Linee di riflessione sulla gestione dell`acqua

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Linee di riflessione sulla gestione dell`acqua
Linee di riflessione sulla gestione dell’acqua
(per gentile concessione di www.forumcivico.it)
Nei diversi incontri pubblici analizzati i relatori espongono i seguenti dati di fatto e seguono alcuni
semplici passaggi logici.
L’acqua potabile è un bene limitato e sempre più conteso, questo per natura (la maggior parte
dell’acqua sul pianeta è salata), per processi naturali (lo scioglimento dei ghiacci che sono un
grande accumulo di acqua dolce, l’infiltrazione di acqua salata per l’innalzamento dei livelli dei
mari, i cambiamenti climatici, fenomeni di desertificazione, ecc) e soprattutto per l’inquinamento
antropico che da decenni rende la risorsa sempre meno disponibile anche dove è abbondante (falde
inquinate del nord Italia ad esempio).
Parallelamente aumentano i consumi civili, industriali, agricoli.
Questo vuol dire che l’acqua sarà sempre più fonte di conflitti, un bene vitale conteso.
1. Storicamente la disponibilità e l’accesso diffuso all’acqua pulita e ai servizi igienici adeguati
(e quindi ancora acqua) è stata la condizione base per l’innalzamento delle prospettiva di
vita dell’uomo. Scarsezza d’acqua e di igiene determinano il sottosviluppo.
2. L’acqua è un bene essenziale per vivere. Si è valutato (Unesco) che il fabbisogno minimo
giornaliero di acqua pulita per bere, cucinare e lavarsi è pari a 20–50 litri per persona
(poniamo 50 litri per garantire maggiore dignità). Questo quindi diventa il livello minimo vitale da garantire a tutte le persone al di la delle possibilità economiche e di cittadinanza.
Questo non è per nulla scontato dato che, anche in Italia, chi è moroso si vede tagliare la fornitura, cosa che in passato — gestione diretta Comuni — non avveniva per scelta di civiltà.
Dopo 15 anni di discussioni, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato il 29
Luglio 2010, con 122 voti a favore e 41 astensioni, un documento che dichiara ―L’accesso
all’acqua come diritto umano‖ Risoluzione Onu GA/10967
Rimandiamo alle note ove sono accennate anche alcune posizioni contrarie.
1. Il servizio di acquedotto si configura di fatto come un monopolio, perchè la rete di tubi è una
sola (e non può essere moltiplicata). Quindi applicare la teoria della concorrenza (quale
meccanismo che garantisce servizi migliori ai costi minori) in un monopolio è illogico ed errato nei termini. Affermare inoltre che è sufficiente garantire la concorrenza al momento del
bando di gara (generalmente l’affidamento dura dai 20 ai 30 anni) è altrettanto fuorviante
per i rapporti di forza in campo. E’ esperienza consolidata le enormi difficoltà di intervento
e di controllo di fronte ad una mala gestione (blocco del servizio, esplosione dei costi, contenziosi e guerre legali)
2. L’affermazione che la «gestione» del servizio acquedotto sia una cosa e «la proprietà»
dell’acqua un’altra è solo un’affermazione ideologica senza fondamento. Infatti chi controlla
i «tubi» controlla l’acqua che ci scorre, chi fissa le tariffe controlla l’acqua che fornisce, ecc.
3. Non è vero che l’Unione Europea imponga la privatizzazione. Infatti la direttiva in questione
afferma solo che ogni nazione definisca quali siamo i beni e i servizi da sottoporre al libero
mercato e quali escludere. E’ una scelta nazionale. Anzi vi sono altri documenti politici e altre direttive che ricordino come l’acqua, il servizio acqua, sia un bene pubblico da difendere.
Vedi note
4. Non è assolutamente vero che Privato è bello e Pubblico è cattivo, perchè ci sono amministratori bravi o cattivi in entrambi i settori.
5. E’ contro le leggi dell’economia capitalistica affermare che il privato possa operare, dal
punto di vista delle tariffe su servizi pubblici, meglio del pubblico. Questo perchè l’ente
pubblico non deve garantire utili o dividenti azionari, mentre i privati, soprattutto le SPA
sono vincolate e strettamente condizionate dalle esigenze di fare utili e garantire dividendi,
E’ questo il loro unico fine. Questo avviene tagliano gli investimenti, tagliando il costo del
lavoro, aumentando le tariffe. Nessuno regala nulla. I soldi investiti da qualche parte devono
saltare fuori .…. e lo Stato, tagliando i veri sprechi o riducendo le spese immorali come le
enormi spese per mantenere un sistema militare che al giorno d’oggi non ha alcun senso, le
risorse le ha.
