Untitled - Barz and Hippo

Transcript

Untitled - Barz and Hippo
Almodòvar distilla caratteri e sentimenti consolidati nella sua ultratrentennale attività creativa e li pone nella
levità sospesa e metaforica di un particolare palcoscenico: tra la cabina di pilotaggio e quella dei passeggeri,
alcuni personaggi, mossi da desiderio, gelosia, necessità di fuggire o di inseguire, paura della morte, rimpianti o
rimorsi, costretti a condividere intimità fisica ed emotiva si trasformano in una sorta di piccola compagnia
teatrale legata dalla comune partecipazione alla comedie humaine. L'ebbrezza dell'altitudine e i cocktail anni
Ottanta contribuiscono a spingerli verso una commedia demenziale, ma anche liberatoria e catartica.
scheda tecnica
titolo orig.:
durata:
nazionalità:
anno:
regia:
soggetto:
sceneggiatura:
fotografia:
montaggio:
scenografia:
costumi:
musica:
distribuzione:
LOS AMANTES PASAJEROS
90 MINUTI
SPAGNA
2013
PEDRO ALMODÒVAR
PEDRO ALMODÒVAR
PEDRO ALMODÒVAR
JOSÉ LUIS ALCAINE
JOSÉ SALCEDO
MARÍA CLARA NOTARI
TATIANA HERNÁNDEZ
ALBERTO IGLESIAS
WARNER BROS
interpreti:
ANTONIO DE LA TORRE (Alex Acero), HUGO SILVA (Benito Morón), MIGUEL
ANGEL SILVESTRE (Lo sposo), LAYA MARTÍ (La sposa), JAVIER CÁMARA (Joserra), CARLOS ARECES (Fajardo), RAÚL
ARÉVALO (Ulloa), JOSÉ MARÍA YAZPIK (Infante), GUILLERMO TOLEDO (Ricardo), JOSÉ LUIS TORRIJO (Il Dottor
Más), LOLA DUEÑAS (Bruna), BLANCA SUÁREZ (Ruth), CECILIA ROTH (Norma Bosch), ANTONIO BANDERAS (León),
PENELOPE CRUZ (Jessica), PAZ VEGA (Alba), CARMEN MACHI (La portiera), PEPA CHARRO (Hostess Piluca).
Pedro Almodòvar
Pedro Almodòvar è il maggiore regista spagnolo vivente, noto in tutto il mondo per una cinematografia ormai
ricca di molti titoli, dai più irriverenti e divertenti film giovanili divenuti via via, attraverso i decenni, ricchi di
melodramma e di intensità fino ai più recenti lavori densi di amore per il cinema e la sua storia. Dopo essersi
divertito a sorprendere e provocare con film ricchi di colore e di comicità, in alcuni capolavori della sua maturità
il regista affronta temi scottanti con una propensione per il dramma che si mescola senza patirne allo humour. In
tutte le sue pellicole Almodòvar dà vita a una sua personale versione del “camp”, il modo ironico-grottesco ed
eccessivo di elaborare la cultura gay da parte di molti artisti, intridendolo di un’autentica passione per la cultura
popolare, che dimostra sempre capace di evolversi e di assorbire il nuovo sotto la crosta dei pregiudizi. In alcuni
dei film più recenti Almodòvar ha continuato a rielaborare i suoi tipici temi adottando una misura più classica nei
ritmi e modi narrativi, facendosi sempre più metacinematografico.
Nato nel 1949 a Calzada de Calatrava, un piccolo paese della poverissima La Mancha, all'età di otto anni emigrò
con la famiglia in Estremadura. A dieci anni fu iscritto a una scuola cattolica dove fu testimone degli abusi dei
salesiani sui suoi compagni di studio. Nel 1968 si trasferì a Madrid per studiare alla scuola nazionale di cinema. La
scuola, tuttavia, fu chiusa per volontà del dittatore Francisco Franco. Nel frattempo, il giovane Almodòvar,
divenuto autodidatta, si sostentava con lavori di fortuna, come l’ambulante nel mercato delle pulci di El Rastro; in
seguito lavorò per dodici anni nella Compagnia Telefonica Nazionale Spagnola. interessandosi di cinema e di
teatro d'avanguardia come membro della compagnia teatrale Los Goliardos: è recitando in teatro che incontra
Carmen Maura.
Dal 1972 al 1978 cominciò a girare dei cortometraggi in super8, aiutato da alcuni amici, facendosi conoscere
negli ambienti underground e nel movimento culturale pop della Madrid di quegli anni, diventando una star della
Movida. I suoi corti erano privi di suono, e accompagnati da un 'doppiaggio' in sala recitato da lui stesso. Nel
frattempo, scrisse racconti e iniziò a collaborare con alcuni quotidiani e periodici.
