Edizione # 13 Gennaio 2013 Italiano

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IL SISTEMA DI POTERE DELLA TEOCRAZIA IRANIANA
Gli sciiti, che oggi rappresentano circa il 9% dei musulmani, nascono come scisma dal sunnismo.
Dopo la morte di Maometto nel 632 subentro' alla guida del movimento religioso suo suocero, Abu
Bakr, uno dei primi discepoli del Profeta. La nomina non era stata accolta all'unanimita' poiche'
alcuni avrebbero voluto Ali ibn Abu Taleb, cugino di Maometto e marito di sua figlia Fatima.
Comunque, alla fine Ali ed i suoi fedeli (shiat Ali cioe' il Partito di Ali da cui prendera' nome lo
scisma) accettarono la nomina di Abu Bakr.
Anche i due califfi successivi, Omar (eletto nel 634) e Othman (eletto nel 644), furono nominati con
l'adesione unanime di tutta la comunita'. Quando pero' nel 654 doveva essere Ali a diventare califfo
vi fu la ribellione di Muawiyah, governatore della Siria ed appartenente allo stesso clan del reggente
Othman appena assassinato. Ne nacque una guerra civile ed Ali fu assassinato a Najaf in Iraq nel
661 (oggi luogo santo per gli sciiti). Finisce cosi' la linea dei cosiddetti quattro califfi ortodossi,
eletti cioe' all'unanimita'.
Da quel momento in poi Muawiyah si auto-nomina califfo dando origine alla dinastia degli Omayad
(661/750), ma i seguaci di Ali non lo riconoscono. Nasce cosi' lo scisma e prosegue anche la guerra.
Nel 680 l'imam Husseyn, figlio di Ali, verra' anch'egli ucciso in battaglia a Kerbala (altro luogo
santo in Iraq) dall'esercito del califfo Omayad, Yazid.
Lo scisma fra sciiti e sunniti non si riduce pero' soltanto su chi sia il legittimo erede del profeta
Maometto.
Secondo i sunniti, dalla morte di Maometto, considerato l'ultimo Profeta ("il sigillo dei Profeti"),
non esistono piu' intermediari tra Dio e gli uomini. Ne consegue che la sua successione possa
essere assicurata solo da capi politici (imam) eletti, senza alcun diritto ereditario o dinastico. Gli
sciiti, invece, negano questi principi e venerano anche i loro 12 imam celebrandone i vari santuari
(in pratica li considerano alla stregua di altri profeti). Per questo sono considerati dai sunniti degli
idolatri.
Altro aspetto dello sciismo e' la marcata predisposizione religiosa al martirio. Nasce dalla storia
della morte di Husseyn, ucciso in battaglia dalle forze preponderanti di Yazid (4.000 uomini contro i
72 dell'imam con al seguito donne e bambini). L'episodio, ricordato nella festa sciita dell'Ashura (da
"ashara" cioe' "dieci", la data del mese di Muharran in cui ebbe luogo lo scontro), ha creato
nell'immaginario collettivo sciita il concetto di martirio che nella citata festa viene riproposto
attraverso le auto-flagellazioni degli adepti.
Benche' nell'Islam il divario tra religione e gestione del sociale sia alquanto labile, nello sciismo,
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piu' che nel sunnismo, i due ruoli tendono a sovrapporsi.
LA GERARCHIA RELIGIOSA
L'Iran, culla dello sciismo, e' l'unico grande Paese ove nel clero la gerarchia e/o carriera religiosa
procede lungo una scansione di posizioni successive che si raggiungono parallelamente ad un
approfondimento degli studi teologici.
In segno crescente si parte dalla posizione di "Talebah" (o Taleban cioe' studente) dove si
intraprendono gli studi teologici che durano circa 20 anni e sono soggetti al superamento di due
livelli di conoscenza. Coloro che superano gli esami del primo ciclo, ma non superano quelli del
secondo ciclo sono i "mullah", autorizzati a dirigere le preghiere nella moschea .
Se invece lo studente supera anche il secondo livello di esami diventa "seghat'olesman" ed e'
abilitato ad interpretare le leggi coraniche. Da Seghat'oleslam in poi lo studente coranico si affranca
dal proprio maestro teologico ed entra de facto nella struttura di rilievo della gerarchia sciita.
Il passo successivo, sempre su selezione per acquisita competenza teologica, e' diventare
"Hojat'oleslam", cio' consente di partecipare a piu' importanti discussioni teologiche
sull'interpretazione del Corano. L'Hojat'oleslam ha anche il ruolo di assistere gli Ayatollah
nell'applicazione delle norme teologiche che questi ultimi intendono indicare. Sopra di questi vi e'
l'"hojat'oleslam wa muslimin" che, oltre all'assistere l'Ayatollah, ha lui stesso la facolta', fino a certi
livelli, di interpretare e indicare norme teologiche.
Il livello superiore e' quello dell'Ayatollah che e' nella pratica un vero e proprio docente di Teologia.
Elabora trattati di giurisprudenza islamica, insegna, si dedica agli studi, da interpretazioni molto
competenti sul diritto islamico e sui libri sacri, sviluppa un ruolo importante nella vita sociale e
politica del Paese.
Nonostante questo livello sia considerato apicale, nella gerarchia sciita vi sono altri tre livelli
superiori a questo:
-
"Ayatollah al Ozma" (ovvero "grande Ayatollah"), nella pratica il capo di una scuola di
pensiero che puo' emanare editti ("fatwa") vincolanti per i credenti,
-
"Marja al Taqlid" (letteralmente "fonte di imitazione"), cioe' grandi Ayatollah che per la loro
indiscussa conoscenza teologica diventano modello di riferimento comportamentale per i
discepoli sia in campo teologico che sociale,
-
"Marja al'a al Taqulid" ("fonte suprema di imitazione"), ultimo livello della scala gerarchica
religiosa che non riguarda solo l'Iran, ma lo sciismo nel mondo.
Il passaggio da un livello all'altro della gerarchia sciita e' determinato dal ruolo e dal peso che
l'individuo acquista nella comunita' dei credenti, sia sul piano personale che sul piano degli scritti e
degli studi teologici che elabora. E' quindi un mix di consenso sociale e teologico che fornisce
all'interessato una doppia scalata: nella gerarchia sciita, ma anche nella vita socio-politica iraniana.
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Su questo assunto si e' consolidata nel tempo la teocrazia in Iran e su questa gerarchia piramidale ha
impostato il suo sistema di potere.
LA STRUTTURA
Bisogna partire dalla caduta dello Shah Reza Pahlavi ed il rientro dall'esilio in Francia
dell'Ayatollah Ruhollah Mostafa Khomeini a Teheran il primo febbraio del 1979 per dare un inizio
temporale alla teocrazia iraniana.
Khomeini era un Ayatollah al Ozma, un grande Ayatollah, ed e' stato lui stesso a creare il sistema di
potere che permette tuttora al clero sciita di gestire l'Iran e che gli e' sopravvissuto. Khomeini e'
morto il 3 giugno 1989.
