Rapporto finale della ricerca
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Rapporto finale della ricerca
Per “La consapevolezza dei valori intangibili d'impresa e delle fonti non fisiche di produzione in un campione di imprese della provincia di Savona” Rapporto finale della ricerca Roma, Novembre 2007 1 INDICE 1. Quadro teorico e approccio metodologico.................................................... 3 L’IMPORTANZA DEL CAPITALE INTANGIBILE .................................................................3 LE METODOLOGIE DI VALUTAZIONE DEL CAPITALE INTANGIBILE ...................................6 APPROCCIO METODOLOGICO DELLA RICERCA .............................................................12 1.1 1.2 1.3 1.3.1 1.3.2 1.3.3 Il ruolo del capitale relazionale nel sistema industriale italiano ..................................................... 12 Criteri di scelta del modello di analisi ....................................................................................... 14 Proposizioni di ricerca ........................................................................................................... 16 APPROCCIO ANALITICO E FASI OPERATIVE ..................................................................17 1.4 1.4.1 1.4.2 1.4.3 1.4.4 1.4.5 Definizione del campione ...................................................................................................... 17 Elaborazione del questionario................................................................................................. 17 Somministrazione del questionario .......................................................................................... 19 Elaborazione dei dati............................................................................................................. 19 Elaborazione di un rapporto finale di ricerca ............................................................................ 19 2. Rapporto Finale ........................................................................................ 20 2.1 PROFILO DEL CAMPIONE DELLE IMPRESE ....................................................................20 2.2 PROFILO DEL GRUPPO DI CONTROLLO........................................................................25 2.3 DATI ECONOMICO-FINANZIARI .................................................................................30 2.4 CAPITALE RELAZIONALE ..........................................................................................39 2.5 CAPITALE UMANO ...................................................................................................47 2.6 PROCESSI AZIENDALI ...............................................................................................59 2.7 ATTIVITÀ DI INNOVAZIONE E RICERCA ......................................................................63 2.8 QUADRO SINTETICO E PROSPETTICO ..........................................................................69 2.9 RAGGRUPPAMENTI DI IMPRESE IN BASE ALLA SENSIBILITÀ AL CAPITALE INTANGIBILE .......72 2.10 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE .................................................................................77 ALLEGATO A: IL QUESTIONARIO ..........................................................................................79 Versione estesa [tutte le imprese con più di 10 dipendenti] ......................................................... 80 Versione per micro-imprese [tutte le imprese con dipendenti fino a 10]........................................ 92 ALLEGATO B: ELENCO DELLE IMPRESE APPARTENENTI AI RAGGRUPPAMENTI DEFINITI IN BASE ALLA SENSIBILITÀ AL CAPITALE INTANGIBILE ...................................................................103 BIBLIOGRAFIA..................................................................................................................106 2 1. Quadro teorico e approccio metodologico 1.1 L’importanza del Capitale intangibile La comunità finanziaria da tempo ricorre ad indicatori in grado di cogliere la sensibilità degli investitori nei confronti del patrimonio di idee, capacità ed esperienza delle organizzazioni. Uno degli indicatori più ricorrenti per quantificare l’incidenza delle componenti intangibili sul valore è il price-to-book ratio, dato dal rapporto tra il valore dell’impresa in termini di capitalizzazione (market value) e quanto invece viene colto dalle rilevazioni contabili (book value). La tabella seguente riporta alcune misurazioni della componente intangibile del valore, calcolata secondo questa logica. Tabella 1. Il Price-to-book value per alcune società quotate. Impresa Mercato azionario Capitalizzazione di mercato (Milioni di $) Patrimonio contabile (Milioni di $) Price-tobook value Media a livello di industria Oracle Computers Nasdaq 92,8 5,7 16,3 8,0 Dell Computer Nasdaq 75,6 4,8 15,9 8,9 Intel Nasdaq 232,6 35,9 6,5 5,8 Cisco Systems Nasdaq 154,0 27,5 5,6 4,6 Yahoo Nasdaq 11,7 1,9 6,0 3,9 Microsoft Nasdaq 373,1 48,5 7,7 8,0 Sun Microsystems Nasdaq NYSE 43,9 10,2 4,3 8,9 111,4 11,1 10,0 9,1 16,0 1,6 10,0 6,3 210,4 21,9 9,6 8,9 254.1 34,3 7,4 6,6 383,5 53,6 7,1 6,0 15,3 3,8 4,0 3,6 34,5 9,8 3,5 4,2 18,6 11,2 1,6 8,9 27,8 28,9 0,9 1,6 45,4 22,9 2,0 2,2 Coca-Cola Harley Davidson IBM Wal Mart General Electric Nike Mc Donald’s Compaq General Motors Walt Disney NYSE NYSE NYSE NYSE NYSE NYSE NYSE NYSE NYSE Fonte: Lipparini A., (2002), “La gestione strategica del capitale intellettuale e del capitale sociale”, p.35, Edizioni Il Mulino Come si può notare, nella quasi totalità dei casi il valore dell’indicatore è superiore all’unità, indicando un valore di mercato superiore a quello contabile. In alcuni casi, gli indicatori sono particolarmente elevati. Microsoft ha una capitalizzazione di mercato di 7,7 volte maggiore del suo patrimonio contabile, mentre per Oracle Computer l’indice è pari a 16, oltre il doppio dell’industria di appartenenza (software). Dell Computer ha una capitalizzazione di 16 volte maggiore del suo patrimonio contabile, 3 un valore molto più elevato di quello dell’industria di riferimento (8,9). I casi di Coca-Cola e Harley Davidson, imprese simbolo della “old economy”, evidenziano una capitalizzazione di ben 10 volte il patrimonio contabile, sottolineando come la componente emozionale dei prodotti e il favore riscontrato presso una larga comunità accrescano la componente intangibile del valore legata all’esperienza e al patrimonio dei propri clienti1. Queste evidenze non sono riferibili solo a imprese del calibro di quelle citate, ma riguardano il sistema delle imprese nel suo complesso. Una stima della Federal Reserve del 2000 indica, a conferma, che metà del valore complessivo delle imprese statunitensi è da attribuirsi agli investimenti in capitale intangibile ed evidenzia come la componente intangibile, in base all’analisi dei tassi di crescita, sembra destinata nel tempo a superare in valore quella legata al capitale fisico. Questi ed altri riscontri hanno portato alcuni autori, tra cui Stan Davis e Christopher Meyer (2000), a delineare uno scenario futuro in cui gli elementi alla base del valore, tra i quali il capitale umano e gli altri asset intangibili, verranno trattati in mercati finanziari efficienti, e le unità di business saranno valutate in base al proprio capitale intangibile. Ma cosa caratterizza e distingue il capitale intangibile da quello fisico e perché il primo appare sempre più determinante per il successo e la crescita dell’impresa? Come ogni altro asset, un asset intangibile è una fonte di benefici futuri. Ciò che lo distingue da altri asset, tuttavia, è la mancanza di una rappresentazione fisica. Alcuni intangibles sono generati da scoperte e nuove idee (R&D), e quindi spesso protetti e rappresentati da brevetti e copyright. Altri, soprattutto nel settore dei consumer goods, prendono la forma di brand, che consentono di caricare dei premi sui prezzi e catturare maggiori market share. Altri ancora includono canali di distribuzione online o alleanze commerciali. Esistono tuttavia molte altre categorie di asset intangibili, meno visibili rispetto ai precedenti, che riguardano modalità “speciali” di fare le cose. Spesso sono definiti “capitale strutturale” e riguardano tipicamente processi e disegni organizzativi unici (es. i prodotti built-to-order di Dell). Figura 1. L’importanza degli Intangibles. Pressione Pressione Competitiva Competitiva Necessità Necessità di di innovazione innovazione Investimenti Investimenti in in intangibles intangibles Fonte: nostra elaborazione. 1 Lipparini A., (2002), Op. cit. 4 Ciò che ha reso gli intangibles cruciali per la sopravvivenza e la crescita delle imprese, soprattutto negli ultimi 15-20 anni, è il fatto che essi rappresentano il “core” dell’innovazione dell’impresa, che è generata da consistenti investimenti in R&D, clienti, processi, risorse umane, ecc.. La forte pressione competitiva risultante dalla globalizzazione degli scambi e dall’ampliamento della deregolamentazione ha reso l’innovazione continua un tema cruciale per il successo dell’impresa e gli intangible asset, essendo per loro stessa natura difficili da imitare, rappresentano la più potente fonte di vantaggio competitivo sostenibile (Figura 1). In aggiunta, gli investimenti in capitale intangibile, contrariamente a quelli in capitale fisico, sono governati dalla legge dei rendimenti crescenti (Figura 2). Gli investimenti in Ricerca e Sviluppo, sono un classico esempio del fenomeno. Essi, infatti, non portano risultati immediati, ma, oltre ad una soglia minima di investimento prima di avere riscontri economici, porteranno rendimenti più che proporzionali rispetto all’investimento. Questo effetto è spesso denominato nella letteratura come “scalabilità”: il minimo costo incrementale rispetto all’investimento iniziale porta i revenue direttamente alla bottom line, cioè fa sì che i ricavi si trasformino direttamente in margini. Figura 2. Confronto tra investimenti in capitale fisico e investimenti in capitale intangibile. Curva X: Investimenti in capitale fisico Rendimento Curva X: Investimenti in capitale intangibile Rendimento Risorse Risorse Fonte: nostra elaborazione da Summit 20012. Se da un lato il capitale intangibile, per le caratteristiche di scalabilità e non imitabilità, risulta una fonte primaria di vantaggio competitivo sostenibile, dall’altro, uno dei principali ostacoli al suo massimo sfruttamento è la sua difficoltà di valutazione e misurazione. Molti studiosi si sono confrontati per risolvere questo problema. Nel paragrafo successivo, vengono analizzate le diverse prospettive presenti in letteratura per affrontare il tema della valutazione del capitale intangibile, facendo un approfondimento sugli approcci metodologici che hanno rappresentato la base teorica per predisporre la metodologia di analisi adottata in questo lavoro di ricerca. 2 www.summit-tm.ir 5 1.2 Le metodologie di valutazione del Capitale intangibile L’era attuale della “knowledge economy” richiede strumenti di valutazione e gestione aziendale più completi e innovativi. La valutazione di tipo economico-finanziario appare infatti incapace di cogliere gli elementi di carattere intangibile nella determinazione dell’effettivo valore economico attribuibile ad un complesso aziendale. Essa risulta limitante anche da un punto di vista manageriale. La valutazione del capitale intangibile sulla base delle spese correnti non aiuta chi gestisce a comprendere i potenziali ritorni degli investimenti effettuati, per decidere consapevolmente come orientare le risorse aziendali. Gli ostacoli dei manager non riguardano solo la mancanza di informazioni, ma anche la carenza di strumenti valutativi adeguati. Per tale ragione, a partire dall’inizio degli anni ’90 si sono avuti numerosi contributi nell’ambito della letteratura aziendalista finalizzati ad elaborare metodologie di misurazione adatte a cogliere i diversi aspetti e le diverse dimensioni del capitale intangibile. Vi sono tre sono fondamentali approcci metodologici per misurare il capitale intangibile: - economico-finanziario (Market-to-Book Value, l’indice Q di Tobin, EVA, Calculated Intangible Value). Offre una valutazione quantitativa, di carattere monetario, degli elementi intangibili, attribuendo un valore totale all’azienda inteso come somma del valore degli asset tangibili e intangibili; - diretto (The Value Explorer TM, Technology Broker). Punta alla connotazione qualitativa del capitale intangibile, individuandone le componenti fondamentali e il relativo impatto nei diversi ambiti organizzativi, generalmente attraverso questionari; - multidimensionale (Balanced Scorecard, Intangibile Asset Monitor, Skandia Navigator). Combina le caratteristiche dei due approcci precedenti per superarne i rispettivi limiti. Scompone il capitale intangibile in alcune dimensioni principali (es. capitale umano, strutturale e informativo), individuando una serie di indicatori significativi, utili a misurare la performance dell’intangibile, riservando anche una sezione specifica nella rappresentazione dei valori economico-finanziari aziendali. Il primo approccio presenta caratteristiche che lo rendono impiegabile soprattutto nell’ambito delle valutazioni finanziarie d’impresa. Presenta invece dei limiti come supporto alla gestione dell’impresa, non evidenziando sufficientemente i nessi causali tra performance e leve operative. Il secondo approccio ha sicuramente una maggiore valenza nella prospettiva gestionale, ma viene usato soprattutto negli studi finalizzati a individuare le risorse immateriali essenziali all’impresa, non fornendo una dimensione quantitativa alle informazioni individuate. L’approccio multidimensionale risulta invece efficace per la valutazione del capitale intangibile, identificandone e valutandone le diverse dimensioni attraverso l’uso di indici capaci di orientare le strategie dell’impresa nel processo di monitoraggio e sviluppo delle sue risorse intangibili. Di seguito sono presentati alcuni contributi di rilievo nell’ambito della categoria dell’approccio multidimensionale. Essi non pretendono di fornire un quadro esaustivo della letteratura sul tema, ma intendono rappresentare l’insieme di spunti ed esempi sui quali ci si è basati per l’elaborazione della metodologia analitica della ricerca. In particolare, si farà riferimento agli studi di Lev e Bardes (2001), Kaplan e Norton (1992, 2004), Edvinsson e Malone (1997). 6 L’impostazione per la valutazione del capitale intangibile proposta da Lev e Bardes nel 20013, guarda all’impresa come ad una catena del valore. L’impresa viene rappresentata dagli autori come un processo di innovazione formato da tre fasi principali: 1) la fase di scoperta (Discovery), ovvero di ideazione di nuovi prodotti/servizi o processi; 2) la fase di trasformazione delle idee in prodotti reali (Implementation), orientata alla fattibilità tecnica dell’innovazione; 3) la fase di lancio dei prodotti sui mercati di sbocco (Commercialization). La fase di Discovery coinvolge attività interne (R&D), esterne (acquisizione di tecnologie), networking (alleanze, comunità di pratica, ecc.) e in generale tutte quelle attività che trasformano le idee in nuovi prodotti, processi, servizi. Questa fase richiede generalmente una significativa allocazione di risorse ed è la più intangible-intensive della catena del valore. La fase di Implementation ha l’obiettivo di conseguire la fattibilità tecnica dell’innovazione. La fattibilità tecnica procede attraverso l’acquisizione di brevetti, trademark, oppure attraverso il superamento di alcuni aspetti formali come test clinici per i farmaci o beta test per i software. In questa fase, la maggior parte degli intangible viene trasformata in “proprietà intellettuale”: brevetti, trademark e copyright. La fase di Commercialization sancisce la realizzazione del processo di innovazione. Le idee, trasformate in prodotti/servizi, vengono portati sul mercato e cominciano a generare fatturato e profitto. A questo stadio, gli intangible sono prevalentemente customer-related, come per esempio i brand. É da considerare intangibile anche il know-how derivante dall’intero processo, che sia in qualche modo brevettabile e licenziabile. In termini di misurabilità, la fase di commercializzazione rappresenta il link cruciale del sistema informativo rappresentato dalla catena del valore. Gli input del sistema sono gli investimenti in intangible, gli output sono i revenue, il costo del venduto e quindi i profitti (Figura 3). Quando i profitti superano il costo del capitale, l’impresa genera valore. Figura 3 Il sistema informativo della value chain. Input Innovazione Asset Intangibili 4Ricerca e Sviluppo 4Acquisizione di Tecnologia 4Alleanze 4Comunità di pratica Implementazione Output Commercializzazione 4Brevetti 4Brand 4Trademark 4Know how brevettabile e licenziabile 4Copyright •Revenues •Costo del venduto •Profitti 4Test formali di fattibilità (es. test clinici) Fonte: nostra elaborazione da Lev e Bardes (2001). Questo approccio ha il pregio di evidenziare l’importanza degli intangible per la creazione di valore da parte dell’impresa. L’approccio propone fondamentalmente il miglioramento del reporting finanziario attraverso l’uso di misure non finanziarie (numero brevetti, nuovi prodotti, nuovi clienti, ecc.) quali 3 Per approfondimenti vedi Lev B., Bardes P. (2001), “Intangibles: Now More Than Ever”, Harvard Business School Publishing Corporation 7 intermediari che collegano le spese in R&D, qualità, acquisizione dei clienti o formazione degli impiegati alle performance finanziarie come il fatturato e i profitti. La stessa logica viene seguita da un altro, forse più noto, approccio metodologico per misurare la performance del capitale intangibile: la Balanced Scorecard (BSC) di Kaplan e Norton (1992)4. Lo strumento della BSC identifica tre fondamentali categorie di intangibile asset, essenziali per implementare qualsiasi strategia: - Human capital: le competenze, il talento e le conoscenze possedute dai dipendenti; - Information Capital: i database, i sistemi informativi, i network e le infrastrutture IT dell’impresa; - Organization Capital: la cultura dell’impresa, la leadership della classe dirigente, l’allineamento delle caratteristiche del personale agli obiettivi strategici, la capacità degli impiegati di condividere la conoscenza. Seguendo tale impostazione, Kaplan e Norton forniscono utili chiavi di lettura per la misurazione del valore del capitale intangibile. Nel lavoro “Strategy maps: converting intangible assets into tangible outcomes”5, gli autori sottolineano come la difficoltà nel misurare il capitale intangibile risieda soprattutto nel fatto che questo, nella maggior parte dei casi, non crea valore da solo ma ha bisogno di essere combinato con altri asset. Per esempio, gli investimenti in IT hanno una scarsa utilità se non combinati con adeguati programmi di formazione e di incentivi. A loro volta, molti programmi di formazione delle risorse umane hanno la necessità di essere completati dall’uso di strumenti tecnologici. Inoltre, sia gli investimenti in HR che quelli in IT devono essere perfettamente allineati con la strategia dell’impresa e con l’organizzazione per poter sviluppare pienamente il loro potenziale. Un’altra difficoltà è rappresentata dal fatto che ciò che è intangibile raramente ha impatti diretti sulla performance finanziaria, ma al contrario lavora spesso indirettamente attraverso una complessa catena di cause ed effetti. Queste caratteristiche rendono impossibile la misurazione degli intangible “on a freestanding basis”. La misura del valore creato dagli intangible è infatti incorporata nel contesto della strategia dell’impresa. Non è possibile attribuire un valore ad una forza lavoro preparata e motivata perché tale valore dipende dal contesto della strategia. Ciò che è possibile fare è capire se la preparazione e la motivazione della forza lavoro è adeguata alla strategia aziendale. Il concetto di fondo è quello che vale anche per il capitale tangibile: il valore degli asset intangibili dipende dallo loro “liquidità” (strategic readiness), ovvero dalla loro capacità di essere pronti a sostenere adeguatamente la strategia aziendale6, influenzando i processi interni critici per la creazione di valore per clienti e azionisti. Così come per il concetto di “liquidità” degli asset fisici, maggiore è la “readiness” degli asset intangibili, più veloce è il loro contributo a generare cassa. Nel caso di Human Capital, la “liquidità” è rappresentata dal possesso da parte degli impiegati della giusta qualità e livello di competenze per realizzare i processi interni critici per la realizzazione della strategia aziendale. Nel caso del Information Capital, essa è rappresentata dall’adeguatezza del portafoglio di sistemi, applicazioni e infrastrutture IT a supportare i processi interni critici. Infine, nel caso del Organization Capital, la “liquidità” è data dalla capacità dell’impresa di cambiare l’organizzazione per supportare la strategia e, al contempo, dal grado di interiorizzazione del personale di cultura, valori, visione e missione dell’impresa. La valutazione del grado di “liquidità”, o pronta usabilità, del capitale intangibile dipende dalla coerenza di quest’ultimo con gli obiettivi strategici dell’impresa. L’assessment degli asset intangibili sarà allora realizzato attraverso lo strumento della mappe strategiche, che forniscono un framework di 4 5 6 Kaplan R. S., Norton D. P. (1992), “The Balanced Scorecard”, Harvard Business School Press, Boston Harvard Business School Press, 2004 Kaplan R.S., Norton D.P. (2004), “Measuring the Strategic Readiness of Intangibles Assets”, in Harvard Business Review, February 8 collegamenti tra gli asset intangibili e la creazione di valore, attraverso quattro differenti prospettive: finanziaria, del cliente, dei processi interni, della crescita e apprendimento (Figura 4). Figura 4. La mappa strategica. Sustained Shareholder Value Productivity Strategy Financial Perspective Improve cost structure Revenue