Nel 1980 diresse il suo primo lungometraggio, in 16 mm, Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio con le
giovanissime Carmen Maura, Cecilia Roth e Julieta Serrano: la sceneggiatura era derivata da un fotoromanzo
dello stesso Almodòvar, intitolato Erecciones generales. Il film fu girato da una squadra di amici volontari nei fine
settimana. Per la sua spiccata originalità e libertà creativa, il film si fece subito notare e divenne ben presto
oggetto di culto per un discreto numero di fan.
Nello stesso periodo, formò con un amico il duo rock "Almodòvar & McNamara". Nel 1982 diresse Labirinto di
passioni, seguito da L'indiscreto fascino del peccato (1983). Dopo il primo successo di nicchia, si fece apprezzare
nel suo Paese da un pubblico molto ampio a partire da Che ho fatto io per meritare questo? (1984), cui seguì
Matador (1986).
Nel 1987 con il fratello Agustìn Almodòvar costituì la casa di produzione El Deseo. Il primo film prodotto fu La
legge del desiderio (1987), che vinse il Teddy award a Berlino e fece conoscere Almodòvar a un pubblico
internazionale. Donne sull'orlo di una crisi di nervi, candidato all'Oscar, fu un enorme successo internazionale.
Seguirono Légami! (1989), Tacchi a spillo (1991), Kika - Un corpo in prestito (1993), Il fiore del mio segreto (1995)
e Carne Tremula (1997).
Nel 1999 diresse il pluripremiato (tra gli altri, Oscar e Palma d'oro) Tutto su mia madre, un film particolarmente
doloroso, dedicato alla madre scomparsa (che aveva fatto anche alcune comparsate nelle pellicole del figlio): è la
storia di una donna che perde il figlio in un incidente e si ritrova ad elaborare il lutto e allo stesso tempo a fare i
conti con il suo passato (a lungo tenuto nascosto al figlio). La pellicola vince il César, il David di Donatello, il
Golden Globe, miglior regia a Cannes e l'Oscar come miglior film straniero. Pedro diventa un mito.
Nel 2002 uscì nelle sale Parla con lei che vince l'Oscar per la Miglior Sceneggiatura Originale, cui seguì un film
ispirato agli anni travagliati vissuti nella scuola cattolica: La Mala Educaciòn (2004). Dopo questo film,
interpretato da personaggi maschili, tornò a un cast di donne nella tragicommedia Volver (2006), anch'esso
venato di memoria autobiografica e nello stesso tempo un tributo al cinema, in particolare alle dive del cinema
italiano, con le interpretazioni di Penelope Cruz e Carmen Maura.
Penelope Cruz torna in Gli abbracci spezzati, anche questo un omaggio al cinema realizzato attraverso la
paradossale e struggente storia di un regista che ha perso la vista. Nel 2011 la Cruz lascia il ruolo che doveva
essere suo a Elena Anaya, con Antonio Banderas nei panni di uno scienziato ai limiti della morale, in un film che
ha al centro temi come la ri-costruzione dell’identità e il doppio, La pelle che abito. I classici temi ‘almodovariani’
della fluidità e dell’imprevedibilità di erotismo e passione amorosa, ma anche quello del dolore come strumento
di guarigione dall’inautenticità e la critica sempre tagliente nei confronti delle relazioni di potere, sono
sottilmente adombrati anche nell’ultimo, lieve film Gli amanti passeggeri, nel quale la presenza della ‘messa in
scena’ è esaltata dalla statica artificiosità della location quasi unica, l’interno di un aereo. La situazione narrativa
– la possibile sciagura imminente – anziché produrre i classici estremi di dramma o di comicità sfrenata spinge i
personaggi a dare ‘il meglio di sé’ in termini di leggerezza e di uno humour contenuto (più comprensibile
purtroppo per gli Spagnoli, in alcuni riferimenti), una commedia giocosa nella quale Almodòvar sembra lasciar
decantare il proprio stesso cinema e i suoi personaggi di sempre mettendo loro le ali.
La parola ai protagonisti
Note di regia
La vicenda si dipana in uno spazio astratto, in continuo cambiamento, ma identico a se stesso: lo spazio celeste
che nell'aviazione è noto come l'Ippodromo, un'ellisse che sorvola a 5000 metri di altezza la città di Toledo.
L'Ippodromo è la zona di transito e di destinazione degli aerei che, per un problema, sono in attesa che gli venga
assegnata una pista per effettuare un atterraggio di emergenza, come nel caso del PE 2549.
Nell'Ippodromo si può restare per ore continuando a girare attorno all'ellisse.
Il tempo di attesa, per avere una pista, in genere non supera una o due ore, ma i passeggeri del nostro volo non
hanno fortuna: all'aeroporto di Barajas c'è il blocco dello spazio aereo a causa di un vertice di sicurezza dell'ONU;
a Valenza si svolge la finale del campionato di Formula 1; a Siviglia il campionato mondiale di motociclismo, ecc.
