Rapporto finale della ricerca

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Rapporto finale della ricerca
Per
“La consapevolezza dei valori intangibili d'impresa e delle
fonti non fisiche di produzione in un campione di imprese
della provincia di Savona”
Rapporto finale della ricerca
Roma, Novembre 2007
1
INDICE
1. Quadro teorico e approccio metodologico.................................................... 3
L’IMPORTANZA DEL CAPITALE INTANGIBILE .................................................................3
LE METODOLOGIE DI VALUTAZIONE DEL CAPITALE INTANGIBILE ...................................6
APPROCCIO METODOLOGICO DELLA RICERCA .............................................................12
1.1
1.2
1.3
1.3.1
1.3.2
1.3.3
Il ruolo del capitale relazionale nel sistema industriale italiano ..................................................... 12
Criteri di scelta del modello di analisi ....................................................................................... 14
Proposizioni di ricerca ........................................................................................................... 16
APPROCCIO ANALITICO E FASI OPERATIVE ..................................................................17
1.4
1.4.1
1.4.2
1.4.3
1.4.4
1.4.5
Definizione del campione ...................................................................................................... 17
Elaborazione del questionario................................................................................................. 17
Somministrazione del questionario .......................................................................................... 19
Elaborazione dei dati............................................................................................................. 19
Elaborazione di un rapporto finale di ricerca ............................................................................ 19
2. Rapporto Finale ........................................................................................ 20
2.1
PROFILO DEL CAMPIONE DELLE IMPRESE ....................................................................20
2.2
PROFILO DEL GRUPPO DI CONTROLLO........................................................................25
2.3
DATI ECONOMICO-FINANZIARI .................................................................................30
2.4
CAPITALE RELAZIONALE ..........................................................................................39
2.5
CAPITALE UMANO ...................................................................................................47
2.6
PROCESSI AZIENDALI ...............................................................................................59
2.7
ATTIVITÀ DI INNOVAZIONE E RICERCA ......................................................................63
2.8
QUADRO SINTETICO E PROSPETTICO ..........................................................................69
2.9
RAGGRUPPAMENTI DI IMPRESE IN BASE ALLA SENSIBILITÀ AL CAPITALE INTANGIBILE .......72
2.10
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE .................................................................................77
ALLEGATO A: IL QUESTIONARIO ..........................................................................................79
Versione estesa [tutte le imprese con più di 10 dipendenti] ......................................................... 80
Versione per micro-imprese [tutte le imprese con dipendenti fino a 10]........................................ 92
ALLEGATO B: ELENCO DELLE IMPRESE APPARTENENTI AI RAGGRUPPAMENTI DEFINITI IN BASE ALLA
SENSIBILITÀ AL CAPITALE INTANGIBILE ...................................................................103
BIBLIOGRAFIA..................................................................................................................106
2
1. Quadro teorico e approccio metodologico
1.1
L’importanza del Capitale intangibile
La comunità finanziaria da tempo ricorre ad indicatori in grado di cogliere la sensibilità degli investitori
nei confronti del patrimonio di idee, capacità ed esperienza delle organizzazioni. Uno degli indicatori
più ricorrenti per quantificare l’incidenza delle componenti intangibili sul valore è il price-to-book ratio,
dato dal rapporto tra il valore dell’impresa in termini di capitalizzazione (market value) e quanto invece
viene colto dalle rilevazioni contabili (book value).
La tabella seguente riporta alcune misurazioni della componente intangibile del valore, calcolata
secondo questa logica.
Tabella 1. Il Price-to-book value per alcune società quotate.
Impresa
Mercato
azionario
Capitalizzazione
di mercato
(Milioni di $)
Patrimonio
contabile
(Milioni di $)
Price-tobook value
Media a
livello di
industria
Oracle Computers
Nasdaq
92,8
5,7
16,3
8,0
Dell Computer
Nasdaq
75,6
4,8
15,9
8,9
Intel
Nasdaq
232,6
35,9
6,5
5,8
Cisco Systems
Nasdaq
154,0
27,5
5,6
4,6
Yahoo
Nasdaq
11,7
1,9
6,0
3,9
Microsoft
Nasdaq
373,1
48,5
7,7
8,0
Sun Microsystems
Nasdaq
NYSE
43,9
10,2
4,3
8,9
111,4
11,1
10,0
9,1
16,0
1,6
10,0
6,3
210,4
21,9
9,6
8,9
254.1
34,3
7,4
6,6
383,5
53,6
7,1
6,0
15,3
3,8
4,0
3,6
34,5
9,8
3,5
4,2
18,6
11,2
1,6
8,9
27,8
28,9
0,9
1,6
45,4
22,9
2,0
2,2
Coca-Cola
Harley Davidson
IBM
Wal Mart
General Electric
Nike
Mc Donald’s
Compaq
General Motors
Walt Disney
NYSE
NYSE
NYSE
NYSE
NYSE
NYSE
NYSE
NYSE
NYSE
Fonte: Lipparini A., (2002), “La gestione strategica del capitale intellettuale e del capitale sociale”, p.35, Edizioni Il Mulino
Come si può notare, nella quasi totalità dei casi il valore dell’indicatore è superiore all’unità, indicando
un valore di mercato superiore a quello contabile. In alcuni casi, gli indicatori sono particolarmente
elevati. Microsoft ha una capitalizzazione di mercato di 7,7 volte maggiore del suo patrimonio
contabile, mentre per Oracle Computer l’indice è pari a 16, oltre il doppio dell’industria di appartenenza
(software). Dell Computer ha una capitalizzazione di 16 volte maggiore del suo patrimonio contabile,
3
un valore molto più elevato di quello dell’industria di riferimento (8,9). I casi di Coca-Cola e Harley
Davidson, imprese simbolo della “old economy”, evidenziano una capitalizzazione di ben 10 volte il
patrimonio contabile, sottolineando come la componente emozionale dei prodotti e il favore
riscontrato presso una larga comunità accrescano la componente intangibile del valore legata
all’esperienza e al patrimonio dei propri clienti1.
Queste evidenze non sono riferibili solo a imprese del calibro di quelle citate, ma riguardano il sistema
delle imprese nel suo complesso. Una stima della Federal Reserve del 2000 indica, a conferma, che metà
del valore complessivo delle imprese statunitensi è da attribuirsi agli investimenti in capitale intangibile
ed evidenzia come la componente intangibile, in base all’analisi dei tassi di crescita, sembra destinata nel
tempo a superare in valore quella legata al capitale fisico.
Questi ed altri riscontri hanno portato alcuni autori, tra cui Stan Davis e Christopher Meyer (2000), a
delineare uno scenario futuro in cui gli elementi alla base del valore, tra i quali il capitale umano e gli
altri asset intangibili, verranno trattati in mercati finanziari efficienti, e le unità di business saranno
valutate in base al proprio capitale intangibile.
Ma cosa caratterizza e distingue il capitale intangibile da quello fisico e perché il primo appare sempre
più determinante per il successo e la crescita dell’impresa?
Come ogni altro asset, un asset intangibile è una fonte di benefici futuri. Ciò che lo distingue da altri
asset, tuttavia, è la mancanza di una rappresentazione fisica. Alcuni intangibles sono generati da
scoperte e nuove idee (R&D), e quindi spesso protetti e rappresentati da brevetti e copyright. Altri,
soprattutto nel settore dei consumer goods, prendono la forma di brand, che consentono di caricare dei
premi sui prezzi e catturare maggiori market share. Altri ancora includono canali di distribuzione online
o alleanze commerciali. Esistono tuttavia molte altre categorie di asset intangibili, meno visibili rispetto
ai precedenti, che riguardano modalità “speciali” di fare le cose. Spesso sono definiti “capitale
strutturale” e riguardano tipicamente processi e disegni organizzativi unici (es. i prodotti built-to-order
di Dell).
Figura 1. L’importanza degli Intangibles.
Pressione
Pressione
Competitiva
Competitiva
Necessità
Necessità
di
di innovazione
innovazione
Investimenti
Investimenti
in
in intangibles
intangibles
Fonte: nostra elaborazione.
1
Lipparini A., (2002), Op. cit.
4
Ciò che ha reso gli intangibles cruciali per la sopravvivenza e la crescita delle imprese, soprattutto negli
ultimi 15-20 anni, è il fatto che essi rappresentano il “core” dell’innovazione dell’impresa, che è
generata da consistenti investimenti in R&D, clienti, processi, risorse umane, ecc.. La forte pressione
competitiva risultante dalla globalizzazione degli scambi e dall’ampliamento della deregolamentazione
ha reso l’innovazione continua un tema cruciale per il successo dell’impresa e gli intangible asset,
essendo per loro stessa natura difficili da imitare, rappresentano la più potente fonte di vantaggio
competitivo sostenibile (Figura 1).
In aggiunta, gli investimenti in capitale intangibile, contrariamente a quelli in capitale fisico, sono
governati dalla legge dei rendimenti crescenti (Figura 2). Gli investimenti in Ricerca e Sviluppo, sono un
classico esempio del fenomeno. Essi, infatti, non portano risultati immediati, ma, oltre ad una soglia
minima di investimento prima di avere riscontri economici, porteranno rendimenti più che
proporzionali rispetto all’investimento. Questo effetto è spesso denominato nella letteratura come
“scalabilità”: il minimo costo incrementale rispetto all’investimento iniziale porta i revenue direttamente
alla bottom line, cioè fa sì che i ricavi si trasformino direttamente in margini.
Figura 2. Confronto tra investimenti in capitale fisico e investimenti in capitale intangibile.
Curva X: Investimenti in capitale fisico
Rendimento
Curva X: Investimenti in capitale intangibile
Rendimento
Risorse
Risorse
Fonte: nostra elaborazione da Summit 20012.
Se da un lato il capitale intangibile, per le caratteristiche di scalabilità e non imitabilità, risulta una fonte
primaria di vantaggio competitivo sostenibile, dall’altro, uno dei principali ostacoli al suo massimo
sfruttamento è la sua difficoltà di valutazione e misurazione. Molti studiosi si sono confrontati per
risolvere questo problema. Nel paragrafo successivo, vengono analizzate le diverse prospettive presenti
in letteratura per affrontare il tema della valutazione del capitale intangibile, facendo un
approfondimento sugli approcci metodologici che hanno rappresentato la base teorica per predisporre
la metodologia di analisi adottata in questo lavoro di ricerca.
2
www.summit-tm.ir
5
1.2
Le metodologie di valutazione del Capitale intangibile
L’era attuale della “knowledge economy” richiede strumenti di valutazione e gestione aziendale più
completi e innovativi. La valutazione di tipo economico-finanziario appare infatti incapace di cogliere
gli elementi di carattere intangibile nella determinazione dell’effettivo valore economico attribuibile ad
un complesso aziendale.
Essa risulta limitante anche da un punto di vista manageriale. La valutazione del capitale intangibile
sulla base delle spese correnti non aiuta chi gestisce a comprendere i potenziali ritorni degli investimenti
effettuati, per decidere consapevolmente come orientare le risorse aziendali. Gli ostacoli dei manager
non riguardano solo la mancanza di informazioni, ma anche la carenza di strumenti valutativi adeguati.
Per tale ragione, a partire dall’inizio degli anni ’90 si sono avuti numerosi contributi nell’ambito della
letteratura aziendalista finalizzati ad elaborare metodologie di misurazione adatte a cogliere i diversi
aspetti e le diverse dimensioni del capitale intangibile.
Vi sono tre sono fondamentali approcci metodologici per misurare il capitale intangibile:
-
economico-finanziario (Market-to-Book Value, l’indice Q di Tobin, EVA, Calculated Intangible
Value). Offre una valutazione quantitativa, di carattere monetario, degli elementi intangibili,
attribuendo un valore totale all’azienda inteso come somma del valore degli asset tangibili e
intangibili;
-
diretto (The Value Explorer TM, Technology Broker). Punta alla connotazione qualitativa del
capitale intangibile, individuandone le componenti fondamentali e il relativo impatto nei diversi
ambiti organizzativi, generalmente attraverso questionari;
-
multidimensionale (Balanced Scorecard, Intangibile Asset Monitor, Skandia Navigator).
Combina le caratteristiche dei due approcci precedenti per superarne i rispettivi limiti.
Scompone il capitale intangibile in alcune dimensioni principali (es. capitale umano, strutturale e
informativo), individuando una serie di indicatori significativi, utili a misurare la performance
dell’intangibile, riservando anche una sezione specifica nella rappresentazione dei valori
economico-finanziari aziendali.
Il primo approccio presenta caratteristiche che lo rendono impiegabile soprattutto nell’ambito delle
valutazioni finanziarie d’impresa. Presenta invece dei limiti come supporto alla gestione dell’impresa,
non evidenziando sufficientemente i nessi causali tra performance e leve operative.
Il secondo approccio ha sicuramente una maggiore valenza nella prospettiva gestionale, ma viene usato
soprattutto negli studi finalizzati a individuare le risorse immateriali essenziali all’impresa, non fornendo
una dimensione quantitativa alle informazioni individuate.
L’approccio multidimensionale risulta invece efficace per la valutazione del capitale intangibile,
identificandone e valutandone le diverse dimensioni attraverso l’uso di indici capaci di orientare le
strategie dell’impresa nel processo di monitoraggio e sviluppo delle sue risorse intangibili.
Di seguito sono presentati alcuni contributi di rilievo nell’ambito della categoria dell’approccio
multidimensionale. Essi non pretendono di fornire un quadro esaustivo della letteratura sul tema, ma
intendono rappresentare l’insieme di spunti ed esempi sui quali ci si è basati per l’elaborazione della
metodologia analitica della ricerca. In particolare, si farà riferimento agli studi di Lev e Bardes (2001),
Kaplan e Norton (1992, 2004), Edvinsson e Malone (1997).
6
L’impostazione per la valutazione del capitale intangibile proposta da Lev e Bardes nel 20013, guarda
all’impresa come ad una catena del valore. L’impresa viene rappresentata dagli autori come un processo
di innovazione formato da tre fasi principali: 1) la fase di scoperta (Discovery), ovvero di ideazione di
nuovi prodotti/servizi o processi; 2) la fase di trasformazione delle idee in prodotti reali
(Implementation), orientata alla fattibilità tecnica dell’innovazione; 3) la fase di lancio dei prodotti sui
mercati di sbocco (Commercialization).
La fase di Discovery coinvolge attività interne (R&D), esterne (acquisizione di tecnologie), networking
(alleanze, comunità di pratica, ecc.) e in generale tutte quelle attività che trasformano le idee in nuovi
prodotti, processi, servizi. Questa fase richiede generalmente una significativa allocazione di risorse ed è
la più intangible-intensive della catena del valore.
La fase di Implementation ha l’obiettivo di conseguire la fattibilità tecnica dell’innovazione. La fattibilità
tecnica procede attraverso l’acquisizione di brevetti, trademark, oppure attraverso il superamento di
alcuni aspetti formali come test clinici per i farmaci o beta test per i software. In questa fase, la maggior
parte degli intangible viene trasformata in “proprietà intellettuale”: brevetti, trademark e copyright.
La fase di Commercialization sancisce la realizzazione del processo di innovazione. Le idee, trasformate
in prodotti/servizi, vengono portati sul mercato e cominciano a generare fatturato e profitto. A questo
stadio, gli intangible sono prevalentemente customer-related, come per esempio i brand. É da
considerare intangibile anche il know-how derivante dall’intero processo, che sia in qualche modo
brevettabile e licenziabile.
In termini di misurabilità, la fase di commercializzazione rappresenta il link cruciale del sistema
informativo rappresentato dalla catena del valore. Gli input del sistema sono gli investimenti in
intangible, gli output sono i revenue, il costo del venduto e quindi i profitti (Figura 3). Quando i profitti
superano il costo del capitale, l’impresa genera valore.
Figura 3 Il sistema informativo della value chain.
Input
Innovazione
Asset
Intangibili
4Ricerca e
Sviluppo
4Acquisizione di
Tecnologia
4Alleanze
4Comunità di
pratica
Implementazione
Output
Commercializzazione
4Brevetti
4Brand
4Trademark
4Know how
brevettabile e
licenziabile
4Copyright
•Revenues
•Costo del
venduto
•Profitti
4Test formali di
fattibilità (es. test
clinici)
Fonte: nostra elaborazione da Lev e Bardes (2001).
Questo approccio ha il pregio di evidenziare l’importanza degli intangible per la creazione di valore da
parte dell’impresa. L’approccio propone fondamentalmente il miglioramento del reporting finanziario
attraverso l’uso di misure non finanziarie (numero brevetti, nuovi prodotti, nuovi clienti, ecc.) quali
3
Per approfondimenti vedi Lev B., Bardes P. (2001), “Intangibles: Now More Than Ever”, Harvard Business School
Publishing Corporation
7
intermediari che collegano le spese in R&D, qualità, acquisizione dei clienti o formazione degli
impiegati alle performance finanziarie come il fatturato e i profitti.
La stessa logica viene seguita da un altro, forse più noto, approccio metodologico per misurare la
performance del capitale intangibile: la Balanced Scorecard (BSC) di Kaplan e Norton (1992)4. Lo
strumento della BSC identifica tre fondamentali categorie di intangibile asset, essenziali per
implementare qualsiasi strategia:
-
Human capital: le competenze, il talento e le conoscenze possedute dai dipendenti;
-
Information Capital: i database, i sistemi informativi, i network e le infrastrutture IT
dell’impresa;
-
Organization Capital: la cultura dell’impresa, la leadership della classe dirigente, l’allineamento
delle caratteristiche del personale agli obiettivi strategici, la capacità degli impiegati di
condividere la conoscenza.
Seguendo tale impostazione, Kaplan e Norton forniscono utili chiavi di lettura per la misurazione del
valore del capitale intangibile. Nel lavoro “Strategy maps: converting intangible assets into tangible
outcomes”5, gli autori sottolineano come la difficoltà nel misurare il capitale intangibile risieda
soprattutto nel fatto che questo, nella maggior parte dei casi, non crea valore da solo ma ha bisogno di
essere combinato con altri asset. Per esempio, gli investimenti in IT hanno una scarsa utilità se non
combinati con adeguati programmi di formazione e di incentivi. A loro volta, molti programmi di
formazione delle risorse umane hanno la necessità di essere completati dall’uso di strumenti tecnologici.
Inoltre, sia gli investimenti in HR che quelli in IT devono essere perfettamente allineati con la strategia
dell’impresa e con l’organizzazione per poter sviluppare pienamente il loro potenziale. Un’altra
difficoltà è rappresentata dal fatto che ciò che è intangibile raramente ha impatti diretti sulla
performance finanziaria, ma al contrario lavora spesso indirettamente attraverso una complessa catena
di cause ed effetti.
Queste caratteristiche rendono impossibile la misurazione degli intangible “on a freestanding basis”. La
misura del valore creato dagli intangible è infatti incorporata nel contesto della strategia dell’impresa.
Non è possibile attribuire un valore ad una forza lavoro preparata e motivata perché tale valore dipende
dal contesto della strategia. Ciò che è possibile fare è capire se la preparazione e la motivazione della
forza lavoro è adeguata alla strategia aziendale. Il concetto di fondo è quello che vale anche per il
capitale tangibile: il valore degli asset intangibili dipende dallo loro “liquidità” (strategic readiness),
ovvero dalla loro capacità di essere pronti a sostenere adeguatamente la strategia aziendale6,
influenzando i processi interni critici per la creazione di valore per clienti e azionisti. Così come per il
concetto di “liquidità” degli asset fisici, maggiore è la “readiness” degli asset intangibili, più veloce è il
loro contributo a generare cassa.
Nel caso di Human Capital, la “liquidità” è rappresentata dal possesso da parte degli impiegati della
giusta qualità e livello di competenze per realizzare i processi interni critici per la realizzazione della
strategia aziendale. Nel caso del Information Capital, essa è rappresentata dall’adeguatezza del
portafoglio di sistemi, applicazioni e infrastrutture IT a supportare i processi interni critici. Infine, nel
caso del Organization Capital, la “liquidità” è data dalla capacità dell’impresa di cambiare
l’organizzazione per supportare la strategia e, al contempo, dal grado di interiorizzazione del personale
di cultura, valori, visione e missione dell’impresa.
La valutazione del grado di “liquidità”, o pronta usabilità, del capitale intangibile dipende dalla coerenza
di quest’ultimo con gli obiettivi strategici dell’impresa. L’assessment degli asset intangibili sarà allora
realizzato attraverso lo strumento della mappe strategiche, che forniscono un framework di
4
5
6
Kaplan R. S., Norton D. P. (1992), “The Balanced Scorecard”, Harvard Business School Press, Boston
Harvard Business School Press, 2004
Kaplan R.S., Norton D.P. (2004), “Measuring the Strategic Readiness of Intangibles Assets”, in Harvard Business Review,
February
8
collegamenti tra gli asset intangibili e la creazione di valore, attraverso quattro differenti prospettive:
finanziaria, del cliente, dei processi interni, della crescita e apprendimento (Figura 4).
Figura 4. La mappa strategica.
Sustained Shareholder Value
Productivity Strategy
Financial
Perspective
Improve cost
structure
Revenue Growth Strategy
Inrease asset
utilization
Enhance
customer value
Expand
revenue
opportunities
Customer Value Proposition
Customer
Perspective
Price
Quality
Availability
Selection
Functionality
Product/Service Attributes
Internal
Process
Perspective
How intangible
assets fit into the
strategy map
Learning
and Growth
Perspective
Operations
Managmenet
a
Human Capital
Skills
Training
Knowledge
Partnership
Relationship
Customer
Management
Strategic Job
Families
Service
Strategic IT
Portfolio
Information Capital
Systems
Databases
Networksl
Innovation
Brand
Image
Regulatory and Social
Organization
Change
Agenda
Creating
Alignment and
Readiness
Organization Capital
Culture
Leadership
Alignment
Teamwork
Fonte: Kaplan e Norton (2004).
Un altro importante contributo di tipo “multidimensionale” è proposto da Edvinsson e Malone7 (1997)
e prende le mosse da una metodologia valutativa del Capitale Intangibile denominata Skandia
Navigator.
Il modello Skandia Navigator, ideato da Leif Edvinssson nel 1994, viene sviluppato in collaborazione
alla società svedese Skandia, operante nel settore delle assicurazioni. Finalizzato alla gestione e sviluppo
degli asset intangibili prioritari per la creazione di valore, il modello consiste in uno strumento
informativo con valenze sia interne che esterne da affiancare al bilancio d’esercizio, capace di
evidenziare e gestire, tramite una serie di indicatori integrati, le diverse aree di performance individuate
all’interno dell’impresa.
Come ogni efficace modello di misurazione del capitale intangibile, lo Skandia Navigator assolve
essenzialmente a due compiti: identificare e valutare le diverse componenti del capitale intangibile
attraverso opportuni indicatori e la loro combinazione; orientare i comportamenti e le strategie
dell’impresa fornendo una base di legittimazione degli investimenti effettuati a sostegno del capitale
intangibile.
