo straordinario tale da assumere connotazioni di teatro popolare di massa e vero e proprio fenomeno sociale, solo in Sicilia. Pupi con armature rudimentali esistevano già nell’Ottocento in alcune città italiane, come Roma, Napoli, Genova, etc., ma è in Sicilia dove questi si evolvono per divenire il pupo che oggi conosciamo. La diffusione in un’area meridionale induce alcuni a sostenere la tesi di un’origine spagnola del teatro dei pupi, essendo il Mezzogiorno fortemente influenzato non solo politicamente, ma anche culturalmente dalla Spagna. Sul finire del Settecento a Napoli come a Palermo, troviamo marionette di vario genere che non erano però ancora veri “pupi” essendo essi molto rudimentali, costruiti per lo più di cartone e stagnola. Di vero e proprio pupo quindi, si inizia a parlare intorno alla metà dell’Ottocento quando la bravura e l’intuizione degli artigiani fanno compiere un salto di qualità a quel rozzo pezzo di legno e stoffa. Si cominciò a ricoprire il pupo con armature di metallo lavorato arricchite da cesellature, sbalzi e arabeschi e gli accorgimenti tecnici si fecero sempre più ricercati: il filo che comandava la mano destra del pupo venne sostituito da un’asta di ferro, cosi ché l’oprante poteva far compiere, al pupo, azioni più precise come estrarre e riporre la spada nel fodero, abbracciare una dama, battersi il petto o la fronte con il pugno, abbassare la visiera dell’elmo etc. e contemporaneamente vennero cuciti i vestiti, mantelli e gonnellini con stoffe sempre più belle e preziose. Solo agli inizi del XIX secolo quando i dotti e la nuova classe borghese cominciarono ad interessarsi del popolaresco e delle sue forme di vita, l’opra non fu più soltanto un semplice passatempo, ma una cosa seria, quando cioè l’anima dei pupi, come scrive Ettore Li Gotti, divenne l’espressione dei sentimenti e delle aspirazioni di giustizia di una classe sociale. Nel teatro dei pupi, un ruolo determinante è stato quello del FXQWDVWRULH, che era una sorta di puparo mancato, cui solo le limitate possibilità finanziarie impedivano di allestire un teatro dei pupi, affidandosi, così, all’arte della parola, imparando tutte le regole della narrazione; divenendo negli anni un FXQWLVWD. Si trattava quasi sempre di povera gente che viveva alla giornata, e che non poteva permettersi di acquistare tutti gli attrezzi del mestiere per divenire puparo. 1 Esso offriva, nelle sue rappresentazioni un repertorio già in parte sceneggiato o dialogato. Storicamente il FXQWDVWRULH era un narratore che non utilizzava alcuno strumento musicale (usato molto tempo dopo dai cantastorie), ma usava modulare la voce con una tecnica tutta particolare, con regole precise di tempo, ritmo ed esposizione orale che si tramandava di generazione in generazione. Non importava se era analfabeta o ignorante, la sua capacità era quella di apprendere e reinventare la vita usando forme epiche derivate da motivi storici quali lo scontro tra cristiani e pagani, dal ricordo cocente di lunghe lotte contro i pirati turchi, da un forte sentimento religioso che contrappone il trionfo del bene alla mortificazione del male. Il teatro dei pupi siciliani, nella seconda metà dell’Ottocento, volendo mantenere la caratteristica epica, si è specializzato in questa direzione, ereditando tutto il patrimonio dei FXQWDVWRULH. Nella prima metà dell’Ottocento, i marionettisti girovaghi, rafforzano il carattere professionale del loro lavoro. Si organizzano a livello impresariale perfezionando le tecniche espressive allo scopo di richiamare un pubblico sempre più vasto. Da allora, la disponibilità degli artigiani a realizzare un pupo più elaborato e il confluire nell’opra la tradizione epico – cavalleresca, grazie all’apporto di Giusto Lo Dico che realizzò un’opera in quattro volumi della storia dei paladini di Francia, costituiscono i due poli di un rilancio in maniera più articolata del fenomeno. 