Pdf Opera - Penne Matte

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Pdf Opera - Penne Matte
Wan guardò fuori dalla finestra. Il cielo era coperto. Una pioggia sottile scendeva e lustrava
le strade. Wan sospirò. Aveva voglia di una sigaretta, ma non poteva fumare durante l'orario
di lavoro. Se fumava le mani le puzzavano e una massaggiatrice non deve avere le mani che
puzzano.
Wan lavorava in uno dei centri massaggi spuntati a centinaia a Milano nell'ultimo
decennio.
Wan era thailandese. Molti centri massaggi a Milano erano thailandesi anche se la
maggior parte erano cinesi. Non erano brave a fare i massaggi, le donne cinesi. Non
reggevano il confronto con le thailandesi. Ma il business dei centri massaggio, a Milano,
rimaneva nelle mani dei cinesi per il semplice motivo che erano di più. Non c'era niente da
fare. I cinesi avrebbero vinto. Avevano già vinto. I thailandesi potevano solo sopravvivere,
ricavare un piccolo spazio e rimanerci attaccati, per non farsi sommergere dalla grande
ondata gialla.
E gli italiani?
Wan sorrise tristemente.
Gli italiani erano morti. Non c'era speranza per loro. Loro non se ne rendevano conto.
Giravano per le strade sorridenti, come se niente fosse, gli italiani, ma in realtà erano già
crepati e seppelliti sottoterra con una stele tombale con inciso sopra: "Qui giace il cosiddetto
popolo dei poeti, dei santi e dei navigatori, seppellito dalla grande invasione cinese".
Perché Wan riteneva che gli italiani fossero già morti?
Semplice, perché avevano rinunciato a quell'attività indispensabile per la sopravvivenza
della propria razza e che invece i cinesi praticavano come criceti impazziti: la riproduzione.
Nonostante si professassero il più cattolico dei paesi, gli italiani non scopavano più in
sensi biblico. Nessun uomo era disposto a versare il suo seme in una donna con l'intenzione
di ingravidarla e nessuna donna era disposta a farsi ingravidare. Gli italiani scopavano solo
per vizio. E quando un popolo scopa per vizio non può fare altro che invecchiare e morire.
Wan fissò il pacchetto di sigarette.
Sarebbe potuta andare in bagno per fumare. Con la finestra aperta, avrebbe soffiato il
fumo fuori e nessuno si sarebbe accorto di nulla. Nemmeno Oran, la padrona. Quella vecchia
thailandese cicciona e cattiva. Wan stava per tentare l'impresa, quando si udì il rintocco del
campanello. Un nuovo cliente stava per entrare al Centro Massaggi Thai Mai. Tutte le
massaggiatrici erano occupate tranne lei, dunque: niente sigaretta al cesso.
La porta a vetro riflettente si aprì e sulla soglia si meterializzò un cadavere, cioè un
italiano. Un uomo più vicino ai cinquanta che ai quaranta, le gambe magre, le braccia lunghe
e magre anch'esse, un ventre gonfio che sporgeva sopra i bermuda cachi, una faccia con un
gran naso e il riporto per coprire pateticamente una porzione di cranio.
Non entrava di certo Brad Pitt per stendersi sul lettino e farsi oliare i suoi bei muscoli, in
un centro massaggi cinese. No, entravano aborti umani. Uomini che non avrebbero dovuto
nascere se solo la natura avesse avuto un suo senso estetico.
Il cliente appena entrato era una vecchia conoscenza. Si chiamava Toldo. Oltre che un
fisico penoso, Toldo aveva una voce nasale da maniaco che faceva venire i brividi a Wan.
Guardando Toldo, a Wan veniva spontaneo porsi una serie di domande.
1) Quest'uomo è un uomo o una qualche altra forma vivente appartenente alla specie degli
ominidi e solo vagamente simile a un essere umano?