Partendo dalla considerazione che il valore scaturisce da due tipologie di capitale – finanziario e
intellettuale – il modello si concentra sulla seconda, effettuandone una prima separazione tra capitale
“pensante” (human capital) e “non pensante” (structural capital), ritenendola utile nel momento in cui
si avanzano considerazioni sugli stili manageriali richiesti per l’approccio alle diverse tipologie di
capitale. Il capitale umano comprende le competenze, le relazioni e i valori delle risorse umane
dell’azienda. Il capitale strutturale, invece, comprende il capitale rappresentato dai clienti (customer
7
Edvinsson L., Malone M.S. (1997), “Intellectual Capital: Realizing Your Company's True Value by Finding its Hidden
Brainpower”, Harper Collins Publisher Inc. New York
9
capital), quello relativo all’innovazione (innovation capital) e quello afferente ai processi (process
capital). Le componenti legate all’innovazione e ai processi, insieme alla cultura aziendale,
rappresentano la dimensione organizzativa del capitale (organizational capital) che include asset
intangibili, proprietà intellettuali e know-how codificato (best practice, manuali, reti Intranet).
Questa concettualizzazione sottolinea come il capitale intellettuale sia il risultato di un processo di
creazione di valore alimentato dall’interazione delle componenti umana e strutturale, e finalizzato alla
trasformazione delle conoscenze individuali in capitale ad uso dell’intera organizzazione.
Figura 5. Skandia Value Scheme.
Market
Market Value
Value
Financial
Financial capital
capital
Intellectual
Intellectual capital
capital
Human
Human Capital
Capital
Structural
Structural Capital
Capital
Customer
Customer Capital
Capital
Organization
Organization Capital
Capital
Innovation
Innovation Capital
Capital
Process
Process Capital
Capital
Fonte: nostra elaborazione da Edvinsson e Malone (1997).
Lo Skandia Navigator identifica e valuta le diverse componenti del capitale intellettuale, sopra
evidenziate, attraverso opportuni indicatori e la loro combinazione. Sono quindi identificate 5
prospettive della performance aziendale:
-
focus finanziario;
-
focus capitale umano;
-
focus sulle relazioni;
-
focus sui processi;
-
focus su innovazione e sviluppo.
Tali prospettive sono monitorate con un sistema di indicatori che crea un reticolo di relazioni di
influenza reciproca (vedi Figura 6). Gli indicatori consentono la misurazione della performance e
l’orientamento degli investimenti dei manager.
Il Navigator fornisce una rappresentazione d’insieme delle attività dell’impresa, bilanciando il passato
(focus finanziario), il presente (focus sui clienti, focus sul capitale umano e focus sui processi) e il futuro
(focus su innovazione e sviluppo). Lo strumento si compone infatti di una base, rappresentata dal
focus su innovazione e sviluppo, sulla quale si innesta il focus sui clienti e quello sui processi, attraverso
10
il focus sul capitale umano, il quale riflette il mix di esperienza e innovazione degli individui e le
strategie dell’impresa per preservarlo o svilupparlo.
Uno dei pregi del Navigator è che, oltre a rappresentare le diverse componenti del capitale intangibile e
come tali componenti si relazionano tra loro per produrre valore, esso rappresenta una base per
organizzare un percorso di sviluppo del capitale intangibile; il Navigator è pertanto un sistema di
orientamento che consente di convogliare gli sforzi sulle componenti del capitale a maggior potenziale e
punta sull’interazione tra le componenti per stimolarne l’interazione sinergica. I benefici potenziali si
traducono in risparmi di investimento, attivazione di dinamiche di apprendimento e creazione di nuovo
valore attraverso nuove combinazioni e connessioni tra gli elementi del capitale intangibile.
Figura 6. La struttura delle dimensioni della performance.
IERI
Focus sui Clienti
Focus
Capitale
Umano
DOMANI
Focus Innovazione e Sviluppo
Focus sui Processi
OGGI
CAPITALE INTELLETTUALE
Focus finanziario
AMBIENTE OPERATIVO
Fonte: nostra elaborazione da Edvinsson e Malone (1997), Op.cit.
11
1.3
Approccio metodologico della ricerca
1.3.1
Il ruolo del capitale relazionale nel sistema industriale italiano
Uno dei tratti caratteristici del nostro sistema industriale è rappresentato dalla prevalente presenza delle
piccole imprese, che forniscono un contributo rilevante alla formazione del PIL, alla quota italiana di
esportazioni nel commercio internazionale e all’occupazione del sistema Paese. Questa caratteristica del
sistema industriale nazionale viene considerata come uno dei fattori di debolezza competitiva sui
mercati internazionali.
Le difficoltà di crescita delle Pmi sono note e riconducibili:
-
alla debolezza della struttura finanziaria;
-
alla prevalente struttura familiare;
-
ai bassi investimenti in innovazione tecnologica;
-
alla carente apertura a competenze manageriali esterne;
-
alla carente apertura verso investitori esterni in capitali di rischio (investitori di business, private
equity, venture capital, quotazione in borsa);
-
alla loro prevalente presenza nei settori tradizionali a limitato tasso di crescita.
Sebbene nell’ultimo triennio si è avvertito un maggiore dinamismo delle piccole e medie imprese per
superare i limiti competitivi derivanti dalle ridotte dimensioni, la struttura del sistema industriale non ha
subito rilevanti trasformazioni.
La sottrazione delle Pmi ai limiti dimensionali può avvenire con soluzioni alternative alla crescita
endogena -che richiede tempi lunghi di implementazione- riconducibili a:
-
operazioni di M&A;
-
operazioni di joint venture equity, con la costituzione di un terzo soggetto;
-
operazioni di accrescimento del capitale di rischio da parte di soggetti finanziari;
-
joint venture contrattuali;
-
accordi nell’ambito di reti, nei sistemi di sviluppo locale e nei distretti industriali.
Negli ultimi anni, numerosi studi hanno posto in rilievo il ruolo che le relazioni detenute dall’impresa
con gli attori del contesto locale in cui essa è localizzata possono avere per lo sviluppo competitivo
(Nahapiet e Ghoshal, 1998). Negli scenari socio-economici attuali, le relazioni interaziendali, infatti,
costituiscono una fonte di vantaggi competitivi knowledge-based (Yli-Renko et al. 2002), in quanto
consentono lo sviluppo e l’accumulazione di conoscenze e lo sfruttamento di queste per la creazione di
valore (Lipparini 1995). Il riferimento teorico sottostante tali considerazioni risiede nella teoria del
capitale relazionale, che considera le relazioni sociali tra soggetti come un asset intangibile in grado di
produrre effetti economici rilevanti per il suo detentore. Nella prospettiva teorica in esame, il
complesso dei rapporti e dei legami sociali che la singola impresa detiene con gli attori locali costituisce
quindi la base di partenza per l’instaurarsi di successivi legami economici. A partire da queste premesse,
la letteratura ha analizzato in dettaglio la correlazione esistente tra il raggiungimento di una posizione di
vantaggio competitivo e la struttura del network, in cui la singola impresa è inserita, e delle relazioni in
esso prodotte. Diversi autori, hanno così analizzato il ruolo che il contesto locale assume ai fini delle
performance d’impresa, seppur attribuendo denominazioni diverse alla struttura dei legami
interaziendali sottostanti. Si è parlato, infatti, di costellazioni di imprese (Lorenzoni e Ornati 1988;
Lorenzoni 1990), organizzazioni a rete (Boari et al. 1992), distretti industriali (Becattini, 1979 e 1989),
cluster (Porter 1990), modelli di specializzazione flessibile (Piore e Sabel 1984; Sabel 1989), ecc. In ogni
caso, ci troviamo di fronte a network sociali, emersi per effetto di strategie di consolidamento delle
relazioni e di condivisione dei saperi tra soggetti della rete.
12
Nei network locali le relazioni sociali, informalmente organizzate, tendono a produrre connessioni
economiche che sono alla base della condivisione di economie di scala tra medie e piccole imprese,
nonché scambi informativi capaci di produrre economie di condivisione della conoscenza. Molte
ricerche empiriche in settori diversi (tra gli altri, Liles 1974; Saxenian 1994; Cressy 1999) hanno
confermato queste ipotesi, evidenziando il ruolo critico dei network per l’acquisizione e il trasferimento
di knowledge necessario per la competizione in determinati settori e/o contesti territoriali. La
prospettiva resource-based ha evidenziato che, quanto più una risorsa presenta caratteristiche proprie
dell’unicità e della non riproducibilità, tanto più essa è a piena ragione deputata a essere una fonte per la
costruzione di una posizione di vantaggio competitivo sostenibile del network locale. Ciò vale
soprattutto per le risorse intangibili (in primis quelle derivanti dal capitale relazionale). Una volta
identificata tale risorsa il sistema locale deve attivare processi di accumulazione, di riproduzione nel
tempo (Vicari 1991) e di combinazione idiosincratica, al fine di difendere i vantaggi acquisiti.
Nell’ambito degli studi aziendali, la definizione più completa di capitale relazionale è stata formulata da
Nahapiet e Ghoshal (1998) che lo considerano come la somma delle risorse attuali e potenziali che
acquistano valore per effetto della loro derivazione dai network di relazioni posseduti dall’unità sociale
considerata. Elemento caratterizzante di questa definizione è che essa comprende sia i network di
relazioni che un’impresa detiene con altri soggetti, sia gli asset mobilizzati con tali network. Viene
perciò avvalorata la tesi, sostenuta da vari autori (Lin e Dumin 1996; Lin et al. 1981), per cui il capitale
relazionale sia effettivamente una risorsa al pari del capitale fisico e umano; più in generale, esso va
identificato nei legami relazionali che ogni soggetto intrattiene con altri.
Le relazioni sociali, quindi, sono il fattore di base del capitale relazionale, la cui formazione è
subordinata alle caratteristiche di stabilità, continuità e durevolezza delle relazioni (Bourdieu 1986;
Coleman 1990). Tali caratteristiche rendono il capitale relazionale un asset diverso da altre forme di
capitale, in quanto il valore tende a crescere con il consolidamento delle relazioni (Krackhardt 1996). La
presenza di relazioni sociali stabili e continuative, difatti, consente al singolo attore di sviluppare
relazioni fiduciarie che riducono i costi di transazione, contribuendo alla creazione di valore
(Granovetter 1985; Gulati 1999).
Fra le evoluzioni più recenti del processo di crescita del valore di impresa vi è la prevalente natura
immateriale delle sue determinanti. Le determinanti del valore, secondo la prospettiva della resourcebased view, sarebbero infatti da ricondurre all’eterogenea dotazione tra le imprese di risorse e asset
immateriali. Sul tema la letteratura più accreditata ha evidenziato nell’asimmetrica dotazione di risorse (e
in particolare di risorse intangibili) la fonte della specificità dell’impresa e dei suoi vantaggi competitivi.
Le imprese tendono perciò a difendere i loro vantaggi competitivi proprio tramite l’investimento in
capitale relazionale con gli attori più disparati: clienti, fornitori, altre imprese e policy maker. I rapporti
con tali partner costituiscono, infatti, la fonte per la realizzazione di reti di valore uniche e inimitabili
(Yli-Renko et al. 2001; Dyer, Singh 1998; Lane, Lubatkin 1998). Le relazioni reticolari dell’impresa sono
considerate perciò una delle principali fonti di vantaggio competitivo e di produzione di valore
(Costabile 2001; Kogut 2000; Norman, Ramirez 1994; Lorenzoni 1992; Di Bernardo, Rullani 1990)
attraverso la costruzione di asset che potremmo definire relation-specific (Yli-Renko et al. 2001), quali
ad esempio la condivisione di knowledge, e l’attivazione di nuove routine. Ciò impone un approccio
strategico al governo di tali relazioni, al fine di massimizzarne l’efficacia in termini di migliori
performance economiche, soprattutto per le imprese più giovani, di minore dimensione e collocate in
aree distrettuali.
Tradizionalmente, l’analisi del capitale relazionale applicata a contesti locali si è risolta nello studio delle
relazioni inter-imprese secondo una prospettiva che vedeva di volta in volta spostare l’enfasi analitica
verso la ricostruzione del network inter-organizzativo esistente tra più imprese localizzate nello stesso
distretto o nella verifica dell’esistenza di visioni comuni e condivise, ossia di un clima di fiducia e
cooperazione tra gli attori locali (imprese e istituzioni). Quest’ultima prospettiva, in particolare, ha
generato numerosi consensi verso l’idea che il capitale relazionale vada considerato come un bene
pubblico (Coleman 1990), disponibile in ugual misura per tutti coloro che sono localizzati in un certo
contesto sociale. In questa sede, pur ammettendo l’esistenza di un livello pubblico di capitale
13
relazionale, esso viene visto come un asset specifico della singola impresa, in quanto è la combinazione
delle capacità relazionali individuali (componente privata del capitale relazionale) con alcuni fattori di
esternalità locale (componente pubblica del capitale relazionale) che contribuisce al successo
imprenditoriale.
1.3.2
Criteri di scelta del modello di analisi
Nel corso dell’indagine oggetto del presente lavoro, in considerazione della finalità prevalentemente
inventariale delle risorse intangibili detenute dal campione delle imprese, nonché della relativa
profondità d’analisi dovuta alla metodologia di rilevazione dei dati (questionario da compilare in
remoto), si è scelta l’adozione di un metodo multidimensionale. I metodi di carattere economicofinanziario infatti, hanno una finalità prevalentemente di definizione del valore economico-finanziario
dell’impresa, che esula dagli obiettivi del presente lavoro e avrebbe richiesto inoltre il disclosure da
parte delle imprese di dati particolarmente sensibili e riservati. I metodi diretti, d’altra parte, per quanto
adeguati in termini di finalità, avrebbero richiesto l’impiego di questionari eccessivamente complessi,
non adatti alla somministrazione in remoto quanto piuttosto all’intervista diretta.
Oltre ad essere aderenti per finalità e metodologia di rilevazione dei dati, i metodi multidimensioanli
hanno il grande pregio di poter essere impiegati come tableu de board dalle imprese stesse, in una fase
successiva a quella dell’indagine.
Dei modelli rappresentati nei paragrafi precedenti, si farà riferimento soprattutto all’ultimo (Skandia
Navigator), pur integrato ove possibile di alcuni aspetti a nostro avviso fondamentali nello studio dei
sistemi di piccole e medie imprese, non adeguatamente rappresentati dalla versione originale dello
strumento.
In particolare, nella definizione e scomposizione del capitale intellettuale, sarà aggiunta la dimensione
del capitale relazionale (vedi Figura 7).
Figura 7. Modello Skandia Navigator modificato per gli scopi della ricerca.
Market
Market Value
Value
Financial
Financial capital
capital
Intellectual
Intellectual capital
capital
Human
Human Capital
Capital
Structural
Structural Capital
Capital
Relational
Relational Capital
Capital
Organization
Organization Capital
Capital
Innovation
Innovation Capital
Capital
Process
Process Capital
Capital
14
IERI
Focus sulle relazioni
(clienti, altri
stakeholder)
Focus
Capitale
Umano
DOMANI
Focus Innovazione e Sviluppo
Focus sui processi
OGGI
CAPITALE INTELLETTUALE
Focus finanziario
AMBIENTE OPERATIVO
Fonte: nostra elaborazione.
15
1.3.3
Proposizioni di ricerca
Il primo obiettivo della ricerca è quello di fornire una valutazione qualitativa della presenza di risorse
intangibili nel campione delle imprese selezionato, che intende rappresentare il tessuto industriale della
provincia di Savona.
Il valore del capitale intangibile delle imprese campionate viene analizzato nelle seguenti dimensioni:
-
finanziaria (par. 2.3);
-
del capitale umano (par. 2.5);
-
del capitale relazionale (par. 2.4);
-
dei processi (par. 2.6);
-
dell’innovazione e sviluppo (par. 2.7).
Rispetto a ciascuna tipologia di capitale intangibile, viene espresso un giudizio di merito, formulato
confrontando i risultati emersi con quelli di altre ricerche empiriche aventi come oggetto il sistema
industriale nazionale8.
Viene inoltre espressa una valutazione del quadro generale in chiave prospettica, analizzando le
interazioni principali tra le diverse componenti del capitale intangibile (2.8).
La ricerca si conclude con un’analisi dei raggruppamenti (cluster analysis), finalizzata ad identificare i
principali raggruppamenti delle imprese del campione rispetto alle performance rilevate sulle diverse
dimensioni del capitale intangibile. La valutazione di tali performance porterà pertanto ad individuare
gruppi di imprese con diversa sensibilità rispetto al tema della gestione delle proprie risorse intangibili
(par. 2.9).
In conclusione sono proposte la sintesi delle principali evidenze e l’indicazione delle possibili
implicazioni per gli attori del sistema istituzionale in merito alle politiche di sviluppo e sostegno della
competitività delle imprese (par. 2.10).
8
Tra gli altri: Management Forum (2006), Unioncamere (2007), Capitalia (2007 e 2005), ICE (2007), Fondazione NordEst
(2007).
16
1.4
Approccio analitico e fasi operative
Di seguito sono descritti i criteri impiegati per strutturare l’indagine sotto il profilo analitico.
1.4.1
Definizione del campione
Il questionario è stato somministrato a tutte le imprese associate all’Unione Industriali di Savona. Il
panel, rappresentato in Tabella 2 è sufficientemente rappresentativo della configurazione industriale
della provincia di Savona, in base al Censimento Istat 2001.
Tabella 2. Imprese associate all’Unione Industriali di Savona: suddivisione per settori (2007).
Descrizione_settore
Alimentare
Ambiente
Aziende della sanità
Servizi pubblica utilità
Cantieristica
Cartario
Ceramica e refrattari
Chimica
Credito e assicurazioni
Edile
Editoria e stampa
Estrattive
Gomma e plastica
Impiantistica meccanica
Meccanica
Laterizi
Legno e arredamento
Logistica e trasporti
Petrolifera
Servizi di pulizia
Servizi di sicurezza
Terminalisti portuali
Terziario superiore
Varie
Vetro
Totale
n° aziende
14
21
11
14
7
3
4
14
6
82
2
7
5
23
27
2
4
8
4
1
1
13
24
12
5
314
Fonte: Unione Industriali di Savona, 2007.
La tecnica di campionamento adottata è di matrice quantitativa e le risultanze dell’indagine possono
riferirsi all’universo delle imprese associate all’Unione Industriali di Savona, ma possono anche essere
considerate rappresentative dell’intero territorio della provincia di Savona.
1.4.2
Elaborazione del questionario
Il questionario è stato elaborato a partire dal modello Skandia Navigator, integrando la raccolta di
indicatori di performance, raggruppati per dimensione della performance, con alcune domande
qualitative atte ad indagare l’aspetto relazionale, non sufficientemente colto dal modello originale.
17
Accettando la rappresentazione aziendale fornita dal modello così modificato, per esprimere le risorse
intangibili dell’impresa sono stati individuati alcuni indicatori (Tabella 3).
Tabella 3. Gli indicatori di performance impiegati nella ricerca per la valutazione delle risorse intangibili.
Focus
Finanziario
Fatturato
CAGR Fatturato*
Focus
Relazionale
Composizione assetto
proprietario (presenza
imprese o istituzioni
finanziarie)
Spin off (da impresa,
università, centro di
ricerca)
Presenza di
finanziamenti di venture
RO**
capital o private equity
Presenza di accordi di
fornitura superiori a 5
CAGR RO***
anni
Analisi degli accordi di
CAGR Market Share**** collaborazione
Presenza impresa in
distretto industriale
Focus
Capitale
Umano
Focus
Processi
Focus
Ricerca e Innovazione
Presenza di proprietari
nelle attività di gestione
Peso spese annuali
Ricerca e Sviluppo su
Nr tot PC/ NR dipendenti Fatturato
Analisi Formazione
Proprietari
Spese IT/Nr dipendenti
Composizione del
personale in macro figure
professionali (dirigenti,
Presenza certificazione
impiegati,operati, ecc.)
di qualità
Età media personale
Background educativo
personale
% pdt difettosi su totale
produzione
NR accessi Internet/ Nr
dipendenti
Turnover medio
personale
Presenza di sistemi di
risk management
Nr addetti dedicato alla
Ricerca e Sviluppo
Numero brevetti
Numero altri diritti di
proprietà individuale
Nuovi prodotti sviluppati
nell'ultimo triennio
Tempi medi di
realizzazione nuovi
prodotti
Analisi accordi di
Presenza competenze
collaborazione per lo
specifiche
sviluppo di nuovi prodotti
Presenza competenze
linguistiche
Ore di formazione
Presenza sistemi di
valutazione delle
prestazioni
Presenza sistemi di
valutazione del
potenziale
Presenza sistemi di
incentivazione delle
prestazioni
* Compound Annual Growth Rate Fatturato - Tasso di crescita annuo composto del Fatturato
** Reddito Operativo
*** Compound Annual Growth Rate Reddito Operativo - Tasso di crescita annuo composto del Reddito Operativo
**** Compound Annual Growth Rate Market Share - Tasso di crescita annuo composto della Quota di mercato
Fonte: nostra elaborazione.
Tali indicatori sono risultati sufficienti per costruire un quadro generale del grado di presenza di risorse
intangibili nel campione di imprese. Per lo studio della dimensione relazionale si è preferito integrare gli
indicatori con alcune domande qualitative incentrate sull’impianto delle relazioni strategiche delle
imprese analizzate. E’ stato quindi necessario indagare non solo il numero ma anche la natura delle
relazioni interaziendali a livello locale, in senso verticale (asse fornitori-clienti) ed orizzontale (relazioni
con i concorrenti), i rapporti con il sistema finanziario (banche, venture capital, incubator) e gli assetti
proprietari (partecipazioni strategiche di altre imprese e/o in altre imprese).
Il questionario è stato prodotto in due versioni, una estesa per le Pmi e le grandi imprese e una più
sintetica per le micro-imprese, considerando con le ultime quelle con meno di 10 dipendenti. Un
modello di questionario, nelle due versioni, è allegato al presente rapporto (Allegato A)
18
1.4.3
Somministrazione del questionario
Grazie al prezioso supporto dell’Unione industriali di Savona, il questionario è stato inviato alle imprese
associate con la richiesta di rinviarlo debitamente compilato. Un referente dell’Unione Industriali di
Savona è stato incaricato per fornire alle imprese il supporto informativo per la compilazione del
questionario.
I questionari sono stati quindi raccolti dall’Unione industriali di Savona, incaricata anche del data entry
all’interno di un modello di raccolta ed elaborazione dati fornito da LUISS Business School.
Complessivamente, sono state raccolti 122 questionari, di cui 30 relativi a micro-imprese (imprese
con meno di 10 dipendenti).
1.4.4
Elaborazione dei dati
In base al numero e alla qualità delle osservazioni raccolte, LUISS Business School ha stabilito le analisi
statistiche più opportune per estrarre le considerazioni richieste dal progetto:
- illustrazione delle statistiche descrittive sui diversi tipi di attività intangibili posseduti dalla
imprese del campione ed interpretazione;
- analisi di correlazione tra diversi tipi di attività intangibili ed indicatori di performance
dell’impresa;
- analisi del grado di sensibilità ai temi dello sviluppo e della gestione del capitale intangibile, con
particolare focus sulle politiche di gestione delle risorse umane e le politiche di ricerca e
sviluppo;
- raggruppamento delle imprese analizzate per cluster omogenei di comportamento/
caratteristiche rispetto alla gestione del capitale intellettuale.