La struttura di potere della teocrazia iraniana e' cosi' articolata:
-
La Guida Suprema, incarico oggi ricoperto dall'Ayatollah Ali Khamenei, e' la maggiore
autorita' religiosa (e quindi de facto politica) del Paese che sovrintende, in virtu' di questo
doppio ruolo politico-religioso, alla designazione delle piu' alte cariche dello Stato. Inoltre la
guida e' anche il supremo Comandante delle Forze Armate ed in tale veste puo' dichiarare
una guerra o firmare una pace. La Guida e' nei fatti il vertice massimo del sistema di potere
in Iran. La Guida viene selezionata ed eletta da una lista di candidati da parte di un
organismo specifico:
-
l'Assemblea degli Esperti ("Majlis al Khobregan"). E' un organismo (art. 107 della
Costituzione) costituito nel dicembre del 1982 composto da 86 esponenti religiosi e che
viene rinnovato ogni 8 anni (l'ultimo rinnovo e' avvenuto nel 2007 per far coincidere in
futuro l'elezione di questo organismo con il Parlamento. Il suo mandato durera' 10 anni). Ha
la facolta' di nominare la Guida, ma anche quella "virtuale" di sostituirla. Si riunisce almeno
due volte l'anno. L'attuale capo e' Mohammad Reza Mahdavi Kani, eletto nel marzo del
2011;
-
la Guida Suprema e' affiancata nella gestione della sua autorita' e nella designazione delle
alte cariche dello Stato da un "Consiglio del Discernimento" ("Shura al Tashkhis Maslehat e
Nezam") ex art. 112 della Costituzione. Ha una composizione articolata: membri nominati
dalla Guida Suprema (28 con mandato quinquennale), membri di diritto (vertici religiosi del
Consiglio dei Guardiani e componenti del Consiglio dei Capi), membri temporanei (Capi di
Commissione o ministri a seconda degli argomenti trattati). Questo organismo ha funzioni
consultive nei riguardi della Guida Suprema (nella designazione delle cariche dello Stato),
ma e' chiamato anche a dirimere eventuali controversie tra il Parlamento e il Consiglio dei
Guardiani in materia costituzionale o di politica nazionale. Il suo attuale Presidente e' il Gen.
Mohsen Rezai, gia' Capo dell'Esercito dei Guardiani della Rivoluzione (Pasdaran). E' forse
superfluo aggiungere che Rezai, Kani e gli altri vertici di organismi centrali sono
politicamente fedeli a Khamenei.
-
Vi e' poi, sempre a livello centrale e superiore, un "Consiglio dei Guardiani della
Rivoluzione" ("Shura e Negahban e Mashrutiat"). E' un organismo ex art. 91 della
Costituzione che ha il compito di revisionare le leggi approvate dall'Assemblea Consultiva
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Islamica (leggasi "Parlamento") sia per accertarne i requisiti di costituzionalita' e di rispetto
delle leggi islamiche. Il Consiglio supervisiona inoltre le elezioni del Parlamento e le
nomine del Governo. Sempre questo organismo ha il controllo sulla nomina dei membri
dell'Assemblea degli Esperti e sulla scelta della Guida Suprema (art. 99). Il Consiglio e'
composto di 12 membri di cui 6 di nomina diretta da parte della Guida Suprema e 6 da
giuristi nominati dal potere giudiziario (che, come abbiamo detto prima, e' subordinato al
primato della Guida Suprema). I 6 esponenti religiosi vegliano sugli aspetti di compatibilita'
con le leggi islamiche, mentre tutti e 12 vagliano i criteri di costituzionalita'. Il potere di
questo organismo e' enorme perche' ha l'autorita' di invalidare eventuali elezioni
parlamentari o presidenziali, scrutinare i candidati presidenziali e parlamentari, i referendum
e di selezionare le varie candidature. I suoi membri vengono rinnovati ogni 3 anni con un
sistema a rotazione.
Questa e' la struttura di vertice del potere religioso dell'Iran. Tutto, direttamente o indirettamente, e'
subordinato alle decisioni o alle autorizzazioni della Guida Suprema. Negli organismi che lo
coadiuvano e' fortemente prevalente la presenza di esponenti religiosi di prestigio come Ayatollah e
Hojat'oleslam.
Soltanto dall'apice in giu' l'architettura costituzionale iraniana prevede organismi che somigliano a
quelli in funzione in altri Paesi del mondo dove, anche se solo parzialmente, figura un sistema di
suffragio popolare :
-
Il potere esecutivo che fa capo ad un Presidente, eletto per 4 anni a suffragio nazionale per
non piu' di due mandati consecutivi (l'attuale e' Mahmoud Ahmadinejad). Dal 1989 il
Presidente ricopre anche la carica di Primo Ministro abolita nel 1989 (questa circostanza
postula che dal punto di vista protocollare – ma non solo formale – la carica di Capo dello
Stato vada a Khamenei e non a Ahmadinejad). Il Presidente ha la facolta' di nominare i
Ministri, di presiedere il Governo, di decidere le leggi ed iniziative da sottoporre
all'approvazione del Parlamento;
-
Il potere giudiziario, il cui capo e' designato dalla Guida Suprema (l'attuale e' Sadegh
Larijani), si articola in una Corte Suprema (il cui capo e' nominato direttamente dalla Guida
per un mandato quinquennale) composta da 32 giudici scelti – sempre con l'approvazione di
Khamenei – tra giuristi religiosi, un ufficio del Procuratore Generale, Tribunali speciali (per
reati contro la sicurezza dello Stato) ed una Corte Clericale speciale. Anche qui appare
incontrovertibile il ruolo dirimente del vertice religioso sul controllo della giustizia.
-
Il potere legislativo, cioe' il Parlamento, in Iran viene denominato "Assemblea Consultiva
Islamica" ("Majlis"). E' monocamerale, composto da 290 membri eletti a suffragio
universale con un sistema a doppio turno per 4 anni sia su base distrettuale (207 distretti) sia
in rappresentanza di minoranze. Anche qui e' bene ricordare che la candidatura di ogni
deputato e' subordinata all'approvazione da parte del Consiglio dei Guardiani della
Costituzione. E, altro dettaglio non trascurabile, l'attuale presidente dell'Assemblea, Ali
Larijani, e' un fedelissimo di Khamenei (e fratello di Sadegh che guida il sistema
giudiziario, nonche' fratello di Javad che e' stretto consigliere di Khamenei).
Dalla disamina di questa struttura di potere appare incontrovertibile il peso della Guida Suprema su
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ogni aspetto della vita sociale e politica dell'Iran. Non esiste nel sistema iraniano un adeguato
contraltare tra poteri che possa garantire una qualsivoglia forma di democrazia pur nella gestione
teocratica.
La dottrina che regola questa impalcatura di potere della teocrazia iraniana e' quella del "Velayat al
fiqh", cioe' il controllo dell'aderenza di ogni atto dello Stato alla fede (meglio dire giurisprudenza)
sciita che rende applicabile ogni tipo di censura. Dal punto di vista teologico, questo approccio
trova giustificazione nel fatto che, in attesa dell'arrivo del dodicesimo iman ( l'imam nascosto – e la
fede sciita iraniana e' quella maggioritaria denominata "duodecimano" o "imamita" a fronte di altre
scissioni avvenute nel tempo), e' nelle prerogative del giurisperito cercare di creare condizioni
sociali che possano favorire l'arrivo del citato imam.
Nel contesto della rivoluzione iraniana che ha visto introdotto questo principio costituzionale con
l'arrivo di Khomeini, il fatto che il principio stesso non garantisca margini ad una democrazia e',
agli occhi del clero sciita, elemento irrilevante.