2) Quest'uomo che vita ha, cosa fa una volta fuori dal Centro Massaggi Thai Mai? Ha una
propria esistenza? Interagisce con i suoi simili? Paga un mutuo per vivere in una casa? Paga
il bollo dell'auto? Va al supermercato per comprare da mangiare oppure vive in una scatola di
cartone, caga e piscia attraverso un buco praticato nella suddetta scatola e si ciba degli insetti
che la abitano insieme a lui? Perché a vederlo così, quest'uomo flaccido, gracilino e dall'aria
tonta, è difficile immaginarselo inserito in un qualsiasi contesto che non sia il Centro
Massaggi Thai Mai.
3) Quest'uomo ha una sua sessualità?
A quest'ultima domanda, Wan aveva una risposta: sì, Toldo, per quanto impensabile,
aveva una sua sessualità.
Wan lo sapeva bene dato che ogni volta che le capitava la disgrazia di massaggiare Toldo
non poteva fare a meno di notare l'inesorabile gonfiarsi del perizoma gentilmente concesso
dal Centro massaggi Thai Mai ai propri clienti affinché si coprissero le parti intime.
Dunque, quel pomeriggio grigio e bagnato, alle ore 16.32, l'ominide Toldo varcò la soglia
del Centro Massaggi Thai Mai.
La padrona, la cicciona Oran, gli andò incontro abbracciandolo.
- Toldo, amoooore, come stai? Tutto bene?
Il cadavere umano si lasciò strizzare tra le tette della giunoica thailandese.
- Sì... ciao... tutto bene... -, rispose.
- Casa, salute, lavoro? Tutto bene?
- Sì, tutto bene.
- Brutta giornata oggi, sì?
- Sì, piove.
- E freddo, sì?
- Sì, freddo.
I convenevoli erano terminati.
Il dialogo tra Oran e Toldo si era esaurito. Così Oran chiese: - Tu volere massaggio, sì?
- Sì.
- Massaggio rilassante?
- Rilassante, sì, con olio.
- Va bene. Rilassante con olio. Una ora. Tu oggi fare massaggio con Wan. Tu va bene? Tu
piace Wan?
Toldo guardò Wan. Wan ebbe un brivido. Toldo sorrise. A lui piaceva Wan. Era la
massaggiatrice più bella del centro massaggi. Dunque, davanti alla prospettiva che le mani di
lei avrebbero manipolato le sue flaccide membra, l'ominide Toldo non poteva che sorridere.
- Bene, Wan, porta cliente in lettino.
Wan sospirò e portò Toldo in uno stanzino dov'era collocato un lettino coperto da uno
strato di carta verde menta. Gli consegnò il perizoma e gli disse che sarebbe tornata tra poco.
Chiuse la porta e lasciò il cliente solo e libero di spogliarsi.
Dunque Toldo, il cadavere italiano di un metro e ottanta per sessantasette chili di peso,
cominciò a spogliarsi. Si tolse prima i mocassini di cuioio consumato, poi i calzini bianchi e
rammendati. Poi si tolse la maglietta e i bermuda, rimando in mutande. Si guardò per un
attimo di profilo su un grande specchio: era orribile.
Toldo era bianco e spelato come un petto di pollo. Non aveva peli se non per quel patetico
riporto sulla nuca e una striscia nerastra che gli scorreva tra il sedere e metà della schiena.
Wan aveva massaggiato centinaia di uomini, alcuni davvero brutti, quasi degli scherzi di
natura, ma non aveva mai visto nessuno con una striscia di peli ispidi che partiva da un punto
imprecisato tra le chiappe per terminare a metà della colonna vertebrale, simile a un
millepiedi rovesciato.
Un'altra cosa bizzarra di Toldo era il ventre. Tutto in lui era magrezza, pelle tirata fino
all'osso, tranne quel ventre rotondeggiante e incipiente. Una specie di gonfiore mostruoso,
innaturale, come se l'uomo fosse gravido di due gemelli alieni.
Dopo essersi guardato allo specchio, Toldo si chinò leggermente per sfilarsi di dosso le
mutande. Nel farlo, liberò all'aria palle e uccello. Le sue palle, contenute nello scroto
violaceo, sembravano il bargiglio di un volatile. Invece l'uccello somigliava a un cavatappi:
sottile e ritorto in se stesso.