1.4.5
Elaborazione di un rapporto finale di ricerca
I risultati emersi dall’analisi delle evidenze sono sintetizzati nel rapporto finale di ricerca, impostato con
finalità sia informative/divulgative che formative, ossia finalizzato a fornire un quadro generale della
situazione delle imprese locali e al contempo a sensibilizzare il lettore rispetto ai temi della gestione e
dello sviluppo del capitale intangibile per la creazione di valore.
19
2. Rapporto Finale
2.1
Profilo del campione delle imprese
Il campione utilizzato nell’indagine è costituito da 122 imprese, di cui 30 micro-imprese e 92 tra piccole,
medie e grandi.
Classificando i settori di appartenenza delle imprese del campione in base alla classificazione di Pavitt9,
si osserva una netta predominanza di imprese appartenenti ai settori tradizionali (51%), ma anche una
significativa presenza di imprese dei settori specializzati e dei servizi (rispettivamente, 21% e 24%). Le
imprese high tech, al contrario, hanno una presenza poco rilevante (4%).
Questo quadro generale è coerente con quello riferibile al territorio nazionale, dominato da imprese di
tipo tradizionale e da una presenza ancora poco significativa di imprese high tech10.
Per molti autori, tra cui Boeri (2005), la prevalenza di imprese con un modello di specializzazione
obsoleto, come quelle di tipo tradizionale, e quindi sempre più esposto alla concorrenza dei Paesi
emergenti, deriva dai limitati investimenti accumulati nel tempo dalle imprese italiane nel capitale
umano e in quelle risorse qualificate, prevalentemente di tipo intangibile, che favoriscono la crescita dei
settori ad alta tecnologia, che più hanno beneficiato negli ultimi tempi della crescita del commercio
mondiale.
Figura 8. Distribuzione di imprese e micro-imprese per tipologia di settore in base alla tassonomia di Pavitt.
Distribuzione imprese e micro imprese per tipologia di settore
science based (high
tech); 4%
servizi; 24%
supplier dominated
(tradizionale); 51%
specialised suppliers
(specializzato); 21%
9
La tassonomia di Pavitt è una classificazione dei settori merceologici compiuta sulla base delle fonti e della natura delle
opportunità tecnologiche e delle innovazioni, dell'intensità della ricerca e sviluppo, e della tipologia dei flussi di
conoscenza. Pavitt individua, sulla base dei criteri sopra accennati, quattro grandi raggruppamenti settoriali: 1) Supplier
dominated o “tradizionali” - che include: tessile; calzature; settori alimentari e bevande; carta e stampa; legname; 2) Scale
intensive o "ad intensità di scala" - che comprende: metalli di base; autoveicoli e relativi motori; 3) Specialised suppliers o
"specializzati" - che include: macchine agricole e industriali; macchine per ufficio; strumenti ottici, di precisione e medici;
4) Science based o "High Tech" - che comprende: chimica; farmaceutica; elettronica. Ogni raggruppamento si ritiene
caratterizzato da regolarità interne riguardo: le fonti potenziali dell'innovazione; la tipologia delle innovazioni; il loro grado
di appropriabilità; l'altezza delle barriere all'entrata; la grandezza media delle imprese. Per maggiori dettagli vedi Pavitt K.
(1984),” Sectoral Patterns of Technical Change: Towards a Taxonomy and a Theory”., Research Policy, 13: pp.343-73.
10 Boeri T. (a cura di), Faini R., Ichino A., Pisauro G., Scarpa C. (2005), “Oltre il declino”, Edizioni Il Mulino, Milano
20
Distribuzione imprese per tipologia settore
science based
(high tech)
5%
servizi
20%
supplier dominated
(tradizionale)
47%
specialised suppliers
(specializzato)
26%
Distribuzione micro-imprese per tipologia settore
specialised suppliers
(specializzato)
7%
servizi
37%
supplier dominated
(tradizionale)
56%
Fonte: nostra elaborazione.
Con specifico riferimento ai settori industriali di appartenenza delle imprese del campione, si nota,
tanto per le micro-imprese che per le altre, una prevalenza del settore edile. Si riscontra anche una
significativa presenza di imprese meccaniche, alimentari e del settore dei servizi (per le micro-imprese).
21
Tabella 4. Distribuzione imprese del campione per settore industriale di appartenenza.
Settore industriale
Edile
Meccanica
Alimentare
Impiantistica meccanica
Ambiente
Chimica
Cartario
Legno e arredamento
Logistica e trasporti
Terminalisti portuali
Terziario superiore
Ceramica e refrattari
Gomma e plastica
Petrolifera
Servizi pubblica utilità
Varie
Vetro
Estrattive
Laterizi
Totale
Nr Imprese
17
14
10
9
7
6
3
3
3
3
3
2
2
2
2
2
2
1
1
92
%
18%
15%
11%
10%
8%
7%
3%
3%
3%
3%
3%
2%
2%
2%
2%
2%
2%
1%
1%
100%
Tabella 5. Distribuzione micro-imprese del campione per settore industriale di appartenenza.
Settore industriale
Edile
Terziario superiore
Alimentare
Aziende della sanità
Cantieristica
Editoria e stampa
Estrattive
Impiantistica meccanica
Logistica e trasporti
Terminalisti portuali
Laterizi
Totale
Nr Imprese
14
7
2
1
1
1
1
1
1
1
0
30
%
50%
22%
6%
3%
3%
3%
3%
3%
3%
3%
0%
100%
Fonte: nostra elaborazione.
Questa risultanza riflette la struttura industriale del territorio11, confermata anche dalla distribuzione
delle imprese associate all’Unione Industriali locale, ad ulteriore conferma del buon grado di
rappresentatività delle imprese intervistate.
In termini di numero di dipendenti, complessivamente le imprese intervistate presentano una media di
52 dipendenti. In Figura 9 è disponibile un dettaglio per tipo settore e per classe dimensionale12.
11
12
Censimento ISTAT 2001
Si userà nel contesto di questa ricerca una classificazione articolata secondo i seguenti cluster dimensionali: 1-9 dipendenti
(micro-imprese), 10-49 (piccole imprese), 50-249 (medie imprese), oltre 250 (grandi imprese)
22
Figura 9. Numero medio dipendenti delle imprese del campione: dettaglio per tipo settore e classe dimensionale.
Nr medio dipendenti
Nr dipendenti medio per tipo settore (1/1/07)
120
104
100
80
61
60
40
37
36
supplier dominated
(tradizionale)
servizi
20
specialised suppliers science based (high
(specializzato)
tech)
Media
Nr Dipendenti medio per classe dimensionale (1/1/07)
500
450
400
350
300
250
200
150
100
50
-
431
96
grande
media
25
6
piccola
micro
Fonte: nostra elaborazione.
Come risulta evidente dalle analisi, le imprese del campione sono mediamente di piccola dimensione. I
settori con dimensioni più rilevanti sono quelli specializzati e high tech (rispettivamente 104 e 61
dipendenti medi).
Il campione utilizzato presenta una prevalenza di piccole e micro-imprese (complessivamente il 76% del
totale), benché il dato sia notevolmente inferiore alla media nazionale, che nel 2005 prevedeva il 95%
circa di micro-imprese13. Questa differenza è da attribuirsi probabilmente al fatto che le imprese
associate all’Unione Industriali sono mediamente di dimensioni più significative.
13
ISTAT (2007), Struttura e dimensione delle imprese - Archivio Statistico delle Imprese Attive (ASIA) Anno 2005
23
Figura 10. Distribuzione imprese per classe dimensionale.
Distribuzione imprese per classe dimensionale
micro
26%
grande
4%
piccola
50%
media
20%
Fonte: nostra elaborazione.
Nel 72% dei casi, le interviste sono state effettuate alle sedi centrali delle imprese, il restante 28% dei
casi è rappresentato da stabilimenti produttivi appartenenti a gruppi nazionali o internazionali.
Figura 11. Tipologia sede imprese.
Distribuzione imprese per tipologia sede
Stabilimento
28%
Sede centr
72%
Fonte: nostra elaborazione.
In uno studio sul capitale intangibile, la cui gestione coinvolge gli organi di direzione e gestione
strategica dell’impresa, questo dato assume particolare significato, soprattutto quando si affronta il tema
dell’evoluzione delle imprese in termini di gestione del capitale umano o delle politiche di ricerca e
sviluppo.
24
2.2
Profilo del gruppo di controllo
L’analisi del gruppo di controllo dell’impresa risulta particolarmente importante quando l’oggetto dello
studio è il capitale intangibile. Esiste infatti una vasta letteratura in materia che suppone una forte
correlazione tra la performance economico-finanziaria dell’impresa e il grado di qualificazione del
gruppo di controllo.
Esistono fondamentalmente due approcci teorici per affrontare l’argomento. Il primo si fonda sullo
studio delle caratteristiche individuali dell’imprenditore o degli imprenditori, o meglio sullo studio di
quei fattori che hanno sviluppato il grado di imprenditorialità di chi guida l’impresa. Tali fattori sono
sintetizzati dallo schema in Figura 12. In base a tale approccio, possono essere individuati dei tratti
comuni tra gli imprenditori di successo, come se l’imprenditore avesse una personalità distinta rispetto
ad altri individui. Questo filone, che sfocia evidentemente nello studio del profilo psicologico degli
imprenditori, ha incontrato alcune difficoltà nella sua diffusione, sia per l’oggettiva difficoltà
nell’individuare una definizione scientificamente valida dell’imprenditore, sia per la complessità e a tratti
la contraddittorietà dei profili psicologici emergenti dalle indagini empiriche. Tuttavia, nonostante
alcuni limiti, l’approccio può essere adottato nella parte che riguarda lo studio di aspetti relativi al
background formativo e alle esperienze pregresse degli imprenditori.
Figura 12. I fattori influenzanti lo sviluppo dell’imprenditorialità.
Famiglia
Educazione/ Età
Orientamento agli obiettivi
Attività lavorative
Imprenditore
Fonte: Nostra elaborazione da Roberts (1991)14.
Nella ricerca, ci si è pertanto limitati ad analizzare il profilo scolastico degli imprenditori, in particolare
nelle micro-imprese dove si presume che l’impatto sulle performance possa essere maggiormente
determinante.
14
Roberts, E.B. (1991), “Entrepreneurs in high technology”, Lessons from Mit and Beyond, Oxford University Press, New
York
25
Il secondo approccio per studiare la connessione causa-effetto tra le caratteristiche del gruppo di
controllo e le performance aziendale è riferibile allo studio del capitale relazionale (Coleman, 1990). In
base a questa impostazione, l’insieme delle reti sociali attinenti l’imprenditore in primis e poi l’intera
impresa possono essere validamente sfruttate per agevolare la crescita di quest’ultima. In particolare la
conoscenza e le risorse necessarie allo sviluppo di un’impresa, possono considerarsi “culturally
embedded and historically specific” (Baker e Osftfeld, 199915), pertanto trasferendo il concetto sullo
studio del gruppo di controllo, è di fondamentale importanza capire se l’assetto proprietario di
un’impresa è costituito da uno o più attori e se tra questi esistono e hanno peso società terze o soggetti
istituzionali o finanziari. In base all’approccio del capitale relazionale, i rapporti che inevitabilmente
intervengono in siffatte circostanze implicano trasferimenti di conoscenza, risorse e competenze,
nonché ampliamento del network di riferimento (clienti, fornitori, centri di ricerca) di vitale importanza
per lo sviluppo dell’impresa. Si assume quindi che più variegato e articolato sia il gruppo di controllo
dell’impresa più la stessa impresa sia dotata di risorse intangibili preziose per sviluppare il proprio
business.
La presente ricerca ha integrato quindi lo studio delle risorse intangibili delle imprese del territorio di
Savona, con l’analisi della struttura dell’assetto proprietario delle imprese e quella del background
scolastico dei soci.
Con riferimento al primo blocco di analisi, è stato chiesto alle imprese di evidenziare quanti soci
detenessero una quota superiore al 20% del capitale sociale. La numerosità dei soci, infatti, in base alla
impostazione adottata, comporta una ricchezza maggiore in termini di capitale relazionale.
Lo studio ha evidenziato che nella metà dei casi le imprese hanno solo un socio con una quota così
elevata, e che nel 16% dei casi ci sono solo al massimo 3 soci con tale quota. Il dato rivela quindi
compagini azionarie in media non particolarmente concentrate.
Figura 13. Assetto proprietario delle imprese del campione.
Nr. Soci con quota >20%
3
16%
0
3%
1
47%
2
34%
Fonte: nostra elaborazione.
In termini di varietà della tipologia di proprietari, in oltre il 40% dei casi viene evidenziata la presenza di
un’impresa o di una istituzione finanziaria, con una netta prevalenza di imprese. Questo dato è in parte
spiegato dal fatto che il 28% delle imprese del campione è costituito da stabilimenti produttivi.
15
Baker, W., Obstfeld, D. (1999), “Social Capital by Design: Structures, Strategies and Institutional Context”, in Corporate
social capital and liability, Boston
26
Figura 14. Tipologia proprietà delle imprese del campione.
Distribuzione imprese per tipologia di Proprietà
(risposta multipla)
73%
80%
70%
60%
50%
39%
40%
30%
20%
4%
10%
0%
Proprietari-Manager
Imprese
Istituzioni Finanziarie
Fonte: nostra elaborazione.
Andando ad analizzare il secondo blocco di informazioni, quelle relative cioè alle caratteristiche
individuali dell’imprenditore, ovvero del proprietario direttamente coinvolto nelle attività gestionali
dell’impresa, la ricerca ha evidenziato una situazione in cui gli imprenditori presentano una scolarità
medio-bassa. Nel 51% dei casi, infatti, gli imprenditori presentano un diploma di scuola superiore e nel
22% dei casi un diploma di scuole medie inferiori.
Figura 15. Titolo di studio dei proprietari coinvolti nella gestione dell’impresa.
Titolo di Studio dei Proprietari coinvolti nella gestione
(quadro medio)
Master/Dottorato
3%
Medie Inf.
22%
Diploma
51%
Laurea
24%
Fonte: nostra elaborazione.
Guardando all’ambito di specializzazione dei proprietari, si riscontra un uguale peso per la formazione
di tipo tecnico e per quella di tipo economico-commerciale. Non sorprendentemente, i proprietari di
27
imprese che operano nei settori high tech o specializzati sono quelli in cui prevale la formazione
tecnica.
Figura 16. Ambito di formazione dei proprietari delle imprese del campione.
Ambito di formazione Proprietari coinvolti nella gestione
media titolo studio/
media nr. Propr. (%)
(quadro medio)
32%
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
Laurea
Diploma
13%
Economia
11%
Periti
11%
Ingegneri
8%
Periti
comm.
0%
0%
Informatici
Fisici
Altre
scuole
superiori
Titolo di studio
Fonte: nostra elaborazione.
Lo studio dell’assetto proprietario delle micro-imprese ha riguardato più specificatamente l’analisi
dell’età media dei fondatori e in generale dell’anno di fondazione delle imprese. In tal modo, si è inteso
verificare anche per il territorio di Savona la validità della proposizione secondo la quale gli start-up
sono prevalentemente realizzati da imprenditori di bassa età media. L’indicazione è interessante sotto il
profilo delle politiche di sostegno allo sviluppo economico e dell’innovazione.
Figura 17. Anno di costituzione delle micro-imprese del campione
Distribuzione micro-imprese per anno inizio attività
2000-2007
39%
'90 - 2000
34%
2007
3%
'80 - '90
10%
prima del 1980
14%
Fonte: nostra elaborazione.
28
In primo luogo, l’analisi ha evidenziato come le micro-imprese di Savona siano in buona parte di
recente anche se non recentissima costituzione (il 42% delle imprese è stato fondato dopo il 2000).
Sul fronte dell’età media degli imprenditori, contrariamente alle aspettative, non si riscontra un età
media particolarmente bassa (solo nel 15% dei casi gli imprenditori hanno un’età inferiore ai 40 anni e
solo nel 4% inferiore ai 30). Il dato lascerebbe trapelare la mancanza sul territorio di supporti - anche
istituzionali - adeguati alla promozione dell’attività imprenditoriale tra i giovani.
Figura 18. Età media proprietari delle micro-imprese del campione.
Età media proprietari micro-imprese (anni)
18 - 30
4%
31 - 40
11%
>50
46%
41 - 50
39%
Fonte: nostra elaborazione.
Anche per quanto gli imprenditori coinvolti nella gestione delle micro-imprese si evidenzia una scolarità
medio-bassa (con il 74% dei casi di proprietari con diploma o media inferiore), mentre l’ambito di
formazione prevalente appare quello tecnico, a riprova dell’evidenza che la maggior parte delle imprese
di recente costituzione (start up) hanno una matrice produttivo-tecnologica.
29
2.3
Dati economico-finanziari
Il primo passo di un’analisi tesa a valutare la presenza di risorse intangibili in un’impresa, piuttosto che
in un’insieme di imprese rappresentanti il tessuto industriale di un territorio, non può che essere una
valutazione di base delle performance economico-finanziarie. Il collegamento logico tra risultato
economico-finanziario e risorse intangibili, seppure intuitivo, viene descritto efficacemente
dall’approccio Balanced Scorecard di Kaplan e Norton (1992)16. In base a tale approccio, la
performance economico-finanziaria rappresenta, da un lato, l’espressione quantitativa delle strategie
aziendali, dall’altro, il risultato tangibile dell’agire delle determinanti di risultato di natura intangibile. Un
buon risultato economico-finanziario dipende in primis dal valore percepito dal cliente finale
dell’impresa; tale valore è collegato al valore effettivamente erogato dall’impresa, prodotto a sua volta
dell’eccellenza dei processi interni. L’impresa arriva a conseguire processi eccellenti attraverso una
sapiente gestione del proprio stock di competenze, acquistate o sviluppate nel tempo. Tale gestione
dipenderà dalla strategia di medio-lungo termine dell’impresa stessa. (Figura 19).
Figura 19. Il legame tra risorse intangibili e risultati economico-finanziari
1
Strategia
5
4
3
2
Obiettivi
economicofinanziari
Obiettivi di
creazione di valore
per i Clienti
Obiettivi di
miglioramento del
processo
Obiettivi di
apprendimento
PROSPETTIVA
ECONOMICOFINANZIARIA
Gli azionisti
percepiscono un
miglioramento
della performance
economica?
PROSPETTIVA
DEL MERCATO E
DEI CLIENTI
I clienti
percepiscono che
è consegnato loro
un maggior
valore?
PROSPETTIVA
DEI PROCESSI
INTERNI
La prestazione dei
processi produce
un valore
crescente per i
clienti?
PROSPETTIVA
DELL’APPRENDI
MENTO
L’organizzazione
è in grado di
sostenere
l’innovazione e i
processi di
cambiamento?
RISULTATO
DETERMINANTI DI RISULTATO
Fonte: Nostra elaborazione da Kaplan e Norton (1992), Op. cit.
In base all’approccio proposto, quindi, un buon risultato economico-finanziario rappresenta
l’espressione “fisica o tangibile” delle buone performance ottenute dalle risorse intangibili.
Nella letteratura aziendale prevalente, il successo di un’impresa è rappresentato dall’equilibrio
economico duraturo17. Tra le caratteristiche comuni alle strategie delle imprese contraddistinte da un
successo durevole si riconducono: il continuo miglioramento della produttività e l’elaborazione e la
realizzazione di progetti di crescita profittevole18. La crescita dimensionale viene rappresentata in prima
approssimazione dall’incremento del fatturato. Tale crescita contribuisce al successo duraturo
16
Op. cit.
Sulla nozione di equilibrio economico a lungo termine si vedano i contributi di Aldo Amaduzzi (1978), Amodeo (1960),
Cattaneo (1969), Ceccherelli (1964), D’Ippolito (1953), Ferrero (1968), Giannessi (1960), Onida (1971), Zappa (1957)
18 Per approfondimenti vedi anche Mazzola P. (2002), “Produttività e crescita delle imprese: creare valore nel lungo
periodo”, Egea, Milano
17
30
dell’impresa ed è quindi obiettivo da perseguire, solo se profittevole, ossia se assicura nel medio periodo
uno spread positivo tra rendimento e costo del capitale. Se la crescita aziendale avviene pertanto in
assenza di una redditività sufficiente a remunerare il capitale impiegato, essa provoca l’impoverimento
dell’impresa e il deterioramento della soddisfazione degli azionisti.
I dati di seguito presentati, lungi dall’essere esaustivi, esprimono un giudizio di merito sull’andamento
delle performance delle imprese del campione. E’ evidente, dato quanto premesso, che una valutazione
sul rendimento di lungo periodo del capitale investito delle imprese analizzate, seppure più appropriata
per definire il successo economico-finanziario delle imprese, esula dagli obiettivi della presente ricerca.
Ci si è quindi limitati ad analizzare Fatturato e Reddito operativo, soprattutto in termini di variazioni,
considerando queste due grandezze come proxi soddisfacenti di performance generale aziendale
significativa ai fini della ricerca.
L’obiettivo della ricerca, infatti, non era fornire un giudizio sui valori assoluti, lasciando tale finalità ad
analisi più approfondite sugli aspetti economico-finanziari, quanto valutare qualitativamente gli
andamenti delle imprese e il rapporto tra questi e quelli dei settori di riferimento, effettuato con
un’analisi comparata delle quote di mercato. E’infatti evidente che una crescita di fatturato che non si
accompagna ad una crescita di quota di mercato è da considerarsi trainata da quella del settore, mentre
lo stesso fenomeno, accompagnato da una crescita delle quote di mercato, può essere attribuita ad un
incremento di competitività dell’impresa ai danni dei suoi concorrenti. Un primo elemento che
contraddistingue un buon risultato economico-finanziario è dato pertanto da un incremento di
competitività.
Un secondo elemento, riguarda l’andamento del Reddito Operativo, soprattutto in relazione a quello
del Fatturato. Infatti, una crescita del reddito operativo superiore a quella del fatturato, indica che
l’impresa sta lavorando sull’ottimizzazione dei propri processi interni per incrementare il valore erogato
al suo cliente finale. Essa indica inoltre una crescita sana che crea valore per gli azionisti.
Alla luce delle premesse fatte, si descrivono di seguito i risultati economico-finanziari per le imprese del
campione.
In primo luogo, sono forniti alcuni dati che profilano meglio il campione dal punto di vista delle
performance economico-finanziarie.
In Figura 20 è rappresentata la distribuzione delle imprese del campione per classi di fatturato 2006.
Coerentemente con i profili dimensionali rappresentati nel par. 2.1, la maggior parte (70%) delle
imprese del campione ha riportato nel 2006 un fatturato inferiore ai 10 milioni di Euro, solo il 21%
delle imprese ha raggiunto un fatturato tra i 10 e i 50 milioni di Euro e solo il 7% tra i 50 e i 250
milioni. Infine, solo l’1% delle imprese del campione ha conseguito un fatturato superiore ai 250 milioni
di Euro.
