Rumore CCD

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Rumore CCD
I difetti del nostro CCD: come conoscerli e controllarli
Autori
Antonio Forcina e Edoardo Perenich
Obiettivi di questa nota
Questo articolo si propone di illustrare alcune procedure alla portata di qualunque astrofilo che si diletta
di astrofotografia e voglia capire il comportamento del proprio CCD per utilizzarlo al meglio.
Oltre a quantificare vari tipi di difetti, vedremo come stabilire:
o
se una sequenza di dark di archivio può essere riutilizzata per la calibrazione di nuove immagini
astronomiche,
o
se è possibile calibrare le immagini sottraendo un master bias invece di un master dark
o
come misurare il rapporto segnale/rumore in una immagine digitale.
Tutto mediante semplici elaborazioni che possono essere effettuate con l’ausilio dei molti softwares per
astronomia presenti sul mercato.
Terminologia
Supponendo che i lettori di questa nota conoscano termini tipo Light, Dark, Bias e Pixel, ci limitiamo a
definire alcuni termini più tecnici, in base al principio che ogni nozione deve corrispondere a qualcosa di
concretamente misurabile.
o
Valore di background: corrispondente alla mediana dei valori registrati sui singoli pixel di una
immagine, in genere corrisponde al valore tipico del fondocielo.
o
Deviazione standard: quantifica la mancanza di uniformità in una immagine; esso misura di quanto, in
media, il valore di ciascun pixel differisce dal valore medio complessivo,.
o
Disturbo: per un dato pixel, è la differenza fra la luminosità registrata dal sensore, a meno del valore di
offset, e l'equivalente digitale del numero di elettroni che lo ha colpito.
o
Rumore: parte del disturbo che si comporta in modo aleatorio, ovvero è del tutto imprevedibile, può
essere in eccesso o in difetto e, per uno stesso pixel in una sequenza, cambia da una immagine all'altra.
o
Disturbi stabili: sono disturbi che, per un dato pixel, permangono identici in tutti le immagini di una
sequenza.
Cosa ci occorre
Il programma da noi usato per il calcolo di background e deviazione standard è Astroart, ma andrà bene
anche il programma IRIS, del tutto gratuito, a patto di caricare i vari file con il comando loadsx3 e poi
salvarli; possiamo usare anche Maxim DL con l’accortezza di aggiungere un offset tale che, quando si
sottraggono due immagini, il minimo valore sia comunque maggiore di 0.
Dark Current (corente di buio)
Questo difetto, presente in modo vistoso nei CCD di vecchia generazione, consiste nel fatto che il valore
di background cresce in funzione del tempo di esposizione e della temperatura del sensore; il suo effetto
sarebbe quello di ridurre la dinamica effettiva nella lunghe esposizioni. Per verificarne la presenza è
sufficiente eseguire un bias e un dark da 1200 secondi alle stesse condizioni termiche e di ognuno annotare il
valore di background; se il valore di background, è sensibilmente maggiore nel dark rispetto al bias, allora
vorrà significare che molti pixel sono soggetti ad aumento della luminosità per effetto del tempo di
esposizione. Dalla nostra esperienza, molti moderni CCD provvisti di sistema di raffreddamento, non
soffrono di questo difetto. I risultati delle prove con alcuni CCD sono riportati nella tabella seguente
Tabella 1: valore di background registrato in alcuni CCD a secondo del tempo di posa
Tipo
Temp.
Temp.
Background
CCD
esterna
interna
0.01"
1200"
Sbig STL 11000M
10
--30
764
763
Atik314L
9
..
255
245
Atik314L+
15
-5
268
269
QHY9L
15
-10
740
750
Il complesso dei disturbi e la deviazione standard.
Passiamo ora ad esaminare un altro indicatore delle caratteristiche di un sensore: la deviazione standard,
nel seguito abbreviata con DS, calcolata su una immagine bias o dark. Anche questo parametro può essere
ricavato dalla finestra “statistiche” relativa ad una data immagine. Se i disturbi consistessero solo
nell'aggiunto di un valore soglia, tutti i pixel segnerebbero un valore pari al background e la deviazione
standard sarebbe 0. Non solo questo non accade, ma, come si vede dalla tabella riportata sotto, la deviazione
standard cresce con la durata dell'esposizione.