Toldo si coprì le pudenda indossando il perizoma di carta, poi, muovendosi simile a un
enorme ragno albino, si arrampicò sul lettino per mettersi a giacere a pancia in giù in attesa di
Wan.
E Wan, dopo un paio di minuti, arrivò.
Per alcuni secondi rimase immobile davanti al cadavere che ora giaceva nella corretta
posizione: steso a pancia in giù. Toldo non muoveva un muscolo. Attendeva ad occhi chiusi
che le mani della ragazza thailandese lo toccassero, percorressero la sua epidermide, pallida e
viscida come quella di un verme.
Wan sospirò.
Pensò: fallo e basta.
E così lo fece. Cominciò a massaggiare il cadavere. Si spruzzò dell’olio sulle mani e
cominciò dal piede destro.
Toldo sorrise al contatto con quelle mani miracolose.
Cristo, cosa c’era di più bello nella vita che farsi massaggiare da Wan? Beh, una cosa
c’era, a dire la verità. Scoparsi Wan. Ma Toldo, per quanto cadavere, per quanto avesse
l’intelligenza di un bradipo capiva che non c’era nessuna possibilità in tal senso. Wan era una
dea, lui era un mortale (già morto). Wan aveva 21 anni, lui ne aveva 51. Wan era giovane, lui
un vecchio rottame. L’unico modo che uno come lui aveva di farsi una come Wan era
stuprandola, ma Toldo capiva che non sarebbe stato possibile. Lui non avrebbe mai stuprato
Wan non perché ritenesse lo stupro una cosa sbagliata, ma perché non ci sarebbe riuscito.
Dietro quelle parvenze morbide e femminili, s’indovinava il corpo di una giovane donna forte
e tonica. Wan era delicata con le mani, ma probabilmente sapeva anche difendersi, chiuderle
a pugno e fare male. E poi era thailandese. La Thailandia era uguale alla Cina e al Giappone
nella mente ignorante di Toldo, un posto dove la gente era abituata a difendersi a mani nude.
Un paese dove venivano praticate le arti marziali. Sì, era del tutto probabile che in una
situazione di tentato stupro, Wan si sarebbe trasformata in una specie di Bruce Lee con le
tette. Dalla Thailandia con Furore, cazzo. No, no, era meglio non mettere le mani addosso a
quel tocco di figa, pensò il cadavere ambulante di nazionalità italiana Toldo, e lasciare che il
suddetto tocco di figa le mettesse lei le mani addosso a lui, come da contratto.
Wan mollò il piede destro per quello sinistro.
Ogni massaggio era come una capillare esplorazione del corpo umano. Se l'esplorazione
fosse avvenuta su un corpo giovane e forte non sarebbe stata male. Il guaio era che le
esplorazioni al Thai Mai avvenivano in territori dissestati, rivoltati, segnati da piaghe,
sporcizia e deformità. Le dita dei piedi di Toldo, ad esempio, erano orribili. Piccole, separate
l'una dall'altra e a ventosa. Sembravano quelle di un geco, cazzo. E la pianta del piede:
maleodorante.
Una volta Wan aveva provato a lamentarsi con Oran delle condizioni di certi clienti.
- Ma non gli si potrebbe chiedere di fare la doccia prima?
Oran le era quasi saltata addosso.
- Che cosa dici? Il cliente è sacro! Se vuole fare la doccia prima, la fa prima, se la vuole
fare dopo, la fa dopo, capito? E' lui che decide. Il cliente è un idolo. Lo devi adorare perché è
lui che ci da i soldi per mangiare e sopravvivere!
Pochi giorni dopo, sempre Oran, la cicciona malefica, un quintale abbondante di carne
thailandese rosolata al fuoco lento dell'avidità, aveva fatto un discorso strano a tutto il team di
ragazze.