Può essere che il paese stia vivendo una grave crisi economica (parola che deliberatamente non viene mai
pronunciata nel corso del film) però tutti i suoi aeroporti sono intasati da eventi ludici e sportivi, o di alta
sicurezza internazionale. Non c'è una sola pista libera. La Spagna è il centro del mondo.
Esiste però un altro tipo di aeroporti, nati dall'unione tra la megalomania della politica e la mancanza di scrupoli
del settore finanziario, opere talvolta faraoniche e perfettamente inutili. Ma il film non parla di questo, sebbene
uno dei suoi personaggi, il Dottor Más (Il Dottor Più) il finanziere, fugga da uno scandalo di malversazione in cui è
coinvolta la Cassa di Risparmio di cui è presidente.
Il film non è una commedia realista, né surrealista, né neorealista, piuttosto una commedia irrealista e
metaforica. Il racconto trascorre principalmente in un luogo ipnotico e labirintico: il cielo sopra Toledo. L'aereo
gira e rigira, non è difficile ravvisare in questo una metafora della società spagnola, guidata dal suo attuale
governo, che vive una situazione di rischio galoppante, e che si vede obbligata ad un atterraggio di fortuna, senza
neanche sapere dove avverrà. Dal momento in cui è stato girato, il valore metaforico del film è cresciuto con gli
ultimi avvenimenti che hanno scosso la classe politica e le istituzioni spagnole.
Una delle difficoltà delle riprese era che, per ragioni di sicurezza, non è consentito girare in aeroporti attivi. Ma
abbiamo avuto la fortuna di trovare la pista più lunga mai costruita in Spagna, totalmente vuota, non solo la pista
ma tutte le dipendenze di un aeroporto intero a nostra completa disposizione, uno di quei 17 aeroporti spagnoli
(secondo il nostro Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture) senza senso, né uso: nella finzione, l'aeroporto di
La Mancia. Gli spazi immensi all'interno dell'aeroporto reale, deserti, fantasmatici sono diventati la migliore
metafora del fantasmatico viaggio del volo PE 2549, un viaggio senza destinazione, che dopo mille vicissitudini
atterra nel presente dei personaggi, un ineludibile presente.
L'evacuazione avviene su una bianca nube di spuma circonfusa anch'essa da un vaporoso alone metaforico, il
luogo intermedio tra la terra e il cielo, tra la vita e la morte, la menzogna e la verità, la paura e la forza d'animo.
La scrittura delle prime pagine della sceneggiatura possedeva l'effervescenza dei testi che scrivevo negli anni '80.
La prima cosa che ho scritto sono state le scene della cabina e del galley, la minuscola zona dove vivono gli
assistenti di volo prestando ogni tipo di servizi. Erano deliberatamente deliranti, senza altro intento che quello di
divertirmi mentre le scrivevo.
Quando ho deciso che quei primi fogli mi interessavano abbastanza da volerli trasformare in una sceneggiatura,
lo stile che avevo in mente era la commedia screwball americana, la commedia svitata degli anni '30 e '40.
Scene con molti personaggi in spazi ridottissimi: un responsabile di cabina alcolista che non può mentire, un
autentico fondamentalista della sincerità; molta promiscuità e molta sfrontatezza tra equipaggio e piloti; un
truffatore in guanti bianchi in piena fuga; personaggi che o nascondono grandi secreti oppure dormono; un
telefono che scivola dalle mani di una donna suicida e va a cadere nel cestino della bicicletta di un'altra donna
che casualmente è innamorata dello stesso uomo di cui è innamorata la suicida.
Alcol, droghe, grandi catarsi ed esplosioni sessuali. Insomma, una commedia svitata. Ma anche una commedia
morale, senza però formulare giudizi e lasciando che i personaggi rimangano uguali a se stessi fino alla fine. Il
truffatore continua ad essere un truffatore, ma dopo aver fatto qualche giro in aria, senza una rotta e con tutto il
tempo per meditare su quanto lascia in terra, prende coscienza del fatto che invece di fuggire preferisce tornare
a casa e ritrovare la figlia prodiga che non vede da anni, sebbene la polizia lo stia aspettando al suo rientro. In
carcere sarà più vicino alla sua famiglia che in un paese tropicale, sotto un albero di cocco.
La morale alla fine è che personaggi hanno imparato qualcosa su se stessi e non mentono più a sé stessi e agli
altri. Questo è il grande risultato di un viaggio il cui unico senso è la sopravvivenza.
MITOLOGIA
Come il filo di Arianna aiuta Teseo a non perdersi nel labirinto del feroce Minotauro, così il destino tesse un filo
imprevedibile che collega i vari passeggeri ad altre persone, rimaste a terra, o agli altri passeggeri del volo.
