TECNICHE DI VENTILAZIONE E DI RILASSAMENTO Parlando di

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TECNICHE DI VENTILAZIONE E DI RILASSAMENTO Parlando di
Apnea: Tecniche di ventilazione e rilassamento
TECNICHE DI VENTILAZIONE E DI RILASSAMENTO
Parlando di pesca subacquea ci si riduce spesso a discutere soltanto del gesto atletico finalizzato alla
cattura di una preda, dimenticando tutta la preparazione necessaria affinché ciò sia fatto nel migliore dei
modi e con la massima sicurezza e trascurando un fattore che influisce in maniera determinante sulla
prestazione finale: ossia una opportuna tecnica di rilassamento e ventilazione. Premettendo che
rilassamento e ventilazione sono complementari ed inscindibili in quanto per ottenere una prestazione
ottimale è necessario attuarli contemporaneamente, tratteremo per prima cosa la ventilazione facendo una
premessa sulle modificazioni che essa induce in base al modo in cui viene effettuata. E’ ormai fuor di dubbio
che una corretta ventilazione porti incrementi notevoli alla durata dell’apnea e soprattutto ad un livello di
sicurezza elevato, che sicuramente è la cosa più importante per la pratica di questa meravigliosa disciplina.
Purtroppo gran parte dei subacquei in apnea sono autodidatti e spesso hanno sviluppato la loro tecnica e
preparazione sui meccanismi psicofisiologici dell’apnea in maniera insufficiente a permettere loro di sfruttare
al massimo ed in sicurezza le potenzialità di cui la natura li ha dotati. A tal proposito è sempre bene per i più
giovani chiedere ed ascoltare consigli di subacquei più esperti e maturi, sperando naturalmente di incontrare
la persona giusta. Anche far parte di un circolo serio è una cosa positiva, poiché maggiori diventano le
opportunità di scambio di opinioni costruttive. Sono ormai diversi anni che gli studi e le ricerche sulla pratica
dell’apnea, seppur lentamente, stanno moltiplicandosi e molte anche sono state le rivoluzioni apportate alle
primitive teorie, specialmente riguardo alla tecnica di ventilazione. E’ormai assodato che la tecnica
iperventilatoria può essere molto pericolosa se messa in pratica senza avere una perfetta conoscenza del
proprio io e in ogni caso, essendo l’uomo un essere instabile sia in prestazioni che in emozioni, non
garantisce livelli di sicurezza accettabili. E’ invece dimostrabile che una ventilazione controllata garantisce
prestazioni spesso superiori rispetto a quelle ottenute con iperventilazione, mantenendo uno standard di
sicurezza molto elevato, quasi assoluto se l’individuo che la mette in pratica conosce i propri limiti e ha una
buona dose di maturità. Per poter essere consapevoli del perché una tecnica va preferita all’altra e per poter
accertare se ci sono casi in cui la ventilazione forzata può avere qualche utilità è necessario, per prima cosa,
rendersi perfettamente conto di ciò di cui si sta parlando. Innanzitutto bisogna sapere che l’attività
ventilatoria influenza in maniera diversa, in base al modo in cui viene svolta, la percentuale della quantità dei
gas contenuti nell’aria che abbiamo respirato. Quindi già sapere quali modificazioni fisiologiche comportano
questi gas può dare un’idea delle conseguenze che può provocare la differenza di percentuale causata dalla
nostra tecnica di ventilazione. I gas che principalmente influenzano la durata di un’apnea sono la CO2
(anidride carbonica ) e l’O2 (ossigeno). L’ossigeno è il gas per mezzo del quale avvengono le funzioni
metaboliche a livello muscolare cerebrale etc. Per capire quale è la sua importanza basti sapere che al
cervello ne serve circa il 25% della quantità totale presente nel sangue e che senza di esso, anche se per
pochi attimi(3-6min), i neuroni (cellule cerebrali ) cessano di vivere, con conseguenze facilmente