Growth Strategy Inrease asset utilization Enhance customer value Expand revenue opportunities Customer Value Proposition Customer Perspective Price Quality Availability Selection Functionality Product/Service Attributes Internal Process Perspective How intangible assets fit into the strategy map Learning and Growth Perspective Operations Managmenet a Human Capital Skills Training Knowledge Partnership Relationship Customer Management Strategic Job Families Service Strategic IT Portfolio Information Capital Systems Databases Networksl Innovation Brand Image Regulatory and Social Organization Change Agenda Creating Alignment and Readiness Organization Capital Culture Leadership Alignment Teamwork Fonte: Kaplan e Norton (2004). Un altro importante contributo di tipo “multidimensionale” è proposto da Edvinsson e Malone7 (1997) e prende le mosse da una metodologia valutativa del Capitale Intangibile denominata Skandia Navigator. Il modello Skandia Navigator, ideato da Leif Edvinssson nel 1994, viene sviluppato in collaborazione alla società svedese Skandia, operante nel settore delle assicurazioni. Finalizzato alla gestione e sviluppo degli asset intangibili prioritari per la creazione di valore, il modello consiste in uno strumento informativo con valenze sia interne che esterne da affiancare al bilancio d’esercizio, capace di evidenziare e gestire, tramite una serie di indicatori integrati, le diverse aree di performance individuate all’interno dell’impresa. Come ogni efficace modello di misurazione del capitale intangibile, lo Skandia Navigator assolve essenzialmente a due compiti: identificare e valutare le diverse componenti del capitale intangibile attraverso opportuni indicatori e la loro combinazione; orientare i comportamenti e le strategie dell’impresa fornendo una base di legittimazione degli investimenti effettuati a sostegno del capitale intangibile. Partendo dalla considerazione che il valore scaturisce da due tipologie di capitale – finanziario e intellettuale – il modello si concentra sulla seconda, effettuandone una prima separazione tra capitale “pensante” (human capital) e “non pensante” (structural capital), ritenendola utile nel momento in cui si avanzano considerazioni sugli stili manageriali richiesti per l’approccio alle diverse tipologie di capitale. Il capitale umano comprende le competenze, le relazioni e i valori delle risorse umane dell’azienda. Il capitale strutturale, invece, comprende il capitale rappresentato dai clienti (customer 7 Edvinsson L., Malone M.S. (1997), “Intellectual Capital: Realizing Your Company's True Value by Finding its Hidden Brainpower”, Harper Collins Publisher Inc. New York 9 capital), quello relativo all’innovazione (innovation capital) e quello afferente ai processi (process capital). Le componenti legate all’innovazione e ai processi, insieme alla cultura aziendale, rappresentano la dimensione organizzativa del capitale (organizational capital) che include asset intangibili, proprietà intellettuali e know-how codificato (best practice, manuali, reti Intranet). Questa concettualizzazione sottolinea come il capitale intellettuale sia il risultato di un processo di creazione di valore alimentato dall’interazione delle componenti umana e strutturale, e finalizzato alla trasformazione delle conoscenze individuali in capitale ad uso dell’intera organizzazione. Figura 5. Skandia Value Scheme. Market Market Value Value Financial Financial capital capital Intellectual Intellectual capital capital Human Human Capital Capital Structural Structural Capital Capital Customer Customer Capital Capital Organization Organization Capital Capital Innovation Innovation Capital Capital Process Process Capital Capital Fonte: nostra elaborazione da Edvinsson e Malone (1997). Lo Skandia Navigator identifica e valuta le diverse componenti del capitale intellettuale, sopra evidenziate, attraverso opportuni indicatori e la loro combinazione. Sono quindi identificate 5 prospettive della performance aziendale: - focus finanziario; - focus capitale umano; - focus sulle relazioni; - focus sui processi; - focus su innovazione e sviluppo. Tali prospettive sono monitorate con un sistema di indicatori che crea un reticolo di relazioni di influenza reciproca (vedi Figura 6). Gli indicatori consentono la misurazione della performance e l’orientamento degli investimenti dei manager. Il Navigator fornisce una rappresentazione d’insieme delle attività dell’impresa, bilanciando il passato (focus finanziario), il presente (focus sui clienti, focus sul capitale umano e focus sui processi) e il futuro (focus su innovazione e sviluppo). Lo strumento si compone infatti di una base, rappresentata dal focus su innovazione e sviluppo, sulla quale si innesta il focus sui clienti e quello sui processi, attraverso 10 il focus sul capitale umano, il quale riflette il mix di esperienza e innovazione degli individui e le strategie dell’impresa per preservarlo o svilupparlo. Uno dei pregi del Navigator è che, oltre a rappresentare le diverse componenti del capitale intangibile e come tali componenti si relazionano tra loro per produrre valore, esso rappresenta una base per organizzare un percorso di sviluppo del capitale intangibile; il Navigator è pertanto un sistema di orientamento che consente di convogliare gli sforzi sulle componenti del capitale a maggior potenziale e punta sull’interazione tra le componenti per stimolarne l’interazione sinergica. I benefici potenziali si traducono in risparmi di investimento, attivazione di dinamiche di apprendimento e creazione di nuovo valore attraverso nuove combinazioni e connessioni tra gli elementi del capitale intangibile. Figura 6. La struttura delle dimensioni della performance. IERI Focus sui Clienti Focus Capitale Umano DOMANI Focus Innovazione e Sviluppo Focus sui Processi OGGI CAPITALE INTELLETTUALE Focus finanziario AMBIENTE OPERATIVO Fonte: nostra elaborazione da Edvinsson e Malone (1997), Op.cit. 11 1.3 Approccio metodologico della ricerca 1.3.1 Il ruolo del capitale relazionale nel sistema industriale italiano Uno dei tratti caratteristici del nostro sistema industriale è rappresentato dalla prevalente presenza delle piccole imprese, che forniscono un contributo rilevante alla formazione del PIL, alla quota italiana di esportazioni nel commercio internazionale e all’occupazione del sistema Paese. Questa caratteristica del sistema industriale nazionale viene considerata come uno dei fattori di debolezza competitiva sui mercati internazionali. Le difficoltà di crescita delle Pmi sono note e riconducibili: - alla debolezza della struttura finanziaria; - alla prevalente struttura familiare; - ai bassi investimenti in innovazione tecnologica; - alla carente apertura a competenze manageriali esterne; - alla carente apertura verso investitori esterni in capitali di rischio (investitori di business, private equity, venture capital, quotazione in borsa); - alla loro prevalente presenza nei settori tradizionali a limitato tasso di crescita. Sebbene nell’ultimo triennio si è avvertito un maggiore dinamismo delle piccole e medie imprese per superare i limiti competitivi derivanti dalle ridotte dimensioni, la struttura del sistema industriale non ha subito rilevanti trasformazioni. La sottrazione delle Pmi ai limiti dimensionali può avvenire con soluzioni alternative alla crescita endogena -che richiede tempi lunghi di implementazione- riconducibili a: - operazioni di M&A; - operazioni di joint venture equity, con la costituzione di un terzo soggetto; - operazioni di accrescimento del capitale di rischio da parte di soggetti finanziari; - joint venture contrattuali; - accordi nell’ambito di reti, nei sistemi di sviluppo locale e nei distretti industriali. Negli ultimi anni, numerosi studi hanno posto in rilievo il ruolo che le relazioni detenute dall’impresa con gli attori del contesto locale in cui essa è localizzata possono avere per lo sviluppo competitivo (Nahapiet e Ghoshal, 1998). Negli scenari socio-economici attuali, le relazioni interaziendali, infatti, costituiscono una fonte di vantaggi competitivi knowledge-based (Yli-Renko et al. 2002), in quanto consentono lo sviluppo e l’accumulazione di conoscenze e lo sfruttamento di queste per la creazione di valore (Lipparini 1995). Il riferimento teorico sottostante tali considerazioni risiede nella teoria del capitale relazionale, che considera le relazioni sociali tra soggetti come un asset intangibile in grado di produrre effetti economici rilevanti per il suo detentore. Nella prospettiva teorica in esame, il complesso dei rapporti e dei legami sociali che la singola impresa detiene con gli attori locali costituisce quindi la base di partenza per l’instaurarsi di successivi legami economici. A partire da queste premesse, la letteratura ha analizzato in dettaglio la correlazione esistente tra il raggiungimento di una posizione di vantaggio competitivo e la struttura del network, in cui la singola impresa è inserita, e delle relazioni in esso prodotte. Diversi autori, hanno così analizzato il ruolo che il contesto locale assume ai fini delle performance d’impresa, seppur attribuendo denominazioni diverse alla struttura dei legami interaziendali sottostanti. Si è parlato, infatti, di costellazioni di imprese (Lorenzoni e Ornati 1988; Lorenzoni 1990), organizzazioni a rete (Boari et al. 1992), distretti industriali (Becattini, 1979 e 1989), cluster (Porter 1990), modelli di specializzazione flessibile (Piore e Sabel 1984; Sabel 1989), ecc. In ogni caso, ci troviamo di fronte a network sociali, emersi per effetto di strategie di consolidamento delle relazioni e di condivisione dei saperi tra soggetti della rete. 12 Nei network locali le relazioni sociali, informalmente organizzate, tendono a produrre connessioni economiche che sono alla base della condivisione di economie di scala tra medie e piccole imprese, nonché scambi informativi capaci di produrre economie di condivisione della conoscenza. Molte ricerche empiriche in settori diversi (tra gli altri, Liles 1974; Saxenian 1994; Cressy 1999) hanno confermato queste ipotesi, evidenziando il ruolo critico dei network per l’acquisizione e il trasferimento di knowledge necessario per la competizione in determinati settori e/o contesti territoriali. La prospettiva resource-based ha evidenziato che, quanto più una risorsa presenta caratteristiche proprie dell’unicità e della non riproducibilità, tanto più essa è a piena ragione deputata a essere una fonte per la costruzione di una posizione di vantaggio competitivo sostenibile del network locale. Ciò vale soprattutto per le risorse intangibili (in primis quelle derivanti dal capitale relazionale). Una volta identificata tale risorsa il sistema locale deve attivare processi di accumulazione, di riproduzione nel tempo (Vicari 1991) e di combinazione idiosincratica, al fine di difendere i vantaggi acquisiti. Nell’ambito degli studi aziendali, la definizione più completa di capitale relazionale è stata formulata da Nahapiet e Ghoshal (1998) che lo considerano come la somma delle risorse attuali e potenziali che acquistano valore per effetto della loro derivazione dai network di relazioni posseduti dall’unità sociale considerata. Elemento caratterizzante di questa definizione è che essa comprende sia i network di relazioni che un’impresa detiene con altri soggetti, sia gli asset mobilizzati con tali network. Viene perciò avvalorata la tesi, sostenuta da vari autori (Lin e Dumin 1996; Lin et al. 1981), per cui il capitale relazionale sia effettivamente una risorsa al pari del capitale fisico e umano; più in generale, esso va identificato nei legami relazionali che ogni soggetto intrattiene con altri. Le relazioni sociali, quindi, sono il fattore di base del capitale relazionale, la cui formazione è subordinata alle caratteristiche di stabilità, continuità e durevolezza delle relazioni (Bourdieu 1986; Coleman 1990). Tali caratteristiche rendono il capitale relazionale un asset diverso da altre forme di capitale, in quanto il valore tende a crescere con il consolidamento delle relazioni (Krackhardt 1996). La presenza di relazioni sociali stabili e continuative, difatti, consente al singolo attore di sviluppare relazioni fiduciarie che riducono i costi di transazione, contribuendo alla creazione di valore (Granovetter 1985; Gulati 1999). Fra le evoluzioni più recenti del processo di crescita del valore di impresa vi è la prevalente natura immateriale delle sue determinanti. Le determinanti del valore, secondo la prospettiva della resourcebased view, sarebbero infatti da ricondurre all’eterogenea dotazione tra le imprese di risorse e asset immateriali. Sul tema la letteratura più accreditata ha evidenziato nell’asimmetrica dotazione di risorse (e in particolare di risorse intangibili) la fonte della specificità dell’impresa e dei suoi vantaggi competitivi. Le imprese tendono perciò a difendere i loro vantaggi competitivi proprio tramite l’investimento in capitale relazionale con gli attori più disparati: clienti, fornitori, altre imprese e policy maker. I rapporti con tali partner costituiscono, infatti, la fonte per la realizzazione di reti di valore uniche e inimitabili (Yli-Renko et al. 2001; Dyer, Singh 1998; Lane, Lubatkin 1998). Le relazioni reticolari dell’impresa sono considerate perciò una delle principali fonti di vantaggio competitivo e di produzione di valore (Costabile 2001; Kogut 2000; Norman, Ramirez 1994; Lorenzoni 1992; Di Bernardo, Rullani 1990) attraverso la costruzione di asset che potremmo definire relation-specific (Yli-Renko et al. 2001), quali ad esempio la condivisione di knowledge, e l’attivazione di nuove routine. Ciò impone un approccio strategico al governo di tali relazioni, al fine di massimizzarne l’efficacia in termini di migliori performance economiche, soprattutto per le imprese più giovani, di minore dimensione e collocate in aree distrettuali. Tradizionalmente, l’analisi del capitale relazionale applicata a contesti locali si è risolta nello studio delle relazioni inter-imprese secondo una prospettiva che vedeva di volta in volta spostare l’enfasi analitica verso la ricostruzione del network inter-organizzativo esistente tra più imprese localizzate nello stesso distretto o nella verifica dell’esistenza di visioni comuni e condivise, ossia di un clima di fiducia e cooperazione tra gli attori locali (imprese e istituzioni). Quest’ultima prospettiva, in particolare, ha generato numerosi consensi verso l’idea che il capitale relazionale vada considerato come un bene pubblico (Coleman 1990), disponibile in ugual misura per tutti coloro che sono localizzati in un certo contesto sociale. In questa sede, pur ammettendo l’esistenza di un livello pubblico di capitale 13 relazionale, esso viene visto come un asset specifico della singola impresa, in quanto è la combinazione delle capacità relazionali individuali (componente privata del capitale relazionale) con alcuni fattori di esternalità locale (componente pubblica del capitale relazionale) che contribuisce al successo imprenditoriale. 1.3.2 Criteri di scelta del modello di analisi Nel corso dell’indagine oggetto del presente lavoro, in considerazione della finalità prevalentemente inventariale delle risorse intangibili detenute dal campione delle imprese, nonché della relativa profondità d’analisi dovuta alla metodologia di rilevazione dei dati (questionario da compilare in remoto), si è scelta l’adozione di un metodo multidimensionale. I metodi di carattere economicofinanziario infatti, hanno una finalità prevalentemente di definizione del valore economico-finanziario dell’impresa, che esula dagli obiettivi del presente lavoro e avrebbe richiesto inoltre il disclosure da parte delle imprese di dati particolarmente sensibili e riservati. I metodi diretti, d’altra parte, per quanto adeguati in termini di finalità, avrebbero richiesto l’impiego di questionari eccessivamente complessi, non adatti alla somministrazione in remoto quanto piuttosto all’intervista diretta. Oltre ad essere aderenti per finalità e metodologia di rilevazione dei dati, i metodi multidimensioanli hanno il grande pregio di poter essere impiegati come tableu de board dalle imprese stesse, in una fase successiva a quella dell’indagine. Dei modelli rappresentati nei paragrafi precedenti, si farà riferimento soprattutto all’ultimo (Skandia Navigator), pur integrato ove possibile di alcuni aspetti a nostro avviso fondamentali nello studio dei sistemi di piccole e medie imprese, non adeguatamente rappresentati dalla versione originale dello strumento. In particolare, nella definizione e scomposizione del capitale intellettuale, sarà aggiunta la dimensione del capitale relazionale (vedi Figura 7). Figura 7. Modello Skandia Navigator modificato per gli scopi della ricerca. Market Market Value Value Financial Financial capital capital Intellectual Intellectual capital capital Human Human Capital Capital Structural Structural Capital Capital Relational Relational Capital Capital Organization Organization Capital Capital Innovation Innovation Capital Capital Process Process Capital Capital 14 IERI Focus sulle relazioni (clienti, altri stakeholder) Focus Capitale Umano DOMANI Focus Innovazione e Sviluppo Focus sui processi OGGI CAPITALE INTELLETTUALE Focus finanziario AMBIENTE OPERATIVO Fonte: nostra elaborazione. 15 1.3.3 Proposizioni di ricerca Il primo obiettivo della ricerca è quello di fornire una valutazione qualitativa della presenza di risorse intangibili nel campione delle imprese selezionato, che intende rappresentare il tessuto industriale della provincia di Savona. Il valore del capitale intangibile delle imprese campionate viene analizzato nelle seguenti dimensioni: - finanziaria (par. 2.3); - del capitale umano (par. 2.5); - del capitale relazionale (par. 2.4); - dei processi (par. 2.6); - dell’innovazione e sviluppo (par. 2.7). Rispetto a ciascuna tipologia di capitale intangibile, viene espresso un giudizio di merito, formulato confrontando i risultati emersi con quelli di altre ricerche empiriche aventi come oggetto il sistema industriale nazionale8. Viene inoltre espressa una valutazione del quadro generale in chiave prospettica, analizzando le interazioni principali tra le diverse componenti del capitale intangibile (2.8). La ricerca si conclude con un’analisi dei raggruppamenti (cluster analysis), finalizzata ad identificare i principali raggruppamenti delle imprese del campione rispetto alle performance rilevate sulle diverse dimensioni del capitale intangibile. La valutazione di tali performance porterà pertanto ad individuare gruppi di imprese con diversa sensibilità rispetto al tema della gestione delle proprie risorse intangibili (par. 2.9). In conclusione sono proposte la sintesi delle principali evidenze e l’indicazione delle possibili implicazioni per gli attori del sistema istituzionale in merito alle politiche di sviluppo e sostegno della competitività delle imprese (par. 2.10). 8 Tra gli altri: Management Forum (2006), Unioncamere (2007), Capitalia (2007 e 2005), ICE (2007), Fondazione NordEst (2007). 16 1.4 Approccio analitico e fasi operative Di seguito sono descritti i criteri impiegati per strutturare l’indagine sotto il profilo analitico. 1.4.1 Definizione del campione Il questionario è stato somministrato a tutte le imprese associate all’Unione Industriali di Savona. Il panel, rappresentato in Tabella 2 è sufficientemente rappresentativo della configurazione industriale della provincia di Savona, in base al Censimento Istat 2001. Tabella 2. Imprese associate all’Unione Industriali di Savona: suddivisione per settori (2007). Descrizione_settore Alimentare Ambiente Aziende della sanità Servizi pubblica utilità Cantieristica Cartario Ceramica e refrattari Chimica Credito e assicurazioni Edile Editoria e stampa Estrattive Gomma e plastica Impiantistica meccanica Meccanica Laterizi Legno e arredamento Logistica e trasporti Petrolifera Servizi di pulizia Servizi di sicurezza Terminalisti portuali Terziario superiore Varie Vetro Totale n° aziende 14 21 11 14 7 3 4 14 6 82 2 7 5 23 27 2 4 8 4 1 1 13 24 12 5 314 Fonte: Unione Industriali di Savona, 2007. La tecnica di campionamento adottata è di matrice quantitativa e le risultanze dell’indagine possono riferirsi all’universo delle imprese associate all’Unione Industriali di Savona, ma possono anche essere considerate rappresentative dell’intero territorio della provincia di Savona. 1.4.2 Elaborazione del questionario Il questionario è stato elaborato a partire dal modello Skandia Navigator, integrando la raccolta di indicatori di performance, raggruppati per dimensione della performance, con alcune domande qualitative atte ad indagare l’aspetto relazionale, non sufficientemente colto dal modello originale. 