Un filo, telefonico e non, unisce il triangolo formato da Guillermo Toledo, Paz Vega e Blanca Suarez, due ex
amanti abbandonate dallo stesso don Giovanni, da Ricardo Galán. Lo stesso filo porta Ruth all'aeroporto de La
Mancia per liquidare la sua storia con il Galán e consegnargli una valigia piena di ricordi infranti e fa sì che la
ricattatrice interpretata da Cecilia Roth incontri nell'aereo il killer assoldato per ucciderla all'arrivo a Città del
Messico.
L'Ippodromo è il labirinto mitologico che l'aereo con i passeggeri continua a percorrere e l'aeroporto fantasma di
La Mancia è la naturale destinazione del suo volo fantasmatico.
IL TEATRO E LA PAROLA
Il filo di Arianna a cui mi riferivo è la parola, balsamica e spettacolare. La parola di fronte al Minotauro che
rappresenta il vuoto, la paura, l'incertezza e la morte. I passeggeri sono scollegati, non possono parlare attraverso
i cellulari, né vedere film sugli schermi, né usare tutti quegli apparecchi che sono diventati ormai un'estensione
di noi stessi. La disconnessione, la mancanza di collegamento, rappresenti la maggiore solitudine che oggi si
possa immaginare. La sceneggiatura è strutturata quasi sempre in monologhi, o conversazioni telefoniche
attraverso l'unico telefono pubblico funzionante. Il tessuto creato da questa catarsi orale avvolge i passeggeri, li
fa divertire e li libera. Le tendine rosse plissettate che separano il galley dalla classe Business o dalla Economy
ricordano volutamente il sipario di un teatro. Il personaggio che si trova vicino alle tendine generalmente è il
protagonista del momento, e da una parte e dall'altra ci sono gli spettatori, il resto dei passeggeri e l'equipaggio.
Dei tanti schermi dei tanti apparecchi con cui conviviamo non ho potuto evitare gli schermi più grandi, quelli
delle televisioni sulle pareti dell'aereo. Ma poiché non vi era modo di evitarli ho cercato di portarli almeno sul
mio terreno. C'è tutta una dichiarazione di principi in quegli schermi neri. La parola fa riferimento al teatro, ma
anche alla televisione, e precisamente alla TV spazzatura. Anche questo genere di programmi si basa sulla parola.
Nel secondo monologo, in cui spiega la ragione per cui non può mentire, rifacendosi ad un evento traumatico
verificatosi durante un volo (un evento realmente accaduto), Javier Cámara inizia a parlare collocandosi
esattamente al centro dello schermo nero che ha alle spalle, perché volevo che l'immagine ricordasse che
televisione e monologo catartico spesso vanno insieme.
La televisione è come l'occhio di Dio, è onnipresente, ma in questo volo è un occhio cieco, vuoto, di insondabile
negritudine.
COLORE, LUCE E ALCAINE
Nel colore degli interni e del rivestimento esterno degli aerei abbondano i grigi, i beige, i blu e il rosso per le
evidenziature (ad eccezione di alcune linee aeree orientali molto più stravaganti e surrealiste). La commedia
ammette eccessi e licenze di ogni tipo, ma per svitata che sia, anche la commedia ha regole ben precise. Non
tutto è ammesso, anzi, la commedia è il genere che esige maggiore precisione e rigore.
Sin dall'inizio ho rifuggito dalla tentazione di orientalismi e "pop-ismi" estremi, pur avendo scoperto alcuni
fantastici esempi durante il processo di documentazione. In realtà gli interni degli aerei sono per lo più neutri, se
non decisamente brutti. Nel film l'80% dell'azione si svolge all'interno di un aereo.
È la scenografia principale, per cui bisognava inventarsi una linea corporativa completa per la Compagnia
Península, dalle divise dell'equipaggio alla moquette, fino al design della tappezzeria dei sedili, che in fin dei conti
sono anch'essi protagonisti del film insieme agli attori. Era importante che sembrasse una linea possibile e non
troppo assurda, che venisse bene in fotografia e non annoiasse.
