beato chi avra` guadagnato un fratello

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beato chi avra` guadagnato un fratello
BEATO CHI AVRA’ GUADAGNATO UN FRATELLO
“Fratelli, nessuno vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore; se
noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore. Per questo
infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei vivi e dei morti” (Rm.14,7-9)
La vita nuova, vera del cristiano scaturisce da un senso di appartenenza, dalla decisione di stare dalla parte di
Cristo. La nostra esistenza va, dunque, continuamente riorientata a Cristo in forza di una vera passione per Lui,
per il Signore, che sola può darle senso. Una appartenenza coltivata nella vita in modo sempre più totalizzante.
Nessuna vita può più rinchiudersi e ripiegarsi su se stessa. Ognuno è chiamato ad aprirsi a relazioni di carità, di cui
Cristo stesso è l’esempio e la sorgente.
“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: ”E’ inevitabile che avvengano scandali; ma guai a colui per il quale
avvengono. Non scandalizzate nessuno, in specie i più deboli. State, dunque, attenti a voi stessi. Se un tuo fratello
pecca, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli. E se pecca sette volte il giorno contro di te e sette volte ti dice: mi
pento, tu gli perdonerai” (Lc.17,1,4)
La fragilità è la continua e pesante condizione di vita e di azione dell’uomo sulla terra. Siamo tutti fragili e deboli,
malati nel corpo e nel cuore. Allora:
“State attenti a voi stessi”: che vuol dire una vigilante attenzione a se stessi, alle parole, ai gesti, alle scelte.
Vigilanza e attenzione mai smesse per non scandalizzare nessuno, in specie i più fragili e deboli nella fede. Gesù
accolse e visitò tutti offrendo loro la forza del suo aiuto, sempre. Tale deve essere l’atteggiamento del cristiano.
Ognuno di noi è responsabile, per la sua parte, di ogni fratello.
“Chiedete perdono e perdonate sempre” Gli Stati hanno le loro leggi e hanno la forza per farle osservare. La
Chiesa non ha altra legge che il dono di amore che offre; non ha altra legge di repressione che il perdono.
L’esercizio della carità è un percorso delicato: include la preoccupazione amorosa per i più piccoli e deboli, non
esclude la correzione fraterna, ma esige sempre che su tutto sovrabbondi il perdono, sempre chiesto e mai negato,
un perdono illimitato che resiste a una debolezza umana perdurante!
Dentro la trama delle relazioni quotidiane, segnate da tante difficoltà, dobbiamo coltivare la speranza di poter
sperimentare, nel perdono, la gioia dello sguardo del fratello, che torna a volgersi a noi. La carità che nasce dalla
fede, trasforma l’affidamento a Dio nell’affidamento reciproco.
“Andate ed entrate” Nella instancabile ricerca e accoglienza del fratello si gioca e si testimonia il primato di Dio
nella nostra vita, la scelta sincera di servire Lui.