Le aveva radunate a fine orario e aveva detto: - Ragazze vi devo parlare. Vi devo parlare
di cose importantissime. Gli affari non vanno niente bene. La crisi finanziaria sta colpendo
tutti, persino noi. I clienti sono sempre meno e quelli più affezionati si fanno vedere sempre
più di rado. La gente non ha soldi da spendere. E' una tragedia. Se va avanti così finiremo col
morire di fame.
Dopo aver detto ciò, Oran era stata zittà, affinché le sue parole attecchissero bene nel
cervello delle ragazze, poi aveva proseguito.
- In tempi di crisi bisogna cambiare, non si può fare altro. L'istinto di sopravvivenza ci
spinge a rinnovarci, a trovare nuovi modi per guadagnare qualche soldo in più e sfamarci, e
io penso che noi un modo per continuare a guadagnare bene ce lo abbiamo. E sapete qual è?
Le ragazze non sapevano qual era questo modo per continuare a guadagnare ed evitare di
crepare di fame.
- E' accontentando i clienti, dandogli quello che vogliono -, disse Oran.
- E cioè, che cosa vogliono i clienti? -, chiese una ragazza, la più giovane del gruppo, la
più ingenua.
- Vogliono quello che hai tra le gambe, mia cara ragazza -, rispose spazientita Oran, cosa, se no? Perché credi che tutti questi uomini vengano qui a farsi massaggiare, per
ripristinare il prana? Per ritrovare il contatto giusto tra i punti meridiani e aumentare il
proprio benesere psicofisico? No. A questi vecchi italiani che si stendono sul nostro lettino,
non gli frega niente del prana. Loro vengono qui per mettersi nudi, farsi toccare, eccitarsi, e
noi, se non vogliamo chiudere baracca e burattini, dobbiamo dargli quello che vogliono, che
desiderano.
Qui Wan si era permessa un'osservazione: - Ci stai chiedendo di prostituirci, Oran?
Oran aveva sorriso bonaria e agitato le sue braccione al vento. - Prostituirvi? No, Wan
cara, che dici mai! Noi donne abbiamo una reputazione da difendere. Prostitursi è come
vendere l'anima, prima che il corpo. Non vi chiederei mai una cosa del genere. Dico solo
che... sì, ecco... secondo me potreste massaggare certi clienti meglio di come fate ora... so
benissimo che già li massaggiate alla grande, però... ecco, io vi chiedo, o meglio, vi consiglio,
di lasciare stare il prana e il ripristino dell'energia e di concentrarvi sulla piacevolezza del
massaggio, che è poi quello che vogliono i nostri clienti... più massaggi piacevoli facciamo,
più clienti entrano al Thai Mai, e più clienti entrano al Thai Mai più noi potremmo alzare le
tariffe, avete capito?
Sì, Wan aveva capito. Oran stava chiedendo a lei e a tutte le altre ragazze di prostituirsi,
malgrado lo avesse negato apertamente, o se non prostituirsi, di fare dei giochini nel corso di
un massaggio, giochini per renderlo più piacevole. Massaggio con licenza di sega, ecco la
nuova offerta del Thai Mai dietro consiglio della sua direttrice.
Wan, però, non era disposta a fare una sega a nessuno, nemmeno se l'avessero pagata tutto
l'oro del mondo.
Nemmeno se qui steso sul lettino ci fosse Buddha in persona invece di questo scarto
d'uomo, pensò, abbandonando il piede sinistro per la gamba destra.
Mentre in Wan erano in corso questo genere di riflessioni etiche, il cadavere ambulante
Toldo pensava. Anzi, il cadavere ambulante Toldo immaginava. Lo faceva ogni volta che si
stendeva in uno dei lettini del centro massaggi Thai Mai.
Il cadavere ambulante Toldo immaginava che le mani di Wan indugiassero laddove in
realtà non indugiavano, che il corpo di lei si avvicinasse ed entrasse in contatto col suo in
modalità in cui non si sarebbe mai avvicinato, né sarebbe mai entrato in contatto. In altre
parole, il cadavere ambulante Toldo stava immaginando di scopare Wan. Ovviamente tali
fantasie, unitamente al massaggio della ragazza thailandese, attivavano il suo apparato
riproduttivo, così quando Wan gli disse di mettersi a pancia in su, che il massaggio di schiena
era terminato, nel rivoltarsi, Toldo mostrò l'imbarazzante rigonfiamento.
