Lettera "Vedendo... glorifichino il Padre"

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Lettera "Vedendo... glorifichino il Padre"
Verso la tua Parola
guida il mio cuore
“Vedendo…
glorifichino il Padre”
Lettera dell’Arcivescovo
per l’anno pastorale 2013-2014
Cammino triennale 2011-2014
Li chiamò... stette con loro... li mandò...
“Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di
una multiforme grazia di Dio… chi esercita un ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in
tutto venga glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo”
(1 Pt 4,10-11)
Carissimi fratelli in Cristo Gesù,
proseguiamo con gioia il cammino pastorale decennale “Verso la tua
Parola guida il mio cuore”. Alla scuola del Maestro, abbiamo scelto di
lasciarci educare e di educare alla vita buona del Vangelo. Un impegno
volto a intensificare il rapporto personale e comunitario con la Parola
di Dio per gustarla, coglierne la centralità e l’importanza nella vita,
sensibilizzare e suscitare l’interesse dei fratelli verso di essa.
La terza tappa del percorso triennale “Li chiamò… stette con loro… li
mandò...” (2011-2014) porta la nostra attenzione sulla comunità cristiana che, educata dal Maestro, educa alla vita nuova in Cristo: accogliere
la chiamata, stare con Gesù, essere mandati ai fratelli e al mondo.
Mandati per riflettere la luce di Cristo
Sentiamo risuonare in noi il monito di Gesù ai discepoli: “Voi siete la
luce del mondo… risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano
le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5,1315).
Miei cari fratelli, necessario e prioritario appare anzitutto il “ritornare a Cristo”, lo “stare di fronte a Lui”, il “fissare lo sguardo su Gesù”,
“autore e perfezionatore della nostra fede” (Eb 12,2), per rinvigorirci nella
fede, attingere forza ispiratrice e rinnovato slancio per dare genuina
testimonianza cristiana in questo nostro tempo nel quale molti vivono
“come se Dio non esistesse”.
Contemplare i tratti del volto di Cristo e il suo stile di vita significa concretamente frequentare e tornare continuamente alla Scrittura,
attraversata da capo a fondo dal suo mistero. Le accorate esortazioni
di Paolo: “sia formato Cristo in voi” (Gal 4,19), “Cristo abiti per la fede nei
vostri cuori” (Ef 3,17), “nel Signore Gesù Cristo… ben radicati e fondati in
lui” (Col 2,6), ci spronino verso “una continua immersione nel pensiero,
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nella preghiera, nella vita di Cristo. Solo lui comunica la sua persona, il suo
piano, il suo mistero, il suo progetto, ‘aprendo i nostri occhi’, rendendoci capaci di riconoscerlo, di farlo abitare nei nostri cuori e di correre a rivelarlo ai
fratelli” (CEI, “Fare di Cristo il cuore del mondo”… Lettera ai fedeli laici,
Roma 2005, n. 4)
“Con gli occhi di Gesù”, verso “le periferie”
Fratelli carissimi, l’obiettivo proposto nel programma triennale “Li
chiamò… stette con loro… li mandò...” richiede di maturare uno sguardo
di fede attraverso una lettura sapienziale della quotidianità che scaturisce dall’esperienza di Gesù che ci ha chiamati, con cui siamo stati e
abbiamo condiviso la vita, e che ora ci manda a “guardare” gli altri con
occhi nuovi ed agire secondo il suo stile.
Questo modo nuovo di “vedere”, riporta le periferia dell’umanità
al centro del nostro sguardo e della nostra vita di fede. Le “periferie”,
richiamate spesso da papa Francesco, non denotano solo un ambiente
geografico, sono soprattutto spazi e vissuti esistenziali, rimandano alle
diverse categorie sociali ignorate e abbandonate, alle tante forme di
povertà e di fragilità umana, alle relazioni ferite, al vuoto e allo smarrimento di senso, alle sofferenze e alle malattie, alle ingiustizie e a tutte
le forme di violenza e di oppressione. Le periferie sono anche tutte
le realtà che tendiamo a non far entrare nel nostro campo visivo, che
manteniamo sfocate, per impedire che disturbino le nostre sicurezze e
i nostri progetti.