I disturbi di una immagine captati dalla deviazione standard consistono nelle oscillazioni in eccesso o in
difetto fra i valori registrati da ciascun pixel ed il valore medio complessivo (che di solito è circa pari al
background).. E' presumibile che queste oscillazioni contengono una componente stabile, che cioè si ripete in
modo identico in tutte le immagini di una sequenza, ed una aleatoria, che cambia da una immagine all'altra
senza nessuna regola apparente. Sebbene questa distinzione sia in parte ipotetica, come vedremo, le due
componenti possono essere misurate distintamente, seppure con qualche margine di approssimazione.
Tabella 2: deviazione standard di alcune immagini a seconda del CCD usato e del tempo di posa
CCD
Tempo
DS.
Tempo
DS.
Sbig STL 11000M
0.01
32
1200
224
Atik 314L
0.01
22
1200
53
Atik 314L+
0.01
15
1200
249
QHY8L
0.01
15
1200
102
Rumore e difetti stabili
Immaginiamo di aver preso una sequenza infinitamente lunga di bias e di averne calcolato la media, M,
ovvero il master bias; se ora calcoliamo la deviazione standard del master bias, cioè DS(M), siccome i difetti
aleatori presenti nelle singole immagini dovrebbero compensarsi, la deviazione standard del master bias
dovrebbe essere determinata solo da una mancanza di uniformità strutturale del sensore, avremo quindi:
DS(M) = S(B), dove S(B) indica la componente stabile del disturbo presente in ogni bias B della sequenza,
anche se mascherato dal rumore.
Immaginiamo ora di scegliere una immagine qualsiasi della sequenza e di sottrarre ad essa il master bias;
otterremmo sicuramente una immagine molto scura in quanto i difetti stabili, che dovrebbero essere identici
nelle due immagini, si sono annullati e sono rimasti solo i difetti aleatori, la cui misura indicheremo con
R(B) = DS(B - M).
Lasciamo ora stare la sequenza immaginaria e supponiamo di averne una limitata, è ancora possibile
valutare il rumore di una immagine? In realtà è sufficiente prendere due sole immagini successive di una
sequenza di Bias per esempio A e B e calcolarne la differenza; dovreste ottenere, di nuovo, una immagine
quasi completamente nera in quanto i difetti stabili, comuni alle due immagini, vengono eliminati dalla
differenza, mentre quello che rimane, ingloba i difetti aleatori delle due immagini. Più precisamente, si
dimostra che vale la relazione:
1
DS(A - B)
2
R(A)  R(B) 
In alternativa, possiamo determinare la misura del rumore calcolando la differenza fra una immagine della
sequenza e la media. Però, siccome la sequenza non è infinita, occorre moltiplicare per un fattore di
correzione che tiene conto del numero di immagini della sequenza e cioè vale la relazione
R(A)  DS(A - M)
n
n 1
Per una dimostrazione analitica, si veda il sito web blablabla.
Sotto l'ipotesi che i difetti aleatori di un pixel oscillano in un modo che non risente dei difetti stabili dello
stesso pixel o dei pixel vicini, si dimostra anche che vale la relazione
DS(A)2 = R(A)2 + S(A)2
ovvero il disturbo complessivo al quadrato è uguale alla somma dei quadrati del rumore e dei difetti stabili.
Questa formula ricorda il teorema di Pitagora e ci consente di avere una visione geometrica della relazione
fra difetti stabili, rumore e deviazione standard: possiamo rappresentare il rumore e i difetti stabili
dell’immagine come cateti di un triangolo rettangolo e il disturbo totale come l’ipotenusa. Questa
rappresentazione ci fa vedere con un colpo d’occhio che i difetti aleatori (rumore) e i difetti stabili non si
sommano in maniera lineare. Dalla espressione precedente possiamo ricavare la misura dei difetti stabili:
2
S(A) = DS ( A)  R( A)
2
Siccome le grandezze di questa formula risentono dei disturbi random, in qualche raro caso può accadere che
R(A) sia maggiore di DS(A), in tali casi la formula non si può applicare e si pone S(A) = 0.
Con questi elementi possiamo ora calcolare la deviazione standard della media di una sequenza di n
immagini anche senza doverla realizzare di fatto. Si tratta di un calcolo a priori che può essere utile per
decidere il numero ottimale di frames da riprendere.
DS(M) 
S ( A) 2 
R( A) 2
n
Questa espressione, la cui dimostrazione si trova sullo stesso sito indicato in precedenza, ci dice che la
deviazione standard della media diminuisce con il numero di frames disponibili, in quanto diminuisce
l'incidenza della componente rumore e fa capire perché quando il numero n è molto grande, DS(M)  S(A).
