NR 9 settembre “Quello che non si doveva dire
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NR 9 settembre “Quello che non si doveva dire
NR 9 settembre “Quello che non si doveva dire” (di Enzo Biagi) 8 aprile 2003. Un carro armato americano si gira verso l’hotel Palestine di Bagdad e spara un colpo. E’ l’albergo dove alloggiano la maggior parte dei giornalisti stranieri. Il proiettile colpisce tra il 15° e il 17° piano .Muoiono due cameramen e tre inviati rimangono gravemente feriti .Gli statunitensi, per difendersi, dichiarano che c’erano dei cecchini che stavano sparando. La risposta viene da un collega inglese:”Non ho sentito nessun colpo”. A tutto ciò deve essere aggiunta anche la difficoltà, per i giornalisti, di potersi muovere tra la gente con il rischio di essere rapiti in qualsiasi momento. C’era un gioco che facevo quando ero piccolo: uno di noi stava con la faccia rivolta al muro e gli occhi chiusi contando fino a venti, mentre gli altri andavano a nascondersi, poi cominciava la caccia per scovare chi si era nascosto. Il primo che veniva scoperto era quello che poi doveva”stare sotto”, a meno che, uno degli altri, senza essere visto, fosse riuscito a toccare il muro gridando:”Pace libera tutti”. Anche un semplice gioco ci può insegnare che l’unica risposta possibile alla guerra è la pace, come è scritto nella nostra Costituzione, in modo solenne, e di questo noi dobbiamo andare fieri: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Solo un popolo che la guerra l’ha conosciuta, l’ha combattuta, può sapere qual è il vero valore della pace. Ma la politica, il più delle volte, non è rappresentativa del comune pensiero. Un iracheno , un giorno, confidò a Simona Torretta: “Un tempo, durante Saddam, non avevo la parola ma avevo dei sogni che mi portavano a pensare a un Iraq senza un dittatore, oggi posso parlare ma non ho più sogni”. Qualcuno torna libero come Giuliana Sgrena, qualcun torna morto come Nicola Calipari. Ma c’è invece chi rischia di non tornare nemmeno da morto: Enzo Baldoni. La sua è la storia di uno di quei giornalisti di cui spesso il lavoro rimane oscuro, ma che hanno dato la possibilità al mondo di sapere quello che davvero è successo in Iraq: la verità sull’assalto dei reparti speciali e quanti bambini sono morti. Baldoni è caduto in Iraq perché era un cronista vero, che non scriveva per sentito dire, voleva prima vedere, poi capire e quindi raccontare .Non sappiamo se è stato giustiziato appena sequestrato, oppure una settimana dopo come ci dicono le cronache: poco importa, sappiamo solo che quello che è avvenuto dal giorno della sua scomparsa rappresenta una vergogna per il nostro Paese. Forse c’è stata l’incapacità del governo nel proporre una strategia di mediazione con i sequestratori, sbagliando clamorosamente i canali della trattativa. Sicuramente anche la morta di Enzo Baldoni, come quelle degli altri italiani,è la conseguenza per aver portato l’Italia in Iraq, spacciando l’intervento come una missione di pace. Non mi stancherò mai di dirlo.