immaginabili. Ricordiamo che i neuroni non si riproducono e perderne alcuni o tutti per deficit di O2 porta a
lesioni perenni o a morte cerebrale. L’anidride carbonica a sua volta è il risultato della combustione delle
sostanze nutritive che assumiamo con il cibo, combustione che avviene grazie all’O2 (processo metabolico);
questa combustione sviluppa energia muscolare, cerebrale etc. Sulla CO2 in particolare andiamo a
soffermarci in primo luogo perché è grazie ad essa, a prescindere dalla quantità di O2 ancora presente nel
sangue, che il nostro organismo percepisce quegli stimoli che ci avvertono che è ora di terminare la nostra
apnea e riguadagnare la superficie. Gli stimoli di cui si parla sono le contrazioni diaframmatiche, che
possono manifestarsi sotto forme diverse, di solito con contrazioni nella zona dello stomaco e più
precisamente dalla zona da cui prendono il nome, ossia dal diaframma, che è un muscolo piatto situato alla
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base dei polmoni e che poggia sui visceri per tutta la larghezza della gabbia toracica. Le C. D. si
manifestano anche sotto forma di spasmi a livello carotideo nella glottide. Ora se noi effettuiamo
l’iperventilazione non facciamo altro che abbassare di molto la percentuale di CO2 contenuta nel sangue,
mentre l’incremento della quantità di O2 in proporzione è minimo, ciò significa che bastano pochi atti
respiratori completi per portare il livello di O2 al massimo. E’ infatti dimostrato che dopo due o tre atti
respiratori completi l’emoglobina presente nei globuli rossi per il trasporto dell’ossigeno è già satura. Però
poiché la durata di un apnea dipende dalla quantità di O2, se noi iperventiliamo, non incrementiamo la
durata dell’apnea, bensì andiamo a ritardare o ad annullare lo stimolo che la CO2, per mezzo delle
contrazioni diaframmatiche, ci da per avvisarci che è ora di risalire, (ricordiamo che in situazioni di
ventilazione controllata le contrazioni diaframmatiche si incominciano ad avvertire a poco più della metà
della durata della nostra apnea), quindi è possibile che il subacqueo continui nella sua apnea senza
avvertire stimoli respiratori finché ci sarà un deficit di O2, con conseguente perdita di coscienza (sincope). Lo
scopo della ventilazione controllata, quindi, è quello di evitare che ciò avvenga mantenendo attivi tutti i
sistemi di sicurezza . Altro fattore altamente a sfavore dell’iperventilazione è che, effettuandola, non si fa
altro che aumentare eccessivamente il numero dei battiti cardiaci per minuto, fino ad arrivare anche ad un
limite di 100-110bpm e causare una contrazione generale della muscolatura, con conseguente aumento di
consumo di O2 e impossibilità oggettiva di ottenere uno stato di rilassamento. Unico caso in cui
l’iperventilazione può essere utile è per alcuni secondi dopo l’emersione per evitare che si possa accumulare
eccesso di acido lattico nei muscoli respiratori e per abbreviare i tempi di recupero, ma è fondamentale che
prima della successiva immersione si siano ristabiliti gli equilibri tra i gas e i battiti cardiaci siano rientrati
nella norma. In tutti i mammiferi esiste un meccanismo chiamato diving reflex, che induce ad una riduzione
del battito cardiaco non appena i sensori corporei segnalano al cervello che il corpo è immerso in acqua. E’
quindi fondamentale partire da questo punto e sfruttare questa bradicardia indotta naturalmente, per poter
applicare tecniche di rilassamento e ventilazione diaframmatica controllata. Così raggiungeremo il top della
prestazione, sempre restando nei limiti della sicurezza! Ma di ventilazione controllata, respirazione
pranayama e tecniche di rilassamento parleremo approfonditamente nei prossimi articoli.