Esempi pratici:
Partendo da 2 bias fatti con una Atik 314L abbiamo: DS(A) = 22.67 e DS(A - B) = 31.79. Da qui,
ricaviamo R(A) = 22.48 e S(A) = 2.94. Supponendo di fare una sequenza di 9 immagini otteniamo un
valore previsto di DS(M) = 8.05. Da una verifica basata sulla media effettiva di 9 immagini, otteniamo
DS(M) = 8.02; quindi la previsione si può dire quasi esatta.
b) Partendo da 2 bias fatti con una Sbig STL 11000M si ha: DS(A) = 19.92 e DS(A - B) = 18.93, da cui
R(A)=13.39, S(A)=14.75. Prevedendo di fare una sequenza di 11 immagini otteniamo: , DS(M) = 15.29.
Realizzando effettivamente una sequenza di 11 immagini, risulta DS(M) = 15.31 quindi anche in
questo caso la previsione è quasi esatta.
c) Partendo ancora da 2 bias fatti con una Sbig ST8300, abbiamo: :DS(A) = 26.73 e DS(A - B) = 37.07, da
cui R(A)=26.21, S(A)=5.23. Prevedendo di fare una sequenza di 19 immagini otteniamo DS(M) = 7.97
Da una verifica, facendo la media di 19 immagini, DS(M)=7.65 quindi la previsione si può dire buona.
a)
Come monitorare le sequenze di dark
Come noto, la distribuzione dei difetti si modifica gradualmente nel tempo e per alcuni CCD potrebbe
anche dipendere dalla temperatura esterna; per questo, periodicamente, è opportuno rinnovare le proprie
sequenze di dark. Esiste un metodo semplice per quantificare se e in che misura una sequenza di archivio è
ancora utilizzabile. E' sufficiente, normalmente, riprendere un solo nuovo dark, chiamiamolo N e
confrontarlo con uno dei dark della sequenza d’archivio: Va , Vb ,...Vn , allora, se la distribuzione dei difetti
stabili fosse rimasta la stessa, avremmo che DS(Va - N)  DS(Va - Vb)  R(Va) 2 , cioè la deviazione
standard della differenza del nuovo dark rispetto ad uno dei vecchi dipende solo dal rumore perché, se i
difetti stabili sono gli stessi, si dovrebbero eliminare per sottrazione. Le due deviazioni standard potrebbero
essere leggermente diverse per effetto caso, ma, se DS(N – Va) risulta decisamente più grande di DS(Va Vb), è certo che la sequenza non è utilizzabile. Usando una logica analoga a quella delle formule precedenti,
è anche possibile stabilire quale è, all'incirca, la proporzione dei difetti stabili che è cambiata nelle due
sequenze mediante la seguente formula
DS (Va  N ) 2  DS (Va  Vb ) 2
2S (Va ) 2
Esempio. Da una vecchia sequenza.di dark da 5 minuti presa 4 mesi fa a -5 con una Atik 314L+ si ricava
che, trascurando i decimali, R(V) = 19, S(V) = 66, inoltre abbiamo che, preso un dark N realizzato di
recente alle stesse condizioni, DS(N – Va) = 61 mentre DS(Va - Vb) = 27. Applicando la formula precedente
otteniamo 0.58, cioè oltre il 58% dei difetti stabili sono diversi nelle due immagini e quindi la vecchia
sequenza è chiaramente non utilizzabile.
Eliminazione dei pixel caldi, il metodo tradizionale
Si dicono caldi i pixel di una immagine che registrano valori molto più alti del valore di background a
prescindere dal segnale immagazzinato. Quando il difetto è comune a tutte le immagini di una sequenza, si
tratta di difetti stabili, ma si può verificare che c'è un certo numero di pixel che risultano caldi, per caso, in
una sola immagine della sequenza e poi tornano normali. Il metodo tradizionale per correggere il valore dei
pixel caldi, consiste nel calcolare un master dark per poi sottrarlo dalle singole immagini light della
sequenza. Questo metodo, oltre a correggere i pixel caldi, dovrebbe eliminare la maggior parte dei difetti che
abbiamo chiamati stabili. Purtroppo questa operazione aggiunge anche una certa quantità di rumore, pari al
rumore di un singolo dark diviso per la radice del numero di dark, quindi se L indica una immagine light, il
suo rumore, dopo averla calibrata sarà
R(L) + R(D) / n
Quanto incide il rumore aggiunto dalla calibrazione dipende, oltre che dal numero di dark, dal livello di
luminosità dei main frame: più questi sono ben esposti e più l'effetto del rumore aggiunto sottraendo i dark
sarà contenuto, se abbiamo fatto un numero di dark sufficiente..