Se si volesse comunque esemplificare quali sono i due maggiori poteri che gestiscono l'Iran questi
sono la Guida Suprema (predominante) ed il Presidente della Repubblica, che trova la sua forza
contrattuale nel fatto di essere eletto dal popolo. Tuttavia, il potere della Guida Suprema e'
fortemente prevalente. Da questo dualismo di poteri, uno di estrazione religiosa ed uno con
legittimazione popolare, sono sorti nel tempo i contrasti tra Khamenei e Ahmadinejad, l'uno
arroccato su posizioni ultra-conservatrici e l'altro su un approccio piu' conservatore-populista (ruoli
talvolta invertiti all'occorrenza politica).
Questo stato di tensione tendera' ad accentuarsi nei prossimi mesi quando il mandato presidenziale
di Ahmadinejad (secondo la Costituzione iraniana e' possibile un ulteriore ed ultimo terzo mandato
ma non consecutivo) avra' termine il 14 giugno del 2013. E gia' sono iniziate le lotte per imporre
come candidato al suo posto il consuocero, Esfandiar Rahim Mashaei (la figlia di questi ha sposato
il primogenito di Ahmadinejad).
Tuttavia in Iran discettare sul termine di riformisti o moderati (come vengono oggi etichettati
personaggi come Medhi Kharrubi, Mohammad Khatami, Mir Hossein Moussavi), tradizionalisti
(ayatollah Mahdavi Kani), conservatori (ayatollah Mesbah Yazdi), ultra conservatori, tecnocrati o
pragmatici (come spesso ci si riferisce a Ali Akbar Hashemi Rafsanjani) o altro (perche' poi
all'interno di queste gruppi principali esistono ulteriori frazioni) e' solo un esercizio semantico che
non implica sostanza politica, ma aggrega ed accomuna personaggi in una lotta di potere nel potere.
Ed in questo gioco i valori in campo sono dettati anche dal rango nella gerarchia sciita, dal
clientelismo, che si traduce spesso in nepotismo e familismo, dal collegamento con altri poteri forti
nel Paese, come quello rappresentato dai commercianti del bazar (polmone economico), dai
pasdaran (corpo paramilitare dei Guardiani della Rivoluzione islamica) e dai basiji (altro corpo
paramilitare di giovani volontari).
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LA STRUTTURA DI SICUREZZA CHE GARANTISCE LA TEOCRAZIA IRANIANA
Quando lo Shah di Persia e' stato spazzato via dal potere a causa della rivoluzione islamica con lui
e' sparito anche uno strumento odiato di repressione rappresentato dalla Savak ("Sāzemān-e
Eṭṭelāʿāt Va Amniyat-e Keshvar", "Organizzazione nazionale per la sicurezza e l'informazione"),
l'organismo di sicurezza preposto all'eliminazione dei dissidenti, dedito a torture, brutali
interrogatori e abusi. Giusto o sbagliato che fosse, era considerato uno degli apparati piu' temuti ed
efficienti in Medio Oriente. Svolgeva funzioni di polizia segreta (sul piano interno) e di Servizio
intelligence (spionaggio, controspionaggio, operazioni coperte), era stato addestrato anche dagli
americani ed e' stato fino alla fine l'organismo principale di sostegno della monarchia Pahlavi.
La fuga dello Shah e l'arrivo a Teheran dell'Ayatollah Khomeini aveva determinato lo scioglimento
dell'organismo e la cacciata e l'eliminazione fisica di quasi tutti i suoi uomini (si stima fossero fra i
3 ed i 5000) che si nascondevano nel Paese. Alcuni di loro furono riutilizzati per ricreare ex novo
una struttura di sicurezza.
L'azzeramento della Savak ha coinciso con la costituzione di varie agenzie di sicurezza a livello
governativo che nel 1980 sono confluite in un unico organismo, il "Ministero delle Informazioni e
Sicurezza" ("MOIS" o "Sazman e Ettela'at Va Amniat e Melli" da cui l'acronimo di SAVAMA) che,
in continuita' con la Savak, ne ha tramandato nel tempo usi e abusi.
Il Ministero e' - come lo era la Savak - un mix di polizia segreta e di Servizio Informazioni.
Gerarchicamente dipende dal Consiglio Supremo della Sicurezza Nazionale (CSSN), un ente
introdotto da una revisione della Costituzione del 1989 (art. 176). Fino ad allora l'organismo di
riferimento era il Consiglio Supremo della Difesa. Il CSSN e' presieduto dal Presidente della
Repubblica, ha un suo Segretario generale ed ha un ampio spettro di competenze (iniziative di
politica della sicurezza afferenti ogni settore della vita politica interna, estera, sociale, economica e
culturale; linee principali di difesa generale del Paese; programmi di approvvigionamento e
sviluppo per la difesa, individuazione e contrasto alle minacce interne ed esterne). Tuttavia, ogni
decisione e' subordinata alla specifica approvazione della Guida Suprema.
La sua composizione, oltre al citato Presidente della Repubblica ed al Segretario Generale
(nominato dalla Guida Suprema), include i massimi vertici dell'Iran: il Presidente del Parlamento, il
capo del sistema giudiziario, i ministri degli Esteri e degli Interni, il direttore del MOIS , i capi delle
tre Forze Armate (presenza se richiesta), il capo del Consiglio dei Guardiani della Costituzione, il
Ministro della Difesa, il Capo di Stato Maggiore Interforze (alias il Capo del Supremo Consiglio di
Comando delle Forze Armate), il capo delle Guardie rivoluzionarie (Pasdaran, presenza se
richiesta), il vice Presidente della Repubblica con delega per la Pianificazione ed il bilancio, il
Ministro dell'Energia e quello della ricerca scientifica, il vice responsabile degli
approvvigionamenti, il vice responsabile del progetto nucleare, due consiglieri (non
necessariamente deputati di nomina della Guida Suprema), il rappresentante diplomatico all'ONU, il
primo vice Presidente della Repubblica, esperti di politica estera e pianificazione.
Nella pratica, tutte le articolazioni governative e militari trovano un loro referente in questo
organismo che non solo decide, ma coordina. E non e' un fatto casuale che anche il programma
nucleare - oggi oggetto di minacce esterne - sia rappresentato in questa struttura. Il CSSN si articola
in vari sotto-comitati a seconda degli argomenti trattati. In molti casi opera in una configurazione
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piu' ristretta, ovvero con un organismo denominato "Consiglio di Sicurezza" presieduto sempre dal
Presidente della Repubblica (o da chi per lui) e coadiuvato da un numero minore di personalita'
politiche.
Tuttavia, nel campo della sicurezza propriamente detta il MOIS costituisce un primus inter pares
relativamente ad altre strutture parallele e concorrenti. Quindi, almeno sulla carta, operano alle
dipendenze del MOIS (diciamo meglio in ambito MOIS) :
-
Il Servizio di Sicurezza interno,
-
Il Servizio di sicurezza esterno poi identificato con l'acronimo di Vevak (Vezarat-e Ettela'at
Va Amniyat-e Keshvar),
-
L'apparato informativo delle varie Forze Armate,
-
Il Servizio di controspionaggio dei Guardiani della Rivoluzione (Pasdaran),
-
Il Servizio Informazioni del Corpo dei Pasdaran,
-
Gli apparati informativi della Forza Al Quds (reparti militari di e'lite dei Pasdaran),
-
Gli apparati informativi dei Basiji (corpo paramilitare di volontari)
Tra i compiti del MOIS, oltre allo spionaggio, si annoverano il controspionaggio, la sicurezza
interna ed esterna ed altre attivita' che lo hanno reso tragicamente noto: l'organizzazione di attivita'
terroristica, l'eliminazione dei dissidenti in patria e all'estero, l'esportazione (violenta o assecondata)
della rivoluzione in altri Paesi. A questi ultimi tre settori concorrono un po' tutti, ma sicuramente lo
strumento piu' dedicato ed efficace e' oggi la Vevak (da li' nasce talvolta il malinteso che identifica
il MOIS con la Vevak) che, a differenza delle altre agenzie, e' parte integrante del MOIS.