Per quanto riguarda la micro-imprese, il 40% segnala un fatturato tra 1 e 5 milioni di Euro e il restante
gruppo di imprese registra invece un fatturato inferiore al milione di Euro.
31
Figura 20. Distribuzione delle imprese del campione per classe di fatturato (2006).
Distribuzione Imprese per Classe di Fatturato (2006)
€ 10-49 Mln
21%
€ 50-99 Mln
2% € 100-249 Mln
5%
>= € 250 Mln
1%
€ 5-9 Mln
25%
< €1Mln
10%
€ 1-4 Mln
35%
Fonte: nostra elaborazione.
Guardando alla crescita media annuale del fatturato per il periodo 2004-2007 (CAGR04-07: Compound
Annual Growth Rate 192004-2007), si evidenzia una situazione particolarmente positiva, in quanto il 75%
circa delle imprese riporta una crescita, per il 39% dei casi superiore al 10% annuo. Il 2% delle imprese
dichiara un fatturato stabile nei tre anni analizzati, mentre il 9% lo dichiara in diminuzione, nel 7% dei
casi per un tasso superiore al 10%.
Figura 21. Distribuzione delle imprese del campione per classi di crescita media annua del fatturato nel periodo
2004-2007.
Distribuzione Imprese per Classe di CAGR Fatt (04-07)
> = 10%
39%
< = (10)%
7%
5% - 9%
15%
(6)% - (10)%
1%
0 % - 4%
20%
(1)%- (5)%
1%
stabile
2%
Fonte: Nostra elaborazione su dati del campione forniti da Università di Torino.
19
Tasso di crescita annuo composto
32
Una situazione ugualmente positiva, seppure in misura leggermente inferiore, si registra in termini di
andamento delle market share, con il 55% delle imprese che dichiarano una crescita della propria
market share nel periodo tra il 2004 e il 2007. Di queste, il 15% dichiara una crescita superiore al 10%.
Il 34% delle imprese dichiara invece quota di mercato stabile, mentre l’11% la dichiara in diminuzione.
Figura 22. Distribuzione delle imprese del campione per classe di crescita media annua delle proprie market share
nel periodo 2004-2007.
Distribuzione Imprese per Classe di Crescita Market Sh (04-07)
> 10%
15%
6 -10%
11%
< (10)%
5%
(6) % - (10)%
6%
0 - 5%
29%
stabile
34%
Fonte: Nostra elaborazione (dati u.o. Università di Torino).
Figura 23. Distribuzione delle micro-imprese del campione per classi di crescita media annua del fatturato nel
periodo 2004-2007.
Distribuzione micro-imprese per classe di CAGR (04-07)
< = (10)%
25%
> = 10%
31%
(6)% - (10)%
0%
5% - 9%
13%
(1)% - (5%)
3%
0 % - 4%
19%
stabile
0%
Fonte: Nostra elaborazione (dati u.o. Università di Torino).
33
Figura 24. Distribuzione delle micro-imprese del campione per classe di crescita media annua delle proprie
market share nel periodo 2004-2007
Distribuzione micro-imprese per classe di Crescita Market Sh
(04-07)
> 10%
15%
(>10%)
8% (6-10%)
4%
6 -10%
12%
stabile
34%
0 - 5%
27%
Fonte: Nostra elaborazione (dati u.o. Università di Torino).
Situazione analoga si riscontra per le micro-imprese.
Ai fini di una più precisa interpretazione dell’evidenza, abbiamo analizzato il dato per tipologia di
settore di appartenenza delle imprese e per classe dimensionale.
In primo luogo, per quanto attiene alle classi di fatturato, abbiamo riscontrato che i settori high tech e
specializzati si contraddistinguono per livelli di fatturato superiori alle altre tipologie di settori. Al
contrario, le imprese tradizionali sembrano essere caratterizzate da dimensioni più piccole delle altre
imprese.
Figura 25. Fatturato medio 2006 per tipologia di settore.
Fatturato medio 2006 per tipo settore
€ 40.000.000
€ 35.000.000
€ 34.007.045
€ 30.616.494
€ 30.000.000
€ 25.000.000
€ 20.000.000
€ 15.000.000
€ 10.239.737
€ 10.000.000
€ 7.732.376
€ 5.000.000
€-
science based (high specialised suppliers
tech)
(specializzato)
servizi
supplier dominated
(tradizionale)
Fonte: nostra elaborazione.
34
Mediamente, tutte le imprese del campione (anche le micro) presentano un tasso annuo di crescita del
fatturato pari al 8%.
Le crescite di fatturato più elevate interessano il settore dei servizi, con un CAGR 04-07 di circa il 9%,
ma tutti i settori presentano trend positivi.
Figura 26. Crescita media annua del Fatturato nel periodo 2004-2007 per tipologia di settore.
CAGR 04-07 medio
CAGR Fatturato 2004-2007 medio per tipo settore
8,8%
8,6%
8,4%
8,2%
8,0%
7,8%
7,6%
7,4%
7,2%
7,0%
8,7%
8,2%
8,1%
7,6%
servizi
science based
(high tech)
supplier dominated
(tradizionale)
specialised
suppliers
(specializzato)
Fonte: Nostra elaborazione (dati u.o. Università di Torino).
La crescita del fatturato nel periodo appare correlata alla dimensione aziendale, anche se le medie
imprese sembrano presentare performance leggermente superiori di quelle delle grandi imprese.
Figura 27. Crescita media annua del Fatturato nel periodo 2004-2007 per classe dimensionale.
Media nr accordi/impresa
CAGR Fatturato 2004-2007 medio per classe dimensionale
14%
12%
12%
10%
10%
7%
8%
6%
4%
4%
2%
0%
media
grande
piccola
micro
Fonte: Nostra elaborazione (dati u.o. Università di Torino).
35
Si è cercato di capire quanto la crescita del fatturato delle imprese sia dovuta all’effetto traino della
crescita del settore industriale di appartenenza e quanto invece ad un effettivo miglioramento
competitivo. A tal fine, sono state confrontate le crescite medie del fatturato, dettagliando il dato per
tipo settore e per classe dimensionale, con quelle delle market share dichiarate, sempre nel periodo
2004-2007.
Figura 28. Confronto tra CAGR del Fatturato (2004-2007) e Delta Market Share annuale (2004-007) per tipo settore.
Rapporto tra crescita impresa e crescita quota di mercato (valori medi, 04-07)
10%
Crescita
Delta mkt sh 04-07
(media per tipo settore)
5%
Specializzato
Servizi
0%
Tradizionale
High Tech
-5%
Diminuzione
-10%
-10%
-5%
0%
Diminuzione
5%
10%
Crescita
CAGR Fatt 04-07 (media per tipo settore)
Fonte: Nostra elaborazione (dati u.o. Università di Torino).
Come si evince dalla Figura 28, i settori tradizionali, specializzati e dei servizi si caratterizzano per una
crescita del fatturato accompagnata ad una crescita delle quote di mercato. Tale situazione indica che la
crescita delle imprese di tali settori è il risultato dei rispettivi vantaggi competitivi, avvenendo a danno
dei concorrenti. Per le imprese del settore high tech, al contrario, la crescita del fatturato si accompagna
ad una diminuzione della quota di mercato. Ciò indica che la crescita delle imprese viene trainata da
quella del settore, ma esistono nel settore imprese che crescono più di quelle del campione, erodendo la
quota di mercato di queste ultime.
La stessa analisi, effettuata per classe dimensionale, evidenzia una situazione positiva per tutte le classi
dimensionali delle imprese, caratterizzate da una crescita media del fatturato accompagnata da una
crescita media delle quote di mercato.
36
Figura 29. Confronto tra CAGR del Fatturato (2004-2007) e Delta Market Share annuale (2004-007) per classe
dimensionale.
Delta mkt sh 04-07 (media per classe dimensionale
Rapporto tra crescita impresa e crescita quota di mercato (valori medi, 04-07)
15%
10%
Crescita
5%
grande
piccola
media
micro
0%
-5%
-10%
Diminuzione
-15%
-15%
-10%
-5%
Diminuzione
0%
5%
10%
15%
Crescita
CAGR Fatt 04-07 (media per classe dimensionale)
Fonte: Nostra elaborazione (dati u.o. Università di Torino).
L’analisi del Reddito Operativo viene effettuata confrontando le crescita media annua nel periodo 20042007 con quella del fatturato nello stesso periodo. Questo confronto consente di evidenziare le imprese
che nel periodo stanno lavorando sull’efficienza dei propri processi interni. Infatti, se la crescita media
del reddito operativo risulta superiore a quella del fatturato, è possibile desumere che l’impresa stia
ottimizzando la propria struttura dei costi operativi attraverso un efficientamento dei processi.
37
Figura 30. Confronto tra crescita media annua del Reddito Operativo nel periodo 2004-2007 e crescita media
annua del Fatturato nello stesso periodo, per tipologia di settore.
Rapporto tra crescita Fatturato e crescita RO (valori medi, 04-07)
Dimensione bolle = nr imprese per tipo settore
CAGR FAtt 04-07 (media per tipo
settore)
50%
40%
30%
Tradizionale
20%
Servizi
Specializzato
High Tech
10%
0%
-30%
-20%
-10%
0%
10%
20%
30%
40%
-10%
CAGR RO 04-07 (media per tipo settore)
Fonte: Nostra elaborazione (dati u.o. Università di Torino).
La Figura 30 evidenzia in tal senso come le imprese appartenenti a tutte le tipologie di settori, tranne
quello high tech, sembrano aver lavorato in modo significativo sui processi operativi, in particolare le
imprese del settore specializzato. Un giudizio meno positivo riguarda le imprese dei settori ad alta
tecnologia, che sembrano aver perso efficienza nel periodo considerato.
Effettuando la stessa analisi per classe dimensionale delle imprese, si può constatare come grandi e
medie imprese siano quelle più attive nell’attività di ottimizzazione della propria curva dei costi e dei
propri processi operativi. In effetti, il dato non sorprende dal momento che l’efficienza sui costi è
notoriamente legata a fattori di scala.
Figura 31. Confronto tra crescita media annua del Reddito Operativo nel periodo 2004-2007 e crescita media
annua del Fatturato nello stesso periodo, per classe dimensionale.
CAGR FAtt 04-07
(media per classe dimensionale)
Rapporto tra crescita fatturato e crescita RO (valori medi, 04-07)
Dimensione bolle = nr imprese per classe dimensionale
14%
12%
media
grande
10%
8%
piccola
6%
4%
micro
2%
0%
0%
4%
8%
12%
16%
20%
24%
28%
32%
CAGR RO 04-07 (media per classe dimensionale)
Fonte: Nostra elaborazione (dati u.o. Università di Torino).
38
2.4
Capitale relazionale
Le ragioni per cui il set di relazioni che un’impresa riesce ad instaurare e sviluppare nel tempo
rappresenta una preziosa risorsa intangibile, indispensabile per il successo competitivo delle imprese,
soprattutto di piccole dimensioni, sono state diffusamente trattate in par. 1.3.1 e par. 2.2 del presente
lavoro, con riferimento rispettivamente al concetto di capitale relazionale e all’analisi degli assetti
proprietari. Per affrontare l’analisi del capitale relazionale delle imprese del campione sono tuttavia
necessarie alcune precisazioni aggiuntive.
Quando si fa riferimento ai network sociali delle imprese si includono in questa definizione non solo le
relazioni di carattere “verticale”, legate cioè al ciclo produttivo, stilizzato come sequenza lineare delle
attività dalle materie prime al prodotto finale, ma anche e soprattutto a quelle “orizzontali”, afferenti al
concetto di “distretto industriale”, quale categoria analitica in grado di aggregare la varietà di soggetti,
competenze e relazioni strutturanti l’organizzazione aziendale20. L’importanza dello studio del capitale
relazionale va inoltre contestualizzata all’ultima fase evolutiva dell’economia industriale italiana, in cui si
è avuta una progressiva frantumazione dei “pilastri” tradizionali, la grande impresa pubblica e la grande
impresa privata, e l’emergere contestuale di nuovi attori sorti dai distretti come i nuclei di nuove grandi
imprese, che si avviano a diventare i nuovi “pilastri” del sistema industriale21.
Il capitale relazionale è quanto mai importante per le imprese di recente costituzione, specialmente
quelle che nascono in settori ad elevata tecnologia22. Tali imprese, infatti, sono in misura crescente
caratterizzate da business model fondati su specifiche conoscenze tecnologiche e sulla dotazione
rilevante di capitale intangibile (OECD, 199323). Esse, inoltre, non dispongono al proprio interno di
tutte le risorse e competenze necessarie al proprio sviluppo e sono costrette in molti casi a rivolgersi
all’esterno per il loro reperimento. Pertanto, la possibilità di accedere a risorse esterne e la capacità di
integrare le diverse conoscenze per lo svolgimento dell’attività innovativa sono critiche per la loro
sopravvivenza. La nuova impresa può accedere alle competenze esterne attraverso il proprio
patrimonio di relazioni. In questa prospettiva, il capitale relazionale dell’impresa incorpora delle opzioni
di crescita per il futuro (McGrath, 199624). Queste si ricollegano in parte alle modalità di interazione,
non necessariamente finanziarie, con venture capitalist e incubatori (Boccardelli e Oriani, 200025).
Sulla base di queste considerazioni, è stato chiesto alle imprese del campione di evidenziare l’eventuale
presenza di relazioni significative, legate alla modalità di start-up piuttosto che a partecipazione nel
capitale sociale, con soggetti esterni quali incubatori, soggetti di private equity/venture capital o imprese
terze.
20
Quadro Curzio A., Fortis M., a cura di (2007), “Valorizzare un’economia forte: l’Italia e il ruolo della sussidiarietà”,
Collana della Fondazione Edison, Edizioni Il Mulino, Milano
21 Quadro Curzio A., Fortis M., a cura di (2007), Op. cit.
22 Boccardelli P., Oriani R. (2004), “Start-up di nuove imprese in business ad alta innovazione”, LUISS Edizioni, Roma
23 OECD (1993), “Small and Medium-sized Enterprises: Technology and Competitiveness”, Parigi
24 McGrath R. G. (1996), “Options and the Entrepreneur: Towards a Strategic Theory of Entrepreneurial Wealth Creation”,
Proceedings of the Academy of Management, pp. 101-105
25 Boccardelli P., (2000), “Le architetture reticolari di Pmi nello sviluppo e diffusione della conoscenza tecnologica”, in
Boccardelli P., Macioce A., Oriani R., (2000), “Innovazione, Tecnologia e Piccola e Media Impresa”, LUISS Edizioni,
Roma
39
Figura 32. Percentuale di imprese e micro-imprese con relazioni significative con soggetti esterni.
Relazioni impresa con soggetti esterni
(risposta multipla)
75%
% Sul totale Imprese
80%
70%
60%
50%
40%
30%
21%
20%
4%
10%
0%
Nessuna relazione
particolare
Spin off altra impresa
Venture Capital/ Private
Equity
Relazioni micro-impresa con soggetti esterni
(risposta multipla)
90%
83%
% Sul totale Imprese
80%
70%
60%
50%
40%
30%
17%
20%
10%
0%
0%
spin off univer.
Start up con
Incubatore
0%
Nessuna relazione
particolare
spin off impresa
Fonte: nostra elaborazione.
Sia le micro-imprese che quelle di maggiori dimensioni evidenziano in generale relazioni poco
significative con queste categorie di soggetti esterni. Le relazioni con imprese terze, in qualità di
azionisti o nei casi di spin off, sono quelle più frequenti, sia per le micro-imprese (17% dei casi) che per
le imprese più grandi (20% dei casi). Solo il 4% delle imprese ha invece dichiarato di avere rapporti con
società di private equity o di venture capital. Il dato risulta leggermente inferiore a quello di una ricerca
analoga condotta su piccole e medie imprese della provincia di Roma e di Milano26. Tale ricerca, infatti,
evidenzia un 19% di casi di spin off da altre imprese, un 11% circa di imprese che hanno beneficiato di
incubatori e circa un 7% di imprese che hanno beneficiato di un finanziamento da venture capitalist o
società di private equity.
Un’altra importante dimensione del capitale relazionale è data dagli accordi di lungo termine (o
strategici) tra le imprese e soggetti terzi, intendendo con lungo termine un periodo superiore o uguale a
26
Boccardelli P., Oriani R. (2004), Op. cit.
40
5 anni. Gli accordi strategici e le altre forme cooperative sono finalizzati principalmente a superare il
vincolo dimensionale alla competitività, mantenendo la flessibilità tipica delle Pmi.
Le forme generalmente utilizzate fanno riferimento alle due principali categorie: a) forme equity (o
acquisizioni, costituzione di joint venture con altre imprese); b) forme contrattuali (specializzate,
multiscopo). Rispetto agli scopi specifici, gli accordi strategici sono orientati alla riduzione dei costi di
produzione, all’acquisizione di know-how tecnologico ed in generale allo sviluppo di nuove
competenze. Per quanto concerne la scelta dei partner, gli accordi strategici possono riguardare le
imprese collocate lungo la filiera tecnico-economica (fornitori, acquirenti, nonché competitori spesso
operanti in mercati diversi). Gli accordi inoltre sono focalizzati lungo le fasi della catena del valore
interno (operativa, di supporto).
Con riferimento alle imprese campionate, la presenza di accordi strategici appare alquanto limitata. Il
94% circa delle imprese non ha accordi strategici nel suo portafoglio, il 4% presenta meno di 5 accordi
e solo il 2% più di 10. Questa evidenza è particolarmente significativa se confrontata con quelle della
ricerca Management Forum (2006), effettuata sul territorio nazionale, in base alla quale lo 86% delle
imprese ha realizzato forme di accordo strutturato e di lungo termine. Questa differenza solo in parte
può essere spiegata con le differenze di campionamento tra le due ricerche.
Il valore medio dei contratti di lungo periodo è di circa 2 Milioni di Euro, a fronte di un fatturato medio
delle imprese con accordi pari a circa 140 Milioni. Il dato sembra confermare la poca rilevanza di questi
accordi per le imprese analizzate.
Figura 33. Distribuzione delle imprese per numero di accordi strategici (durata maggiore di 5 anni).
Distribuzione imprese per Nr. accordi di collaborazione l/t (>5y)
(risposta multipla)
% Sul totale Imprese
100,0%
93,5%
80,0%
60,0%
40,0%
20,0%
4,3%
2,2%
0-4
>10
0,0%
0
Nr. accordi
Fonte: nostra elaborazione.
E’ stato chiesto inoltre alle imprese di qualificare la tipologia di soggetti con i quali sussistono relazioni
di collaborazione e che sono definibili come partner, a prescindere dalla durata degli eventuali accordi
sottostanti (includendo quindi anche soggetti con i quali sussistono relazioni di collaborazione di durata
inferiore ai 5 anni).
Le partnership più frequenti vengono realizzate con clienti (75% dei casi) e fornitori (60%), più rare le
forme di cooperazione di tipo orizzontale con concorrenti o enti/associazioni. La situazione è analoga
per le micro-imprese. La logica che guida l’instaurazione di forme di collaborazione sembra essere
quella di filiera, mentre appare poco rilevante la determinante del distretto. L’evidenza è coerente con il
41
fatto che solo il 17 % delle imprese campionate appartiene effettivamente ad uno dei due distretti di
Savona individuati dalla Regione (lavorazione vetro e ceramica e fabbricazione mezzi di trasporto)27.
Figura 34. Tipologia di soggetti con i quali sussistono accordi di cooperazione (anche di durata inferiore ai 5
anni).
Tipologia partner
(risposta multipla)
75%
80%
% Sul totale Imprese
70%
60%
60%
50%
40%
30%
20%
5%
10%
2%
0%
Clienti
Fornitori
Concorrenti
Enti/Associazioni
Tipologia partner micro-imprese in accordi di collaborazione
(risposta multipla)
70%
63%
% Sul totale Imprese
60%
53%
50%
40%
30%
17%
20%
10%
3%
0%
Fornitori
Clienti
Concorrenti
Imprese altri settori
Fonte: nostra elaborazione.
In termini di settori di appartenenza, le imprese che fanno più accordi (misurati come numero medio
accordi per impresa) appartengono ai settori high tech o tradizionali. Confrontando il dato con
l’approfondimento settoriale di Management Forum, si evidenzia una peculiarità di questo territorio
rappresentata dalla minore presenza di accordi per le imprese specializzate, che sono invece le più attive
in termini medi nazionali. E’ da aggiungere, comunque, che le differenze rilevate tra i vari settori, fatta
eccezione per le imprese dei servizi, non sembrano molto significative.
27
Fonte: Elaborazione di Carminati M. su dati Ipi (2005), Confartigianato Imprese (2006) e Regione Piemonte in Quadro
Curzio A., Fortis M. (2007), Op. cit.
42
Figura 35. Numero medio accordi per impresa, dettaglio per tipologia di settore.
Nr. medio accordi/impresa per tipo settore
Media
2,0
1,8
1,6
1,4
1,2
1,0
0,8
0,6
0,4
0,2
-
1,80
1,48
1,40
1,17
science based (high
tech)
supplier dominated
(tradizionale)
specialised suppliers
(specializzato)
servizi
Fonte: nostra elaborazione.
La stessa analisi effettuata per classe dimensionale delle imprese rivela una correlazione tra la
dimensione delle imprese e l’intensità dell’attività cooperative. Il dato è discordante da quello della
ricerca Management Forum28 che, al contrario, evidenziava una maggiore ampiezza delle collaborazioni
per le piccole e medie imprese, le quali sembravano impiegare lo strumento degli accordi per superare il
vincolo dimensionale alla competitività, mantenendo le caratteristiche della flessibilità. Anche qui,
comunque, le differenze esistenti tra le diverse classi dimensionali non sono significative al punto da
ipotizzare una peculiarità del territorio.
Figura 36. Numero medio accordi per impresa, dettaglio per classe dimensionale delle imprese.
Media nr accordi/impresa
Numero medio accordi/impresa per classe dimensionale
2,00
1,80
1,60
1,40
1,20
1,80
1,44
1,36
1,35
piccola
micro
1,00
0,80
0,60
0,40
0,20
-
grande
media
Fonte: nostra elaborazione.
28
Fondirigenti, (2006), Management Forum: ricerca sulla competitività delle Pmi italiane e sul modello di competenze del
manager-imprenditore italiano.
43
Una delle maggiori determinanti del capitale relazionale è il fattore della localizzazione.