17 Accettando la rappresentazione aziendale fornita dal modello così modificato, per esprimere le risorse intangibili dell’impresa sono stati individuati alcuni indicatori (Tabella 3). Tabella 3. Gli indicatori di performance impiegati nella ricerca per la valutazione delle risorse intangibili. Focus Finanziario Fatturato CAGR Fatturato* Focus Relazionale Composizione assetto proprietario (presenza imprese o istituzioni finanziarie) Spin off (da impresa, università, centro di ricerca) Presenza di finanziamenti di venture RO** capital o private equity Presenza di accordi di fornitura superiori a 5 CAGR RO*** anni Analisi degli accordi di CAGR Market Share**** collaborazione Presenza impresa in distretto industriale Focus Capitale Umano Focus Processi Focus Ricerca e Innovazione Presenza di proprietari nelle attività di gestione Peso spese annuali Ricerca e Sviluppo su Nr tot PC/ NR dipendenti Fatturato Analisi Formazione Proprietari Spese IT/Nr dipendenti Composizione del personale in macro figure professionali (dirigenti, Presenza certificazione impiegati,operati, ecc.) di qualità Età media personale Background educativo personale % pdt difettosi su totale produzione NR accessi Internet/ Nr dipendenti Turnover medio personale Presenza di sistemi di risk management Nr addetti dedicato alla Ricerca e Sviluppo Numero brevetti Numero altri diritti di proprietà individuale Nuovi prodotti sviluppati nell'ultimo triennio Tempi medi di realizzazione nuovi prodotti Analisi accordi di Presenza competenze collaborazione per lo specifiche sviluppo di nuovi prodotti Presenza competenze linguistiche Ore di formazione Presenza sistemi di valutazione delle prestazioni Presenza sistemi di valutazione del potenziale Presenza sistemi di incentivazione delle prestazioni * Compound Annual Growth Rate Fatturato - Tasso di crescita annuo composto del Fatturato ** Reddito Operativo *** Compound Annual Growth Rate Reddito Operativo - Tasso di crescita annuo composto del Reddito Operativo **** Compound Annual Growth Rate Market Share - Tasso di crescita annuo composto della Quota di mercato Fonte: nostra elaborazione. Tali indicatori sono risultati sufficienti per costruire un quadro generale del grado di presenza di risorse intangibili nel campione di imprese. Per lo studio della dimensione relazionale si è preferito integrare gli indicatori con alcune domande qualitative incentrate sull’impianto delle relazioni strategiche delle imprese analizzate. E’ stato quindi necessario indagare non solo il numero ma anche la natura delle relazioni interaziendali a livello locale, in senso verticale (asse fornitori-clienti) ed orizzontale (relazioni con i concorrenti), i rapporti con il sistema finanziario (banche, venture capital, incubator) e gli assetti proprietari (partecipazioni strategiche di altre imprese e/o in altre imprese). Il questionario è stato prodotto in due versioni, una estesa per le Pmi e le grandi imprese e una più sintetica per le micro-imprese, considerando con le ultime quelle con meno di 10 dipendenti. Un modello di questionario, nelle due versioni, è allegato al presente rapporto (Allegato A) 18 1.4.3 Somministrazione del questionario Grazie al prezioso supporto dell’Unione industriali di Savona, il questionario è stato inviato alle imprese associate con la richiesta di rinviarlo debitamente compilato. Un referente dell’Unione Industriali di Savona è stato incaricato per fornire alle imprese il supporto informativo per la compilazione del questionario. I questionari sono stati quindi raccolti dall’Unione industriali di Savona, incaricata anche del data entry all’interno di un modello di raccolta ed elaborazione dati fornito da LUISS Business School. Complessivamente, sono state raccolti 122 questionari, di cui 30 relativi a micro-imprese (imprese con meno di 10 dipendenti). 1.4.4 Elaborazione dei dati In base al numero e alla qualità delle osservazioni raccolte, LUISS Business School ha stabilito le analisi statistiche più opportune per estrarre le considerazioni richieste dal progetto: - illustrazione delle statistiche descrittive sui diversi tipi di attività intangibili posseduti dalla imprese del campione ed interpretazione; - analisi di correlazione tra diversi tipi di attività intangibili ed indicatori di performance dell’impresa; - analisi del grado di sensibilità ai temi dello sviluppo e della gestione del capitale intangibile, con particolare focus sulle politiche di gestione delle risorse umane e le politiche di ricerca e sviluppo; - raggruppamento delle imprese analizzate per cluster omogenei di comportamento/ caratteristiche rispetto alla gestione del capitale intellettuale. 1.4.5 Elaborazione di un rapporto finale di ricerca I risultati emersi dall’analisi delle evidenze sono sintetizzati nel rapporto finale di ricerca, impostato con finalità sia informative/divulgative che formative, ossia finalizzato a fornire un quadro generale della situazione delle imprese locali e al contempo a sensibilizzare il lettore rispetto ai temi della gestione e dello sviluppo del capitale intangibile per la creazione di valore. 19 2. Rapporto Finale 2.1 Profilo del campione delle imprese Il campione utilizzato nell’indagine è costituito da 122 imprese, di cui 30 micro-imprese e 92 tra piccole, medie e grandi. Classificando i settori di appartenenza delle imprese del campione in base alla classificazione di Pavitt9, si osserva una netta predominanza di imprese appartenenti ai settori tradizionali (51%), ma anche una significativa presenza di imprese dei settori specializzati e dei servizi (rispettivamente, 21% e 24%). Le imprese high tech, al contrario, hanno una presenza poco rilevante (4%). Questo quadro generale è coerente con quello riferibile al territorio nazionale, dominato da imprese di tipo tradizionale e da una presenza ancora poco significativa di imprese high tech10. Per molti autori, tra cui Boeri (2005), la prevalenza di imprese con un modello di specializzazione obsoleto, come quelle di tipo tradizionale, e quindi sempre più esposto alla concorrenza dei Paesi emergenti, deriva dai limitati investimenti accumulati nel tempo dalle imprese italiane nel capitale umano e in quelle risorse qualificate, prevalentemente di tipo intangibile, che favoriscono la crescita dei settori ad alta tecnologia, che più hanno beneficiato negli ultimi tempi della crescita del commercio mondiale. Figura 8. Distribuzione di imprese e micro-imprese per tipologia di settore in base alla tassonomia di Pavitt. Distribuzione imprese e micro imprese per tipologia di settore science based (high tech); 4% servizi; 24% supplier dominated (tradizionale); 51% specialised suppliers (specializzato); 21% 9 La tassonomia di Pavitt è una classificazione dei settori merceologici compiuta sulla base delle fonti e della natura delle opportunità tecnologiche e delle innovazioni, dell'intensità della ricerca e sviluppo, e della tipologia dei flussi di conoscenza. Pavitt individua, sulla base dei criteri sopra accennati, quattro grandi raggruppamenti settoriali: 1) Supplier dominated o “tradizionali” - che include: tessile; calzature; settori alimentari e bevande; carta e stampa; legname; 2) Scale intensive o "ad intensità di scala" - che comprende: metalli di base; autoveicoli e relativi motori; 3) Specialised suppliers o "specializzati" - che include: macchine agricole e industriali; macchine per ufficio; strumenti ottici, di precisione e medici; 4) Science based o "High Tech" - che comprende: chimica; farmaceutica; elettronica. Ogni raggruppamento si ritiene caratterizzato da regolarità interne riguardo: le fonti potenziali dell'innovazione; la tipologia delle innovazioni; il loro grado di appropriabilità; l'altezza delle barriere all'entrata; la grandezza media delle imprese. Per maggiori dettagli vedi Pavitt K. (1984),” Sectoral Patterns of Technical Change: Towards a Taxonomy and a Theory”., Research Policy, 13: pp.343-73. 10 Boeri T. (a cura di), Faini R., Ichino A., Pisauro G., Scarpa C. (2005), “Oltre il declino”, Edizioni Il Mulino, Milano 20 Distribuzione imprese per tipologia settore science based (high tech) 5% servizi 20% supplier dominated (tradizionale) 47% specialised suppliers (specializzato) 26% Distribuzione micro-imprese per tipologia settore specialised suppliers (specializzato) 7% servizi 37% supplier dominated (tradizionale) 56% Fonte: nostra elaborazione. Con specifico riferimento ai settori industriali di appartenenza delle imprese del campione, si nota, tanto per le micro-imprese che per le altre, una prevalenza del settore edile. Si riscontra anche una significativa presenza di imprese meccaniche, alimentari e del settore dei servizi (per le micro-imprese). 21 Tabella 4. Distribuzione imprese del campione per settore industriale di appartenenza. Settore industriale Edile Meccanica Alimentare Impiantistica meccanica Ambiente Chimica Cartario Legno e arredamento Logistica e trasporti Terminalisti portuali Terziario superiore Ceramica e refrattari Gomma e plastica Petrolifera Servizi pubblica utilità Varie Vetro Estrattive Laterizi Totale Nr Imprese 17 14 10 9 7 6 3 3 3 3 3 2 2 2 2 2 2 1 1 92 % 18% 15% 11% 10% 8% 7% 3% 3% 3% 3% 3% 2% 2% 2% 2% 2% 2% 1% 1% 100% Tabella 5. Distribuzione micro-imprese del campione per settore industriale di appartenenza. Settore industriale Edile Terziario superiore Alimentare Aziende della sanità Cantieristica Editoria e stampa Estrattive Impiantistica meccanica Logistica e trasporti Terminalisti portuali Laterizi Totale Nr Imprese 14 7 2 1 1 1 1 1 1 1 0 30 % 50% 22% 6% 3% 3% 3% 3% 3% 3% 3% 0% 100% Fonte: nostra elaborazione. Questa risultanza riflette la struttura industriale del territorio11, confermata anche dalla distribuzione delle imprese associate all’Unione Industriali locale, ad ulteriore conferma del buon grado di rappresentatività delle imprese intervistate. In termini di numero di dipendenti, complessivamente le imprese intervistate presentano una media di 52 dipendenti. In Figura 9 è disponibile un dettaglio per tipo settore e per classe dimensionale12. 11 12 Censimento ISTAT 2001 Si userà nel contesto di questa ricerca una classificazione articolata secondo i seguenti cluster dimensionali: 1-9 dipendenti (micro-imprese), 10-49 (piccole imprese), 50-249 (medie imprese), oltre 250 (grandi imprese) 22 Figura 9. Numero medio dipendenti delle imprese del campione: dettaglio per tipo settore e classe dimensionale. Nr medio dipendenti Nr dipendenti medio per tipo settore (1/1/07) 120 104 100 80 61 60 40 37 36 supplier dominated (tradizionale) servizi 20 specialised suppliers science based (high (specializzato) tech) Media Nr Dipendenti medio per classe dimensionale (1/1/07) 500 450 400 350 300 250 200 150 100 50 - 431 96 grande media 25 6 piccola micro Fonte: nostra elaborazione. Come risulta evidente dalle analisi, le imprese del campione sono mediamente di piccola dimensione. I settori con dimensioni più rilevanti sono quelli specializzati e high tech (rispettivamente 104 e 61 dipendenti medi). Il campione utilizzato presenta una prevalenza di piccole e micro-imprese (complessivamente il 76% del totale), benché il dato sia notevolmente inferiore alla media nazionale, che nel 2005 prevedeva il 95% circa di micro-imprese13. Questa differenza è da attribuirsi probabilmente al fatto che le imprese associate all’Unione Industriali sono mediamente di dimensioni più significative. 13 ISTAT (2007), Struttura e dimensione delle imprese - Archivio Statistico delle Imprese Attive (ASIA) Anno 2005 23 Figura 10. Distribuzione imprese per classe dimensionale. Distribuzione imprese per classe dimensionale micro 26% grande 4% piccola 50% media 20% Fonte: nostra elaborazione. Nel 72% dei casi, le interviste sono state effettuate alle sedi centrali delle imprese, il restante 28% dei casi è rappresentato da stabilimenti produttivi appartenenti a gruppi nazionali o internazionali. Figura 11. Tipologia sede imprese. Distribuzione imprese per tipologia sede Stabilimento 28% Sede centr 72% Fonte: nostra elaborazione. In uno studio sul capitale intangibile, la cui gestione coinvolge gli organi di direzione e gestione strategica dell’impresa, questo dato assume particolare significato, soprattutto quando si affronta il tema dell’evoluzione delle imprese in termini di gestione del capitale umano o delle politiche di ricerca e sviluppo. 24 2.2 Profilo del gruppo di controllo L’analisi del gruppo di controllo dell’impresa risulta particolarmente importante quando l’oggetto dello studio è il capitale intangibile. Esiste infatti una vasta letteratura in materia che suppone una forte correlazione tra la performance economico-finanziaria dell’impresa e il grado di qualificazione del gruppo di controllo. Esistono fondamentalmente due approcci teorici per affrontare l’argomento. Il primo si fonda sullo studio delle caratteristiche individuali dell’imprenditore o degli imprenditori, o meglio sullo studio di quei fattori che hanno sviluppato il grado di imprenditorialità di chi guida l’impresa. Tali fattori sono sintetizzati dallo schema in Figura 12. In base a tale approccio, possono essere individuati dei tratti comuni tra gli imprenditori di successo, come se l’imprenditore avesse una personalità distinta rispetto ad altri individui. Questo filone, che sfocia evidentemente nello studio del profilo psicologico degli imprenditori, ha incontrato alcune difficoltà nella sua diffusione, sia per l’oggettiva difficoltà nell’individuare una definizione scientificamente valida dell’imprenditore, sia per la complessità e a tratti la contraddittorietà dei profili psicologici emergenti dalle indagini empiriche. Tuttavia, nonostante alcuni limiti, l’approccio può essere adottato nella parte che riguarda lo studio di aspetti relativi al background formativo e alle esperienze pregresse degli imprenditori. Figura 12. I fattori influenzanti lo sviluppo dell’imprenditorialità. Famiglia Educazione/ Età Orientamento agli obiettivi Attività lavorative Imprenditore Fonte: Nostra elaborazione da Roberts (1991)14. Nella ricerca, ci si è pertanto limitati ad analizzare il profilo scolastico degli imprenditori, in particolare nelle micro-imprese dove si presume che l’impatto sulle performance possa essere maggiormente determinante. 14 Roberts, E.B. (1991), “Entrepreneurs in high technology”, Lessons from Mit and Beyond, Oxford University Press, New York 25 Il secondo approccio per studiare la connessione causa-effetto tra le caratteristiche del gruppo di controllo e le performance aziendale è riferibile allo studio del capitale relazionale (Coleman, 1990). In base a questa impostazione, l’insieme delle reti sociali attinenti l’imprenditore in primis e poi l’intera impresa possono essere validamente sfruttate per agevolare la crescita di quest’ultima. In particolare la conoscenza e le risorse necessarie allo sviluppo di un’impresa, possono considerarsi “culturally embedded and historically specific” (Baker e Osftfeld, 199915), pertanto trasferendo il concetto sullo studio del gruppo di controllo, è di fondamentale importanza capire se l’assetto proprietario di un’impresa è costituito da uno o più attori e se tra questi esistono e hanno peso società terze o soggetti istituzionali o finanziari. In base all’approccio del capitale relazionale, i rapporti che inevitabilmente intervengono in siffatte circostanze implicano trasferimenti di conoscenza, risorse e competenze, nonché ampliamento del network di riferimento (clienti, fornitori, centri di ricerca) di vitale importanza per lo sviluppo dell’impresa. Si assume quindi che più variegato e articolato sia il gruppo di controllo dell’impresa più la stessa impresa sia dotata di risorse intangibili preziose per sviluppare il proprio business. La presente ricerca ha integrato quindi lo studio delle risorse intangibili delle imprese del territorio di Savona, con l’analisi della struttura dell’assetto proprietario delle imprese e quella del background scolastico dei soci. Con riferimento al primo blocco di analisi, è stato chiesto alle imprese di evidenziare quanti soci detenessero una quota superiore al 20% del capitale sociale. La numerosità dei soci, infatti, in base alla impostazione adottata, comporta una ricchezza maggiore in termini di capitale relazionale. Lo studio ha evidenziato che nella metà dei casi le imprese hanno solo un socio con una quota così elevata, e che nel 16% dei casi ci sono solo al massimo 3 soci con tale quota. Il dato rivela quindi compagini azionarie in media non particolarmente concentrate. Figura 13. Assetto proprietario delle imprese del campione. Nr. Soci con quota >20% 3 16% 0 3% 1 47% 2 34% Fonte: nostra elaborazione. In termini di varietà della tipologia di proprietari, in oltre il 40% dei casi viene evidenziata la presenza di un’impresa o di una istituzione finanziaria, con una netta prevalenza di imprese. Questo dato è in parte spiegato dal fatto che il 28% delle imprese del campione è costituito da stabilimenti produttivi. 15 Baker, W., Obstfeld, D. (1999), “Social Capital by Design: Structures, Strategies and Institutional Context”, in Corporate social capital and liability, Boston 26 Figura 14. Tipologia proprietà delle imprese del campione. Distribuzione imprese per tipologia di Proprietà (risposta multipla) 73% 80% 70% 60% 50% 39% 40% 30% 20% 4% 10% 0% Proprietari-Manager Imprese Istituzioni Finanziarie Fonte: nostra elaborazione. Andando ad analizzare il secondo blocco di informazioni, quelle relative cioè alle caratteristiche individuali dell’imprenditore, ovvero del proprietario direttamente coinvolto nelle attività gestionali dell’impresa, la ricerca ha evidenziato una situazione in cui gli imprenditori presentano una scolarità medio-bassa. Nel 51% dei casi, infatti, gli imprenditori presentano un diploma di scuola superiore e nel 22% dei casi un diploma di scuole medie inferiori. Figura 15. Titolo di studio dei proprietari coinvolti nella gestione dell’impresa. Titolo di Studio dei Proprietari coinvolti nella gestione (quadro medio) Master/Dottorato 3% Medie Inf. 22% Diploma 51% Laurea 24% Fonte: nostra elaborazione. Guardando all’ambito di specializzazione dei proprietari, si riscontra un uguale peso per la formazione di tipo tecnico e per quella di tipo economico-commerciale. Non sorprendentemente, i proprietari di 27 imprese che operano nei settori high tech o specializzati sono quelli in cui prevale la formazione tecnica. Figura 16. Ambito di formazione dei proprietari delle imprese del campione. Ambito di formazione Proprietari coinvolti nella gestione media titolo studio/ media nr. Propr. (%) (quadro medio) 32% 35% 30% 25% 20% 15% 10% 5% 0% Laurea Diploma 13% Economia 11% Periti 11% Ingegneri 8% Periti comm. 0% 0% Informatici Fisici Altre scuole superiori Titolo di studio Fonte: nostra elaborazione. Lo studio dell’assetto proprietario delle micro-imprese ha riguardato più specificatamente l’analisi dell’età media dei fondatori e in generale dell’anno di fondazione delle imprese. In tal modo, si è inteso verificare anche per il territorio di Savona la validità della proposizione secondo la quale gli start-up sono prevalentemente realizzati da imprenditori di bassa età media. L’indicazione è interessante sotto il profilo delle politiche di sostegno allo sviluppo economico e dell’innovazione. Figura 17. Anno di costituzione delle micro-imprese del campione Distribuzione micro-imprese per anno inizio attività 2000-2007 39% '90 - 2000 34% 2007 3% '80 - '90 10% prima del 1980 14% Fonte: nostra elaborazione. 28 In primo luogo, l’analisi ha evidenziato come le micro-imprese di Savona siano in buona parte di recente anche se non recentissima costituzione (il 42% delle imprese è stato fondato dopo il 2000). Sul fronte dell’età media degli imprenditori, contrariamente alle aspettative, non si riscontra un età media particolarmente bassa (solo nel 15% dei casi gli imprenditori hanno un’età inferiore ai 40 anni e solo nel 4% inferiore ai 30). Il dato lascerebbe trapelare la mancanza sul territorio di supporti - anche istituzionali - adeguati alla promozione dell’attività imprenditoriale tra i giovani. Figura 18. Età media proprietari delle micro-imprese del campione. Età media proprietari micro-imprese (anni) 18 - 30 4% 31 - 40 11% >50 46% 41 - 50 39% Fonte: nostra elaborazione. Anche per quanto gli imprenditori coinvolti nella gestione delle micro-imprese si evidenzia una scolarità medio-bassa (con il 74% dei casi di proprietari con diploma o media inferiore), mentre l’ambito di formazione prevalente appare quello tecnico, a riprova dell’evidenza che la maggior parte delle imprese di recente costituzione (start up) hanno una matrice produttivo-tecnologica. 