Innanzitutto è importante prima di sperimentare i vari tipi di ventilazione ed in particolare la respirazione
pranayama w capire con che frequenza per minuto e con che ampiezza vanno effettuati gli atti respiratori, e
poiché come già detto nel precedente articolo ogni individuo ha caratteristiche diverse dagli altri non è
possibile generalizzare, sarà quindi necessario sperimentare di persona e fare delle prove approfondite sotto
la guida di una persona competente o da soli seguendo degli accorgimenti ben precisi per rendersi conto di
quale sia il modo più sicuro corretto ed efficace di effettuarla. Si deve precisare che ventilazione controllata
non significa necessariamente pranayama, si può fare una ventilazione controllata anche non conoscendo
affatto la respirazione pranayama ma i risultati ottenuti sarebbero probabilmente inferiori poiché quest’ultima
è una tecnica che implica un alto grado di controllo sul proprio corpo e permette di sfruttare al massimo la
propria capacità polmonare evitando che volumi di aria esausta ristagnino nella base dei polmoni grazie alla
contrazione del diaframma . Importante è anche specificare la situazione in cui ci si trova, perché anche il
fattore esterno e il contesto in cui si sta operando influiscono molto sul modo di esecuzione. Facendo
riferimento a quanto detto nel precedente articolo proviamo a mettere in pratica una ventilazione controllata
e renderci conto se riusciamo ad eseguirla efficacemente e correttamente. Facciamo una prova e stabiliamo
come durata della ventilazione il tempo di un paio di minuti, bene il nostro esercizio consisterà nel riuscire a
ventilarci per il tempo stabilito riuscendo ad ottenere la massima ossigenazione possibile senza inibire la
funzione dei nostri campanelli d’allarme, dovremmo cercare di mantenere una frequenza respiratoria non
elevata, con atti non molto ampi e con espirazione più lunga rispetto all’inspirazione. I fenomeni che possono
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indicare che non ci stiamo ventilando in maniera corretta sono principalmente due : Potremmo sentire lo
stimolo ad aumentare la frequenza o l’ampiezza degli atti e questo significherebbe che la quantità di
ossigeno inspirata per minuto è insufficiente e quindi andremmo ad immergerci in condizioni non ottimali ,
oppure potrebbero manifestarsi sintomi come formicolii generalizzati o giramento di testa e ciò
significherebbe che avremmo ecceduto nella ventilazione con conseguenze che potrebbero portare ad
incidenti in una ipotetica immersione. Va sottolineato che non è necessariamente la velocità con cui si
esegue la ventilazione a causare questi sintomi ma è il volume d’aria respirato nell’unità di tempo che può
causare scompensi tra gli equilibri dei gas respirati, quindi se anche si effettuasse una ventilazione molto
lenta e profonda e con espirazioni lunghe ma protratta per troppo tempo si potrebbe ugualmente provocare
una iperventilazione. Una volta sperimentati questi fenomeni in maniera di essere coscienti di non aver fatto
una ventilazione corretta, si può passare a mettere in pratica la respirazione pranayama. Tale respirazione
sfrutta molto il diaframma, muscolo piatto situato sotto la base dei polmoni che contraendosi in maniera
corretta permette di espellere completamente l’aria contenuta nei polmoni , anche quella che con una
respirazione toracica sarebbe rimasta a ristagnare nella base dei polmoni . Per capire bene questo
meccanismo proviamo ad immaginare una bottiglia piena di liquido con la capacita di un litro, se noi
immergiamo una cannuccia fino alla metà della stessa e aspiriamo svuoteremo 500 cc di liquido , se poi
riempiremo di nuovo la bottiglia con 500 cc e ripeteremo l’operazione svariate volte, otterremo che
probabilmente le impurità contenute nel liquido ristagneranno nella metà inferiore rendendola impura , cosa
che invece non sarebbe accaduta se la cannuccia fosse stata immersa fino in fondo cominciando ad