In base all’approccio sociologico (Aronso 1991; Sorenson e Audia 1999) la presenza di una serie di
imprese ed attori economici strutturalmente equivalenti in un determinato contesto favorisce un
processo di “pollination” basato sulla vicinanza e prossimità tra gli stessi attori. Questo processo si
verifica perché in certi ambiti locali si creano opportunità significative in termini di acquisto di
conoscenza, formazione di network critici e ottenimento della fiducia da parte dei collaboratori, basata
anche sulla conoscenza personale dell’imprenditore. Gli imprenditori tendono quindi ad avviare la
propria impresa in ambiti locali a loro familiari o per nascita o per avervi maturato una precedente
esperienza professionale. In pratica, gli imprenditori tenderebbero ad investire in una nuova attività
dove sono localizzati i propri network di amici, familiari e contatti di diverso genere. In questo caso, la
tematica di riferimento non è il capitale relazionale dell’impresa ma quello dell’individuo. La scelta della
localizzazione pare svincolarsi dalle motivazioni dell’imprenditore all’aumentare della dimensione
aziendale: le grandi imprese sembrano mostrare un grado di mobilità ben più ampio e tendono nel
tempo a delocalizzare parte delle loro attività; le imprese minori, invece, presentano una minore
dinamicità localizzativa, che ha poco peso nel modificare l’originaria scelta insediativa realizzata in fase
di nascita.
La presente ricerca ha tentato di trovare una conferma delle considerazioni stimolate dall’approccio
sociologico. E’ stato pertanto richiesto alle imprese di evidenziare le principali motivazioni alla scelta
della propria localizzazione, attribuendo un giudizio di importanza ad un set di fattori proposti.
L’individuazione di tali fattori ha delle dirette implicazioni anche a livello di sviluppo
dell’imprenditorialità dell’area, in quanto definire gli elementi esplicativi della scelta localizzativa
d’impresa significa poter porre le basi per le azioni di politica imprenditoriale del territorio stesso.
L’analisi sembra confermare l’impostazione sociologica. Sia per le micro-imprese che per le altre, infatti,
la principale motivazione alla localizzazione sta nella residenza dei soci fondatori. Gli imprenditori,
quindi, scelgono i siti di insediamento delle proprie imprese in base alla presenza dei propri network di
riferimento. Una differenza tra le micro-imprese e quelle di maggiori dimensioni sta nell’importanza
attribuita agli altri fattori. Le micro-imprese, infatti, scelgono la propria localizzazione anche in base alla
concentrazione di attività imprenditoriali della zona, quindi con una maggiore attenzione alle sinergie
potenziali acquisibili dal sistema, mentre le imprese più grandi sono maggiormente motivate dalla
vicinanza ai mercati di sbocco.
Figura 37. Graduatoria di possibili motivazione alla scelta di localizzazione delle imprese del campione.
Motivazione localizzazione impresa
(voto da 1 a 5)
3,5
3,0
2,5
2,1
2,0
2,0
1,9
1,8
1,8
1,8
1,5
1,5
1,4
1,2
1,0
Vicinanza
Univers.
Basso
costo
manod.
Incentivi
fisc./fin.
Disponib.
Servizi di
Infr.
Elevata
special. HR
Facilità
reper. HR
Alta
concentr.
Attiv.
Rapporti PA
e Istit.
-
Vicinanza
mkt sbocco
0,5
Resid. soci/
Insed.
storico
Votazione media
3,0
44
2,8
2,3
2,1
1,4
1,2
1,1
Basso costo manod.
1,4
Vicinanza Univers.
1,5
Facilità reper. HR
Disponib. Servizi di
Infr.
Rapporti PA e Istit.
Vicinanza mkt sbocco
Alta concentr. Attiv.
1,5
Elevata special. HR
2,2
Incentivi fisc./fin.
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
0,5
-
Resid. soci/ Insed.
Storico
votazione media
Motivazione localizzazione micro-impres
(voto da 1 a 5)
Fonte: nostra elaborazione.
Infine, è stato chiesto alle imprese del campione di indicare la prossimità fisica dei propri partner di
riferimento, ovvero i soggetti con i quali sono in essere forme, strutturate e non, di cooperazione,
distinguendo tali soggetti in clienti, fornitori e concorrenti. Le analisi mostrano una situazione in cui la
prossimità fisica non appare come una variabile determinante nella scelta dei partner.
Figura 38. La localizzazione dei partner delle imprese del campione.
Localizzazione partner
(risposta multipla)
60%
49%
43%
36%
24%
20%
20%
16%
10%
4%
4%
3%
3%
Conc.
Vicinanze
25%
Conc.stesso
luogo
30%
Conc. Reg.
40%
Conc. altra
reg.
% Sul totale Imprese
51%
50%
Cl. stesso
luogo
For. stesso
luogo
For.
vicinanze
Cl.
Vicinanze
For. reg.
Cl. Reg
Cl. altra reg.
For. altra
reg.
0%
Fonte: nostra elaborazione.
Come si evince da Figura 38, nella maggior parte dei casi, i clienti e fornitori partner delle imprese sono
situati prevalentemente in un'altra Regione o al limite all’interno della Regione, ma raramente nella
stessa provincia. Il dato è solo in apparenza incoerente con i precedenti, che attribuiscono grande
importanza all’ambito locale. In realtà, come sottolineato, la scelta di localizzazione è una decisione
guidata da motivazioni legate alla sfera delle relazioni dell’imprenditore, mentre la scelta di un partner è
45
guidata da considerazioni legate al business. L’implicazione del dato, semmai, risiede nelle apparenti
limitate opportunità di collaborazione offerte dal territorio, che spingono le imprese ad estendere la
propria ricerca ad altri ambiti locali.
Al termine dell’analisi, per cercare di evidenziare l’eventuale correlazione tra le performance
economico-finanziarie e la presenza di forme di collaborazione più o meno strutturate, è stato calcolato
il tasso di crescita annuale medio, nel periodo 2004-2007, per le imprese con accordi o per quelle senza
accordi.
Tabella 6. Confronto tassi annuali di crescita del fatturato (2004-2007) per le imprese con e senza accordi.
Imprese con accordi di collaborazione di
lungo termine (tutte tranne le micro-imprese)
Imprese senza accordi di collaborazione di
lungo termine (tutte tranne le micro-imprese)
Imprese con accordi di collaborazione con
Clienti (include micro-imprese)
Imprese senza accordi di collaborazione con
Clienti (include micro-imprese)
Imprese con accordi di collaborazione con
Fornitori (include micro-imprese)
Imprese senza accordi di collaborazione con
Fornitori (include micro-imprese)
Imprese con accordi di collaborazione con
Concorrenti (include micro-imprese)
Imprese senza accordi di collaborazione con
Concorrenti (include micro-imprese)
Nr imprese
CAGR Fatturato 2004-2007
6
14%
86
9%
85
9%
28
6%
75
9%
38
7%
10
17%
103
8%
Fonte: nostra elaborazione.
Come si può constatare dai dati della Tabella 6, le imprese con accordi di collaborazione hanno
mediamente un tasso di crescita, per il periodo di analisi, più alto delle imprese senza accordi. La stessa
cosa può dirsi per gli accordi di lungo termine, anche se il dato non è particolarmente significativo per
l’esiguità del numero delle imprese che hanno dato vita a forme di cooperazione più strutturate.
Occorre comunque sottolineare che l’analisi dei tassi di crescita delle imprese va considerata con
cautela, in quanto i tassi di crescita dipendono da un numero molto elevato di variabili e condizioni, tra
cui molto importanti quelle relative agli andamenti dei settori di appartenenza, ed è inoltre fortemente
dipendente dalle dimensioni medie dei fatturati di partenza.
46
2.5
Capitale umano
La scomposizione del personale per categoria evidenzia che la componente di operai risulta essere
quella prevalente nel campione di aziende analizzate, a cui si somma una percentuale significativa di
impiegati. I dati in questione evidenziano che, in primo luogo, il rapporto tra lavoro diretto (operai) e
indiretto (altre figure) è di quasi 2 a 1, a connotare come il progressivo affermarsi delle attività di
supporto della catena del valore richieda un crescente impegno di capitale umano. Ecco allora che
emerge l’esigenza di tutelare sia le competenze distintive core, legate alle attività operative in senso
stretto (manifattura/erogazione), sia le competenze distintive complementari, legate cioè alla creazione
del valore nelle attività di supporto. La percentuale (2%) di personale con incarichi dirigenziali ricalca le
caratteristiche dimensionali medie delle imprese analizzate, tradizionalmente molto piatte. Le evidenze
sono molto simili per tutte le categorie di imprese analizzate.
Figura 39. Distribuzione media dipendenti imprese e micro-imprese per categoria, dati al 1 gennaio 2007.
Breakdown medio dipendenti per categoria (1/1/07)
Impiegati; 34%
Part Time; 4%
Apprendisti; 2%
Dirigenti; 2%
Operai; 64%
47
Breakdown medio dipendenti micro-imprese per categoria
(1/1/2007))
Operai
63%
Dirigenti
4%
Apprendisti
3%
Part Time
3%
Impiegati
29%
Fonte: nostra elaborazione.
La scomposizione del campione in base all’età evidenzia una prevalenza di persone tra i 36 e i 45 anni
per le imprese di maggiore dimensione, anche le l’età media nelle micro-imprese appare minore. In
termini di capitale umano, questa evidenza testimonia come lo sviluppo delle competenze distintive
debba passare attraverso un processo di formazione ed aggiornamento continui, che risultino essere in
linea, da un lato, con le evoluzioni tecnologiche e di business rinvenibili nei diversi settori, dall’altro,
con i percorsi di carriera ed il loro impatti motivazionali.
Figura 40. Distribuzione media dipendenti imprese e micro-imprese per classe di età, dati al 1 gennaio 2007
Breakdown medio dipendenti per Classe di età (1/1/07)
>45 anni
4%
25-35 anni
13%
36-45 anni
82%
48
Breakdown medio dipendenti micro-imprese per Classe di età
(1/1/2007))
36-45 anni
60%
c
>45 anni
7%
25-35 anni
33%
Fonte: nostra elaborazione.
L’esigenza di combinare percorsi di alimentazione e sviluppo del capitale umano con esperienze
formative esplicite e training on the job si lega anche alle evidenze risultanti alla scomposizione delle
risorse umane disponibili per titolo di studio. La comune situazione, per entrambe le tipologie aziendali
indagate, di prevalenza di diplomi di scuola media inferiore, se da un lato si giustifica con la prevalenza
di personale impiegato nella attività produttive dirette (operai), dall’altro pone le imprese di fronte a
sfide significative nella prospettiva della difesa del vantaggio competitivo. L’impresa, infatti, non si può
considerare più come un’entità che va alla ricerca di competenze e capacità già “preconfezionate” sul
mercato del lavoro (domanda di capitale umano) ma sempre più deve considerarsi come un soggetto in
grado di alimentarne la formazione interna (sviluppatore di capitale umano). La comparazione di questo
scenario descritto (qualifica, età, formazione) con quello delle performance conseguite dalle imprese
evidenzia come il tessuto industriale che insiste sulla provincia di Savona si presenti particolarmente
vitale e costituito da imprese in grado di agire anche proattivamente rispetto alle esigenze dell’ambiente
competitivo in cui operano, ossia capaci di generare e mantenere al loro interno quei mix di
competenze distintive indispensabili per competere a livello nazionale ed internazionale.
49
Figura 41. Distribuzione media dipendenti imprese e micro-imprese per titolo di studio
Breakdown medio dipendenti per titolo di studio (1/1/07)
Diploma
35%
Media Inf.
57%
Laurea
8%
Breakdown medio dipendenti micro-imprese per titolo di studio
(1/1/2007)
Diploma
39%
Medie Inf.
54%
Laurea
7%
Fonte: nostra elaborazione.
La prevalenza di personale impiegato nelle attività operative giustifica la bassa percentuale di laureati (78%). Tuttavia, la diversa maggiore presenza degli stessi nelle imprese che operano nel settore dei servizi
evidenzia che in ambito manifatturiero è più facile per le imprese far leva sull’apprendimento on the job
e sul learning by doing, mentre nel mondo dei servizi una maggiore disponibilità di competenze e
capacità specifiche rappresenta una sorta di pre-requisito che le imprese devono cercare sul mercato del
lavoro. Quindi, se negli ambiti manifatturieri le imprese possono far leva sulle proprie “forze” per lo
sviluppo delle competenze distintive, nell’ambito dei servizi la presenza di un tessuto scolastico ed
universitario qualificato rafforza il potenziale aziendale di creazione e mantenimento di competenze.
Tale esigenza si sente di più nelle micro-imprese, le quali tendono ad operare in nicchie e segmenti ad
elevata specializzazione.
50
% media nr laureati/ nr non operai
Figura 42. Peso percentuale di dipendenti laureati sul totale dei dipendenti non operai, dettagliato per tipo settore
delle imprese.
Peso Laureati su Non Operai per tipo settore
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
32%
22%
servizi
specialised
suppliers
(specializzato)
11%
11%
supplier
dominated
(tradizionale)
science based
(high tech)
(vuoto)
Fonte: nostra elaborazione.
Figura 43. Peso percentuale dipendenti laureati sul totale dei dipendenti non operai, dettagliato per classe
dimensionale delle imprese.
% media titolo/tot dipendenti
Percentuale Laureati/Non operai per classe dimensionale
30,0%
28,0%
25,4%
25,0%
20,0%
15,1%
15,2%
piccola
media
15,0%
10,0%
5,0%
0,0%
micro
grande
Fonte: nostra elaborazione.
I dati sul turnover aziendale testimoniano un turnover molto basso, legato probabilmente alla stabilità
delle relazioni che si creano all’interno delle imprese medio-piccole e micro-imprese. Tali relazioni,
infatti, pur basandosi sull’idea dello “scambio” tra lavoratore e organizzazione dei molteplici aspetti che
possono essere ricondotti ad un ideale “bilancio psicologico”, si arricchiscono di elementi di fiducia e
relazioni interpersonali difficilmente riproducibili nelle grandi aziende o nelle loro ramificazioni locali.
Inoltre, il basso turnover evidenzia che i lavoratori riescono a trovare nei rispettivi contesti aziendali
soddisfazione ai loro bisogni di sviluppo professionale. Tale considerazione è un po’ stemperata nelle
micro-imprese, in cui la ridotta dimensione limita spesso la possibilità di progressioni verso l’alto in
termini di carriera ovvero la possibilità di arricchire in maniera significativa le proprie competenze
individuali; la focalizzazione di nicchia prima citata, infatti, ha come effetto secondario anche una
minore possibilità di arricchire, in senso orizzontale, il bagaglio individuale di competenze.
51
Figura 44. Distribuzione delle imprese e micro-imprese per classe di turnover medio (anni di permanenza media
in azienda) dei dipendenti.
Distribuzione imprese per Classe Turnover medio dipendenti
<2,5 anni
2%
2,5-5 anni
18%
>10 anni
43%
6-10 anni
37%
Distribuzione micro-imprese per Classe Turnover medio dipendenti
>10 anni
21%
<2,5 anni
11%
2,5-5 anni
36%
6-10 anni
32%
Fonte: nostra elaborazione.
52
Figura 45. Divisione media delle ore di formazione per area tematica, dati del 2006 riferiti alle imprese.
Breakdown medio ore di formazione per area tematica (2006)
Altro
(es. IT, qualità, ecc.)
33%
Form. TecnicoProfessionale
47%
Form. Manageriale
19%
Fonte: nostra elaborazione.
Lo sviluppo interno delle competenze, come richiamato precedentemente, passa sicuramente attraverso
processi di formazione basati su iniziative esplicite e strutturate (formazione ai dipendenti). La
scomposizione qualitativa di tali attività evidenzia che, come era possibile prevedere, la maggior parte
delle attività di formazione hanno natura tecnica. Tuttavia il 20% di formazione manageriale le imprese
medio-piccole evidenzia una attenzione particolare ai temi gestionali; ciò testimonia come la ricerca di
quelle competenze distintive in grado di creare valore in termini di capitale umano passi non solo
attraverso lo sviluppo di competenze specialistiche ma volga anche verso la ricerca di quelle
competenze organizzative (Lipparini, 2001) in grado di rendere difendibile il vantaggio competitivo
acquisito. Analoghe considerazioni non trovano tuttavia pari enfasi nelle micro-imprese, in cui la
funzione dirigenziale è maggiormente concentrata verso i vertici (proprietà) e in cui una consistente
attività formativa investe sovente il recupero di competenze non sono qualificabili come distintive ma
che, al contrario, riguardano il recupero di pre-requisiti necessari per competere; tra tutti, l’esempio
delle competenze base di IT (office automation, interfacce di automazione industriale, CAD-CAM,
Web, etc.) e l’adozione di sistemi gestionali legati al controllo e alla cultura della ‘qualità’.
53
Figura 46. Divisione media delle ore di formazione per area tematica, dati del 2006 riferiti alle micro-imprese.
Breakdown medio ore di formazione per area tematica micro-imprese
(2006)
Altro
(es. IT, qualità, ecc.)
19%
Form. Manageriale
4%
Form. TecnicoProfessionale
77%
Fonte: nostra elaborazione.
Figura 47. Dipendenti delle imprese che parlano almeno una lingua straniera.
Percentuale Dipendenti che parlano una lingua straniera
11-20%
16%
0-10%
76%
21-50%
5%
>50%
2%
Fonte: nostra elaborazione.
La non elevata diffusione della conoscenza delle lingue straniere rappresenta la situazione media delle
imprese italiane. La situazione è sensibilmente diversa per le micro-imprese in cui probabilmente pesa
maggiormente la componente a maggiore istruzione di base. La percentuale maggiore si riscontra nelle
imprese di servizi.
54
Figura 48. Dipendenti micro-imprese che parlano almeno una lingua straniera.
Percentuale dipendenti micro-imprese che parlano una lingua straniera
>50%
7%
21-50%
14%
11-20%
17%
0-10%
62%
Fonte: nostra elaborazione.
Figura 49. Dipendenti che parlano almeno una lingua straniera per tipologia di settore di appartenenza delle
imprese.
% imprese tipo settore
Percentuale dipendenti che parlano una lingua straniera per tipo
settore
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
83%
80%
64%
59%
0-10%
11-20%
20%
science based
(high tech)
17%
10% 14%
servizi
24%
12%
specialised
suppliers
(specializzato)
17%
21-50%
>50%
supplier
dominated
(tradizionale)
Fonte: nostra elaborazione.
55
Figura 50. Peso percentuale dei dipendenti delle imprese che detengono competenze specifiche di difficile
reperimento sul mercato del lavoro.
Percentuale Dipendenti che detengono competenze specifiche
difficilmente reperibili sul mercato del lavoro
>50%
8%
21-50%
18%
0-10%
58%
11-20%
16%
Fonte: nostra elaborazione.
Di particolare interesse risultano essere le evidenze relative alla percezione che le imprese hanno
rispetto alle competenze specifiche dei dipendenti che non possono essere facilmente reperite sul
mercato del lavoro. Inquadrando tale fattore nell’ambito dell’analisi strategica basata sulle risorse e sulle
competenze (resources-based view), la difficoltà di reperire competenze specifiche sul mercato del
lavoro si identifica sicuramente come un fattore di vantaggio competitivo difendibile da parte delle
imprese che le hanno a loro disposizione; tale condizione di idiosincraticità, infatti, limita la
riproducibilità e l’imitabilità delle stesse da parte di altre imprese concorrenti. Tuttavia l’elevata
specificità delle competenze dei singoli individui potrebbe condizionare negativamente la competitività
aziendale sotto due profili. In primo luogo, in quanto potrebbe rendere indispensabile –o comunque
molto significativa ai fini del business- la presenza di individui specifici; in secondo luogo, perché può
limitare le opportunità di sviluppo delle imprese, che sarebbero legate all’acquisizione di capitale umano
qualificato e di difficile reperibilità. La socializzazione delle conoscenze tacite, la predisposizione di
efficaci routine organizzative e lo stimolo dei comportamenti di innovazione e cooperazione (in luogo
dell’esclusiva focalizzazione sui comportamenti “produttivi” in senso stretto) potrebbero favorire lo
sviluppo di quelle competenze organizzative in grado di alimentare i processi interni di creazione e
sviluppo di quelle competenze, anche tecnico-specialistiche, di difficile reperimento esterno. Analoghe
considerazioni possono essere svolte anche per le micro-imprese.
56
Figura 51. Peso percentuale dei dipendenti delle micro-imprese che detengono competenze specifiche di difficile
reperimento sul mercato del lavoro.
Percentuale Dipendenti micro-imprese con competenze
specifiche difficilmente reperibili sul mercato del lavoro
>50%
24%
0-10%
38%
21-50%
21%
11-20%
10%
Fonte: nostra elaborazione.
Tra le competenze organizzative, quelle relative alla gestione delle risorse umane presentano le evidenze
più significative, con un certo bilanciamento tra Mbo e sistemi di incentivazione, sistemi di valutazione
del potenziale e sistemi di valutazione delle prestazioni e di analisi dei comportamenti. Queste evidenze
sono particolarmente significative, in quanto l’adozione di tali sistemi non si limita all’acquisizione di
strumentazioni ma diffonde nei contesti organizzativi importanti elementi di cultura organizzativa,
legata all’orientamento ai risultati ed alla consapevolezza della finalizzazione degli sforzi individuali;
fattori che sono entrambi legati alla valorizzazione del capitale umano.
Figura 52. Percentuale delle imprese che impiegano in modo strutturato sistemi di valutazione delle competenze,
del potenziale e sistemi di incentivazione delle performance.
Uso di sistemi di valutazione e incentivazione della performance
(risposta multipla)
34%
34%
% Sul totale Imprese
34%
34%
34%
33%
33%
33%
33%
33%
Sistemi Valut. Potenz.
Sistemi Valut. Comp.
33%
33%
32%
MBO
Fonte: nostra elaborazione.
57
Le evidenze sulla detenzione delle competenze specifiche, se lette congiuntamente a quelle sulla
formazione per dipendente, evidenziamo che nei settori “tradizionali” lo sforzo che le imprese devono
fare per recuperare competenze non disponibili in base alla formazione in ingresso dimostrata dai
lavoratori è maggiore.
58
2.6
Processi aziendali
Rispetto all’integrazione delle tecnologie IT a supporto delle attività aziendali, un dato interessante è
legato alla diffusione delle tecnologie Internet-based all’interno delle aziende. Nonostante il dato
assoluto non sembri particolarmente significativo, la considerazione della grande percentuale di
personale impiegato con qualifiche da operaio rende l’evidenza sufficientemente robusta e consente di
ipotizzare un adeguato grado di efficienza nei processi organizzativi in cui attività manuali/tradizionali
vengono rimpiazzate da attività IT-supported.
Figura 53. Percentuale dipendenti delle imprese e micro-imprese con accesso a Internet.
Percentuale Dipendenti con accesso a Internet
>70%
25%
31-70%
15%
0-30%
59%
Percentuale dipendenti micro-imprese con accesso a Internet
>70%
39%
0-30%
54%
31-70%
7%
Fonte: nostra elaborazione.