29 2.3 Dati economico-finanziari Il primo passo di un’analisi tesa a valutare la presenza di risorse intangibili in un’impresa, piuttosto che in un’insieme di imprese rappresentanti il tessuto industriale di un territorio, non può che essere una valutazione di base delle performance economico-finanziarie. Il collegamento logico tra risultato economico-finanziario e risorse intangibili, seppure intuitivo, viene descritto efficacemente dall’approccio Balanced Scorecard di Kaplan e Norton (1992)16. In base a tale approccio, la performance economico-finanziaria rappresenta, da un lato, l’espressione quantitativa delle strategie aziendali, dall’altro, il risultato tangibile dell’agire delle determinanti di risultato di natura intangibile. Un buon risultato economico-finanziario dipende in primis dal valore percepito dal cliente finale dell’impresa; tale valore è collegato al valore effettivamente erogato dall’impresa, prodotto a sua volta dell’eccellenza dei processi interni. L’impresa arriva a conseguire processi eccellenti attraverso una sapiente gestione del proprio stock di competenze, acquistate o sviluppate nel tempo. Tale gestione dipenderà dalla strategia di medio-lungo termine dell’impresa stessa. (Figura 19). Figura 19. Il legame tra risorse intangibili e risultati economico-finanziari 1 Strategia 5 4 3 2 Obiettivi economicofinanziari Obiettivi di creazione di valore per i Clienti Obiettivi di miglioramento del processo Obiettivi di apprendimento PROSPETTIVA ECONOMICOFINANZIARIA Gli azionisti percepiscono un miglioramento della performance economica? PROSPETTIVA DEL MERCATO E DEI CLIENTI I clienti percepiscono che è consegnato loro un maggior valore? PROSPETTIVA DEI PROCESSI INTERNI La prestazione dei processi produce un valore crescente per i clienti? PROSPETTIVA DELL’APPRENDI MENTO L’organizzazione è in grado di sostenere l’innovazione e i processi di cambiamento? RISULTATO DETERMINANTI DI RISULTATO Fonte: Nostra elaborazione da Kaplan e Norton (1992), Op. cit. In base all’approccio proposto, quindi, un buon risultato economico-finanziario rappresenta l’espressione “fisica o tangibile” delle buone performance ottenute dalle risorse intangibili. Nella letteratura aziendale prevalente, il successo di un’impresa è rappresentato dall’equilibrio economico duraturo17. Tra le caratteristiche comuni alle strategie delle imprese contraddistinte da un successo durevole si riconducono: il continuo miglioramento della produttività e l’elaborazione e la realizzazione di progetti di crescita profittevole18. La crescita dimensionale viene rappresentata in prima approssimazione dall’incremento del fatturato. Tale crescita contribuisce al successo duraturo 16 Op. cit. Sulla nozione di equilibrio economico a lungo termine si vedano i contributi di Aldo Amaduzzi (1978), Amodeo (1960), Cattaneo (1969), Ceccherelli (1964), D’Ippolito (1953), Ferrero (1968), Giannessi (1960), Onida (1971), Zappa (1957) 18 Per approfondimenti vedi anche Mazzola P. (2002), “Produttività e crescita delle imprese: creare valore nel lungo periodo”, Egea, Milano 17 30 dell’impresa ed è quindi obiettivo da perseguire, solo se profittevole, ossia se assicura nel medio periodo uno spread positivo tra rendimento e costo del capitale. Se la crescita aziendale avviene pertanto in assenza di una redditività sufficiente a remunerare il capitale impiegato, essa provoca l’impoverimento dell’impresa e il deterioramento della soddisfazione degli azionisti. I dati di seguito presentati, lungi dall’essere esaustivi, esprimono un giudizio di merito sull’andamento delle performance delle imprese del campione. E’ evidente, dato quanto premesso, che una valutazione sul rendimento di lungo periodo del capitale investito delle imprese analizzate, seppure più appropriata per definire il successo economico-finanziario delle imprese, esula dagli obiettivi della presente ricerca. Ci si è quindi limitati ad analizzare Fatturato e Reddito operativo, soprattutto in termini di variazioni, considerando queste due grandezze come proxi soddisfacenti di performance generale aziendale significativa ai fini della ricerca. L’obiettivo della ricerca, infatti, non era fornire un giudizio sui valori assoluti, lasciando tale finalità ad analisi più approfondite sugli aspetti economico-finanziari, quanto valutare qualitativamente gli andamenti delle imprese e il rapporto tra questi e quelli dei settori di riferimento, effettuato con un’analisi comparata delle quote di mercato. E’infatti evidente che una crescita di fatturato che non si accompagna ad una crescita di quota di mercato è da considerarsi trainata da quella del settore, mentre lo stesso fenomeno, accompagnato da una crescita delle quote di mercato, può essere attribuita ad un incremento di competitività dell’impresa ai danni dei suoi concorrenti. Un primo elemento che contraddistingue un buon risultato economico-finanziario è dato pertanto da un incremento di competitività. Un secondo elemento, riguarda l’andamento del Reddito Operativo, soprattutto in relazione a quello del Fatturato. Infatti, una crescita del reddito operativo superiore a quella del fatturato, indica che l’impresa sta lavorando sull’ottimizzazione dei propri processi interni per incrementare il valore erogato al suo cliente finale. Essa indica inoltre una crescita sana che crea valore per gli azionisti. Alla luce delle premesse fatte, si descrivono di seguito i risultati economico-finanziari per le imprese del campione. In primo luogo, sono forniti alcuni dati che profilano meglio il campione dal punto di vista delle performance economico-finanziarie. In Figura 20 è rappresentata la distribuzione delle imprese del campione per classi di fatturato 2006. Coerentemente con i profili dimensionali rappresentati nel par. 2.1, la maggior parte (70%) delle imprese del campione ha riportato nel 2006 un fatturato inferiore ai 10 milioni di Euro, solo il 21% delle imprese ha raggiunto un fatturato tra i 10 e i 50 milioni di Euro e solo il 7% tra i 50 e i 250 milioni. Infine, solo l’1% delle imprese del campione ha conseguito un fatturato superiore ai 250 milioni di Euro. Per quanto riguarda la micro-imprese, il 40% segnala un fatturato tra 1 e 5 milioni di Euro e il restante gruppo di imprese registra invece un fatturato inferiore al milione di Euro. 31 Figura 20. Distribuzione delle imprese del campione per classe di fatturato (2006). Distribuzione Imprese per Classe di Fatturato (2006) € 10-49 Mln 21% € 50-99 Mln 2% € 100-249 Mln 5% >= € 250 Mln 1% € 5-9 Mln 25% < €1Mln 10% € 1-4 Mln 35% Fonte: nostra elaborazione. Guardando alla crescita media annuale del fatturato per il periodo 2004-2007 (CAGR04-07: Compound Annual Growth Rate 192004-2007), si evidenzia una situazione particolarmente positiva, in quanto il 75% circa delle imprese riporta una crescita, per il 39% dei casi superiore al 10% annuo. Il 2% delle imprese dichiara un fatturato stabile nei tre anni analizzati, mentre il 9% lo dichiara in diminuzione, nel 7% dei casi per un tasso superiore al 10%. Figura 21. Distribuzione delle imprese del campione per classi di crescita media annua del fatturato nel periodo 2004-2007. Distribuzione Imprese per Classe di CAGR Fatt (04-07) > = 10% 39% < = (10)% 7% 5% - 9% 15% (6)% - (10)% 1% 0 % - 4% 20% (1)%- (5)% 1% stabile 2% Fonte: Nostra elaborazione su dati del campione forniti da Università di Torino. 19 Tasso di crescita annuo composto 32 Una situazione ugualmente positiva, seppure in misura leggermente inferiore, si registra in termini di andamento delle market share, con il 55% delle imprese che dichiarano una crescita della propria market share nel periodo tra il 2004 e il 2007. Di queste, il 15% dichiara una crescita superiore al 10%. Il 34% delle imprese dichiara invece quota di mercato stabile, mentre l’11% la dichiara in diminuzione. Figura 22. Distribuzione delle imprese del campione per classe di crescita media annua delle proprie market share nel periodo 2004-2007. Distribuzione Imprese per Classe di Crescita Market Sh (04-07) > 10% 15% 6 -10% 11% < (10)% 5% (6) % - (10)% 6% 0 - 5% 29% stabile 34% Fonte: Nostra elaborazione (dati u.o. Università di Torino). Figura 23. Distribuzione delle micro-imprese del campione per classi di crescita media annua del fatturato nel periodo 2004-2007. Distribuzione micro-imprese per classe di CAGR (04-07) < = (10)% 25% > = 10% 31% (6)% - (10)% 0% 5% - 9% 13% (1)% - (5%) 3% 0 % - 4% 19% stabile 0% Fonte: Nostra elaborazione (dati u.o. Università di Torino). 33 Figura 24. Distribuzione delle micro-imprese del campione per classe di crescita media annua delle proprie market share nel periodo 2004-2007 Distribuzione micro-imprese per classe di Crescita Market Sh (04-07) > 10% 15% (>10%) 8% (6-10%) 4% 6 -10% 12% stabile 34% 0 - 5% 27% Fonte: Nostra elaborazione (dati u.o. Università di Torino). Situazione analoga si riscontra per le micro-imprese. Ai fini di una più precisa interpretazione dell’evidenza, abbiamo analizzato il dato per tipologia di settore di appartenenza delle imprese e per classe dimensionale. In primo luogo, per quanto attiene alle classi di fatturato, abbiamo riscontrato che i settori high tech e specializzati si contraddistinguono per livelli di fatturato superiori alle altre tipologie di settori. Al contrario, le imprese tradizionali sembrano essere caratterizzate da dimensioni più piccole delle altre imprese. Figura 25. Fatturato medio 2006 per tipologia di settore. Fatturato medio 2006 per tipo settore € 40.000.000 € 35.000.000 € 34.007.045 € 30.616.494 € 30.000.000 € 25.000.000 € 20.000.000 € 15.000.000 € 10.239.737 € 10.000.000 € 7.732.376 € 5.000.000 €- science based (high specialised suppliers tech) (specializzato) servizi supplier dominated (tradizionale) Fonte: nostra elaborazione. 34 Mediamente, tutte le imprese del campione (anche le micro) presentano un tasso annuo di crescita del fatturato pari al 8%. Le crescite di fatturato più elevate interessano il settore dei servizi, con un CAGR 04-07 di circa il 9%, ma tutti i settori presentano trend positivi. Figura 26. Crescita media annua del Fatturato nel periodo 2004-2007 per tipologia di settore. CAGR 04-07 medio CAGR Fatturato 2004-2007 medio per tipo settore 8,8% 8,6% 8,4% 8,2% 8,0% 7,8% 7,6% 7,4% 7,2% 7,0% 8,7% 8,2% 8,1% 7,6% servizi science based (high tech) supplier dominated (tradizionale) specialised suppliers (specializzato) Fonte: Nostra elaborazione (dati u.o. Università di Torino). La crescita del fatturato nel periodo appare correlata alla dimensione aziendale, anche se le medie imprese sembrano presentare performance leggermente superiori di quelle delle grandi imprese. Figura 27. Crescita media annua del Fatturato nel periodo 2004-2007 per classe dimensionale. Media nr accordi/impresa CAGR Fatturato 2004-2007 medio per classe dimensionale 14% 12% 12% 10% 10% 7% 8% 6% 4% 4% 2% 0% media grande piccola micro Fonte: Nostra elaborazione (dati u.o. Università di Torino). 35 Si è cercato di capire quanto la crescita del fatturato delle imprese sia dovuta all’effetto traino della crescita del settore industriale di appartenenza e quanto invece ad un effettivo miglioramento competitivo. A tal fine, sono state confrontate le crescite medie del fatturato, dettagliando il dato per tipo settore e per classe dimensionale, con quelle delle market share dichiarate, sempre nel periodo 2004-2007. Figura 28. Confronto tra CAGR del Fatturato (2004-2007) e Delta Market Share annuale (2004-007) per tipo settore. Rapporto tra crescita impresa e crescita quota di mercato (valori medi, 04-07) 10% Crescita Delta mkt sh 04-07 (media per tipo settore) 5% Specializzato Servizi 0% Tradizionale High Tech -5% Diminuzione -10% -10% -5% 0% Diminuzione 5% 10% Crescita CAGR Fatt 04-07 (media per tipo settore) Fonte: Nostra elaborazione (dati u.o. Università di Torino). Come si evince dalla Figura 28, i settori tradizionali, specializzati e dei servizi si caratterizzano per una crescita del fatturato accompagnata ad una crescita delle quote di mercato. Tale situazione indica che la crescita delle imprese di tali settori è il risultato dei rispettivi vantaggi competitivi, avvenendo a danno dei concorrenti. Per le imprese del settore high tech, al contrario, la crescita del fatturato si accompagna ad una diminuzione della quota di mercato. Ciò indica che la crescita delle imprese viene trainata da quella del settore, ma esistono nel settore imprese che crescono più di quelle del campione, erodendo la quota di mercato di queste ultime. La stessa analisi, effettuata per classe dimensionale, evidenzia una situazione positiva per tutte le classi dimensionali delle imprese, caratterizzate da una crescita media del fatturato accompagnata da una crescita media delle quote di mercato. 36 Figura 29. Confronto tra CAGR del Fatturato (2004-2007) e Delta Market Share annuale (2004-007) per classe dimensionale. Delta mkt sh 04-07 (media per classe dimensionale Rapporto tra crescita impresa e crescita quota di mercato (valori medi, 04-07) 15% 10% Crescita 5% grande piccola media micro 0% -5% -10% Diminuzione -15% -15% -10% -5% Diminuzione 0% 5% 10% 15% Crescita CAGR Fatt 04-07 (media per classe dimensionale) Fonte: Nostra elaborazione (dati u.o. Università di Torino). L’analisi del Reddito Operativo viene effettuata confrontando le crescita media annua nel periodo 20042007 con quella del fatturato nello stesso periodo. Questo confronto consente di evidenziare le imprese che nel periodo stanno lavorando sull’efficienza dei propri processi interni. Infatti, se la crescita media del reddito operativo risulta superiore a quella del fatturato, è possibile desumere che l’impresa stia ottimizzando la propria struttura dei costi operativi attraverso un efficientamento dei processi. 37 Figura 30. Confronto tra crescita media annua del Reddito Operativo nel periodo 2004-2007 e crescita media annua del Fatturato nello stesso periodo, per tipologia di settore. Rapporto tra crescita Fatturato e crescita RO (valori medi, 04-07) Dimensione bolle = nr imprese per tipo settore CAGR FAtt 04-07 (media per tipo settore) 50% 40% 30% Tradizionale 20% Servizi Specializzato High Tech 10% 0% -30% -20% -10% 0% 10% 20% 30% 40% -10% CAGR RO 04-07 (media per tipo settore) Fonte: Nostra elaborazione (dati u.o. Università di Torino). La Figura 30 evidenzia in tal senso come le imprese appartenenti a tutte le tipologie di settori, tranne quello high tech, sembrano aver lavorato in modo significativo sui processi operativi, in particolare le imprese del settore specializzato. Un giudizio meno positivo riguarda le imprese dei settori ad alta tecnologia, che sembrano aver perso efficienza nel periodo considerato. Effettuando la stessa analisi per classe dimensionale delle imprese, si può constatare come grandi e medie imprese siano quelle più attive nell’attività di ottimizzazione della propria curva dei costi e dei propri processi operativi. In effetti, il dato non sorprende dal momento che l’efficienza sui costi è notoriamente legata a fattori di scala. Figura 31. Confronto tra crescita media annua del Reddito Operativo nel periodo 2004-2007 e crescita media annua del Fatturato nello stesso periodo, per classe dimensionale. CAGR FAtt 04-07 (media per classe dimensionale) Rapporto tra crescita fatturato e crescita RO (valori medi, 04-07) Dimensione bolle = nr imprese per classe dimensionale 14% 12% media grande 10% 8% piccola 6% 4% micro 2% 0% 0% 4% 8% 12% 16% 20% 24% 28% 32% CAGR RO 04-07 (media per classe dimensionale) Fonte: Nostra elaborazione (dati u.o. Università di Torino). 38 2.4 Capitale relazionale Le ragioni per cui il set di relazioni che un’impresa riesce ad instaurare e sviluppare nel tempo rappresenta una preziosa risorsa intangibile, indispensabile per il successo competitivo delle imprese, soprattutto di piccole dimensioni, sono state diffusamente trattate in par. 1.3.1 e par. 2.2 del presente lavoro, con riferimento rispettivamente al concetto di capitale relazionale e all’analisi degli assetti proprietari. Per affrontare l’analisi del capitale relazionale delle imprese del campione sono tuttavia necessarie alcune precisazioni aggiuntive. Quando si fa riferimento ai network sociali delle imprese si includono in questa definizione non solo le relazioni di carattere “verticale”, legate cioè al ciclo produttivo, stilizzato come sequenza lineare delle attività dalle materie prime al prodotto finale, ma anche e soprattutto a quelle “orizzontali”, afferenti al concetto di “distretto industriale”, quale categoria analitica in grado di aggregare la varietà di soggetti, competenze e relazioni strutturanti l’organizzazione aziendale20. L’importanza dello studio del capitale relazionale va inoltre contestualizzata all’ultima fase evolutiva dell’economia industriale italiana, in cui si è avuta una progressiva frantumazione dei “pilastri” tradizionali, la grande impresa pubblica e la grande impresa privata, e l’emergere contestuale di nuovi attori sorti dai distretti come i nuclei di nuove grandi imprese, che si avviano a diventare i nuovi “pilastri” del sistema industriale21. Il capitale relazionale è quanto mai importante per le imprese di recente costituzione, specialmente quelle che nascono in settori ad elevata tecnologia22. Tali imprese, infatti, sono in misura crescente caratterizzate da business model fondati su specifiche conoscenze tecnologiche e sulla dotazione rilevante di capitale intangibile (OECD, 199323). Esse, inoltre, non dispongono al proprio interno di tutte le risorse e competenze necessarie al proprio sviluppo e sono costrette in molti casi a rivolgersi all’esterno per il loro reperimento. Pertanto, la possibilità di accedere a risorse esterne e la capacità di integrare le diverse conoscenze per lo svolgimento dell’attività innovativa sono critiche per la loro sopravvivenza. La nuova impresa può accedere alle competenze esterne attraverso il proprio patrimonio di relazioni. In questa prospettiva, il capitale relazionale dell’impresa incorpora delle opzioni di crescita per il futuro (McGrath, 199624). Queste si ricollegano in parte alle modalità di interazione, non necessariamente finanziarie, con venture capitalist e incubatori (Boccardelli e Oriani, 200025). Sulla base di queste considerazioni, è stato chiesto alle imprese del campione di evidenziare l’eventuale presenza di relazioni significative, legate alla modalità di start-up piuttosto che a partecipazione nel capitale sociale, con soggetti esterni quali incubatori, soggetti di private equity/venture capital o imprese terze. 20 Quadro Curzio A., Fortis M., a cura di (2007), “Valorizzare un’economia forte: l’Italia e il ruolo della sussidiarietà”, Collana della Fondazione Edison, Edizioni Il Mulino, Milano 21 Quadro Curzio A., Fortis M., a cura di (2007), Op. cit. 22 Boccardelli P., Oriani R. (2004), “Start-up di nuove imprese in business ad alta innovazione”, LUISS Edizioni, Roma 23 OECD (1993), “Small and Medium-sized Enterprises: Technology and Competitiveness”, Parigi 24 McGrath R. G. (1996), “Options and the Entrepreneur: Towards a Strategic Theory of Entrepreneurial Wealth Creation”, Proceedings of the Academy of Management, pp. 101-105 25 Boccardelli P., (2000), “Le architetture reticolari di Pmi nello sviluppo e diffusione della conoscenza tecnologica”, in Boccardelli P., Macioce A., Oriani R., (2000), “Innovazione, Tecnologia e Piccola e Media Impresa”, LUISS Edizioni, Roma 39 Figura 32. Percentuale di imprese e micro-imprese con relazioni significative con soggetti esterni. Relazioni impresa con soggetti esterni (risposta multipla) 75% % Sul totale Imprese 80% 70% 60% 50% 40% 30% 21% 20% 4% 10% 0% Nessuna relazione particolare Spin off altra impresa Venture Capital/ Private Equity Relazioni micro-impresa con soggetti esterni (risposta multipla) 90% 83% % Sul totale Imprese 80% 70% 60% 50% 40% 30% 17% 20% 10% 0% 0% spin off univer. Start up con Incubatore 0% Nessuna relazione particolare spin off impresa Fonte: nostra elaborazione. Sia le micro-imprese che quelle di maggiori dimensioni evidenziano in generale relazioni poco significative con queste categorie di soggetti esterni. Le relazioni con imprese terze, in qualità di azionisti o nei casi di spin off, sono quelle più frequenti, sia per le micro-imprese (17% dei casi) che per le imprese più grandi (20% dei casi). Solo il 4% delle imprese ha invece dichiarato di avere rapporti con società di private equity o di venture capital. Il dato risulta leggermente inferiore a quello di una ricerca analoga condotta su piccole e medie imprese della provincia di Roma e di Milano26. Tale ricerca, infatti, evidenzia un 19% di casi di spin off da altre imprese, un 11% circa di imprese che hanno beneficiato di incubatori e circa un 7% di imprese che hanno beneficiato di un finanziamento da venture capitalist o società di private equity. Un’altra importante dimensione del capitale relazionale è data dagli accordi di lungo termine (o strategici) tra le imprese e soggetti terzi, intendendo con lungo termine un periodo superiore o uguale a 26 Boccardelli P., Oriani R. (2004), Op. cit. 40 5 anni. Gli accordi strategici e le altre forme cooperative sono finalizzati principalmente a superare il vincolo dimensionale alla competitività, mantenendo la flessibilità tipica delle Pmi. Le forme generalmente utilizzate fanno riferimento alle due principali categorie: a) forme equity (o acquisizioni, costituzione di joint venture con altre imprese); b) forme contrattuali (specializzate, multiscopo). Rispetto agli scopi specifici, gli accordi strategici sono orientati alla riduzione dei costi di produzione, all’acquisizione di know-how tecnologico ed in generale allo sviluppo di nuove competenze. Per quanto concerne la scelta dei partner, gli accordi strategici possono riguardare le imprese collocate lungo la filiera tecnico-economica (fornitori, acquirenti, nonché competitori spesso operanti in mercati diversi). Gli accordi inoltre sono focalizzati lungo le fasi della catena del valore interno (operativa, di supporto). Con riferimento alle imprese campionate, la presenza di accordi strategici appare alquanto limitata. Il 94% circa delle imprese non ha accordi strategici nel suo portafoglio, il 4% presenta meno di 5 accordi e solo il 2% più di 10. Questa evidenza è particolarmente significativa se confrontata con quelle della ricerca Management Forum (2006), effettuata sul territorio nazionale, in base alla quale lo 86% delle imprese ha realizzato forme di accordo strutturato e di lungo termine. Questa differenza solo in parte può essere spiegata con le differenze di campionamento tra le due ricerche. Il valore medio dei contratti di lungo periodo è di circa 2 Milioni di Euro, a fronte di un fatturato medio delle imprese con accordi pari a circa 140 Milioni. Il dato sembra confermare la poca rilevanza di questi accordi per le imprese analizzate. Figura 33. Distribuzione delle imprese per numero di accordi strategici (durata maggiore di 5 anni). Distribuzione imprese per Nr. accordi di collaborazione l/t (>5y) (risposta multipla) % Sul totale Imprese 100,0% 93,5% 80,0% 60,0% 40,0% 20,0% 4,3% 2,2% 0-4 >10 0,0% 0 Nr. accordi Fonte: nostra elaborazione. E’ stato chiesto inoltre alle imprese di qualificare la tipologia di soggetti con i quali sussistono relazioni di collaborazione e che sono definibili come partner, a prescindere dalla durata degli eventuali accordi sottostanti (includendo quindi anche soggetti con i quali sussistono relazioni di collaborazione di durata inferiore ai 5 anni). Le partnership più frequenti vengono realizzate con clienti (75% dei casi) e fornitori (60%), più rare le forme di cooperazione di tipo orizzontale con concorrenti o enti/associazioni. La situazione è analoga per le micro-imprese. La logica che guida l’instaurazione di forme di collaborazione sembra essere quella di filiera, mentre appare poco rilevante la determinante del distretto. L’evidenza è coerente con il 41 fatto che solo il 17 % delle imprese campionate appartiene effettivamente ad uno dei due distretti di Savona individuati dalla Regione (lavorazione vetro e ceramica e fabbricazione mezzi di trasporto)27. Figura 34. Tipologia di soggetti con i quali sussistono accordi di cooperazione (anche di durata inferiore ai 5 anni). Tipologia partner (risposta multipla) 75% 80% % Sul totale Imprese 70% 60% 60% 50% 40% 30% 20% 5% 10% 2% 0% Clienti Fornitori Concorrenti Enti/Associazioni Tipologia partner micro-imprese in accordi di collaborazione (risposta multipla) 70% 63% % Sul totale Imprese 60% 53% 50% 40% 30% 17% 20% 10% 3% 0% Fornitori Clienti Concorrenti Imprese altri settori Fonte: nostra elaborazione. In termini di settori di appartenenza, le imprese che fanno più accordi (misurati come numero medio accordi per impresa) appartengono ai settori high tech o tradizionali. Confrontando il dato con l’approfondimento settoriale di Management Forum, si evidenzia una peculiarità di questo territorio rappresentata dalla minore presenza di accordi per le imprese specializzate, che sono invece le più attive in termini medi nazionali. E’ da aggiungere, comunque, che le differenze rilevate tra i vari settori, fatta eccezione per le imprese dei servizi, non sembrano molto significative. 