Altro compito del MOIS e' il "procurement", cioe' l'acquisizione di tecnologia e macchinari che
oggi si concentra soprattutto nello sviluppo del programma nucleare e nei progetti missilistici (da li'
si compendia il fatto che nel CSSN vi sia un responsabile del settore). Questa e' oggi un'attivita' di
vitale importanza per un Paese che deve confrontarsi con sanzioni e boicottaggi.
Se il MOIS ha sotto la sua diretta disponibilita' operativa la Vevak, lo stesso non si puo' dire per
tutte le altre strutture di sicurezza per la quali, al massimo, garantisce un certo coordinamento.
Queste mantengono infatti, anche in virtu' degli equilibri politici interni e dei rapporti di forza, una
certa propria autonomia. Basti pensare che soprattutto i Pasdaran ed i Basiji rispondono piu' agli
ordini della Guida Suprema che non a quelli del Presidente della Repubblica, a cui gerarchicamente
spetta il controllo del MOIS.
Il Ministero ha il suo Quartier Generale a Teheran ed ha una forte disponibilita' finanziaria, i suoi
bilanci sono secretati e l'apparato complessivo puo' contare su circa 4-6000 uomini (parte della
manovalanza viene fornita anche dai Pasdaran) presenti sul territorio nazionale e nelle strutture
(diplomatiche e non) all'estero.
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Sul piano interno, funzionale all'attivita' di repressione degli oppositori, vi sono anche alcune
prigioni sono gestite direttamente dal MOIS.
Al MOIS fanno capo anche l'attivita' di censura, la disinformazione, l'addestramento ideologico, il
controllo e la sorveglianza dei diplomatici stranieri, il controllo degli uffici e dei funzionari
governativi, un'accademia di intelligence e tutte le attivita' rette dai vari uffici centrali all'interno del
Ministero.
LE ALTRE STRUTTURE DI SICUREZZA
Sicuramente il MOIS e' la struttura principale - l'organizzazione ombrello - su cui si basa la
sicurezza dell'Iran, ma vi sono anche altri apparati che operano nello specifico settore, sia
nell'ambito del previsto coordinamento nel MOIS, sia al di fuori di esso. Nel 2005 si era parlato
della possibilita' di riunificare tutte le agenzie di intelligence e di sicurezza iraniane in un unico
organismo, ma poi il progetto era stato accantonato per due ordini di motivi: la paura (ed il correlato
pericolo) che potesse essere concentrato troppo potere repressivo ed autoritario in un solo
organismo; l'interesse delle varie lobby politiche, militari e religiose a mantenere il controllo su
alcune strutture di riferimento. Pertanto, alla fine, pur in una gerarchia di valori operativi che mette
al primo posto la Vevak ed i Servizi dei Pasdaran, altre agenzie continuano ad operare, talvolta in
concorso, ma molte volte anche in concorrenza, nel campo della sicurezza.
C'e' un Servizio Informazioni Militare che dipende gerarchicamente dal Capo di Stato Maggiore
interforze attraverso i Comandanti delle varie Forze Armate. Svolge l'attivita' tipica di altre strutture
equivalenti nel mondo: spionaggio militare, sicurezza delle strutture militari, attivita' di
controspionaggio nelle unita' militari, procurement di equipaggiamenti e armamenti, controllo del
traffico aereo e marittimo nelle aree di interesse operativo (vedasi per esempio il Golfo, oggi la
Siria, ieri l'Iraq), gestione degli Addetti Militari all'estero.
C'e' poi il citato Servizio Informazioni delle Guardie della Rivoluzione che opera nell'ambito di
questa Forza militare creata dopo la rivoluzione islamica. Il Corpo dei Pasdaran ("Sepah e
Pasdaran" o "Pāsdārān e Enqelāb") puo' contare su circa 120-140.000 uomini ed ha un suo esercito
di terra, una sua Marina e una sua aviazione. Rispetto alla altre Forze Armate regolari e' considerato
ad un piu' alto livello di fedelta' al regime iraniano, ma soprattutto alla gerarchia religiosa. Sotto
questo aspetto viene talvolta etichettato come una specie di esercito religioso. Attraverso il loro
Comandante i Pasdaran dipendono, ma solo virtualmente, dal Capo di Stato Maggiore Interforze. In
realta' sono alle dipendenze della Guida Suprema. Secondo la Costituzione (art. 150) e' anche
previsto un loro intervento nella difesa della Rivoluzione. Stessa cosa e' contemplata in uno Statuto
del Corpo del 1980. I Pasdaran controllano strutture industriali della difesa, presiedono al
programma missilistico, sono diventati un potere economico, nonche' un potere nel potere. Oltre
alle incombenze di una Forza Armata, i Pasdaran assommano altre attivita' meno ortodosse : la lotta
contro gli oppositori ed i dissidenti del regime, il controllo sull'operato delle forze di polizia.
Vi sono anche strutture di sicurezza del Ministero dell'Interno (Servizio di Sicurezza Interno) che
sono diventate un organismo di rilievo dopo l'unificazione, nel 1991, di 3 pre-esistenti apparati: la
Gendarmeria, la Polizia propriamente detta ed i Komiteh (acronimo per " Comitati Rivoluzionari
Islamici", una struttura a sostegno della rivoluzione nata ai tempi di Khomeini e poi legalizzata dal
Parlamento nel 1983. E' stata inizialmente creata all'interno delle moschee e poi autorizzata a
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operare nel Paese come una forza di Polizia per combattere la droga, i gruppi di opposizione ed
infine anche i "comportamenti immorali", configurandosi cosi' anche come milizia/polizia
religiosa). Il Servizio di Sicurezza Interno svolge, tra l'altro ed in concorso con i Pasdaran, attivita'
di controspionaggio e di controllo delle sedi diplomatiche con proprie unita' speciali.
Anche nel Ministero degli Esteri c'e' chi si dedica ad attivita' di intelligence attraverso la catena
diplomatica e la loro diramazione all'estero. Il Ministero opera infatti in stretto contatto con il
MOIS, ha una sua struttura di analisi e valutazioni strategiche e, all'occorrenza, fornisce sostegno
per le operazioni che altri Servizi (Pasdaran, Basiji, forze Al Quds ) intendono sviluppare all'estero
in chiave eversiva o nella caccia (meglio detto: eliminazione) dei dissidenti all'estero. Nella pratica
il Ministero ha piu' un ruolo di sostegno e di concorso a favore degli altri organismi di sicurezza
nella ricorrente confusione fra attivita' diplomatica e di intelligence comune a molti regimi totalitari.