Le considerazioni svolte, che possono essere estese anche alle micro-imprese, sono avvalorate inoltre
dalla distribuzione dei costi sostenuti per lo svolgimento dell’innovazione di processo. Il dato relativo
alla spesa IT in termini assoluti (<1%) se da un lato evidenzia margini di miglioramento, dall’altro
59
rispecchia la media nazionale delle Pmi; quindi considerando la configurazione del campione osservato
non va considerato come un outlier. La specificità settoriale di alcune realtà analizzate, inoltre, giustifica
il ricorso a strumentazioni esplicite di Risk Management (10%). Interessanti, inoltre, sono le evidenze
relative alla disponibilità di metodologie e strumenti di controllo della qualità. Coerentemente con
quanto descritto nella parte relativa al capitale umano, anche la disponibilità di tali strumentazioni non
ha un significato fine a se stesso (mera disponibilità) ma va letta alla luce della disponibilità e del
potenziale sviluppo di qualificate competenze organizzative. E’ il caso, ad esempio, del “saper fare” di
matrice organizzativa acquisibile attraverso l’utilizzo consapevole di sistemi IT, di sistemi di qualità e di
strumenti e tecniche di risk management. Inoltre, se si considera l’intensità delle relazioni tra le imprese
di maggiori dimensioni e quelle minori localizzate sullo stesso territorio, è facile intuire come la
presenza di sedi locali di imprese di maggiori dimensioni (anche internazionali) che adottano sistemi
avanzati (es. di qualità o risk management) possa favore degli effetti di spill-over a favore
dell’assorbimento di tali competenze anche da parte delle realtà minori.
Tabella 7. Imprese che adottano Certificazioni di qualità e sistemi di Risk Management.
% sul totale imprese
74%
10%
Numero Imprese
67
9
Certificazione di Qualità
Sistema di Risk Management
Operativo
Fonte: nostra elaborazione.
A riprova di tali considerazioni, l’analisi dei tassi di crescita del fatturato nel periodo 2004-2007,
effettuata per confrontare le imprese dotate di sistemi di certificazione della qualità con quelle che non
li hanno implementati, evidenzia una significativa differenza, con un tasso medio di crescita del 8,4%
per le prime verso un tasso del -1% per le seconde.
Figura 54. Numero medio Personal Computer/Totale numero dipendenti dettagliato per tipologia di settore di
appartenenza delle imprese, dati al 1 gennaio 2007.
% media nr PC/nr dip
Media Nr PC/Nr Dip. per tipo settore (1/1/07)
70%
64%
60%
44%
50%
38%
40%
29%
30%
20%
10%
0%
servizi
specialised suppliers supplier dominated
(specializzato)
(tradizionale)
science based (high
tech)
Fonte: nostra elaborazione.
Considerano il numero di Personal Computer come un indicatore della dotazione di tecnologie IT si
evidenzia come nel settore dei servizi e della manifattura specializzata sia maggiore il ricorso a queste
dotazioni. Tale evidenza di per sé è abbastanza prevedibile, in quanto si tratta dei contesti aziendali a
60
maggiore intensità informativa (Porter e Millar, 1985), cioè quelli in cui l’informazione permea in
maniera più diffusa tutta la catena del valore aziendale.
Potrebbe stupire, invece, l’evidenza relativa alla maggiore dotazione per le micro-imprese; tuttavia, se si
considera l’associazione micro-impresa-nicchia di attività già ipotizzata nell’analisi del capitale umano,
nonché il fatto che le micro-imprese non operano in quei settori in cui il raggiungimento di una massa
critica dimensionale non rappresenta un fattore critico per la competizione, l’evidenza rispecchia la
situazione media italiana.
Figura 55. Numero medio Personal Computer/Totale numero dipendenti dettagliato per classe dimensionale
delle imprese, dati al 1 gennaio 2007.
Media Nr PC/ Nr. Dip. per classe dimensionale (1/1/07)
% media nr PC/nr dip
70%
67%
60%
48%
50%
40%
37%
39%
piccola
media
30%
20%
10%
0%
micro
grande
Fonte: nostra elaborazione.
Figura 56. Rapporto medio Spesa IT/Fatturato per tipologia di settore di appartenenza delle imprese, dati 2006.
% media spesa IT/ Fatt (2006)
Media Spesa IT/ Fatt. (2006) per tipo settore
2,50%
2,25%
2,00%
1,50%
1,00%
0,39%
0,50%
0,45%
0,27%
0,00%
servizi
specialised suppliers science based (high supplier dominated
(specializzato)
tech)
(tradizionale)
Fonte: nostra elaborazione.
61
Figura 57. Rapporto medio Spesa IT/Fatturato per classe dimensionale delle imprese, dati 2006.
Media Spesa IT/Fatt. (2006) per classe dimensionale
% imprese per classe
dimensionale
2,50%
1,96%
2,00%
1,50%
1,00%
0,50%
0,39%
0,37%
0,35%
grande
piccola
media
0,00%
micro
Fonte: nostra elaborazione.
Figura 58. Distribuzione delle imprese per classe di percentuale di prodotti difettosi, dati 2006.
Distribuzione imprese per classe % prodotti difettosi (2006)
2-5%
10%
>5%
1%
0-1%
14%
0%
75%
Fonte: nostra elaborazione.
Sempre dal punto di vista dei processi organizzativi, il basso livello di difettosità dei prodotti evidenzia
non solo la diffusione di sistemi di qualità ma anche, più significativamente, la presenza di competenze
di gestione della qualità all’interno delle imprese.
62
2.7
Attività di Innovazione e Ricerca
Una delle componenti più importanti del capitale intangibile di un’impresa è data dalle attività di
innovazione e ricerca. Misurare questa dimensione è particolarmente complesso, soprattutto per le
piccole e medie imprese italiane, che non sono solite brevettare le proprie innovazioni o coprirle da
rischi di imitazione con diritti di proprietà diversi. Nel tentativo, quindi, di dare un giudizio di merito a
questa dimensione, si rischia facilmente di sottostimare in quanto gli indicatori di performance sono di
difficile reperimento, a meno di un’analisi molto approfondita per singola impresa.
Per cercare di offrire uno spaccato sufficientemente esplicativo delle attività di innovazione e ricerca
delle imprese del territorio, si è fatto ricorso in questa sede alle seguenti variabili:
q classe media di spese annuali in R&D;
q numero medio annuale nuovi prodotti sviluppati nel periodo 2004-2006;
q analisi degli accordi per lo sviluppo di nuovi prodotti;
q numero brevetti o altri diritti di proprietà;
q presenza di una unità organizzativa dedicata all’attività di ricerca e sviluppo;
q numero medio addetti dedicati all’attività di ricerca e sviluppo.
Il 32% delle imprese analizzate ha dichiarato di effettuare investimenti in ricerca e sviluppo. Di queste,
solo il 7,5% investe annualmente più di 2,5 Milioni di Euro. L’entità dell’investimento appare
naturalmente correlata alla dimensione dell’impresa.
Figura 59. Distribuzione delle imprese per classe di spesa annuale in Ricerca e Sviluppo (ultimo anno
disponibile).
Distribuzione imprese per classe spesa annuale R&D
>€2,5Mln
7%
€500k-€2,5Mln
14%
€250k-€500k
14%
fino a €250k
64%
Fonte: nostra elaborazione.
63
Solo il 13% circa delle micro-imprese investe in ricerca e sviluppo. Di queste, il 75% investe un importo
inferiore ai 250mila Euro.
Figura 60. Distribuzione delle micro-imprese per classe di spesa annuale in Ricerca e Sviluppo (ultimo anno
disponibile).
Distribuzione micro-imprese per Classe di spesa R&D annuale (2006)
fino a €250k
75%
€500k-€2,5Mln
25%
Fonte: nostra elaborazione.
Le imprese che sviluppano nuovi prodotti, hanno sperimentato una leggera crescita nel numero dei
prodotti sviluppati nel periodo 2004-2006 (+0,2%). Le media annuale di nuovi prodotti è di circa 6.
Figura 61. Trend nuovi prodotti sviluppati dalle imprese nel periodo 2004-2006.
Numero medio nuovi prodotti (04-06)
Numero medio nuovi pdt
6,8
6,6
6,5
6,6
6,4
CAGR (04-06)= +0,2%
6,2
5,9
6,0
5,8
5,6
5,4
Nr nuovi pdt 04
Nr nuovi pdt 05
Nr nuovi pdt 06
Fonte: nostra elaborazione.
64
Situazione diversa per le micro-imprese, che hanno sperimentato negli ultimi tre anni una crescita del
10% di nuovi prodotti realizzati annualmente. Le micro-imprese del territorio sembrano pertanto
particolarmente innovative, con quasi 8 nuovi prodotti mediamente sviluppati nel 2006.
Figura 62. Trend nuovi prodotti sviluppati dalle micro-imprese nel periodo 2004-2006.
Numero medio nuovi prodotti micro-imprese (04-06)
Numero medio nuovi pdt
9,00
7,71
8,00
7,00
7,00
CAGR (04-06)= +10%
6,43
6,00
5,00
4,00
3,00
2,00
1,00
Nr nuovi pdt 04
Nr nuovi pdt 05
Nr nuovi pdt 06
Fonte: nostra elaborazione.
Il 13% circa delle imprese detiene brevetti, un numero medio pari a 24 (la media, così alta, si giustifica
per la presenza nel campione di alcune grandi imprese con un numero particolarmente alto di brevetti).
Analogamente, il 24% circa delle imprese tutela le proprie innovazioni con altre tipologie di diritti di
proprietà intellettuale (es. marchi, copyright, diritti d’autore, ecc.), per un numero medio di 7,4 diritti
per impresa. Valgono qui le stesse considerazioni per il numero di brevetti.
Mediamente, le imprese finanziano oltre il 50% dell’investimento in ricerca con risorse interne. Non
così le micro-imprese, che si limitano al 10% circa dell’investimento, reperendo altre finanze da banche
o tramite accordi di collaborazione.
65
Figura 63. Tipologia dei partner per lo sviluppo dei nuovi prodotti.
Partner per sviluppo nuovi prodotti
9%
7%
5%
4%
2%
Altro (progetti
EU)
1%
CR pubbl.
CR priv.
Controll./colleg.
Clienti
Università
1%
Fornitori
% Sul totale Imprese
(risposta multipla)
10%
9%
8%
7%
6%
5%
4%
3%
2%
1%
0%
Fonte: nostra elaborazione.
Il 20% circa delle imprese ha realizzato accordi di collaborazione per lo sviluppo di nuovi prodotti,
prevalentemente con fornitori (9% dei casi) e clienti (7%). Solo nel 5% dei casi si è fatto ricorso ad
accordi con università e irrilevanti sono i casi di accordi con centri di ricerca pubblici o privati (Figura
63).
Le imprese che sviluppano più accordi appartengono ai settori specializzati (Figura 64) e sono
prevalentemente grandi imprese.
Figura 64. Tipologia settori di appartenenza delle imprese che hanno accordi per sviluppare nuovi prodotti.
% imprese per tipo settore
Imprese con accordi per sviluppo nuovi pdt per tipo settore
18%
16%
14%
12%
10%
8%
6%
4%
2%
0%
16%
11%
3%
specialised suppliers
(specializzato)
supplier dominated
(tradizionale)
servizi
Fonte: nostra elaborazione.
Il 21% delle imprese del campione ha nella propria struttura organizzativa una unità interamente
dedicata all’attività di ricerca e sviluppo, composta mediamente da 5 addetti. Di queste imprese, il 40%
appartiene ai settori specializzati e il 20% ai settori high tech. Solo il 10% appartiene ai settori
tradizionali e solo il 7% al settore dei servizi.
66
Figura 65. Tipologia settori di appartenenza delle imprese con personale dedicato alla ricerca e sviluppo.
% imprese per tipo settore
Imprese con personale dedicato R&D per tipo settore
45%
40%
35%
30%
25%
20%
15%
10%
5%
0%
40%
20%
10%
7%
specialised suppliers science based (high supplier dominated
(specializzato)
tech)
(tradizionale)
servizi
Fonte: nostra elaborazione.
Il 60% delle imprese con strutture dedicate alla ricerca, sono grandi imprese, il 32% medie e solo il 16%
piccole.
Figura 66. Classe dimensionale delle imprese con personale dedicato alla ricerca e sviluppo.
Imprese con personale dedicato R&D per classe dimensionale
% imprese per classe
dimensionale
70%
60%
60%
50%
40%
32%
30%
20%
13%
10%
0%
grande
media
piccola
Fonte: nostra elaborazione.
Per cercare una conferma all’ipotesi che l’attività di innovazione ha un impatto sulle performance
economico-finanziarie, sono stati confrontati i tassi di crescita medi del fatturato nel periodo 2004-2007
per le imprese che investono in ricerca e sviluppo, anche con personale dedicato, e quelle che non lo
fanno.
67
I risultati sono evidenziati nella tabella seguente.
Tabella 8. Confronto tassi di crescita del fatturato (2004-2007) in base all’attività di ricerca e sviluppo.
Imprese che investono in R&D
Imprese che non investono in R&D
Imprese con Personale dedicato R&D
Imprese senza Personale dedicato R&D
Nr imprese
29
66
19
72
CAGR Fatturato 2004-2007
9%
9%
12%
8%
Fonte: Nostra elaborazione su dati del campione
Il dato appare abbastanza coerente con quanto emerge dalla letteratura prevalente e da altre ricerche
empiriche e sottolinea, soprattutto per quanto riguarda la presenza di personale dedicato alla ricerca e
sviluppo, la correlazione tra l’impegno in attività di innovazione e ricerca e le performance economicofinanziarie.
68
2.8
Quadro sintetico e prospettico
Uno degli obiettivi del presente lavoro è fornire una prospettiva dinamica al quadro sinora effettuato
sul capitale intangibile delle imprese analizzate.
Ancora una volta, si farà ricorso allo strumento dello Skandia Navigator per descrivere le interazioni tra
le componenti del capitale intangibile ai fini di evidenziare alcune indicazioni di orientamento strategico.
La figura seguente evidenzia i valori medi dei principali indicatori usati per la misurazione delle risorse
intangibili, divisi per categoria di risorsa in base allo schema già noto. A queste indicazioni, sono
aggiunte le valutazioni sintetiche di intensità e direzione delle correlazioni tra le diverse variabili.
Figura 67. L’interazione tra le componenti del capitale intangibile per le imprese del campione
Focus sulle relazioni
Focus
Capitale
Umano
+
Focus sui processi
+
Focus Innovazione e Sviluppo
DOMANI
• Nr brevetti = 15,65
• Spesa media R&D/Fatt 06 = 2%
• Nr addetti R&D = 5,36
• Nr nuovi prodotti 06 = 6,94
• Mesi medi sviluppo pdt = 8,17
Focus finanziario
OGGI
CAPITALE INTELLETTUALE
• Spese IT/Fatt 06 = 1%
• Nr PC/ Nr dipend. 06 = 45%
• CAGR Fatt. (04-07)=8%
• CAGR RO (04-07)=14%
IERI
• Accordi con clienti
(% imprese)=69%
• Accordi con fornitori
(% imprese)=61%
• Accordi con concorrenti
(% imprese)= 8%
• Altre forme di accordo
(% imprese)= 2%
• Accordi di l/t
(% imprese no micro)=8%
• Nr Laureati/Nr Non Operai = 14%
• Ore Formazione per dip. = 6
• % dip. con comp. spec.= 21%
• MBO (% imprese) = 26%
• Valutazione comp. (% imprese) = 25%
• Valutazione potenz.(% imprese) = 25%
Fonte: Nostra elaborazione su dati del campione
L’analisi stimola interessanti riflessioni sulla situazione attuale e futura delle imprese del territorio.
In primo luogo, in termini medi e generici, è possibile rilevare che le imprese, in misura differente
rispetto alle diverse tipologie di capitale intangibile, mostrano segnali di una gestione consapevole di tali
risorse. In particolare, per quanto attiene la gestione del capitale umano, considerata anche la
composizione media del campione caratterizzato prevalentemente da piccole e micro-imprese, si
sottolinea che mediamente circa un quarto delle imprese fa uso di strumenti strutturati di gestione delle
risorse umane (Mbo, valutazione del potenziale e delle competenze). Il numero dei laureati non è
particolarmente elevato, ma si evidenzia l’importante risultato del 21% di dipendenti detenenti
competenze specifiche di difficile reperimento sul mercato del lavoro. Mentre sul fronte del capitale
relazionale, i risultati medi non sembrano particolarmente significativi sul fronte dell’innovazione e
69
ricerca si rileva una certa dinamicità, in particolare per quanto riguarda lo sviluppo di nuovi prodotti, il
numero medio di addetti all’attività di ricerca e la percentuale media di spesa per la ricerca sul fatturato.
Il focus sui processi appare in linea con le evidenze di altre ricerche empiriche29, anche se è importante
il risultato sull’adozione di sistemi di certificazione della qualità.
Analizzando lo schema dal punto di vista delle correlazioni tra le diverse componenti del capitale
intangibile, individuate attraverso il calcolo dell’indice di correlazione tra le singole variabili descrittive, e
qui indicate con una valutazione sintetica complessiva delle connessioni tra i diversi gruppi di variabili,
si evidenziano le seguenti correlazioni significative30:
1. Innovazione e sviluppo ↔ processi
2. Innovazione e sviluppo ↔ capitale umano
Queste relazioni confermano da un lato ciò che numerose ricerche empiriche hanno provato in altri
contesti, ovvero l’interconnessione esistente tra le diverse componenti del capitale intangibile,
mostrando dall’altro una situazione in cui il capitale di innovazione e sviluppo appare centrale nella
gestione competitiva dell’impresa. Seguendo l’impostazione dello Skandia Navigator, che pone il
capitale di innovazione e sviluppo quale base per costruire il futuro e trasformare nel tempo le risorse
intangibili in risultati economico-finanziari, e considerando che esso appare nel contesto delle imprese
del campione correlato significativamente con il capitale umano e i processi (che nel modello
rappresentano il presente), si può ipotizzare con le dovute cautele del caso che le imprese del campione
si collochino in una buona situazione prospettica. Seppure, infatti, i valori medi non risultino
particolarmente elevati in ciascuna dimensione, fatta eccezione per quelle sopra indicate, sembra che
sussistano i presupposti per uno sviluppo futuro delle dimensioni intangibili e una maggiore
consapevolezza della loro gestione per convertire il capitale intangibile in prodotti e servizi di successo.
Lo schema concettuale da cui la ricerca ha preso piede presupponeva la natura di sistema delle relazioni
che insistono tra capitale relazionale, innovazione e sviluppo, processi (organizzativi) e performance
economico-finanziarie; in tale sistema il capitale umano, vero focus dell’indagine è stato
concettualizzato come il fulcro, il “motore”, dello sviluppo della sostenibilità del vantaggio competitivo
aziendale. Tuttavia, essendo il vero humus attraverso cui gli obiettivi si trasformano in risultati, il
bagaglio di capitale umano aziendale risente anche delle innovazioni e degli investimenti che l’azienda
compie in termini tecnologici, infrastrutturali, relazionali e di process innovation. Dal punto di vista
della metodologia utilizzata, queste relazioni reciproche sono state scomposte in relazioni bidirezionali
reciproche di mutua influenza.
L’analisi delle correlazioni tra le diverse categorie di variabili sottoposte ad indagine mediante il
campione ha evidenziato tuttavia che il vero impulso verso la competitività aziendale non risiede nella
mera disponibilità di capitale umano qualificato, ma piuttosto sul potenziale di innovazione e sviluppo
che l’azienda riesce a sviluppare. Tale evidenza porta a diverse considerazioni.
In primo luogo, la correlazione positiva tra innovazione e sviluppo e capitale umano evidenzia come il
capitale umano riesce ad essere “percepito” in termini di risultati aziendali solo laddove questo riesca a
contribuire ad una significativa attività di innovazione aziendale. In assenza di questo fondamentale
passaggio, le imprese si trovano ad avere un enorme potenziale inespresso.
Analoga considerazione vale per le modifiche che interessano i processi organizzativi. Investimenti in
IT, sistemi di qualità e risk management, infatti, di per sé non contribuiscono al raggiungimento dei
risultati aziendali se non innescano, all'interno dei contesti organizzativi, quelle innovazioni in grado di
rendere più efficienti e più efficaci le attività svolte. E' ovvio parimenti che superando la tradizionale
29
Tra cui si evidenzia la ricerca sulla valutazione delle dotazioni IT delle imprese del territorio di Savona, a cura di Unione
Industriali della provincia di Savona.
30 Si ritiene significativo statisticamente un indice di correlazione che supera o eguaglia il valore di 0,75.
70
dicotomia tecnologie-organizzazione, tali innovazioni organizzative risultano possibili se e solo se si
accompagnano allo sviluppo di significative competenze organizzative all'interno delle imprese.
Infine, l'area del capitale relazionale è risultata quella meno convincente rispetto alle innovazioni
aziendali e allo sviluppo del capitale umano. Se da un lato ciò può essere spiegato alla poco esplicitabile
“percezione” che le imprese hanno di questi fattori (relazioni stabili, contratti, elementi fiduciari, coevoluzione, etc.) dall'altro, gli organismi associativi (quali l'Unione Industriale) posso rappresentare un
efficace veicolo per la promozione e lo sviluppo di quel tessuto relazionale in grado di incrementare
ulteriormente le performance delle singole imprese, la fertilizzazione incrociata dei patrimoni di
competenze disponibili (capitale umano aziendale), nonché la crescita dell'intero sistema
imprenditoriale territoriale.
71
2.9
Raggruppamenti di imprese in base alla sensibilità al capitale intangibile
La parte finale dell’analisi ha riguardato il tentativo di effettuare dei raggruppamenti di imprese
omogenee per comportamenti rispetto alle principali dimensioni del capitale intangibile. Lo scopo
dell’analisi è quello di individuare e descrivere le diverse tipologie di imprese per poter definire politiche
di sostegno e sviluppo della competitività mirate per diversa tipologia di impresa.
La metodologia analitica adottata per effettuare i raggruppamenti è denominata cluster analysis o analisi
dei raggruppamenti. Lo scopo di tale analisi è quello di classificare casi sui quali sono state misurate
differenti variabili in un numero inferiore e relativamente contenuto di classi, dette appunto cluster o
gruppi. I gruppi non sono determinati a priori. I casi vengono assegnati ai gruppi in modo tale che i casi
al loro interno siano caratterizzati da un elevato grado di similarità, mentre i cluster devono essere
relativamente distinti l’uno dall’altro.
Seguendo tale impostazione, le imprese del campione sono state classificate in base alla performance
espressa rispetto alle seguenti variabili:
Capitale Relazionale
1. Indice di presenza accordi con Clienti, Fornitori, Concorrenti (Indice accordi)
Capitale Umano
1. Numero di laureati/Numero di dipendenti non operai (NRLAU/NNOP)
2. Ore di formazione per dipendente (HRFORMDIP)
3. Numero di dipendenti con competenze specifiche non facilmente reperibili sul mercato del
lavoro/Numero totale di dipendenti (PERCCOMPSPEC)
Processi aziendali
1. Spese annuali in IT/Fatturato (PERCITFAT)
Innovazione e Ricerca
1. Spese annuali in ricerca e sviluppo (SPESERD)
2. Numero addetti dedicati all’attività di ricerca e sviluppo (NRADDRD)
3. Numero brevetti (NRBREV)
Seguendo il metodo di classificazione non gerarchico, che parte da una matrice “casi x variabili”, sono
stati individuati tre principali raggruppamenti, caratterizzati dai centroidi descritti nella seguente tabella.