Abbiamo curato i colori della poltrona della Business come se fossero i protagonisti del film. Ma il colore è luce, e
questa è la prima volta che giro con macchine digitali. Abbiamo fatto delle prove per evitare durezze sui volti e
perché i toni pastello dell'insieme non risultassero leziosi. José Luis Alcaine, che mi conosce bene, sa che alla fine
propendo per un'atmosfera cromatica alla Hitchcock: infatti il maestro della suspense era anche un maestro del
colore. Non ho notato una grande differenza nella meccanica delle riprese con il digitale, sebbene personalmente
continui a considerarmi un regista analogico. La tecnica digitale offre possibilità infinite ma va usata con senso
analogico, altrimenti c'è il rischio che l'immagine risulti troppo piatta, tersa ed irreale, si riducano le gamme dei
grigi, e le penombre si trasformino in buchi neri. Per risolvere tutti questi problemi non c'è nulla di meglio che
impiegare un direttore della fotografia con grande esperienza analogica. José Luis Alcaine è un maestro della luce
che appartiene ad una generazione in via di estinzione. Il suo lavoro è stato determinante affinché mi
avventurassi nel mondo delle riprese digitale. Alcaine ha girato in digitale con l'equivalente di una pellicola da
1600 ASA, in modo che l’immagine mantenesse la porosità del negativo e l'atmosfera vibrasse come un
tutt’unico.
Recensioni
Natalia Aspesi. La Repubblica
Come tutte le storie smodatamente e allegramente gay, anche Gli amanti passeggeri, 19° film di Pedro
Almodovar, con attori molto bravi e a noi non molto conosciuti, è soprattutto un passatempo per signore più o
meno disinibite, lo è forse meno per gli uomini in generale, anche se politicamente corretti, tanto da auspicare
per i fratelli homo patti civili, matrimonio, adozioni e divorzio. Lo stesso autore ha detto: «Certi dialoghi del film
imbarazzano anche me che li ho scritti». Tutto o quasi si svolge su un aereo che da Madrid deve raggiungere Città
del Messico, tra la cabina di pilotaggio, il piccolo spazio dove si muovono gli assistenti di volo e una business class
con pochi passeggeri; un guasto tecnico provocato prima del decollo dall'improvvisa distrazione amorosa degli
addetti alla pista (Penélope Cruz e Antonio Banderas, visibili per un secondo in omaggio al loro amato
Almodovar), obbliga a cercare un aeroporto per un atterraggio di emergenza. Bisogna impedire che i passeggeri
se ne accorgano, così il caotico personale di bordo addormenta con un sonnifero quelli dell' economy, distrae con
champagne mistoa mescalina quelli della business. Così in quello spazio angusto imprigionato dalle nuvole, si
sfrena una specie di catarsi collettiva, in cui le persone si rivelano agli altri ma anche a se stessi, oltre ogni
finzione e vergogna, quasi a prepararsi a un giudizio universale di cui loro stessi saranno i giudici. (...) Intanto in
business, trionfa, inaspettato, il sesso etero. Momento indimenticabile: i tre steward ballano con i massimi gesti
gay e cantano "I am so exited" delle Pointer Sisters, "Sto perdendo il controllo e mi piace!". Con Gli amanti
passeggeri, Almodovar torna al suo primo cinema, quello anni 80, sgangherato e allora oltraggioso, ma anche
esplosione di libertà postfranchista contro ogni censura e oppressione, in cui si agitavano con canagliesca ironia
casalinghe ninfomani, poliziotti stupratori, registi gay con sorella transgender, padri incestuosi o travestiti,
bambini spacciatori, mogli assassine, suore lesbiche. Narratore appassionato e compassionevole di donne
oppresse e ribelli, di madri e mogli meravigliose, servendosi di attrici magnifiche, Carmen Maura, Victoria Abril,
Penélope Cruz, con i suoi film più riusciti, come Donne sull' orlo di una crisi di nervi, Parla con lei, Volver, in più di
30 anni, Almodovar è stato ultra premiato e ultra amato. Ma i tempi sono molto cambiati, oggi è tutta la Spagna,
ma anche, e non solo, l' Italia, ad essere sull' orlo di una crisi di nervi epocale e distruttiva. Il film non va a
Cannes, e la critica spagnola è stata piuttosto crudele, lo ha bollato come falso, consunto, naif, percorso da uno
humour infantile, scatologico, dedicato a un tipo di trasgressione sessuale che da tempo non scandalizza più, che
la realtà ha superato. Ma non è davvero così: in quell'aereo c' è il presente, ci sono le situazioni di oggi, civili e
incivili, dal matrimonio gay alla grande truffa finanziaria, dalla smania erotica dei potenti al commercio
ricattatorio dei loro peccati. Deliberatamente nel film non viene mai nominata la crisi economica, che, dice
Almodovar, non sta fermando il mondo. Infatti l' aereo non trova una pista dove atterrare perché tutti gli
aeroporti spagnoli (o europei), sono intasati a causa di eventi ludici, sportivi, di sicurezza internazionale: per il
regista, il film è «una metafora della società spagnola guidata dal suo attuale governo che vive una situazione di
rischio galoppante in attesa di un atterraggio di fortuna».