C'e' poi l'apparato di sicurezza ed informativo dei Basiji che opera sul territorio nazionale in
concorso con i Pasdaran. La loro presenza operativa e' soprattutto concentrata nelle universita', negli
uffici governativi e nelle moschee. E poiche' il comandante dei Basiji figura fra i piu' stretti
consiglieri della Guida Suprema, ne consegue che l'attivita' di sicurezza e di controllo di questo
apparato si sviluppa come diretta emanazione delle direttive di Khamenei. Corpo paramilitare che
era assurto a notorieta' internazionale per il martirio di molti giovani lanciati sui campi minati nella
guerra contro l'Iraq, e' oggi militarmente inquadrato nel Corpo dei Pasdaran. I Basiji hanno ereditato
dai Komiteh quella funzione di polizia religiosa nella lotta contro la cosiddetta "immoralita'" dei
costumi a cui assommano funzioni di ordine pubblico (contro le manifestazioni dell'opposizione)
di difesa civile, indottrinamento religioso e di repressione della dissidenza. A livello locale i Basiji
operano sotto il comando della gerarchia sciita (soprattutto i mullah) e si articolano, nella loro
attivita' di controllo/repressione, in cellule a seconda del settore di competenza: studenti
universitari, settore pubblico, studenti medi etc..
E' difficile quantificare la forza dei Basiji in termini numerici perche' accanto ai volontari ci sono
anche i membri a tempo pieno dell'organizzazione, oltre a quelli (uomini e donne) inquadrati nei
reparti armati dei Pasdaran. Il regime iraniano attribuisce enfaticamente ai Basiji una forza di circa
13 milioni di affiliati, pari circa il 20% della popolazione, sia per attribuire un forte consenso alla
teocrazia, sia perche' nel conteggio vengono cumulati insegnanti, scuole, studenti, impiegati
governativi confondendo controllati e controllori. La ruvidezza con cui i Basiji esercitano la loro
attivita' trova ampia letteratura nei rapporti di Amnesty International dove ricorrono segnalazioni di
abusi, torture, sparizioni, pestaggi ed altro.
E' infine necessario computare, specie nel campo delle funzioni di polizia, altre strutture che
operano nel controllo delle masse. Ci si riferisce alle polizie religiose propriamente dette (i Basiji lo
sono solo parzialmente) come i Sarollah ("il Cammino di Allah"), i Jund Allah ("i soldati di Allah"),
gli Ya Zehra (dal nome di una forma di meditazione sciita).
La Forza al Quds, reparto di e'lite dei Guardiani della Rivoluzione (Pasdaran), e' nella pratica il
braccio armato delle operazioni - talvolta sporche - condotte soprattutto all'estero. Creata per la
guerra con l'Iraq, e' rimasta come strumento di espansione della politica iraniana in aree di crisi. Si
tratterebbe di circa 12-15.000 uomini presenti oggi in molti Paesi come supporto armato, consiglieri
militari e addestratori (la loro presenza e' segnalata in Libano, Siria, Yemen, Afghanistan, Iraq).
Benche' parte integrante dei Pasdaran, proprio per la sensibilita' e pericolosita' delle loro operazioni,
la Forza al Quds si e' dotata di un proprio Servizio intelligence.
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Poi ci sono anche i Servizi informazione delle Forze Armate e quello centrale degli Stati Maggiori
congiunti - comunemente indicati nel gergo internazionale come J2 - come in realta' hanno quasi
tutti i Paesi del mondo. In Iran hanno minore importanza perche', dopo la caduta dello Shah quando
le Forze Armate avevano un grosso ruolo, con il successivo avvento di Khomeini il loro
ruolo/potere e' stato fortemente ridimensionato. Questa emarginazione rimane tuttora presente
anche nelle attivita' di intelligence, prevaricate da quelle dei Pasdaran, della Forza al Quds e dei
Basiji.
UNA VALUTAZIONE DEL SISTEMA
Se si contano ed analizzano tutte le strutture di sicurezza che si dedicano a vario titolo al sostegno
della teocrazia iraniana viene fuori che si tratta di un numero consistente di agenzie, ognuna con
una propria autonomia operativa, con diversi referenti istituzionali, ma con una precisa tendenza a
far capo, nella maggioranza dei casi, alla gerarchia islamica. Questa tendenza si e' accentuata nel
tempo non solo per garantire il potere degli ayatollah, ma anche per le sopravvenute minacce
esterne che provengono da Israele e, in forma latente, dai vari regimi sunniti del Golfo. Quindi due
necessita': minaccia interna e minaccia esterna.
La minaccia esterna ha fatto si' che la licenza ad effettuare operazioni non convenzionali all'estero
sia stata attribuita a parecchie agenzie. Questo potrebbe teoricamente determinare un dispendio di
energie ed un mancato coordinamento. Almeno sulla carta la sinergia dovrebbe essere assicurata dal
MOIS, ma questo nei fatti non avviene per la divisione politica che oggi esiste tra i due maggiori
contendenti del potere iraniano: la Guida Suprema Khamenei ed il Presidente della Repubblica
Mahmoud Ahmedinejad. Non e' una divaricazione tra potere religioso e potere laico, essendo questa
una distinzione alquanto labile nell'Iran di oggi, ma una divergenza tra due personaggi legittimati
uno dalla gerarchia religiosa e l'altro dal voto popolare.
Il controllo sugli apparati di sicurezza e' ritenuto un elemento che consente ai due contendenti di
esercitare con maggiore enfasi il proprio potere politico o, in caso negativo, di garantirne la
sopravvivenza politica. E' in questo contesto che deve essere inserita la diatriba tra Khamenei e
Ahmadinejad sul capo del MOIS, Heydar Moslehi. Nominato da Ahmedinejad nel 2009 all'inizio
del suo secondo mandato presidenziale, licenziato dallo stesso presidente nell'aprile del 2011, ma
poi subito rimesso al suo posto da Khamenei.
Bisogna poi sottolineare come in Iran, sul piano interno, il potere di controllo sulle masse sia
esercitato piu' con strumenti di repressione che con il consenso. E' per questo che ciascun
contendente tende ad avere un proprio strumento di controllo da utilizzare anche in
contrapposizione a quelli degli altri.
La proliferazione degli apparati di sicurezza in Iran postula anche altre due considerazioni: siamo di
fronte ad uno Stato di Polizia, il regime non si sente abbastanza saldo al potere.
Per quanto riguarda l'efficienza di questi apparati, questa e' ben circostanziata nel controllo del
territorio nazionale (anche se con metodi brutali). Sull'estero, invece, una conferma arriva dalle
operazioni condotte in territorio straniero (eliminazione di dissidenti, atti di terrorismo, infiltrazione
di gruppi eversivi, traffico d'armi, contrabbando di missili, approvvigionamento di tecnologia per il
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programma nucleare), anche se appare ancora carente nel settore del controspionaggio. Ne fanno
fede la catena di scienziati iraniani uccisi negli ultimi anni (Ardeshir Hosseinpou, Massoud Ali
Mohammadi, Madjed Shariari, Darious Rezaeineja, Ahmed Rezai, Mostafa Ahmadi Roshan,
Mohammad Esmail Kosari, il gen. Hassan Teherani ), la defezione all'estero di personaggi di spicco
(il Gen. Ali Reza Asgari, lo scienziato Shahram Amiri poi pentitosi) e la serie di attentati che hanno
danneggiato negli ultimi tempi le infrastrutture militari e nucleari (base missilistica a sud di
Teheran, deposito di esplosivi di Bidganeh, l'impianto di conversione dell'uranio di Isfahan, una
fabbrica di metalli di Yazd coinvolta nel nucleare, introduzione di malware e spyware nel sistema
informatico nucleare).