27 Fonte: Elaborazione di Carminati M. su dati Ipi (2005), Confartigianato Imprese (2006) e Regione Piemonte in Quadro Curzio A., Fortis M. (2007), Op. cit. 42 Figura 35. Numero medio accordi per impresa, dettaglio per tipologia di settore. Nr. medio accordi/impresa per tipo settore Media 2,0 1,8 1,6 1,4 1,2 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2 - 1,80 1,48 1,40 1,17 science based (high tech) supplier dominated (tradizionale) specialised suppliers (specializzato) servizi Fonte: nostra elaborazione. La stessa analisi effettuata per classe dimensionale delle imprese rivela una correlazione tra la dimensione delle imprese e l’intensità dell’attività cooperative. Il dato è discordante da quello della ricerca Management Forum28 che, al contrario, evidenziava una maggiore ampiezza delle collaborazioni per le piccole e medie imprese, le quali sembravano impiegare lo strumento degli accordi per superare il vincolo dimensionale alla competitività, mantenendo le caratteristiche della flessibilità. Anche qui, comunque, le differenze esistenti tra le diverse classi dimensionali non sono significative al punto da ipotizzare una peculiarità del territorio. Figura 36. Numero medio accordi per impresa, dettaglio per classe dimensionale delle imprese. Media nr accordi/impresa Numero medio accordi/impresa per classe dimensionale 2,00 1,80 1,60 1,40 1,20 1,80 1,44 1,36 1,35 piccola micro 1,00 0,80 0,60 0,40 0,20 - grande media Fonte: nostra elaborazione. 28 Fondirigenti, (2006), Management Forum: ricerca sulla competitività delle Pmi italiane e sul modello di competenze del manager-imprenditore italiano. 43 Una delle maggiori determinanti del capitale relazionale è il fattore della localizzazione. In base all’approccio sociologico (Aronso 1991; Sorenson e Audia 1999) la presenza di una serie di imprese ed attori economici strutturalmente equivalenti in un determinato contesto favorisce un processo di “pollination” basato sulla vicinanza e prossimità tra gli stessi attori. Questo processo si verifica perché in certi ambiti locali si creano opportunità significative in termini di acquisto di conoscenza, formazione di network critici e ottenimento della fiducia da parte dei collaboratori, basata anche sulla conoscenza personale dell’imprenditore. Gli imprenditori tendono quindi ad avviare la propria impresa in ambiti locali a loro familiari o per nascita o per avervi maturato una precedente esperienza professionale. In pratica, gli imprenditori tenderebbero ad investire in una nuova attività dove sono localizzati i propri network di amici, familiari e contatti di diverso genere. In questo caso, la tematica di riferimento non è il capitale relazionale dell’impresa ma quello dell’individuo. La scelta della localizzazione pare svincolarsi dalle motivazioni dell’imprenditore all’aumentare della dimensione aziendale: le grandi imprese sembrano mostrare un grado di mobilità ben più ampio e tendono nel tempo a delocalizzare parte delle loro attività; le imprese minori, invece, presentano una minore dinamicità localizzativa, che ha poco peso nel modificare l’originaria scelta insediativa realizzata in fase di nascita. La presente ricerca ha tentato di trovare una conferma delle considerazioni stimolate dall’approccio sociologico. E’ stato pertanto richiesto alle imprese di evidenziare le principali motivazioni alla scelta della propria localizzazione, attribuendo un giudizio di importanza ad un set di fattori proposti. L’individuazione di tali fattori ha delle dirette implicazioni anche a livello di sviluppo dell’imprenditorialità dell’area, in quanto definire gli elementi esplicativi della scelta localizzativa d’impresa significa poter porre le basi per le azioni di politica imprenditoriale del territorio stesso. L’analisi sembra confermare l’impostazione sociologica. Sia per le micro-imprese che per le altre, infatti, la principale motivazione alla localizzazione sta nella residenza dei soci fondatori. Gli imprenditori, quindi, scelgono i siti di insediamento delle proprie imprese in base alla presenza dei propri network di riferimento. Una differenza tra le micro-imprese e quelle di maggiori dimensioni sta nell’importanza attribuita agli altri fattori. Le micro-imprese, infatti, scelgono la propria localizzazione anche in base alla concentrazione di attività imprenditoriali della zona, quindi con una maggiore attenzione alle sinergie potenziali acquisibili dal sistema, mentre le imprese più grandi sono maggiormente motivate dalla vicinanza ai mercati di sbocco. Figura 37. Graduatoria di possibili motivazione alla scelta di localizzazione delle imprese del campione. Motivazione localizzazione impresa (voto da 1 a 5) 3,5 3,0 2,5 2,1 2,0 2,0 1,9 1,8 1,8 1,8 1,5 1,5 1,4 1,2 1,0 Vicinanza Univers. Basso costo manod. Incentivi fisc./fin. Disponib. Servizi di Infr. Elevata special. HR Facilità reper. HR Alta concentr. Attiv. Rapporti PA e Istit. - Vicinanza mkt sbocco 0,5 Resid. soci/ Insed. storico Votazione media 3,0 44 2,8 2,3 2,1 1,4 1,2 1,1 Basso costo manod. 1,4 Vicinanza Univers. 1,5 Facilità reper. HR Disponib. Servizi di Infr. Rapporti PA e Istit. Vicinanza mkt sbocco Alta concentr. Attiv. 1,5 Elevata special. HR 2,2 Incentivi fisc./fin. 3,0 2,5 2,0 1,5 1,0 0,5 - Resid. soci/ Insed. Storico votazione media Motivazione localizzazione micro-impres (voto da 1 a 5) Fonte: nostra elaborazione. Infine, è stato chiesto alle imprese del campione di indicare la prossimità fisica dei propri partner di riferimento, ovvero i soggetti con i quali sono in essere forme, strutturate e non, di cooperazione, distinguendo tali soggetti in clienti, fornitori e concorrenti. Le analisi mostrano una situazione in cui la prossimità fisica non appare come una variabile determinante nella scelta dei partner. Figura 38. La localizzazione dei partner delle imprese del campione. Localizzazione partner (risposta multipla) 60% 49% 43% 36% 24% 20% 20% 16% 10% 4% 4% 3% 3% Conc. Vicinanze 25% Conc.stesso luogo 30% Conc. Reg. 40% Conc. altra reg. % Sul totale Imprese 51% 50% Cl. stesso luogo For. stesso luogo For. vicinanze Cl. Vicinanze For. reg. Cl. Reg Cl. altra reg. For. altra reg. 0% Fonte: nostra elaborazione. Come si evince da Figura 38, nella maggior parte dei casi, i clienti e fornitori partner delle imprese sono situati prevalentemente in un'altra Regione o al limite all’interno della Regione, ma raramente nella stessa provincia. Il dato è solo in apparenza incoerente con i precedenti, che attribuiscono grande importanza all’ambito locale. In realtà, come sottolineato, la scelta di localizzazione è una decisione guidata da motivazioni legate alla sfera delle relazioni dell’imprenditore, mentre la scelta di un partner è 45 guidata da considerazioni legate al business. L’implicazione del dato, semmai, risiede nelle apparenti limitate opportunità di collaborazione offerte dal territorio, che spingono le imprese ad estendere la propria ricerca ad altri ambiti locali. Al termine dell’analisi, per cercare di evidenziare l’eventuale correlazione tra le performance economico-finanziarie e la presenza di forme di collaborazione più o meno strutturate, è stato calcolato il tasso di crescita annuale medio, nel periodo 2004-2007, per le imprese con accordi o per quelle senza accordi. Tabella 6. Confronto tassi annuali di crescita del fatturato (2004-2007) per le imprese con e senza accordi. Imprese con accordi di collaborazione di lungo termine (tutte tranne le micro-imprese) Imprese senza accordi di collaborazione di lungo termine (tutte tranne le micro-imprese) Imprese con accordi di collaborazione con Clienti (include micro-imprese) Imprese senza accordi di collaborazione con Clienti (include micro-imprese) Imprese con accordi di collaborazione con Fornitori (include micro-imprese) Imprese senza accordi di collaborazione con Fornitori (include micro-imprese) Imprese con accordi di collaborazione con Concorrenti (include micro-imprese) Imprese senza accordi di collaborazione con Concorrenti (include micro-imprese) Nr imprese CAGR Fatturato 2004-2007 6 14% 86 9% 85 9% 28 6% 75 9% 38 7% 10 17% 103 8% Fonte: nostra elaborazione. Come si può constatare dai dati della Tabella 6, le imprese con accordi di collaborazione hanno mediamente un tasso di crescita, per il periodo di analisi, più alto delle imprese senza accordi. La stessa cosa può dirsi per gli accordi di lungo termine, anche se il dato non è particolarmente significativo per l’esiguità del numero delle imprese che hanno dato vita a forme di cooperazione più strutturate. Occorre comunque sottolineare che l’analisi dei tassi di crescita delle imprese va considerata con cautela, in quanto i tassi di crescita dipendono da un numero molto elevato di variabili e condizioni, tra cui molto importanti quelle relative agli andamenti dei settori di appartenenza, ed è inoltre fortemente dipendente dalle dimensioni medie dei fatturati di partenza. 46 2.5 Capitale umano La scomposizione del personale per categoria evidenzia che la componente di operai risulta essere quella prevalente nel campione di aziende analizzate, a cui si somma una percentuale significativa di impiegati. I dati in questione evidenziano che, in primo luogo, il rapporto tra lavoro diretto (operai) e indiretto (altre figure) è di quasi 2 a 1, a connotare come il progressivo affermarsi delle attività di supporto della catena del valore richieda un crescente impegno di capitale umano. Ecco allora che emerge l’esigenza di tutelare sia le competenze distintive core, legate alle attività operative in senso stretto (manifattura/erogazione), sia le competenze distintive complementari, legate cioè alla creazione del valore nelle attività di supporto. La percentuale (2%) di personale con incarichi dirigenziali ricalca le caratteristiche dimensionali medie delle imprese analizzate, tradizionalmente molto piatte. Le evidenze sono molto simili per tutte le categorie di imprese analizzate. Figura 39. Distribuzione media dipendenti imprese e micro-imprese per categoria, dati al 1 gennaio 2007. Breakdown medio dipendenti per categoria (1/1/07) Impiegati; 34% Part Time; 4% Apprendisti; 2% Dirigenti; 2% Operai; 64% 47 Breakdown medio dipendenti micro-imprese per categoria (1/1/2007)) Operai 63% Dirigenti 4% Apprendisti 3% Part Time 3% Impiegati 29% Fonte: nostra elaborazione. La scomposizione del campione in base all’età evidenzia una prevalenza di persone tra i 36 e i 45 anni per le imprese di maggiore dimensione, anche le l’età media nelle micro-imprese appare minore. In termini di capitale umano, questa evidenza testimonia come lo sviluppo delle competenze distintive debba passare attraverso un processo di formazione ed aggiornamento continui, che risultino essere in linea, da un lato, con le evoluzioni tecnologiche e di business rinvenibili nei diversi settori, dall’altro, con i percorsi di carriera ed il loro impatti motivazionali. Figura 40. Distribuzione media dipendenti imprese e micro-imprese per classe di età, dati al 1 gennaio 2007 Breakdown medio dipendenti per Classe di età (1/1/07) >45 anni 4% 25-35 anni 13% 36-45 anni 82% 48 Breakdown medio dipendenti micro-imprese per Classe di età (1/1/2007)) 36-45 anni 60% c >45 anni 7% 25-35 anni 33% Fonte: nostra elaborazione. L’esigenza di combinare percorsi di alimentazione e sviluppo del capitale umano con esperienze formative esplicite e training on the job si lega anche alle evidenze risultanti alla scomposizione delle risorse umane disponibili per titolo di studio. La comune situazione, per entrambe le tipologie aziendali indagate, di prevalenza di diplomi di scuola media inferiore, se da un lato si giustifica con la prevalenza di personale impiegato nella attività produttive dirette (operai), dall’altro pone le imprese di fronte a sfide significative nella prospettiva della difesa del vantaggio competitivo. L’impresa, infatti, non si può considerare più come un’entità che va alla ricerca di competenze e capacità già “preconfezionate” sul mercato del lavoro (domanda di capitale umano) ma sempre più deve considerarsi come un soggetto in grado di alimentarne la formazione interna (sviluppatore di capitale umano). La comparazione di questo scenario descritto (qualifica, età, formazione) con quello delle performance conseguite dalle imprese evidenzia come il tessuto industriale che insiste sulla provincia di Savona si presenti particolarmente vitale e costituito da imprese in grado di agire anche proattivamente rispetto alle esigenze dell’ambiente competitivo in cui operano, ossia capaci di generare e mantenere al loro interno quei mix di competenze distintive indispensabili per competere a livello nazionale ed internazionale. 49 Figura 41. Distribuzione media dipendenti imprese e micro-imprese per titolo di studio Breakdown medio dipendenti per titolo di studio (1/1/07) Diploma 35% Media Inf. 57% Laurea 8% Breakdown medio dipendenti micro-imprese per titolo di studio (1/1/2007) Diploma 39% Medie Inf. 54% Laurea 7% Fonte: nostra elaborazione. La prevalenza di personale impiegato nelle attività operative giustifica la bassa percentuale di laureati (78%). Tuttavia, la diversa maggiore presenza degli stessi nelle imprese che operano nel settore dei servizi evidenzia che in ambito manifatturiero è più facile per le imprese far leva sull’apprendimento on the job e sul learning by doing, mentre nel mondo dei servizi una maggiore disponibilità di competenze e capacità specifiche rappresenta una sorta di pre-requisito che le imprese devono cercare sul mercato del lavoro. Quindi, se negli ambiti manifatturieri le imprese possono far leva sulle proprie “forze” per lo sviluppo delle competenze distintive, nell’ambito dei servizi la presenza di un tessuto scolastico ed universitario qualificato rafforza il potenziale aziendale di creazione e mantenimento di competenze. Tale esigenza si sente di più nelle micro-imprese, le quali tendono ad operare in nicchie e segmenti ad elevata specializzazione. 50 % media nr laureati/ nr non operai Figura 42. Peso percentuale di dipendenti laureati sul totale dei dipendenti non operai, dettagliato per tipo settore delle imprese. Peso Laureati su Non Operai per tipo settore 35% 30% 25% 20% 15% 10% 5% 0% 32% 22% servizi specialised suppliers (specializzato) 11% 11% supplier dominated (tradizionale) science based (high tech) (vuoto) Fonte: nostra elaborazione. Figura 43. Peso percentuale dipendenti laureati sul totale dei dipendenti non operai, dettagliato per classe dimensionale delle imprese. % media titolo/tot dipendenti Percentuale Laureati/Non operai per classe dimensionale 30,0% 28,0% 25,4% 25,0% 20,0% 15,1% 15,2% piccola media 15,0% 10,0% 5,0% 0,0% micro grande Fonte: nostra elaborazione. I dati sul turnover aziendale testimoniano un turnover molto basso, legato probabilmente alla stabilità delle relazioni che si creano all’interno delle imprese medio-piccole e micro-imprese. Tali relazioni, infatti, pur basandosi sull’idea dello “scambio” tra lavoratore e organizzazione dei molteplici aspetti che possono essere ricondotti ad un ideale “bilancio psicologico”, si arricchiscono di elementi di fiducia e relazioni interpersonali difficilmente riproducibili nelle grandi aziende o nelle loro ramificazioni locali. Inoltre, il basso turnover evidenzia che i lavoratori riescono a trovare nei rispettivi contesti aziendali soddisfazione ai loro bisogni di sviluppo professionale. Tale considerazione è un po’ stemperata nelle micro-imprese, in cui la ridotta dimensione limita spesso la possibilità di progressioni verso l’alto in termini di carriera ovvero la possibilità di arricchire in maniera significativa le proprie competenze individuali; la focalizzazione di nicchia prima citata, infatti, ha come effetto secondario anche una minore possibilità di arricchire, in senso orizzontale, il bagaglio individuale di competenze. 51 Figura 44. Distribuzione delle imprese e micro-imprese per classe di turnover medio (anni di permanenza media in azienda) dei dipendenti. Distribuzione imprese per Classe Turnover medio dipendenti <2,5 anni 2% 2,5-5 anni 18% >10 anni 43% 6-10 anni 37% Distribuzione micro-imprese per Classe Turnover medio dipendenti >10 anni 21% <2,5 anni 11% 2,5-5 anni 36% 6-10 anni 32% Fonte: nostra elaborazione. 52 Figura 45. Divisione media delle ore di formazione per area tematica, dati del 2006 riferiti alle imprese. Breakdown medio ore di formazione per area tematica (2006) Altro (es. IT, qualità, ecc.) 33% Form. TecnicoProfessionale 47% Form. Manageriale 19% Fonte: nostra elaborazione. Lo sviluppo interno delle competenze, come richiamato precedentemente, passa sicuramente attraverso processi di formazione basati su iniziative esplicite e strutturate (formazione ai dipendenti). La scomposizione qualitativa di tali attività evidenzia che, come era possibile prevedere, la maggior parte delle attività di formazione hanno natura tecnica. Tuttavia il 20% di formazione manageriale le imprese medio-piccole evidenzia una attenzione particolare ai temi gestionali; ciò testimonia come la ricerca di quelle competenze distintive in grado di creare valore in termini di capitale umano passi non solo attraverso lo sviluppo di competenze specialistiche ma volga anche verso la ricerca di quelle competenze organizzative (Lipparini, 2001) in grado di rendere difendibile il vantaggio competitivo acquisito. Analoghe considerazioni non trovano tuttavia pari enfasi nelle micro-imprese, in cui la funzione dirigenziale è maggiormente concentrata verso i vertici (proprietà) e in cui una consistente attività formativa investe sovente il recupero di competenze non sono qualificabili come distintive ma che, al contrario, riguardano il recupero di pre-requisiti necessari per competere; tra tutti, l’esempio delle competenze base di IT (office automation, interfacce di automazione industriale, CAD-CAM, Web, etc.) e l’adozione di sistemi gestionali legati al controllo e alla cultura della ‘qualità’. 53 Figura 46. Divisione media delle ore di formazione per area tematica, dati del 2006 riferiti alle micro-imprese. Breakdown medio ore di formazione per area tematica micro-imprese (2006) Altro (es. IT, qualità, ecc.) 19% Form. Manageriale 4% Form. TecnicoProfessionale 77% Fonte: nostra elaborazione. Figura 47. Dipendenti delle imprese che parlano almeno una lingua straniera. Percentuale Dipendenti che parlano una lingua straniera 11-20% 16% 0-10% 76% 21-50% 5% >50% 2% Fonte: nostra elaborazione. La non elevata diffusione della conoscenza delle lingue straniere rappresenta la situazione media delle imprese italiane. La situazione è sensibilmente diversa per le micro-imprese in cui probabilmente pesa maggiormente la componente a maggiore istruzione di base. La percentuale maggiore si riscontra nelle imprese di servizi. 54 Figura 48. Dipendenti micro-imprese che parlano almeno una lingua straniera. Percentuale dipendenti micro-imprese che parlano una lingua straniera >50% 7% 21-50% 14% 11-20% 17% 0-10% 62% Fonte: nostra elaborazione. Figura 49. Dipendenti che parlano almeno una lingua straniera per tipologia di settore di appartenenza delle imprese. % imprese tipo settore Percentuale dipendenti che parlano una lingua straniera per tipo settore 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% 83% 80% 64% 59% 0-10% 11-20% 20% science based (high tech) 17% 10% 14% servizi 24% 12% specialised suppliers (specializzato) 17% 21-50% >50% supplier dominated (tradizionale) Fonte: nostra elaborazione. 55 Figura 50. Peso percentuale dei dipendenti delle imprese che detengono competenze specifiche di difficile reperimento sul mercato del lavoro. Percentuale Dipendenti che detengono competenze specifiche difficilmente reperibili sul mercato del lavoro >50% 8% 21-50% 18% 0-10% 58% 11-20% 16% Fonte: nostra elaborazione. Di particolare interesse risultano essere le evidenze relative alla percezione che le imprese hanno rispetto alle competenze specifiche dei dipendenti che non possono essere facilmente reperite sul mercato del lavoro. Inquadrando tale fattore nell’ambito dell’analisi strategica basata sulle risorse e sulle competenze (resources-based view), la difficoltà di reperire competenze specifiche sul mercato del lavoro si identifica sicuramente come un fattore di vantaggio competitivo difendibile da parte delle imprese che le hanno a loro disposizione; tale condizione di idiosincraticità, infatti, limita la riproducibilità e l’imitabilità delle stesse da parte di altre imprese concorrenti. Tuttavia l’elevata specificità delle competenze dei singoli individui potrebbe condizionare negativamente la competitività aziendale sotto due profili. In primo luogo, in quanto potrebbe rendere indispensabile –o comunque molto significativa ai fini del business- la presenza di individui specifici; in secondo luogo, perché può limitare le opportunità di sviluppo delle imprese, che sarebbero legate all’acquisizione di capitale umano qualificato e di difficile reperibilità. La socializzazione delle conoscenze tacite, la predisposizione di efficaci routine organizzative e lo stimolo dei comportamenti di innovazione e cooperazione (in luogo dell’esclusiva focalizzazione sui comportamenti “produttivi” in senso stretto) potrebbero favorire lo sviluppo di quelle competenze organizzative in grado di alimentare i processi interni di creazione e sviluppo di quelle competenze, anche tecnico-specialistiche, di difficile reperimento esterno. Analoghe considerazioni possono essere svolte anche per le micro-imprese. 