“Dobbiamo imboccare con maggiore risolutezza la strada dell’attenzione alle persone e alle famiglie, dedicando
tempo e spazio all’ascolto e alle relazioni interpersonali. Per essere pienamente missionaria, questa attenzione alle
persone e alle famiglie deve assumere un preciso orientamento dinamico: non basta cioè “attendere” la gente;
occorre “andare” a loro e soprattutto “entrare” nella loro vita concreta e quotidiana, comprese le case in cui abitano,
i luoghi in cui lavorano, i linguaggi che adoperano, l’atmosfera culturale che respirano. E’ questo il senso e il
nocciolo di quella “conversione pastorale” di cui sentiamo oggi così diffusa esigenza. Essa riguarda tutti, a
cominciare dalle comunità parrocchiali.” (Card.Ruini)
Dobbiamo, dunque, aiutare tanti fratelli a ritrovare e a vivere la fede... Dobbiamo diventare più coraggiosi. La fede
non si trasmette automaticamente nel cuore dell’uomo; deve essere sempre annunciata. “Non dobbiamo anche oggi
vivere, testimoniare e mostrare la bellezza e la ragionevolezza della nostra fede, portare la luce di Dio all’uomo del
nostro tempo con coraggio, convinzione e gioia? Siate segni di speranza! Il Signore chiama a portare il Vangelo
all’uomo di oggi. Rispondete con coraggio, fiducia e gioia.” (il Papa)
EDUCARE ALLA VITA BUONA DEL VANGELO
Le persone hanno un intimo e continuo bisogno di significato, di vita, di felicità, di speranza, di amore. Il Vangelo
dona tutto questo! Allora: il compito del cristiano è: testimoniare e diffondere la buona notizia che Cristo può
trasformare il cuore dell’uomo, restituendogli ragioni di vita, di gioia, di speranza. Beato chi avrà guadagnato un
fratello facendo pace con lui. Chi avrà guadagnato un fratello aiutandolo a ritrovare Cristo, la fede, partendo
dalla condivisione dei suoi problemi, delle sue domande, dei suoi dubbi e delle sue speranze. Guadagnare un
fratello: condividere con lui la fede, l’amore di Dio, la pratica sincera di vita cristiana!
Ma beato anche chi avrà aiutato i più poveri, gli emarginati, coloro che sono considerati ultimi a sentirsi i
prediletti di Dio, i primi “clienti” del Regno di Dio e della salvezza!
E le occasioni non mancano per farsi presenti, vicini,partecipi con umiltà e semplicità. La carità deve stimolare la
fantasia per vedere o creare momenti di incontro, di dialogo!
Il nostro Vescovo ci ha dato come tema di riflessione e di vita per questo anno: “Chiamati per educareAccompagnatori e testimoni credibili di vita cristiana”. Lo dobbiamo essere tutti. Proprio per questo la CARITAS
DIOCESANA propone per l’Avvento il progetto: “Aggiungi un posto a tavola”.
Tale progetto prevede di “allungare” la tavola. Lo possiamo fare anche noi. Come?
Suggerisce il nostro Vescovo: “Aggiungere un posto vuoto nella propria tavola, una domenica di Avvento,
nell’attesa di Colui che a Natale ci viene incontro in ogni uomo; aggiungere un posto a tavola e invitare una
persona (vostri parenti, anziani, soli, famiglie in difficoltà).
Si può anche: invitare qualcuno col quale si vuole rifare pace; una famiglia a cui dare testimonianza di amore e di
affetto; alcuni amici dei figli per aiutare i più giovani a gustare la sincerità dell’amore.
Ci sono tante persone alle quali manca l’esperienza della bontà di Dio; non trovano alcun punto di contatto con la
Chiesa, perché noi manchiamo di fede e di amore!
Allora, la conclusione la tira il Papa: ”Dobbiamo ritrovare il gusto di nutrirci della Parola di Dio. Il mondo di
oggi ha bisogno di persone che parlino a Dio per poter parlare di Dio, ricordando che Gesù ha redento il mondo non
con belle parole, ma con la sua sofferenza e morte. Ritrovare il gusto del Pane di vita, della Messa, della
Comunione, della adorazione eucaristica. Prima di ogni attività e di ogni nostro programma deve esserci
l’adorazione, che ci rende liberi e ci dà i criteri del nostro agire. Tutto deve partire da un cuore che crede, che spera,
che ama; un cuore che adora Cristo e crede nella forza dello Spirito Santo… Soltanto attraverso uomini toccati da
Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini”.
Ecco il programma di Avvento per la nostra Comunità. Impegnativo perché forte, coraggioso e stimolante. La
Madonna, Santa Margherita e i nostri morti dal cielo ci sostengano con l’esempio, la preghiera e la protezione.
Calerno, 20 novembre 2011- Solennità di Cristo, Re e Signore dell’Universo.
Il Consiglio Pastorale Parrocchiale