72
Tabella 9. Centroidi dei tre raggruppamenti al termine della cluster analysis.
Gruppi
1
2
3
NRLAU/NNOP
17%
25%
HRFORMDIP
28,12
12,40
3,53
42%
21%
18%
PERCCOMPSPEC
PERCITFAT
INDICE ACCORDI
SPESERD
NRADDRD
NRBREV
13%
2%
1%
1%
1053%
421%
121%
75,00
1785,71
57,69
,10
14,29
,32
15,40
6,71
1,08
Fonte: nostra elaborazione.
La significatività dei risultati viene confermata dai valori del test F nella tabella dell’ANOVA31.
Tabella 10. Tabella ANOVA
Cluster
Mean Square
Error
df
Mean Square
F
df
Sig.
NRLAU/NNOP
544,775
2
434,029
118
1,255
,289
HRFORMDIP
2906,566
2
42,983
118
67,622
,000
PERCCOMPSPEC
2462,193
2
466,630
118
5,277
,006
3,264
2
7,552
118
,432
,650
INDICE ACCORDI
4122941,261
2
40587,288
118
101,582
,000
SPESERD
9830666,209
2
24586,166
118
399,845
,000
NRADDRD
645,373
2
16,736
118
38,562
,000
NRBREV
999,063
2
265,078
118
3,769
,026
PERCITFAT
Fonte: nostra elaborazione.
I centroidi sono quei valori delle variabili che realizzano la condizione per la quale le distanze tra gli
oggetti all’interno dei cluster debbano essere minori delle distanze tra i centroidi dei diversi cluster.
I centroidi risultanti al termine delle iterazioni di calcolo della cluster analysis rappresentano anche un
modo per profilare i raggruppamenti, essendo considerabili come il caso medio rappresentativo del
gruppo.
L’analisi dei centroidi che descrivono ogni gruppo consente pertanto di individuare un profilo
comportamentale delle imprese appartenenti al gruppo, dal punto di vista della sensibilità al tema della
gestione del capitale intangibile. Di seguito, sono analizzati, qualitativamente, i risultati dei gruppi di
variabili che descrivono le singole dimensioni del capitale intangibile e della performance economicofinanziaria. La valutazione delle prestazioni è da intendersi relativa esclusivamente alle imprese del
campione. Ciò implica che un’impresa presenta basse prestazioni rispetto alle altre imprese del
campione, ma non necessariamente in termini assoluti.
31
Il test F è una estensione del t test per due campioni e si utilizza quando si vogliono confrontare le medie di più di due
gruppi sotto la stessa ipotesi nulla e con lo stesso livello di significatività. Se il valore di F rilevato nel calcolo è maggiore di
quello corrispondente al livello che interessa (0,05 e 0,01), la statistica è significativa.
73
Tabella 11. Valutazione performance dei gruppi rispetto alle dimensioni del capitale intangibile
Gruppi
Capitale Umano
1
2
3
Alto
Medio
Basso
NRLAU/NNOP
17%
25%
13%
HRFORMDIP
28,12
12,40
3,53
42%
21%
18%
PERCCOMPSPEC
Processi
Alto
PERCITFAT
Medio
2%
Capitale relazionale
indice accordi
Innovazione e ricerca
Alto
1%
Medio
Medio
1%
Basso
1053%
421%
Medio
Alto
Basso
75,00
1785,71
57,69
,10
14,29
,32
15,40
6,71
1,08
SPESERD
NRADDRD
NRBREV
121%
Fonte: nostra elaborazione.
L’analisi dei centroidi evidenzia tre profili comportamentali ben distinti: il primo gruppo presenta
ottime performance in termini di impegno sul fronte del capitale intangibile; il secondo gruppo, a sua
volta, presenta buone performance su tutte le dimensioni del capitale intangibile, con ottime prestazioni
per le attività di innovazione e ricerca; il terzo e ultimo gruppo presenta basse prestazioni su quasi tutte
le dimensioni analizzate. Il gruppo 1 sarà quindi definito come quello di “imprese con elevata sensibilità
al capitale intangibile”; il gruppo 2 include le “imprese con media sensibilità al capitale intangibile”; il
gruppo 3 comprende infine le “imprese con bassa sensibilità al capitale intangibile”.
Per quanto attiene la numerosità dei raggruppamenti, sono stati evidenziati i seguenti risultati:
Tabella 12. Numero di casi presenti in ciascun gruppo
Cluster
1
10,000
2
7,000
3
104,000
Valid
Missing
121,000
,000
Fonte: nostra elaborazione.
Il gruppo di imprese con elevata sensibilità al capitale intangibile contiene 10 casi, i gruppi di imprese
con media sensibilità ne include 7, mentre il gruppo di imprese con bassa sensibilità al capitale
intangibile è di gran lunga il più numeroso, con 104 casi.
Normalmente, quando si effettua una cluster analysis e il dimensionamento dei raggruppamenti è
particolarmente sbilanciato, si tende ad assumere che le variabili utilizzate non siano le più significative
per differenziare le imprese. L’obiettivo della ricerca, tuttavia, non è quello di delineare i
raggruppamenti strategici delle imprese, che richiedono l’impiego di un set più ampio di variabili, ma è
invece quello di segmentare il campione rispetto all’intensità di gestione delle proprie risorse intangibili.
Ai fini della ricerca, sono quindi rilevanti le variabili utilizzate e non altre. Al contrario, il risultato del
dimensionamento appare molto significativo, perché evidenzia che una certa, e ampia, categoria di
74
imprese non ha ancora percepito chiaramente il potenziale della gestione strategica delle proprie risorse
intangibili.
Questo tema può essere meglio chiarito studiando i profili delle imprese dei raggruppamenti.
A tal fine, le imprese dei gruppi sono state profilate rispetto alle seguenti variabili descrittive:
1. settore di appartenenza;
2. classe dimensionale.
I grafici seguenti illustrano la composizione dei raggruppamenti in merito a suddette variabili.
Il primo raggruppamento, caratterizzato da elevata sensibilità al capitale intangibile, è costituito
prevalentemente da imprese del settore specializzato o dei servizi, per lo più di media o piccola
dimensione. Il secondo raggruppamento, media sensibilità al capitale intangibile, è invece composto per
quasi il 60% da imprese dei settori specializzati, di grandi dimensioni. Infine, il raggruppamento delle
imprese con bassa sensibilità al capitale intangibile, è costituito prevalentemente da imprese di piccole
dimensioni e appartenenti ai settori tradizionali.
Tabella 13. Composizione dei raggruppamenti per tipologia settore e classe dimensionale delle imprese
Composizione gruppi in base alla tipologia di settore delle imprese
100%
Tradizionale
20,0%
Peso perc. tipo settore
90%
80%
70%
Tradizionale
42,9%
Specializzato
40,0%
60%
Tradizionale
53,9%
50%
40%
30%
Servizi
40,0%
20%
Specializzato
57,1%
10%
Specializzato
16,7%
Servizi
24,5%
High Tech 5,1%
0%
Alta Sensibilità al CI
Media Sensibilità al CI
Bassa Sensibilità al CI
Raggruppamenti
Composizione gruppi in base alla classe dimensionale delle imprese
100%
Peso perc. tipo settore
90%
80%
Piccola
30%
Piccola
14%
Micro
14%
Micro
20%
Media; 29%
70%
60%
Piccola
55%
50%
40%
30%
Media
40%
20%
10%
0%
Micro
26%
Grande; 43%
Media 18%
Grande; 10%
Alta Sensibilità al CI
Grande 1%
Media Sensibilità al CI
Bassa Sensibilità al CI
Raggruppamenti
Fonte: nostra elaborazione.
75
Il quadro emergente dalla cluster analysis appare sufficientemente verosimile e offre un buon numero di
spunti per la formulazione di politiche formative o di sostegno mirate.
A completamento dell’analisi, è fornito in allegato l’elenco delle imprese appartenenti a ciascun
raggruppamento.
76
2.10
Considerazioni conclusive
Il lavoro qui presentato mostra come la valutazione del capitale intangibile possa rappresentare anche
una occasione di riflessione su quali siano i veri driver del vantaggio competitivo sostenibile per le
imprese. A tal fine, il campione delle imprese del territorio di Savona che hanno collaborato all’indagine
grazie alla costante azione propulsiva dell’Associazione Industriali ha costituito un’importante punto di
osservazione privilegiato su uno spaccato, seppur con caratteristiche peculiari, del tessuto industriale
italiano, con particolare riguardo alle realtà di dimensioni minori.
Il fil rouge che lega queste considerazioni di sintesi può essere rinvenuto nella considerazione che
sempre di più il successo dell’impresa che opera nello scenario competitivo attuale, sempre più
globalizzato e sempre più esigente in termini di specializzazione ed innovazione, è da ricondursi non
solo ai propri fattori critici di successo specifici (innovazione, accesso a risorse low cost,
specializzazione, expertise, etc.) ma anche al tessuto relazionale e “infrastrutturale” in cui questa è
inserita. Questa considerazione può essere esplicitata, alla luce delle evidenze riscontrate, su tre versanti
distinti ma inevitabilmente interrelati: la considerazione strategica delle risorse intangibili, la
connotazione delle imprese come soggetti in grado di creare valore sociale, la risorsa-conoscenza come
volano di sviluppo territoriale.
In prima battuta, l’indagine conferma la limitata capacità rappresentativa degli strumenti contabili
tradizionali nel delineare non solo il valore presente, ma soprattutto quello potenziale, degli asset
intangibili. Tra questi, il capitale umano esprime, se si osservano i dati di performance aziendale
registrati negli anni, un fattore critico di successo di indiscusso valore: la competizione nazionale ed
internazionale continua a vincersi attraverso la valorizzazione delle competenze degli individui. Ecco
allora che il concetto di capitale umano si allontana in maniera marcata dalla semplice “dotazione
organica” spostandosi via via verso l’idea di “patrimonio di competenze”, tecniche e gestionali. La
dinamicità dei contesti competitivi, tuttavia, impone sempre più alle imprese l’attivazione di meccanismi
espliciti (formazione, addestramento) ed impliciti (affiancamento, tutorship, mentorship, learning by
interacting) per la diffusione della conoscenza e lo sviluppo di competenze innovative all’interno delle
imprese. In sintesi è possibile affermare che anche se ad oggi le strumentazioni contabili non sono
ancora in grado di rappresentare compiutamente il valore del capitale umano, un inquadramento
sistemico dei fattori che lo alimentano (composizione dell’organico, formazione, co-evoluzione con
clienti e fornitori) è in grado di mettere le imprese nelle condizioni di apprezzarne il potenziale
competitivo prospettico.
In secondo luogo, si evince l’evidenza per cui le imprese, analizzate nella prospettiva degli intangibles,
non si configurano più solo come enti “utilizzatori” di risorse ma anche, e sempre di più, come creatori
di risorse distintive. L’impresa assume, sia come singola sia come “sistema industriale” in cui è inserita
un valore che eccede quello di mercato e che impatta in maniera significativa sul tessuto socioeconomico in cui è inserita. Tale constatazione sembra avvalorare i dettami dell’approccio
neoistituzionalista allo studio delle organizzazioni (Di Maggio, Powell, 1991) per cui le organizzazioni
sopravvivono nell’ambito degli ambienti (sociali) in cui sono inserite in quanto riescono a legittimarsi
presso la collettività di riferimento. Tra gli aspetti più intangibili, ma non per questo meno pregnanti,
dei risultati dell’indagine, emerge il ruolo delle imprese come soggetti di creatori e diffusori di
conoscenze e competenze attraverso diversi meccanismi: la formazione on the job dei dipendenti,
l’interazione nella filiera del valore con clienti e fornitori, lo stimolo all’innovazione continua, la
creazione di una domanda di lavoro sempre più qualificata che impatta sul territorio. Da una rilettura
critica delle evidenze, tuttavia, sembrerebbe che una maggiore legittimazione da parte del tessuto socioeconomico ed istituzionale del ruolo delle imprese come creatrici di valore sociale, oltre che economico,
potrebbe generare delle ulteriori esternalità di cui le imprese potrebbero beneficiare. In particolare, il
riconoscimento delle imprese come soggetti in grado di creare valore sociale potrebbe innescare un
fruttuoso dialogo con le Istituzioni e con gli enti di formazione (scuole, università, centri di ricerca) che
potrebbe ulteriormente accrescere la base di competenze di cui le imprese dispongono e su cui posso
intervenire (in senso migliorativo) attraverso le dinamiche interne di sviluppo di competenze.
77
La connotazione delle imprese come “valore” per la collettività conduce ad una ulteriore
considerazione. Se è vero infatti che le imprese possono essere considerate come condensatori di
conoscenze e competenze e che attraverso le loro relazioni possono contribuire ad una sorta di
“fertilizzazione incrociata” di tali risorse cognitive, da un lato, le evidenze mostrano che ad oggi pur
intrattenendo numerose relazioni di business, le imprese non riescono sempre ad esplicitarle o a trarne
consapevolmente beneficio. Questa limitazione è legata al fatto che i rapporti tra imprese vengono
tuttora visti con mero riferimento all’aspetto informativo (scambio di dati a supporto di decisioni) o
transazionale (scambio di beni e servizi). Se tali rapporti vengono invece analizzati con la chiave di
lettura “cognitiva”, ossia enucleandone i flussi di conoscenza e il portato di competenze incorporato
(embedded) nei prodotti (materie prime, semi-lavorati, componenti accessori) e nei servizi, se ne
coglierebbe molto meglio il valore in termini di vantaggio competitivo. In tal senso, il capitale
relazionale, che dalle evidenze dell’indagine sembra essere un pò sottodimensionato rispetto alle
aspettative, potrebbe essere ulteriormente valorizzato, esplicitato e “sfruttato” dalle imprese per la
creazione di valore. L’aspetto speculare a questa considerazione legata alle evidenze dell’indagine è che
le dimensioni cognitive dei sistemi aziendali (imprese), rinvenibili non solo in conoscenze e
competenze, ma anche in expertise e routine interorganizzative, rappresentano il vero motore di
sviluppo del territorio, inteso come collettività istituzionale, sociale ed imprenditoriale. Pur nelle sue
diverse forme (tacita, esplicita, superficiale, profonda) la conoscenza, infatti, riesce ad essere trasferita
ed alimentata a costi nulli per le organizzazioni, che in ogni caso la incorporano in prodotti, servizi e
routine interne. L’adozione di un approccio maggiormente incline alla cooperazione ed alla
condivisione, che potrebbe trovare nelle sedi associative un importante momento di catalizzazione,
farebbe in modo che questi patrimoni conoscitivi aziendali si diffondano a livello territoriale.
78
Allegato A: Il questionario
Il questionario è diviso nelle seguenti sezioni:
Anagrafica impresa (da compilare sulla base dei dati dell’Unione Industriali Savona);
A.
Profilo del gruppo di controllo;
B.
Dati economico-finanziari (alcuni dati da reperire dalla ricerca partner Torino);
C.
Capitale relazionale;
D.
Capitale umano (alcuni dati da reperire dalle Banche Dati dell’Unione industriali Savona);
E.
Processi (alcuni dati da reperire dalla ricerca “Progetto- in- Tech”);
F.
Ricerca e innovazione.
Di seguito sono riportate le due versioni del questionario:
q
versione estesa, per tutte le imprese ad esclusione delle micro-imprese
q
versione per le micro-imprese
Le parti del questionario riportate in grigio sono quelle riempite con dati già in possesso dell’Unione
Industriali per precedenti ricerche o rilevazioni statistiche effettuate.
79
Versione estesa [tutte le imprese con più di 10 dipendenti]
N.B. In grigio le domande compilate con dati già raccolti da Unione Industriali Savona.
ANAGRAFICA IMPRESA
Ragione sociale:______________________________________________________________
Indirizzo:____________________
CAP:__________________ Comune:_______________
UNITÀ32:____________________ Nr. Telefono: ___________ Nr. Fax:_______________
P.IVA.:______________________ C.F.:__________________ _
Indirizzo posta elettronica:_____________________________________________________
Sito Internet aziendale:________________________________________________________
SEZIONE A. PROFILO DEL GRUPPO DI CONTROLLO
Questa sezione riguarda le caratteristiche del gruppo di controllo dell’impresa.
A.1)
Numero di proprietari con quota di proprietà superiore al 20% (incluse imprese ed
istituzioni finanziarie):
A.2)
Ci sono istituzioni finanziarie tra i proprietari?
sì
no
A.3)
Ci sono imprese tra i proprietari?
sì
no
A.4)
Ci sono proprietari direttamente coinvolti nella gestione?
sì
no
32
Sede, stabilimento o altro
80
A.5)
Se si è risposto “SI” alla domanda A.4, indicare il numero dei proprietari coinvolti nella
gestione per ognuno dei seguenti livelli di istruzione:
1. Formazione
post-laurea
(master o dottorato di ricerca)
2. Laurea
3. Diploma
4. Medie inferiori
A.6)
Se si è risposto “SI” alla domanda A.4, indicare il numero dei proprietari coinvolti nella
gestione per ognuno dei seguenti ambiti di formazione:
Discipline tecniche:
1. Periti
elettrici,
elettronici, industriali
2. Ingegneri
3. Informatici
4. Fisici
Discipline gestionali:
5. Periti commerciali
6. Economia/Commercio
7. Altro
81
SEZIONE B. DATI ECONOMICO-FINANZIARI
Questa sezione raccoglie alcuni indicatori relativi alla performance economico-finanziaria dell’impresa. Ove il compilatore non
disponga di dati precisi per rispondere alle domande, si prega di voler rispondere per approssimazione, se si ritiene che questa
rappresenti comunque una misura affidabile del dato reale.
B.1) Indicare il Fatturato dell’impresa nel 2006 (o ultimo anno disponibile):
B.2) Indicare il numero dei dipendenti dell’impresa al 1/1/2007 (o ultimo anno disponibile):
B.3) Indicare il tasso di crescita media del fatturato negli ultimi 3 anni (1/1/2004-31/12/2006):
B.4) Indicare se negli ultimi tre anni (1/2004-31/12/2006) la quota di mercato dell’impresa è:
decresciuta del:
0-5% 6-10% >10% rimasta stabile
cresciuta del:
0-5% 6-10% >10% B.5) Indicare il Reddito Operativo dell’impresa (RO) nel 2006 (o ultimo anno disponibile):
Con il termine “Reddito Operativo dell’impresa (RO)” si intende il margine che esprime la redditività dell’attività
caratteristica dell’impresa, lordo degli oneri finanziari, del saldo dell’attività extra caratteristica e delle tasse.
Euro
82
SEZIONE C. CAPITALE RELAZIONE
Questa sezione riguarda le relazioni dell’impresa con soggetti esterni. Con il termine “spin-off” si intende la nascita dell’impresa da
altro ente, pubblico o privato. Con “finanziamento di venture capital o private equity” si intende un finanziamento da parte di
operatori professionali che forniscono risorse finanziarie a titolo di capitale di rischio. Con il termine “accordo commerciale” si intende
una relazione di lunga durata per la vendita del prodotto dell’impresa ad un cliente o ad un gruppo di clienti o per l’acquisto di
materie prime da un fornitore o da un gruppo di fornitori.
C.1)
L’impresa è nata come spin-off da altra impresa?
Con il termine “spin-off” si intende la nascita dell’impresa da altro ente, pubblico o privato.
sì
no
C.2)
L’impresa è nata come spin-off da Università o altro centro di ricerca?
Con il termine “spin-off” si intende la nascita dell’impresa da altro ente, pubblico o privato.
sì
no
C.3)
L’impresa ha mai beneficiato di un finanziamento di venture capital o private equity?
Si intende un finanziamento da parte di operatori professionali che forniscono risorse finanziarie a titolo di capitale di
rischio.
sì
no
C.4)
L’impresa ha in essere contratti di fornitura o approvvigionamento superiori a 5 anni?
sì
Indicare numero contratti
Indicare valore complessivo contratti
no
83
C.5)
Le imprese con cui sono stati sottoscritti accordi commerciali sono:
Con il termine “accordo commerciale” si intende una relazione di lunga durata per la vendita del prodotto dell’impresa ad
un cliente o ad un gruppo di clienti o per l’acquisto di materie prime da un fornitore o da un gruppo di fornitori.
(sono ammesse risposte multiple)
clienti
fornitori
concorrenti
altro (specificare)
C.6)
Specificare se le imprese con cui sono stati stipulati accordi commerciali si trovano:
(per ogni tipologia di impresa sono ammesse risposte multiple)
Clienti
Concorrenti
Fornitori
Nello stesso luogo
Nelle estreme vicinanze
All’interno della regione
In un’altra regione
C.7)
Motivazione della scelta di localizzazione dell’attività nella Provincia di Savona. Per
ogni fattore dare una scala di valutazione da 1 a 5 (1=scarsa o nulla; 5=fondamentale):
1. Basso costo dei fattori produttivi
2. Elevata
specializzazione
della
manodopera e delle risorse umane
dirigenziali
3. Facilità di reperimento di risorse
umane qualificate
4. Vicinanza di centri di ricerca o di
Università
5. Alta concentrazione dell’attività
6. Disponibilità
infrastrutture
di
servizi
di
7. Incentivi fiscali e/o finanziari
8. Vicinanza ai mercati di sbocco e/o
fornitura
84
9. Rapporti
con
Pubblica
amministrazione ed istituzioni locali
(Camera di Commercio, Associazione
Industriali, Altri)
10. Altro (specificare)
C.8) Indicare se l’impresa opera all’interno di un distretto industriale:
si
no
85
SEZIONE D. CAPITALE UMANO
Questa sezione riguarda le attività di politica e gestione del capitale umano dell’impresa. Con il termine “sistema di incentivazione
dei risultati” si intende la retribuzione variabile riconosciuti ai dipendenti in base ai risultati raggiunti. Con il termine “sistema di
valutazione delle competenze” sin intende la valutazione del grado di possesso dei dipendenti di competenze tecniche o gestionali, sulla
base di un modello di competenze specifico per l’azienda. Con il termine “sistema di valutazione del potenziale”, si intende l’analisi
delle capacità e delle attitudini presenti in un individuo e la loro valutazione in relazione ai requisiti richiesti per ruoli diversi
dall’attuale.
D.1)
Rispetto ai dipendenti al 1/1/2007 (o ultimo anno disponibile), indicare:
Totale, Nr:_____________ di cui
Impiegati, Nr:_____________
Operai, Nr.:_____________
Dirigenti, Nr.:_____________
Apprendisti, Nr.:_____________
Part Time, Nr.:_____________
D.2)
Indicare l’età media dei dipendenti attualmente in azienda:
25-35 anni
36-45 anni
>45 anni
D.3)
Indicare il numero di dipendenti con il seguente titolo di studio:
Diploma, Nr:_____________
Laurea, Nr:_____________
D.4)
Quanti dei dipendenti laureati hanno conseguito un ulteriore titolo di studio tra i
seguenti?