aspirare dalla base. Partendo da questo esempio andiamo a vedere l’importanza che il diaframma ricopre
nella respirazione. Premettendo che si deve distinguere la respirazione in tre fasi , addominale toracica e
clavicolare, dobbiamo immaginare che il diaframma alla fine dell’espirazione comprima verso l’alto la base
dei polmoni impedendo che in quella zona possa ristagnare aria satura di anidride carbonica, mentre invece
nell’inspirazione, nella prima fase inspiratoria e cioè addominale la contrazione del diaframma e la
leggerissima contrazione della cintura dell’addome, permettono automaticamente l’espansione della parte
bassa del torace grazie alle costole mobili con conseguente vantaggio nella successiva fase inspiratoria
toracica e clavicolare per risparmio di energia da parte dei muscoli che intervengono nell’espansione ed
elevazione della gabbia toracica. In questa seconda e terza fase se avremo fatto le cose bene si avrà
l’impressione che l’aria venga risucchiata automaticamente nei polmoni senza sforzo e con una piacevole
sensazione. Come ventilarsi prima di una apnea? Cosa fondamentale è avere un buon grado di
rilassamento, argomento di cui parleremo nel prossimo articolo, poiché le due cose sono complementari e
vanno attuate contemporaneamente per avere risultati elevati, è poi importante seguire delle regole
fondamentali, in particolare non immergersi se ci si rende conto di aver esagerato nel pompare aria nei
polmoni e si avvertono i sintomi precedentemente elencati e quindi attendere di essere ritornati ad una
situazione di normalità per ricominciare in modo corretto. Bisogna sempre distinguere le varie situazioni e
luoghi in cui ci si trova , non è la stessa cosa ventilarsi in piscina piuttosto che su una secca al largo in
presenza di corrente e altri fattori disturbanti, quindi nelle situazioni di maggior difficoltà molto dipende dal
grado di esperienza e di autocontrollo dell’individuo . In situazioni di normalità è consigliabile effettuare una
ventilazione sempre addominale, continua e regolare, lavorando intorno al 45% della capacità polmonare
totale, senza brusche variazioni tra inspirazione ed espirazione e mantenendo sempre costante il rapporto di
½, ossia espirazione più lunga dell’inspirazione, circa il doppio e al momento in cui ci si sente pronti,
tranquilli, perfettamente rilassati, se avremo eseguito correttamente la ventilazione saranno sufficienti 2 o 3
atti respiratori completi per immergersi in grande rilassatezza , sicurezza e con potenzialità di prestazione
elevate e soprattutto mantenendo attivi al massimo i segnali d’allarme. Altro modo di ventilare può essere
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quello di lavorare intorno al 70% della capacità polmonare, facendo delle brevi apnee tra insp. ed esp. (4 o 5
sec.) mantenendo costante il rapporto ½ e facendo 1 o 2 atti respiratori completi prima dell’immersione. Non
va dimenticato comunque che qualsiasi tipo di ventilazione venga praticata è importante che essa sia
diaframmatica quindi vale la pena esercitarsi spesso anche a lungo al fine di poter imparare ad usare il
diaframma in maniera ottimale.
IL RILASSAMENTO
Addentriamoci in un argomento molto importante riguardante l'immersione in apnea; il rilassamento.
Premettiamo che è indispensabile avere una buona padronanza riguardo una corretta tecnica di
ventilazione, argomento trattato negli articoli precedenti, poiché rilassamento e ventilazione sono
complementari, ed attuandoli contemporaneamente le nostre prestazioni potranno essere elevate e sicure.
Spesso si pensa che una perfetta preparazione fisica, possa darci la possibilità di ottenere prestazioni fisiche
di alto livello e questo forse, in minima parte può essere vero per alcuni sport, nella pratica dei quali è
possibile stabilire in precedenza una tattica da seguire e dove le variabili che ci si propongono sono minime.
