Ma l` uragano Katrina ha un significato morale?

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Ma l` uragano Katrina ha un significato morale?
Ma l' uragano Katrina ha un significato morale?
CATASTROFI NATURALI
Ma l' uragano Katrina ha un significato morale?
I disastri succedono. Duecentocinquant' anni fa, il 1° novembre 1755, la capitale portoghese, Lisbona, fu rasa al suolo da un terremoto che
uccise migliaia di abitanti. Come l' uragano che ha inondato New Orleans la scorsa settimana, quella calamità ispirò non soltanto timori nei
confronti della potenza della natura e solidarietà verso le vittime impotenti, ma anche ogni sorta di commento morale. Nessuno più profondo
di quello di Voltaire, per il quale la distruzione di Lisbona dimostrava che non viviamo «nel migliore dei mondi possibili». Una posizione
filosofica legata a Leibniz, ma espressa con maggior vigore da Alexander Pope: «Tutto ciò che è, è giusto». Secondo Leibniz, il male e la
sofferenza sono parti integranti dell' ordine che Dio ha stabilito. Mi chiedo quanti predicatori del Sud oseranno avventurarsi in una tesi del
genere in questi giorni. Sospetto che la maggior parte preferirà riecheggiare la preghiera divulgata poco dopo il diluvio dalla Chiesa di Dio
Unita: «Sii, o Signore, con coloro che scoprono che le persone amate sono morte, che le case e il lavoro non ci sono più». E' fuor di dubbio che in
un momento del genere siano cose appropriate da chiedere a Dio. Ma rendono inevitabile l' interrogativo di dove Lui fosse quando il Katrina ha
rotto gli argini. Devo dire che preferisco i pastori che, come Leibniz, almeno si chiedono come mai Dio permetta che orrori del genere
succedano. La risposta di Voltaire era una classica affermazione della posizione atea. I disastri succedono perché Dio non esiste. Al contrario,
la risposta umana più comune è riaffermare, non ripudiare, la fede religiosa. L' Antico Testamento, si sa, interpreta il diluvio dei tempi di Noè
come la purificazione divinamente stabilita di un mondo peccaminoso. In modo abbastanza simile, commentatori sia religiosi sia laici si sono
affrettati ad attribuire un significato morale alla distruzione di New Orleans. I disastri naturali, dopotutto, non sono come gli attacchi
terroristici. All' indomani dell' 11 settembre o del 7 luglio a Londra, ci si poteva concentrare sugli esecutori in carne e ossa. Di fronte a un
uragano, occorre essere più creativi. La risposta banale è stata, naturalmente, quella di accusare di peccati di omissione le autorità cittadine,
dello stato o federali - un' accusa che ha indotto gli ex pianificatori locali a dichiarare sulla difensiva: «Siamo tutti responsabili». Di un
uragano? La vecchia reazione fondamentalista sarebbe stata quella di interpretare l' inondazione, in stile John Wesley, come una punizione
divina sulla città che si autodefinisce spudoratamente «Party Town». Ma poche chiese cristiane rischiano una medicina morale così forte di
questi tempi. Non hanno di queste inibizioni gli odierni estremisti islamici. L' Associated Press riferisce che «hanno esultato per la disgrazia
dell' America, dichiarando sui siti di chat che il soldato Katrina si è arruolato con la jihad globale». Difficile essere più di cattivo gusto.
Eppure, un certo impulso latente - a interpretare il disastro come conferma della propria posizione ideologica - è all' opera anche in molti
liberal americani. Chi si oppone alla guerra in Iraq non ha esitato a far notare come gli uomini della Guardia Nazionale che avrebbero dovuto
essere lì a soccorrere le vittime dell' uragano sono invece nella lontana Baghdad. I soliti noti non hanno potuto fare a meno di mettere in
evidenza come le persone intrappolate nella città allagata siano per la maggior parte afro-americani poveri, privi dei mezzi per sfuggire all'
uragano. E inevitabilmente gli ambientalisti non hanno potuto fare a meno di dipingere l' uragano come risultato del rifiuto dell'
Amministrazione Bush di firmare il Protocollo di Kyoto. Dopotutto, il nostro consumo di combustibili fossili provoca l' effetto serra e l'
effetto serra provoca sempre più frequenti «eventi climatici estremi», per non parlare dell' innalzamento dei mari. Potrà la prospettiva del
petrolio ancora più caro, come diretta conseguenza dell' uragano, far finalmente ragionare gli americani sul cambiamento di clima? Avendo
recentemente mostrato a una mia classe di studenti una cartina con gli effetti dell' innalzamento dei mari sulla costa orientale degli Stati
Uniti (indovinate quale città scompare per prima?), devo confessare che all' inizio questa reazione è stata anche la mia. Soltanto la settimana
scorsa tuonavo in un mio precedente articolo contro il modo in cui inquiniamo gli oceani. A fatica ho ricacciato il pensiero di Katrina come
vendetta di Nettuno. La realtà, naturalmente, è che i disastri non hanno alcun significato morale. I disastri succedono, e non possiamo mai
prevedere esattamente né quando né dove. Nel 2003 sono morte 41 mila persone in Iran nel terremoto che ha colpito la città di Bam, oltre 2 mila
sono morte in Algeria per un terremoto di minore entità e poco meno di 1500 sono morte in India per una bizzarra ondata di caldo.
Complessivamente, almeno un centinaio di americani sono rimasti uccisi quell' anno a seguito di burrasche o di incendi boschivi. I disastri
naturali - per favore, non chiamiamoli «Azioni di Dio» - hanno fatto quell' anno più vittime del terrorismo internazionale (secondo il
Dipartimento di Stato, il totale delle vittime del terrorismo nel 2003 ammonta a 4271 persone, nessuna delle quali nel Nord America). D' altra
parte, i disastri uccidono ogni anno meno gente degli attacchi cardiaci (circa 7 milioni), dell' Hiv/Aids (circa 3 milioni) e degli incidenti
stradali (circa 1 milione). Sicuramente, se tutti gli attacchi cardiaci o gli incidenti d' auto si concentrassero in un giorno solo in una città
sola, ci baderemmo più di quanto non facciamo. Come aveva capito Voltaire, gli uragani, al pari dei terremoti, dovrebbero servire a rammentarci
la nostra comune vulnerabilità di esseri umani di fronte a una Natura crudele. Peccato che oggi, proprio come nel 1755, preferiamo
interpretarli in modi spuri, che ci dividono anziché unirci. Professore di Storia alla Harvard University © Niall Ferguson, 2005 (Traduzione di
Monica Levy)
Ferguson Niall
28/07/09 16:36