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LE TANTE ANIME DEGLI HEZBOLLAH
Il ruolo degli Hezbollah in Libano e in Medio Oriente nasce dal sistema di spartizione politicoreligioso elaborato nel 1943 alla fine del mandato francese. Un sistema confessionale dove le piu'
alte cariche dello Stato sono ripartite a priori sulla base della religione di appartenenza: il Presidente
della Repubblica un maronita, il Primo Ministro un sunnita, il Presidente del Parlamento sciita, il
Comandante dell'Esercito maronita, il Governo composto in eguale misura di rappresentanza
confessionale, un Parlamento equamente diviso tra cristiani e musulmani (fino al 1989 il rapporto
era di 6 a 5 a favore dei cristiani).
Questo sistema ha funzionato con sostanziale pace sociale fino al 1975. Poi sono subentrati i
problemi: l'arrivo dei palestinesi cacciati dalla Giordania da Re Hussein (Settembre Nero), la
diversa crescita demografica della popolazione che non rispettava piu' i parametri del 1943, i
disequilibri sociali tra le diverse confessioni, le interferenze esterne.
Soprattutto il problema palestinese ha avuto un effetto deflagrante sulla stabilita' del Libano:
cacciati dalla Cisgiordania dopo la guerra del 1967, approdati in parte in Giordania dove la loro
presenza armata aveva creato non pochi problemi alla monarchia hashemita, combattuti da Re
Hussein e costretti a scappare in Libano (in questo aiutati indirettamente anche da Israele che
nell'intento di indebolire i cosiddetti "Paesi del Fronte" aveva concesso loro il transito attraverso la
Cisgiordania occupata). I palestinesi si erano insediati armi e bagagli in territorio libanese
(soprattutto nel sud del Paese) riproponendo nei fatti quello che avevano gia' tentato di creare in
Giordania: uno Stato nello Stato. Con l'inizio delle operazioni di guerriglia contro Israele, la
situazione di conflitto interno ed esterno si era esasperata: i Maroniti erano apparsi solidali con
Israele, i sunniti (e successivamente anche gli sciiti) con i palestinesi.
E' su questi presupposti che e' iniziata la guerra civile in Libano protrattasi fino agli accordi di Taif
del 1989. Una guerra civile dai contorni confessionali, ma alimentata anche da ingerenze esterne
con Israele in appoggio delle milizie cristiane nel sud del Libano (il Maggiore Haddad e poi il Col.
Lahad), i siriani dediti inizialmente a preservare la folta comunita' di lavoratori che operavano nel
Paese (ed invitati ad entrare dai cristiani) e salvo poi dare adito, a seguito della perdita del controllo
delle alture del Golan con la guerra del 1967, a mal celate forme di revanscismo nazionale (la
grande Siria) terminate con il ritiro del contingente militare nel 2005.
E' in questo contesto sociale di guerra civile che comincia la storia degli Hezbollah (dall'arabo :
"Partito di Dio") come milizia armata e come partito. Inizialmente gli Hezbollah erano favorevoli
ad Israele perche' combatteva i palestinesi. Tuttavia, quando a seguito di svariate operazioni militari
i soldati di Tel Aviv avevano occupato parte del territorio del Libano meridionale (1982), il loro
risentimento si e' indirizzato verso gli occupanti. A migliorare le loro capacita' militari con
addestramenti e forniture di armi ci avevano da subito pensato i Pasdaran inviati da Khomeini,
installatosi a Teheran nel 1979 e che predicava la lotta contro gli ebrei.
Hezbollah nasce quindi come gruppo segreto di resistenza. Il suo capo era a quei tempi Hossein
Musawi, un personaggio della teocrazia iraniana (poi diventato famoso come esponente dei
riformisti nel suo Paese) inviato in Libano da Khomeini. Il Partito di Dio nasceva dalla secessione
da un'altra piu' grande organizzazione sciita, la "Harakat Amal", di tendenza piu' laica e accusata di
collusione con il nemico sionista e di corruzione. L'uscita degli Hezbollah dalla clandestinita'
avveniva nel febbraio del 1985 con un documento pubblico: "Lettera agli oppressi del Libano e del
Mondo".
Gli accordi di Taif prevedevano che le milizie operanti nel Paese fossero sciolte e disarmate, ma gli
Hezbollah evitarono di farlo nel loro ruolo di "forza di resistenza" contro Israele (anche altri gruppi
come Hamas, Fatah, il Fronte Popolare per la liberazione della Palestina fecero altrettanto anche se
"ufficialmente" le loro armi non potevano essere portate fuori dai campi profughi). Hezbollah oltre
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a non aderire alla parte militare degli accordi di Taif, non aderi' nemmeno sul piano politico. Uno
dei requisiti degli accordi di Taif era l'abolizione del "settarismo politico" che era invece parte
integrante degli aspetti programmatici e confessionali del Partito di Dio.
Nel 1989 Subhi al Tufaily e' subentrato come Segretario Generale degli Hezbollah. Nel 1991 al suo
posto e' stato nominato Abbas al Musawi. Il personaggio era appoggiato da un esponente religioso
come Mohammad Hussein Fadallah, pur essendo portatore di una visione laica degli Hezbollah in
contrapposizione alla fazione piu' radicale guidata Hassan Nasrallah. Il nuovo Segretario Abbas
Musawi era stato precedentemente a capo degli apparati di sicurezza e dell'ala militare degli
Hezbollah. Sostenitore di una lotta senza quartiere contro Israele, non disdegnava attentati, cattura
di ostaggi e terrorismo. Accettando l'accordo di Taif, Musawi respingeva nei fatti l'idea della
creazione di uno Stato teocratico in Libano. Questa nuova impostazione politica del gruppo aveva
trovato l'appoggio dell'allora Presidente iraniano Ali-Akbar Hashemi Rafsanjani.
Il 16 febbraio 1992 un elicottero Apache dell'Esercito israeliano colpiva con un missile il corteo di
auto di Musawi nel sud del Libano uccidendolo insieme alla moglie, al figlio di 5 anni e a quattro
persone della scorta. La morte di Abbas al Musawi apriva la strada alla leadership, tuttora in essere,
di Hassan Nasrallah, con la benedizione della Guida Suprema iraniana Khamenei.
MODUS OPERANDI
Sul piano operativo, fin dall'inizio gli Hezbollah non hanno disdegnato atti di terrorismo, sequestri
di persona, cattura di ostaggi, dirottamenti di aerei (volo TWA fra Atene e Roma nel giugno del
1985), attacchi suicidi contro Israele (attacco all'ambasciata israeliana in Argentina nel 1992) e
anche verso quegli Stati percepiti come ostili come Francia e Stati Uniti (autobombe e kamikaze
contro le truppe francesi e americane nell'ottobre del 1983).
A partire dagli anni '90 l'organizzazione si e' convertita ad operazioni di guerriglia contro Israele
attaccando postazioni, lanciando razzi, facendo detonare auto imbottite di esplosivo e lasciando in
mano ad altre emanazioni esterne, come la Jihad Islamica, l'attivita' terroristica. La crescente
capacita' militare degli Hezbollah ha avuto una conferma diretta a seguito dell'invasione israeliana
del Libano nel 2006.