Un metodo alternativo
Un metodo alternativo, disponibile ormai su diversi software tipo Astroart e Nebulosity, consiste
nell'usare il master dark per individuare i pixel caldi e poi nel correggere il valore registrato in questi pixel
su ciascun light frame mediante una opportuna media dei valori registrati nei pixel confinaanti. In realtà, a
nostro parere, è sufficiente usare un solo dark il quale dovrebbe consentire di individuare tutti I pixel caldi
stabili. Usando un solo dark, la mappa dei difetti includerà anche alcuni pixel caldi estemporanei, ma,
siccome il loro numero è (in base alle nostre verifiche) molto piccolo, la loro eventuale correzione non
dovrebbe produrre danni. La cosa importante è scegliere una soglia non troppo bassa, infatti, più la soglia è
bassa e più aumenta la probabilità di correggere dove non sarebbe necessario.
Tuttavia, come sappiamo, la sottrazione del master dark ha in realtà due funzioni: (a) correggere la
mancanza di uniformità nei valori di background presente in certe zone del sensore e (b) eliminare i pixel
caldi. Come mostriamo sotto, i due tipi di difetti si comportano in modo diverso: la non uniformità si
manifesta già bene in una sequenza di bias in cui, però, non si evidenziano i pixel caldi, questi vengono fuori
solo con una esposizione adeguata. Quindi, il metodo proposta da uno degli autori di questa nota (Perenbich)
usa il master bias per aggiustare la maggior parte dei difetti stabili ed un solo dark per correggere i pixel
caldi mediante una maschera dei difetti?
Specie quando le integrazioni superano i 10 minuti, a causa dell'aumento del rumore termico dovuto a
pixel caldi estemporanei, la sottrazione di un master dark basato su pochi frame correggerebbe si i difetti
stabili, ma, al tempo stesso, aggiungerebbe una quantità non trascurabile di rumore; d'altro canto, riprendere
una sequenza adeguata di dark sarebbe molto oneroso, mentre, fare una sequenza di 25 o più bias richiede
solo pochi secondi. Un test per stabilire se i difetti stabili contenuti nel master bias sono anche presenti nel
master dark consiste nel verificare se vale la seguente relazione
DS(MD-MB) 
S ( D ) 2  S ( B) 2  R( D) 2 / nd  R( B) 2 / nb
dove MD = media di almeno due dark e MB = alla media di almeno due bias, nd = numero dei dark della
sequenza dei dark e nb = numero dei bias della sequenza. Se invece il primo termine è sensibilmente
maggiore del secondo, allora vorrà dire che l'ipotesi non è vera e il metodo non può essere utilizzato.
Primo esempio. Prendendo una sequenza di 60 bias e 24 dark da 10 minuti mediante una Atik 314L+ a
0°C, si ottengono le seguenti stime del rumore e dei difetti stabili per un singolo bias B e dark D:
R(B) = 14.27, S(B) = 3.01, R(D) = 24.23 e S(D) = 74.11.
DS(MD-MB)= 74.74, mentre
S ( D ) 2  S ( B) 2  R( D) 2 / 24  R ( B) 2 / 60 =74.24
Quindi in questo caso è lecito operare con il metodo proposto.
Secondo esempio Come ulteriore esempio, da 25 bias a –20° abbiamo ottenuto R(B) = 16.88,
60.70, inoltre, da due dark da 600" alla stessa temperatura ricaviamo che
R(D) = 18.55 e S(D) = 259.11.
DS(MD-MB)= 251.56, mentre
S(B) =
S ( D ) 2  S ( B) 2  R( D) 2 / 24  R ( B) 2 / 60 =252.26
Come ulteriore verifica, è possibile calibrare due dark con i due metodi e confrontare i risultati; la
procedura dettagliata per fare il confronto non è banale ma chi è interessato la può trovare sul solito sito. In
una verifica fatta con la Atik 314L+ è risultato che, per integrazioni da 10 minuti, le immagini calibrate col
metodo tradizionale hanno difetti stabili nulli ma rumore pare a 30.0; di contro, le stesse immagini calibrate
col metodo Perenich hanno un rumore di 17.3 ed una entità di difetti stabili di 1.1. Quindi, mentre il rumore è
quasi dimezzato, il valore dei difetti stabili è modesto e forse dovuto solo a osillazioni random.