Cristina Piccinno. Il Manifesto
L'assistente di volo Joserra (Javier Camara) lo dice subito: «Niente tecnicismi». Traduzione, niente bugie ai
passeggeri. Certo, ma come fare a nascondergli che l'aereo su cui si sono appena imbarcati destinazione Città del
Messico, sta girando in tondo nella speranza di un atterraggio di fortuna? C'è un guasto al carrello, però nessun
aeroporto è disponibile, tutti occupati o chiusi per qualche evento planetario. Le hostess addormentano la
seconda classe, un po' come sul Titanic, se si cade precipiteranno ignari, mentre i tre assistenti di volo affogando
il panico con tequila e cocaina, cercano di intrattenere il gruppetto della prima classe. (...)
Gli amanti passeggeri è il nuovo film di Pedro Almodovar, e il suo ritorno alla commedia come dice lo stesso
autore, che dal (meraviglioso) titolo rimanda ai movimenti del caso e al desiderio di una leggerezza feroce con cui
affrontare le cose del mondo. Un caso, e un caos, dichiarati già nella prima immagine, l'apparizione soave di
Antonio Banderas e Penelope Cruz in un fulmineo cameo. I due accecati dalla gioia dell'amore, e dalla notizia del
primo figlio in arrivo, sono la probabile origine al guasto, distrazione umanissima e sentimentale.
E così seguendo questo caotico flusso, l'aereo si trasforma in un palcoscenico, quasi un reality ma senza schermi,
in cui entrando e uscendo dalle tendine rosse della cabina di pilotaggio a turno i personaggi confessano desideri
e paure, piangono, si raccontano. E grazie a un cocktail di mescalina, dono dello sposino risorto, si lasciano
andare a un'orgia liberatoria.
«I'm so exicited» cantano nel siparietto di musical i tre assistenti di volo mimando le Pointer Sister. E intanto tra
le nuvole si palesa la Spagna di oggi, devastata da corruzione e crisi economica. Pensando però alle sue sbilenche
commedie degli anni Ottanta e Novanta , a cui Almodovar dice di avere guardato, quelli delle ragazze Pepi Luci e
delle Donne sull'orlo di una crisi di nervi, è come se le punte acide dell'ironia si fossero stemperate. In quei film i
rimandi «interni» alla Spagna post-franchista e alla sua nuova libertà si traducevano in una forma
cinematografica dove il miscuglio allegramente selvaggio dei generi inventava nuovi universi di immaginari. Qui
invece i riferimenti alla realtà spagnola non sembrano tradursi in un gesto cinematografico, e anche se si ride
spesso, e l'umorismo di Almodovar è come sempre raffinato e pieno di invenzioni, l'impressione è di una distanza
un po' programmatica, molto scritta, guidata dal regista senza il sussulto della sorpresa. In fondo questa
commedia è molto triste, per carità come tutte le commedie, ma anche un po' cupa forse perché i ragazzi di un
tempo sono invecchiati e la realtà attuale è assai meno piena di promesse, nonostante il sentimento di rivolta
covi sempre da qualche parte, magari sotto la schiuma gettata sulla pista.
Certo Almodovar sa come dirigere queste vite di diretta - meglio sarebbe dire in volo - dosando con sapienza ogni
sapore del cuore. Ma se il suo microcosmo da kammerspiel ci racconta un mondo «altro», in cui esplodono l'idea
di famiglia, coppia, gender, una volta a terra la realtà è sempre lì, dietro la porta a vetri del non luogo di un
aeroporto, piena di incognite, ancora da inventare. E l'impressione è che i suoi personaggi vi vengano risucchiati
di nuovo, «passeggeri» nella loro libertà.
Filiberto Molossi. La gazzetta di Parma
Al check-in si era presentato con bagaglio leggero, imbarcando in un mondo (ora come allora) troppo serio la sua
euforica vena pop: ma a 35 anni dal debutto, e 20 film dopo, il geniale regista della Mancha che ha sconfitto i
mulini a vento, terrorizzato che il viaggio sia già finito, abbandona il pilota automatico e dirotta la sua carriera in
volo, tentando – in un percorso a ritroso non privo di turbolenze - di fare rotta verso casa, verso le origini. Perché
ripartire, forse, è l'unico modo per scacciare la paura di essere già arrivati.
Affidati i titoli di testa, sulle note del «Per Elisa», alla matita raffinata di Javier Mariscal (uno dei più noti
fumettisti iberici), Pedro Almodòvar, “dimenticati” a terra, in un bizzarro cameo (dal doppiaggio demenziale), i
fedelissimi Antonio Banderas e Penelope Cruz, decolla sulle ali della commedia più grottesca per andare alla
ricerca della trasgressione divertita e della pittoresca irriverenza delle sue prime pellicole post franchiste, felice,
come direbbe Modugno, di stare lassù. (...)