Wan ci rimase di sasso. Ormai avrebbe dovuto essersi abituata. Nove uomini su dieci che
le capitavano sul lettino avevano l'alzabandiera che sventolava quando da proni si mettevano
supini. Ma ogni volta che succedeva lei subiva un piccolo trauma.
Non dovrei essere qui, le veniva da pensare. Non dovrei trovarmi in questa città, grigia e
afosa, dentro a questo centro massaggi, un buco sotterraneo, a passare al buio undici ore al
giorno. Non dovrei fare questo, massaggiare vecchi bavosi, toccare le loro pance pelose e
cadenti, manipolare i loro piedi lerci e artritici, strizzare i loro culi sdruciti, mentre i loro
uccelli diventano dritti e duri. Io sognavo il principe azzurro! Magari ero una ragazza un po'
ingenua a sognare il principe azzurro, ma quale donna non lo è? Io volevo un po' d'amore e
invece guarda dove mi trovo. Devo fuggire. Scappare da questo paese disastrato che sta
cadendo a pezzi e dove tutti pensano solo a godere quanto possono. E' come un'orgia
continua, l'Italia, un'orgia di vecchi e depravati e io non voglio fare parte della loro orgia. Ma
come faccio a scappare? Non ho un soldo. Oran, quella cicciona avida, se li tiene tutti per sé,
i soldi. A noi ragazze scuce solo una minima percentuale. L'indispensabile per sopravvivere.
Se solo avessi... che so... duemila euro... ecco, fuggirei. Prenderei il biglietto aereo meno
costoso per il posto più lontano e ricomincerei a vivere o se non altro ci proverei.
Wan stava pensando queste cose quando udì distintamente una parola.
- Sega.
Le sue mani arrestarono di colpo il moto circolare che stavano compiendo attorno
all'ombelico di Toldo e i suoi occhi lo fissarono. Quelli di Toldo erano chiusi o semichiusi,
come sempre. Il cadavere sembrava anestetizzato. Precipitato in una specie di coma, dolce e
irreversibile.
Era stato lui a dire quella parola? Sicuramente. Chi altri se no? Ma l'aveva detta
veramente? Wan non ne era così sicura. Toldo era un maniaco. Ogni volta che lei lo
massaggiava, lui aveva delle erezioni terribili, ma era anche un uomo timido. Un uomo che
non parlava mai. Si stendeva lì sul lettino e rimaneva muto, labbra e occhi chiusi, il cervello
in viaggio verso chissà quali impossibili universi erotici. Non era un perverso audace e
arrogante, Toldo, ma un uomo passivo, imprigionato in se stesso.
Forse non ha detto quella parola, pensò Wan, forse me la sono sognata. A furia di lavorare
in mezzo a tutti questi cazzi e di sentire i discorsi insinuanti di Oran, il mio cervello ha
cominciato a pensare da solo e pensa parole tipo quella che mi è appena parsa di ascoltare.
Wan riprese il massaggio e, scuotendo la testa, si disse: no, questo povero cadavere d'un
Toldo non ha detto niente. Non incolpiamolo di reati che non ha commesso.
Ma ecco che un minuto dopo, quella stessa parola, per quanto flebilmente, violava in
maniera distinta il silenzio del centro massaggi Thai Mai.
- Sega.
Questa volta Wan era sicura di averla sentita.
Abbassò gli occhi su Toldo.
Quelli di lui erano semichiusi, le labbra anch'esse schiuse, il viso tutto era contratto come
per uno sforzo immane.
- Come hai detto? -, chiese Wan.
Toldo rimase immobile alcuni secondi, poi il suo pomo d'adamo sobbalzò per lo sforzo di
deglutire, e dalla fessura della bocca uscì per la terza volta la fantomatica parola.