67587785$(&26758=,21(',813832 La struttura di base del pupo è costituita da tre elementi fondamentali: legno, metallo, stoffa. Di legno sono: la testa, gli avambracci e le mani, il busto e le gambe; di metallo sono: i giunti che uniscono le gambe al busto, i giunti delle ginocchia (nei pupi palermitano), l'asta che serve a sorreggere il pupo (parte integrante della testa) che attraverso un gancio si collega al busto e una seconda asta in metallo, inserita nella mano destra (evoluzione del pupo siciliano. La parte più difficile da costruire è la testa del pupo. Essa si può realizzare utilizzando il legno e, in qualche caso, la creta. In passato tale compito era affidato ad esperti artigiani; col passare del tempo, è stato lo stesso puparo ad occuparsi di tale compito che svolge anche grazie all'ausilio di calchi in piombo. 2 5(3(5725,2251$0(17$/('(,383, Nella preparazione dei pupi, che svolgono la funzione di eroi e di protagonisti, oltre che la ricercata ed attenta espressività dei volti, bisogna tenere conto soprattutto del repertorio ornamentale delle armature realizzate con materiali vari quali: alpacca, rame e ottone lavorate con la tecnica a sbalzo; e nella scuola palermitana vengono abbelliti anche con motivi arabeschi. La scelta del disegno non è casuale, né viene affidata alla creatività dell’artigiano, ma fa preciso riferimento a canoni prestabiliti, che in tal caso sono utilizzati per individuare il personaggio. I vari personaggi hanno un diverso abbigliamento in base al loro ruolo. Esso prevede una IDURQFLQD, cioè un gonnellino, e dei pantaloni alla zuava per i pagani. I Paladini, oltre al gonnellino, hanno anche delle calze lunghe a coscia. I Mori indossano una tunica e portano solitamente uno scudo rotondo, una lancia e un turbante. Orlando, ad esempio primo paladino di Francia, viene rappresentato con l’aquila sul cimiero, sulla corazza e sullo scudo ha impressa un'aquila o una croce Carlo Magno, il potentissimo Imperatore di Francia viene presentato in due versioni: la prima, da corte, con una tunica ricamata, una ricca corona e un mantello di velluto; la seconda, da battaglia, comprende l’elmo incoronato e lo scudo esagonale con l’insegna del giglio di Francia, severo il volto, scura la barba Un altro personaggio molto importante è Gano di Magonza, il traditore, figura piccola e goffa con grandi baffi, lunga barba e degli sfregi in viso. Sullo scudo e sul petto ha incisa la "M" dei Magonzesi che il pubblico interpretava come malvagità e malizia Per quanto riguarda i guerrieri saraceni, i più importanti come Agramante, Marsilio, Ferraù, Agricane, Rodomonte, Mambrino hanno come segno distintivo il volto truce ed ornato da baffi all’ingiù. I personaggi femminili si richiamano invece ad una visione bambolesca della donna, dal viso rotondo ed ingenuo, dagli occhi vividi a da lunghi capelli ricadenti sulle spalle; le guerriere, invece, sono caratterizzate da armature ed armi con le insegne del proprio casato. Nel primo Ottocento Angelica, Berta, Claudiana e le altre donne illustri vestono secondo la moda di quell’epoca. In tono più dimesso, sia nel vestiario che nelle armature, troviamo i personaggi minori, le figure ordinarie e le comparse. 3 ,&212*5$),$ Per pubblicizzare una rappresentazione, i maestri pupari si servivano di cartelloni appositamente dipinti. Si adoperavano dei cartelloni di carta di imballaggio dipinti a tempera (tra il 1920 e il 1950) laghi 2 metri e lunghi 3 o 4 metri, suddivisi a scacchi (come quello usato dai cantastorie), nei quali erano illustrati i momenti salienti degli episodi, che dovevano essere rappresentati nel corso della settimana; i riquadri variavano da un minimo di sei, per gli avvisi ordinari, ad un massimo di dodici per gli avvenimenti più importanti del ciclo, come per la rappresentazione della Rotta di Roncisvalle. Questi cartelloni erano tramandati da padre in figlio per cui ogni puparo ne aveva sempre pronti moltissimi per le varie necessità di scena. Dopo il 1950 questi quadri furono dipinti su tela di cotone. Dubbi è però l’individuazione delle fonti iconografiche dalle quali discendono i disegni e i tratti figurativi di questi cartelloni. Il problema comunque si inquadra in una ricerca decorativa che tiene conto degli esempi offerti da una vasta produzione di stampe e immagini popolaresche. Nel 1858 viene pubblicata la Storia dei Paladini di Francia di Giusto Lo Dico corredate da disegni di Mattaliano, che a loro volta rimandano alle