Commedia surreale e claustrofobica, brillante e licenziosa, Gli amanti passeggeri (bello il titolo) si inserisce solo
per finta nel filone «aeronautico» (che conta innumerevoli esempi, dal catastrofico alla farsa) per tracciare invece
tra cielo e terra la metafora di un Paese (la Spagna, ma non necessariamente solo quella) in avaria, una nazione
narcotizzata che vola a casaccio senza sapere dove andare, troppo impegnata a fare qualcos'altro per gestire
realmente l'emergenza. Abbandonati i toni sin troppo cupi degli ultimi lavori, il regista di «Parla con lei» e «Tutto
su mia madre» flirta con l'unità di tempo e luogo, nel tentativo di rintracciare, tra numeri musical e la solita
grande attenzione alle scelte cromatiche, la leggerezza perduta. Ne esce un film divertente, anche se minore,
disuguale (meglio il decollo dell'atterraggio) e altalenante, sufficientemente folle ma non abbastanza (come
quando rimarca qualche volgarità gratuita di troppo) da evitare diversi vuoti d'aria: non è certo l'Almodóvar più
memorabile, ma testimonia comunque il coraggio e l'entusiasmo di un regista che gira sempre senza paracadute.
Gabriella Gallozzi. L'Unità
Bentornato Pedro. Ben tornato perché ogni suo film, nonostante gli alti e bassi inevitabili, come per ogni grande
regista, è sempre un bel vedere. E bentornato alla commedia, più che un genere per Pedro Almodóvar, un
«imprinting». Questi Amanti passeggeri che sorvolano senza possibilità di atterraggio i cieli della Spagna, sono,
infatti, un omaggio dichiarato ai rutilanti anni della Movida. Quegli anni Ottanta in cui il giovane Pedrito esordiva
nel cinema con lo spirito di «rivolta» e totale libertà di un paese che finalmente si lasciava alle spalle l'oscurità
del franchismo. Come sembrano lontani, oggi, quegli anni. Adesso è l'ombra di un'altra dittatura quella che
oscura il nostro futuro: la finanza globalizzata che ha colpito duro le vite di tutti. Indignando «indignados» non
solo in Spagna. Ecco dunque che, Pedro, ben consapevole del presente, orchestra sì una commedia da ritorno
alle origini, ma con una diversa sostanza. Su quel volo che per un guasto tecnico si perde a volare tra le nuvole
senza possibilità di atterraggio, ci siamo tutti noi. (...) I viaggiatori della Business (escort di alto bordo,
imprenditori corrotti e ladri) sono gli unici ad essere consapevoli del pericolo, mentre quelli della economy sono
stati narcotizzati apposta per non far loro rompere le scatole. Nel personale di bordo, poi, soprattutto ritroviamo
i tic e le ossessioni di Pedro prima maniera. Sesso (omosex, certamente), droga e punk rock sono gli ingredienti
forti di questa commedia che, a tratti, però non riesce a tenere il ritmo. Nonostante alcuni dialoghi
semplicemente irresistibili in cui si avventurano gli assistenti di volo, tutti rigorosamente gay e, tutti dalla
sessualità irrefrenabile. La freschezza sgangherata di Pepi e le sue amiche è lontana. Come pure quella delle
donne che nella loro crisi di nervi sono diventate il segno di un'epoca. Gli Amanti passeggeri, nel loro impianto
corale, insomma, solo in parte trovano la leggerezza del volo.
Marzia Gandolfi. Mymovies
(…) Dopo aver 'cambiato pelle' e abitato i tessuti delle emozioni, Pedro Almodóvar lascia il principio di realtà per
quello del piacere. Decollato e invertita la rotta, vola verso il passato e una ritrovata esuberanza sessuale. A
governare un aereo in avaria e in volo a ellissi su Toledo è la legge del desiderio e il registro dell'eccesso,
congenitamente connaturato all'"almodramma". Emancipata e ardente, Gli amanti passeggeri è una commedia
alla mescalina e come l'alcaloide del peyote ha un'azione eccitante sullo spettatore e sui passeggeri, che
affollano una fusoliera satura di colori, pop e omosessualità. Radicale e in barba alle mezze misure, Almodóvar
gira un film che pratica l'amoralità propria dello humor camp, guardando alla Spagna e alla crisi che l'ha piegata.
In panne, come il suo aereo, la Península gira a vuoto dentro un cielito lindo, indecisa se precipitare o atterrare.
Nell'attesa, mentre la classe operaia è sedata per evitare il panico e le 'discese' in piazza, la 'prima classe' si
intrattiene come può dopo aver fallito a terra vita, matrimoni e banche. Se il Paese vive in equilibrio inerziale
sotto un regime di dittatura finanziaria, nell'alta quota della finzione Almodóvar cerca e trova la sua catarsi,
risvegliando i suoi personaggi agli anni della movida madrilena.