In una disciplina come l'apnea o la pesca subacquea dove l'infinità di imprevisti e le situazioni che ci si
propongono ad ogni nuova immersione sono innumerevoli è necessario possedere una stabilità emozionale
e capacità di attenzione e di concentrazione molto elevate, il fattore psicologico diviene quindi un elemento
di importanza fondamentale. Di frequente una solida stabilità psicologica, accompagnata ad una buona dose
di maturità rivestono un'importanza rilevante nella pratica dell'immersione in apnea ed insieme ad un
bagaglio di esperienza personale, ad una tecnica perfetta, ad una cognizione approfondita dei meccanismi e
delle leggi fisiche che regolano l'immersione in apnea, accompagnate alla conoscenza dell'ambiente in cui ci
si immerge, permettono a molti atleti, di ottenere prestazioni eccezionali anche in età avanzata e mettere
insieme e coordinare tutti questi fattori è possibile soprattutto se si riesce ad ottenere un rilassamento veloce
ed efficace. Da quanto detto si deduce facilmente che non è facile sincronizzare tutti questi elementi e il
percorso per ottenere un buon autocontrollo è lungo e richiede tempo ma i risultati appagheranno
ampiamente coloro che si cimenteranno ad apprendere questa tecnica per migliorare. Prima di analizzare
insieme le tecniche di esecuzione, cerchiamo di capire perché è necessario rilassarsi prima di affrontare un
immersione. È noto che uno stato di rilassamento produce nell'individuo benefici riscontrabili sia a livello
psicofisico e di conseguenza anche fisiologico essendo le due cose strettamente correlate. Possiamo
controllare facilmente i nostri muscoli ( a patto di avere un schema corporeo e capacità coordinative ben
sviluppate), ma non altrettanto possiamo fare con gli organi interni e le ghiandole. L'omeostasi, che
rappresenta l'equilibrio all'interno del nostro corpo, è mantenuta grazie a meccanismi involontari ed inconsci
e reagisce automaticamente a stimoli esterni in maniera stereotipata, cioè dettata dal ripetersi di situazioni
già vissute. Ora ogni individuo che riceve questi stimoli esterni, reagisce in maniera completamente diversa
rispetto a un altro e la reazione dipenderà molto dal bagaglio di esperienza personale del proprio vissuto ma
anche dal grado di tranquillità e concentrazione che si ha nel momento. E' normale, che nel caso in cui due
apneisti che si trovino in mare, su una secca profonda ed isolata ed entrambi dotati di ottime capacità di
rilassamento, sicuramente l'esperienza aiuterà molto il sub che ha vissuto più spesso situazioni simili, ma
comunque uno stato di benessere generale e tranquillità aiuterà tanto anche il sub meno esperto, a
controllare in maniera positiva gli stati d'ansia indotti dalla situazione. Gli stimoli esterni stressanti, provocano
reazioni ormonali nell'organismo che influenzano molto il modo di reagire. Due dei principali ormoni che
vengono secreti in queste particolari situazioni, sono la Noradrenalina e l'Adrenalina, la prima migliora le
funzioni mentali aumentando le capacità attentive, incrementa leggermente il battito cardiaco e la
broncodilatazione, mentre la seconda invece, ha gli stessi effetti della prima ma ha azione negativa, perché
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inibisce la capacità di razionalizzare. In pratica l'Adrenalina è secreta in situazioni di paura o forte stato di
stress, il rilassamento quindi, aiuta molto a reagire correttamente, nei casi in cui si verifichino produzioni di
tali ormoni. Senza entrare troppo nello specifico, vediamo quali altri benefici inerenti l'apnea genera il
rilassamento; come già detto dal lato psicologico produce una maggiore stabilità emozionale, con una
concentrazione superiore, autocontrollo e capacità di gestire le situazioni, in base ad esperienze vissute e
grazie ad una pronta attivazione delle proprie capacità coordinative e tecniche. Sotto l'aspetto fisiologico, il
rilassamento provoca uno stato di decontrazione muscolare generale con bradicardia e riduzione del ritmo
respiratorio, una maggiore vascolarizzazione con riduzione della concentrazione di acido lattico nel sangue.
Immaginiamo di praticare l'aspetto appostati sul fondo del mare, cominciando l'azione dopo un buon
rilassamento, potremo agire in scioltezza e con buone probabilità di successo; il nostro corpo sarà
decontratto, la nostra mente sarà sgombra da ogni pensiero, concentrata al massimo e nulla potrà
distoglierci dall'obbiettivo finale, non appena i nostri occhi inquadreranno l'obbiettivo automaticamente la
pressione del dito sul grilletto del fucile lascerà partire l'asta verso di esso, mentre i nostri sensi saranno
sempre attivi e i campanelli d'allarme sotto controllo dandoci una sicurezza assoluta. Non è certamente
facile ottenere in breve tempo risultati di rilievo ma la passione l'esercizio e l'impegno sapranno ripagare del
tempo impiegato.