xilografie e riproduzioni cinque-secentesche. Alcuni studiosi, tendono a risalire ad uno stile composito di elementi bizantini, arabi, francesi, spagnoli etc., ma la storia dei pupi in effetti coincide con le vicende delle famiglie dei marionettisti. ,/5(3(5725,27($75$/( Tra le principali tematiche trattate dall'Opra occorre ricordare che quella prevalente è la trattazione di soggetti cavallereschi. Le fonti principali per questo tema sono le &KDQVRQV GH *HVWH ed il romanzo arturiano. Dalle &KDQVRQV GH *HVWH deriva il Ciclo Caroligio che abbraccia un periodo storico che va dalla morte di Pipino il Breve a quella dell'Imperatore Carlo Magno. Il Ciclo di Carlo Magno prevede una sua particolare suddivisione: "La storia di Ettore e dei suoi discendenti", "I Reali di Francia da Costantino a Carlo Magno", "Storia dei Paladini di Francia", "Guido Santo e i discendenti di Carlo Magno". Questo ciclo, insieme a "La storia dell'Imperatore Trabazio" e "Il Guerin Meschino", sono stati rappresentati in tutta la Sicilia. 4 Gli RSUDQWL, in una prima fase, per rappresentare gli episodi dei paladini, attinsero a piene mani dalla Chanson de Roland, dai 3RHPL&DYDOOHUHVFKL e da ,5HDOLGL)UDQFLD di A. Barberino, riconducendo i diversi episodi ad un’unica storia che partendo da Milone, conte d’Anglante, si concludeva con la morte di Rinaldo. Bisogna però attendere il 1858, quando l’intuito di un maestro elementare, tale Giusto Lo Dico, diede vita ad una poderosa opera in quattro volumi dal titolo 6WRULD GHL 3DODGLQL GL )UDQFLD, pubblicata in diverse edizioni, anche a dispense. L’opera del Lo Dico è considerata tuttora la Bibbia degli opranti, essa è stata utilizzata come riferimento alla stesura delle sceneggiature utilizzate nelle rappresentazioni dei pupi. Descrivere la storia dei Paladini di Francia non è impresa facile poiché il più delle volte il mito supera la realtà e fa sì che avvenimenti storici, come l’episodio di Roncisvalle, perdano le loro connotazioni reali per sfociare nella leggenda. La linea di demarcazione tra storia e leggenda si assottiglia a partire dalla Chanson de Roland, dove l’idealizzazione e l’esaltazione dell’eroe cristiano raggiungono l’apice, per scomparire definitivamente ad opera dei poemi epico-cavallereschi del 1500. Il 0RUJDQWH di Luigi Pulci prima, l’2UODQGR ,QQDPRUDWR di Matteo M. Boiardo, l’2UODQGR )XULRVR di Ludovico Ariosto e la *HUXVDOHPPH /LEHUDWD di Torquato Tasso aggiungono nuovi episodi e nuovi personaggi alla realtà storica, tramutandola definitivamente in leggenda. Sostanzialmente la storia dei Paladini di Francia narra le innumerevoli battaglie tra cristiani e mori nella Spagna dell’VIII secolo d.C. e in particolare racconta della dolorosa sconfitta di 5RQFLVYDOOH, in cui persero la vita, vittime di un’imboscata, le più valorose “spade” cristiane e, fra tutte, il prode Orlando ed il saggio Oliviero. ,3$/$',1,',)5$1&,$ Il termine Paladino dall’aggettivo latino SDODWLQXV (del palazzo), descrive ciascuno dei 12 3DUL al servizio nell’esercito di Carlo Magno. Essi ricoprivano le cariche più alte dell’ordine militare e costituivano una sorta di guardia d’onore dell’Imperatore. I Paladini o Pari erano scelti personalmente da Carlo Magno e obbedivano solo al re; ciascuno dei Pari era un nobile, conte o duca e doveva possedere particolari virtù: fede, lealtà, forza e sprezzo del pericolo. 5 Vi sono pareri discordanti circa i nomi dei 12 Pari, per alcuni testi essi erano Orlando - Olivieri - Berengario - Ottone - Gerino - Ivo - Avorio - Genieri - Ansegi Sansone - Gerardo - Engelieri. Secondo la Chanson de Roland erano invece Orlando - Oliviero - Turpino - Oggieri il danese - Riccardo il vecchio - il nipote Enrico - Accellino di Guascogna - Tebaldo di Reims - il cugino Milone - Geriero Gerino - Gano. 1VLJQDULFX VLYROL QWHPSXXQQHQWL ODVWRULDGL5XJJHUXH%UDGDPDQWL G 2UODQGRHGL5LQDOGXOLYDOHQWL GL&DQLGL0DJRQ]DH6DFULSDQWL GL0DODJLJLVSDVVXGLOLJHQWL G $QJHOLFDF DPDWDIXGLWDQWL GL0DRPHWWXFKLIXUHSXWHQWL HGLJXHUUHULHGDPLDVVDLJDODQWL WDOLDVVLOXFDUUHWWXVLFLOLDQX FKLGGXFKLWHQLOLSLWWXULILQL IDWWLFXJHQLXVLPSOLFLHEDJJLDQX 6LFXOLPDQXPDJLFKLHGLYLQL SLWWDQXVHPSULFXWDOHQWXDUFDQX WXWWDODVWRULDGLOLSDODGLQL 6DOYDWRUH9ROSHV/XFFKHVL 6