La sregolatezza e la piena libertà che caratterizzarono lo spirito della capitale spagnola nell'era postfranchista
risalgono come un rigurgito o uno schizzo organico a sfogare il dolore, la perdita e la sconfitta. La dismisura
impatta il compromesso e drammatizza una realtà che in Spagna come in Italia ha preferito governare e
controllare le pulsioni melodrammatiche dell'immaginario collettivo, declinandole in forme espressive
addomesticate. In un tourbillon di lacrime, desideri, turgori, umori, eccessi, cadute, impennate, punti esclamativi
ritmici e coreografici, Almodóvar cortocircuita personaggi, destini e dialoghi fino all'appagamento nell'amplesso.
(...)
Simona Santoni. Panorama
(…) Ecco, a mio avviso, i pregi e i difetti de Gli amanti passeggeri (…):
Pregi:
- Metafora della Spagna (e non solo). Il volo 2549 della compagnia Península è diretto in Messico ma, avendo un
carrello fuori servizio, i due piloti - il bisex Alex (Antonio de la Torre) e l'etero confuso Benito (Hugo Silva) decidono di girare a vuoto su Toledo, in attesa che dalla Torre di controllo arrivi l'indicazione di una pista libera su
cui fare un atterraggio d'emergenza. La Torre di controllo è alquanto lenta nel risolvere l'inghippo e l'areo intanto
gira e rigira. La classe Economy è stata addormentata perché non si agiti e dorme inconsapevole. I pochi della
classe Business invece sono stati messi al corrente del problema e, insieme al personale di bordo, si danno ad
alcool e sesso per cercare di non pensare. Ah, come assomiglia alla Spagna in crisi e in stallo questo aereo! E
anche all'Italia. Chi deve decidere tarda a decidere e il popolo viene sedato...
- L'attesa e l'impotenza. Quella che si compie sul volo 2549 non è solo la metafora della situazione politica ed
economica della Spagna, ma è anche una fotografia dell'impotenza dell'animo umano, quel senso di
claustrofobia che sembra quasi dare alla testa di chi nulla può fare e non ha potere sul proprio destino.
- Giocosa reunion. Aprono il film i prediletti di Almodóvar, Antonio Banderas e Penélope Cruz, lanciati nella loro
carriera da attori proprio dal regista. Sono lì a mo' di anfitrioni, che aprono allo spettacolo successivo. E poi ecco
che ritroviamo tanti volti cari al buon Pedro. Nei panni della superstar del gossip e dominatrice c'è Cecilia Roth,
musa del cineasta già vista nell'indimenticabile Tutto su mia madre, in Pepi, Luci, Bome le altre ragazze del
mucchio, Labirinto di passioni, L'indiscreto fascino del peccato. Non manca Lola Dueñas (Parla con lei, Volver, Gli
abbracci spezzati), che interpreta la bizzarra veggente vergine che vuole però perdere il suo candore proprio su
quell'aereo. Ci sono anche Blanca Suárez, una dei pochi personaggi non a bordo del volo, che aveva interpretato
la figlia suicida de La pelle che abito, e Paz Vega (Parla con lei), Javier Cámara (Parla con lei, La mala educación),
Carmen Machi (Parla con lei, Gli abbracci spezzati)... Chissà se Carmen Maura e Marisa Paredes si saranno sentite
trascurate per non esser state invitate a questa briosa rimpatriata.
- Amoralità ostentata con una morale. Per combattere la paura, a un passo forse dalla morte, il personale di
bordo come i passeggeri di Business class liberano ogni freno (se mai ne hanno avuti). Ecco cocktail alcolici, Agua
de Valencia, mescalina (allucinogeno contenuto nel peyote), sesso etero e sesso gay senza pudori, addirittura
approfittando di chi è mezzo drogato. L'unico che non riesce a concludere qualcosa è lo stewart Fajas (Carlos
Areces, volto assolutamente tragicomico, killer pagliaccio in Ballata dell’odio e dell’amore), che si consola
pregando. Almodóvar pigia volutamente il pedale dell'eccesso come quello dell'assurdo. Non dà scandalo, perché
ormai oggi c'è poco che possa dare scandalo. Ma per paradosso intanto dà una morale: mandata a quel paese
l'inibizione, i personaggi hanno imparato qualcosa su se stessi e non mentono più a sé e agli altri. Questo è il
risultato di un viaggio il cui unico senso è la sopravvivenza.
Difetti:
- Comicità poco effervescente con picchi verso il basso. (...)
- Folclore gay alla Malgioglio. (...)
- Il coinvolgimento non vola. Niente da fare: come è in stallo il volo 2549, lo stesso è in stallo il coinvolgimento
dello spettatore, che fatica a rimanere interessato alle vicende dei tanti personaggi surreali, spera di volare
lontano, lo spera tanto, fiducioso, ma alla fine si accontenta dell'atterraggio