Navi nemiche in cantiere

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Navi nemiche in cantiere
MediOrienti / di Stefano M. Torelli
@mideastorels
Navi nemiche in cantiere
Lo strano caso di una portaerei Usa avvistata
a Bandar Abbas. Una storia degna di un flm
AP Photo/EmrAh GurEl
turchia/israele
sì al risarcimento delle vittime
Il 31 maggio del 2010 aveva
segnato uno dei momenti più
bassi – se non il più basso – delle
già diffcili relazioni tra Turchia e
Israele. Un commando israeliano
aveva compiuto un blitz contro
la nave Mavi Marmara, facente
parte di un convoglio umanitario diretto nella Striscia di Gaza,
uccidendo nove attivisti, di cui
otto di nazionalità turca. Da
quel momento
i rapporti tra i
due governi si
sono deteriorati, dopo che
lo stesso primo
ministro turco
Erdogan aveva
tacciato il governo israeliano
di “terrorismo”.
Dopo anni di
contenzioso,
lo scorso 25 marzo il governo
di Ankara ha annunciato che ad
aprile sarà frmato un accordo
con Israele per il risarcimento
delle vittime dell’episodio. La
cifra esatta non è stata resa nota,
ma si parla di “qualche” milione
di euro. Questo potrebbe essere
anche un ulteriore passo verso la
normalizzazione dei rapporti tra
Israele e Turchia, in un momento
delicato, sia sul fronte interno che
su quello regionale, per entrambi.
A fne marzo, le relazioni tra Iran e Stati
Uniti si sono nuovamente tinte di giallo.
Nonostante i due Paesi stiano attraversando una fase di distensione – in realtà
ancora molto timida – dovuta all’inizio
dei negoziati sulla questione nucleare
e alla frma di un primo temporaneo
accordo in merito, il rapporto bilaterale
sembra essere ancora guidato dal sospetto. Ciò che è accaduto questa volta
è molto curioso. Tutto è iniziato con
alcune rilevazioni da parte di un satellite
statunitense sul cantiere navale iraniano di Gachin, vicino alla città portuale di Bandar
Abbas. Le immagini mostravano chiaramente una nave che, a prima vista, assomigliava molto alle portaerei statunitensi del tipo Classe Nimitz. La domanda che subito
si sono posti gli agenti e i media statunitensi è stata: perché l’Iran sta costruendo un
modello di portaerei statunitense? Che si trattasse di un modello, era evidente dalle
dimensioni (circa due terzi delle “vere” portaerei americane) e dalla constatazione che
Teheran, non avrebbe le capacità di produrre autonomamente delle portaerei. Le voci
più in malafede a Washington hanno immediatamente tirato in ballo la propaganda
iraniana e hanno paventato l’ipotesi che Teheran avesse fatto costruire una nave da
guerra simile a quelle statunitensi, per poi inscenarne la distruzione e trasmetterne le
immagini tramite i propri media, al fne di acquisire maggiore popolarità interna. Del
resto, non sarebbe stata la prima volta: l’anno scorso il governo iraniano aveva annunciato di avere abbattuto un drone statunitense (con tanto di fotografe a testimonianza
dell’evento), mentre Washington diceva di non aver perso nessun velivolo. Propaganda per scopi interni e per rafforzare l’idea di un Occidente nemico, dunque? Dopo
pochi giorni dalla denuncia della stampa Usa, quella iraniana ha chiarito la situazione:
si tratta di una portaerei fnta, che sarà utilizzata per le riprese di un flm. Quest’ultimo
rappresenterà i fatti del 3 luglio 1988, quando da un incrociatore statunitense al largo
dello Stretto di Hormuz vennero sparati due missili terra-aria che abbatterono il volo
di linea iraniano Iran Air 655 (probabilmente scambiandolo per un aereo militare),
provocando la morte dei 290 passeggeri a bordo, tutti civili. Un episodio caduto nel
dimenticatoio in Occidente, ma ancora ben impresso nella memoria degli iraniani. La
domanda è: il flm arriverà sugli schermi di Washington?
arabia saudita
il boia è sempre più attivo
Amnesty International e altre organizzazioni internazionali attive nel campo
dei diritti umani sono tornate a criticare
duramente l’Arabia Saudita per il ricorso
alla pena di morte. L’ultimo caso si è
verifcato lo scorso 24 marzo, giorno in
cui un uomo accusato di omicidio è stato
giustiziato, tramite decapitazione con la
spada, secondo quanto dichiarato dallo
stesso ministero dell’Interno saudita.
Il Paese, la cui costituzione si basa essenzialmente sul Corano, tende ad applicare
alla lettera la shari‘a (la legge islamica)
nella sua forma più radicale e prevede la
pena di morte anche per reati connessi al
traffco di droga, la violenza sessuale e la
rapina a mano armata. In Arabia Saudita,
uno dei Paesi più autoritari al mondo, il
numero di condanne a morte eseguite
ha subìto un’impennata dal 2010 in poi.
In quell’anno le esecuzioni uffciali erano
state 27, mentre nei tre anni successivi
se ne sono registrate rispettivamente 82,
79 e 70. Quest’anno i casi sono stati già
una decina, tra cui tre per reati di droga.
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sette | 14 — 04.04.2014
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AP Photo/lEE Jin-mAn
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