56 Figura 51. Peso percentuale dei dipendenti delle micro-imprese che detengono competenze specifiche di difficile reperimento sul mercato del lavoro. Percentuale Dipendenti micro-imprese con competenze specifiche difficilmente reperibili sul mercato del lavoro >50% 24% 0-10% 38% 21-50% 21% 11-20% 10% Fonte: nostra elaborazione. Tra le competenze organizzative, quelle relative alla gestione delle risorse umane presentano le evidenze più significative, con un certo bilanciamento tra Mbo e sistemi di incentivazione, sistemi di valutazione del potenziale e sistemi di valutazione delle prestazioni e di analisi dei comportamenti. Queste evidenze sono particolarmente significative, in quanto l’adozione di tali sistemi non si limita all’acquisizione di strumentazioni ma diffonde nei contesti organizzativi importanti elementi di cultura organizzativa, legata all’orientamento ai risultati ed alla consapevolezza della finalizzazione degli sforzi individuali; fattori che sono entrambi legati alla valorizzazione del capitale umano. Figura 52. Percentuale delle imprese che impiegano in modo strutturato sistemi di valutazione delle competenze, del potenziale e sistemi di incentivazione delle performance. Uso di sistemi di valutazione e incentivazione della performance (risposta multipla) 34% 34% % Sul totale Imprese 34% 34% 34% 33% 33% 33% 33% 33% Sistemi Valut. Potenz. Sistemi Valut. Comp. 33% 33% 32% MBO Fonte: nostra elaborazione. 57 Le evidenze sulla detenzione delle competenze specifiche, se lette congiuntamente a quelle sulla formazione per dipendente, evidenziamo che nei settori “tradizionali” lo sforzo che le imprese devono fare per recuperare competenze non disponibili in base alla formazione in ingresso dimostrata dai lavoratori è maggiore. 58 2.6 Processi aziendali Rispetto all’integrazione delle tecnologie IT a supporto delle attività aziendali, un dato interessante è legato alla diffusione delle tecnologie Internet-based all’interno delle aziende. Nonostante il dato assoluto non sembri particolarmente significativo, la considerazione della grande percentuale di personale impiegato con qualifiche da operaio rende l’evidenza sufficientemente robusta e consente di ipotizzare un adeguato grado di efficienza nei processi organizzativi in cui attività manuali/tradizionali vengono rimpiazzate da attività IT-supported. Figura 53. Percentuale dipendenti delle imprese e micro-imprese con accesso a Internet. Percentuale Dipendenti con accesso a Internet >70% 25% 31-70% 15% 0-30% 59% Percentuale dipendenti micro-imprese con accesso a Internet >70% 39% 0-30% 54% 31-70% 7% Fonte: nostra elaborazione. Le considerazioni svolte, che possono essere estese anche alle micro-imprese, sono avvalorate inoltre dalla distribuzione dei costi sostenuti per lo svolgimento dell’innovazione di processo. Il dato relativo alla spesa IT in termini assoluti (<1%) se da un lato evidenzia margini di miglioramento, dall’altro 59 rispecchia la media nazionale delle Pmi; quindi considerando la configurazione del campione osservato non va considerato come un outlier. La specificità settoriale di alcune realtà analizzate, inoltre, giustifica il ricorso a strumentazioni esplicite di Risk Management (10%). Interessanti, inoltre, sono le evidenze relative alla disponibilità di metodologie e strumenti di controllo della qualità. Coerentemente con quanto descritto nella parte relativa al capitale umano, anche la disponibilità di tali strumentazioni non ha un significato fine a se stesso (mera disponibilità) ma va letta alla luce della disponibilità e del potenziale sviluppo di qualificate competenze organizzative. E’ il caso, ad esempio, del “saper fare” di matrice organizzativa acquisibile attraverso l’utilizzo consapevole di sistemi IT, di sistemi di qualità e di strumenti e tecniche di risk management. Inoltre, se si considera l’intensità delle relazioni tra le imprese di maggiori dimensioni e quelle minori localizzate sullo stesso territorio, è facile intuire come la presenza di sedi locali di imprese di maggiori dimensioni (anche internazionali) che adottano sistemi avanzati (es. di qualità o risk management) possa favore degli effetti di spill-over a favore dell’assorbimento di tali competenze anche da parte delle realtà minori. Tabella 7. Imprese che adottano Certificazioni di qualità e sistemi di Risk Management. % sul totale imprese 74% 10% Numero Imprese 67 9 Certificazione di Qualità Sistema di Risk Management Operativo Fonte: nostra elaborazione. A riprova di tali considerazioni, l’analisi dei tassi di crescita del fatturato nel periodo 2004-2007, effettuata per confrontare le imprese dotate di sistemi di certificazione della qualità con quelle che non li hanno implementati, evidenzia una significativa differenza, con un tasso medio di crescita del 8,4% per le prime verso un tasso del -1% per le seconde. Figura 54. Numero medio Personal Computer/Totale numero dipendenti dettagliato per tipologia di settore di appartenenza delle imprese, dati al 1 gennaio 2007. % media nr PC/nr dip Media Nr PC/Nr Dip. per tipo settore (1/1/07) 70% 64% 60% 44% 50% 38% 40% 29% 30% 20% 10% 0% servizi specialised suppliers supplier dominated (specializzato) (tradizionale) science based (high tech) Fonte: nostra elaborazione. Considerano il numero di Personal Computer come un indicatore della dotazione di tecnologie IT si evidenzia come nel settore dei servizi e della manifattura specializzata sia maggiore il ricorso a queste dotazioni. Tale evidenza di per sé è abbastanza prevedibile, in quanto si tratta dei contesti aziendali a 60 maggiore intensità informativa (Porter e Millar, 1985), cioè quelli in cui l’informazione permea in maniera più diffusa tutta la catena del valore aziendale. Potrebbe stupire, invece, l’evidenza relativa alla maggiore dotazione per le micro-imprese; tuttavia, se si considera l’associazione micro-impresa-nicchia di attività già ipotizzata nell’analisi del capitale umano, nonché il fatto che le micro-imprese non operano in quei settori in cui il raggiungimento di una massa critica dimensionale non rappresenta un fattore critico per la competizione, l’evidenza rispecchia la situazione media italiana. Figura 55. Numero medio Personal Computer/Totale numero dipendenti dettagliato per classe dimensionale delle imprese, dati al 1 gennaio 2007. Media Nr PC/ Nr. Dip. per classe dimensionale (1/1/07) % media nr PC/nr dip 70% 67% 60% 48% 50% 40% 37% 39% piccola media 30% 20% 10% 0% micro grande Fonte: nostra elaborazione. Figura 56. Rapporto medio Spesa IT/Fatturato per tipologia di settore di appartenenza delle imprese, dati 2006. % media spesa IT/ Fatt (2006) Media Spesa IT/ Fatt. (2006) per tipo settore 2,50% 2,25% 2,00% 1,50% 1,00% 0,39% 0,50% 0,45% 0,27% 0,00% servizi specialised suppliers science based (high supplier dominated (specializzato) tech) (tradizionale) Fonte: nostra elaborazione. 61 Figura 57. Rapporto medio Spesa IT/Fatturato per classe dimensionale delle imprese, dati 2006. Media Spesa IT/Fatt. (2006) per classe dimensionale % imprese per classe dimensionale 2,50% 1,96% 2,00% 1,50% 1,00% 0,50% 0,39% 0,37% 0,35% grande piccola media 0,00% micro Fonte: nostra elaborazione. Figura 58. Distribuzione delle imprese per classe di percentuale di prodotti difettosi, dati 2006. Distribuzione imprese per classe % prodotti difettosi (2006) 2-5% 10% >5% 1% 0-1% 14% 0% 75% Fonte: nostra elaborazione. Sempre dal punto di vista dei processi organizzativi, il basso livello di difettosità dei prodotti evidenzia non solo la diffusione di sistemi di qualità ma anche, più significativamente, la presenza di competenze di gestione della qualità all’interno delle imprese. 62 2.7 Attività di Innovazione e Ricerca Una delle componenti più importanti del capitale intangibile di un’impresa è data dalle attività di innovazione e ricerca. Misurare questa dimensione è particolarmente complesso, soprattutto per le piccole e medie imprese italiane, che non sono solite brevettare le proprie innovazioni o coprirle da rischi di imitazione con diritti di proprietà diversi. Nel tentativo, quindi, di dare un giudizio di merito a questa dimensione, si rischia facilmente di sottostimare in quanto gli indicatori di performance sono di difficile reperimento, a meno di un’analisi molto approfondita per singola impresa. Per cercare di offrire uno spaccato sufficientemente esplicativo delle attività di innovazione e ricerca delle imprese del territorio, si è fatto ricorso in questa sede alle seguenti variabili: q classe media di spese annuali in R&D; q numero medio annuale nuovi prodotti sviluppati nel periodo 2004-2006; q analisi degli accordi per lo sviluppo di nuovi prodotti; q numero brevetti o altri diritti di proprietà; q presenza di una unità organizzativa dedicata all’attività di ricerca e sviluppo; q numero medio addetti dedicati all’attività di ricerca e sviluppo. Il 32% delle imprese analizzate ha dichiarato di effettuare investimenti in ricerca e sviluppo. Di queste, solo il 7,5% investe annualmente più di 2,5 Milioni di Euro. L’entità dell’investimento appare naturalmente correlata alla dimensione dell’impresa. Figura 59. Distribuzione delle imprese per classe di spesa annuale in Ricerca e Sviluppo (ultimo anno disponibile). Distribuzione imprese per classe spesa annuale R&D >€2,5Mln 7% €500k-€2,5Mln 14% €250k-€500k 14% fino a €250k 64% Fonte: nostra elaborazione. 63 Solo il 13% circa delle micro-imprese investe in ricerca e sviluppo. Di queste, il 75% investe un importo inferiore ai 250mila Euro. Figura 60. Distribuzione delle micro-imprese per classe di spesa annuale in Ricerca e Sviluppo (ultimo anno disponibile). Distribuzione micro-imprese per Classe di spesa R&D annuale (2006) fino a €250k 75% €500k-€2,5Mln 25% Fonte: nostra elaborazione. Le imprese che sviluppano nuovi prodotti, hanno sperimentato una leggera crescita nel numero dei prodotti sviluppati nel periodo 2004-2006 (+0,2%). Le media annuale di nuovi prodotti è di circa 6. Figura 61. Trend nuovi prodotti sviluppati dalle imprese nel periodo 2004-2006. Numero medio nuovi prodotti (04-06) Numero medio nuovi pdt 6,8 6,6 6,5 6,6 6,4 CAGR (04-06)= +0,2% 6,2 5,9 6,0 5,8 5,6 5,4 Nr nuovi pdt 04 Nr nuovi pdt 05 Nr nuovi pdt 06 Fonte: nostra elaborazione. 64 Situazione diversa per le micro-imprese, che hanno sperimentato negli ultimi tre anni una crescita del 10% di nuovi prodotti realizzati annualmente. Le micro-imprese del territorio sembrano pertanto particolarmente innovative, con quasi 8 nuovi prodotti mediamente sviluppati nel 2006. Figura 62. Trend nuovi prodotti sviluppati dalle micro-imprese nel periodo 2004-2006. Numero medio nuovi prodotti micro-imprese (04-06) Numero medio nuovi pdt 9,00 7,71 8,00 7,00 7,00 CAGR (04-06)= +10% 6,43 6,00 5,00 4,00 3,00 2,00 1,00 Nr nuovi pdt 04 Nr nuovi pdt 05 Nr nuovi pdt 06 Fonte: nostra elaborazione. Il 13% circa delle imprese detiene brevetti, un numero medio pari a 24 (la media, così alta, si giustifica per la presenza nel campione di alcune grandi imprese con un numero particolarmente alto di brevetti). Analogamente, il 24% circa delle imprese tutela le proprie innovazioni con altre tipologie di diritti di proprietà intellettuale (es. marchi, copyright, diritti d’autore, ecc.), per un numero medio di 7,4 diritti per impresa. Valgono qui le stesse considerazioni per il numero di brevetti. Mediamente, le imprese finanziano oltre il 50% dell’investimento in ricerca con risorse interne. Non così le micro-imprese, che si limitano al 10% circa dell’investimento, reperendo altre finanze da banche o tramite accordi di collaborazione. 65 Figura 63. Tipologia dei partner per lo sviluppo dei nuovi prodotti. Partner per sviluppo nuovi prodotti 9% 7% 5% 4% 2% Altro (progetti EU) 1% CR pubbl. CR priv. Controll./colleg. Clienti Università 1% Fornitori % Sul totale Imprese (risposta multipla) 10% 9% 8% 7% 6% 5% 4% 3% 2% 1% 0% Fonte: nostra elaborazione. Il 20% circa delle imprese ha realizzato accordi di collaborazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, prevalentemente con fornitori (9% dei casi) e clienti (7%). Solo nel 5% dei casi si è fatto ricorso ad accordi con università e irrilevanti sono i casi di accordi con centri di ricerca pubblici o privati (Figura 63). Le imprese che sviluppano più accordi appartengono ai settori specializzati (Figura 64) e sono prevalentemente grandi imprese. Figura 64. Tipologia settori di appartenenza delle imprese che hanno accordi per sviluppare nuovi prodotti. % imprese per tipo settore Imprese con accordi per sviluppo nuovi pdt per tipo settore 18% 16% 14% 12% 10% 8% 6% 4% 2% 0% 16% 11% 3% specialised suppliers (specializzato) supplier dominated (tradizionale) servizi Fonte: nostra elaborazione. Il 21% delle imprese del campione ha nella propria struttura organizzativa una unità interamente dedicata all’attività di ricerca e sviluppo, composta mediamente da 5 addetti. Di queste imprese, il 40% appartiene ai settori specializzati e il 20% ai settori high tech. Solo il 10% appartiene ai settori tradizionali e solo il 7% al settore dei servizi. 66 Figura 65. Tipologia settori di appartenenza delle imprese con personale dedicato alla ricerca e sviluppo. % imprese per tipo settore Imprese con personale dedicato R&D per tipo settore 45% 40% 35% 30% 25% 20% 15% 10% 5% 0% 40% 20% 10% 7% specialised suppliers science based (high supplier dominated (specializzato) tech) (tradizionale) servizi Fonte: nostra elaborazione. Il 60% delle imprese con strutture dedicate alla ricerca, sono grandi imprese, il 32% medie e solo il 16% piccole. Figura 66. Classe dimensionale delle imprese con personale dedicato alla ricerca e sviluppo. Imprese con personale dedicato R&D per classe dimensionale % imprese per classe dimensionale 70% 60% 60% 50% 40% 32% 30% 20% 13% 10% 0% grande media piccola Fonte: nostra elaborazione. Per cercare una conferma all’ipotesi che l’attività di innovazione ha un impatto sulle performance economico-finanziarie, sono stati confrontati i tassi di crescita medi del fatturato nel periodo 2004-2007 per le imprese che investono in ricerca e sviluppo, anche con personale dedicato, e quelle che non lo fanno. 67 I risultati sono evidenziati nella tabella seguente. Tabella 8. Confronto tassi di crescita del fatturato (2004-2007) in base all’attività di ricerca e sviluppo. Imprese che investono in R&D Imprese che non investono in R&D Imprese con Personale dedicato R&D Imprese senza Personale dedicato R&D Nr imprese 29 66 19 72 CAGR Fatturato 2004-2007 9% 9% 12% 8% Fonte: Nostra elaborazione su dati del campione Il dato appare abbastanza coerente con quanto emerge dalla letteratura prevalente e da altre ricerche empiriche e sottolinea, soprattutto per quanto riguarda la presenza di personale dedicato alla ricerca e sviluppo, la correlazione tra l’impegno in attività di innovazione e ricerca e le performance economicofinanziarie. 68 2.8 Quadro sintetico e prospettico Uno degli obiettivi del presente lavoro è fornire una prospettiva dinamica al quadro sinora effettuato sul capitale intangibile delle imprese analizzate. Ancora una volta, si farà ricorso allo strumento dello Skandia Navigator per descrivere le interazioni tra le componenti del capitale intangibile ai fini di evidenziare alcune indicazioni di orientamento strategico. La figura seguente evidenzia i valori medi dei principali indicatori usati per la misurazione delle risorse intangibili, divisi per categoria di risorsa in base allo schema già noto. A queste indicazioni, sono aggiunte le valutazioni sintetiche di intensità e direzione delle correlazioni tra le diverse variabili. Figura 67. L’interazione tra le componenti del capitale intangibile per le imprese del campione Focus sulle relazioni Focus Capitale Umano + Focus sui processi + Focus Innovazione e Sviluppo DOMANI • Nr brevetti = 15,65 • Spesa media R&D/Fatt 06 = 2% • Nr addetti R&D = 5,36 • Nr nuovi prodotti 06 = 6,94 • Mesi medi sviluppo pdt = 8,17 Focus finanziario OGGI CAPITALE INTELLETTUALE • Spese IT/Fatt 06 = 1% • Nr PC/ Nr dipend. 06 = 45% • CAGR Fatt. (04-07)=8% • CAGR RO (04-07)=14% IERI • Accordi con clienti (% imprese)=69% • Accordi con fornitori (% imprese)=61% • Accordi con concorrenti (% imprese)= 8% • Altre forme di accordo (% imprese)= 2% • Accordi di l/t (% imprese no micro)=8% • Nr Laureati/Nr Non Operai = 14% • Ore Formazione per dip. = 6 • % dip. con comp. spec.= 21% • MBO (% imprese) = 26% • Valutazione comp. (% imprese) = 25% • Valutazione potenz.(% imprese) = 25% Fonte: Nostra elaborazione su dati del campione L’analisi stimola interessanti riflessioni sulla situazione attuale e futura delle imprese del territorio. In primo luogo, in termini medi e generici, è possibile rilevare che le imprese, in misura differente rispetto alle diverse tipologie di capitale intangibile, mostrano segnali di una gestione consapevole di tali risorse. In particolare, per quanto attiene la gestione del capitale umano, considerata anche la composizione media del campione caratterizzato prevalentemente da piccole e micro-imprese, si sottolinea che mediamente circa un quarto delle imprese fa uso di strumenti strutturati di gestione delle risorse umane (Mbo, valutazione del potenziale e delle competenze). Il numero dei laureati non è particolarmente elevato, ma si evidenzia l’importante risultato del 21% di dipendenti detenenti competenze specifiche di difficile reperimento sul mercato del lavoro. Mentre sul fronte del capitale relazionale, i risultati medi non sembrano particolarmente significativi sul fronte dell’innovazione e 69 ricerca si rileva una certa dinamicità, in particolare per quanto riguarda lo sviluppo di nuovi prodotti, il numero medio di addetti all’attività di ricerca e la percentuale media di spesa per la ricerca sul fatturato. Il focus sui processi appare in linea con le evidenze di altre ricerche empiriche29, anche se è importante il risultato sull’adozione di sistemi di certificazione della qualità. Analizzando lo schema dal punto di vista delle correlazioni tra le diverse componenti del capitale intangibile, individuate attraverso il calcolo dell’indice di correlazione tra le singole variabili descrittive, e qui indicate con una valutazione sintetica complessiva delle connessioni tra i diversi gruppi di variabili, si evidenziano le seguenti correlazioni significative30: 1. Innovazione e sviluppo ↔ processi 2. Innovazione e sviluppo ↔ capitale umano Queste relazioni confermano da un lato ciò che numerose ricerche empiriche hanno provato in altri contesti, ovvero l’interconnessione esistente tra le diverse componenti del capitale intangibile, mostrando dall’altro una situazione in cui il capitale di innovazione e sviluppo appare centrale nella gestione competitiva dell’impresa. Seguendo l’impostazione dello Skandia Navigator, che pone il capitale di innovazione e sviluppo quale base per costruire il futuro e trasformare nel tempo le risorse intangibili in risultati economico-finanziari, e considerando che esso appare nel contesto delle imprese del campione correlato significativamente con il capitale umano e i processi (che nel modello rappresentano il presente), si può ipotizzare con le dovute cautele del caso che le imprese del campione si collochino in una buona situazione prospettica. Seppure, infatti, i valori medi non risultino particolarmente elevati in ciascuna dimensione, fatta eccezione per quelle sopra indicate, sembra che sussistano i presupposti per uno sviluppo futuro delle dimensioni intangibili e una maggiore consapevolezza della loro gestione per convertire il capitale intangibile in prodotti e servizi di successo. Lo schema concettuale da cui la ricerca ha preso piede presupponeva la natura di sistema delle relazioni che insistono tra capitale relazionale, innovazione e sviluppo, processi (organizzativi) e performance economico-finanziarie; in tale sistema il capitale umano, vero focus dell’indagine è stato concettualizzato come il fulcro, il “motore”, dello sviluppo della sostenibilità del vantaggio competitivo aziendale. Tuttavia, essendo il vero humus attraverso cui gli obiettivi si trasformano in risultati, il bagaglio di capitale umano aziendale risente anche delle innovazioni e degli investimenti che l’azienda compie in termini tecnologici, infrastrutturali, relazionali e di process innovation. Dal punto di vista della metodologia utilizzata, queste relazioni reciproche sono state scomposte in relazioni bidirezionali reciproche di mutua influenza. L’analisi delle correlazioni tra le diverse categorie di variabili sottoposte ad indagine mediante il campione ha evidenziato tuttavia che il vero impulso verso la competitività aziendale non risiede nella mera disponibilità di capitale umano qualificato, ma piuttosto sul potenziale di innovazione e sviluppo che l’azienda riesce a sviluppare. Tale evidenza porta a diverse considerazioni. In primo luogo, la correlazione positiva tra innovazione e sviluppo e capitale umano evidenzia come il capitale umano riesce ad essere “percepito” in termini di risultati aziendali solo laddove questo riesca a contribuire ad una significativa attività di innovazione aziendale. In assenza di questo fondamentale passaggio, le imprese si trovano ad avere un enorme potenziale inespresso. Analoga considerazione vale per le modifiche che interessano i processi organizzativi. Investimenti in IT, sistemi di qualità e risk management, infatti, di per sé non contribuiscono al raggiungimento dei risultati aziendali se non innescano, all'interno dei contesti organizzativi, quelle innovazioni in grado di rendere più efficienti e più efficaci le attività svolte. E' ovvio parimenti che superando la tradizionale 29 Tra cui si evidenzia la ricerca sulla valutazione delle dotazioni IT delle imprese del territorio di Savona, a cura di Unione Industriali della provincia di Savona. 30 Si ritiene significativo statisticamente un indice di correlazione che supera o eguaglia il valore di 0,75. 