6. Tutte le esperienze in campo, soprattutto all’estero dove certi processi sono stati
sperimentati, si è dimostrato come la gestione privata non abbia garantito migliori servizi
e abbia invece portato a bollette da «infarto». E’ notizia di questi mesi che Parigi, non un
paesello qualsiasi, ha cancellato l’affidamento del servizio ai privati (multinazionali che
hanno già adocchiato il mercato italiano) perchè il servizio era cattivo e i prezzi esorbitanti.
Si è tornati ad una gestione pubblica dello stesso.
7. Ci sono esempi italiani di gestione pubblica di eccellenza (Verona e Milano) per qualità
dell’acqua, del servizio e di prezzi contenuti. Perchè obbligare le amministrazioni
a cancellare qualcosa che funziona a favore di qualche impresa?
Se passa il referendum?
Se passa il referendum la legge italiana è da riscrivere. La proposta del Forum è quella di istituire (o
mantenere quelli esistenti) un ente gestore pubblico (NON S.P.A.), che si occupi del servizio integrato sul territori omogenei (bacini idrografici), con l’aggiunta di un organo composto dagli
UTENTI che insieme all’ente pubblico determini le priorità di intervento, le tariffe e le politiche gestionali. Questo avveniva in passato, prima della nascita del mito privatistico, in diversi ambiti in
modo molto funzionale e economico.
Stiamo parlando di un BENE COMUNE quindi il principio di accesso a tutti deve essere garantito,
concretamente e non a parole. Né va della vita. Il futuro, con i tempi che corrono, non è per niente
rassicurante sul fronte acqua dolce pulita.
NOTE
La Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2000/60/CE del 23 ottobre 2000, che
istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque afferma che l’acqua deve
essere concepita non come ―prodotto commerciale al pari degli altri‖, bensì come ―patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale‖
Nel 1998 il «Comitato internazionale per il contratto mondiale sull’acqua» si è riunito a Lisbona e ha proclamato il Manifesto dell’acqua che si conclude con l’affermazione: «L’acqua
è patrimonio dell’umanità.»
Il Parlamento Europeo già nel 2002 aveva recepito queste sollecitazioni, ribadendole nel
2003. Il 15 marzo 2006 è stata approvata una risoluzione in vista del quarto «Forum mondiale dell’acqua», organizzato ogni tre anni dal Consiglio Mondiale sull’Acqua, affermando
che «l’acqua è un bene comune dell’umanità e come tale l’accesso all’acqua costituisce un
diritto fondamentale della persona umana».
Risoluzione del Parlamento europeo sulla comunicazione della Commissione sulla gestione
delle risorse idriche nella politica dei paesi in via di sviluppo e priorità della cooperazione
allo sviluppo dell’UE (COM(2002) 132 — C5-0335/2002 — 2002/2179(COS)
Il Parlamento europeo … – considerando che la vocazione del settore privato potrebbe essere incompatibile con la fornitura di un servizio al pubblico e che una gestione esclusivamente commerciale della risorsa potrebbe facilmente costituire un freno allo sviluppo socioeconomico delle popolazioni che vivono in zone dove la fornitura di detto servizio è considerata non redditizia, – considerando l’importante ruolo regolatore che debbono svolgere i poteri pubblici nazionali e locali onde
garantire un normale accesso all’acqua a tariffe abbordabili per tutti, in particolare per le popolazioni più sfavorite, ……. Omissis…….. 5) Reputa che la partnership pubblico/privata, sistema che
vede i poteri pubblici mantenere la proprietà delle infrastrutture e stipulare contratti di gestione con
il settore privato — garantendo l’accesso a tutti e assicurando una tariffazione trasparente per il
pubblico, non dovrebbe essere vista quale panacea, bensì semplicemente come una delle varie opzioni possibili per concedere un migliore accesso all’acqua; 6) Riafferma che l’accesso all’acqua
per tutti senza discriminazione è un diritto e ritiene quindi che si debbano adottare misure adeguate
affinché gli insolventi non siano privati di tale accesso;
VICEVERSA
La trasformazione dell’acqua in merce è la strategia strenuamente perseguita da organismi sovranazionali come il WTO (World Trade Organization), la Banca mondiale e il Fondo Monetario Internazionale che da tempo legano la concessione dei prestiti alla deregulation e alla privatizzazione dei
servizi, tra cui anche la fornitura dell’acqua. Stiamo parlando del volere delle banche, dei grandi
gruppi finanziari e della lobby delle grande imprese nazionali o multinazionali che controllano
direttamente e indirettamente questi organismi. I risultati negativi di queste politiche sono noti da
anni, soprattutto nei paesi così detti «in via di sviluppo»