Educati dalle periferie
Le “periferie” richiamano l’esigenza di tornare alla scuola del Maestro per lasciarci educare dal suo insegnamento e dal suo agire, per
apprendere come collocarci dinanzi ad esse. Illuminate dalla luce della
Parola, esse si rivelano come luoghi e categorie pedagogiche che educano anzitutto a “stare davanti a Dio” con cuore puro e spirito povero,
per imparare a “stare davanti agli uomini”.
Dall’ascolto della parola di Gesù veniamo abilitati a guardare gli
uomini e la loro storia con i suoi occhi, “la fede, infatti, non solo guarda a
Gesù, ma guarda dal punto di vista di Gesù, con i suoi occhi: è una partecipazione al suo modo di vedere” (Francesco, Lumen fidei, 18).
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Imparare a guardare gli altri con gli occhi di Gesù rende familiari
con le “periferie”, spinge alla prossimità e alla solidarietà, crea slancio
per una nuova missionarietà, invita a cercare in esse risorse per una
rinnovata spiritualità e ricchezze di umanità con cui confrontarsi e verificare se stessi e la propria vita cristiana.
“Vedendo… glorifichino il Padre”
Il “vedere“ si riferisce allo sguardo degli altri sul nostro agire bene
secondo il Vangelo, ma anche al nostro modo di “vedere” gli uomini
come fratelli, i loro bisogni e le loro necessità alla maniera di Cristo.
Ciò rende possibile un modo di essere e di vivere da veri credenti e
apre spazi illimitati alla nostra carità creativa. Saranno le nostre opere
buone ad accendere negli altri la nostalgia di Dio, a far cercare Colui
che rende gli uomini operatori di bene, a glorificare Dio che si è reso
visibile nei nostri gesti di carità.
Sulla via delle beatitudini
Il paradigma di questo sguardo rinnovato sono certamente le Beatitudini, che ritroviamo in modo più diffuso nel discorso della montagna. Proprio i capitoli 5-7 del Vangelo di Matteo saranno oggetto privilegiato della nostra meditazione della Parola
“Vi è stato detto”. Sono appunto i poveri, i miti, gli afflitti, i perseguitati… il mondo delle periferie a farci cogliere le tante stratificazioni
mentali ed esistenziali di stampo “farisaico e pubblicano” che segnano
la nostra vita, le categorie e i modelli culturali assunti acriticamente
dalla società del benessere e che a volte guidano i nostri modi di valutare, di scegliere e di comportarci che nulla hanno a che vedere con la
vita buona del Vangelo. Sono i tanti pregiudizi, le prevenzioni e i preconcetti che ci portiamo dentro, i giudizi infondati e avventati, l’agire
per sentito dire, l’accoglienza delle maldicenze e dei sospetti, l’agire
secondo nostri “principi” e “categorie”, le “pretese” e i malintesi “poteri”, ecc.
“Ma io vi dico”. Accogliendo la parola di Gesù, è ancora “la periferia” dell’umanità a spingerci alla conversione, a cambiare, a liberarci
da tutto ciò che non è evangelico, a rinnovarci nell’essere secondo la
logica delle Beatitudini e del discorso della montagna.
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Riconsiderare le “periferie” e viverle in maniera rinnovata.
“Abituati” alla conservazione e alla gestione ordinaria della pastorale, spesso legata all’ambito ristretto di gruppi, movimenti, praticanti
abitudinari, tradizionalisti… ci sfugge, a volte, il mondo di coloro che
se ne stanno fuori, che solo in alcune circostanze si avvicinano alla soglia della comunità cristiana, che chiedono servizi religiosi occasionali,
che vivono lontani dalla chiesa. Non cogliamo più i mondi della periferia.
Tutt’al più li consideriamo “piccoli lucignoli fumiganti” per i quali
non val la pena investire risorse e sprecare del tempo. Ma sono appunto questi mondi “periferici”, così come accade nel Vangelo, che Cristo
addita come luoghi di fede grande, di generosità illimitata, di saggezza
di vita e che aiutano a ridefinire lo stare davanti a Dio e ai fratelli in
modo diverso.
Cosa fare?
Il lavoro più importante e fondamentale sarà quello di
• Ritornare alla centralità della Parola, per lasciarsi da essa educare.