- Sega.
- Sega? -, domandò Wan, incredula.
- Sega -, ripeté Toldo, quasi in un sussurro. E aggiunse: - Fammi una sega. Ti prego, ti
prego, ti scongiuro, fammi una sega. Ti pago, se mi fai una sega. Tutto quello che vuoi. Una
sega. Una sega. Ti scongiuro, ti prego. Una sega. Ti do tutto quello che vuoi. Una...
- Zitto! -, lo interruppe Wan. Non sapeva se sentirsi più furente o scioccata.
- Una sega... -, ripeté l'uomo, a voce ancora più bassa.
Wan stava per urlargli di alzarsi, quando lui aggiunse: - Se mi fai una sega, faccio tutto
quello che vuoi. Tutto quello che vuoi, tutto quello che vuoi, tutto quello che vuoi...
Quelle ultime quattro parole si ripeterono come un disco rotto nell cervello di Wan, fino a
cambiare sensibilmente, pur mantenendo il loro significato inalterato.
Tutti i soldi che vuoi, tutti i soldi che vuoi, tutti i soldi che vuoi...
Era questo il senso della proposta di Toldo.
Per una volta, invece di terminare il massaggio lasciandomi come un essere molle e
informe appeso a una mostruosa erezione, terminalo facendomi venire; fammi un lavoro di
mano, Wan, due colpi bastano, una pugnetta veloce, non ti sto chiedendo niente di
complicato; non ti sto chiedendo di succhiarmelo e ingerire il mio sperma, non ti sto
chiedendo di farti scopare o, peggio ancora, sodomizzare, ti sto chiedendo di farmi una sega,
una semplice, tranquilla, superflua, innocua, rapida e poco compromettente sega. Dai, per
favore. Fammi sborrare. Ti basta abbassarmi il perizoma e unire le dita della mano destra se
sei destrosa o sinistra se sei mancina attorno al mio cazzo, guarda, non devi nemmeno usare
tutte e cinque le dita, se la cosa proprio ti ripugna, basta che unisci pollice, indice e facciamo
le ultime due falangi del medio attorno al mio prepuzio. Ti prego Wan: fammi questo e ti
darò tutti i soldi che vuoi.
Questo era il senso delle parole di Toldo.
Wan ripensò ai suoi piani di fuga. Se avesse chiesto mettiamo 200 euro a Toldo e a tutti i
clienti che le facevano proposte stimili, avrebbe potuto racimolare una cifra considerevole in
tempi brevi. Ma se anche avesse strappato solo 50 euro sarebbe stato un buon inizio...
Voleva cambiare vita e fuggire? Doveva lottare, sporcarsi un po' le mani - letteralmente! mica poteva pretendere di vincere al Superenalotto.
Fu così che Wan disse le magiche parole.
- Duecento euro.
Le palpebre di Toldo si aprirono di scatto. Sulle labbra dell'uomo si disegnò una specie di
sorriso.
- Duecento euro e... sega?
Wan annuì.
Toldo allungò il braccio destro, magro e lungo come una pertica, verso i pantaloni appesi
alla sedia, pescò il portafogli e tolse tutto il contante che aveva. Tre banconote da 50, una da
20 e una da 5.
- Ho 175 euro -, disse.
- Va bene lo stesso -, disse Wan, e porse il palmo.
Toldo vi mise sopra le tre banconote da 50, quella da 20 e tenne alcuni secondi per sé
quella da 5.
- Posso tenere 5 euro per comprare il biglietto del tram? -, domandò.
- Ma costa solo 1,50 euro, il biglietto del tram -, disse Wan.
- Lo so, ma non ho spiccioli.
- Tornerai a piedi, oggi.
Toldo un po' dispiaciuto mise sul palmo della mano anche la banconota da 5.
175 euro, niente male, pensò Wan.
Poi chiuse gli occhi e abbassò il perizoma dell'uomo per fare quello per cui era stata
pagata.
Anche una cieca ci sarebbe riuscita.