sarò il dj del sesso - Corriere della Sera
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29 Mode e Modi Mercoledì 18 Aprile 2007 Corriere della Sera PERSONAGGI DEL F UORI S ALONE 25«SARÒ IL DJ DEL SESSO» domande a Karim Rashid «A Milano mi diverto in tutti i modi. Vorrei vivere nel 2050. Il miglior designer? Italo Calvino» DI LAURETTA COZ La kermesse I PROGETTI VERI E LA FIERA DELLE VANITÀ DI ALDO COLONETTI I Anglo-egiziano Karim Rashid è nato al Cairo nel 1960 da padre arabo e madre inglese. È cresciuto in Canada e ha studiato design a Milano. Ha prodotto più di 2000 oggetti. I suoi lavori sono esposti al MoMa. A Milano presenta la Poly Chair per Bonaldo; inoltre domani farà il dj ai Magazzini Generali per il «No Luxury Party» di Kundalini L’architettura più bella? «Le Piramidi» Quale mat eriale usa di più? «La plastica perché è viva, energetica, lucida, liscia, trasparente, soffice, tattile. Mi interessano anche i materiali biodegradabili». Cosa porta sempre in valigia? «Tre paia d’occhiali e le penne rosa e nere». Il ristorante preferito a Milano? «Alla Cucina delle Langhe o Controvapore». Chi sono i designer italiani che le piacciono di più? «Luigi Colani, Alessandro Mendini, Stefano Giovannoni, Gaetano Pesce e Carlo Mollino, anche se non c’è più. Poi Italo Calvino, un designer della filosofia...». Quali colori consiglia di usare nella casa? «Creare grandi spazi bianchi con accenni di colori forti, rosa shocking e arancione fluorescente». Quale libro non leggerebbe mai? «Pensare e diventare ricchi di Napoleon Hill e The Reminiscence of a Stock Operator di Edwin Lefevre». Quale stanza della casa preferisce? «Il soggiorno perché definisce chi sei». IL D EBUTTO Quale luogo al mondo ama di più? «La Terra. Mi piace ogni suo angolo». Da bambino che lavoro sognava di fare da grande? «Il matematico, il pittore, lo stilista». Quale secondo lei il suo progetto più bello? «La Poly Chair by Bonaldo che presento al Salone». Cosa fa a Milano la sera? «Mangio, dormo, faccio sesso, possibilmente tutte e tre. Quest’anno farò il Dj per il gruppo di N.Y. «Electro Space», domani 19 aprile dalle 22.30 ai Magazzini Generali per il «No Luxury Party» con Kundalini». Come si rilassa? «Corro 10 chilometri tutti i giorni, leggo e guardo film». Per chi le piacerebbe progettare? DI R UIZ DE LA «Fiat, Kartell, Hugo Boss, Bose, Diesel, Motorola, Alitalia, Aeroflot, Delta or Airbus, Samsung, Bang and Oulfsen, Samsonite, Tefal, Toyota, Cassina, Faema». Qual è l’oggetto della storia del design più bello? «La prima sedia in plastica di Donahue e Simpson». Chi è l’artista contemporaneo che ama di più? «Sono due: Peter Halley e Andy Warhol». Pratica qualche sport? «Vado in palestra e faccio sesso 5 giorni la settimana». Quale sound preferisce? «Electropunkspacedisco». In un viaggio nel tempo in che epoca si dirigerebbe? «Mi piacerebbe vivere nel 2050» Quale città europea le piace di più? «Amo tutti i posti per la loro diversità». Qual è il viaggio che vorrebbe fare? «Vorrei essere ovunque senza doverci arrivare». Qual è l’edificio o il luogo più brutto? «Tutti gli edifici della Nona e della Decima Strada di New York» Quale oggetto di design detesta? «Detesto quando un oggetto di design non funziona ». È vero che aprirà un atelier in via Maroncelli? «Non so ancora, sono in trattativa». Chi dei suoi colleghi butterebbe giù dalla torre? «Amo i designer e le torri, quindi salterei giù con loro. Dalla Torre Eiffel con Starck; da quella di Tokio, Kuramata o Ito; Mariscal dalla Torre España, Ron Arad dalla City Gate T.; Marcel Wanders dalla Zendstation Smilde T; Deiter Rams dalla Bremen-Walle Towe. Le sue creazioni Divano Zanotta Zonk Couch (sopra), portabiti Luxit Unicorn (in alto) P RADA Non solo moda, ora Agatha mette il cuore nel bagno DI GIANLUCA BAUZANO «S Forme Giocose Un cuore fucsia in resina sintetica e molto resistente per i lavandini che Agatha Ruiz de la Prada presenta nel suo negozio di via Maroncelli ono più emozionata di quando presento una mia collezione. Partecipare ufficialmente alla settimana del design a Milano è vivere in prima linea un atto creativo di portata internazionale, come esporre al MoMa di New York». La «debuttante» però ha già tutte le carte in regola. Si tratta della stilista madrilena Agatha Ruiz de la Prada, quasi trent’anni di attività alle spalle, adorata dalle Infante di Borbone, icona della creatività celebrata nel mondo con diverse retrospettive, di grande successo quella milanese del 2005 alla Triennale di Milano, e vendutissima ovunque: la prossima stagione in arrivo il monomarca a Shanghai. Quando si parla di lei non si parla solo di una griffe, ma di un intero universo. Dove non pote- va mancare la sua visione della casa: da oltre un