Per applicare in pratica il metodo è sufficiente riprendere, insieme ai light frame, un solo dark ed almeno
25 bias. Dal dark frame occorre ricavare una maschera dei difetti scegliendo una soglia in modo che i pixel
che la superano sono quasi sicuramente caldi. Siccome i pixel caldi sono una proporzione molto piccola,
questa soglia deve stare oltre il punto in cui l'istogramma si schiaccia sull'asse orizzontale Alcuni software
come Nebulosity presentano un slider in cui, spostando il valore soglia viene indicato il numero di pixel
caldi che la eccedono. In ogni caso il numero di pixel caldi inseriti nella mappa dovrebbe essere molto con
tenuto. Un valore indicativo potrebbe essere calcolato mediante la formula
soglia = background(Bias) + 5 R(Bias)
La calibrazione in Astroart è immediata, basta mettere i bias frame come se fossero dark e la maschera dei
difetti nell’apposita finestra.
Stima del gain e rapporto segnale rumore nelle immagini light
In breve, il segnale digitale (adu) calcolato dall'elettronica di un sensore per i singoli pixel, si ottiene
moltiplicando il segnale in elettroni per un coefficiente di amplificazione e aggiungendo poi il valore di
offset. Nell'uso comune si chiama gain il coefficiente inverso, cioè quello che servirebbe per risalire al
numero di elettroni dal valore in adu. Siccome però in astrofotografia ci interessa che l'immagine sia ben
esposta sulla scala degli adu, a prescindere dal numero di elettroni catturati, qui definiamo il gain come il
coefficiente usato dall'elettronica per trasformare il segnale in elettroni in un numero intero a 16 bit.
La procedura che proponiamo nel seguito è simile a quella descritta a pag 231-232 di "Handbook of
image processing" di Burry e Burnell. Per applicarla è sufficiente realizzare due immagini mediamente
illuminate in modo uniforme, F1 e F2 come se fossero dei flat e due dark D1 e D2 con stesso tempo di
esposizione e stessa temperatura. Calcoliamo il rumore dei flat: R(F) = DS(F1 - F2)/ 2 e dei dark: R(D) =
DS(D1 - D2) / 2 . Con questi dati possiamo ottenere una stima del guadagno G, una caratteristica
importante del sensore perché, intuitivamente, amplificando il segnale si amplifica anche il rumore. Senza
entrare in dettagli tecnici disponibili sul sito indicato in precedenza, la formula seguente,
R( F ) 2  R( D ) 2
G
BF  BD
si giustifica col fatto che, mentre al denominatore il segnale vero è amplificata di un fattore G, al numeratore
il quadrato del rumore dovuto alla luce è pari al segnale vero, ma amplificato per G2. Vediamo alcuni
esempi.
Esempi. Con una Atik 314L+ sono stati ripresi due flat da 3" e una coppia di dark nelle stesse
condizioni. Dai dark si ricava BD = 271 e R(D) = 14.32 e, dalla coppia di flat: BF = 38671, R(F) = 337.52, da
cui G = 2.96. In una applicazione analoga con una Sbig STL11000M a –20C si sono ottenuti i seguenti
risultati: con pose di 30": BD = 841 e BF = 33419, R(D) = 16.89 e R(F) = 201.08; da cui G=1.23. In una
ulteriore applicazione con una Sbig ST8300 a –30 si sono ottenuti i seguenti risultati con pose da 1.3": BD =
1170 e BF = 43108, R(D) = 25.43 e R(F) = 320.24; da cui G = 2.61.
Una volta calcolato il valore di G, possiamo usarlo per stimare l'entità di rumore per un valore prefissato
di luminosità in adu di una vera immagine astronomica e, di conseguenza, ricavare una stima del rapporto
segnale rumore nella stessa immagine. Sia L il valore di luminosità effettivo in adu che vogliamo esaminare,
allora vale la relazione
R(L) =
R( D ) 2  G * ( L  BD )
dove R(L) indica il rumore in una zona di luminosità pari a L, D indica un dark frame esposto per un tempo
analogo a quello del light frame e BD è il valore di background del dark.
Esempi. Riprendendo i dati precedenti, che però danno risultati leggermente ottimistici in quanto i dark sono
ottenuti con tempi molto brevi, otteniamo la seguente tabella di rapporti segnale rumore per le tre camere
considerate
L
2000
5000
10000
25000
Atik 314L+
27.41
41.94 58.71
90.26
STL11000M
48.35
68.04 93.04
144.34
Sbig8 8300
37.71
48.47 64.97
99.73