Vedremo ora come attuare una buona tecnica di rilassamento, da poter praticare prima e durante le nostre
immersioni in apnea. E' necessario, per assimilarne bene il concetto, cimentarsi in alcuni esercizi a secco e
in bacino delimitato, al fine di raggiungere con il tempo e l'esperienza, un autocontrollo e capacità di
rilassamento efficace e veloce da ottenere. Per i primi tempi sarà importante dedicarsi almeno 3-4 volte a
settimana agli esercizi che vedremo in seguito. Le tecniche di rilassamento sono molteplici, infatti come in
tutte le discipline, le scuole di pensiero sono diverse, conoscerle tutte sarebbe la cosa migliore per poter far
tesoro delle tecniche migliori di ognuna. In ogni caso ricordiamo che tecniche particolari sono più indicate
per atleti esperti e di alto livello poiché possono risultare pericolose se effettuate in maniera errata e senza
un'assistenza appropriata. Le tecniche che andremo a vedere ora sono degli esercizi molto efficaci
soprattutto per coloro che non hanno grande esperienza o che non hanno mai provato una apnea più
mentale e vogliono provare per verificare quali benefici si possono ottenere. E' necessario poter usufruire di
un ambiente tranquillo, con temperatura intorno ai 18-20 gradi, procuriamoci un materassino di quelli usati in
palestra per la ginnastica a corpo libero e distendiamoci sopra, cerchiamo di assumere una posizione
rilassata più decontratta possibile e liberiamoci dagli accessori di vestiario che possano costringere troppo il
corpo, come cintura e lacci delle scarpe. Sdraiati in posizione supina con gli arti distesi lungo il corpo
iniziamo a ventilarci in maniera diaframmatica, senza esagerare nell'ampiezza e nella frequenza,
continuiamo questa azione per 4 o 5 minuti, cercando di liberare la mente da qualsiasi pensiero disturbante,
ciò non sarà facile soprattutto le prime volte e nel caso si abbiano problemi che ci affliggono, ma la capacità
di autocontrollo della nostra mente, dovrà cercare perlomeno di alleviare questi pensieri e darci la massima
tranquillità possibile. Passato il tempo stabilito di preparazione entriamo nella seconda fase, se c'è qualcuno
che ci guida nel percorso rilassante, ascolteremo attentamente le sue istruzioni, altrimenti programmeremo
in precedenza i tempi e le modalità da seguire, dobbiamo immaginare il nostro corpo, come se passasse
sotto il carrello di uno scanner, per verificarne la posizione e la tensione muscolare di ogni segmento
corporeo. Si comincerà partendo dalla parte inferiore del corpo, partendo dai piedi fino ad arrivare al capo,
cominceremo ad aumentare l'ampiezza degli atti respiratori ma non la frequenza che diminuirà leggermente,
dovremo porre molta cura nei tempi di esecuzione, lavorando con il diaframma partiremo con una
inspirazione, seguita da una brevissima fase di apnea, per poi espirare molto lentamente in rapporto
all'inspirazione, facendola durare circa il doppio, Mediamente un atto respiratorio del genere, in questo
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esercizio ha una durata di circa 8-10 secondi. Per le prime volte cominceremo dedicando una decina di atti
respiratori per segmento corporeo, in modo da poter avere più tempo per decontrarsi , si partirà dalla gamba
destra, dividendola per settori a partire dal piede fin su all'anca, più divisioni settoriali faremo, (es. piede ,
gamba ,coscia), almeno per i primi tempi, maggiore sarà la facilità di decontrazione, una volta finito con un
arto si passa all'altro per poi arrivare agli arti superiori ripetendo le modalità, la parte già rilassata dovrà
essere dimenticata come se non facesse più parte del nostro corpo. Finita la scansione dei quattro arti
passeremo a ripetere l'operazione per la muscolatura mandibolo temporale, frontale, occipitale e orbicolare e
per ognuno di questi settori muscolari ci comporteremo come in precedenza. Sentiremo la zona delle tempie
decontrarsi e la fronte distendersi, la mandibola si separerà dalla mascella come se cadesse e la lingua sarà
poggiata su di essa, decontraendo la muscolatura orbicolare non sentiremo più la tensione intorno agli occhi
e le palpebre diverranno pesanti. Attenzione ad avere sempre una cura costante per la ventilazione che
deve rimanere costante ed efficace. E' fondamentale ricordare che la respirazione è fondamentale per un
rilassamento perfetto, soprattutto la fase espiratoria che sembra eliminare insieme all'anidride carbonica
anche la tensione eccessiva a livello muscolare e mentale. Terminata la scansione delle zone del nostro
corpo, concentriamoci sul battito cardiaco, cerchiamo di percepirlo , possono essere diverse le zone
corporee in cui è possibile avvertirne le pulsazioni, solitamente è nel plesso solare ,nella zona temporale o
sulla punta delle dita che si avvertono, comunque, cerchiamo di concentrarci nella zona più irradiata.
