La strada che porta a domani METEF

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Anno VII n. 233 - Giovedì 12 giugno 2014
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La strada che porta a domani
Giovedì 12/6/2014 ‐ Verona ‐ Moderato dal giornalista del Sole
24 Ore Luca Orlando, si è svolto oggi il convegno “Business
globale: la strada che porta al domani”, che ha coinvolto, a
livello associativo, Anfia, Assofond, Amafond e Assomet,
rispettivamente presenti con Aurelio Nervo, Roberto Ariotti,
Francesco Savelli e Mario Bertoli. A loro si sono aggiunti i
contributi di Andrea Marinoni (partner Roland Berger
Strategy consultant) e Francesco Rondinelli (Cnh).
Luca Orlando, aprendo l’intensa mattinata del meeting, ha
evidenziato come, dall’osservatorio del Sole 24 Ore, si assiste
a una serie <<confusa e per certi aspetti contraddittoria” di
segnali positivi, non omogenei ma presenti, che indicano una
situazione complessa che richiederebbe ‐ secondo Orlando ‐
una ripartenza del mercato interno come segnale di stabilità
e di crescita per le aziende>>.
È poi toccato ai rappresentanti delle singole realtà associative
la presentazione dello “stato dell’arte” dei settori rappresentati a questa edizione di Metef. Il primo intervento di Aurelio Nervo,
che ha sottolineato come, a fronte di un tracollo dell’industria automobilistica italiana, con punte negative del 60% nel settore auto
e del 26% nel comparto dei veicoli industriali registrate nel 2013 rispetto al 2007, la componentistica italiana abbia limitato le perdite
solo del 15%, dimostrando una forte capacità di differenziazione e di penetrazione sui mercati internazionali. Con un saldo
commerciale di 8 miliardi di euro, la componentistica italiana ha iniziato il 2014 con un fatturato in linea con l’anno precedente, ma
con prospettive di miglioramento che dovrebbero ora essere sostenute dalla ripresa del mercato interno. Fra gli obiettivi di Anfia, il
prosieguo di un confronto con il nuovo governo sui temi della competitività, attraverso la consulta Automotive, ulteriori iniziative del
consorzio Anfia‐Automotive per la promozione dell’area R&D, lo sviluppo di attività di formazione (essenziali per sviluppare
l’imprescindibile capitale umano), e una intensa attività in internazionalizzazione con il sostegno diretto alle aziende.
Roberto Ariotti ha poi presentato un “fermo immagine” su Assofond, una realtà che “pesa” con 6,5 miliardi di euro di fatturato, 324
fonderie che coprono tutte le tipologie di metalli, oltre 1.000 aziende, una quota export del 50% e, anche in questo caso, un saldo
positivo della bilancia commerciale di 400 milioni. Viene anche in questo comparto confermato un inizio dell’anno tutto sommato
positivo, con punte (in volumi) del 10% per la ghisa e del 3% per la produzione di acciaio.
Francesco Savelli ha confermato questo trend positivo anche per le realtà rappresentate da Amafond, segnalando un +15% nel
fatturato complessivo (con previsioni 2014 di 1320 milioni di euro, di cui 1.000 dall’export, in crescita dell’11%). Un centinaio le
aziende che formano il contesto dell’associazione, fortemente internazionalizzate, con una media export del 70% e con punte che
arrivano al 100%.
Per Mario Bertoli i segnali positivi <<ci sono, seppur contrastanti e ondivaghi>>; in ambito Assomet, la crisi ha colpito duramente,
con 500 aziende che sono state costrette a chiudere, in particolare quelle più legate al settore dell’edilizia. L’export – dichiara
Bertoli – <<ci ha tenuto, nel complesso, a galla, ma non basta, ora serve che il mercato interno riprenda una fase di positività>> e,
per agganciare anche in Italia un vento di ripresa, occorrerebbero alcuni decisi cambiamenti: nella pressione fiscale, che ormai ha
raggiunto livelli insostenibili per le aziende, sul costo dell’energia elettrica che aggiunge handicap competitivi e, quasi
pleonasticamente, sul fronte della burocrazia, che deve essere riportata a livelli molto più “sopportabili”.
Andrea Marinoni ha affrontato il tema della sfida posta dalle trasformazioni dell’automotive. In questo settore, a parere di Marinoni,
si stanno verificando significativi e importanti cambiamenti, a partire dalle acquisizioni e dalle fusioni che stanno letteralmente
rivoluzionando la filiera. In questo contesto, sempre più globale, la Cina è stata il motore di sviluppo dei settori collegati alle
fonderie e questo <<varrà anche per il prossimo futuro>>, anche a fronte di una crescita del mercato cinese non più quantificabile a
due cifre. Saranno dunque i Paesi emergenti uno dei prossimi traini dell’automotive, già ora, comunque, una filiera di sbocco per
l’insieme della fonderia italiana (con il 50% dei getti non ferrosi e il 30% dei ferrosi). Secondo Marinoni, se la situazione in Russia è
<<politicamente incerta>>, se il Brasile <<è volatile>>, se in India <<la ripresa c’è e non c’è>>, se dalla Cina arrivano <<pochi profitti>>
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occorre guardare a nuovi mercati, e in particolare a Paesi come la Turchia, l’Argentina, il Sud Africa, la Malesia. Infine, Marinoni ha
introdotto alcuni degli step che le aziende del settore dovrebbero tenere in considerazione, partendo dal dato di fatto che il 93%
delle aziende italiane sono di piccole dimensioni e questo, <<anche in presenza di una buona produttività>>, non è comunque un
segnale positivo; <<occorre crescere>>, anche per avere un buon margine operativo lordo; occorre presidiare, ancora di più, le
nicchie di fascia alta, favorire un ricambio generazione, introducendo in aziende nuove professionalità; e, infine, occorre investire
sempre più in R&S. il tutto, ha concluso Marinoni, in un’ottica di <<crescita dimensionale>>.
Al termine delle presentazioni, una breve tavola rotonda ha toccato alcuni dei temi affrontati nel meeting; da segnalare la presenza
di Paolo Pozzi (Agrati), che nel suo intervento ha messo l’accento sull’importanza della ricerca & sviluppo, portando l’esempio della
Agrati, che investe oltre il 3% l’anno del suo fatturato in attività di R&S,con un centinaio di addetti impiegati in questa attività.
Aurelio Nervo ha evidenziato come “la filiera della componentistica si è saputa imporre sui mercati internazionali anche grazie alle
sue capacità innovative. <<Guardando al futuro – ha continuato Nervo – è però fondamentale che continuino gli investimenti in
innovazione, soprattutto per le Pmi, per poter stare al passo con la concorrenza sempre più globale. Per questo le Pmi devono
poter contare su reti pubblico‐private che consentano di fare massa critica e di avere una forza di investimento adeguata. Infine
anche a livello pubblico va invertita la rotta che ha portato, negli ultimi 20 anni, a una riduzione degli investimenti su ricerca e
università>>.
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ROBERTO D'ARRIGO
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