• Ritrovare il senso di essere umili, poveri, miti davanti a Dio.
• Imparare a guardare gli altri con occhi di misericordia, liberi da ogni
pregiudizio e attenti ad ogni piccolo segno di bene.
• Agire in modo che gli altri glorifichino Dio perché lo “vedono” nelle
nostre azioni.
• Recuperare il linguaggio del regno di Dio come realtà già presente e che
ama rendersi visibile nelle “periferie” della storia.
La comune responsabilità
In comunità tutti siamo portatori di una personale e specifica vocazione, ricevuta dal Signore per l’utilità e il bene comune. A tutti viene
richiesto di dare testimonianza visibile e credibile della vita buona del
Vangelo.
Nella Lettera pastorale “Risplenda la vostra luce”, scrivevo: “non si
tratta di un semplice impegno pastorale limitato nel tempo, ma un cammino
di grazia e di conversione che segna l’intero percorso dell’esistenza. La fede
cristiana si traduce, infatti, nel modo di vedere e giudicare, nelle scelte e nelle
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azioni di ogni giorno, in cui si rende presente il pensiero di Cristo, i suoi sentimenti, i suoi gesti di amore e di servizio”.
Da qui l’invito a riprendere l’impegno proposto dalla lettera pastorale “Vedendolo… gli disse.. alzati”, di convertirsi cioè allo stile
di Gesù Cristo, fatto d’incarnazione, di presenza e di condivisione, di
vicinanza e di servizio disinteressato e generoso all’uomo, specie se
povero e bisognoso.
Carissimi, la nostra azione pastorale deve farsi più vicina alla vita
delle persone, attenta agli ambiti fondamentali intorno a cui si dispiega
l’esistenza umana. “Rimettere” al centro del nostro impegno la persona
ci consentirà di rinnovare in senso missionario il nostro agire e di superare il rischio del ripiegamento e dell’autoreferenzialità che minaccia le
nostre comunità. Una pastorale attenta alla persona, in ascolto delle sue
esigenze, delle sue ansie e delle sue preoccupazioni; attenta ai suoi concreti problemi, alle sue reali situazioni di vita: i cinque ambiti di Verona:
vita affettiva, lavoro e festa, fragilità umana, tradizione e cittadinanza.
Occorre “uscire fuori”, “rimetterci per strada”, l’insistente proposta
di Papa Francesco, per portare l’annuncio di Gesù Risorto non solo
alla gente che vive accanto a noi, ma anche nelle periferie ambientali,
sociali ed esistenziali.
Lo spirito di comunione, di collaborazione e di corresponsabilità
La vocazione e la missione cristiana impegna tutti verso una testimonianza corale e unitaria che, pur nella molteplicità delle forme,
attinge all’unico Vangelo ed è animata dalla stessa volontà di manifestarlo al mondo.
Comunione, collaborazione e corresponsabilità sono dimensioni
che manifestano il volto maturo della comunità presbiterale, familiare,
parrocchiale ed ecclesiale.
Alla luce della globalizzazione, della mobilità umana e della situazione socio-culturale che caratterizzano oramai i nostri ambienti, diventa
imprescindibile curare la qualità delle relazioni all’interno delle comunità, tra le parrocchie, e tra Parrocchia, Istituti religiosi, Movimenti, Associazioni, Confraternite e le altre presenze attive nel territorio parrocchiale.
Occorrerà lavorare per raggiungere l’intesa e la complementarietà
nella programmazione e nell’azione pastorale. Lo sguardo della fede
ci aiuterà a cogliere le diversità come ricchezze e risorse, a procedere
“insieme, con uno stile che valorizza ogni risorsa e ogni sensibilità, in un
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clima di fraternità e di dialogo, di franchezza nello scambio e di mitezza nella
ricerca di ciò che corrisponde al bene della comunità intera” (CEI, “Rigenerati…”. Nota pastorale dell’episcopato italiano dopo il 4° Convegno ecclesiale
nazionale, 23).