lasciamo viaggiare la nostra mente al ritmo del battito cardiaco e nel nostro viaggio cominciamo a rallentare
,sentiamo le pulsazioni come se fossero dei passi, rallentiamo sempre di più, fin quasi a fermarci. Sentiremo
in questa fase, un senso di pesantezza generale come se fossimo attaccati al suolo e il peso del nostro
corpo fosse quadruplicato e l'idea di muoverci non ci sfiora neanche. L'immagine metaforica usata serve a
rendere più facilmente il concetto di controllo, che la nostra mente può avere sulle nostre funzioni vitali.
Immaginiamo di vederci dal di fuori, il nostro corpo è dolcemente disteso in un clima di benessere di pace
interiore ed esteriore, dove nulla può turbarlo, questo sarà l'obbiettivo finale dell'esercizio. Terminiamo
cominciando a muoverci lentamente prima di riprendere la stazione eretta, contraiamo delicatamente i
muscoli e riprendiamo una respirazione spontanea, ci sentiremo pervadere il corpo e la mente da un senso
di benessere e rilassatezza che ci renderanno più efficienti, consapevoli e capaci di reagire nel migliore dei
modi. La durata di una seduta del genere dovrebbe richiedere in media 20-30 minuti e come già detto
dovrebbe essere fatta 3-4 volte a settimana e lontano dai pasti per poter avere il diaframma più libero,
vedrete che con la pratica costante i tempi per ottenere un buon rilassamento diverranno più brevi e i risultati
maggiori. E' importantissimo divenire padroni di questa tecnica perché solamente con una sua perfetta
conoscenza potremo in seguito, rilassarci molto velocemente prima e durante le nostre performance in
apnea. Sia nel caso di una prestazione in apnea statica che in dinamica, la nostra preparazione potrà
basarsi sulla tecnica appena descritta, solamente i tempi di preparazione dovranno essere più brevi,
specialmente in situazioni in cui non è richiesta una singola prestazione ma i gesti atletici si ripetono per
molte volte (es. un gara di pesca subacquea). La fase in immersione richiede anche essa una tecnica di
rilassamento che per forza di cose dovrà essere un po' diversa dalla precedente poiché saremo in apnea,
ma il principio di controllo sul corpo e sulle sensazioni emotive sarà molto simile, specialmente nell'apnea
statica,(che potrebbe in parte somigliare ad un aspetto durante l'azione di pesca). Nel momento in cui
mettiamo la testa sott'acqua, faremo partire lo stesso meccanismo usato per il rilassamento a secco,
cominceremo a scansionare uno per uno i nostri segmenti corporei, cercando di decontrarli il più possibile,
fino a non sentirne più il peso, sarà allora che ci impadroniremo del nostro battito cardiaco che sentiremo
forte e nitido e come se fosse un'onda che parte dal centro del petto verso la periferia, lo sentiremo sempre
più lento e regolare sotto il controllo della nostra mente. Non dobbiamo farci influenzare da fattori esterni di
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qualunque genere, anzi dovremmo impadronircene per analizzarli nei minimi particolari, per far si che da
azioni di disturbo, diventino elementi di distrazione per la nostra mente. Stesso discorso si può fare per
l'apnea dinamica, la nostra attenzione si rivolgerà in questo caso al controllo dei movimenti del nostro corpo,
verificheremo istante per istante che l'energia non vada dispersa in movimenti inutili, cercando al tempo
stesso di mantenere una calma mentale assoluta. Questi sono solo alcuni dei metodi di rilassamento ma
come tutti gli altri richiedono molta pratica ed esperienza per ottenere buoni risultati, è assurdo parlare di
tecniche di rilassamento se non si conosce la respirazione pranayama e non si ha una buona tecnica e
acquaticità.
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