Sul piano politico la nascita del Partito di Dio da un lato ha creato una struttura di riferimento per
gli interessi della comunita' sciita nel sud del Libano (soprattutto nella valle della Bekaa) e nella
periferia di Beirut. Nel contempo e' diventato il polo di aggregazione di altri movimenti operanti nel
Paese (il Da'wa di Fadallah, l'Associazione degli Ulema libanesi, Amal). Hezbollah, ieri come oggi,
non si dedica solo alla politica, ma la accompagna con una serie di strutture sul terreno di assistenza
alla popolazione (quella sciita in Libano ha uno standard economico e sociale molto basso) che
vedono una grossa partecipazione di volontari: ospedali e cliniche a bassi prezzi, scuole per bambini
e per disabili, orfanotrofi, campi scuola per studenti, iniziative sportive, farmacie, raccolta rifiuti,
fornitura di piccoli prestiti e sostegno finanziario alle vittime della guerra. Attivita' svolte con i
contributi dei libanesi sciiti all'estero, con la raccolta della "zakat" (quota di ricchezza elargita a
favore della comunita' religiosa), con i soldi elargiti dalla Siria e dall'Iran (magari per finalita'
diverse dal sociale).
Tutto questo ha fatto si' che gli Hezbollah godano tuttora in Libano di un ampio sostegno popolare.
Hanno un'emittente televisiva satellitare propria ("Al Manar") in funzione dal 1991, una radio ("Al
Nur") e vari siti web alimentando i prodromi di uno Stato nello Stato.
LA STRUTTURA
Data la complessita' delle attivita' che gli Hezbollah svolgono sul piano militare, politico e sociale
hanno elaborato una struttura di vertice che si e' poi modificata e raffinata nel tempo.
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Il cuore dell'organizzazione e' il "Consiglio Consultivo" ("Majlis al Shoura") guidato dal Segretario
generale del Movimento, Hassan Nasrallah. E' qui che si prendono tutte le decisioni strategiche del
Partito di Dio. Vi e' poi un "Comitato Esecutivo" composto dai rappresentanti di tutte le branche in
cui si articola l'attivita' dell'organizzazione (sicurezza, affari militari, sanita', affari sociali, finanze,
informazione, commercio). In ultimo vi e' un "Ufficio Politico" che raggruppa tutti i membri degli
Hezbollah eletti nel Parlamento libanese.
Accanto a queste strutture di comando e di guida vi e' un grosso apparato amministrativo che
coadiuva il Comitato esecutivo nell'espletamento delle direttive del Majlis sia a livello centrale che
periferico. Vi e' poi una struttura di comando militare (una specie di Stato maggiore) che fa capo al
"Consiglio della Resistenza Islamica" ( altrimenti indicato talvolta come "Consiglio della Jihad").
Nelle sue linee essenziali la struttura degli Hezbollah ricalca sulla falsariga la filosofia teocratica
iraniana. Indicativo il fatto che le decisioni risiedano principalmente nell'organismo a maggiore
incidenza religiosa, cioe' il Majlis. Non esiste nel Movimento una divaricazione tra attivita' politica
e militare, ma l'una e' compendiata dall'altra.
LA CAPACITA' MILITARE
L'apparato militare degli Hezbollah viene accreditato di particolare efficienza e gli ultimi scontri
con Israele lo hanno ampiamente dimostrato. Parte di questo merito va ascritto allo stesso Nasrallah
che ha modernizzato lo strumento militare e, nel contempo, ha favorito nel dispositivo militare e
negli apparati di sicurezza un sistema di meritocrazia senza interferenze gerarchiche di tipo
religioso (quindi niente capi militari mullah). Nel tempo e' migliorato il sistema addestrativo e
quello logistico (considerando il labirinto di depositi e postazioni dove vengono nascosti gli
armamenti).
La branca militare degli Hezbollah e' stimata sull'ordine di circa 2000 uomini, ma e' un dato non
solo da verificare, ma anche da valutare nella considerazione che accanto ai militari "full time" ci
sono da aggiungere i cosiddetti volontari o richiamati che possono portare la forza del movimento
ad oltre 10.000 uomini. La struttura piramidale di Hezbollah e' disciplinata e risponde del suo
operato a Nasrallah ed al citato Consiglio della Jihad.
Quella che invece e' esponenzialmente aumentata e' la qualita' degli armamenti in mano
all'organizzazione, soprattutto in campo missilistico (grazie alle forniture iraniane) e nel settore
controcarri. Hezbollah ha inoltre la capacita' di operare militarmente in vari altri teatri, di fornire
assistenza militare, di provvedere al trasporto in altri paesi di sistemi d'arma (vedasi i missili Fajr 5
arrivati a Gaza) che danno al movimento una dimensione che adesso travalica i confini del Libano.
HEZBOLLAH OGGI
Il Partito di Dio e' considerata oggi un'organizzazione politicamente pulita (a fronte della corruzione
dilagante negli altri partiti libanesi) e l'unica forza militare ad essere stata in grado di confrontarsi
con Israele. Sul piano sociale e' impegnato nell'assistenza ai poveri e nella ricostruzione dopo i
bombardamenti israeliani. Tutte iniziative che gli garantiscono supporto popolare soprattutto tra gli
sciiti che rappresentano circa il 30% della popolazione libanese.
Ma non mancano gli oppositori in Libano e chi cerca di contrastare l'egemonia del Partito di Dio
soprattutto tra i sunniti, buona parte dei cristiani e dei drusi. Gli Hezbollah sono presenti nel
Parlamento libanese con 12 deputati sui 27 seggi che l'accordo di Taif assegnava agli sciiti. Fanno
parte dell'attuale governo, ma sugli Hezbollah pesa il sospetto che alcuni omicidi politici li abbiano
visti protagonisti o co-protagonisti (soprattutto l'uccisione di Rafik Hariri nel febbraio del 2005 –
avvenuta per mano di un kamikaze sciita legato agli Hezbollah – e quello recente del Generale
Wissam al Hassan) con la Siria.
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La morte di Hariri ed il ritiro delle truppe siriane dal Libano (Aprile 2005) hanno costretto il Partito
di Dio a partecipare direttamente al governo di Beirut al fine di compensare con un maggiore e
diretto coinvolgimento dell'organizzazione nelle vicende politiche del Paese l'uscita di scena
militare di Damasco. Ma Hezbollah come abbiamo gia' detto, deve confrontarsi con un fronte
politico interno che comprende i drusi di Jumblatt, clan sunniti e formazioni cristiane. E non e'
casuale che questo sia lo stesso fronte che appoggia i ribelli siriani contro Bashar Assad.
Gli Stati Uniti considerano gli Hezbollah un'organizzazione terroristica dall'8 ottobre 1997.
Nonostante le pressioni israeliane, l'Europa (con eccezione dell'Olanda) finora non ha fatto
altrettanto. L'Inghilterra ha messo al bando la branca militare dell'organizzazione, ma non la sua
componente politica facendo un distinguo tra le due anime del Partito di Dio. Distinzione che pero'
nella realta' non esiste.
Hezbollah si deve oggi confrontare con una situazione regionale destabilizzata che pone
l'organizzazione di fronte a scelte difficili. Il piu' grosso problema e' rappresentato dalla crisi
siriana. I legami storici del Partito di Dio con Teheran e Damasco costringono – forse meglio dire
obbligano – gli Hezbollah a combattere a fianco dei lealisti siriani. E' una guerra disperata, sia in
termini militari, ma soprattutto politici in quanto l'identificazione dell'organizzazione con un regime
autoritario e repressivo come quello di Bashar Assad fa perdere consensi anche in Libano.