70 dicotomia tecnologie-organizzazione, tali innovazioni organizzative risultano possibili se e solo se si accompagnano allo sviluppo di significative competenze organizzative all'interno delle imprese. Infine, l'area del capitale relazionale è risultata quella meno convincente rispetto alle innovazioni aziendali e allo sviluppo del capitale umano. Se da un lato ciò può essere spiegato alla poco esplicitabile “percezione” che le imprese hanno di questi fattori (relazioni stabili, contratti, elementi fiduciari, coevoluzione, etc.) dall'altro, gli organismi associativi (quali l'Unione Industriale) posso rappresentare un efficace veicolo per la promozione e lo sviluppo di quel tessuto relazionale in grado di incrementare ulteriormente le performance delle singole imprese, la fertilizzazione incrociata dei patrimoni di competenze disponibili (capitale umano aziendale), nonché la crescita dell'intero sistema imprenditoriale territoriale. 71 2.9 Raggruppamenti di imprese in base alla sensibilità al capitale intangibile La parte finale dell’analisi ha riguardato il tentativo di effettuare dei raggruppamenti di imprese omogenee per comportamenti rispetto alle principali dimensioni del capitale intangibile. Lo scopo dell’analisi è quello di individuare e descrivere le diverse tipologie di imprese per poter definire politiche di sostegno e sviluppo della competitività mirate per diversa tipologia di impresa. La metodologia analitica adottata per effettuare i raggruppamenti è denominata cluster analysis o analisi dei raggruppamenti. Lo scopo di tale analisi è quello di classificare casi sui quali sono state misurate differenti variabili in un numero inferiore e relativamente contenuto di classi, dette appunto cluster o gruppi. I gruppi non sono determinati a priori. I casi vengono assegnati ai gruppi in modo tale che i casi al loro interno siano caratterizzati da un elevato grado di similarità, mentre i cluster devono essere relativamente distinti l’uno dall’altro. Seguendo tale impostazione, le imprese del campione sono state classificate in base alla performance espressa rispetto alle seguenti variabili: Capitale Relazionale 1. Indice di presenza accordi con Clienti, Fornitori, Concorrenti (Indice accordi) Capitale Umano 1. Numero di laureati/Numero di dipendenti non operai (NRLAU/NNOP) 2. Ore di formazione per dipendente (HRFORMDIP) 3. Numero di dipendenti con competenze specifiche non facilmente reperibili sul mercato del lavoro/Numero totale di dipendenti (PERCCOMPSPEC) Processi aziendali 1. Spese annuali in IT/Fatturato (PERCITFAT) Innovazione e Ricerca 1. Spese annuali in ricerca e sviluppo (SPESERD) 2. Numero addetti dedicati all’attività di ricerca e sviluppo (NRADDRD) 3. Numero brevetti (NRBREV) Seguendo il metodo di classificazione non gerarchico, che parte da una matrice “casi x variabili”, sono stati individuati tre principali raggruppamenti, caratterizzati dai centroidi descritti nella seguente tabella. 72 Tabella 9. Centroidi dei tre raggruppamenti al termine della cluster analysis. Gruppi 1 2 3 NRLAU/NNOP 17% 25% HRFORMDIP 28,12 12,40 3,53 42% 21% 18% PERCCOMPSPEC PERCITFAT INDICE ACCORDI SPESERD NRADDRD NRBREV 13% 2% 1% 1% 1053% 421% 121% 75,00 1785,71 57,69 ,10 14,29 ,32 15,40 6,71 1,08 Fonte: nostra elaborazione. La significatività dei risultati viene confermata dai valori del test F nella tabella dell’ANOVA31. Tabella 10. Tabella ANOVA Cluster Mean Square Error df Mean Square F df Sig. NRLAU/NNOP 544,775 2 434,029 118 1,255 ,289 HRFORMDIP 2906,566 2 42,983 118 67,622 ,000 PERCCOMPSPEC 2462,193 2 466,630 118 5,277 ,006 3,264 2 7,552 118 ,432 ,650 INDICE ACCORDI 4122941,261 2 40587,288 118 101,582 ,000 SPESERD 9830666,209 2 24586,166 118 399,845 ,000 NRADDRD 645,373 2 16,736 118 38,562 ,000 NRBREV 999,063 2 265,078 118 3,769 ,026 PERCITFAT Fonte: nostra elaborazione. I centroidi sono quei valori delle variabili che realizzano la condizione per la quale le distanze tra gli oggetti all’interno dei cluster debbano essere minori delle distanze tra i centroidi dei diversi cluster. I centroidi risultanti al termine delle iterazioni di calcolo della cluster analysis rappresentano anche un modo per profilare i raggruppamenti, essendo considerabili come il caso medio rappresentativo del gruppo. L’analisi dei centroidi che descrivono ogni gruppo consente pertanto di individuare un profilo comportamentale delle imprese appartenenti al gruppo, dal punto di vista della sensibilità al tema della gestione del capitale intangibile. Di seguito, sono analizzati, qualitativamente, i risultati dei gruppi di variabili che descrivono le singole dimensioni del capitale intangibile e della performance economicofinanziaria. La valutazione delle prestazioni è da intendersi relativa esclusivamente alle imprese del campione. Ciò implica che un’impresa presenta basse prestazioni rispetto alle altre imprese del campione, ma non necessariamente in termini assoluti. 31 Il test F è una estensione del t test per due campioni e si utilizza quando si vogliono confrontare le medie di più di due gruppi sotto la stessa ipotesi nulla e con lo stesso livello di significatività. Se il valore di F rilevato nel calcolo è maggiore di quello corrispondente al livello che interessa (0,05 e 0,01), la statistica è significativa. 73 Tabella 11. Valutazione performance dei gruppi rispetto alle dimensioni del capitale intangibile Gruppi Capitale Umano 1 2 3 Alto Medio Basso NRLAU/NNOP 17% 25% 13% HRFORMDIP 28,12 12,40 3,53 42% 21% 18% PERCCOMPSPEC Processi Alto PERCITFAT Medio 2% Capitale relazionale indice accordi Innovazione e ricerca Alto 1% Medio Medio 1% Basso 1053% 421% Medio Alto Basso 75,00 1785,71 57,69 ,10 14,29 ,32 15,40 6,71 1,08 SPESERD NRADDRD NRBREV 121% Fonte: nostra elaborazione. L’analisi dei centroidi evidenzia tre profili comportamentali ben distinti: il primo gruppo presenta ottime performance in termini di impegno sul fronte del capitale intangibile; il secondo gruppo, a sua volta, presenta buone performance su tutte le dimensioni del capitale intangibile, con ottime prestazioni per le attività di innovazione e ricerca; il terzo e ultimo gruppo presenta basse prestazioni su quasi tutte le dimensioni analizzate. Il gruppo 1 sarà quindi definito come quello di “imprese con elevata sensibilità al capitale intangibile”; il gruppo 2 include le “imprese con media sensibilità al capitale intangibile”; il gruppo 3 comprende infine le “imprese con bassa sensibilità al capitale intangibile”. Per quanto attiene la numerosità dei raggruppamenti, sono stati evidenziati i seguenti risultati: Tabella 12. Numero di casi presenti in ciascun gruppo Cluster 1 10,000 2 7,000 3 104,000 Valid Missing 121,000 ,000 Fonte: nostra elaborazione. Il gruppo di imprese con elevata sensibilità al capitale intangibile contiene 10 casi, i gruppi di imprese con media sensibilità ne include 7, mentre il gruppo di imprese con bassa sensibilità al capitale intangibile è di gran lunga il più numeroso, con 104 casi. Normalmente, quando si effettua una cluster analysis e il dimensionamento dei raggruppamenti è particolarmente sbilanciato, si tende ad assumere che le variabili utilizzate non siano le più significative per differenziare le imprese. L’obiettivo della ricerca, tuttavia, non è quello di delineare i raggruppamenti strategici delle imprese, che richiedono l’impiego di un set più ampio di variabili, ma è invece quello di segmentare il campione rispetto all’intensità di gestione delle proprie risorse intangibili. Ai fini della ricerca, sono quindi rilevanti le variabili utilizzate e non altre. Al contrario, il risultato del dimensionamento appare molto significativo, perché evidenzia che una certa, e ampia, categoria di 74 imprese non ha ancora percepito chiaramente il potenziale della gestione strategica delle proprie risorse intangibili. Questo tema può essere meglio chiarito studiando i profili delle imprese dei raggruppamenti. A tal fine, le imprese dei gruppi sono state profilate rispetto alle seguenti variabili descrittive: 1. settore di appartenenza; 2. classe dimensionale. I grafici seguenti illustrano la composizione dei raggruppamenti in merito a suddette variabili. Il primo raggruppamento, caratterizzato da elevata sensibilità al capitale intangibile, è costituito prevalentemente da imprese del settore specializzato o dei servizi, per lo più di media o piccola dimensione. Il secondo raggruppamento, media sensibilità al capitale intangibile, è invece composto per quasi il 60% da imprese dei settori specializzati, di grandi dimensioni. Infine, il raggruppamento delle imprese con bassa sensibilità al capitale intangibile, è costituito prevalentemente da imprese di piccole dimensioni e appartenenti ai settori tradizionali. Tabella 13. Composizione dei raggruppamenti per tipologia settore e classe dimensionale delle imprese Composizione gruppi in base alla tipologia di settore delle imprese 100% Tradizionale 20,0% Peso perc. tipo settore 90% 80% 70% Tradizionale 42,9% Specializzato 40,0% 60% Tradizionale 53,9% 50% 40% 30% Servizi 40,0% 20% Specializzato 57,1% 10% Specializzato 16,7% Servizi 24,5% High Tech 5,1% 0% Alta Sensibilità al CI Media Sensibilità al CI Bassa Sensibilità al CI Raggruppamenti Composizione gruppi in base alla classe dimensionale delle imprese 100% Peso perc. tipo settore 90% 80% Piccola 30% Piccola 14% Micro 14% Micro 20% Media; 29% 70% 60% Piccola 55% 50% 40% 30% Media 40% 20% 10% 0% Micro 26% Grande; 43% Media 18% Grande; 10% Alta Sensibilità al CI Grande 1% Media Sensibilità al CI Bassa Sensibilità al CI Raggruppamenti Fonte: nostra elaborazione. 75 Il quadro emergente dalla cluster analysis appare sufficientemente verosimile e offre un buon numero di spunti per la formulazione di politiche formative o di sostegno mirate. A completamento dell’analisi, è fornito in allegato l’elenco delle imprese appartenenti a ciascun raggruppamento. 76 2.10 Considerazioni conclusive Il lavoro qui presentato mostra come la valutazione del capitale intangibile possa rappresentare anche una occasione di riflessione su quali siano i veri driver del vantaggio competitivo sostenibile per le imprese. A tal fine, il campione delle imprese del territorio di Savona che hanno collaborato all’indagine grazie alla costante azione propulsiva dell’Associazione Industriali ha costituito un’importante punto di osservazione privilegiato su uno spaccato, seppur con caratteristiche peculiari, del tessuto industriale italiano, con particolare riguardo alle realtà di dimensioni minori. Il fil rouge che lega queste considerazioni di sintesi può essere rinvenuto nella considerazione che sempre di più il successo dell’impresa che opera nello scenario competitivo attuale, sempre più globalizzato e sempre più esigente in termini di specializzazione ed innovazione, è da ricondursi non solo ai propri fattori critici di successo specifici (innovazione, accesso a risorse low cost, specializzazione, expertise, etc.) ma anche al tessuto relazionale e “infrastrutturale” in cui questa è inserita. Questa considerazione può essere esplicitata, alla luce delle evidenze riscontrate, su tre versanti distinti ma inevitabilmente interrelati: la considerazione strategica delle risorse intangibili, la connotazione delle imprese come soggetti in grado di creare valore sociale, la risorsa-conoscenza come volano di sviluppo territoriale. In prima battuta, l’indagine conferma la limitata capacità rappresentativa degli strumenti contabili tradizionali nel delineare non solo il valore presente, ma soprattutto quello potenziale, degli asset intangibili. Tra questi, il capitale umano esprime, se si osservano i dati di performance aziendale registrati negli anni, un fattore critico di successo di indiscusso valore: la competizione nazionale ed internazionale continua a vincersi attraverso la valorizzazione delle competenze degli individui. Ecco allora che il concetto di capitale umano si allontana in maniera marcata dalla semplice “dotazione organica” spostandosi via via verso l’idea di “patrimonio di competenze”, tecniche e gestionali. La dinamicità dei contesti competitivi, tuttavia, impone sempre più alle imprese l’attivazione di meccanismi espliciti (formazione, addestramento) ed impliciti (affiancamento, tutorship, mentorship, learning by interacting) per la diffusione della conoscenza e lo sviluppo di competenze innovative all’interno delle imprese. In sintesi è possibile affermare che anche se ad oggi le strumentazioni contabili non sono ancora in grado di rappresentare compiutamente il valore del capitale umano, un inquadramento sistemico dei fattori che lo alimentano (composizione dell’organico, formazione, co-evoluzione con clienti e fornitori) è in grado di mettere le imprese nelle condizioni di apprezzarne il potenziale competitivo prospettico. In secondo luogo, si evince l’evidenza per cui le imprese, analizzate nella prospettiva degli intangibles, non si configurano più solo come enti “utilizzatori” di risorse ma anche, e sempre di più, come creatori di risorse distintive. L’impresa assume, sia come singola sia come “sistema industriale” in cui è inserita un valore che eccede quello di mercato e che impatta in maniera significativa sul tessuto socioeconomico in cui è inserita. Tale constatazione sembra avvalorare i dettami dell’approccio neoistituzionalista allo studio delle organizzazioni (Di Maggio, Powell, 1991) per cui le organizzazioni sopravvivono nell’ambito degli ambienti (sociali) in cui sono inserite in quanto riescono a legittimarsi presso la collettività di riferimento. Tra gli aspetti più intangibili, ma non per questo meno pregnanti, dei risultati dell’indagine, emerge il ruolo delle imprese come soggetti di creatori e diffusori di conoscenze e competenze attraverso diversi meccanismi: la formazione on the job dei dipendenti, l’interazione nella filiera del valore con clienti e fornitori, lo stimolo all’innovazione continua, la creazione di una domanda di lavoro sempre più qualificata che impatta sul territorio. Da una rilettura critica delle evidenze, tuttavia, sembrerebbe che una maggiore legittimazione da parte del tessuto socioeconomico ed istituzionale del ruolo delle imprese come creatrici di valore sociale, oltre che economico, potrebbe generare delle ulteriori esternalità di cui le imprese potrebbero beneficiare. In particolare, il riconoscimento delle imprese come soggetti in grado di creare valore sociale potrebbe innescare un fruttuoso dialogo con le Istituzioni e con gli enti di formazione (scuole, università, centri di ricerca) che potrebbe ulteriormente accrescere la base di competenze di cui le imprese dispongono e su cui posso intervenire (in senso migliorativo) attraverso le dinamiche interne di sviluppo di competenze. 77 La connotazione delle imprese come “valore” per la collettività conduce ad una ulteriore considerazione. Se è vero infatti che le imprese possono essere considerate come condensatori di conoscenze e competenze e che attraverso le loro relazioni possono contribuire ad una sorta di “fertilizzazione incrociata” di tali risorse cognitive, da un lato, le evidenze mostrano che ad oggi pur intrattenendo numerose relazioni di business, le imprese non riescono sempre ad esplicitarle o a trarne consapevolmente beneficio. Questa limitazione è legata al fatto che i rapporti tra imprese vengono tuttora visti con mero riferimento all’aspetto informativo (scambio di dati a supporto di decisioni) o transazionale (scambio di beni e servizi). Se tali rapporti vengono invece analizzati con la chiave di lettura “cognitiva”, ossia enucleandone i flussi di conoscenza e il portato di competenze incorporato (embedded) nei prodotti (materie prime, semi-lavorati, componenti accessori) e nei servizi, se ne coglierebbe molto meglio il valore in termini di vantaggio competitivo. In tal senso, il capitale relazionale, che dalle evidenze dell’indagine sembra essere un pò sottodimensionato rispetto alle aspettative, potrebbe essere ulteriormente valorizzato, esplicitato e “sfruttato” dalle imprese per la creazione di valore. L’aspetto speculare a questa considerazione legata alle evidenze dell’indagine è che le dimensioni cognitive dei sistemi aziendali (imprese), rinvenibili non solo in conoscenze e competenze, ma anche in expertise e routine interorganizzative, rappresentano il vero motore di sviluppo del territorio, inteso come collettività istituzionale, sociale ed imprenditoriale. Pur nelle sue diverse forme (tacita, esplicita, superficiale, profonda) la conoscenza, infatti, riesce ad essere trasferita ed alimentata a costi nulli per le organizzazioni, che in ogni caso la incorporano in prodotti, servizi e routine interne. L’adozione di un approccio maggiormente incline alla cooperazione ed alla condivisione, che potrebbe trovare nelle sedi associative un importante momento di catalizzazione, farebbe in modo che questi patrimoni conoscitivi aziendali si diffondano a livello territoriale. 78 Allegato A: Il questionario Il questionario è diviso nelle seguenti sezioni: Anagrafica impresa (da compilare sulla base dei dati dell’Unione Industriali Savona); A. Profilo del gruppo di controllo; B. Dati economico-finanziari (alcuni dati da reperire dalla ricerca partner Torino); C. Capitale relazionale; D. Capitale umano (alcuni dati da reperire dalle Banche Dati dell’Unione industriali Savona); E. Processi (alcuni dati da reperire dalla ricerca “Progetto- in- Tech”); F. Ricerca e innovazione. Di seguito sono riportate le due versioni del questionario: q versione estesa, per tutte le imprese ad esclusione delle micro-imprese q versione per le micro-imprese Le parti del questionario riportate in grigio sono quelle riempite con dati già in possesso dell’Unione Industriali per precedenti ricerche o rilevazioni statistiche effettuate. 79 Versione estesa [tutte le imprese con più di 10 dipendenti] N.B. In grigio le domande compilate con dati già raccolti da Unione Industriali Savona. ANAGRAFICA IMPRESA Ragione sociale:______________________________________________________________ Indirizzo:____________________ CAP:__________________ Comune:_______________ UNITÀ32:____________________ Nr. Telefono: ___________ Nr. Fax:_______________ P.IVA.:______________________ C.F.:__________________ _ Indirizzo posta elettronica:_____________________________________________________ Sito Internet aziendale:________________________________________________________ SEZIONE A. PROFILO DEL GRUPPO DI CONTROLLO Questa sezione riguarda le caratteristiche del gruppo di controllo dell’impresa. A.1) Numero di proprietari con quota di proprietà superiore al 20% (incluse imprese ed istituzioni finanziarie): A.2) Ci sono istituzioni finanziarie tra i proprietari? sì no A.3) Ci sono imprese tra i proprietari? sì no A.4) Ci sono proprietari direttamente coinvolti nella gestione? sì no 32 Sede, stabilimento o altro 80 A.5) Se si è risposto “SI” alla domanda A.4, indicare il numero dei proprietari coinvolti nella gestione per ognuno dei seguenti livelli di istruzione: 1. Formazione post-laurea (master o dottorato di ricerca) 2. Laurea 3. Diploma 4. Medie inferiori A.6) Se si è risposto “SI” alla domanda A.4, indicare il numero dei proprietari coinvolti nella gestione per ognuno dei seguenti ambiti di formazione: Discipline tecniche: 1. Periti elettrici, elettronici, industriali 2. Ingegneri 3. Informatici 4. Fisici Discipline gestionali: 5. Periti commerciali 6. Economia/Commercio 7. Altro 81 SEZIONE B. DATI ECONOMICO-FINANZIARI Questa sezione raccoglie alcuni indicatori relativi alla performance economico-finanziaria dell’impresa. Ove il compilatore non disponga di dati precisi per rispondere alle domande, si prega di voler rispondere per approssimazione, se si ritiene che questa rappresenti comunque una misura affidabile del dato reale. B.1) Indicare il Fatturato dell’impresa nel 2006 (o ultimo anno disponibile): B.2) Indicare il numero dei dipendenti dell’impresa al 1/1/2007 (o ultimo anno disponibile): B.3) Indicare il tasso di crescita media del fatturato negli ultimi 3 anni (1/1/2004-31/12/2006): B.4) Indicare se negli ultimi tre anni (1/2004-31/12/2006) la quota di mercato dell’impresa è: decresciuta del: 0-5% 6-10% >10% rimasta stabile cresciuta del: 0-5% 6-10% >10% B.5) Indicare il Reddito Operativo dell’impresa (RO) nel 2006 (o ultimo anno disponibile): Con il termine “Reddito Operativo dell’impresa (RO)” si intende il margine che esprime la redditività dell’attività caratteristica dell’impresa, lordo degli oneri finanziari, del saldo dell’attività extra caratteristica e delle tasse. Euro 82 SEZIONE C. CAPITALE RELAZIONE Questa sezione riguarda le relazioni dell’impresa con soggetti esterni. Con il termine “spin-off” si intende la nascita dell’impresa da altro ente, pubblico o privato. Con “finanziamento di venture capital o private equity” si intende un finanziamento da parte di operatori professionali che forniscono risorse finanziarie a titolo di capitale di rischio. Con il termine “accordo commerciale” si intende una relazione di lunga durata per la vendita del prodotto dell’impresa ad un cliente o ad un gruppo di clienti o per l’acquisto di materie prime da un fornitore o da un gruppo di fornitori. C.1) L’impresa è nata come spin-off da altra impresa? Con il termine “spin-off” si intende la nascita dell’impresa da altro ente, pubblico o privato. sì no C.2) L’impresa è nata come spin-off da Università o altro centro di ricerca? Con il termine “spin-off” si intende la nascita dell’impresa da altro ente, pubblico o privato. sì no C.3) L’impresa ha mai beneficiato di un finanziamento di venture capital o private equity? Si intende un finanziamento da parte di operatori professionali che forniscono risorse finanziarie a titolo di capitale di rischio. sì no C.4) L’impresa ha in essere contratti di fornitura o approvvigionamento superiori a 5 anni? sì Indicare numero contratti Indicare valore complessivo contratti no 83 C.5) Le imprese con cui sono stati sottoscritti accordi commerciali sono: Con il termine “accordo commerciale” si intende una relazione di lunga durata per la vendita del prodotto dell’impresa ad un cliente