La corresponsabilità, in modo particolare, forma concreta alla comunione, richiede disciplina, concretezza e disponibilità a condividere
le scelte che riguardano tutti. All’interno della comunità parrocchiale
è fondamentale attivare e rendere significativi gli organismi di partecipazione ecclesiali, farli diventare luoghi di dialogo e di ascolto, di
confronto e di discernimento delle questioni che toccano la vita della
comunità con lo sguardo rivolto ai problemi del territorio.
Strettamente connesso alla corresponsabilità s’impone l’altro obiettivo: la pastorale integrata. Per essere incisiva ed efficace la nostra
azione pastorale deve lasciarsi convertire dalla vita, lasciarsi interrogare dal vissuto nostro e altrui, rendersi attenta, imparare a rilevare e
valorizzare le energie della comunità e del territorio (risorse umane e
spirituali, competenze, professionalità, disponibilità, mezzi e strutture) per farle confluire, per quanto possibile, verso progetti comuni.
Simile integrazione esige una forte “spiritualità di comunione che
precede le iniziative concrete e purifica la testimonianza dalla tentazione di
cedere a competizioni e personalismi” (CEI, Nota pastorale…, 25).
Il tesoro dell’esperienza ecclesiale della comunità
Carissimi, custodire la grazia e la salvezza di cui siamo portatori ci
impegna nella creazione e nella cura di comunità di uomini e donne
(presbiteri, consacrati, religiosi, laici, famiglie, associazioni) responsabili della costruzione del regno di Dio, capaci di promuovere quei nuovi ministeri che i bisogni degli uomini richiedono, consapevoli che più
ancora di professionisti la Chiesa necessita di passione pastorale e di
gratuità che accompagnano il servizio con uno stile di vita evangelico.
Ciò impone di adoperarsi per la formazione dei laici e con i laici che
abiliti a un’efficace testimonianza nel mondo. Ad essi in particolare, infatti, compete di portare il fermento del Vangelo negli ambienti segnati
dal processo di secolarizzazione e di promuovere la cultura cristiana.
Ciò richiede, anche, di valorizzare e sostenere la testimonianza evangelica della vita consacrata, il suo richiamo alle esigenze del battesimo,
della carità e alla dimensione escatologica della vita cristiana, anticipata
dalla pratica dei consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza.
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Iniziative
• Proporre una lectio mensile a livello diocesano per “gustare” la
Parola.
• Incoraggiare la comunità parrocchiale a vivere un incontro settimanale con la Parola di Dio utilizzando le varie modalità esistenti:
ascolto, lettura, meditazione, lectio, studio, preghiera, scambio, condivisione, ecc.
• Prestare grande attenzione all’anno liturgico che rimane sempre un elemento educativo di fondamentale importanza per la
educazione personale e comunitaria.
• Favorire gli incontri zonali di formazione comune (sacerdoti,
famiglie, operatori pastorali) sulla Parola.
• Valorizzare la Visita Pastorale.
• Curare i ritiri spirituali e i momenti di formazione per i Sacerdoti.
• Approntare sussidi settimanali per aiutare le comunità a cogliere l’importanza e il valore della Parola.
• Centrare la Settimana Teologica sulla Parola.
• Porre in atto un “segno” di rinnovata attenzione alle nostre periferie.
Conclusione
Affido alle parole sagge e sapienti del ricco magistero di Benedetto
XVI la conclusione di questa lettera: “Il nostro dev’essere sempre più il
tempo di un nuovo ascolto della Parola di Dio e di una nuova evangelizzazione… Ad imitazione dell’Apostolo delle genti, che fu trasformato dopo avere
udito la voce del Signore, anche noi ascoltiamo la divina Parola che ci interpella personalmente qui e ora”.
Ci sia Madre e Maestra la Vergine Maria, “beata perché ha creduto e in
questa fede ha accolto nel proprio grembo il Verbo di Dio per donarlo al mondo”. Nel proclamare “beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano” (Lc 11, 28), Gesù non solo ha mostrato la vera grandezza di Maria,
ma ha aperto “anche a ciascuno di noi la possibilità di quella beatitudine
che nasce dalla Paola accolta e messa in pratica. Per questo a tutti i cristia­
ni ricordo che il nostro personale e comunitario rapporto con Dio dipende
dall’incremento della nostra familiarità con la divina Parola” (Benedetto
XVI, Verbum Domini, 124).
† Calogero La Piana
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