Ma quella degli Hezbollah e' oggi una lotta per la sopravvivenza. Se cade il regime alawita si crea
una discontinuita' territoriale tra il Libano e l'Iran che potrebbe danneggiare il rifornimento militare
da Teheran. Ne risulterebbe indebolito lo stesso regime degli Ayatollah e questo danneggerebbe
direttamente il peso degli Hezbollah in un eventuale ulteriore, futuro, scontro militare con Israele.
Caduto Assad, cadrebbe anche il revanscismo siriano sul Libano di cui il Partito di Dio era elemento
di sostegno.
L'attuale coinvolgimento degli Hezbollah in Siria e le conseguenti difficolta' politiche in Libano
potrebbero favorire, all'interno dell'organizzazione sciita, una ulteriore opzione e cioe' quella
terroristica. E se questo si verifichera', potra' avvenire non solo su libera decisione del Majlis al
Shoura, ma su istigazione iraniana.
Gli Hezbollah hanno ultimamente innalzato il livello di cooperazione con l'Iran. Lo hanno fatto
attrezzando un centro di guerra elettronica nel quartiere Dahya a sud di Beirut. Inglobato
nell'apparato di sicurezza dell'organizzazione retto da Wafiq Safa (imparentato con Nasrallah in
quanto il figlio ha sposato una sorella del leader), questo centro opera con l'assistenza e le direttive
di Teheran tramite il generale iraniano Hossein Mahadavi.
Il progetto rientra in quella priorita' iraniana di fare fronte alle cyber incursioni nei siti nucleari da
parte di Israele passando da una fase difensiva ad una offensiva (con congruo finanziamento di
questa specifica attivita' con circa un miliardo di dollari). Ma a parte gli aspetti tecnici, l'evento
conferma l'affidabilita' – oltreche' le competenze tecniche – che il regime degli Ayatollah attribuisce
all'organizzazione di Hassan Nasrallah. Per diretta ammissione del governo di Tel Aviv, durante le
recenti operazioni militari israeliane nella striscia di Gaza i siti istituzionali e le maggiori agenzie
del Paese sono state oggetto di un massiccio attacco cibernetico (circa 44 milioni di attacchi).
Benche' mai ammesso ufficialmente, molti di questi attacchi provenivano da Beirut.
E sempre nell'ambito della recente crisi tra Hamas e Israele, la fornitura di missili iraniani alla
Striscia di Gaza e' avvenuta con la fattiva collaborazione logistica di Hezbollah. Anche qui forse per
testare sul terreno la capacita' del sistema antimissile "Iron Dome" prodotto da Israele. Il recente
sorvolo di un drone lanciato dal Libano sui cieli israeliani e poi abbattuto sul Negev ha visto
implicato ancora una volta l'apparato degli Hezbollah con l'ovvia assistenza e fornitura iraniana.
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Gia' nel 2006 gli Hezbollah avevano utilizzato un drone nella guerra contro Israele. Questa volta il
lancio, avvenuto il 6 ottobre 2012, e' da ricollegarsi ad un progetto iraniano che tende a sviluppare e
migliorare l'utilizzo di questi velivoli (soprattutto l'UAV "Ardebil" nelle sue diverse configurazioni)
che avevano bisogno di un test operativo che valutasse la loro capacita' operativa. Il drone era
partito dal Libano ed era entrato nello spazio aereo israeliano dal mare. La circostanza conferma
ancora una volta la fiducia illimitata che gli iraniani ripongono nel Partito di Dio.
Emerge abbastanza chiaro che l'unico interlocutore militare che si confronta oggi con Israele –
direttamente o per interposta persona – con credibilita' ed efficacia e' Hezbollah e le sue milizie. E
se servisse una ulteriore conferma al riguardo, basti pensare che gia' ad aprile dello scorso anno
Israele ha dato seguito alla costruzione di un muro con il confine libanese nell'Alta Galilea (area di
Metulla). Questo muro si aggiunge a quello che Israele, con il concorso americano, intende
costruire nel prossimo futuro lungo le alture del Golan.
Circolano poi voci – soprattutto fatte circolare dagli apparati di sicurezza sauditi – che sia in atto un
coordinamento tra gli Hezbollah e la Forza al Quds dei Pasdaran iraniani sia nel sostegno militare a
Bashar Assad nell'attuale guerra civile sia nella prospettiva che il regime alawita dovesse crollare.
Anche in questo ipotetico contesto si parla di una deriva terroristica dell'organizzazione. Peraltro
anche nei recenti attentati perpetrati dalla Forza Al Quds contro interessi e obiettivi israeliani
(Bangkok, Cipro, Bulgaria, Kenya) e' emersa dalle risultanze investigative la presenza di uomini
legati agli Hezbollah e/o di supporto logistico a dette operazioni. Lo stesso capo dei Pasdaran, il
Generale iraniano Ali Jafaari, aveva annunciato lo scorso settembre che reparti di Al Quds erano
schierati in Libano.
Altro elemento che sembra indicare un ritorno degli Hezbollah verso un percorso eversivo e' quello
dell'implicazione – per adesso non ulteriormente suffragata – dell'organizzazione nel sequestro di
stranieri. Nel periodo 1982-1992 il Partito di Dio era fortemente coinvolto in questa attivita' a
sostegno delle specifiche operazioni militari e/o per finalita' politiche. In quel periodo ebbero luogo
quasi 100 sequestri di cui un quarto di cittadini americani. La recente cattura e successiva
liberazione a dicembre scorso dell'inviato americano in Siria della rete NBC, Richard Engel, con
altri 4 colleghi sembra far riemergere tale pratica. Sembra che il sequestro sia avvenuto per mano di
milizie addestrate e/o pilotate dagli Hezbollah allo scopo di poter poi scambiare gli ostaggi con 4
iraniani e 2 libanesi in mano ai ribelli.
La capacita' militare degli Hezbollah nella guerra contro Israele e' sicuramente uno dei maggiori
elementi che tuttora fa acquisire simpatie e sostegno al Partito di Dio. Rientrano in questa
reputazione anche i passati, talvolta maldestri, tentativi israeliani di eliminare fisicamente gli attuali
vertici dell'organizzazione. A parte l'eliminazione di Imad Maghniyeh a Damasco con un'autobomba
nel febbraio 2008 (rivestiva l'incarico di capo militare dell'organizzazione, ora ricoperto da Wafiq
Safa), gli israeliani non sono mai riusciti ad uccidere Nasrallah. Ci hanno provato bombardando i
luoghi dove si pensava fosse presente l'interessato durante la guerra del 2006 (evento ammesso
dall'ex capo di Stato Maggiore Dan Halutz). Nel 2008 sembra sia fallito anche un tentativo di
avvelenarlo. Gli stessi fallimenti sono avvenuti con Fadallah nel marzo 1985 (autobomba) e nel
2006 .
Piu' volte i vertici di Hezbollah hanno dichiarato pubblicamente che uno degli obiettivi primari
dell'organizzazione e' l'eliminazione di Israele. Non si tratta di sola retorica politica, ma di qualcosa
di cui Israele oggi percepisce la minaccia anche in virtu' del fatto che notizie non confermate
indicano la presenza di milizie Hezbollah in Siria a protezione dei siti dove vengono stoccati
aggressivi chimici. Ma la sostanza del problema non e' tanto in quello che il Partito di Dio e' stato
nel passato, ma quello che potrebbe diventare domani con l'evoluzione della crisi siriana e, in senso
piu' lato, nella destabilizzazione del Medioriente.
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