o ad un gruppo di clienti o per l’acquisto di materie prime da un fornitore o da un gruppo di fornitori. (sono ammesse risposte multiple) clienti fornitori concorrenti altro (specificare) C.6) Specificare se le imprese con cui sono stati stipulati accordi commerciali si trovano: (per ogni tipologia di impresa sono ammesse risposte multiple) Clienti Concorrenti Fornitori Nello stesso luogo Nelle estreme vicinanze All’interno della regione In un’altra regione C.7) Motivazione della scelta di localizzazione dell’attività nella Provincia di Savona. Per ogni fattore dare una scala di valutazione da 1 a 5 (1=scarsa o nulla; 5=fondamentale): 1. Basso costo dei fattori produttivi 2. Elevata specializzazione della manodopera e delle risorse umane dirigenziali 3. Facilità di reperimento di risorse umane qualificate 4. Vicinanza di centri di ricerca o di Università 5. Alta concentrazione dell’attività 6. Disponibilità infrastrutture di servizi di 7. Incentivi fiscali e/o finanziari 8. Vicinanza ai mercati di sbocco e/o fornitura 84 9. Rapporti con Pubblica amministrazione ed istituzioni locali (Camera di Commercio, Associazione Industriali, Altri) 10. Altro (specificare) C.8) Indicare se l’impresa opera all’interno di un distretto industriale: si no 85 SEZIONE D. CAPITALE UMANO Questa sezione riguarda le attività di politica e gestione del capitale umano dell’impresa. Con il termine “sistema di incentivazione dei risultati” si intende la retribuzione variabile riconosciuti ai dipendenti in base ai risultati raggiunti. Con il termine “sistema di valutazione delle competenze” sin intende la valutazione del grado di possesso dei dipendenti di competenze tecniche o gestionali, sulla base di un modello di competenze specifico per l’azienda. Con il termine “sistema di valutazione del potenziale”, si intende l’analisi delle capacità e delle attitudini presenti in un individuo e la loro valutazione in relazione ai requisiti richiesti per ruoli diversi dall’attuale. D.1) Rispetto ai dipendenti al 1/1/2007 (o ultimo anno disponibile), indicare: Totale, Nr:_____________ di cui Impiegati, Nr:_____________ Operai, Nr.:_____________ Dirigenti, Nr.:_____________ Apprendisti, Nr.:_____________ Part Time, Nr.:_____________ D.2) Indicare l’età media dei dipendenti attualmente in azienda: 25-35 anni 36-45 anni >45 anni D.3) Indicare il numero di dipendenti con il seguente titolo di studio: Diploma, Nr:_____________ Laurea, Nr:_____________ D.4) Quanti dei dipendenti laureati hanno conseguito un ulteriore titolo di studio tra i seguenti? MBA, Nr:_____________ Dottorato, Nr:_____________ D.5) Indicare la permanenza media dei lavoratori nell’impresa: < 2,5 anni 2,5 – 5 anni 6 – 10 anni >10 anni D.6) Indicare il numero di ore di formazione e aggiornamento totali 2006 (o ultimo anno disponibile): Ore Totali:___________ 86 Di cui, Formazione tecnico professionale, ore___________ Formazione manageriale, ore___________ Altro, ore___________ D.7) Indicare la percentuale dei dipendenti che parlano correntemente almeno una lingua straniera: 0 – 10% 11 – 20% 21 – 50 % > 50 % D.8) Indicare la percentuale dei dipendenti che detengono competenze specifiche (es. tecniche) difficilmente reperibili sul mercato del lavoro: 0 – 10% 11 – 20% 21 – 50 % > 50 % D.9) Indicare se l’azienda usa sistemi di incentivazione sui risultati (es. MBO): Con il termine “sistema di incentivazione dei risultati” si intende la retribuzione variabile riconosciuti ai dipendenti in base ai risultati raggiunti. sì no D.10) Indicare se l’azienda usa sistemi di valutazione delle competenze: Con il termine “sistema di valutazione delle competenze” si intende la valutazione del grado di possesso dei dipendenti di competenze tecniche o gestionali, sulla base di un modello di competenze specifico per l’azienda. In particolare, si fa riferimento a sistemi di valutazione di competenze e capacità utilizzati sistematicamente all’interno dell’impresa. sì no D.11) Indicare se l’azienda usa sistemi di valutazione del potenziale: Con il termine “sistema di valutazione del potenziale”, si intende l’analisi delle capacità e delle attitudini presenti in un individuo e la loro valutazione in relazione ai requisiti richiesti per ruoli diversi dall’attuale. sì no 87 SEZIONE E. PROCESSI AZIENDALI Questa sezione riguarda l’analisi del livello di innovazione presente nei processi aziendali. Ove il compilatore non disponga di dati precisi per rispondere alle domande, si prega di voler rispondere per approssimazione, se si ritiene che questa rappresenti comunque una misura affidabile del dato reale. E.1) Indicare il numero totale delle postazioni Personal Computer: E.2) Indicare la percentuale di dipendenti che possono accedere ad Internet dalle postazioni di lavoro: 0-30 % 31-70% > 70% E.3) Indicare la spesa totale in Information Technology per il 2006 (o ultimo dato disponibile) (include spese per hardware, software e reti): Euro E.4) Indicare se l’impresa detiene una certificazione di qualità: si no E.5) Indicare, ove possibile, la percentuale di prodotti difettosi sul totale prodotti offerti nel 2006 (o ultimo dato disponibile): E.6) L’impresa è dotata di un sistema di risk management operativo? specificare quale/i tipologia/e:___________________________________________ Con il termine “risk management operativo” si intende un sistema di gestione dei rischi riguardanti le attività manifatturiere e collegate. si no specificare quale/i tipologia/e:___________________________________________ 88 SEZIONE F. ATTIVITA’ DI INNOVAZIONE E RICERCA Questa sezione riguarda l’attività di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti svolta dall’impresa, sia all’interno delle proprie strutture, sia attraverso la cooperazione con soggetti esterni. Ove il compilatore non disponga di dati precisi per rispondere alle domande, si prega di voler rispondere per approssimazione, se si ritiene che questa rappresenti comunque una misura affidabile del dato reale. Laddove l’impresa rappresenti uno stabilimento produttivo di un grande gruppo industriale, indicare i dati relativi alle attività svolte nell’ambito delle strutture presenti nella provincia di Savona. F.1) L’impresa ha investito in Ricerca e Sviluppo (R&S) nel periodo 1/1/2004- 31/12/2006? sì no F.2) Se si è risposto “sì” alla domanda F.1, indicare le spese annuali totali in R&S (selezionando con una croce la classe di spesa) e la percentuale di tali spese destinate all’attività di R&S svolta all’interno dell’impresa: Anno Spesa annuale totale in R&S 2006 (o ultimo disponibile) Spesa R&S interna (% su spesa annuale totale) Fino a € 250.000 dato Da € 250.000 a € 500.000 Da € 500.000 a € 2.500.000 Oltre € 2.500.000 F.3) L’impresa dispone di personale dedicato all’attività di Ricerca e Sviluppo? si no F.4) Se si è risposto “sì” alla domanda F.3, indicare il numero di addetti alla R&S e, tra questi, il numero di addetti con titolo di dottorato di ricerca negli anni riportati di seguito: N° addetti N° addetti alla R&S R&S con dottorato 89 F.5) Indicare il numero di brevetti e altri diritti di protezione intellettuale (copyright, etc.) detenuti dall’impresa e/o da imprese controllate, controllanti o collegate (ex art. 2359 cc): Numero Brevetti Numero altri diritti di proprietà intellettuale F.6) Indicare il numero di nuovi prodotti sviluppati dall’impresa nel periodo 1/1/200431/12/2006: Anno Numero prodotti nuovi 2004 2005 2006 F.7) Indicare la durata media (espressa in numero di mesi) relativa allo sviluppo dei prodotti realizzati dall’impresa: Mesi F.8) L’impresa ha sottoscritto accordi con altri soggetti per lo sviluppo di nuovi prodotti dal 1/1/2004 ad oggi? si no F.9) Indicare se tra i soggetti con cui l’impresa ha sottoscritto accordi per lo sviluppo di nuovi prodotti figurano: (sono ammesse risposte multiple) università centri di ricerca pubblici centri di ricerca privati fornitori 90 clienti società controllate, controllanti o collegate altro (specificare) F.10) Indicare se tra gli accordi per lo sviluppo di nuovi prodotti figurano le seguenti tipologie: (sono ammesse risposte multiple) partecipazione al capitale sociale joint-venture collaborazione tra risorse umane impiegate nella funzione R&S altro (specificare) 91 Versione per micro-imprese [tutte le imprese con dipendenti fino a 10] N.B. In grigio le domande compilate con dati già raccolti da Unione Industriali Savona. ANAGRAFICA IMPRESA Ragione sociale:______________________________________________________________ Indirizzo:____________________ CAP:__________________ Comune:_______________ 33 UNITÀ :____________________ Nr. Telefono: ___________ Nr. Fax:_______________ P.IVA.:______________________ C.F.:__________________ _ Indirizzo posta elettronica:_____________________________________________________ Sito Internet aziendale:________________________________________________________ SEZIONE A. PROFILO DEL GRUPPO IMPRENDITORIALE Questa sezione riguarda le caratteristiche anagrafiche e demografiche del gruppo dei soci fondatori dell’impresa. A.1) Indicare l’anno dal quale vige l’attuale assetto proprietario: A.2) Numero dei proprietari: A.3) Età media dei proprietari: 18-30 31-40 41-50 >50 33 Sede, stabilimento o altro 92 A.4) Indicare il numero di proprietari per ognuno dei seguenti livelli di istruzione: 1. Formazione post-laurea (master o dottorato di ricerca) 2. Laurea 3. Diploma 4. Medie inferiori A.5) Indicare il numero dei proprietari per ognuno dei seguenti tipi di istruzione: Discipline tecniche: 1. Periti elettrici, elettronici, industriali 2. Ingegneri 3. Informatici 4. Fisici Discipline gestionali: 5. Periti commerciali 6. Economia/Commercio 7. Altro 93 SEZIONE B. DATI ECONOMICO-FINANZIARI Questa sezione raccoglie alcuni indicatori relativi alla performance economico-finanziaria dell’impresa. Ove il compilatore non disponga di dati precisi per rispondere alle domande, si prega di voler rispondere per approssimazione, se si ritiene che questa rappresenti comunque una misura affidabile del dato reale. B.1) Indicare il Fatturato dell’impresa nel 2006 (o ultimo anno disponibile): B.2) Indicare il numero dei dipendenti dell’impresa al 1/1/2007 (o ultimo anno disponibile): B.3) Indicare il tasso di crescita media del fatturato negli ultimi 3 anni (1/1/2004-31/12/2006): B.4) Indicare se negli ultimi tre anni (1/1/2004-31/12/2006) la quota di mercato dell’impresa è: decresciuta del: 0-5% 6-10% >10% rimasta stabile cresciuta del: 0-5% 6-10% >10% B.5) Indicare il Reddito Operativo dell’impresa (RO) nel 2006 (o ultimo anno disponibile): 94 SEZIONE C. CAPITALE RELAZIONE Questa sezione riguarda le relazioni dell’impresa con soggetti esterni. Con il termine “spin-off” si intende la nascita dell’impresa da altro ente, pubblico o privato. Con “finanziamento di venture capital o private equity” si intende un finanziamento da parte di operatori professionali che forniscono risorse finanziarie a titolo di capitale di rischio. Con il termine “Incubatore” si intende un ente pubblico o privato che sostiene il processo di avvio e sviluppo di start up innovative. Con il termine “accordo commerciale” si intende una relazione di lunga durata per la vendita del prodotto dell’impresa ad un cliente o ad un gruppo di clienti o per l’acquisto di materie prime da un fornitore o da un gruppo di fornitori. C.1) L’impresa è nata come spin-off da altra impresa? Con il termine “spin-off” si intende la nascita dell’impresa da altro ente, pubblico o privato. sì no C.2) L’impresa è nata come spin-off da Università o altro centro di ricerca? Con il termine “spin-off” si intende la nascita dell’impresa da altro ente, pubblico o privato. sì no C.3) L’impresa ha beneficiato nella sua fase di start up (da un anno prima a due anni dopo la sua costituzione) del supporto di un Incubatore (università, centro di ricerca, grande impresa)? Con il termine “Incubatore” si intende un soggetto pubblico o privato che sostiene il processo di avvio e sviluppo di start up innovative. sì no C.4) Specificare la natura dell’Incubatore: soggetto privato (profit oriented) istituzione pubblica o altro ente non profit università altro, specificare:_____________________________________________________________ 95 C.5) Oltre alle eventuali relazioni con Incubatori, l’impresa ha in essere contratti di fornitura o approvvigionamento superiori a 5 anni? sì Indicare numero contratti Indicare valore complessivo contratti no C.6) Indicare se tra le imprese con cui sono stati sottoscritti accordi commerciali figurano: (sono ammesse risposte multiple) clienti fornitori concorrenti altro (specificare) C.7) Specificare se le imprese con cui sono stati stipulati accordi commerciali si trovano: (per ogni tipologia di impresa sono ammesse risposte multiple) Clienti Concorrenti Fornitori Nello stesso luogo Nelle estreme vicinanze All’interno della regione In un’altra regione C.8) Motivazione della scelta di localizzazione dell’attività nella Provincia di Savona. Per ogni fattore dare una scala di valutazione da 1 a 5 (1=scarsa o nulla; 5=fondamentale): 1. Basso costo dei fattori produttivi 2. Elevata specializzazione della manodopera e delle risorse umane dirigenziali 3. Facilità di reperimento di risorse umane qualificate 4. Vicinanza di centri di ricerca o di 96 Università 5. Alta concentrazione dell’attività 6. Disponibilità infrastrutture di servizi di 7. Incentivi fiscali e/o finanziari 8. Vicinanza ai mercati di sbocco e/o fornitura 9. Rapporti con Pubblica amministrazione ed istituzioni locali (Camera di Commercio, Associazione Industriali, Altri) 10. Altro (specificare) C.9) Indicare se l’impresa opera all’interno di un distretto industriale: si no 97 SEZIONE D. CAPITALE UMANO Questa sezione riguarda le attività di politica e gestione del capitale umano dell’impresa. Con il termine “sistema di incentivazione dei risultati” si intende la retribuzione variabile riconosciuti ai dipendenti in base ai risultati raggiunti. Con il termine “sistema di valutazione delle competenze” sin intende la valutazione del grado di possesso dei dipendenti di competenze tecniche o gestionali, sulla base di un modello di competenze specifico per l’azienda. Con il termine “sistema di valutazione del potenziale”, si intende l’analisi delle capacità e delle attitudini presenti in un individuo e la loro valutazione in relazione ai requisiti richiesti per ruoli diversi dall’attuale. D.1) Rispetto ai dipendenti al 1/1/2007 (o ultimo anno disponibile), indicare: Totale, Nr:_____________ di cui Impiegati, Nr:_____________ Operai, Nr.:_____________ Dirigenti, Nr.:_____________ Apprendisti, Nr.:_____________ Part Time, Nr.:_____________ D.2) Indicare l’età media dei dipendenti: 25-35 anni 36-45 anni >45 anni D.3) Indicare il numero di dipendenti con il seguente titolo di studio: Diploma, Nr:_____________ Laurea, Nr:_____________ D.4) Quanti dei dipendenti laureati hanno conseguito un ulteriore titolo di studio tra i seguenti? MBA, Nr:_____________ Dottorato, Nr:_____________ D.5) Indicare la permanenza media dei lavoratori nell’impresa: < 2,5 anni 2,5 – 5 anni 6 – 10 anni >10 anni 98 D.6) Indicare il numero di ore di formazione e aggiornamento totali 2006 (o ultimo anno disponibile): Ore Totali:___________ Di cui, Formazione tecnico professionale, ore___________ Formazione manageriale, ore___________ Altro, ore___________ D.7) Indicare la percentuale dei dipendenti che parlano correntemente almeno una lingua straniera: 0 – 10% 11 – 20% 21 – 50 % > 50 % D.8) Indicare la percentuale dei dipendenti che detengono competenze specifiche (es. tecniche) difficilmente reperibili sul mercato del lavoro: 0 – 10% 11 – 20% 21 – 50 % > 50 % 99 SEZIONE E. PROCESSI AZIENDALI Questa sezione riguarda l’analisi del livello di innovazione presente nei processi aziendali. Ove il compilatore non disponga di dati precisi per rispondere alle domande, si prega di voler rispondere per approssimazione, se si ritiene che questa rappresenti comunque una misura affidabile del dato reale. E.1) Indicare il numero totale delle postazioni Personal Computer: E.2) Indicare la percentuale di dipendenti che possono accedere ad Internet dalle postazioni di lavoro: 0-30 % 31-70% > 70% E.3) Indicare la spesa totale in Information Technology per il 2006 (o ultimo dato disponibile) (include spese per hardware, software e reti): Euro E.4) Indicare se l’impresa detiene una certificazione di qualità: si no specificare quale/i tipologia/e:___________________________________________ 100 SEZIONE F. ATTIVITA’ DI INNOVAZIONE E RICERCA Questa sezione riguarda l’attività di ricerca e sviluppo di nuovi prodotti svolta dall’impresa, sia all’interno delle proprie strutture, sia attraverso la cooperazione con soggetti esterni. Ove il compilatore non disponga di dati precisi per rispondere alle domande, si prega di voler rispondere per approssimazione, se si ritiene che questa rappresenti comunque una misura affidabile del dato reale. Laddove l’impresa rappresenti uno stabilimento produttivo di un grande gruppo industriale, indicare i dati relativi alle attività svolte nell’ambito delle strutture presenti nella provincia di Savona. F.1) L’impresa ha investito in Ricerca e Sviluppo (R&S) nel periodo 1/1/2004-31/12/2006? sì no F.2) Se si è risposto “sì” alla domanda F.1, indicare le spese annuali totali in R&S (selezionando con una croce la classe di spesa) e la percentuale di tali spese destinate all’attività di R&S svolta all’interno dell’impresa: Anno Spesa annuale totale in R&S 2006 (o ultimo disponibile) Spesa R&S interna (% su spesa annuale totale) Fino a € 25.000 dato Da € 25.000 a € 50.000 Da € 50.000 a € 250.000 Oltre € 250.000 F.3) Indicare il numero di brevetti e altri diritti di protezione intellettuale (copyright, etc.) detenuti dall’impresa e/o da imprese controllate, controllanti o collegate (ex art. 2359 c): Numero Brevetti F.4) Numero altri diritti di proprietà intellettuale Indicare il numero di nuovi prodotti sviluppati dall’impresa nel periodo 1/1/200431/12/2006: Anno Numero prodotti nuovi 2004 101 2005 2006 F.5) Indicare la durata media (espressa in numero di mesi) relativa allo sviluppo dei prodotti realizzati dall’impresa: Mesi 102 Allegato B: Elenco delle imprese appartenenti ai raggruppamenti definiti in base alla sensibilità al Capitale Intangibile Nome Impresa Gruppo AMARETTI VIRGINIA S.R.L. COMPAGNIA TECNICA COMMERCIALE S.R.L. GESCO S.R.L. LIGURIA DIESEL S.R.L. OMNIA MEDICA S.R.L. SAINT GOBAIN VETRI S.P.A. SCHNEIDER ELECTRIC S.P.A. STUDIO NOOS TERMINAL RINFUSE ITALIA S.P.A. VERNAZZA AUTOGRU S.R.L. Alta sensibilità al CI Alta sensibilità al CI Alta sensibilità al CI Alta sensibilità al CI Alta sensibilità al CI Alta sensibilità al CI Alta sensibilità al CI Alta sensibilità al CI Alta sensibilità al CI Alta sensibilità al CI A.D.R. S.P.A. AGRI FOOD S.R.L. BITRON S.P.A. BOMBARDIER TRANSPORTATION ITALY S.P.A. FERRANIA TECHNOLOGIES S.P.A. SAINT-GOBAIN VETROTEX ITALIA S.P.A. TRENCH ITALIA S.R.L. Media sensibilità al CI Media sensibilità al CI Media sensibilità al CI Media sensibilità al CI Media sensibilità al CI Media sensibilità al CI Media sensibilità al CI 3F DI FERRECCHI SILVANO S.P.A. A.Z. S.R.L. ACCINELLI S.R.L. ACQUA MINERALE DI CALIZZANO S.P.A. ACQUEDOTTO DI SAVONA S.P.A. ALBINO CHIESA S.R.L. ALBI-SCAVI S.R.L. ASTERIAS S.R.L. ATA S.P.A. AUTOCORSICA S.P.A. AUTOSTRADA DEI FIORI S.P.A. AZIMUT-BENETTI S.P.A. AZZURRA SERVICE S.R.L. B.U.T. S.c.r.l. BERGALLO DOTT. G.B. S.A.S. C.P.M. DI MOCCIARO PIETRO CARTIERA BORMIDA S.P.A. CARTIERA VERDE ROMANELLO S.P.A. CARTINDUSTRIA LIGURE S.R.L. CAVE MARCHISIO S.P.A. CAVE STRADE S.R.L. CEMENT-BIT S.R.L. CENTROSERVIZI S.R.L. COMPARATO NELLO S.R.L. DATA CONSULT S.R.L. DECOREDIL S.R.L. DEDALO INGEGNERIA S.R.L. DEMA S.R.L. Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI 103 Nome Impresa Gruppo DEMONT S.R.L. EDILRAMA S.R.L. ESI S.P.A. ESSO ITALIANA S.R.L. EXPERTISE S.R.L. F.A.C. S.P.A. F.LLI GUATTI S.R.L. F.LLI SAMBIN S.N.C. FERRARI E SUZZI S.R.L. FG RICICLAGGI S.R.L. FINALE AMBIENTE S.P.A. FININTRA ENGINEERING S.R.L. FLEXOPACK S.R.L. FRASCHERI S.P.A. FRECCERO GIUSEPPE COSTRUZIONI S.R.L. G.I.S. GRUPPO IMPRESE SAVONESI S.P.A. GAVARRY STAB. ITALIANI S.P.A. GEAL S.P.A. GI.PI. S.R.L. GILMARMI DI GILARDONI GIANCARLO & C. S.N.C. GRAFICHE F.LLI SPIRITO GUERINI ROCCO ROMANO INDIV. GUIDO VINCON E FIGLI S.P.A. I.L.MA.SUB. S.R.L. I.MAR.S. S.R.L. ICOSE S.P.A. IDUEESSE S.R.L. IMPRESA COSTRUZIONI EDILI LIGURE - SICEL S.P.A. IMPRESA GERMANO MARIO S.R.L. IMPRESA LIGURE COSTRUZIONI ED ESERCIZI - I.L.C.E. S.P.A. IMPRESA MAINETTO BARTOLOMEO DI MAINETTO ORAZIO &C. S.N.C. IMPRESA POGLIANO DI MORALDI A. S.R.L. IMPRESA SACCHI GEOM. ALBERTO S.R.L. INTERPORTO DI VADO I.O. S.C.P.A ISAIA S.R.L. ITALIANA COKE S.P.A. ITEM S.R.L. LACIM S.R.L. LCL S.R.L. LIGURE PIEMONTESE LATERIZI S.P.A. MA.IN DI PENNA CARLO & C. S.N.C. MALLARINI S.P.A. MIL.EDIL DI BUSCA C. & C. S.N.C. MONDIALPOL TRANSPORTS GENOVA S.R.L. MUGLIARISI S.R.L. NAUTICA S.R.L. NOVA GLASS S.R.L. OLMO GIUSEPPE S.P.A. Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI 104 Nome Impresa Gruppo ORMA CONSULTING S.R.L. PENSIERO FRANCO INDIV. PERFORAZIONI E SONDAGGI S.R.L. PETROLIG S.R.L. REEFER TERMINAL S.P.A. S.A.I.E.P. S.R.L. S.A.T. SERVIZI AMBIENTALI TERRITORIALI S.P.A. S.E.L.C.I. S.R.L. S.I.L.M.A. S.R.L. SALPA S.R.L. SALVO S.R.L. SANAC S.P.A. SCAVO-TER S.R.L. SERVIZI E COSTRUZIONI S.R.L. SIMBA S.P.A. SITER TRASPORTI S.R.L. STRADE E COSTRUZIONI S.R.L. TECNO COSTRUZIONI DI UBALDINI L. & C. S.N.C. TECNORESTAURO S.R.L. TEDDE S.R.L. TERME VALLECHIARA S.P.A. TERMOTECNICA PERICOLI S.R.L. TORTEROLO E RE S.P.A. TREVISIOL S.R.L. VALLE S.R.L. VICO S.R.L. VINAI LUIGI S.R.L. ZINOX S.P.A. Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI Bassa sensibilità al CI 105 Bibliografia q Albertini S., Butler J., (1996), The Types of Knowledge Used in R&D Networking and Innovation Activities, q q q q q q q q q q q q q q q q q q q q q q q in Butler J., Piccaluga A., (eds.), Knowledge, Technology and Innovative Organizations, Guerini e Associati, Milano. 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