MBA, Nr:_____________
Dottorato, Nr:_____________
D.5)
Indicare la permanenza media dei lavoratori nell’impresa:
< 2,5 anni
2,5 – 5 anni
6 – 10 anni
>10 anni
D.6)
Indicare il numero di ore di formazione e aggiornamento totali 2006 (o ultimo anno
disponibile):
Ore Totali:___________
86
Di cui,
Formazione tecnico professionale, ore___________
Formazione manageriale, ore___________
Altro, ore___________
D.7)
Indicare la percentuale dei dipendenti che parlano correntemente almeno una lingua
straniera:
0 – 10%
11 – 20%
21 – 50 %
> 50 %
D.8)
Indicare la percentuale dei dipendenti che detengono competenze specifiche (es.
tecniche) difficilmente reperibili sul mercato del lavoro:
0 – 10%
11 – 20%
21 – 50 %
> 50 %
D.9)
Indicare se l’azienda usa sistemi di incentivazione sui risultati (es. MBO):
Con il termine “sistema di incentivazione dei risultati” si intende la retribuzione variabile riconosciuti ai dipendenti in base
ai risultati raggiunti.
sì
no
D.10) Indicare se l’azienda usa sistemi di valutazione delle competenze:
Con il termine “sistema di valutazione delle competenze” si intende la valutazione del grado di possesso dei dipendenti di
competenze tecniche o gestionali, sulla base di un modello di competenze specifico per l’azienda. In particolare, si fa
riferimento a sistemi di valutazione di competenze e capacità utilizzati sistematicamente all’interno dell’impresa.
sì
no
D.11) Indicare se l’azienda usa sistemi di valutazione del potenziale:
Con il termine “sistema di valutazione del potenziale”, si intende l’analisi delle capacità e delle attitudini presenti in un
individuo e la loro valutazione in relazione ai requisiti richiesti per ruoli diversi dall’attuale.
sì
no
87
SEZIONE E. PROCESSI AZIENDALI
Questa sezione riguarda l’analisi del livello di innovazione presente nei processi aziendali. Ove il compilatore non disponga di dati
precisi per rispondere alle domande, si prega di voler rispondere per approssimazione, se si ritiene che questa rappresenti comunque
una misura affidabile del dato reale.
E.1)
Indicare il numero totale delle postazioni Personal Computer:
E.2)
Indicare la percentuale di dipendenti che possono accedere ad Internet dalle postazioni
di lavoro:
0-30 %
31-70%
> 70%
E.3)
Indicare la spesa totale in Information Technology per il 2006 (o ultimo dato disponibile)
(include spese per hardware, software e reti):
Euro
E.4)
Indicare se l’impresa detiene una certificazione di qualità:
si
no
E.5)
Indicare, ove possibile, la percentuale di prodotti difettosi sul totale prodotti offerti nel
2006 (o ultimo dato disponibile):
E.6)
L’impresa è dotata di un sistema di risk management operativo?
specificare quale/i tipologia/e:___________________________________________
Con il termine “risk management operativo” si intende un sistema di gestione dei rischi riguardanti le attività
manifatturiere e collegate.
si
no
specificare quale/i tipologia/e:___________________________________________
88
SEZIONE F. ATTIVITA’ DI INNOVAZIONE E RICERCA
Questa sezione riguarda l’attività di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti svolta dall’impresa, sia all’interno delle proprie strutture, sia
attraverso la cooperazione con soggetti esterni. Ove il compilatore non disponga di dati precisi per rispondere alle domande, si prega di
voler rispondere per approssimazione, se si ritiene che questa rappresenti comunque una misura affidabile del dato reale. Laddove
l’impresa rappresenti uno stabilimento produttivo di un grande gruppo industriale, indicare i dati relativi alle attività svolte
nell’ambito delle strutture presenti nella provincia di Savona.
F.1)
L’impresa ha investito in Ricerca e Sviluppo (R&S) nel periodo 1/1/2004- 31/12/2006?
sì
no
F.2)
Se si è risposto “sì” alla domanda F.1, indicare le spese annuali totali in R&S
(selezionando con una croce la classe di spesa) e la percentuale di tali spese destinate
all’attività di R&S svolta all’interno dell’impresa:
Anno
Spesa annuale totale in R&S
2006
(o
ultimo
disponibile)
Spesa R&S interna (% su
spesa annuale totale)
Fino a € 250.000
dato
Da € 250.000 a € 500.000
Da € 500.000 a € 2.500.000
Oltre € 2.500.000
F.3)
L’impresa dispone di personale dedicato all’attività di Ricerca e Sviluppo?
si
no
F.4)
Se si è risposto “sì” alla domanda F.3, indicare il numero di addetti alla R&S e, tra
questi, il numero di addetti con titolo di dottorato di ricerca negli anni riportati di
seguito:
N° addetti N° addetti alla R&S
R&S
con dottorato
89
F.5)
Indicare il numero di brevetti e altri diritti di protezione intellettuale (copyright, etc.)
detenuti dall’impresa e/o da imprese controllate, controllanti o collegate (ex art. 2359
cc):
Numero Brevetti
Numero altri diritti
di
proprietà
intellettuale
F.6) Indicare il numero di nuovi prodotti sviluppati dall’impresa nel periodo 1/1/200431/12/2006:
Anno
Numero
prodotti
nuovi
2004
2005
2006
F.7)
Indicare la durata media (espressa in numero di mesi) relativa allo sviluppo dei prodotti
realizzati dall’impresa:
Mesi
F.8)
L’impresa ha sottoscritto accordi con altri soggetti per lo sviluppo di nuovi prodotti dal
1/1/2004 ad oggi?
si
no
F.9)
Indicare se tra i soggetti con cui l’impresa ha sottoscritto accordi per lo sviluppo di
nuovi prodotti figurano:
(sono ammesse risposte multiple)
università
centri di ricerca pubblici
centri di ricerca privati
fornitori
90
clienti
società controllate, controllanti o collegate
altro (specificare)
F.10) Indicare se tra gli accordi per lo sviluppo di nuovi prodotti figurano le seguenti
tipologie:
(sono ammesse risposte multiple)
partecipazione al capitale sociale
joint-venture
collaborazione tra risorse umane impiegate nella funzione R&S
altro (specificare)
91
Versione per micro-imprese [tutte le imprese con dipendenti fino a 10]
N.B. In grigio le domande compilate con dati già raccolti da Unione Industriali Savona.
ANAGRAFICA IMPRESA
Ragione sociale:______________________________________________________________
Indirizzo:____________________
CAP:__________________ Comune:_______________
33
UNITÀ :____________________ Nr. Telefono: ___________ Nr. Fax:_______________
P.IVA.:______________________ C.F.:__________________ _
Indirizzo posta elettronica:_____________________________________________________
Sito Internet aziendale:________________________________________________________
SEZIONE A. PROFILO DEL GRUPPO IMPRENDITORIALE
Questa sezione riguarda le caratteristiche anagrafiche e demografiche del gruppo dei soci fondatori dell’impresa.
A.1)
Indicare l’anno dal quale vige l’attuale assetto proprietario:
A.2)
Numero dei proprietari:
A.3)
Età media dei proprietari:
18-30
31-40
41-50
>50
33
Sede, stabilimento o altro
92
A.4)
Indicare il numero di proprietari per ognuno dei seguenti livelli di istruzione:
1. Formazione
post-laurea
(master o dottorato di ricerca)
2. Laurea
3. Diploma
4. Medie inferiori
A.5)
Indicare il numero dei proprietari per ognuno dei seguenti tipi di istruzione:
Discipline tecniche:
1. Periti
elettrici,
elettronici, industriali
2. Ingegneri
3. Informatici
4. Fisici
Discipline gestionali:
5. Periti commerciali
6. Economia/Commercio
7. Altro
93
SEZIONE B. DATI ECONOMICO-FINANZIARI
Questa sezione raccoglie alcuni indicatori relativi alla performance economico-finanziaria dell’impresa. Ove il compilatore non
disponga di dati precisi per rispondere alle domande, si prega di voler rispondere per approssimazione, se si ritiene che questa
rappresenti comunque una misura affidabile del dato reale.
B.1) Indicare il Fatturato dell’impresa nel 2006 (o ultimo anno disponibile):
B.2) Indicare il numero dei dipendenti dell’impresa al 1/1/2007 (o ultimo anno disponibile):
B.3) Indicare il tasso di crescita media del fatturato negli ultimi 3 anni (1/1/2004-31/12/2006):
B.4) Indicare se negli ultimi tre anni (1/1/2004-31/12/2006) la quota di mercato dell’impresa è:
decresciuta del:
0-5% 6-10% >10% rimasta stabile
cresciuta del:
0-5% 6-10% >10% B.5) Indicare il Reddito Operativo dell’impresa (RO) nel 2006 (o ultimo anno disponibile):
94
SEZIONE C. CAPITALE RELAZIONE
Questa sezione riguarda le relazioni dell’impresa con soggetti esterni. Con il termine “spin-off” si intende la nascita dell’impresa da
altro ente, pubblico o privato. Con “finanziamento di venture capital o private equity” si intende un finanziamento da parte di
operatori professionali che forniscono risorse finanziarie a titolo di capitale di rischio. Con il termine “Incubatore” si intende un ente
pubblico o privato che sostiene il processo di avvio e sviluppo di start up innovative. Con il termine “accordo commerciale” si intende
una relazione di lunga durata per la vendita del prodotto dell’impresa ad un cliente o ad un gruppo di clienti o per l’acquisto di
materie prime da un fornitore o da un gruppo di fornitori.
C.1)
L’impresa è nata come spin-off da altra impresa?
Con il termine “spin-off” si intende la nascita dell’impresa da altro ente, pubblico o privato.
sì
no
C.2)
L’impresa è nata come spin-off da Università o altro centro di ricerca?
Con il termine “spin-off” si intende la nascita dell’impresa da altro ente, pubblico o privato.
sì
no
C.3)
L’impresa ha beneficiato nella sua fase di start up (da un anno prima a due anni dopo la
sua costituzione) del supporto di un Incubatore (università, centro di ricerca, grande
impresa)?
Con il termine “Incubatore” si intende un soggetto pubblico o privato che sostiene il processo di avvio e sviluppo di start up
innovative.
sì
no
C.4)
Specificare la natura dell’Incubatore:
soggetto privato (profit oriented)
istituzione pubblica o altro ente non profit
università
altro, specificare:_____________________________________________________________
95
C.5)
Oltre alle eventuali relazioni con Incubatori, l’impresa ha in essere contratti di fornitura
o approvvigionamento superiori a 5 anni?
sì
Indicare numero contratti
Indicare valore complessivo contratti
no
C.6)
Indicare se tra le imprese con cui sono stati sottoscritti accordi commerciali figurano:
(sono ammesse risposte multiple)
clienti
fornitori
concorrenti
altro (specificare)
C.7) Specificare se le imprese con cui sono stati stipulati accordi commerciali si trovano:
(per ogni tipologia di impresa sono ammesse risposte multiple)
Clienti
Concorrenti
Fornitori
Nello stesso luogo
Nelle estreme vicinanze
All’interno della regione
In un’altra regione
C.8) Motivazione della scelta di localizzazione dell’attività nella Provincia di Savona. Per ogni
fattore dare una scala di valutazione da 1 a 5 (1=scarsa o nulla; 5=fondamentale):
1. Basso costo dei fattori produttivi
2. Elevata
specializzazione
della
manodopera e delle risorse umane
dirigenziali
3. Facilità di reperimento di risorse
umane qualificate
4. Vicinanza di centri di ricerca o di
96
Università
5. Alta concentrazione dell’attività
6. Disponibilità
infrastrutture
di
servizi
di
7. Incentivi fiscali e/o finanziari
8. Vicinanza ai mercati di sbocco e/o
fornitura
9. Rapporti
con
Pubblica
amministrazione ed istituzioni locali
(Camera di Commercio, Associazione
Industriali, Altri)
10. Altro (specificare)
C.9) Indicare se l’impresa opera all’interno di un distretto industriale:
si
no
97
SEZIONE D. CAPITALE UMANO
Questa sezione riguarda le attività di politica e gestione del capitale umano dell’impresa. Con il termine “sistema di incentivazione
dei risultati” si intende la retribuzione variabile riconosciuti ai dipendenti in base ai risultati raggiunti. Con il termine “sistema di
valutazione delle competenze” sin intende la valutazione del grado di possesso dei dipendenti di competenze tecniche o gestionali, sulla
base di un modello di competenze specifico per l’azienda. Con il termine “sistema di valutazione del potenziale”, si intende l’analisi
delle capacità e delle attitudini presenti in un individuo e la loro valutazione in relazione ai requisiti richiesti per ruoli diversi
dall’attuale.
D.1)
Rispetto ai dipendenti al 1/1/2007 (o ultimo anno disponibile), indicare:
Totale, Nr:_____________ di cui
Impiegati, Nr:_____________
Operai, Nr.:_____________
Dirigenti, Nr.:_____________
Apprendisti, Nr.:_____________
Part Time, Nr.:_____________
D.2)
Indicare l’età media dei dipendenti:
25-35 anni
36-45 anni
>45 anni
D.3) Indicare il numero di dipendenti con il seguente titolo di studio:
Diploma, Nr:_____________
Laurea, Nr:_____________
D.4)
Quanti dei dipendenti laureati hanno conseguito un ulteriore titolo di studio tra i
seguenti?
MBA, Nr:_____________
Dottorato, Nr:_____________
D.5)
Indicare la permanenza media dei lavoratori nell’impresa:
< 2,5 anni
2,5 – 5 anni
6 – 10 anni
>10 anni
98
D.6)
Indicare il numero di ore di formazione e aggiornamento totali 2006 (o ultimo anno
disponibile):
Ore Totali:___________
Di cui,
Formazione tecnico professionale, ore___________
Formazione manageriale, ore___________
Altro, ore___________
D.7)
Indicare la percentuale dei dipendenti che parlano correntemente almeno una lingua
straniera:
0 – 10%
11 – 20%
21 – 50 %
> 50 %
D.8)
Indicare la percentuale dei dipendenti che detengono competenze specifiche (es.
tecniche) difficilmente reperibili sul mercato del lavoro:
0 – 10%
11 – 20%
21 – 50 %
> 50 %
99
SEZIONE E. PROCESSI AZIENDALI
Questa sezione riguarda l’analisi del livello di innovazione presente nei processi aziendali. Ove il compilatore non disponga di dati
precisi per rispondere alle domande, si prega di voler rispondere per approssimazione, se si ritiene che questa rappresenti comunque
una misura affidabile del dato reale.
E.1)
Indicare il numero totale delle postazioni Personal Computer:
E.2)
Indicare la percentuale di dipendenti che possono accedere ad Internet dalle postazioni
di lavoro:
0-30 %
31-70%
> 70%
E.3)
Indicare la spesa totale in Information Technology per il 2006 (o ultimo dato disponibile)
(include spese per hardware, software e reti):
Euro
E.4)
Indicare se l’impresa detiene una certificazione di qualità:
si
no
specificare quale/i tipologia/e:___________________________________________
100
SEZIONE F. ATTIVITA’ DI INNOVAZIONE E RICERCA
Questa sezione riguarda l’attività di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti svolta dall’impresa, sia all’interno delle proprie strutture, sia
attraverso la cooperazione con soggetti esterni. Ove il compilatore non disponga di dati precisi per rispondere alle domande, si prega di
voler rispondere per approssimazione, se si ritiene che questa rappresenti comunque una misura affidabile del dato reale. Laddove
l’impresa rappresenti uno stabilimento produttivo di un grande gruppo industriale, indicare i dati relativi alle attività svolte
nell’ambito delle strutture presenti nella provincia di Savona.
F.1)
L’impresa ha investito in Ricerca e Sviluppo (R&S) nel periodo 1/1/2004-31/12/2006?
sì
no
F.2)
Se si è risposto “sì” alla domanda F.1, indicare le spese annuali totali in R&S
(selezionando con una croce la classe di spesa) e la percentuale di tali spese destinate
all’attività di R&S svolta all’interno dell’impresa:
Anno
Spesa annuale totale in R&S
2006
(o
ultimo
disponibile)
Spesa R&S interna (% su
spesa annuale totale)
Fino a € 25.000
dato
Da € 25.000 a € 50.000
Da € 50.000 a € 250.000
Oltre € 250.000
F.3)
Indicare il numero di brevetti e altri diritti di protezione intellettuale (copyright, etc.)
detenuti dall’impresa e/o da imprese controllate, controllanti o collegate (ex art. 2359
c):
Numero Brevetti
F.4)
Numero altri diritti
di
proprietà
intellettuale
Indicare il numero di nuovi prodotti sviluppati dall’impresa nel periodo 1/1/200431/12/2006:
Anno
Numero
prodotti
nuovi
2004
101
2005
2006
F.5)
Indicare la durata media (espressa in numero di mesi) relativa allo sviluppo dei prodotti
realizzati dall’impresa:
Mesi
102
Allegato B: Elenco delle imprese appartenenti ai raggruppamenti definiti in base
alla sensibilità al Capitale Intangibile
Nome Impresa
Gruppo
AMARETTI VIRGINIA S.R.L.
COMPAGNIA TECNICA COMMERCIALE S.R.L.
GESCO S.R.L.
LIGURIA DIESEL S.R.L.
OMNIA MEDICA S.R.L.
SAINT GOBAIN VETRI S.P.A.
SCHNEIDER ELECTRIC S.P.A.
STUDIO NOOS
TERMINAL RINFUSE ITALIA S.P.A.
VERNAZZA AUTOGRU S.R.L.
Alta sensibilità al CI
Alta sensibilità al CI
Alta sensibilità al CI
Alta sensibilità al CI
Alta sensibilità al CI
Alta sensibilità al CI
Alta sensibilità al CI
Alta sensibilità al CI
Alta sensibilità al CI
Alta sensibilità al CI
A.D.R. S.P.A.
AGRI FOOD S.R.L.
BITRON S.P.A.
BOMBARDIER TRANSPORTATION ITALY S.P.A.
FERRANIA TECHNOLOGIES S.P.A.
SAINT-GOBAIN VETROTEX ITALIA S.P.A.
TRENCH ITALIA S.R.L.
Media sensibilità al CI
Media sensibilità al CI
Media sensibilità al CI
Media sensibilità al CI
Media sensibilità al CI
Media sensibilità al CI
Media sensibilità al CI
3F DI FERRECCHI SILVANO S.P.A.
A.Z. S.R.L.
ACCINELLI S.R.L.
ACQUA MINERALE DI CALIZZANO S.P.A.
ACQUEDOTTO DI SAVONA S.P.A.
ALBINO CHIESA S.R.L.
ALBI-SCAVI S.R.L.
ASTERIAS S.R.L.
ATA S.P.A.
AUTOCORSICA S.P.A.
AUTOSTRADA DEI FIORI S.P.A.
AZIMUT-BENETTI S.P.A.
AZZURRA SERVICE S.R.L.
B.U.T. S.c.r.l.
BERGALLO DOTT. G.B. S.A.S.
C.P.M. DI MOCCIARO PIETRO
CARTIERA BORMIDA S.P.A.
CARTIERA VERDE ROMANELLO S.P.A.
CARTINDUSTRIA LIGURE S.R.L.
CAVE MARCHISIO S.P.A.
CAVE STRADE S.R.L.
CEMENT-BIT S.R.L.
CENTROSERVIZI S.R.L.
COMPARATO NELLO S.R.L.
DATA CONSULT S.R.L.
DECOREDIL S.R.L.
DEDALO INGEGNERIA S.R.L.
DEMA S.R.L.
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
103
Nome Impresa
Gruppo
DEMONT S.R.L.
EDILRAMA S.R.L.
ESI S.P.A.
ESSO ITALIANA S.R.L.
EXPERTISE S.R.L.
F.A.C. S.P.A.
F.LLI GUATTI S.R.L.
F.LLI SAMBIN S.N.C.
FERRARI E SUZZI S.R.L.
FG RICICLAGGI S.R.L.
FINALE AMBIENTE S.P.A.
FININTRA ENGINEERING S.R.L.
FLEXOPACK S.R.L.
FRASCHERI S.P.A.
FRECCERO GIUSEPPE COSTRUZIONI S.R.L.
G.I.S. GRUPPO IMPRESE SAVONESI S.P.A.
GAVARRY STAB. ITALIANI S.P.A.
GEAL S.P.A.
GI.PI. S.R.L.
GILMARMI DI GILARDONI GIANCARLO & C. S.N.C.
GRAFICHE F.LLI SPIRITO
GUERINI ROCCO ROMANO INDIV.
GUIDO VINCON E FIGLI S.P.A.
I.L.MA.SUB. S.R.L.
I.MAR.S. S.R.L.
ICOSE S.P.A.
IDUEESSE S.R.L.
IMPRESA COSTRUZIONI EDILI LIGURE - SICEL S.P.A.
IMPRESA GERMANO MARIO S.R.L.
IMPRESA LIGURE COSTRUZIONI ED ESERCIZI - I.L.C.E.
S.P.A.
IMPRESA MAINETTO BARTOLOMEO DI MAINETTO
ORAZIO &C. S.N.C.
IMPRESA POGLIANO DI MORALDI A. S.R.L.
IMPRESA SACCHI GEOM. ALBERTO S.R.L.
INTERPORTO DI VADO I.O. S.C.P.A
ISAIA S.R.L.
ITALIANA COKE S.P.A.
ITEM S.R.L.
LACIM S.R.L.
LCL S.R.L.
LIGURE PIEMONTESE LATERIZI S.P.A.
MA.IN DI PENNA CARLO & C. S.N.C.
MALLARINI S.P.A.
MIL.EDIL DI BUSCA C. & C. S.N.C.
MONDIALPOL TRANSPORTS GENOVA S.R.L.
MUGLIARISI S.R.L.
NAUTICA S.R.L.
NOVA GLASS S.R.L.
OLMO GIUSEPPE S.P.A.
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
104
Nome Impresa
Gruppo
ORMA CONSULTING S.R.L.
PENSIERO FRANCO INDIV.
PERFORAZIONI E SONDAGGI S.R.L.
PETROLIG S.R.L.
REEFER TERMINAL S.P.A.
S.A.I.E.P. S.R.L.
S.A.T. SERVIZI AMBIENTALI TERRITORIALI S.P.A.
S.E.L.C.I. S.R.L.
S.I.L.M.A. S.R.L.
SALPA S.R.L.
SALVO S.R.L.
SANAC S.P.A.
SCAVO-TER S.R.L.
SERVIZI E COSTRUZIONI S.R.L.
SIMBA S.P.A.
SITER TRASPORTI S.R.L.
STRADE E COSTRUZIONI S.R.L.
TECNO COSTRUZIONI DI UBALDINI L. & C. S.N.C.
TECNORESTAURO S.R.L.
TEDDE S.R.L.
TERME VALLECHIARA S.P.A.
TERMOTECNICA PERICOLI S.R.L.
TORTEROLO E RE S.P.A.
TREVISIOL S.R.L.
VALLE S.R.L.
VICO S.R.L.
VINAI LUIGI S.R.L.
ZINOX S.P.A.
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
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Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
Bassa sensibilità al CI
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