decennio sono apprezzatissime le sue linee di accessori, piastrelle, arredamento per i bimbi e quant’altro può dare a un’abitazione un tocco di colorato buonumore. A Milano, in occasione dei Saloni 2007, presenta tre «sculture» per il bagno. Anche il fiore e la nuvola tra le forme predilette per i lavabo-scultura della stilista spagnola. «Più emozionata di quando presento una collezione» «Preferisco chiamarle così. Il bagno è sempre stato un luogo bistrattato, triste, monocromo. Allora ho pensato a tre prototipi di lavabo, colorati e dalle forme inaspettate: ho scelto i miei elementi distintivi, il fiore, la nuvola e il cuore. Si possono appoggiare al muro ma anche mettere al centro della stanza». Et voilà, il gioco è fatto. Agatha con la sua creativa bacchetta magica ha trasformato il bagno in un ambiente gioioso-giocoso. «Per farlo ho scelto di presentare nel mio negozio milanese (oggi e domani in via Maroncelli, 5 n.d.r. ) durante gli appuntamenti del Fuori Salone. Una sorta di Movida capace di rendere la città viva. Di coinvolgere tutti. Se lo si riuscisse a farlo anche durante la settimana delle sfilate Milano ne godrebbe. L’ho detto al Presidente della Camera della moda italiana Mario Boselli. Sono certa — dichiara la stilista — che riusciremo a realizzarlo». La determinatezza è l’elemento distintivo del suo carattere. Se ha un’idea non la smuove nessuno. Come quella di reinventare di continuo le sue case. «Sono la mia ossessione. Ma le adoro. Starei sempre in casa. Continuerei a comprarne. Per ora oltre a quella di Madrid, ne ho una a Parigi, Milano e Maiorca. Ma oltre a comprarle continuo a rifarle. In famiglia sono rassegnati. Sanno che rientrando alla sera possono trovare tutto completamente cambiato». n questi giorni Milano è, finalmente, una delle capitali della cultura nel mondo: il Salone del Mobile e il Fuori Salone sono un appuntamento internazionale a cui non si può mancare. È un sistema nel quale protagonisti sono i designer, gli architetti, le aziende; da oggi si diffonde un’immagine di grande festa, tra sapori mondani e atmosfere popolari di piazza, dove l’idea che sembra dominare è quella di una sorta di «fiera delle apparenze»: è importante esserci, non è fondamentale conoscere. Ovviamente questa non è la realtà del design italiano e internazionale; infatti, qua e là, nei cosiddetti spazi del Fuori Salone, è presente quello che è il valore fondamentale di questa professione: progettare e produrre oggetti, simbolicamente forti, ma anche in grado di interpretare i bisogni e di migliorare la qualità della nostra vita. Forse c’è un eccesso di spettacolarizzazione; non sempre per un giovane visitatore è facile orientarsi, tra reali novità, pretestuose innovazioni, feste e party. Certamente il Salone del Mobile è rappresentato, in modo particolare, dagli spazi della Fiera, là dove il prodotto parla il suo linguaggio e presenta le sue caratteristiche, senza eccessive teatralizzazioni; è anche vero, però, il fatto che il Fuori Salone rappresenti, da alcuni anni, il momento della sperimentazione. Per questa ragione è necessario evitare gli eccessi; bisogna tornare, io credo, ad alcune regole fondamentali, utilizzando le quali sia più chiaro e evidente il rapporto tra lo spazio della produzione e il momento della sperimentazione, senza eccessive personalizzazioni né dall’una né dall’altra parte. Non è una riflessione che guarda alla cosiddetta «normalità» come unico modello in grado di riconoscere il vero dal falso: un po’ di ordine, qualche volta, fa bene! Proviamo ad indicare tre regole, semplici e chiare, in modo tale da orientarsi, con curiosità e interesse, nel mare magnum del Fuori Salone, senza perdere l’orientamento: in primo luogo, direi, avvicinare quei progettisti che evitano di allinearsi alle tendenze dominanti e cercano, invece, di dare concretezza a una «soggettività espressiva» che possa parlare anche agli altri: il design è soprattutto divulgazione. In secondo luogo, distinguere tra innovazione intesa come ricerca di nuovi materiali e, in modo particolare, di nuovi processi produttivi, perché lì risiede il valore aggiunto del design, da una idea vaga di marketing innovativo. Infine, separare le novità progettuali da quelle che esprimono, esclusivamente, una necessità comunicativa e una dimensione presenzialistica da «fiera delle vanità». Il Salone del Mobile, il Fuori Salone, tutte le attività espositive, nella Milano di questi giorni, non dovrebbero mai apparire come una fiera delle vanità, ma un luogo del progetto, del prodotto e del mercato. Facciamo nostro un vecchio consiglio di Le Corbusier: «L'arte del decoratore non dovrebbe consistere nel fare, nella casa altrui, quello che non si sognerebbe mai di fare nella propria».